[Nonviolenza] Telegrammi. 3678



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3678 del 14 marzo 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. In memoria di Marianella Garcia
2. La prima lettera di Guenther Anders a Claude Eatherly
3. La prima lettera di Claude Eatherly a Guenther Anders
4. L'Italia sottoscriva e ratifichi il Trattato Onu per la proibizione delle armi nucleari
5. Siano finalmente processati i ministri del governo razzista per i crimini contro l'umanita' commessi nel 2018-2019
6. Abrogare gli scellerati ed incostituzionali "decreti sicurezza della razza"
7. Due provvedimenti indispensabili per far cessare le stragi nel Mediterraneo e la schiavitu' in Italia
8. Alcune poesie di Emily Dickinson tradotte da Cristina Campo
9. Alcune poesie di Emily Dickinson tradotte da Margherita Guidacci
10. Alcune poesie di Emily Dickinson tradotte da Barbara Lanati
11. Una poesia di Emily Dickinson tradotta da Giovanni Giudici
12. Una poesia di Emily Dickinson tradotta da Mario Luzi
13. Una poesia di Emily Dickinson tradotta da Eugenio Montale
14. Una poesia di Emily Dickinson tradotta da Amelia Rosselli
15. Su Emily Dickinson (2006)
16. Segnalazioni librarie
17. La "Carta" del Movimento Nonviolento
18. Per saperne di piu'

1. MAESTRE. IN MEMORIA DI MARIANELLA GARCIA

Nella giornata del 13 marzo il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo commemora Marianella Garcia, fulgida martire della nonviolenza, strenuamente impegnata nella difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani, assassinata dai fascisti in Salvador il 13 marzo 1983.
Nel ricordo e alla scuola di Marianella Garcia opponiamoci alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Nel ricordo e alla scuola di Marianella Garcia difendiamo i diritti umani di tutti gli esseri umani, difendiamo la democrazia e la civile convivenza, difendiamo quest'unico mondo vivente casa comune dell'umanita'.
Nel ricordo e alla scuola di Marianella Garcia opponiamoci alla guerra e a tutte le uccisioni, al razzismo e a tutte le persecuzioni, al maschilismo e a tutte le oppressioni.
Salvare le vite e' il primo dovere.
*
E particolarmente in questi giorni in cui occorre fronteggiare la diffusione dell'epidemia, ogni persona piu' acutamente avverta di essere responsabile del bene comune dell'umanita', che ogni azione conta, che ogni azione deve essere buona, che occorre che la massima del proprio agire sia l'inveramento della solidarieta', della responsabilita', dell'empatia e dell'accudimento per tutti gli esseri umani: sii tu l'umanita' come dovrebbe essere; agisci nei confronti delle altre persone cosi' come vorresti che le altre persone agissero verso di te.
E quindi ancora una volta ci si ponga dalla parte delle vittime, di chi e' piu' fragile e piu' bisognoso di aiuto; ci si opponga a tutti gli abusi, alla violenza e all'indiferenza; con la forza della verita', con la scelta della nonviolenza, si resista al male e alla morte, si condividano il bene ed i beni, ci si adoperi affinche' non ci siano piu' vittime. Siamo una sola umanita', nessuna persona sia abbandonata al dolore e alla paura, alla malattia e alla solitudine, allo sfruttamento ed alle vessazioni, alla persecuzione e alla morte: ma tutte e tutti ci si riconosca fratelli e sorelle nell'impegno comune per la comune liberazione.
Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto. Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Contrastare ogni oppressione, ogni schiavitu', ogni iniquo privilegio, ogni rapina ed ogni abuso.
Inverare l'umanita' dell'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
*
Qui e adesso, nell'Italia aggredita dal contagio del coronavirus, si adottino tutte le decisioni che possono fermare il contagio e salvare le vite in pericolo.
E queste decisioni innanzitutto sostengano le persone piu' fragili, piu' sfruttate, piu' oppresse, piu' bisognose di aiuto.
Si riconoscano immediatamente tutti i diritti sociali, civili e politici agli oltre cinque milioni di persone che oggi in Italia subiscono condizioni di apartheid e di schiavitu'.
Si garantisca una casa a tutte le persone che non l'hanno.
Si garantiscano cibo, assistenza, cure, riconoscimento di dignita', rispetto dei diritti e protezione sociale a tutte le persone attualmente vittime dell'iniquita' di un sistema di potere dominante fondato sullo sfruttamento, sulla rapina, sull'abuso e sul consumismo piu' sfrenato e piu' distruttivo.
Si aboliscano immediatamente le antilegge hitleriane imposte dal criminale governo razzista nel 2018-2019, si ripristini finalmente la legalita' costituzionale che riconosce i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Salvare le vite e' il primo dovere.
*
All'ascolto della testimonianza di Marianella Garcia ogni persona di volonta' buona contrasti il male facendo il bene.
Salvare le vite e' il primo dovere.
*
Una minima notizia su Marianella Garcia
Marianella Garcia Villas, nata nel 1949, attivista per i diritti umani salvadoregna, collaboratrice di monsignor Romero, amica della nonviolenza, "avvocato dei poveri, compagna degli oppressi, voce degli scomparsi", fu assassinata il 13 marzo del 1983 dai soldati del regime. La sua vita e' narrata nel bel libro (ampiamente basato sulla registrazione di conversazioni con lei svoltesi nel 1981 e nel 1982) di Raniero La Valle e Linda Bimbi, Marianella e i suoi fratelli, Feltrinelli, Milano 1983, Icone, Roma 2007; cfr. anche il recente testo di Anselmo Palini, Marianella Garcia Villas, Ave, Roma 2014.
La ricordiamo oggi riproponendo ancora una volta tre testi in sua memoria gia' piu' volte apparsi negli scorsi anni nel notiziario "La nonviolenza e' in cammino".
*
Una canzone per Marianella Garcia

Ay Marianella, Marianella Garcia
potevi fare la vita dei signori
i tuoi buoni studi, il tuo seggio in parlamento
ma tu scegliesti di stare con noi poveri.
Ay Marianella che pioggia di sangue.

Era Marianella sorella di noi morti
perche' amava la vita e che la vita
fosse degna di essere vissuta.
Ay Marianella si spensero le stelle.

Era intrepida e vestita di umilta'
sapeva che i fascisti la cercavano
e ti raggiunse la furia dei fascisti.
Ay Marianella la furia dei fascisti.

Parlava la lingua dei contadini e degli angeli
sapeva le parole che guariscono

arole di luce e di pane.
Ay Marianella la terra nera e rossa.

Sapeva tutte le cose e anche le cose
che tutti sanno e e' difficile dire
e lei le diceva con voce di uccellino.
Ay Marianella che fredda e' la notte.

