Telegrammi. 1243



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 1243 del 13 aprile 2013

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com

 

Sommario di questo numero:

1. Severino Vardacampi: Il governo Monti colpisce ancora

2. "Tu non uccidere". Commemorato Primo Mazzolari a Viterbo

3. Un incontro di studio su Hannah Arendt, Ivan Illich, Murray Bookchin, Colin Ward, Susan George, Vandana Shiva

4. Alcuni testi del mese di novembre 2003 (parte terza e conclusiva)

5. Prime ed ultime risultanze di un'inchiesta privata sulla strage di Nassiriya

6. Un sabato a Bisanzio

7. Quattro note sul terrorismo

8. Sull'impotenza dello pseudopacifismo

9. Un lunedi'

10. Un vescovo

11. Altre stragi. Uno scambio di lettere tra Benito D'Ippolito e Dino Frisullo nell'ottobre 2000

12. Scorie

13. Qaddish

14. Nonviolenza giuriscostituente

15. Movimenti, istituzioni, nonviolenza

16. Da Verona a Venezia per un'Europa neutrale e attiva, disarmata e smilitarizzata, solidale e nonviolenta

17. Iraq. Quid agendum? Alcune prime riflessioni

18. Ancora quattro note sul terrorismo

19. Un approccio colonialista

20. La "Carta" del Movimento Nonviolento

21. Per saperne di piu'

 

1. EDITORIALE. SEVERINO VARDACAMPI: IL GOVERNO MONTI COLPISCE ANCORA

 

Grazie alla complicita' delle tre destre parlamentari (quella berlusconiana, quella montiana e quella grillina) che sono riuscite a impedire la formazione di un nuovo governo almeno democratico, almeno antifascista, continua a decidere le sorti del paese il famigerato governo Monti, che prosegue in una politica economica semplicemente sciagurata.

E prosegue altresi' la criminale ed incostituzionale partecipazione alla guerra terrorista e stragista in Afghanistan; e prosegue altresi' la criminale ed incostituzionale persecuzione razzista dei migranti.

Il resto del teatrino parlamentar-spettacolare e alchemico-quirinalizio e' peggio che perdita di tempo: e' menzogna e frode, e' complicita' con la dittatura dei ricchi, e' anch'esso fomite e incubatoio del fascismo che torna.

Sperando che tra una settimana vi sia un Presidente della Repubblica finalmente decente, finalmente fedele alla Costituzione antifascista, ebbene, subito dopo si torni al voto, ed a contrastare la scatenata destra eversiva berlusconiana si costituisca al piu' presto una rinnovata, ampia coalizione politica democratica, ovvero antifascista, di cui anche tutta la sinistra non totalitaria sia parte integrante e propulsiva, una coalizione in guisa di fronte di liberazione nazionale, per la legalita' costituzionale, i diritti umani di tutti gli esseri umani e la difesa della biosfera; una coalizione a cui partecipi anche una lista che si presenti come esplicitamente nonviolenta: una lista della sinistra nonviolenta, ovvero femminista ed ecologista, socialista e libertaria, del movimento delle oppresse e degli oppressi in lotta per la liberazione dell'umanita', che e' indispensabile, indispensabile, indispensabile cominciare a costruire.

 

2. INCONTRI. "TU NON UCCIDERE". COMMEMORATO PRIMO MAZZOLARI A VITERBO

 

Si e' svolto la mattina di venerdi' 12 aprile 2013 a Viterbo per iniziativa del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" un incontro di commemorazione di don Primo Mazzolari nell'anniversario della scomparsa avvenuta il 12 aprile 1959.

Nel corso dell'incontro e' stata integralmente letta e commentata una delle opere fondamentali del parroco di Bozzolo, "Tu non uccidere", uno dei grandi manifesti nonviolenti del XX secolo.

Al termine dell'incontro, il responsabile della struttura nonviolenta viterbese, Peppe Sini, ha posto il cruciale interrogativo: "Come restare fedeli all'insegnamento di Primo Mazzolari? Come proseguirne la lotta? Perseverando nella scelta della nonviolenza, perseverando nella lotta contro tutte le violenze e le menzogne, ed oggi qui in Italia in primo luogo opponendosi alla guerra e al razzismo, opponendosi alla devastazione dell'ambiente; difendendo la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani, difendendo la biosfera casa comune dell'umanita' intera. E dunque innanzitutto adoperiamoci affinche' cessi immediatamente la criminale partecipazione italiana alla guerra afgana che ogni giorno miete vittime innocenti; adoperiamoci affinche' siano abrogate immediatamente le infami misure razziste che perseguitano, schiavizzano, mandano a morte i migranti. Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'".

 

3. INCONTRI. UN INCONTRO DI STUDIO SU HANNAH ARENDT, IVAN ILLICH, MURRAY BOOKCHIN, COLIN WARD, SUSAN GEORGE, VANDANA SHIVA

 

Si e' svolto nel pomeriggio di venerdi' 12 aprile 2013 a Viterbo presso il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" un incontro di studio su "Strade per l'alternativa nonviolenta necessaria e urgente: la riflessione di Hannah Arendt, Ivan Illich, Murray Bookchin, Colin Ward, Susan George, Vandana Shiva".

 

4. MATERIALI. ALCUNI TESTI DEL MESE DI NOVEMBRE 2003 (PARTE TERZA E CONCLUSIVA)

 

Riproponiamo qui alcuni testi apparsi sul nostro foglio nel mese di novembre 2003.

 

5. PRIME ED ULTIME RISULTANZE DI UN'INCHIESTA PRIVATA SULLA STRAGE DI NASSIRIYA

 

1. Queste sono le certe risultanze

di un'inchiesta privata sulla strage

di Nassiriya.

 

2. Ci siamo chiesti: sul luogo del delitto

chi trasse le vittime e le espose

all'agguato?

