[Nonviolenza] Telegrammi. 4042



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4042 del 13 marzo 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
 
Sommario di questo numero:
1. "La memoria di carta: i libri al tempo del web". Un incontro di studio a Viterbo con Paolo Arena
2. Franco Restaino: Il femminismo, avanguardia filosofica di fine secolo. Carla Lonzi (parte seconda e conclusiva)
3. Tiziana Pironi: Ada Prospero (Marchesini Gobetti)
4. Monica Venturini: Renata Vigano'
5. Una leggenda apocrifa ovvero eulogia di Massimiliano di Cartagine
6. Segnalazioni librarie
7. La "Carta" del Movimento Nonviolento
8. Per saperne di piu'
 
1. INCONTRI. "LA MEMORIA DI CARTA: I LIBRI AL TEMPO DEL WEB". UN INCONTRO DI STUDIO A VITERBO CON PAOLO ARENA
 
Giovedi' 11 marzo 2021 a Viterbo, presso il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" si e' tenuto un incontro di studio sul tema: "La memoria di carta: i libri al tempo del web".
L'incontro si e' svolto nel piu' assoluto rispetto delle misure di sicurezza previste dalla normativa vigente per prevenire e contrastare la diffusione del coronavirus.
All'incontro ha preso parte Paolo Arena.
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Una minima notizia su Paolo Arena
Paolo Arena, critico e saggista, studioso di cinema, arti visive, weltliteratur, sistemi di pensiero, processi culturali, comunicazioni di massa e nuovi media, e' uno dei principali collaboratori del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e fa parte della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta", un'esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che per anni si sono svolti con cadenza settimanale a Viterbo; nel 2010 insieme a Marco Ambrosini e Marco Graziotti ha condotto un'ampia inchiesta sul tema "La nonviolenza oggi in Italia" con centinaia di interviste a molte delle piu' rappresentative figure dell'impegno nonviolento nel nostro paese. Ha tenuto apprezzate conferenze sul cinema di Tarkovskij all'Universita' di Roma "La Sapienza" e presso biblioteche pubbliche. Negli scorsi anni ha animato cicli di incontri di studio su Dante e su Seneca. Negli ultimi anni ha animato cicli di incontri di studio di storia della sociologia, di teoria del diritto, di elementi di economia politica, di storia linguistica dell'Italia contemporanea. Fa parte di un comitato che promuove il diritto allo studio con iniziative di solidarieta' concreta. Cura il sito www.letterestrane.it
 
2. REPETITA IUVANT. FRANCO RESTAINO: IL FEMMINISMO, AVANGUARDIA FILOSOFICA DI FINE SECOLO. CARLA LONZI (PARTE SECONDA E CONCLUSIVA)
[Riproponiamo ancora una volta il seguente saggio di Franco Restaino, che riprendiamo dalla rivista telematica "Per amore del mondo", n. 2 (nel sito www.diotimafilosofe.it), precedentemente apparso nel volume Le avanguardie filosofiche in Italia nel XX secolo, a cura di P. Di Giovanni, Franco Angeli, Milano 2002, pp. 269-286]
 
