[Nonviolenza] Nonviolenza. Femminile plurale. 703



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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento del notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIX)
Numero 703 del 19 febbraio 2018

In questo numero:
1. "Non una di meno": L'8 marzo la marea femminista torna nelle strade: noi scioperiamo!
2. "Non una di meno": Lettera alle donne di "Dissenso comune". Uniamo le voci del #MeToo nel #WeTooGether
3. Per sostenere il centro antiviolenza "Erinna"
4. Due provvedimenti indispensabili per far cessare le stragi nel Mediterraneo e la schiavitu' in Italia
5. L'Italia sottoscriva e ratifichi il Trattato Onu per la proibizione delle armi nucleari
6. Daniele Lugli: Una giornata per la pace
7. Pietro Polito: Il fascismo sta tornando? Rileggere Pasolini

1. APPELLI. "NON UNA DI MENO": L'8 MARZO LA MAREA FEMMINISTA TORNA NELLE STRADE: NOi SCIOPERIAMO!
[Dal sito di "Non una di meno" (https://nonunadimeno.wordpress.com) riprendiamo e diffondiamo il seguente intervento]

Il prossimo 8 marzo la marea femminista tornera' nelle strade di tutto il mondo con lo sciopero globale delle donne.
Il rifiuto della violenza maschile in tutte le sue forme e la rabbia di chi non vuole esserne vittima si trasformeranno in un grido comune: da #metoo a #wetoogether.
Sara' sciopero femminista perche' pretendiamo una trasformazione radicale della societa': scioperiamo contro la violenza economica, la precarieta' e le discriminazioni. Sovvertiamo le gerarchie sessuali, le norme di genere, i ruoli sociali imposti, i rapporti di potere che generano molestie e violenze. Rivendichiamo un reddito di autodeterminazione, un salario minimo europeo e un welfare universale, garantito e accessibile. Vogliamo autonomia e liberta' di scelta sui nostri corpi e sulle nostre vite, vogliamo essere libere di muoverci e di restare contro la violenza del razzismo istituzionale e dei confini.
Sappiamo che scioperare e' sempre una grandissima sfida, perche' ci scontriamo con il ricatto di un lavoro precario o di un permesso di soggiorno. Sappiamo quanto e' difficile interrompere il lavoro informale, invisibile e non pagato che svolgiamo ogni giorno nel chiuso delle case, nei servizi pubblici e privati, per le strade. Sappiamo che scioperare puo' sembrare impossibile quando siamo isolate e divise. Sappiamo che il diritto di sciopero subisce quotidiane restrizioni.
Lo sciopero dell'8 marzo in Italia dovra' affrontare anche le limitazioni imposte dalle franchigie elettorali, che impediscono ad alcune categorie di incrociare le braccia nei 5 giorni che seguono il voto del 4 marzo.
Sappiamo anche, pero', che lo scorso anno siamo riuscite a vincere questa sfida, dando vita a un imponente sciopero sociale, sostenuto da alcuni sindacati e agito con forme e pratiche molteplici che ne hanno esteso i confini.
Quest'anno, alcuni sindacati hanno gia' dichiarato lo sciopero. Molti mancano ancora all'appello. Di fronte alla piu' grande insorgenza globale delle donne contro la violenza patriarcale e neoliberista, noi crediamo che i sindacati debbano cogliere quest'occasione unica, prendendo parte a un processo che combatte la violenza maschile e di genere come condizione fondamentale della precarizzazione del lavoro.
Lo sciopero femminista coinvolgera' il lavoro produttivo e riproduttivo, andra' oltre il corporativismo delle categorie e i confini nazionali, unira' le molteplici figure del mondo del lavoro e del non lavoro.
In questi mesi di campagna elettorale, non c'e' lista o partito che non citi nel suo programma la violenza contro le donne senza pero' riconoscere il carattere sistemico della violenza e senza mai porre realmente in questione i rapporti di potere vigenti. Contro ogni strumentalizzazione, contro il razzismo fascista e quello istituzionale, che usano i nostri corpi per giustificare la violenza piu' brutale contro le migranti e i migranti e ulteriori restrizioni alla loro liberta' di movimento, rivendichiamo la nostra autonomia e ribadiamo la necessita'/volonta' di autodeterminarci. Il piano su cui ci interessa esprimerci e' il Piano Femminista contro la violenza maschile e di genere, il nostro terreno di lotta e rivendicazione comune, scritto da migliaia di mani in un anno di lotte.
Grideremo a tutto il mondo che non siamo il campo di battaglia ne' il programma elettorale di nessuno. Abbiamo il Piano femminista per riprenderci cio' che vogliamo. Occuperemo lo spazio pubblico per riaffermare la nostra autonomia e forza politica.
Il nostro movimento eccede l'esistente, attraversa frontiere, lingue, identita' e scale sociali per costruire nuove geografie.
Al grido di #WeToogether il prossimo 8 marzo questo movimento mostrera' ancora una volta la sua forza globale.
Noi scioperiamo!