 

Ci siamo chiesti: quando una strage

in una sequenza si colloca di stragi

e' leggendo la sequenza che si coglie

chi muove i pezzi, li prende e li sacrifica

per quale piano, per quali vantaggi.

Quale partita si sta giocando qui?

Chi usa vite umane come scacchi?

 

Ci siamo chiesti: le vttime di guerra

di chi sono vittime?

Ci siamo chiesti: la guerra che uccide,

chi la scatena, chi ne trae frutto, chi

ne gode i profitti irrorati di sangue?

 

3. Abbiamo voluto ascoltare il coro dei morti.

Dei vivi il frastuono non ci ha distratto.

Sappiamo che sul luogo del delitto

torna poi l'assassino e con le fanfare. Sappiamo

che chi fa morire gli altri poi pretende

pronunciarne funebre l'elogio. Sappiamo

che chi altri fa morire, per cupo lucro,

per ideologia bestemmiatrice, per algida ignavia,

altri ancora continuera' a far morire

se non lo si ferma.

 

4. E questo abbiamo concluso:

quali siano stati i sicari ci e' ignoto, non cosi'

i mandanti.

E chi abbia mandato i sicari ci e' ignoto, non cosi'

chi ha mandato le vittime a morire.

 

E anche questo abbiamo concluso:

prima che altri debbano morire

quei mandanti possiamo arrestare:

da se stessi si sono smascherati

ora essi devon essere arrestati.

 

5. Era illegale mandare italiani in armi

nell'Iraq in guerra. Tutti

sapevamo che era illegale, sapevamo che era criminale.

 

Perche' si e' permesso al governo e al parlamento

di condannare questi innocenti a morte?

 

Perche' il presidente della Repubblica Italiana

non ha loro salvato la vita? Era suo dovere,

era in suo potere. Morire li ha lasciati.

 

Perche' nessun magistrato ha impedito quel crimine

che e' all'origine di questa strage ancora?

 

Era illegale mandare italiani in armi

nell'Iraq in guerra. Ora tornano essi nelle casse

non piu' vivi, inerti, per sempre

privati della luce dei giorni.

 

6. Perche' non abbiamo saputo salvarli?

Perche' non abbiamo voluto salvarli?

 

7. Questa relazione inviamo alle piu' alte

cariche dello stato italiano, poiche' hanno diritto

di sapere di cosa li accusiamo.

 

Questa relazione inviamo ancora

ai magistrati cui gravoso incombe

ed urgente il dovere di perseguire

i mandanti italiani a tutti noti

della famosa strage di Nassiriya.

 

Questa relazione inviamo inoltre

a tante persone amiche e a tante

che amiche non sono ma che hanno

parimenti il diritto e il dovere

di conoscere questi risultati

della nostra inchiesta privata,

di valutare se meritino ascolto,

di decidere cosa sia in capo a loro fare.

 

Questa relazione inviamo infine

ai sopravvissuti,

e ai colleghi, agli amici, ai familiari

delle vittime, il loro dolore

tra tante cose dopo la strage avvenute

e' l'unica cosa degna, l'unica cosa umana:

in quel dolore e in null'altro noi troviamo

la nostra patria: la comune umanita'.

 

6. UN SABATO A BISANZIO

 

Anche questo e' accaduto: la strage nelle sinagoghe, nel giorno del sabato, a Istanbul. Nel cuore del cuore del mondo.

*

Vorremmo che i simboli - e questo crimine ne e' sovraccarico - non nascondessero i fatti.

E i fatti sono i seguenti.

La strage. La strage di esseri umani innocenti. La strage di esseri umani innocenti in preghiera. La strage di esseri umani innocenti in preghiera nella sinagoga.

E quindi, anche: la ripresa, la continuazione, l'espansione della Shoah.

Il massacro di Istanbul non e' un episodio di un'altra vicenda, ma la prosecuzione di una vicenda che comincia con la distruzione del tempio e la deportazione della popolazione ebraica da parte dell'impero romano, e che culmina nei lager.

Chi non percepisce questo, finge di non vedere.

*

Ma percepire questo significa che questa strage tutti ci riguarda e ci convoca.

Poiche' essa non e' soltanto un episodio del terrorismo fondamentalista islamico, ma la continuazione di una persecuzione antiebraica cui i cristiani per secoli si sono dedicati come i carnefici piu' truci, di cui l'Europa e' stato il teatro piu' spaventevole, e i poteri dominanti europei gli esecutori piu' spietati.

Percepire questo significa interrogarci non solo sulle responsabilita' altrui - dei regimi al governo in molti paesi arabi ed islamici, dei troppi leader politici e religiosi irresponsabili, dei criminali che usano del pretesto religioso per apporre una maschera ai loro efferati delitti; ma anche sulle nostre responsabilita': quanto delle ideologie e delle retoriche e delle pratiche dell'antisemitismo ancora fermenta tra noi? E quando diciamo tra noi non diciamo soltanti i deliranti gruppuscoli neonazisti, o gli scellerati uomini di governo che ancora esaltano Mussolini quando parlano ex abundantia cordis, ma anche settori non irrilevanti della sinistra italiana, ed anche del cosiddetto movimento per la pace e la giustizia globale.

*

La strage di Istanbul ci chiede un impegno esplicito: di opposizione nitida e senza reticenze all'antisemitismo comunque si travesta.

Ha scritto una volta Danilo Dolci, e non lo abbiamo piu' dimenticato: "Auschwitz sta figliando nel mondo. Non sentite l'odore del fumo?".

*

Molte altre cose che in petto ci urgono avremmo in animo di dire, ma abbiamo in queste ore il cuore in tumulto, la voce incrinata, lo sguardo offuscato dalle lacrime ancora, ne scriveremo nei prossimi giorni.

 

7. QUATTRO NOTE SUL TERRORISMO

 

1. In epoche remote vi furono guerre condotte secondo regole; che noi chiamiamo cavalleresche, per dirne la lontananza. Battaglie tra eserciti in campo, salva talora la vita di chi si arrendeva, il saccheggio e la riduzione in schiavitu' dichiarati come tali.