Con queste ultime tematiche entriamo in quello che costituisce lo sviluppo piu' significativo e innovativo del pensiero di Carla Lonzi, preparato da alcuni brevi scritti e attuato nel saggio piu' lungo e organico dal titolo La donna clitoridea e la donna vaginale, del 1971. In questi ultimi scritti teorici l'autrice prende di petto le questioni centrali relative alla sessualita': dalla maternita' all'aborto, dalla critica dell'eterosessualita' "vaginale" imposta dal dominio patriarcale come unica e "naturale" pratica sessuale alla rivendicazione di una sessualita' libera e polimorfa come pratica di autonomia femminile e di liberazione da quel dominio.
Le tesi di fondo di questo aspetto centrale e radicale del pensiero di Carla Lonzi compaiono in forma piu' breve nello scritto Sessualita' femminile e aborto, e in forma piu' lunga e piu' riccamente argomentata nel saggio La donna clitoridea e la donna vaginale. Entrambi gli scritti sono dell'estate 1971.
Il tema dell'aborto, nel primo dei due saggi, viene affrontato in maniera radicale e originale, nel senso che l'autrice rifiuta la rivendicazione politica, rivolta sostanzialmente ai maschi, di legalizzazione dell'aborto, e perviene a proposte che coinvolgono soltanto il mondo femminile, al quale spetta di mettere in pratica quella liberta' sessuale che renda obsoleto il problema della legalizzazione dell'aborto da parte di un parlamento maschile.
Carla Lonzi va subito al cuore del problema con un interrogativo rivolto alle donne e con una risposta articolata che pone le premesse delle conclusioni originali e atipiche, in quel momento, rispetto alla generale richiesta di legalizzazione dell'aborto da parte del movimento femminista: "Le donne abortiscono perche' restano incinte. Ma perche' restano incinte? E' perche' risponde a una loro specifica necessita' sessuale che effettuano i rapporti col partner in modo tale da sfidare il concepimento? La cultura patriarcale non si pone questa domanda poiche' non ammette dubbi sulle leggi 'naturali'. Evita solo di chiedersi se in questo ambito cio' che e' 'naturale' per l'uomo lo e' altrettanto per la donna. (...) Ma noi sappiamo che quando una donna resta incinta, e non lo voleva, cio' non e' avvenuto perche' lei si e' espressa sessualmente, ma perche' si e' conformata all'atto e al modello sessuale sicuramente prediletti dal maschio patriarcale, anche se questo poteva significare per lei restare incinta e quindi dover ricorrere a una interruzione della gravidanza" (pp. 68-69). Le donne sono quindi costrette all'aborto perche' sono costrette a una pratica sessuale, imposta dal sistema patriarcale come unica "naturale", che porta alla gravidanza.
E perche' il sistema patriarcale ha imposto tale pratica sessuale? Questa e' l'altra domanda chiave la cui risposta porta l'autrice alle tesi piu' radicali sulla sessualita'. Secondo la Lonzi alla base della imposizione patriarcale della eterosessualita' vaginale sta il piacere dell'uomo, ricercato e attuato alle spese di quello della donna, esclusa dal piacere in questa pratica: "Nel mondo patriarcale (...) l'uomo ha imposto il suo piacere. Il piacere imposto dall'uomo alla donna conduce alla procreazione ed e' sulla base della procreazione che la cultura maschile ha segnato il confine tra sessualita' naturale e sessualita' innaturale, proibita o accessoria e preliminare. (...) Noi dobbiamo assolutamente intervenire con la coscienza che la natura ci ha dotate di un organo sessuale distinto dalla procreazione e che e' sulla base di questo che noi troveremo la nostra autonomia dall'uomo come nostro signore e dispensatore delle volutta' alla specie inferiorizzata, e svilupperemo una sessualita' che parta dal nostro fisiologico centro del piacere, la clitoride" (p. 69).
Prima di passare, nel saggio successivo sulle due categorie di donna, alle tesi piu' generali e radicali fondate sulla distinzione tra sessualita' vaginale imposta e sessualita' clitoridea libera, la Lonzi conclude le sue considerazioni su sistema patriarcale, sessualita' vaginale, concepimento e aborto, evidenziando le conseguenze ultime, sulla donna, della sessualita' "naturale" imposta dal piacere maschile: "Il concepimento dunque e' frutto di una violenza della cultura sessuale maschile sulla donna, che viene poi responsabilizzata di una situazione che invece ha subito. Negandole la liberta' di aborto l'uomo trasforma il suo sopruso in una colpa della donna. Concedendole tale liberta' l'uomo la solleva della propria condanna attirandola in una nuova solidarieta'" (p. 70). Queste due ultime frasi indicano una profonda consapevolezza, da parte di una donna "liberata", della complessita' del problema relativo al concepimento, alla gravidanza, all'aborto, e preannunciano la proposta di autonomia "radicale" della donna, e delle sue pratiche sessuali e di piacere, dal dominio patriarcale: dominio che non si limita a "provocare" gravidanze non volute dalla donna, ma giunge alla colpevolizzazione della donna e addirittura alla perpetuazione di quel dominio sia negandole sia concedendole la liberta' di abortire. Sia il concepimento sia l'aborto, nel sistema patriarcale, appaiono "gestiti" dall'uomo: "Sotto questa luce la legalizzazione dell'aborto chiesta al maschio ha un aspetto sinistro poiche' la legalizzazione dell'aborto e anche l'aborto libero serviranno a codificare le volutta' della passivita' come espressione del sesso femminile e a rafforzare cio' che sottintendono e cioe' il mito dell'atto genitale concluso dall'orgasmo dell'uomo nella vagina" (p. 71).
E' a questa situazione, perdurante da migliaia di anni, che la Lonzi si ribella a nome di tutte le donne schiavizzate dal sistema patriarcale; ed e' a questa situazione che essa contrappone una possibile via d'uscita proprio a partire dalla sfera della sessualita', affermando che la donna "gode di una sessualita' esterna alla vagina, dunque tale da poter essere affermata senza rischiare il concepimento" (p. 70). La donna puo' e deve mirare, per liberarsi dal dominio patriarcale che trova il suo fondamento nella sfera della sessualita', a una civilta' in cui si pratichi una libera sessualita' polimorfa; una sessualita' cioe' non vincolata all'eterosessualita' vaginale con finalita' o conseguenze procreative, ma tale per cui "da luogo della violenza e della volutta' [maschile] la vagina diventa, a discrezione, uno dei luoghi per i giochi sessuali. In tale civilta' apparirebbe chiaro che i contraccettivi spettano a chi intendesse usufruire della sessualita' di tipo procreativo, e che l'aborto non e' una soluzione per la donna libera, ma per la donna colonizzata dal sistema patriarcale" (p. 75).