Ti ammazzarono come hanno ammazzato
i morti che cercavi e che il tuo sguardo
resuscitava nel cuore del popolo.
Ay Marianella che pianto infinito.

Cosi' dura e' la nostra dura vita
che anche nella gioia noi piangiamo
ma mentre ti piangiamo ricordiamo
con gioia che sei stata e resti viva.
Ay Marianella, Marianella Garcia.

*

Marianella Garcia, o della giustizia

Salvare anche i morti
restituir loro il volto,
allo scempio compiuto dai carnefici
opporre infinita la pieta'.

E cosi' salvare coloro che verranno
dalla ripetizione incessante dell'orrore,
cosi' salvare l'umanita' presente,
cosi' rendere bene per male.

*

Marianella Garcia

Prendersi cura degli assassinati
restituirne il volto e la memoria
alla realta', l'umanita', la storia.
Nel coro ora e' dei giusti e dei beati.

2. DOCUMENTI. LA PRIMA LETTERA DI GUENTHER ANDERS A CLAUDE EATHERLY
[Riproponiamo ancora una volta il testo della prima lettera di Guenther Anders a Claude Eatherly, del 3 giugno 1959, riprendendola dalla corrispondenza tra Guenther Anders e Claude Eatherly, Il pilota di Hiroshima. Ovvero: la coscienza al bando, Einaudi, Torino 1962, poi Linea d'ombra, Milano 1992 (ivi alle pp. 27-34), nella classica traduzione di Renato Solmi.
Guenther Anders (pseudonimo di Guenther Stern, "anders" significa "altro" e fu lo pseudonimo assunto quando le riviste su cui scriveva gli chiesero di non comparire col suo vero cognome) e' nato a Breslavia nel 1902, figlio dell'illustre psicologo Wilhelm Stern, fu allievo di Husserl e si laureo' in filosofia nel 1925. Costretto all'esilio dall'avvento del nazismo, trasferitosi negli Stati Uniti d'America, visse di disparati mestieri. Tornato in Europa nel 1950, si stabili' a Vienna. E' scomparso nel 1992. Strenuamente impegnato contro la violenza del potere e particolarmente contro il riarmo atomico, e' uno dei maggiori filosofi contemporanei; e' stato il pensatore che con piu' rigore e concentrazione e tenacia ha pensato la condizione dell'umanita' nell'epoca delle armi che mettono in pericolo la sopravvivenza stessa della civilta' umana; insieme a Hannah Arendt (di cui fu coniuge), ad Hans Jonas (e ad altre e altri, certo) e' tra gli ineludibili punti di riferimento del nostro riflettere e del nostro agire. Opere di Guenther Anders: Essere o non essere, Einaudi, Torino 1961; La coscienza al bando. Il carteggio del pilota di Hiroshima Claude Eatherly e di Guenther Anders, Einaudi, Torino 1962, poi Linea d'ombra, Milano 1992 (col titolo: Il pilota di Hiroshima ovvero: la coscienza al bando); L'uomo e' antiquato, vol. I (sottotitolo: Considerazioni sull'anima nell'era della seconda rivoluzione industriale), Il Saggiatore, Milano 1963, poi Bollati Boringhieri, Torino 2003; L'uomo e' antiquato, vol. II (sottotitolo: Sulla distruzione della vita nell'epoca della terza rivoluzione industriale), Bollati Boringhieri, Torino 1992, 2003; Discorso sulle tre guerre mondiali, Linea d'ombra, Milano 1990; Opinioni di un eretico, Theoria, Roma-Napoli 1991; Noi figli di Eichmann, Giuntina, Firenze 1995; Stato di necessita' e legittima difesa, Edizioni Cultura della Pace, San Domenico di Fiesole (Fi) 1997. Si vedano inoltre: Kafka. Pro e contro, Corbo, Ferrara 1989; Uomo senza mondo, Spazio Libri, Ferrara 1991; Patologia della liberta', Palomar, Bari 1993; Amare, ieri, Bollati Boringhieri, Torino 2004; L'odio e' antiquato, Bollati Boringhieri, Torino 2006; Discesa all'Ade, Bollati Boringhieri, Torino 2008. In rivista testi di Anders sono stati pubblicati negli ultimi anni su "Comunita'", "Linea d'ombra", "Micromega". Opere su Guenther Anders: cfr. ora la bella monografia di Pier Paolo Portinaro, Il principio disperazione. Tre studi su Guenther Anders, Bollati Boringhieri, Torino 2003; singoli saggi su Anders hanno scritto, tra altri, Norberto Bobbio, Goffredo Fofi, Umberto Galimberti; tra gli intellettuali italiani che sono stati in corrispondenza con lui ricordiamo Cesare Cases e Renato Solmi.
Claude Eatherly, ufficiale dell'aviazione militare statunitense, il 6 agosto del 1945 prese parte al bombardamento atomico di Hiroshima. Sconvolto dal crimine cui aveva partecipato, afflitto da un senso di colpa insostenibile, considerato pazzo, conobbe il carcere e il manicomio. Si impegno' nella denuncia dell'orrore della guerra atomica e nel movimento pacifista e antinucleare. La corrispondenza che ebbe con Guenther Anders tra il 1959 e il 1961 e' raccolta nel libro Il pilota di Hiroshima. Ovvero: la coscienza al bando, Einaudi, Torino 1962, poi Linea d'ombra, Milano 1992.
Renato Solmi e' stato tra i pilastri della casa editrice Einaudi, ha introdotto in Italia opere fondamentali della scuola di Francoforte e del pensiero critico contemporaneo, e' uno dei maestri autentici e profondi di generazioni di persone impegnate per la democrazia e la dignita' umana, che attraverso i suoi scritti e le sue traduzioni hanno costruito tanta parte della propria strumentazione intellettuale; impegnato nel Movimento Nonviolento del Piemonte e della Valle d'Aosta, e' deceduto il 25 marzo 2015. Dal risvolto di copertina del recente volume in cui sono raccolti taluni dei frutti mggiori del suo magistero riprendiamo la seguente scheda: "Renato Solmi (Aosta 1927) ha studiato a Milano, dove si e' laureato in storia greca con una tesi su Platone in Sicilia. Dopo aver trascorso un anno a Napoli presso l'Istituto italiano per gli studi storici di Benedetto Croce, ha lavorato dal 1951 al 1963 nella redazione della casa editrice Einaudi. A meta' degli anni '50 ha passato un periodo di studio a Francoforte per seguire i corsi e l'insegnamento di Theodor W. Adorno, da lui per primo introdotto e tradotto in Italia. Dopo l'allontanamento dall'Einaudi, ha insegnato per circa trent'anni storia e filosofia nei licei di Torino e di Aosta. E' impegnato da tempo, sul piano teorico, e da un decennio anche su quello della militanza attiva, nei movimenti nonviolenti e pacifisti torinesi e nazionali. Ha collaborato a numerosi periodici culturali e politici ("Il pensiero critico", "Paideia", "Lo Spettatore italiano", "Il Mulino", "Notiziario Einaudi", "Nuovi Argomenti", "Passato e presente", "Quaderni rossi", "Quaderni piacentini", "Il manifesto", "L'Indice dei libri del mese" e altri). Fra le sue traduzioni - oltre a quelle di Adorno, Benjamin, Brecht (L'abici' della guerra, Einaudi, Torino 1975) e Marcuse (Il "romanzo dell'artista" nella letteratura tedesca, ivi, 1985), che sono in realta' edizioni di riferimento - si segnalano: Gyorgy Lukacs, Il significato attuale del realismo critico (ivi, 1957) e Il giovane Hegel e i problemi della societa' capitalistica (ivi, 1960); Guenther Anders, Essere o non essere (ivi, 1961) e La coscienza al bando (ivi, 1962); Max Horkheimer e Th. W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo (ivi, 1966 e 1980); Seymour Melman, Capitalismo militare (ivi, 1972); Paul A. Baran, Saggi marxisti (ivi, 1976); Leo Spitzer, Lettere di prigionieri di guerra italiani 1915-1918 (Boringhieri, Torino 1976)". Opere di Renato Solmi: segnaliamo particolarmente la sua straordinaria Autobiografia documentaria. Scritti 1950-2004, Quodlibet, Macerata 2007]