Tutto cio' e' preistoria.

Da oltre un secolo vi sono solo guerre terroristiche.

*

2. Il terrorismo oltre che crimine scellerato e' in primo luogo arte di governo e costruzione del consenso. Sbaglia chi crede che la pratica di esso sia prerogativa esclusiva di gruppi segreti e non possa avere per finalita' altro che la disgregazione, per ideologia il nichilismo.

Il terrorismo e' strumento ideato da regimi, adottato dagli stati, efficacissima tecnica di signoria territoriale, di leadership che unifica, di reductio ad unum del corpo sociale; e' la tecnica prediletta - di controllo sociale e ideologico, di repressione e di propaganda a un tempo -, e supremo il sadico piacere, e fin l'emblema oltre che l'usbergo, di ogni totalitarismo.

La ghigliottina e' il simbolo di quel "Terrore" che al fenomeno ha dato nome; i gulag, i lager, la bomba di Hiroshima, ne sono state le manifestazioni piu' palesi.

Non ci sono gradazioni nel terrorismo tra un piu' e un meno: vi sono poteri terroristi, e vi sono coloro che si oppongono al terrorismo, ad ogni terrorismo: tertium non datur.

*

3. E' vetusta e ormai grottesca astuzia dei terroristi dichiarare che stanno lottando contro il terrorismo, e che "a brigante, brigante e mezzo". Ma un brigante e mezzo e' un brigante ancora peggiore del brigante. Le stragi in nome dell'umanita' sono stragi come quelle in nome di Dio, come quelle in nome del nulla: le stragi sono stragi, e le chiacchiere restano chiacchiere.

Le chiacchiere degli assassini preparano altre stragi. E preparano altre stragi le chiacchiere dei vigliacchi. Perche', appunto, tertium non datur: se non si lotta contro le uccisioni, si e' complici delle uccisioni.

*

4. Il terrorismo in quanto permanente guerra ai civili, pone fine all'antica distinzione tra teatro di guerra e resto del mondo: non vi e' che una sola guerra, in un mondo unificato sotto il segno del terrore.

E non vi e' che un'unica opposizione alla guerra e al terrorismo che sono una cosa sola: e quest'unica opposizione e' la nonviolenza, che a tutte le guerre si oppone, che a tutte le stragi, a tutte le uccisioni si oppone.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

8. SULL'IMPOTENZA DELLO PSEUDOPACIFISMO

 

In Italia, dicevamo or non e' guari, non c'e' un movimento per la pace.

Ci fosse stato, avrebbe difeso la legge fondamentale del nostro paese che al nostro paese proibisce di muovere guerra altrui; e non sarebbe stato difficile, con tutti gli strumenti politici, amministrativi, giuridici e culturali che la nostra democrazia a noi privilegiati offre; ma ne e' mancata la convinzione, ci si e' lasciati sedurre dalle sirene e dalle prebende che la societa' dello spettacolo e il regime della corruzione mettono a disposizione di chi, per stoltezza e presunzione, o per superficialita' e piccineria, o per vizi piu' profondi, perde ad un tempo la percezione della realta' e il sentimento della dignita'; e ci si e' lasciati ridurre all'impotenza, e all'ignavia. Mentre la guerra divorava persone ci si e' accontentati di agitar flabelli, di recitar sceneggiate e liturgie, ci si e' persi tra simulacri.

Avessimo difeso quella legge che la partecipazione italiana alla guerra irachena proibiva, avremmo impedito che governanti della risma di quelli descritti in Fontamara inviassero ragazzi italiani in divisa a morire in Iraq.

Ma in Italia non c'e' un movimento per la pace.

Per questo anche noi siamo complici del governo che ha mandato a morire i ragazzi in divisa a Nassiriya.

*

Se vi fosse un movimento per la pace, e forse questa ennesima tragedia aprira' gli occhi a molti, esso farebbe la scelta della nonviolenza; esso elaborerebbe e praticherebbe una strategia alternativa di intervento nei conflitti (quella su cui in questi mesi su questo foglio abbiamo assai ragionato muovendo dalla proposta di Lidia Menapace "per un'Europa neutrale e attiva, disarmata e smilitarizzata, solidale e nonviolenta" e cercando di far compiere un salto di qualita' alla riflessione delle tante persone di volonta' buona che ancora non hanno colto la necessita' e l'urgenza della nonviolenza).

Se vi fosse in Italia un movimento per la pace oggi dovrebbe denunciare il governo per aver fatto morire quei ragazzi in divisa; oggi dovrebbe imporre il ritorno della legalita' costituzionale con il riitiro immediato dei militari italiani dalla guerra in Iraq; oggi dovrebbe imporre al nostro paese un'azione di pace con mezzi di pace. Ma in Italia non c'e' un movimento per la pace.

Io che scrivo queste righe non esisto.

*

Se non cessa l'occupazione militare non cessera' la guerra, e non cesseranno le stragi. Ognuno lo capisce. La pace non e' un remoto obiettivo: la pace e' l'unica via. Ma in Italia un movimento per la pace ancora non c'e'. Che possa nascere e' il compito dell'ora. Ma potra' nascere solo da chi avra' fatto, radicale, la scelta della nonviolenza. Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

9. UN LUNEDI'

 

Lunedi', a scuola.

In una classe ci diciamo alcune impressioni, di dolore e pieta', di amore al vero e al buono, ma soprattutto di umana solidarieta' per le vittime tutte della strage di Nassiriya, della strage di Istanbul. Poi ci alziamo in piedi ed osserviamo un minuto di silenzio. Poi leggiamo L'obbedienza non e' piu' una virtu', gli atti del processo a don Milani, la sua lettera ai cappellani, la sua lettera ai giudici. Due ore filate, e non un brusio, non un sussurro, non un distrarsi. E questa a me sembra sia buona scuola.