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Dalle premesse poste nel breve saggio su Sessualita' femminile a aborto muove lo sviluppo organico del pensiero di Carla Lonzi realizzato nel piu' noto saggio La donna clitoridea e la donna vaginale. In esso l'autrice perviene a conclusioni radicali, alla esaltazione di un libertarismo sessuale della donna, alquanto "inattuale" nel momento in cui venne proposto, ma in linea con alcune delle posizioni piu' radicali e piu' avanzate che a livello internazionale venivano proposte anche se non largamente condivise (9). Soltanto qualche anno dopo, con l'emergere pubblico del dibattito sull'omosessualita' femminile e con la rivendicazione di questa quale vera pratica di liberazione dal sistema patriarcale, le tesi di Carla Lonzi avrebbero avuto una qualche eco (10).
Il saggio della Lonzi si presenta anche con aspetti "didattici", nel senso che spiega in termini elementarissimi, con estrema chiarezza, la "meccanica" fisiologica della sessualita' femminile, dei suoi organi, dei suoi modi e dei suoi diversi tipi di piacere e di orgasmo, utilizzando anche illustrazioni sui dettagli fisiologici e anatomici, per muovere verso un discorso teorico e di rivendicazione culturale e politica di estrema radicalita'.
Premesso che "il sesso femminile e' la clitoride, il sesso maschile e' il pene"; che "la vagina e' la cavita' del corpo femminile che accoglie lo sperma dell'uomo e lo inoltra nell'utero affinche' avvenga la fecondazione dell'ovulo"; che "il momento in cui il pene dell'uomo emette lo sperma e' il momento del suo orgasmo"; che "nell'uomo dunque il meccanismo del piacere e' strettamente connesso al meccanismo della riproduzione"; la Lonzi individua e indica subito la "differenza" essenziale tra la sessualita' maschile e quella femminile: "Nella donna meccanismo del piacere e meccanismo della riproduzione sono comunicanti [cioe' la clitoride e' vicina ma non identica alla vagina], ma non coincidenti" (p. 77). Ma questa differenza e' stata negata dalla pratica eterosessuale vaginale imposta dal sistema patriarcale, che ha negato autonomia e legittimita' al piacere clitorideo, condannandolo come innaturale o come infantile (Freud) e in alcuni casi negandolo alla radice (la Lonzi aveva fatto riferimento, in pagine precedenti, alle pratiche di clitoridectomia in alcune aree del mondo islamico).
Ora, continua la Lonzi, "la donna si chiede: su quale base si e' postulato che il piacere clitorideo esprime una personalita' femminile infantile e immatura? Forse perche' esso non risponde al modello sessuale procreativo. Ma il modello procreativo non e' quello in cui si e' cristallizzato il rapporto eterosessuale - anche quando il fine procreativo viene accuratamente evitato - secondo la netta preferenza del pene-egemone? Dunque il piacere clitorideo deve il suo discredito al fatto di non essere funzionale al modello genitale maschile" (p. 81). La donna e' stata costretta, nel sistema patriarcale di ultramillenaria durata, ad accettare e a introiettare anche sul piano psichico il primato, anzi il carattere esclusivo, della eterosessualita' vaginale, funzionale al piacere e al dominio maschili. La via della liberazione della donna passa per il rifiuto di questa eredita' codificata da tutte le forme di ideologia e divenuta patrimonio psichico della stessa donna, passa per la "conquista" della sessualita' clitoridea, unanimemente condannata e demonizzata nel sistema patriarcale: "Per godere pienamente dell'orgasmo clitorideo la donna deve trovare un'autonomia psichica dall'uomo. Questa autonomia psichica risulta cosi' inconcepibile per la civilta' maschile da essere interpretata come un rifiuto dell'uomo, come presupposto di una inclinazione verso le donne. Nel mondo patriarcale dunque le viene riservato in piu' l'ostracismo che si ha per tutto cio' che si sospetta un'apertura all'omosessualita'" (p. 83).
A questo punto Carla Lonzi puo' proporre la contrapposizione che da' il titolo al saggio e che costituisce l'alternativa di fronte alla quale le donne devono operare la loro scelta essenziale: per o contro il sistema patriarcale, per o contro la liberta' della donna e la liberazione da quel sistema: "Dal punto di vista patriarcale la donna vaginale e' considerata quella che manifesta una giusta sessualita' mentre la clitoridea rappresenta l'immatura e la mascolinizzata, per la psicoanalisi freudiana addirittura la frigida. Invece il femminismo afferma che la vera valutazione di queste risposte al rapporto col sesso che opprime e' la seguente: la donna vaginale e' quella che, in cattivita', e' stata portata a una misura consenziente per il godimento del patriarca mentre la clitoridea e' una che non ha accondisceso alle suggestioni emotive dell'integrazione con l'altro, che sono quelle che hanno presa sulla donna passiva, e si e' espressa in una sessualita' non coincidente col coito" (pp. 83-84).
Tutto il saggio ruota su questa contrapposizione, affrontata con l'analisi dei suoi aspetti fisiologici, psichici, sociali (l'istituzione matrimonio e la necessita', per la donna liberata, di uscirne). Largo spazio e' dedicato alla critica della psicoanalisi nelle versioni di Freud e di Reich. La Lonzi non accetta l'identificazione di donna clitoridea e di donna omosessuale. Il rifiuto dell'eterosessualita' fondata e codificata sulla penetrazione vaginale non e' il rifiuto dell'eterosessualita'. La Lonzi insiste anzi sul fatto che la vagina, per quanto sia organo erogeno "moderato", costituisce uno dei possibili luoghi di "giochi" erotici e sessuali con l'uomo. L'autrice non rifiuta il rapporto sessuale della donna con l'uomo, ma il carattere "passivo" di tale rapporto, per cui "per provare l'orgasmo durante il coito la donna deve avere dell'uomo un'idea che trascenda l'idea che essa ha di se stessa e convincersi di stare con un uomo all'altezza dell'alta idea che essa ha dell'uomo" (p. 108).