2. INIZIATIVE. "NON UNA DI MENO": LETTERA ALLE DONNE DI "DISSENSO COMUNE". UNIAMO LE VOCI DEL #METOO NEL #WETOOGHETER
[Dal sito di "Non una di meno" (https://nonunadimeno.wordpress.com) riprendiamo e diffondiamo]

Care donne di Dissenso Comune,
siamo le donne, le lesbiche e le trans di Non Una Di Meno. Siamo parte della marea che dal 2016 ha invaso le strade di tutto il mondo. Da Buenos Aires a New York e Roma, abbiamo lanciato un grido comune contro la violenza maschile.
Quando Asia Argento ha denunciato Harvey Weinstein, aprendo le porte alla presa di parola di altre donne, le abbiamo espresso sostegno e solidarieta'. Lei e Miriana Trevisan sono state oggetto di attacchi misogini sui media italiani. Violenza e misoginia non sono un fatto privato ne' un'emergenza, ma un fenomeno che attraversa ogni ambito della nostra vita - a casa, al lavoro, a scuola, in strada, sui media.
Non Una di Meno ha scritto un Piano Femminista che avanza analisi e proposte per ridisegnare le forme della convivenza comune. Il Piano connette la violenza maschile nelle case e nei luoghi di lavoro alla violenza del lavoro precario, dei confini e dei regimi di accoglienza.
In Italia, il Piano sara' il cuore dello sciopero delle donne del prossimo 8 marzo, uno sciopero che parte dall'Argentina e anche quest'anno tocchera' decine di paesi del pianeta. Quel giorno torneremo a incrociare le braccia e ci incontreremo nelle strade per dare vita al mondo in cui vogliamo vivere. Un mondo costruito a misura dei nostri desideri.
Abbiamo letto con interesse la lettera nella quale prendete posizione e denunciate il sessismo strutturale che ci colpisce tutte. Cogliamo una grande sintonia con quanto abbiamo detto nelle piazze italiane e del mondo in piu' di un anno di mobilitazione.
Per questo l'8 marzo vi invitiamo a scioperare insieme a noi, dai set, dalle redazioni, dal lavoro di cura e di relazione, in casa e in famiglia.
Uniamo le voci del #MeToo nel #WeTooGether, forza collettiva e desiderio comune capace di trasformare la vita di tutte!
Siamo tutte gocce di una grande marea che puo' cambiare il mondo per noi donne e per tutti. Siamo la marea di chi lotta insieme e fa della solidarieta' uno strumento potente.
#MeToo
#quellavoltache
#WeTooGether
#8M

3. REPETITA IUVANT. PER SOSTENERE IL CENTRO ANTIVIOLENZA "ERINNA"
[L'associazione e centro antiviolenza "Erinna" e' un luogo di comunicazione, solidarieta' e iniziativa tra donne per far emergere, conoscere, combattere, prevenire e superare la violenza fisica e psichica e lo stupro, reati specifici contro la persona perche' ledono l'inviolabilita' del corpo femminile (art. 1 dello Statuto). Fa progettazione e realizzazione di percorsi formativi ed informativi delle operatrici e di quanti/e, per ruolo professionale e/o istituzionale, vengono a contatto con il fenomeno della violenza. E' un luogo di elaborazione culturale sul genere femminile, di organizzazione di seminari, gruppi di studio, eventi e di interventi nelle scuole. Offre una struttura di riferimento alle donne in stato di disagio per cause di violenze e/o maltrattamenti in famiglia. Erinna e' un'associazione di donne contro la violenza alle donne. Ha come scopo principale la lotta alla violenza di genere per costruire cultura e spazi di liberta' per le donne. Il centro mette a disposizione: segreteria attiva 24 ore su 24; colloqui; consulenza legale e possibilita' di assistenza legale in gratuito patrocinio; attivita' culturali, formazione e percorsi di autodeterminazione. La violenza contro le donne e' ancora oggi un problema sociale di proporzioni mondiali e le donne che si impegnano perche' in Italia e in ogni Paese la violenza venga sconfitta lo fanno nella convinzione che le donne rappresentano una grande risorsa sociale allorquando vengono rispettati i loro diritti e la loro dignita': solo i Paesi che combattono la violenza contro le donne figurano di diritto tra le societa' piu' avanzate. L'intento e' di fare di ogni donna una persona valorizzata, autorevole, economicamente indipendente, ricca di dignita' e saggezza. Una donna che conosca il valore della differenza di genere e operi in solidarieta' con altre donne. La solidarieta' fra donne e' fondamentale per contrastare la violenza]