*

In un'altra classe, le due ore successive: anche qui la riflessione muove dalle stragi, e subito in molte e molti urge il bisogno di dire, di capire, di proporre, di cercare. Due ore di fervida concentrazione, di ascolto reciproco: mi commuovono queste giovani persone cosi' lucide e cosi' empatiche, e le loro parole cosi' fragranti, e cosi' diverse, cosi' sideralmente distanti dalla retorica tronfia e bolsa, ipocrita e sciacallesca, dei prominenti di tutte le bande che in questi giorni stanno facendo scempio di ogni verita' e dignita' oltraggiando con i loro laidi sguaiati schiamazzi il reverente silenzio, l'addolorata memoria, il rispetto profondo che alle vittime e' dovuto. Questi ragazzi, questi miei amici, invece, cosi' seri, cosi' appassionati, che avrei desiderio di baciarli in fronte, e di inchinarmi loro innanzi. Ed alla fine di due ore intense di corale dialogo ci alziamo in piedi e ai nostri ragionamenti diamo conclusione osservando un minuto di silenzio, il nostro omaggio sincero e non vanesio alle vittime tutte, il nostro meditato e non superficiale impegno ad opporci a tutte le uccisioni. E questa a me sembra sia buona scuola.

*

Sulle lavagne di entrambe le classi ho scritto due parole, e le ho tradotte ai miei giovani amici (un non breve esercizio di traduzione, provengono da una densa antica lingua, hanno un campo semantico vasto, richiedono un accostamento consapevole e colto): ahimsa, satyagraha.

 

10. UN VESCOVO

 

Vescovo, come ognun sa, traduce il termine greco episcopos, che designa la persona che osserva e custodisce, poiche' guarda (skopei) sopra (epi), e guardando sopra guarda anche oltre, avanti, pre-vede; ed in quanto sor-veglia cosi' sovra-intende e pertanto funge da guida, assume e gli viene riconosciuta responsabilita'.

Monsignor Raffaele Nogaro, vescovo cattolico di Caserta, e' oggi nel nostro paese una delle piu' nitide figure dell'impegno di pace e solidarieta'. In questi giorni di acuto dolore ha detto nel corso di un'omelia alcune elementari verita', variamente riportate dai mezzi d'informazione di massa, che ci pare di poter riassumere secondo il seguente ragionamento (e ci scusiamo se avessimo qualcosa frainteso o sovrainterpretato): che ogni vita umana e' preziosa, che il primo comandamento della convivenza umana (e, per chi crede in una realta' trascendente, della legge divina) e' "non uccidere", che la guerra consiste - come spiegava Gandhi - della commissione di omicidi di massa. E che quindi la pieta' dovuta a tutte le vittime, la misericordia dovuta a tutti gli esseri umani, deve tradursi nell'impegno contro tutte le uccisioni. E chi invece abominevole si serve dei cadaveri degli assassinati per incitare a perseverare nell'uccidere (con le guerre, con il terrorismo - le due cose nell'epoca segnata dagli orrori assoluti di Auschwitz e di Hiroshima sono ormai palesemente un'unica cosa) offende la memoria dei morti, e minaccia la vita dei vivi.

Ha quindi esortato, monsignor Nogaro, al cordoglio sincero e all'amore operoso; ad opporsi a tutte le uccisioni. Cosi' abbiamo inteso. I suoi sentimenti sono anche i nostri, il suo lutto e' il nostro, la sua esortazione e' la nostra.

*

In questi stessi giorni di acuto dolore gli stessi sciagurati messeri che prima hanno favoreggiato lo scatenamento della guerra terrorista e stragista, poi hanno addirittura illegalmente e criminalmente inviato tanti giovani italiani a prendervi parte, ancora non sazi del sangue versato affermano di voler gettare altre vite nella fornace, e lo affermano empi e bestiali dinanzi alle salme delle persone che hanno fatto morire.

E sempre i medesimi scellerati assassini in queste ore aggrediscono monsignor Nogaro, accusandolo di opporsi alla guerra come se opporsi alla guerra fosse un reato invece che un dovere cui ci chiama la legge fondamentale del nostro paese, e con essa e prima di essa quella legge non scritta ma incisa nella coscienza di ogni essere umano.

*

Quanto dolore, quanta tristezza, quanta tristizia.

Anche noi a monsignor Nogaro gratitudine e solidarieta' qui dichiariamo.

Ed ai recidivi assassini il nostro orrore, e la nostra radicale opposizione.

 

11. ALTRE STRAGI. UNO SCAMBIO DI LETTERE TRA BENITO D'IPPOLITO E DINO FRISULLO NELL'OTTOBRE 2000

 

[Nell'ottobre 2000 Benito D'Ippolito invio' ad alcuni amici il testo seguente; Dino Frisullo rispose con il testo che pubblichiamo di seguito. Entrambi i testi all'epoca ebbero qualche diffusione, ed entrambi abbiamo gia' pubblicato nel n. 27 del 23 ottobre 2000 del notiziario "Un uomo, un voto", che all'epoca redigevamo a sostegno della proposta del riconoscimento del diritto di voto alle elezioni amministrative per tutti i residenti, ma i governanti di allora erano anch'essi sordi.

Benito D'Ippolito e' uno dei principali collaboratori del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo.

Dino Frisullo, impegnato nel movimento antirazzista e per i diritti umani, per il suo impegno di solidarieta' con il popolo kurdo e' stato detenuto in Turchia. E' deceduto nel giugno 2003. Tra le opere di Dino Frisullo: L'utopia incarcerata, L'altritalia, Roma 1998; e' da poco uscito, postumo, un suo nuovo libro, Sherildan. Alcune testimonianze in ricordo di Dino Frisullo sono nel n. 577 del 10 giugno 2003 di questo foglio]

 

Benito D'Ippolito: litania dei morti in preghiera

 

Leggo sul giornale la notizia assente

lungo una strada una discarica abusiva

sulla discarica deposti, scaricati

morti asfissiati sei giovani migranti:

sei clandestini, leggo sul giornale

che aggiunge: il tir

partendo in fretta e furia

con una ruota ha calcato il capo spento

di uno dei morti, schiacciandolo

facendone scempio.