Al signor Claude R. Eatherly
ex maggiore della A. F.
Veterans' Administration Hospital
Waco, Texas
3 giugno 1959
Caro signor Eatherly,
Lei non conosce chi scrive queste righe. Mentre Lei e' noto a noi, ai miei amici e a me. Il modo in cui Lei verra' (o non verra') a capo della Sua sventura, e' seguito da tutti noi (che si viva a New York, a Tokio o a Vienna) col cuore in sospeso. E non per curiosita', o perche' il Suo caso ci interessi dal punto di vista medico o psicologico. Non siamo medici ne' psicologi. Ma perche' ci sforziamo, con ansia e sollecitudine, di venire a capo dei problemi morali che, oggi, si pongono di fronte a tutti noi. La tecnicizzazione dell'esistenza: il fatto che, indirettamente e senza saperlo, come le rotelle di una macchina, possiamo essere inseriti in azioni di cui non prevediamo gli effetti, e che, se ne prevedessimo gli effetti, non potremmo approvare - questo fatto ha trasformato la situazione morale di tutti noi. La tecnica ha fatto si' che si possa diventare "incolpevolmente colpevoli", in un modo che era ancora ignoto al mondo tecnicamente meno avanzato dei nostri padri.
Lei capisce il suo rapporto con tutto questo: poiche' Lei e' uno dei primi che si e' invischiato in questa colpa di nuovo tipo, una colpa in cui potrebbe incorrere - oggi o domani - ciascuno di noi. A Lei e' capitato cio' che potrebbe capitare domani a noi tutti. E' per questo che Lei ha per noi la funzione di un esempio tipico: la funzione di un precursore.
Probabilmente tutto questo non Le piace. Vuole stare tranquillo, your life is your business. Possiamo assicurarLe che l'indiscrezione piace cosi' poco a noi come a Lei, e La preghiamo di scusarci. Ma in questo caso, per la ragione che ho appena detto, l'indiscrezione e' - purtroppo - inevitabile, anzi doverosa. La Sua vita e' diventata anche il nostro business. Poiche' il caso (o comunque vogliamo chiamare il fatto innegabile) ha voluto fare di Lei, il privato cittadino Claude Eatherly, un simbolo del futuro, Lei non ha piu' diritto di protestare per la nostra indiscrezione. Che proprio Lei, e non un altro dei due o tre miliardi di Suoi contemporanei, sia stato condannato a questa funzione di simbolo, non e' colpa Sua, ed e' certamente spaventoso. Ma cosi' e', ormai.
E tuttavia non creda di essere il solo condannato in questo modo. Poiche' tutti noi dobbiamo vivere in quest'epoca, in cui potremmo incorrere in una colpa del genere: e come Lei non ha scelto la sua triste funzione, cosi' anche noi non abbiamo scelto quest'epoca infausta. In questo senso siamo quindi, come direste voi americani, "on the same boat", nella stessa barca, anzi siamo i figli di una stessa famiglia. E questa comunita', questa parentela, determina il nostro rapporto verso di Lei. Se ci occupiamo delle Sue sofferenze, lo facciamo come fratelli, come se Lei fosse un fratello a cui e' capitata la disgrazia di fare realmente cio' che ciascuno di noi potrebbe essere costretto a fare domani; come fratelli che sperano di poter evitare quella sciagura, come Lei oggi spera, tremendamente invano, di averla potuta evitare allora.
Ma allora cio' non era possibile: il meccanismo dei comandi funziono' perfettamente, e Lei era ancora giovane e senza discernimento. Dunque lo ha fatto. Ma poiche' lo ha fatto, noi possiamo apprendere da Lei, e solo da Lei, che sarebbe di noi se fossimo stati al Suo posto, che sarebbe di noi se fossimo al Suo posto. Vede che Lei ci e' estremamente prezioso, anzi indispensabile. Lei e', in qualche modo, il nostro maestro.
Naturalmente Lei rifiutera' questo titolo. "Tutt'altro, dira', poiche' io non riesco a venire a capo del mio stato".
*
Si stupira', ma e' proprio questo "non" a far pencolare (per noi) la bilancia. Ad essere, anzi, perfino consolante. Capisco che questa affermazione deve suonare, sulle prime, assurda. Percio' qualche parola di spiegazione.
Non dico "consolante per Lei". Non ho nessuna intenzione di volerLa consolare. Chi vuol consolare dice, infatti, sempre: "La cosa non e' poi cosi grave"; cerca, insomma, di impicciolire l'accaduto (dolore o colpa) o di farlo sparire con le parole. E' proprio quello che cercano di fare, per esempio, i Suoi medici. Non e' difficile scoprire perche' agiscano cosi'. In fin dei conti sono impiegati di un ospedale militare, cui non si addice la condanna morale di un'azione bellica unanimemente approvata, anzi lodata; a cui, anzi, non deve neppure venire in mente la possibilita' di questa condanna; e che percio' devono difendere in ogni caso l'irreprensibilita' di un'azione che Lei sente, a ragione, come una colpa. Ecco perche' i Suoi medici affermano: "Hiroshima in itself is not enough to explain your behaviour", cio' che in un linguaggio meno lambiccato significa: "Hiroshima e' meno terribile di quanto sembra"; ecco perche' si limitano a criticare, invece dell'azione stessa (o "dello stato del mondo" che l'ha resa possibile), la Sua reazione ad essa; ecco perche' devono chiamare il Suo dolore e la Sua attesa di un castigo una "malattia" ("classical guilt complex"); ed ecco perche' devono considerare e trattare la Sua azione come un "self-imagined wrong", un delitto inventato da Lei. C'e' da stupirsi che uomini costretti dal loro conformismo e dalla loro schiavitu' morale a sostenere l'irreprensibilita' della Sua azione, e a considerare quindi patologico il Suo stato di coscienza, che uomini che muovono da premesse cosi' bugiarde ottengano dalle loro cure risultati cosi' poco brillanti? Posso immaginare (e La prego di correggermi se sbaglio) con quanta incredulita' e diffidenza, con quanta repulsione Lei consideri quegli uomini, che prendono sul serio solo la Sua reazione, e non la Sua azione. Hiroshima-self-imagined!
Non c'e' dubbio: Lei la sa piu' lunga di loro. Non e' senza ragione che le grida dei feriti assordano i Suoi giorni, che le ombre dei morti affollano i Suoi sogni. Lei sa che l'accaduto e' accaduto veramente, e, non e' un'immaginazione. Lei non si lascia illudere da costoro. E nemmeno noi ci lasciamo illudere. Nemmeno noi sappiamo che farci di queste "consolazioni".
No, io dicevo per noi. Per noi il fatto che Lei non riesce a "venire a capo" dell'accaduto, e' consolante. E questo perche' ci mostra che Lei cerca di far fronte, a posteriori, all'effetto (che allora non poteva concepire) della Sua azione; e perche' questo tentativo, anche se dovesse fallire, prova che Lei ha potuto tener viva la Sua coscienza, anche dopo essere stato inserito come una rotella in un meccanismo tecnico e adoperato in esso con successo. E serbando viva la Sua coscienza ha mostrato che questo e' possibile, e che dev'essere possibile anche per noi. E sapere questo (e noi lo sappiamo grazie a Lei) e', per noi, consolante.