Per sostenere il centro antiviolenza delle donne di Viterbo "Erinna" i contributi possono essere inviati attraverso bonifico bancario intestato ad Associazione Erinna, Banca Etica, codice IBAN: IT60D0501803200000000287042.
O anche attraverso vaglia postale a "Associazione Erinna - Centro antiviolenza", via del Bottalone 9, 01100 Viterbo.
Per contattare direttamente il Centro antiviolenza "Erinna": tel. 0761342056, e-mail: e.rinna at yahoo.it, onebillionrisingviterbo at gmail.com, facebook: associazioneerinna1998
Per destinare al Centro antiviolenza "Erinna" il 5 per mille inserire nell'apposito riquadro del modello per la dichiarazione dei redditi il seguente codice fiscale: 90058120560.

4. REPETITA IUVANT. DUE PROVVEDIMENTI INDISPENSABILI PER FAR CESSARE LE STRAGI NEL MEDITERRANEO E LA SCHIAVITU' IN ITALIA

Riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere nel nostro paese in modo legale e sicuro.
Riconoscere il diritto di voto a tutte le persone che vivono nel nostro paese.

5. REPETITA IUVANT. L'ITALIA SOTTOSCRIVA E RATIFICHI IL TRATTATO ONU PER LA PROIBIZIONE DELLE ARMI NUCLEARI

L'Italia sottoscriva e ratifichi il Trattato Onu per la proibizione delle armi nucleari del 7 luglio 2017.
Salvare le vite e' il primo dovere.

6. INIZIATIVE. DANIELE LUGLI: UNA GIORNATA PER LA PACE
[Dal sito di "Azione nonviolenta" (www.azionenonviolenta.it) riprendiamo e diffondiamo il seguente intervento.
Daniele Lugli (Suzzara, 1941), amico e collaboratore di Aldo Capitini, dal 1962 lo affianca nella costituzione del Movimento Nonviolento di cui sara' presidente nazionale dal 1996 al 2010, e con Pietro Pinna e' nel Gruppo di Azione Nonviolenta per la prima legge sull'obiezione di coscienza. La passione per la politica lo ha guidato in molteplici esperienze: funzionario pubblico, assessore alla Pubblica Istruzione a Codigoro e a Ferrara, docente di Sociologia dell'Educazione all'Universita', sindacalista, insegnante e consulente su materie giuridiche, sociali, sanitarie, ambientali - argomenti sui quali e' intervenuto in diverse pubblicazioni - e molto altro ancora fino all'incarico piu' recente, come Difensore civico della Regione Emilia-Romagna dal 2008 al 2013. E' attivo da sempre nel Terzo settore per promuovere una societa' civile degna dell'aggettivo ed e' un riferimento per le persone e i gruppi che si occupano di pace e nonviolenza, diritti umani, integrazione sociale e culturale, difesa dell'ambiente. Nel 2017 pubblica con Csa Editore il suo studio su Silvano Balboni, giovane antifascista e nonviolento di Ferrara, collaboratore fidato di Aldo Capitini, scomparso prematuramente a 26 anni nel 1948]