La Lonzi mira a una liberazione della donna che comporti non piu' la passivita' nel rapporto sessuale con l'uomo ma la liberta' di iniziativa, la "rinegoziazione" del rapporto eterosessuale: "Nella seduta amorosa la donna non deve aspettare dall'uomo delle maldestre iniziative sulla clitoride che la disturbano, ma deve mostrare lei stessa quale e' la carezza ritmica preferita che, ininterrotta, la porta al punto del godimento. Il rapporto con una donna che vuole il piacere clitorideo come piacere sessuale in proprio non presuppone una tecnica e gesti erotici inusitati, ma un diverso rapporto tra soggetti che riscoprono le loro fonti del piacere e i gesti ad esse convenienti. L'uomo deve sapere che la vagina e', per la donna, una zona moderatamente esogena e adatta ai giochi sessuali, mentre la clitoride e' l'organo centrale della sua eccitazione e del suo orgasmo" (p. 113).
Va da se' che tutte le forme di erotismo e di autoerotismo devono essere a disposizione della donna liberatasi dal dominio patriarcale. Nello scritto precedente la Lonzi aveva indicato nella libera sessualita' polimorfa l'orizzonte della nuova donna liberata. In questo piu' organico saggio ripropone in forme piu' riccamente sviluppate questo tema, esteso a tutti gli esseri umani, compresi i bambini (nel Manifesto di un anno prima aveva scritto: "Sono un diritto dei bambini e degli adolescenti la curiosita' e i giochi sessuali", p. 16): "Il sesso e' una funzione biologica essenziale dell'essere umano e vive di due momenti: uno personale e privato che e' l'autoerotismo, uno di relazione che e' lo scambio erotico con un partner" (p. 113). Anche l'autoerotismo e' quindi una delle forme "essenziali" di quella funzione biologica che e' il sesso, e anche in questa sfera la donna e' stata "inferiorizzata" dal sistema patriarcale: "L'interdizione all'autoerotismo ha colpito duramente la donna poiche' non solo l'ha privata o l'ha disturbata in questa realizzazione di se', ma anche l'ha consegnata inesperta e colpevolizzata al mito dell'orgasmo vaginale che per lei e' diventato 'il sesso'" (ivi).
Nella parte finale del saggio Carla Lonzi evita di presentare la donna clitoridea, liberata dal sistema patriarcale, come qualcosa di eccezionale, di eroico, da esaltare; anzi ritiene che la donna clitoridea debba essere la donna "normale" in una civilta' nella quale sia stato sconfitto il sistema patriarcale senza per questo mirare a un idealizzato e utopico sistema matriarcale. Una donna normale di fronte a un uomo normale: entrambi esseri sessuati, ma con le loro "differenze" da valorizzare e non da mortificare al servizio dell'uno/a o dell'altro/a: "La donna clitoridea non ha da offrire all'uomo niente di essenziale, e non si aspetta niente di essenziale da lui. Non soffre della dualita' e non vuole diventare uno. Non aspira al matriarcato che e' una mitica epoca di donne vaginali glorificate. La donna non e' la grande-madre, la vagina del mondo, ma la piccola clitoride per la sua liberazione. Essa chiede carezze, non eroismi; vuole dare carezze, non assoluzione e adorazione. La donna e' un essere umano sessuato. (...) Non e' piu' l'eterosessualita' a qualsiasi prezzo, ma l'eterosessualita' se non ha prezzo" (p. 118). E quel che fa la differenza, nei due tipi di sessualita' ed eterosessualita', e' la passivita' o l'assenza di questa: "La passivita' non e' l'essenza della femminilita', ma l'effetto di un'oppressione che la rende inoperante nel mondo. La donna clitoridea rappresenta il tramandarsi di una femminilita' che non si riconosce nell'essenza passiva" (p. 134).
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Qui possiamo dar termine al nostro contributo, che voleva essere prevalentemente informativo e che per tale motivo ha abbondato in riferimenti testuali numerosi e talvolta lunghi. Il pensiero di Carla Lonzi e' legato a un momento iniziale e radicale del femminismo, italiano e internazionale. Esso presenta forti momenti di originalita' e tratta temi che negli anni successivi avrebbero avuto sviluppi teorici riccamente diversificati, sia in Italia sia fuori d'Italia. Non e' un pensiero conosciuto o studiato nella filosofia fatta secondo il genere maschile. Non e' questo, pero', un limite di quel pensiero, ma di quella filosofia, che tarda ancora a prendere atto del fatto che il pensiero delle donne, dopo la Lonzi e grazie anche ad essa, ha raggiunto livelli di approfondimento e di ampiezza tematica, sia sul piano teorico sia su quello storiografico, che potrebbero portare nuova linfa ad una filosofia nel suo complesso vivacchiante da un po' di anni senza dare segni di una qualche originalita' (11).
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Note
9. La tematica relativa alla differenza tra pratiche sessuali centrate sulla vagina e quelle centrate sulla clitoride veniva proposta in un brevissimo scritto di Anne Koedt, circolato in forma di ciclostilato nel 1968 e pubblicato nel 1970 in una dimensione piu' lunga, dal titolo The Myth of the Vaginal Orgasm. Lo si trova nelle pp. 64-66 del volume gia' citato a cura di B. A. Crow, Radical Feminism, oltre che nelle pp. 333-343 del volume curato da M. Schneir, The Vintage Book of Feminism, Vintage, London 1994 (in questo volume lo scritto viene inquadrato nel dibattito aperto nel 1966 dal celebre libro inchiesta di W. H. Masters, V. E. Johnson, Human Sexual Response, nel quale per la prima volta si rendeva noto al grande pubblico che Freud e tutta la tradizione sessuologica avevano sbagliato nell'individuare la fonte del piacere e dell'orgasmo femminili nella vagina anziche' nella clitoride, fonte di piacere, secondo Freud, soltanto per la bambina e l'adolescente, la cui sessualita' avrebbe raggiunto la piena maturita' soltanto con il piacere e l'orgasmo vaginali; Freud concludeva anche che la frigidita' femminile dipendeva dal non voler abbandonare la fase clitoridea e dal rifiutare il rapporto con il maschio nella fase della penetrazione vaginale). Lo scritto di A. Koedt e' rivolto principalmente a confutare le tesi di Freud, e in questo compito e' stato molto efficace e fortunato in ambito femminista.
10. Su questo dibattito e sulla bibliografia relativa mi permetto di rinviare al gia' citato vol. di F. Restaino, A. Cavarero, Le filosofie femministe.
11. Su questa sordita' della filosofia "maschile" rispetto ai contributi teorici provenienti dalla filosofia "femminile" e femminista mi permetto di rinviare al mio articolo Femminismo e filosofia: contro, fuori o dentro?, in "Rivista di storia della filosofia", LVI, 2001, n. 3, pp. 455-472.
 