"Anche se dovesse fallire", ho detto. Ma il Suo tentativo deve necessariamente fallire. E precisamente per questo.
Gia' quando si e' fatto torto a una persona singola (e non parlo di uccidere), anche se l'azione si lascia abbracciare in tutti i suoi effetti, e' tutt'altro che semplice "venirne a capo". Ma qui si tratta di ben altro. Lei ha la sventura di aver lasciato dietro di se' duecentomila morti. E come sarebbe possibile realizzare un dolore che abbracci 200.000 vite umane? Come sarebbe possibile pentirsi di 200.000 vittime?
Non solo Lei non lo puo', non solo noi non lo possiamo: non e' possibile per nessuno. Per quanti sforzi disperati si facciano, dolore e pentimento restano inadeguati. L'inutilita' dei Suoi sforzi non e' quindi colpa Sua, Eatherly: ma e' una conseguenza di cio' che ho definito prima come la novita' decisiva della nostra situazione: del fatto, cioe', che siamo in grado di produrre piu' di quanto siamo in grado di immaginare; e che gli effetti provocati dagli attrezzi che costruiamo sono cosi' enormi che non siamo piu' attrezzati per concepirli. Al di la', cioe', di cio' che possiamo dominare interiormente, e di cui possiamo "venire a capo". Non si faccia rimproveri per il fallimento del Suo tentativo di pentirsi. Ci mancherebbe altro! Il pentimento non puo' riuscire. Ma il fallimento stesso dei Suoi sforzi e' la Sua esperienza e passione di ogni giorno; poiche' al di fuori di questa esperienza non c'e' nulla che possa sostituire il pentimento, e che possa impedirci di commettere di nuovo azioni cosi tremende. Che, di fronte a questo fallimento, la Sua reazione sia caotica e disordinata, e' quindi perfettamente naturale. Anzi, oserei dire che e' un segno della Sua salute morale. Poiche' la Sua reazione attesta la vitalita' della Sua coscienza.
*
Il metodo usuale per venire a capo di cose troppo grandi e' una semplice manovra di occultamento: si continua a vivere come se niente fosse; si cancella l'accaduto dalla lavagna della vita, si fa come se la colpa troppo grave non fosse nemmeno una colpa. Vale a dire che, per venirne a capo, si rinuncia affatto a venirne a capo. Come fa il Suo compagno e compatriota Joe Stiborik, ex radarista sull'Enola Gay, che Le presentano volentieri ad esempio perche' continua a vivere magnificamente e ha dichiarato, con la miglior cera di questo mondo, che "e' stata solo una bomba un po' piu' grossa delle altre". E questo metodo e' esemplificato, meglio ancora, dal presidente che ha dato il "via" a Lei come Lei lo ha dato al pilota dell'apparecchio bombardiere; e che quindi, a ben vedere, si trova nella Sua stessa situazione, se non in una situazione ancora peggiore. Ma egli ha omesso di fare cio' che Lei ha fatto. Tant'e' che alcuni anni fa, rovesciando ingenuamente ogni morale (non so se sia venuto a saperlo), ha dichiarato, in un'intervista destinata al pubblico, di non sentire i minimi "pangs of conscience", che sarebbe una prova lampante della sua innocenza; e quando poco fa, in occasione del suo settantacinquesimo compleanno, ha tirato le somme della sua vita, ha citato, come sola mancanza degna di rimorso, il fatto di essersi sposato dopo i trenta. Mi pare difficile che Lei possa invidiare questo "clean sheet". Ma sono certo che non accetterebbe mai, da un criminale comune, come una prova d'innocenza, la dichiarazione di non provare il minimo rimorso. Non e' un personaggio ridicolo, un uomo che fugge cosi' davanti a se stesso? Lei non ha agito cosi', Eatherly; Lei non e' un personaggio ridicolo. Lei fa, pur senza riuscirci, quanto e' umanamente possibile: cerca di continuare a vivere come la stessa persona che ha compiuto l'azione. Ed e' questo che ci consola. Anche se Lei, proprio perche' e' rimasto identico con la Sua azione, si e' trasformato in seguito ad essa.
Capisce che alludo alle Sue violazioni di domicilio, falsi e non so quali altri reati che ha commesso. E al fatto che e' o passa per demoralizzato e depresso. Non pensi che io sia un anarchico e favorevole ai falsi e alle rapine, o che dia scarso peso a queste cose. Ma nel Suo caso questi reati non sono affatto "comuni": sono gesti di disperazione. Poiche' essere colpevole come Lei lo e' ed essere esaltati, proprio per la propria colpa, come "eroi sorridenti", dev'essere una condizione intollerabile per un uomo onesto; per porre termine alla quale si puo' anche commettere qualche scorrettezza. Poiche' l'enormita' che pesava e pesa su di Lei non era capita, non poteva essere capita e non poteva essere fatta capire nel mondo a cui Lei appartiene, Lei doveva cercare di parlare ed agire nel linguaggio intelligibile costi', nel piccolo linguaggio della petty o della big larceny nei termini della societa' stessa. Cosi' Lei ha cercato di provare la Sua colpa con atti che fossero riconosciuti come reati. Ma anche questo non Le e' riuscito.
E' sempre condannato a passare per malato, anziche' per colpevole. E proprio per questo, perche' - per cosi' dire - non Le si concede la Sua colpa Lei e' e rimane un uomo infelice.
*
E ora, per finire, un suggerimento.
L'anno scorso ho visitato Hiroshima; e ho parlato con quelli che sono rimasti vivi dopo il Suo passaggio. Si rassicuri: non c'e' nessuno di quegli uomini che voglia perseguitare una vite nell'ingranaggio di una macchina militare (cio' che Lei era, quando, a ventisei anni, esegui' la Sua "missione"); non c'e' nessuno che La odi.
Ma ora Lei ha mostrato che, anche dopo essere stato adoperato come una vite, e' rimasto, a differenza degli altri, un uomo; o di esserlo ridiventato. Ed ecco la mia proposta, su cui Lei avra' modo di riflettere.
Il prossimo 6 agosto la popolazione di Hiroshima celebrera', come tutti gli anni, il giorno in cui "e' avvenuto". A quegli uomini Lei potrebbe inviare un messaggio, che dovrebbe giungere per il giorno della celebrazione. Se Lei dicesse da uomo a quegli uomini: "Allora non sapevo quel che facevo; ma ora lo so. E so che una cosa simile non dovra' piu' accadere; e che nessuno puo' chiedere a un altro di compierla"; e: "La vostra lotta contro il ripetersi di un'azione simile e' anche la mia lotta, e il vostro 'no more Hiroshima' e' anche il mio 'no more Hiroshima`, o qualcosa di simile puo' essere certo che con questo messaggio farebbe una gioia immensa ai sopravvissuti di Hiroshima e che sarebbe considerato da quegli uomini come un amico, come uno di loro. E che cio' accadrebbe a ragione, poiche' anche Lei, Eatherly, e' una vittima di Hiroshima. E cio' sarebbe forse anche per Lei, se non una consolazione, almeno una gioia.
Col sentimento che provo per ognuna di quelle vittime, La saluto
Guenther Anders