Papa Francesco ha annunciato una giornata di preghiera e digiuno per la pace, il prossimo 23 febbraio. "No alla violenza... ognuno puo' dire concretamente no alla violenza per quanto dipende da lui o da lei. Perche' le vittorie ottenute con la violenza sono false vittorie; mentre lavorare per la pace fa bene a tutti". Nel "tragico protrarsi di situazioni di conflitto in diverse parti del mondo" l'attenzione e' portata particolarmente alle sofferenze, dimenticate, trascurate, delle "popolazioni della Repubblica Democratica del Congo e del Sud Sudan". Il Papa invita "anche i fratelli e le sorelle non cattolici e non cristiani ad associarsi a questa iniziativa nelle modalita' che riterranno piu' opportune".
E' un invito che il Movimento nonviolento raccoglie e ripropone. La nonviolenza resta il difficile, necessario varco della storia, indicato da Aldo Capitini - Elementi di un'esperienza religiosa. 1937 - nell'indifferenza, se non nell'ostilita', delle gerarchie ecclesiastiche. Qualcosa era mutato anche prima, ma con Jorge Mario Bergoglio l'annuncio si e' fatto costante e preciso. In quest'uomo di religione sentiamo presente la convinzione che fu di Capitini: "La nonviolenza e' il punto della tensione piu' profonda del sovvertimento di una societa' inadeguata" (Il problema religioso attuale, 1948). Di questa tensione abbiamo bisogno per affrontare positivamente una violenza crescente, in campo internazionale e interno ai paesi.
Abbiamo lasciato alle spalle un Novecento di grandi e diffuse violenze. In Tutta la violenza di un secolo (2005) Marcello Flores ne traccia la storia. Questa sarebbe anche più atroce se non ci fosse stata pure la presenza della nonviolenza. Ce lo ricorda Anna Bravo, La conta dei salvati. Dalla Grande Guerra al Tibet: storie di sangue risparmiato, 1913. "E' un'idea malsana che quando c'e' guerra c'e' storia, quando c'e' pace no. Il sangue risparmiato fa storia come il sangue versato. Si parla e si scrive molto di guerre, di eccidi e di violenze. E' il racconto del sangue versato. Ma non saremmo qui se qualcuno non avesse lavorato per risparmiare il sangue. Persone e gruppi, come quei soldati della Grande Guerra che concordavano tregue fra le trincee opposte. Popoli che misero in salvo i loro concittadini ebrei o che nascosero e protessero migliaia di militari sbandati e di prigionieri di guerra. Diplomazie e governi che hanno tramato la pace, non sempre la guerra. Senza Mandela e Tutu non ci sarebbe stata una transizione pacifica in Sudafrica, senza King un cosi' forte movimento per i diritti civili, senza il Dalai Lama una nonviolenza tibetana, senza Ibrahim Rugova una kosovara e, soprattutto, una nonviolenza tout court senza Gandhi".
La data scelta, sottolinea il Papa, coincide con il venerdi' della prima settimana di Quaresima. Mi piace che cada in Febbraio, Black History Month ("Mese della storia nera") negli Usa e Canada, a sottolineare l'importanza delle persone e degli eventi nella storia della diaspora africana. Anche in Italia non sarebbe male dedicare una riflessione a questo tema, che in vario modo ci coinvolge. Mi piace pure ricordare che quasi a introdurla ci sono date a noi care: il 20 febbraio 1942, gli insegnanti nella Norvegia occupata scioperano contro la nazificazione della scuola. Il 22 febbraio e' il compleanno di Alex Langer, lo ricordiamo nel giorno della nascita piuttosto che in quello della morte. Il 23 del 1986 un milione di persone disarmate, bloccando i carri armati, costringono alla fuga Marcos, il dittatore filippino.
Conoscere come si e' detto no alla violenza in passato, come si e' concretamente operato per la pace, e quanto apparenti vittorie ottenute con la violenza abbiano preparato nuove catastrofi, e' utile perche' ce ne conferma la possibilita' e ci ispira nella scelta dei mezzi da usare. Un ciclo di incontri sulla storia del Novecento ha questa ambizione. Inizia il 19 febbraio, quasi a preparazione della giornata del 23, La grande illusione: La prima guerra mondiale. Il fascismo. Alda Costa, Giacomo Matteotti. Il Novecento si apre brindando al progresso e alla pace: la Belle Epoque, almeno in Europa. Non sara' cosi. Conflitti e violenza estrema si manifestano nelle guerre ispano-americana, anglo-boera e russo-giapponese. Nelle colonie africane belghe e tedesche le stragi non si contano. Anche l'Italia vorra' conquistarsi il suo posto al sole, commuovendo Pascoli. La guerra torna nel centro dell'Europa. Le voci degli oppositori sono tacitate, La prima guerra mondiale pone le basi del secondo conflitto. In due figure molto legate a Ferrara cogliamo una coerente opposizione e una proposta che si avvicina al pensiero nonviolento. L'assassinio di Matteotti sembra chiudere questo periodo.
E cosi', un quarto di secolo alla volta, si percorre l'intero Novecento, mostrando che intrecciati a conflitti e violenze vi sono stati esempi di opposizione e costruzione di pace, lungo tutto il secolo. Hanno avuto per protagonisti figure note e tanti sconosciuti. Hanno salvato vite, rischiando la propria, diversissimi tra loro, nei luoghi e nelle circostanze piu' disparati. Le loro storie hanno incrociato la grande storia e l'hanno resa meno crudele e insensata. Attestano che la storia e la vita possono non essere "un racconto narrato da un idiota, pieno di strepito e di furore, e senza alcun significato" (W. Shakespeare). Meritano dunque racconto, conoscenza, riflessione. C'e' non solo la storia della violenza, ma una che si oppone e la supera. Ne trarremo proprio le conclusioni con Anna Bravo il 26 marzo. Sara' la nostra piccola aggiunta alla Giornata proposta dal Papa, alla quale aderiamo.