3. MAESTRE. TIZIANA PIRONI: ADA PROSPERO (MARCHESINI GOBETTI)
[Dal Dizionario biografico degli italiani (2016), nel sito www.treccani.it]
 
Ada Prospero (Marchesini Gobetti) nacque a Torino il 23 luglio 1902, unica figlia di Giacomo e di Olimpia Bianchi, agiati commercianti, provenienti dalla valle di Blenio (Ticino).
Si iscrisse al liceo classico Vincenzo Gioberti di Torino, iniziando a sedici anni a collaborare alla rivista Energie nove, fondata con Piero Gobetti e alcuni loro compagni. I due abitavano nello stesso palazzo e fin dalla più giovane eta' condivisero ideali e battaglie, come la solidarieta' espressa agli operai delle fabbriche torinesi durante il "biennio rosso" (1919-20) e la nascita, nel 1922, della rivista La Rivoluzione liberale, soppressa nel 1925 dal regime fascista.
I due si sposarono nel gennaio del 1923 e due anni dopo, nel giugno del 1925, Ada si laureo' in lettere e filosofia a Torino con una tesi sul Pragmatismo angloamericano.
Il 28 dicembre 1925 nacque il figlio Paolo, ma il 16 febbraio 1926, all'eta' di venticinque anni, Piero Gobetti mori' a Parigi, dove era fuggito – dopo essere stato in Inghilterra con Ada – in seguito a un'aggressione squadrista, subita nel giugno del 1924, che lo debilito' fino alla morte.
Dopo la tragica scomparsa di Gobetti, Ada Prospero si dedico' all'insegnamento di lingua e letteratura inglese (vincitrice di un concorso a cattedre nel 1928), essendole stato impedito, in quanto donna, di insegnare filosofia nei licei.
Furono anni segnati dal legame di amicizia con Benedetto Croce, testimoniato dalla loro lunga e intensa corrispondenza (1928-52) che duro' fino alla morte del filosofo; Croce per lei rappresento' un'importante guida intellettuale, che la sostenne e la incoraggio' a riprendere gli studi e le traduzioni, soprattutto di autori inglesi e statunitensi (Henry Fielding, Charles Dickens, Archibald J. Cronin, Eugene O'Neill, John Galsworthy). Da ricordare, sempre su proposta di Croce, la sua traduzione della Storia d'Europa di Herbert A.L. Fischer (1937), mentre l'anno successivo usci' per Frassinelli il romanzo di Zora Neale Hurston da lei tradotto, I loro occhi guardavano Dio.
Nel 1937 si uni' in matrimonio con Ettore Marchesini, tecnico dell'EIAR (Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche), che illustro' il suo primo libro per bambini, La storia del gallo Sebastiano, pubblicato nel 1940 per Garzanti con lo pseudonimo di Margutte. Nel 1942 usci' per Laterza Alessandro Pope e il razionalismo inglese, che sviluppava il filone intrapreso nella tesi di laurea.
Gli anni dell'impegno intellettuale furono anche contrassegnati dalla lotta contro il regime fascista: la sua casa di via A. Fabro (che dal 1961 divenne sede del Centro studi Piero Gobetti) costitui' un punto di riferimento per gli intellettuali antifascisti. Insieme a Francesco Nitti e a Carlo Rosselli, Ada Prospero diede vita al movimento Giustizia e Liberta', e nel 1942 fu tra i fondatori del Partito d'azione. Nel 1943 coordino' le azioni partigiane in Val Susa, dove era attivo il figlio Paolo; mantenne i collegamenti, assieme a Bianca Guidetti Serra, con il Comando militare delle formazioni gielliste, per le quali ricopri' importanti incarichi, fino al grado di maggiore. Sempre nel 1943 Ada Prospero fondo' i Gruppi di difesa della donna, insieme a Maria Bronzo Negarville per il Partito comunista italiano (PCI), Anna Rosa Gallesio per la Democrazia cristiana, Irma Zampini per il Partito liberale italiano, Medea Molinari per il Partito socialista italiano.
Nel 1945 fu insignita della medaglia d'argento al valore militare e contribui' alla fondazione a Parigi della Federazione internazionale democratica delle donne. Dopo la Liberazione fu nominata vicesindaco di Torino, incaricata dal Comitato di liberazione nazionale in rappresentanza del Partito d'azione. Ricopri' tale carica sino alle elezioni del 1946, occupandosi in particolare di istruzione e assistenza. Nel 1947 divenne presidente della sezione torinese dell'Unione donne italiane: era sua ferma convinzione, maturata fin dalla Resistenza, che le organizzazioni femminili, mantenendo un certo margine di autonomia rispetto ai partiti, rappresentassero uno strumento importante per la democratizzazione della societa'.
Nei primi anni Cinquanta collaboro' a diverse testate giornalistiche vicine al PCI, tra cui l'Unita', Paese sera, il Pioniere, Noi donne. Nel 1956 pubblico' con Einaudi Diario partigiano, pare su invito di Croce, interessato a capire cosa avesse significato realmente l'esperienza della lotta armata al Nord: un libro di memorie della Resistenza – come scrisse Italo Calvino – dal "carattere di eccezione, piu' che per l'importanza dei fatti che racconta, per la persona che l'ha scritto e il modo in cui la guerra viene vista e vissuta" (nota all'edizione del 1996, p. 11).
Gli anni Cinquanta furono caratterizzati dall'interesse costante nei confronti delle problematiche educative, che Ada Prospero seppe rivitalizzare attraverso le pagine delle sue riviste, quale instancabile animatrice, "perfetta operatrice culturale ante litteram" come la defini' Goffredo Fofi (prefazione a Diario partigiano, Torino 1996, p. 2).
Dal 1953 al 1955, diresse la rivista Educazione democratica, creata con l'intento di favorire una palestra di confronto e di aperta discussione, coinvolgendo tutti coloro che a vari livelli operavano in ambito formativo per dar vita a una vera comunita' educante (A. Marchesini Gobetti, Siamo tutti educatori, in Educazione democratica, I (1953), p. 2).