 

Vedo

la scena tutta: la strada, il grande camion

il cumulo maleodorante dei rifiuti

la fretta di sgravare a terra il carico

inerte, lo sguardo da lupo il fiato affannoso

le bestemmie masticate in gola

di chi scaglia tra i residui i residui

corpi. Vedo

il camion pesante macigno, il fumo

dei gas di scappamento, il crocchiare

orribile che non posso, non posso dire.

E vedo ancora

come sacchi quei corpi rotti

che attendono l'alba, il giorno, il passaggio

delle automobili, il sole

che alto si leva, il tempo

che passa e che fermenta, finche' viene

qualcuno e si ferma

ed e' tardi.

Poi vedo che arrivano uomini molti,

si fermano auto e furgoni, ed e' tardi.

Vengono le telecamere, le macchine

fotografiche, un momento ancora,

ancora un momento prima di gettare

un velo pietoso, il pubblico cannibale

vuole vedere il sangue, lo scempio.

Poi tutto si avvolge. Tutto torna nero.

Tutto resta nero, e nel nero un piu' cupo

nero che sembra quasi rosso. E un silenzio

tumescente.

 

Leggo il giornale, uno dei poveri

cristi ammazzati cosi' dalle leggi di Schengen e dalle mafie

transnazionali cui lo stato ha appaltato

il mercato del diritto a fuggire

dalla morte altra morte trovando,

leggo il giornale uno dei cristi poveri

stringeva ancora in mano una piccola, una piccola coroncina

da preghiera.

 

Mentre affogavano tra le balle di cotone

pregavano, pregavano i miseri clandestini.

 

Ascoltala tu la loro pia preghiera.

Ascoltala tu, che leggi queste righe.

Tu poni mano a far cessar la strage.

 

Ipocrita lettore, mio simile, mio frate.

Ascoltala tu la voce dei morti

e poni mano tu, poniamo mano insieme, a far cessar la strage.

 

*

 

Dino Frisullo: cronaca nera

 

Ali veniva, poniamo, da Zako.

Portava in tasca un pane di sesamo

comprato in fretta nel porto a Patrasso

profumo di casa

garanzia di vita

prima di calarsi nel buio del ventre del camion.

Ali aveva gia' visto l'Italia, poniamo.

Aveva l'odore dolciastro del porto di Bari l'Italia,

e il primo italiano che vide

vestiva la divisa di polizia di frontiera

e fu anche l'ultimo.

Respingeteli, disse,

Ali non capi' le parole ma lesse lo sguardo

guardo' a terra poi si volse

perche' un uomo non piange.

Ali veniva da Zako, poniamo,

e sapeva gia' usare il kalashnikov

ma di raffiche ne aveva abbastanza

e di agenti turchi irakeni americani arabi

e di kurdi che ammazzano kurdi

e di paura masticata amara con la fame

e dell'eco delle bombe

Qendaqur come Halabje

bombardieri turchi come gli aerei irakeni

gli stessi occhi sbarrati contro il cielo che uccide.

Ali, poniamo, aveva una ragazza

rimasta sola, la famiglia in Germania,

con lei aveva sognato l'Europa

con lei aveva cercato gli agenti turchi e turkmeni

e kurdi, maledizione, anche kurdi

per contrattare il passaggio della prima frontiera,

batteva forte il loro cuore al valico di Halil

divise verdeoliva

nel buio fasci di banconote stinte di tasca in tasca

e poi liberi

corre veloce l'autobus da Cizre verso Mardin

ogni mezzora un posto di blocco

divise verdeoliva banconote via libera

colonna di autobus veloce di notte tre notti

trenta posti di blocco

da Mardin fino a Istanbul,

e quella notte ad Aksaray nel piu' lurido degli alberghi

fra ubriachi che russano e scarafaggi

per la prima volta avevano fatto l'amore

e per l'ultima volta.

Sul comodino un vaso di fiori secchi stecchiti

lei gliene regalo' uno

come fosse una rosa di maggio.

Fu all'alba che vennero a prenderli

taxi scassati il cielo grigio del Bosforo

poi a piedi verso un'altra frontiera

in fila indiana nel fango in silenzio

fino alle ginocchia l'acqua del Meric

ha la pistola il mafioso, "piu' in fretta" sussurra,

di la' la Grecia l'Europa

e' calda la mano di Leyla

si chiamava Leyla, poniamo

era calda la mano di Leyla

prima che scoppiasse sott'acqua la mina

prima che i greci cominciassero a sparare

prima dell'inferno.

Un uomo non piange

ma il cuore di Ali galleggiava nell'acqua sporca del Meric

mentre si nascondeva nel canneto

perche' i greci non scherzano

e se ti consegnano ai turchi e' la fine

i maledetti verdeoliva che hanno intascato i tuoi soldi

ti fanno sputare sangue

nelle celle di frontiera.

In Grecia l'uomo si fa gatto

si fa topo ragno gazzella

a piedi di notte fino a Salonicco

un passaggio da Salonicco a Patrasso

giovani turisti abbronzati, poniamo

Ali ha la febbre batte i denti fa pena

rannicchiato sul sedile della Rover

e' bella la ragazza straniera

ma la sua Leyla era piu' bella

piu' profondi del mare i suoi occhi.

La Rover frena sul mare

di la' c'e' l'Europa davvero

gli ultimi soldi per il biglietto per Bari

Ali il mare non l'aveva mai visto

fa paura di notte il mare

ma un uomo non ha paura

e il cielo dal mare non e' poi diverso

dal cielo dei monti di Zako nelle notti chiare.