3. DOCUMENTI. LA PRIMA LETTERA DI CLAUDE EATHERLY A GUENTHER ANDERS
[Riproponiamo il testo della prima lettera di Claude Eatherly a Guenther Anders, del 12 giugno 1959, riprendendola dalla corrispondenza tra Guenther Anders e Claude Eatherly, Il pilota di Hiroshima. Ovvero: la coscienza al bando, Einaudi, Torino 1962, poi Linea d'ombra, Milano 1992 (ivi alle pp. 34-36), nella classica traduzione di Renato Solmi]

12 giugno 1959
Dear Sir,
molte grazie della Sua lettera, che ho ricevuto venerdi' della scorsa settimana.
Dopo aver letto piu' volte la Sua lettera, ho deciso di scriverLe, e di entrare eventualmente in corrispondenza con Lei, per discutere di quelle cose che entrambi, credo, comprendiamo. Io ricevo molte lettere, ma alla maggior parte non posso nemmeno rispondere. Mentre di fronte alla Sua lettera mi sono sentito costretto a rispondere e a farLe conoscere il mio atteggiamento verso le cose del mondo attuale.
Durante tutto il corso della mia vita sono sempre stato vivamente interessato al problema del modo di agire e di comportarsi. Pur non essendo, spero, un fanatico in nessun senso, ne' dal punto di vista religioso ne' da quello politico, sono tuttavia convinto, da qualche tempo, che la crisi in cui siamo tutti implicati esige un riesame approfondito di tutto il nostro schema di valori e di obbligazioni. In passato, ci sono state epoche in cui era possibile cavarsela senza porsi troppi problemi sulle proprie abitudini di pensiero e di condotta. Ma oggi e' relativamente chiaro che la nostra epoca non e' di quelle. Credo, anzi, che ci avviciniamo rapidamente a una situazione in cui saremo costretti a riesaminare la nostra disposizione a lasciare la responsabilita' dei nostri pensieri e delle nostre azioni a istituzioni sociali (come partiti politici, sindacati, chiesa o stato). Nessuna di queste istituzioni e' oggi in grado di impartire consigli morali infallibili, e percio' bisogna mettere in discussione la loro pretesa di impartirli. L'esperienza che ho fatto personalmente deve essere studiata da questo punto di vista, se il suo vero significato deve diventare comprensibile a tutti e dovunque, e non solo a me.
Se Lei ha l'impressione che questo concetto sia importante e piu' o meno conforme al Suo stesso pensiero, Le proporrei di cercare insieme di chiarire questo nesso di problemi, in un carteggio che potrebbe anche durare a lungo.
Ho l'impressione che Lei mi capisca come nessun altro, salvo forse il mio medico e amico.
Le mie azioni antisociali sono state catastrofiche per la mia vita privata, ma credo che, sforzandomi, riusciro' a mettere in luce i miei veri motivi, le mie convinzioni e la mia filosofia.
Guenther, mi fa piacere di scriverLe. Forse potremo stabilire, col nostro carteggio, un'amicizia fondata sulla fiducia e sulla comprensione. Non abbia scrupoli a scrivere sui problemi di situazione e di condotta in cui ci troviamo di fronte. E allora Le esporro' le mie opinioni.
RingraziandoLa ancora della Sua lettera, resto il Suo
Claude Eatherly

4. REPETITA IUVANT. L'ITALIA SOTTOSCRIVA E RATIFICHI IL TRATTATO ONU PER LA PROIBIZIONE DELLE ARMI NUCLEARI

L'Italia sottoscriva e ratifichi il Trattato Onu per la proibizione delle armi nucleari del 7 luglio 2017.
Salvare le vite e' il primo dovere.

5. REPETITA IUVANT. SIANO FINALMENTE PROCESSATI I MINISTRI DEL GOVERNO RAZZISTA PER I CRIMINI CONTRO L'UMANITA' COMMESSI NEL 2018-2019

Che siano finalmente processati i ministri del governo razzista per i crimini contro l'umanita' commessi nel 2018-2019.
Che siano finalmente processati i ministri del governo razzista per le flagranti violazioni del diritto internazionale e della legalita' costituzionale commesse nel 2018-2019.
Il razzismo e' un crimine contro l'umanita'.
La strage degli innocenti nel Mediterraneo e' un crimine contro l'umanita'.
La schiavitu', le persecuzioni e l'apartheid in Italia sono un crimine contro l'umanita'.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Salvare le vite e' il primo dovere.