Grazie all'ampio spettro delle tematiche trattate (dai mass-media al cinema, alla letteratura per ragazzi) Ada Prospero inaugurava cosi' un nuovo modo di agire il discorso pedagogico, affrontato nelle dinamiche e nella concretezza delle situazioni emergenti, non piu' cristallizzato in rigidi e astratti schemi teorici e metodologici. Alla fine del 1953 fu affiancata da Dina Bertoni Jovine nella direzione del periodico, che nel 1955 fu sostituito da Riforma della scuola, nella cui redazione entro' lei stessa.
Nei suoi articoli pedagogici, come nei libri per l'infanzia (nel 1953 scrisse Cinque bambini e tre mondi), intendeva trasmettere valori impostati sul rispetto e sulla convivenza delle differenze, quale lievito vitale della democrazia. L'impegno civile e politico, da lei maturato fin dai tempi della Resistenza, trovo' dunque esito nella concretezza dell'attivita' educativa, tramite un rinnovamento della famiglia e della scuola, al fine di costruire un'effettiva societa' democratica: dopo il ventennio di autoritarismo fascista si trattava di ripensare le relazioni familiari come un nuovo luogo d'incontro in cui ciascuno potesse sentirsi autonomo ma anche parte attiva di rinnovamento sociale. Nel 1959 usci', infatti, il volume dedicato ai genitori Non lasciamoli soli. Consigli ai genitori per l'educazione dei figli. Proprio i genitori dovevano educarsi per educare. Per lei, inoltre, non era pensabile una spaccatura tra pubblico e privato: riferendosi alla lezione di Antonio Gramsci, Ada Prospero considerava il processo educativo in tutta la sua globalita', un processo che deve "ben guardarsi di fratturare la personalita' [perche'] non si puo' essere cattivo padre e buon cittadino" (Vivere insieme. Corso di educazione civica per le scuole medie e secondarie inferiori, Torino 1960, p. 9). Anche in questo volume, adottato in diverse scuole, era sottesa la convinzione che scuola e famiglia dovessero costruire sempre piu' un'alleanza educativa per favorire la formazione della coscienza civile e sociale del futuro cittadino democratico.
In questa direzione, nei primi anni Sessanta, Ada Prospero offri' la sua collaborazione e consulenza a molti comuni, amministrati dalle sinistre, per lo sviluppo di nuove politiche scolastiche ed educative. In particolare, collaboro' con il Comune di Bologna nella gestione delle istituzioni scolastiche per la prima infanzia. Partecipo' ad alcuni progetti volti a costruire un prototipo di citta' educativa, che coinvolgesse tutti: cittadini, genitori, insegnanti, studenti, specialisti. Fu quindi tra i promotori dei famosi Febbrai pedagogici bolognesi, inaugurati nella citta' felsinea nel 1962, sul cui modello prese corpo il Settembre pedagogico torinese.
Fino alla morte si dedico' fondamentalmente a due imprese. Dal 1959 al 1968 fondo' e diresse Il Giornale dei genitori, che contava oltre 3000 abbonati. La rivista si caratterizzava quale strumento di lavoro per fornire ai genitori consigli e informazioni sui problemi dell'educazione dei figli; affronto' anche un ampio confronto sui temi scottanti dell'educazione sessuale e dell'insegnamento della religione. Nel 1961, a latere del giornale, furono pubblicate le lettere di "Pietro il Pellicano", edite dall'associazione di igiene mentale di Benjamin Spock dell'Universita' della Louisiana, da lei tradotte e riproposte sotto forma di articoli, in collaborazione con la Lega italiana di igiene e profilassi mentale di Giovanni Bollea.
Si trattava di ventisette lettere che proponevano consigli ai genitori sui primi cinque anni di vita del bambino, diffuse da molti comuni e associazioni che ne fecero omaggio alle famiglie dei neonati.
L'altra iniziativa che le stette particolarmente a cuore fu il Centro studi Piero Gobetti, fondato nel 1961 nella sua casa torinese insieme al figlio Paolo.
Dedicato agli studi storici e alla cultura politica, il Centro, come il giornale, rappresentava uno spazio aperto al dialogo, dove le idee potessero confrontarsi liberamente senza alcun giudizio precostituito.
La liberta' di pensiero, insieme all'impegno etico-civile, e' infatti il filo rosso che innerva l'intera vita di Ada Prospero Gobetti, dalle riviste condivise con il marito Piero, negli anni antecedenti il fascismo, a quelle da lei fondate nel secondo dopoguerra per un'effettiva e concreta educazione alla democrazia.
Mori' in seguito a una emorragia cerebrale a Reaglie (Torino) il 14 marzo 1968; fu sepolta nel cimitero torinese di Sassi.
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Opere. Oltre a quelle citate, A. Marchesini Gobetti, Educare per emancipare. Scritti pedagogici 1953-1968, a cura di M.C. Leuzzi, Manduria 1982.
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Fonti e bibliografia: Documentazione su Ada Prospero e' conservata presso il Centro studi Piero Gobetti, a Torino; Carissima Ada, gentilissimo Senatore: Carteggio Ada Gobetti - Benedetto Croce (1928-1952), in Mezzosecolo. Materiali di ricerca storica, 1989, n. 7, monografico; Nella tua breve esistenza. Lettere 1918-1926 (con P. Gobetti) e, in Appendice, Diari di Ada (1924 -1926), a cura di E. Alessandrone Perona, Torino 1991.
T. Tomasi, Ada Marchesini Gobetti educatrice, in Ali, 1970, n. 6, pp. 124-127; D. Bertoni Jovine, Ricordo di Ada Gobetti, in Principi di pedagogia socialista, Roma 1977, pp. 426-431; C. Spillari, La trasmissione nell'itinerario di Ada Gobetti, in L. Comba, Donne educatrici. Maria Montessori e Ada Gobetti, Torino 1996, pp. 79-123; C. Malandrini, Gobetti, Piero, in Dizionario biografico degli Italiani, LVII, Roma 2001, pp. 489-491, 493, 495 s., 498 s.; Piero e Ada Gobetti: due protagonisti della storia e della cultura del Novecento, a cura di A. Fabrizi, Roma 2006; M.C. Leuzzi, Ada Prospero Marchesini Gobetti, in Dizionario biografico dell'educazione (1800-2000), diretto da G. Chiosso - R. Sani, II, Milano 2014, pp. 374 s.
 