Fa piu' paura la polizia di frontiera

"ez kurd im"

"ma che vuoi, che lingua parli,

rispediteli a Patrasso, ne abbiamo abbastanza di curdi qui a Bari,

chiudeteli dentro, che non scendano a terra

senno' chiedono asilo..."

E' triste il cielo dal mare

come il cielo dei monti di Zako nelle notti scure.

E' duro esser kurdi

sperduti fra il cielo ed il mare

erano in dieci, poniamo

che quella notte a Patrasso contrattarono in fretta

seicento dollari a testa disse il camionista

seimila dollari quei dieci corpi

valgono quanto un carico intero

e il suo amico Huseyn pago' anche per lui

prima di coricarsi abbracciati

stretto il pane di sesamo in tasca

stretto in mano un fiore secco

in dieci stretti fra le balle di cotone

che ti prende alla gola

che ti toglie il respiro...

 

E' cronaca

"Morti soffocati a Foggia sei clandestini in un tir"

e' politica

"Piu' di mille clandestini respinti nel porto di Bari"

e' diplomazia

"Accordo con la Grecia sui rimpatri"

e' ipocrisia

"Roma chiede collaborazione ad Ankara"

e' propaganda

"Inasprite le pene contro i trafficanti"

e' nausea e' rabbia e' dolore

 

sotto le stelle di Zako mille Ali sognano l'Europa

in Europa sogneranno il ritorno

 

nella fredda nebbia di Colonia

Huseyn bussa a una porta

ha da consegnare una cattiva notizia

un fiore secco

e un pane di sesamo...

 

12. SCORIE

Esprimiamo tutta la nostra solidarieta' alla popolazione lucana in lotta.

La collocazione delle scorie radioattive non puo' essere decisa con un colpo

di mano di un governo sempre piu' incline a gesti rivelatori di un'ideologia

e una prassi autoritaria e golpista.

Noi che redigiamo questo foglio siamo di quelli che negli anni '70 ed '80 si

opposero al nucleare: fino ad ottenere, promuovendo e vincendo il referendum

dopo la catastrofe di Cernobyl, il blocco della follia atomica nel nostro

paese.

La lotta della popolazione lucana e' la nostra stessa lotta, ed e' la lotta

degli infiniti sud del mondo contro un modello di sviluppo e un sistema di

potere che fa scempio della natura, della democrazia, della dignita' umana

mettendo in pericolo l'unica terra che abbiamo e con essa l'umanita' intera.

 

13. QADDISH

 

Non mi sorprende, ma inorridisce si'.

La frettolosita' e la disattenzione con cui sono state archiviate le stragi di Istanbul nel sentire e nel dire del movimento che vuol essere per la pace. Come cose da nulla, quisquilie, bagatelle (bagatelle per un massacro: e' il titolo di un infame libello antisemita di Celine).

Non mi sorprende, ma inorridisce si'.

Ed e' un atteggiamento che rivela non solo il cinismo e il dereismo che ci corrodono (una conferma e' ad esempio nel fatto che un'autorevole voce lillipuziana - e da tanti anni un caro amico, i cui smarrimenti molto ci addolorano - gia' complice della sciagurata idea dell'assalto alla zona rossa di Genova, questo martedi' non abbia trovato di meglio che irridere la commozione sincera di tante persone per le vittime della strage di Nassiriya: si puo' trovare ipocrita ed ignobile la retorica del governo criminale che quelle persone ha mandato a morire, ma non la commozione sincera di un popolo che piangeva dei morti, e che va rispettata); rivela anche dell'altro: rivela come l'antisemitismo sia ancora tra noi.

Non mi sorprende, ma inorridisce si'.

Perche' questo fin esibito fastidio per le vittime, invece che orrore e condanna per chi le assassina, rivela a qual punto quell'ideologia disumana maculi e contagi e divori in guisa di cancrena il comune discorso, la koine', e con essa il comune sentire, delle culture e dei poteri egemoni nell'Europa reale (di cui tutti, in quanto privilegiati, in qualche misura compartecipiamo). E come questa egemonia della tradizione di pregiudizio e persecuzione antiebraica prima imperiale romana, poi cristiana, poi del razzismo scientista, poi del delirio annichilista, ancora permei, corrompa, imputridisca perfino aree e linguaggi e sentimenti della sinistra democratica e del movimento che vuol essere per la pace e la giustizia.

Non mi soprende, ma inorridisce si'.

E non mi sorprende, ma inorridisce si', che tante autorevoli voci della cultura democratica del nostro paese non siano capaci di esprimere dolore per le vittime della strage di Istanbul senza subito aggiungere una tirata contro la politica di Israele. E non si rendono conto che cosi' dimostrano di condividere la stessa infame logica dei terroristi di oggi e dei nazisti di sempre.

E non mi sorprende, ma inorridisce si', che trovandomi talora a far da relatore a incontri di solidarieta' col popolo palestinese - la cui causa e le cui speranze di liberta', pace e convivenza sono quelle di ognuno di noi -, e mentre gli amici e compagni palestinesi sono limpidi e luminosi nell'affermare il diritto alla vita e alla sicurezza della popolazione di Israele, il diritto all'esistenza dello stato di Israele, la distinzione tra le responsabilita' di un governo esso si' criminale e una popolazione duramente traumatizzata che ha diritto di vivere una vita serena e per quanto possibile felice, la condanna di ogni terrorismo, e la necessita' e la volonta' della convivenza di due popoli e due stati nel territorio della Palestina storica; a un certo punto immancabile si alza in piedi e prende la parola il militante italiano tutto d'un pezzo che si sente in dovere dall'alto del suo possesso dell'unica verita' di "spiegare come stanno davvero le cose", di smascherarmi come "oggettivamente complice dell'entita' sionista" nequizia delle nequizie, di riaffermare che quell'"entita'" non deve esistere, di spiegare come e qualmente con la vittoria dell'Armata rossa nella seconda guerra mondiale, o - a seconda della casacca che indossi - con la Chiesa sortita dal concilio vaticano secondo, l'antisemitismo sia con assoluta certezza finito e quindi il popolo di Abramo abbia l'indifferibile inesorabile dovere di "assimilarsi" alle culture altrui, ai poteri altrui sottomettersi introiettandoli fino alla negazione di se', e scomparire. Che e' lo stesso programma di annientamento che fu degli Autos da fe', che e' ne' piu' ne' meno che la sempiterna - quantunque cangiante nei paludamenti e nei mortiferi trovati - ideologia e pratica dell'antisemitismo: e quando gli ebrei rifiutano di suicidarsi allora i lager, allora il programma di "gettarli in mare" ed affogarli tutti, allora le bombe di Istanbul. Le bombe di Istanbul, le cui vittime innocenti abbiamo gia' dimenticato, e non e' passata neppure una settimana.