6. REPETITA IUVANT. ABROGARE GLI SCELLERATI ED INCOSTITUZIONALI "DECRETI SICUREZZA DELLA RAZZA"

Nonostante che il governo razzista sia caduto ormai dalla scorsa estate, restano assurdamente, scandalosamente, obbrobriosamente ancora in vigore alcune delle sue scellerate ed incostituzionali misure razziste che violano fondamentali diritti umani, il diritto internazionale e la stessa Costituzione della Repubblica italiana.
Come ad esempio le misure razziste contenute negli infami "decreti sicurezza della razza".
Cosi' come e' giusto, necessario e urgente che finalmente tutti i ministri di allora siano tratti in tribunale a rispondere dei reati razzisti commessi, ugualmente e' giusto, necessario e urgente che quelle misure razziste ed incostituzionali siano abrogate.
*
E' evidente che essendo restato al governo uno dei due partiti che diedero vita al criminale governo razzista nel 2018-2019, e che anzi lo stesso presidente del consiglio dei ministri attuale e' ancora quello che presiedette quel gabinetto razzista, ancora non e' stata pienamente ripristinata la democrazia e la legalita' costituzionale.
Ma e' altrettanto evidente che la democrazia e la legalita' costituzionale devono essere infine ripristinate; che deve cessare la violenza razzista; che quelle misure disumane devono essere abolite, e quei disumani ministri ed i complici loro devono essere allontanati dalle istituzioni democratiche.
*
Contrastare il razzismo e il fascismo, ripristinare la vigenza dei diritti umani e della legalita' democratica, non sono compiti da subordinare a calcoli tattici e a giochi di palazzo, sono invece obbligo morale e civile, dovere fondativo dell'ordinamento democratico e della civile convivenza, sono indispensabile inveramento della Costituzione, sono la politica prima che si oppone alla folle barbarie, che si oppone alle stragi degli innocenti.
Cosicche' non si perda piu' tempo: siano immediatamente abrogati gli scellerati ed incostituzionali "decreti sicurezza della razza".
*
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Sia soccorsa, accolta e assistita ogni persona bisognosa di aiuto.
Siano rispettati tutti i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Il razzismo e' un crimine contro l'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.

7. REPETITA IUVANT. DUE PROVVEDIMENTI INDISPENSABILI PER FAR CESSARE LE STRAGI NEL MEDITERRANEO E LA SCHIAVITU' IN ITALIA

Riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere nel nostro paese in modo legale e sicuro.
Riconoscere il diritto di voto a tutte le persone che vivono nel nostro paese.

8. REPETITA IUVANT. ALCUNE POESIE DI EMILY DICKINSON TRADOTTE DA CRISTINA CAMPO
[Da Cristina Campo, La Tigre Assenza, Adelphi, Milano 1991, 2001, pp. 85-90, ma l'ordine in cui le abbiamo qui disposte e' quello dedotto dalla cronologia dell'opera dickinsoniana, ed utilizzato anche in Emily Dickinson, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1997, 2005, in cui le "versioni d'autrice" di Cristina Campo sono alle pp. 1643-1646.
Emily Dickinson - poetessa imprescindibile - visse ad Amherst, Massachusetts, tra il 1830 e il 1886; molte le edizioni delle sue poesie disponibili in italiano con testo originale a fronte (tra cui quella integrale, a cura di Marisa Bulgheroni: Emily Dickinson, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1997, 2005; ma vorremmo segnalare anche almeno la fondamentale antologia curata da Guido Errante: Emily Dickinson, Poesie, Mondadori, Milano 1956, poi Guanda, Parma 1975, e Bompiani, Milano 1978; e la vasta silloge dei versi e dell'epistolario curata da Margherita Guidacci: Emily Dickinson, Poesie e lettere, Sansoni, Firenze 1961, Bompiani, Milano 1993, 2000); per un accostamento alla sua figura e alla sua opera: Barbara Lanati, Vita di Emily Dickinson. L'alfabeto dell'estasi, Feltrinelli, Milano 1998, 2000; Marisa Bulgheroni, Nei sobborghi di un segreto. Vita di Emily Dickinson, Mondadori, Milano 2002. Ebbe a scrivere della sua opera Luciano Bonfrate: "Mi capita di usare dei suoi versi / come fosser sentenze di sibilla / della mia vita specchio, e vi scintilla / cio' che trovai, che non trovai, che persi"]

Per sempre al suo fianco camminare,
la piu' piccola dei due,
cervello del suo cervello, sangue del suo sangue,
due vite, un Essere, ora.

Per sempre del suo fato gustare,
se dolore, la piu' larga parte,
se gioia, mettere il mio pezzo in disparte
per quel diletto cuore.

Tutta la vita conoscersi l'un l'altro
senza poterci mai imparare,
e piu' tardi un mutamento chiamato "Paradiso" -
rapito vicinato d'uomini
che appena scoprono cio' che ci inquietava
senza il vocabolario!

*

Che tedio attendere
se non vicino a te,
l'ho saputo iersera
quando si volle avvincermi
forse vedendomi
affaticata o sola
o per cedere quasi
alla pena silente.
Io mi volsi, ducale -
a te solo spettava
quel gesto - un porto solo
vale a questa nave.
Nostra la ventura
per un selvaggio mare
meglio che un ancoraggio
non diviso da te.
A noi piu' tosto il carico
di un perenne viaggio
che le Odorose Isole
desolate di te.

*

Imparai finalmente che cosa la casa poteva essere,
come sarei stata ignorante
dei graziosi modi del costume,
come goffa all'inno

intorno al nostro nuovo focolare, se non per questo,
questa mappa del cammino
la cui memoria mi annega, come il battesimo
di un celestiale mare.

Quali mattine nel nostro giardino, immaginate,
quali api per noi a ronzare,
con solo uccelli a interrompere
il mormorio del nostro tema.

E un compito per ciascuno quando il gioco sia finito,
il tuo problema della mente,
il mio qualche effetto piu' frivolo,
un pizzo o una canzone.

Il pomeriggio insieme trascorso
e il crepuscolo per i sentieri
qualche soccorso a piu' povere vite
viste piu' povere attraverso i nostri doni.

E poi ritorno, e notte e casa,
una nuova e piu' divina cura,
finche' l'aurora ci richiami in scena
trasmutati, piu' vividi.

Questa sembra una casa e casa non e'
ma cio' che quel luogo potrebb'essere
mi affligge come un sole calante
dove l'aurora sa che cosa essere!

*

Che faro' io quando turba l'estate,
quando la rosa e' matura?
Quando le uova svolino in melodia
da un carcere d'acero: - che faro' io?
Che faro' io quando dai cieli in gorgheggio
cada su me una canzone?
Quando al ranuncolo dondoli tutto il meriggio
l'ape sospesa - che mai faro' io?
E quando lo scoiattolo si colmera' le tasche
e guarderanno le bacche...
Resistero' io a quelle candide facce
se tu da me sei lontano?
Al pettirosso non sarebbe gran pena:
volano tutti i miei beni.
Io non ho ali: a che servono, dimmi,
i miei tesori perenni?