4. MAESTRE. MONICA VENTURINI: RENATA VIGANO'
[Dal Dizionario biografico degli italiani (2020), nel sito www.treccani.it]
 
Renata Vigano' nacque il 17 giugno 1900 a Bologna. Il padre Eugenio (Reggio nell'Emilia, 1848) venne da lei descritto come "socialista dolce, alla De Amicis, ma giusto e buono" (Matrimonio in brigata..., 1995, p. 98). La madre, Amelia Brassi, apparteneva a una ricca famiglia; la bisnonna materna, Caterina Mazzetti, fu proprietaria dell'Antica ditta Mazzetti che dava in affitto vetture (cfr. R. Vigano', La bisnonna, in l'Unita', 11 dicembre 1949, p. 3).
Dopo il matrimonio i genitori si trasferirono da Reggio nell'Emilia a Bologna, dove nacque il loro figlio Pietro (morto a soli due anni) e, dieci mesi piu' tardi, Renata che, dopo la prima formazione, lascio' gli studi tecnici per frequentare il liceo classico.
Assistita da una precoce vocazione letteraria, gia' all'eta' di tredici anni Renata pubblico' una prima raccolta poetica, Ginestra in fiore (con una lettera di P. Orano, Bologna 1913), che le procuro' una moderata attenzione della stampa e della critica, cui segui' – presso la casa editrice Alfieri & Lacroix, con una nota di P. Zangarini – Piccola fiamma: liriche 1913-1915 (Milano 1916).
Purtroppo, a causa della guerra, la ditta familiare falli', costringendo i Vigano' a un periodo di dissesto economico: Renata dovette abbandonare il liceo e comincio' a lavorare, dapprima come inserviente e poi da infermiera, presso l'ospizio in via D'Azeglio dove presto' assistenza a bambini e malati.
Dopo aver esordito nella narrativa con Il lume spento (Milano 1933), nel dicembre del 1935 conobbe lo scrittore Antonio Meluschi, autore del romanzo resistenziale La morte non costa niente (1946), figura importante per la formazione intellettuale e politica di Vigano', con cui si uni' in matrimonio nel settembre del 1937, e insieme al quale decise di adottare, nello stesso anno, un bambino presso l'ospedale brefotrofio di Bologna: Agostino.
La loro casa nel capoluogo emiliano, in via Mascarella 63, divenne punto di ritrovo di molti intellettuali, tra i quali Pier Paolo Pasolini, Luciano Serra, Enzo Biagi, Giorgio Bassani e Achille Ardigo'. Con il marito e il figlio, ancora piccolo, la scrittrice partecipo' alla lotta partigiana e collaboro' alla stampa clandestina. Con il nome di Contessa, fece la staffetta e l'infermiera nella brigata partigiana, dapprima in Romagna e poi nelle valli di Comacchio, dove diresse il servizio sanitario dei partigiani. Nel gruppo comandato da suo marito, la scrittrice partecipo', dunque, attivamente alla Resistenza: "Io non sono nata dal popolo [...]. Ma la mia estrazione borghese non impedi' che fossi portata a preferire le persone del popolo alla vellutata, stagnante, bigotta simulazione della classe a cui appartenevo" (R. Vigano', La mia guerra partigiana, in Ead., Matrimonio in brigata, Milano 1976, pp. 143 s.). Scrisse, in questi anni, per quotidiani e periodici tra cui l'Unita', Noi Donne, Il Ponte, Il Progresso d'Italia, Rinascita. Mentre con la famiglia si trovava sfollata a Imola, collaboro' alla rivista clandestina La Comune, nata il 15 gennaio 1944, dove pubblico' alcuni scritti tra cui Le donne e i tedeschi, Le donne e i fascisti, Le donne e i partigiani: "scrissi cinque pezzi, tutti rivolti alle donne, a quelle cioe' che avevano cuore e amore, che soffrivano per cento angustie, che tremavano per i loro cari, assenti o presenti ma tutti immersi nel pericolo".
Nella prima meta' degli anni Cinquanta, tenne la rubrica "Fermo posta" per Noi Donne, ma gia' sul finire del decennio precedente aveva pubblicato per Einaudi L'Agnese va a morire (Torino 1949), romanzo legato al neorealismo, considerato tra i capolavori della narrativa ispirata alla Resistenza.
Alcune parti dell'opera erano apparse in rivista: su Il Progresso d'Italia nel 1947 e su l'Unita' nel 1949 ove, in particolare, il 19 novembre usci' un ampio stralcio dell'opera con il titolo Mamma Agnese. La protagonista del romanzo e' una donna del popolo, "grossa e ingombrante", che, dopo l'uccisione del marito Palita per mano dei tedeschi, prende attivamente parte alla lotta antifascista (per cui v. R. Vigano', La storia di Agnese non e' una fantasia, in l'Unita', 17 novembre 1949). Agnese e' un personaggio in evoluzione dagli evidenti tratti autobiografici, "e' la contadina protagonista del romanzo ed e' anche un'immagine collettiva, e' uno e molti, e' soggetto e oggetto del sacrificio, e' un personaggio assai reale sotto certi punti di vista, ma poi disumano per la sua grandezza" (S. Vassalli, Introduzione a L'Agnese va a morire, Torino 2014, p. 4). Nell'ultima parte del libro, Agnese acquista maggiori responsabilita' e gestisce e organizza il rifornimento della base partigiana: "Magon era contento di adoperare l'Agnese per quelle cose; il suo aspetto duro e pacifico non attirava i tedeschi, non si interessavano di una vecchia grossa contadina, e lei passava tranquillamente in mezzo a loro" (L'Agnese va a morire, Torino 1954, p. 332). La nuova funzione, pero', non corrisponde a un maggiore potere, ma crea le premesse per una nuova consapevolezza.
Tra memoriale, testimonianza e diario di una Resistenza vissuta in prima persona, il romanzo, apprezzato da Natalia Ginzburg, allora redattrice presso Einaudi, e definito da Maria Corti una delle opere sulla Resistenza dal reale carattere commemorativo, fu insignito con il premio Viareggio nel 1949 e tradotto in moltissime lingue.
Tra i numerosi romanzi italiani sulla Resistenza e', senza dubbio, quello in cui vi e' la testimonianza piu' diretta del vissuto della protagonista: del modo in cui "il risentimento collettivo di fronte all'offesa dell'invasione" viene trasformato dal buon senso popolare in "volonta' di giustizia e in capacita' di lotta organizzata" (cfr. Nota, in L'Agnese va a morire, 1954, p. 8). La novita' del romanzo e' nell'aver guardato alla Resistenza da una prospettiva nuova, tramite lo sguardo di Agnese: "il contrasto tra la sua figura rozza e corpulenta e le movimentate vicende della lotta a cui partecipa, tra la sua abitudine ai ragionamenti pacati, pratici, elementari e le decisioni coraggiose che sa prendere, e' il tema fondamentale del romanzo" (ibid.).
Nel 1949 Meluschi venne arrestato insieme con altri ex partigiani, e cio' comporto' molte difficolta' per la scrittrice e il figlio (cfr. R. Vigano', Assolto in istruttoria, in Ead., Matrimonio in brigata, cit.). Negli anni Cinquanta la famiglia fece ritorno a Bologna, dove Vigano' rimase anche in seguito. L'attenzione per la condizione sociale delle donne nel dopoguerra la porto' a pubblicare Mondine (presentazione di L. Bigiaretti, Modena 1952) e Una storia di ragazze (Milano 1962).
In questi anni uscirono, inoltre, Arriva la cicogna (Roma 1954), Donne della Resistenza (introduzione di I. Barontini, Bologna 1955), Ho conosciuto Ciro (prefazione di C. Ghini, Bologna 1959) e, successivamente, la raccolta di racconti Matrimonio in brigata (cit.). Nel 1976, da L'Agnese va a morire, venne tratto l'omonimo film con la regia di Giuliano Montaldo, la sceneggiatura di Nicola Badalucco e Giuliano Montaldo, la fotografia di Giulio Albonico, le musiche di Ennio Morricone, e con Ingrid Thulin nella parte di Agnese e Massimo Girotti in quella di Palita (fra gli altri attori coinvolti: Stefano Satta Flores, Michele Placido, Aurore Clement, Ninetto Davoli, Eleonora Giorgi e Johnny Dorelli).
Come scrive Anna Folli, Vigano' "arriva alla soglia degli anni Sessanta col sogno di un ultimo romanzo. Una storia di ragazze esce inosservato nel 1962 insieme al Giardino dei Finzi-Contini di Giorgio Bassani destinato a ben altra gloria, boicottato dal Partito e certamente fuori epoca" (Riscoprendo Renata Vigano', in la Repubblica, 17 gennaio 2013).
Mori' a Bologna il 23 aprile 1976, senza riuscire a vedere la trasposizione cinematografica del suo romanzo.
Vigano' si era affermata negli anni successivi alla guerra come una tra le voci piu' incisive dell'Italia della ricostruzione, capace di rivolgersi a un ampio pubblico, non solo femminile, dalle pagine dell'Unita' e di aprire le porte del suo salotto a intellettuali e scrittori, tra cui Roberto Roversi e Pier Paolo Pasolini. Bologna le ha dedicato un giardino con un piccolo monumento nel quartiere Savena, mentre il comune di San Lazzaro, quello di Pontecchio e la citta' di Ferrara le hanno intitolato una strada. Due mesi prima della morte, le era stato assegnato il premio giornalistico Bolognese del mese, per il suo stretto rapporto con la citta' di Bologna e la sua vivace vita culturale.
*
Opere. Fra le opere non citate nel testo, si ricordano: Rosario. Libera interpretazione dei quindici misteri del rosario scritta da me, non credente, per puro amore di leggenda e poesia, Bologna 1984; Sonetti inediti, Bologna 1984; La bambola brutta. Storia di Eloisa partigiana, illustrazioni di Viola Niccolai, a cura di Brigata Vigano' (Dafne Carletti, Sofia Fiore, Margherita Occhilupo, Marta Selleri, Elena Sofia Tarozzi e Tiziana Roversi), Bologna 2017. E inoltre: Marzabotto citta' martire, in Il Secondo Risorgimento d'Italia, Milano 1955, pp. 225-228.
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Fonti e bibliografia: Le carte della scrittrice sono conservate a Bologna, presso la Biblioteca dell'Archiginnasio, Fondo speciale Carte Vigano'-Meluschi: sono qui raccolti i manoscritti, la corrispondenza, i dattiloscritti, alcuni ritagli a stampa degli anni 1939-77.
Per una bibliografia critica: A. Battistini, Le parole in guerra, lingua e ideologia de "L'Agnese va a morire", Ferrara 1982; Matrimonio in brigata: le opere e i giorni di R. V. e Antonio Meluschi, a cura di E. Colombo, Bologna 1995; G. Pedulla', R. V., in Racconti della Resistenza, a cura di G. Pedulla', Torino 2005, pp. 261 s.; B. Manetti, Scrittrici oltrecortina. I reportage dall'Unione Sovietica di Sibilla Aleramo, R. V. e Anna Maria Ortese, in Comunicare letteratura, 2008, vol. 1, pp. 175-198; S. Bersani, 101 donne che hanno fatto grande Bologna, Roma 2012, pp. 227-232; F. Sancin, L'Agnese e le altre. R. V., in Donne della Repubblica, a cura di P. Cioni - D. Maraini, Bologna 2016, pp. 147-158; A. Sanna, Partigiane e scrittrici: "Si senti' piu' alto" di Ada Gobetti e "La grande occasione" di R. V., in Carte italiane, 2017, vol. 11, pp. 145-159; La contessa delle valli. Dedicato a R. V., a cura di D. Carletti et al., Bologna 2018. Si segnala, infine, nella collana La libreria dei miei ragazzi delle ed. Minerva: R. Vigano', Con parole sue, disegni di M. Matteucci, testi a cura di C. Alvisi - T. Roversi, Argelato 2018.
 