7. RIFLESSIONE. PIETRO POLITO: IL FASCISMO STA TORNANDO? RILEGGERE PASOLINI
[Dal sito del Centro studi "Sereno Regis" di Torino (www.serenoregis.org) riprendiamo e diffondiamo il seguente intervento.
Pietro Polito (Forio d'Ischia, 1956), direttore del Centro studi "Piero Gobetti" di Torino, fa parte della redazione di "Teoria Politica" e collabora con varie riviste, tra cui "Mezzosecolo" e "Nuova Antologia"; ha pubblicato numerosi saggi sul pensiero politico novecentesco, con particolare riguardo agli autori democratici, radicali e pacifisti del Novecento italiano, ed ha curato diverse opere di Norberto Bobbio. Tra le opere di Pietro Polito: L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta 2001; Le parole dello spirito critico. Omaggio a Norberto Bobbio, Biblion, Milano 2015; Il dovere di non collaborare. Storie e idee dalla Resistenza alla nonviolenza, Seb 27, Torino 2017]

Gli amici del Centro Gobetti salutano con affetto la nomina a Senatrice a vita della Repubblica di Liliana Segre. "La mia missione e' non dimenticare. La mia missione e' raccontare cosa e' avvenuto veramente. E non perdono: chi sono io per perdonare? Potrei perdonare gli atti commessi contro di me. Ma ho visto quello che e' stato fatto agli altri che non possono raccontarlo. Ecco, da oggi ho la responsabilita' di portare al Senato della Repubblica quelle voci che rischiano di disperdersi. Finche' avro' la forza, continuero' a raccontare ai ragazzi la follia del razzismo. Senza odio, senza spirito di vendetta. Sono una donna libera. E la prima liberta' e' quella dall'odio". (L. Segre, "Io, da Auschwitz a senatrice a vita ma non dimentico e non perdono", intervista a cura di Simonetta Fiori, "la Repubblica", sabato 20 gennaio 2018, p. 11.
*
Alla domanda: "Il fascismo sta tornando?", Guido Caldiron fa bene a rispondere con un'altra domanda: "E se in realta' non se ne fosse mai andato?", precisando: "Se il fascismo sta tornando, qualcuno gli avra' pure aperto, e da tempo, la porta".
I segni del fascismo che torna sono numerosi e non sono solo di oggi, anzi sono rintracciabili lungo il corso di almeno gli ultimi trent'anni. Ne elenco i principali: 1. la sostanziale "normalizzazione" del fascismo storico; 2. l'egemonia politica, culturale, simbolica della destra; 3. la rivalutazione del nazionalismo, dei confini, delle piccole patrie; 4. l'insorgenza sulla scena politica e sociale dei "nuovi fascisti del terzo millennio"; 5. l'adozione pressoche' generalizzata di un vocabolario politico intollerante, se non sotterraneamente razzista verso lo straniero e il diverso: rom, migranti, nomadi; 6. la diffusione di un sentimento di rancore che si manifesta nella caccia al capro espiatorio, che non denota solo il fascismo in senso stretto, ma si manifesta trasversalmente come un carattere antropologico generale (Rene' Girard); 7. la sistematica rimozione di una sottocultura della violenza che non esita a tradurre in pratica le parole d'ordine dell'odio e della sopraffazione.
Il fascismo e' attuale "non perche' siamo di fatto gia' circondati da un nuovo fascismo ma perche' e' una reale possibilita' delle societa' avanzate, una scorciatoia della politica e anche della mente e sta rialzando la testa e glielo lasciamo fare". Si avverte in Europa una stanchezza della liberta', una insofferenza per la democrazia da far dubitare che il fascismo sia uscito per sempre dal nostro destino. (Vengono in mente le pagine di Paura della liberta' di Carlo Levi e di Fuga dalla liberta' di Erich Fromm). La passione dominante e' la paura.
*