*

Tocca leggero la dolce
chitarra della natura
se non conosci ancora
la canzone.
O d'ogni uccello
ti accusera' lo sguardo
che ti facesti bardo
innanzi l'ora.

*

Morte e' il pieghevole corteggiatore
che vince alla fine.
E' un vagheggiare furtivo
condotto sulle prime
per pallide insinuazioni
e oscuri avvicinamenti:
magnifico alfine di trombe
e un equipaggio a due posti
che ti rapisce in trionfo
a nozze sconosciute -
a parentele vibranti
come le porcellane.

9. REPETITA IUVANT. ALCUNE POESIE DI EMILY DICKINSON TRADOTTE DA MARGHERITA GUIDACCI
[Da Emily Dickinson, Poesie, Rizzoli, Milano 1979, Rcs Quotidiani, Milano 2004]

L'acqua e' insegnata dalla sete.
La terra, dagli oceani traversati.
La gioia, dal dolore.
La pace, dai racconti di battaglie.
L'amore, da un'impronta di memoria.
Gli uccelli, dalla neve.

*

E' poca cosa il pianto,
sono brevi i sospiri:
pure, per fatti di questa misura
uomini e donne muoiono!

*

Fra le mie dita tenevo un gioiello
quando mi addormentai.
La giornata era calda, era tedioso il vento
e dissi: "Durera'" -

Sgridai al risveglio le dita incolpevoli,
la gemma era sparita -
Ora solo un ricordo di ametista
a me rimane -

*

E' questa la mia lettera al mondo
che mai non scrisse a me -
semplici annunzi che da' la natura
con tenera maesta'.

Il suo messaggio e' consegnato a mani
per me invisibili.
Per amor suo, miei dolci compaesani,
benignamente giudicatemi!

*

Tutto imparammo dell'amore:
alfabeto, parole,
un capitolo, il libro possente,
poi la rivelazione termino'.

Ma negli occhi dell'altro
ciascuno contemplava un'ignoranza
divina, ancora piu' che nell'infanzia;
l'uno all'altro, fanciulli,

tentammo di spiegare
quanto era per entrambi incomprensibile.
Ahi, com'e' vasta la saggezza
e molteplice il vero!

*

Come se il mare separandosi
svelasse un altro mare,
questo un altro, ed i tre
solo il presagio fossero

d'un infinito di mari
non visitati da riva -
il mare stesso al mare fosse riva -
questo e' l'eternita'.

*

L'incertezza e' piu' ostile della morte.
La morte, anche se vasta,
e' soltanto la morte e non puo' crescere.
All'incertezza invece non v'e' limite,

perisce per risorgere
e morire di nuovo,
e' l'unione del nulla
con l'immortalita'.

*

Abbiamo prima sete - e' l'atto di natura -
e dopo, quando stiamo per morire,
chiediamo supplichevoli un po' d'acqua
a dita che ci passano vicine.

Ed e' figura d'un bisogno piu' alto,
la cui risposta adeguata
sono le grandi acque occidentali
chiamate eternita'.

*

Molte volte pensai giunta la pace
quando la pace era tanto lontana;
cosi' i naufraghi credono di vedere la terra
nel centro del mare,

e indeboliti lottano, soltanto per scoprire,
come me disperati,
quante rive fittizie
vengano prima del porto.

*

Io canto per riempire l'attesa:
annodarmi la cuffia,
richiudere la porta di casa
e non altro ho da fare,

finche' risuoni vicino il suo passo,
e insieme camminiamo verso il giorno,
l'uno all'altro narrando di come cantammo
per scacciare la tenebra.

*

Da un'asse all'altra avanzavo
cosi' lenta, prudente.
Sentivo le stelle sul capo,
e sotto i piedi il mare.

Questo solo sapevo: un altro passo
poteva essere l'ultimo.
Ed avevo quell'andatura incerta
che chiamano esperienza.

*

Immensita' d'argento
con funi di sabbia
a trattenerla, perche' non cancelli
una pista che chiamano la terra.

*

Come stanno silenti le campane
nelle torri, finche', gonfie di cielo,
balzano con piedi argentei
in melodia frenetica!

*

Il Paradiso dipende da noi.
Chiunque voglia
vive nell'Eden, nonostante Adamo
e la cacciata.

*

Questi giorni febbrili condurli alla foresta
dove le fresche acque strisciano intorno al muschio
e l'ombra sola devasta il silenzio:
pare talvolta che questo sia tutto.

*

Non sappiamo di andare quando andiamo.
Noi scherziamo nel chiudere la porta.
Dietro, il destino mette il catenaccio,
e non entriamo piu'.

*

Tutti coloro che perdiamo qualcosa ci togono;
resta ancora uno spicchio sottile,
che come luna, qualche torbida notte,
obbedira' al richiamo delle maree.

*

E' un errore di calcolo:
"Vien poi l'eternita'"
diciamo, come fosse una stazione.
Mentre e' tanto vicina
che mi accompagna nella passeggiata
e condivide la mia casa
ed amico non ho piu' pertinace
di questa eternita'.

*

E' l'immortalita' forse un veleno
che gli uomini ne sono cosi' oppressi?

10. REPETITA IUVANT. ALCUNE POESIE DI EMILY DICKINSON TRADOTTE DA BARBARA LANATI
[Da Emily Dickinson, Poesie, Savelli, Roma 1976]

Chi non conosce il successo
ne apprezza la dolcezza.
Solo chi ne prova acre bisogno
conosce il sapore di un nettare.

Non uno della purpurea folla che oggi
ha conquistato la bandiera
con tanta chiarezza sapra' definire
la vittoria come chi

in agonia, battuto
nello sfaldarsi del proprio sentire
registra limpidi e lacerati
i lontani stridori del trionfo.

*

L'acqua, la insegna la sete.
La terra - gli oceani trascorsi.
Lo slancio - l'angoscia -
La pace - la raccontano le battaglie -
L'amore, i cumuli della memoria -
Gli uccelli, la neve.

*

Tenevo un gioiello tra le dita -
e mi addormentai -
la giornata era tepida, i venti monotoni -
dissi: "durera'".

Al risveglio rimproverai le mie oneste dita,
la pietra era sparita.
E adesso, un ricordo d'ametista
e' tutto cio' che mi resta.

*

La "Speranza" e' quella cosa piumata -
Che artigliata all'anima -
Canta melodie senza parole -
E non smette - mai -

E la senti - dolcissima - nel vento -
E dura deve essere la tempesta -
Capace di intimidire il piccolo uccello
Che ha dato calore a tanti -

Io l'ho sentito nel paese piu' gelido -
E sui mari piu' alieni -
Eppure mai, nemmeno allo stremo,
Ha chiesto una briciola - di me.