5. REPETITA IUVANT. UNA LEGGENDA APOCRIFA OVVERO EULOGIA DI MASSIMILIANO DI CARTAGINE
 
I.
Solo questo so di te, che nell'anno
295 ti fucilarono
perche' obiettore al servizio militare.
 
Immagino che venne un centurione
coi suoi esperti di pubbliche relazioni,
psicologi, pubblicitari, sceneggiatori di telenovelas,
a dirti mentre eri in galera
sei un bravo giovane, chi te lo fa fare
vieni con noi, imparerai un mestiere.
E Massimiliano rispose di no.
 
Mandarono da lui certi suoi parenti, certi prominenti
concittadini, a dirgli
lo sai che noi cartaginesi
siamo gia' guardati con sospetto
per certe vecchie storie di Alpi e di elefanti
di annibali e di asdrubali e scipioni
non metterti a fare casino
vesti la giubba, non c'e' altro da fare
e combattere per l'impero ha pure i suoi vantaggi.
Ma Massimiliano rispose di no.
 
E vennero allora a persuaderlo
certi amici di quando al campetto
giocavano insieme a pallone, gli amici
del bar: Massimilia' falla finita
da quando ti sei messo con quei tizi
del galileo morto ammazzato
ti stai mettendo in un mare di guai.
Che diamine mai hai contro i marines?
Falla finita con quei beduini
da' retta al nostro buon signor Belcore
la paga e' buona ed il lavoro e' poco.
E quello cocciuto, come un mulo a dire no.
 
II.
Dicono male delle corti marziali
dicono male dei plotoni d'esecuzione
forse che e' meglio farlo col coltello
in un vicolo buio di notte?
 
Dicono che siamo repressori
e genocidi addirittura; e andiamo!
forse che non ci vuole anche un po' d'ordine
in questo letamaio di colonie?
e il roman way of life non costa niente?
Eppure la volete, la televisione
il telefonino.
 
E allora poche storie, lo ammazzammo
perche' dovemmo, mica potevamo
lasciarlo andare il vile disertore
oltretutto terrone, anzi affricano.
 
La civilta', insomma, va difesa.
 
III.
Quante incertezze, quanta paura certo durasti.
Solo i babbei
pensano che gli eroi sono una specie
di nazisti spretati. E invece i martiri
hanno paura come noi, e tremano
come noi, come noi dubitano
di star tutto sbagliando, di sprecare per nulla la vita.
 
Ma infine ristette fermo nel suo no
Massimiliano di Cartagine. E fu fucilato.
 
IV.
Ecco, io mi alzo in piedi nell'assemblea
e prendo la parola, e dico:
obietta alla guerra e alle uccisioni
combatti contro gli eserciti e le armi
scegli la nonviolenza.
 
Ecco, io prendo la parola in assemblea,
mi alzo in piedi e dico:
fermiamo le fabbriche di armi
assediamo le basi militari
impediamo i decolli dei bombardieri
strappiamo gli artigli alle macchine assassine.
 
Ecco, io dico al soldato: diserta
io dico al ferroviere: ferma il convoglio
io dico al vivandiere: non preparare
di carne umana il pranzo al generale.
 
Ecco, io dico, la guerra
puo' essere, deve essere fermata.
Con l'azione diretta nonviolenta.
Con il gesto del buon Massimiliano
cartaginese, che i romani fucilarono.
 
6. SEGNALAZIONI LIBRARIE
 
Riletture
- Isaiah Berlin, Un messaggio al Ventunesimo secolo, Adelphi, Milano 2015, pp. 64, euro 7.
*
Riedizioni
- Tommaso Tuppini (a cura di), Kant. Pagine scelte e commentate, Rcs, Milano 2020, pp. 192, euro 7,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
 
7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
 
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
 
8. PER SAPERNE DI PIU'
 
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
 
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4042 del 13 marzo 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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