E non mi sorprende, ma inorridisce si'.

Almeno questo foglio, almeno noi persone amiche della nonviolenza, alla cui base c'e' la scelta del rispetto per la vita di tutti gli esseri umani, ci inchiniamo dinanzi alle vittime di Istanbul, ne serbiamo memoria, e proviamo un dolore che non si estingue.

Ed ancora una volta con le parole di Danilo Dolci diciamo: "Auschwitz sta figliando nel mondo. Non sentite l'odore del fumo?", e chiamiamo tutte le persone di volonta' buona, che si oppongono alla guerra e al terrorismo, che vogliono costruire un mondo possibile di pace e di giustizia, di solidarieta' e convivenza, ad opporsi all'antisemitismo, a far cessare infine la Shoah.

 

14. NONVIOLENZA GIURISCOSTITUENTE

 

C'e' un solo modo per fermare il terrorismo: ed e' la scelta della nonviolenza come principio istitutivo della civile convivenza fra tutti gli esseri umani, fondata sul rispetto per la vita e la dignita' di tutti gli esseri umani.

C'e' un solo modo per fermare le guerre: ed e' la scelta della nonviolenza come ripudio assoluto di tutte le uccisioni, le oppressioni, le umiliazioni; ripudio assoluto di tutte le armi e gli eserciti; ripudio assoluto di ogni violenza; rottura della complicita' con ogni menzogna, ingiustizia, sfruttamento, negazione dell'altro.

C'e' un solo modo per difendere la legalita' e la democrazia: ed e' la scelta della nonviolenza come assunzione di responsabilita' diretta, come fondamento delle relazioni sociali dal livello interpersonale a quello internazionale, come inveramento della regola delle regole che fondano la civilita' umana: la misericordia, la solidarieta', il riconoscimento della verita' cruciale di quell'"anthropos esti' zoon politikon": gli esseri umani possono vivere solo in societa', solo vicendevolmente aiutandosi: ognuno di noi lo sa, perche' ognuno di noi dalla nascita e per anni e' potuto sopravvivere solo perche' qualcuno si e' preso cura di noi.

*

Nella catastrofe in cui i poteri politici, economici ed ideologici dominanti stanno trascinando il mondo, la nonviolenza puo' e deve divenire non sono testimonianza e metodo, non solo tecnica e appello, non solo profezia e ricerca, ma scelta e movimento politico, e ormai decisivamente principio giuriscostituente.

Principio giuriscostituente: che istituisca legalita' adeguata e cogente, che inveri quanto gia' sovente dicono ma non riescono ancora a garantire le carte dei diritti, le tavole della legge sollecite del bene comune, i codici della convivenza civile. Occorre la scelta della nonviolenza, che essa si traduca in legge, che essa informi le regole scritte, oltre che quelle incise nell'animo di ogni essere umano come Antigone ci rivelo'.

In alcune parti del mondo si e' gia' cominciato a farlo: si veda l'esperienza luminosa della "Commissione per la verita' e la riconciliazione" in Sudafrica che ha dimostrato storicamente come la nonviolenza possa essere principio giuriscostituente fin nell'ambito decisivo del diritto penale, e nella necessita' ed urgenza di giudicare responsabilita' ed assumere provvedimenti in presenza dei crimini piu' efferati, quelli avvenuti nel regime dell'apartheid. In Sudafrica la nonviolenza giuriscostituente ha gia' vinto la prima grande lotta, per l'umanita' intera, e ci apre la via.

Oggi a noi sembra che questa lotta si sposti anche qui, in Europa: ed occorre che noi si sappia suscitare un movimento dei popoli e delle istituzioni che nella Costituzione europea scriva la nonviolenza come scelta cardinale che orienti sia la politica internazionale, sia quella interna, che detti le scelte amministrative di sicurezza e cooperazione, che difenda e promuova il diritto e i diritti secondo il principio del riconoscimento di tutti i diritti umani a tutti gli esseri umani.

Nonviolenza giuriscostituente: nella Costituzione europea, nell'Unione Europea.

Nonviolenza giuriscostituente: questo ci pare di aver colto come il punto piu' luminoso e aggettante della proposta promossa da Lidia Menapace per un'Europa neutrale e attiva, disarmata e smilitarizzata, solidale e nonviolenta, e dell'appello ad essa conseguente e di essa sviluppo elaborato nell'incontro di Verona dell'8 novembre che verra' presentato a Venezia l'8 dicembre.

*

Solo la scelta della nonviolenza puo' salvare l'umanita': con il rifiuto di ogni oppressione, con la lotta ad ogni oppressione; con il programma costruttivo della solidarieta', del riconoscimento di umanita'; con l'impegno a non nuocere e ad opporsi ad ogni nocumento, ad ogni lesione, ad ogni violenza e inganno: ahimsa; con la forza della verita', con la forza dell'amore che unisce, con il rispetto per la vita, con la ricerca e la vicinanza al vero e al buono: satyagraha. Il programma - politico, si' - di Giacomo Leopardi e di Virginia Woolf, di Simone Weil e di Mohandas Gandhi.