*

Questa e' la mia lettera al mondo
che non ha mai scritto a me -
semplici cose che la natura
ha detto - con tenera maesta'.

Il suo messaggio e' affidato
a mani che non posso vedere -
Per amore di lei - amici miei dolci -
con tenerezza giudicate - me.

*

Chiedeva da bere, una Tigre, in agonia
Filtrai il deserto -
dalla roccia, una goccia
raccolsi e la portai nella mano.

Le pupille regali, nella morte offuscate
scrutai, per trovare
nella retina, un'unica visione
dell'acqua e di me.

Non per colpa mia: che ero corsa piano.
Non per colpa sua: che era morta
quando stavo per raggiungerla, ormai,
ma perche', era un fatto, essa era gia' morta.

*

Dapprima e' la sete - processo naturale -
Poi - il momento della morte -
La supplica - di un poco d'acqua -
Da dita che passano vicine -

Segno di un piu' sottile bisogno -
cui unica, armonica, compensa,
sono le grandi acque a occidente -
chiamate Immortalita'.

*

Uno piu' uno - fanno uno -
Basta con il due che -
E' appropriato alle scuole -
Ma non per le scelte interiori -

La vita, appunto, o la morte -
O l'eterno -
Due, sarebbe troppo -
Per le capacita' di un'anima -

*

Io canto per consumare l'attesa -
Allacciare la cuffia
chiudere la porta di casa,
non mi resta nent'altro da fare

quando, all'avvicinarsi del suo passo finale
viaggeremo verso il Giorno
raccontandoci di come abbiamo cantato
per tenere lontana la notte.

*

Atto primo: il ritrovamento
Atto secondo: la perdita
Atto terzo: la spedizione
alla ricerca del vello d'oro.

Atto quarto: nessuna scoperta
Atto quinto: nessun equipaggio
Infine: nessun vello d'oro
Un'unica impostura - anche Giasone.

*

Un ovunque di argento
con corde di sabbia
a impedirgli di cancellare
la Traccia chiamata Terra.

*

Come per altre cose, l'amore a un certo punto
ci sta stretto: lo riponiamo nel cassetto -
poi un giorno si rivelera' di foggia antiquata -
come i costumi indossati dai re.

*

Per alcuni
Quando e' detta,
La parola muore.
Per me
Proprio quel giorno
Comincia a vivere.

*

Di pianeti e di fiori
Facciamo conoscenza,
Ma con noi stessi,
C'e' l'etichetta
L'imbarazzo
E il terrore.

*

Per fare un prato ci vuole del trifoglio
e un'ape, un trifoglio e un'ape
e sogni ad occhi aperti.
E se le api sono scarse,
bastano i sogni.

*

Che l'amore e' tutto cio' che c'e',
E' tutto quello che sappiamo dell'amore;
E' abbastanza, il carico in teoria
proporzionale al solco.

11. REPETITA IUVANT. UNA POESIA DI EMILY DICKINSON TRADOTTA DA GIOVANNI GIUDICI
[Da Emily Dickinson, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1997, 2005, p. 1650 (questa, e le altre traduzioni di Giudici presenti nel volume da cui citiamo erano gia' apparse nella silloge di traduzioni poetiche di Giovanni Giudici, Addio, proibito piangere, Einaudi, Torino 1982)]

Presentimento - e' la lunga ombra - sul prato -
Annunziatrice che il sole se ne va -

Avvertimento all'erba abbrividita
Che la tenebra - presto scendera' -

12. REPETITA IUVANT. UNA POESIA DI EMILY DICKINSON TRADOTTA DA MARIO LUZI
[Da Emily Dickinson, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1997, 2005, p. 1658]

C'e' una solitudine di spazio,
una solitudine di mare,
una di morte, ma
faranno lega tutte quante
a paragone con quell'estremo punto,
quella polare ritrosia
di un'anima ammessa a se medesima.
Finita infinita'.

13. REPETITA IUVANT. UNA POESIA DI EMILY DICKINSON TRADOTTA DA EUGENIO MONTALE
[Da Eugenio Montale, Quaderno di traduzioni, Edizioni della Meridiana, 1948, Mondadori, Milano 1975, p. 49 (col titolo: Tempesta); poi anche in Eugenio Montale, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1984, 2005, p. 742; ed ovviamente in Emily Dickinson, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1997, 2005, p. 1659]

Con un suono di corno
il vento arrivo', scosse l'erba;
un verde brivido diaccio
cosi' sinistro passo' nel caldo
che sbarrammo le porte e le finestre
quasi entrasse uno spettro di smeraldo:
e fu certo l'elettrico
segnale del Giudizio.
Una bizzarra turba di ansimanti
alberi, siepi alla deriva
e case in fuga nei fiumi
e' cio' che videro i vivi.
Tocchi del campanile desolato
mulinavano le ultime nuove.
Quanto puo' giungere,
quanto puo' andarsene,
in un mondo che non si muove!

14. REPETITA IUVANT. UNA POESIA DI EMILY DICKINSON TRADOTTA DA AMELIA ROSSELLI
[Da Emily Dickinson, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1997, 2005, p. 1666]

Una Parola fatta Carne e' di rado
E tremando condivisa
Ne' forse allora riportata
Ma non avro' dunque sbagliato
Ciascun di noi ha assaporato
Con estasi segreta
Proprio quel dibattuto cibo
Secondo nostra specifica forza -

Una Parola che respira chiaramente
Non ha potere di morire
Coesiva quanto lo Spirito
Puo' spirare se Egli -
"Fatto Carne e vissuto tra di noi"
Fosse condiscendenza
Come questo consenso del Linguaggio
Quest'amata Filologia

15. REPETITA IUVANT. SU EMILY DICKINSON (2006)

Emily Dickinson e' un enigma e uno specchio (come ogni voce, come ogni persona). Volto, parola che convoca, alla meraviglia, all'infinito, alla responsabilita'.

16. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Riletture
- Norberto Bobbio, Italia fedele. Il mondo di Gobetti, Passigli, Firenze 1986, pp. 272.
- Saverio Festa, Gobetti, Cittadella, Assisi 1980, pp. 552.
- Umberto Morra di Lavriano, Vita di Piero Gobetti, Utet, Torino 1984, pp. 144.
- Claudio Pogliano, Piero Gobetti e l'ideologia dell'assenza, De Donato, Bari 1976, pp. 226.
- Paolo Spriano, Gramsci e Gobetti, Einaudi, Torino 1977, pp. X + 198.

17. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

18. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3678 del 14 marzo 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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Nuova informativa sulla privacy
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