Il fascismo che torna rende quanto mai viva e attuale la lezione di Pier Paolo Pasolini. Come mi suggerisce l'amico Marco Scarnera, Pasolini e' stato il testimone disperato di "una resistenza al fascismo, inteso non tanto come fenomeno storico circostanziato, quanto specialmente come minaccia autoritaria strutturale, sempre incombente e (contro)operante, nelle democrazie (post)moderne". Lo stesso Scarnera sostiene che, "per mantenersi tale in uno stato moderno (e postmoderno), la liberta' sia individuale sia collettiva (quindi la democrazia nel significato piu' alto del termine) e' resistenza che non puo' essere se non operativa contro le spinte autoritarie che la minacciano e la corrodono; dove e' in gioco una dialettica che si evolve attraverso due forme di potere intrinsecamente correlate: emancipante, che libera, e dominante, che opprime". A un capo dell'opposizione c'e' in senso lato il fascismo all'altro capo la democrazia nella forma della nonviolenza.
Critico inesorabile del tecno-fascismo, antropologicamente comunista eppure "reazionario" perche' nostalgico del mondo contadino, trasparente nella sua sfida omosessuale quando il prezzo da pagare era molto alto, irregolare, Pasolini e' l'espressione di una resistenza intellettuale che e' l'esatta antitesi del fascismo: una posizione incollocabile, irriducibile a ogni appartenenza finanche a quella dell'anticonformismo militante e paradossalmente liberale (gobettianamente, parlando) nell'estrema difesa dell'individualita', della singolarita', dell'alterita', dell'autonomia.
Il mio Pasolini, scoperto negli anni del liceo, e' quello degli Scritti corsari, uscito il 6 novembre di quell'anno, pochi giorni dopo il suo assassinio, in cui si trova la famosa invettiva: "Io so. Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato golpe (e che in realta' e' una serie di golpes istituitasi a sistema di protezione del potere".
L'aria che si respira oggi non e' molto dissimile da quella inquinata e contaminata denunciata nella sua ultima intervista, rilasciata il 1 novembre 1975 e pubblicata postuma il 3 novembre in "Stampa Sera", con il titolo "Oggi sono in molti a credere che c'e' bisogno di uccidere". Quasi presagendo la violenza che stava per abbattersi su di lui, il poeta scaglia la sua denuncia-testamento: siamo tutti potenziali "nuovi assassini". Dopo essere sceso all'inferno, torna avendo visto "altre cose, piu' cose", non porta una buona novella ma una verita' terribile: "Qui c'e' la voglia di uccidere. E questa voglia ci lega come fratelli sinistri di un fallimento sinistro di un intero sistema sociale".
Il rapporto tra il poeta e la Resistenza e' piu' intenso di quanto non si creda e non si sappia e origina tutto dalla tragica vicenda del fratello combattente Guido, entrato nelle Brigate Osoppo, ucciso barbaramente a colpi di piccone da altri partigiani comunisti, dopo essere riuscito a sfuggire ad un'esecuzione collettiva. In risposta ad una lettera su "Vie nuove" del 15 settembre 1961 aveva parlato del fratello come di un "ragazzo di una generazione che non ammetteva nessuna debolezza, nessun compromesso", aggiungendo: "e' il ricordo di lui, della sua generazione, della sua passione, che mi obbliga a seguire la strada che seguo".
Pasolini sa che la "situazione" contro cui egli si batte e' imparagonabile a quella contro cui si e' battuta la Resistenza: "Non scherziamo - afferma - sul sangue, il dolore, la fatica che anche allora la gente ha pagato per 'scegliere'. Quando stai con la faccia schiacciata contro quell'ora, quel minuto della storia, scegliere e' sempre una tragedia". Ripeto: scegliere e' sempre una tragedia. Al momento della sua inconsapevole ultima ora il poeta sembra tornare ancora una volta con il ricordo al fratello Guido.
Le parole del poeta si riferiscono al suo o al nostro tempo? Sia chiaro: noi non possiamo commettere l'errore di leggere il presente con le lenti del passato. Eppure il visionario Pasolini coglie implacabilmente un perdurante pericolo: "Il potere e' un sistema di educazione che ci divide in soggiogatori e soggiogati. Uno stesso sistema educativo che ci forma tutti, dalle cosiddette classi dirigenti, giu' fino ai poveri". La tragedia e' che "non ci sono piu' esseri umani, ci sono strane macchine che sbattono l'una contro l'altra". Siamo immersi in "una educazione comune, obbligatoria e sbagliata che ci spinge tutti dentro l'arena dell'avere a tutti i costi".
La divisione classica tra deboli e potenti, vittime e colpevoli, buoni e cattivi si e' fatta piu' sfumata, meno chiara e netta, perche', "in un certo senso, tutti sono i deboli perche' tutti sono vittime. E tutti sono i colpevoli, perche' tutti sono pronti al massacro. Pur di avere. L'educazione ricevuta e' stata: avere, possedere, distruggere". Agli oppressi che volevano "abbattere quel padrone turpe senza diventare quel padrone", si sono sostituiti "altrettanti predoni che vogliono tutto a qualunque costo".
Pare che siamo nelle mani di un "macchinista impazzito" o di un "criminale isolato" oppure alla merce' di un complotto: "Soprattutto il complotto ci fa delirare. Ci libera da tutto il peso di confrontarci da soli con la verita'". Che fare? Pasolini "rimpiange", ma non crede piu' alla "rivoluzione pura e diretta della gente oppressa che ha il solo scopo di farsi libera e padrona di se stessa".
La sua risposta e' quella del profeta disarmato: "L'esempio ce lo da' la storia. Il rifiuto e' sempre stato un gesto essenziale. [...]. I pochi che hanno fatto la storia sono quelli che hanno detto no, mica i cortigiani e gli assistenti dei cardinali. Il rifiuto, per funzionare, deve essere grande, non piccolo, totale, non questo o quel punto, 'assurdo', non di buon senso".
*
Che cosa possiamo fare noi? In particolare che cosa possiamo fare noi che operiamo negli istituti culturali che si richiamano all'antifascismo e alla Resistenza?
Proviamo a ragionare e ad agire intorno ad alcuni punti:
- Affermare che i valori dell'antifascismo e della Resistenza costituiscono la nostra identita';
- Reagire alla banalizzazione del fascismo e al generale clima assolutorio nei suoi confronti;
- Demistificare la leggenda di un fascismo buono e di un nazismo cattivo;
- Ribadire che il fascismo e' stato violenza, sopraffazione, privazione di liberta';
- Contrastare la paura che fa perdere lucidita' e ci rende fragili culturalmente.
Proviamo a rispondere alla domanda: "Come si puo' rifondare un discorso antifascista per i giovani nati a fine Novecento e negli anni Duemila?". Se la pagina facebook "I giovani fascisti italiani" piace a oltre 27.000 persone, se giovani leader politici di questo paese ritengono l'antifascismo un concetto superato o farneticano di "sostituzione etnica", se un candidato governatore in una importante regione del nord afferma che "dobbiamo decidere se la nostra razza bianca debba continuare ad esistere", occorre tornare seriamente, e in fretta, a interrogarsi su come il racconto dell'antifascismo possa riguadagnare senso ed efficacia, perche' "il neofascismo consapevole alligna in un vastissimo terreno di fascismo inconsapevole".
Il sentimento e la memoria sono necessari ma non bastano per un antifascismo consapevole. Non possiamo continuare a ragionare con i nostri vecchi schemi, le farsi fatte, le formule mandate a memoria. La via e' quella indicata dal poeta: la critica di un sistema di educazione che ci divide in soggiogatori e soggiogati e ci spinge tutti dentro l'arena dell'avere a tutti i costi.

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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento del notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIX)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 703 del 19 febbraio 2018

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