 

15. MOVIMENTI, ISTITUZIONI, NONVIOLENZA

 

A noi sembra che i movimenti di lotta per la liberazione e la solidarieta', i movimenti di resistenza alle ingiustizie e alle menzogne, i movimenti per la legalita' e la democrazia, i movimenti per la pace, l'ambiente e i diritti umani, si trovino a un bivio: o fanno la scelta teorica e pratica della nonviolenza, o resteranno subalterni, o complici, o corrotti, o peggio ancora riproduttori di violenza e menzogna.

Ma si trovano a un bivio anche le istituzioni, le istituzioni statali come quelle internazionali come quelle locali; ma anche le istituzioni culturali e religiose, di mutuo soccorso e di socializzazione, del territorio e delle affinita', le istituzioni che dovrebbero favorire l'incontro, il riconoscimento, la convivenza: o fanno la scelta teorica e pratica, giuridica e amministrativa, ermeneutica e metodologica, organizzativa ed operativa, della nonviolenza, o rischiano la dissoluzione sotto la spinta dell'individualismo di massa, dell'anomia organizzata, dell'eversione dall'alto, dell'appropriazione trangugiatrice ed annichilista, delle guerre e del terrorismo che tutto stanno divorando degli istituti civili che riescono a contagiare.

*

La nonviolenza e' gia' sentimento ed esigenza comuni a grandissima parte dell'umanita', umanita' che vede crescere una smisurata violenza che vieppiu' tutti opprime e minaccia finanche la distruzione dell'intera civilta' umana; umanita' che si rende conto che da violenza sgorga nuova violenza, da guerra guerra ulteriore, da terrore ancora e ancora terrore, in una spirale che tutto annienta. Umanita' che avverte un disperato bisogno di nonviolenza attiva in ogni genere e livello di relazioni.

E quindi la nonviolenza deve divenire coscienza e motore, percorso e proposta, non solo di un'etica personale ma anche dei movimenti di impegno civile e sociale. Quei movimenti che non fanno questa scelta si condannano, quand'anche vincessero, a un cupo degenerare in nuove strutture oppressive: e' la tragedia e la lezione di tante esperienze rivoluzionarie del Novecento. Ma nel Novecento vi sono stati anche grandissimi movimenti di lotta che hanno fatto la scelta - almeno prevalente - della nonviolenza: il movimento delle donne piu' di ogni altro nitido e luminoso, il movimento operaio, il movimento antirazzista, la Resistenza antifascista che in grandissima parte e' stata pura nonviolenza in atto, e cosi' la lotta contro i totalitarismi in varie aree del mondo.

*

Ma la nonviolenza e' gia' anche esigenza posta e obiettivo implicito - ma cogente, seppur non ancora del tutto a tutti visibile - delle carte costituzionali, dei codici giuridici e dei trattati internazionali nei loro punti piu' alti di affermazione della dignita' umana e di promozione della civile convivenza. La nonviolenza e' gia' anche principio giuriscostituente e criterio istitutivo di quello spazio politico che e' il proprium degli esseri umani come Hannah Arendt ha dimostrato con insuperata profondita' e finezza.

E quindi la nonviolenza deve divenire anche codificazione giuridica, base legislativa, cardine istituzionale, proposta amministrativa, precipuo elemento informatore dell'organizzazione della cosa pubblica e delle relazioni sociali e politiche, dei rapporti economici, dei negozi giuridici, degli ordinamenti oltre che dei costumi.

*

Non c'e' tempo da perdere.

E dunque e' compito delle persone amiche della nonviolenza, di questa convocazione ed esigenza comprese e portatrici, gia' persuase (per adottare quel forte e cosi' profondamente caratterizzato termine capitiniano), uscire dalla subalternita', ed assumere consapevolezza del valore di cui devono essere concreta espressione e nitida proposizione qui e adesso: devono proporre la nonviolenza in tutta la sua forza e ricchezza, senza timidezze e senza reticenze; devono proporre la nonviolenza come teoria-prassi che deve informare, illimpidire, inverare diritto e dignita', deve essere coscienza comune dei movimenti, pratica della critica della ragion pratica, progetto-processo politico e sociale, principio giuriscostituente.

Per un'umanita' di uomini e donne liberi ed eguali che sconfigga terrorismo e guerre, e salvi l'umanita' intera, l'umanita' di tutti.

 

16. DA VERONA A VENEZIA PER UN'EUROPA NEUTRALE E ATTIVA, DISARMATA E SMILITARIZZATA, SOLIDALE E NONVIOLENTA

 

La prossima tappa del percorso della proposta di Lidia Menapace e della "Convenzione permanente di donne contro le guerre" per un'Europa neutrale e attiva, disarmata e smilitarizzata, solidale e nonviolenta, dopo l'incontro di Verona dell'8 novembre da cui e' scaturito l'appello che abbiamo riportato nei giorni scorsi, sara' a Venezia l'8 dicembre: quando verra' presentata pubblicamente nella solenne cornice del terzo salone dell'editoria di pace promosso dalla Fondazione Venezia per la ricerca sulla pace, e diventera' "centro" (ancora un termine capitiniano) per la riflessione e l'azione dei movimenti per la pace non solo italiani ma di tutta Europa che all'appuntamento veneziano guardano con attenzione e che dall'appello di Verona, dalla proposta di Lidia, sono convocati al dialogo e all'iniziativa comune per affermare la nonviolenza come proposta giuriscostituente e fondativa per un'Europa che voglia essere soggetto di pace promotrice di pace con mezzi di pace.

A tutte e tutti appuntamento a Venezia...

 

17. IRAQ. QUID AGENDUM? ALCUNE PRIME RIFLESSIONI

 

La cessazione della guerra e dell'occupazione militare da parte delle potenze che la guerra terrorista e stragista e l'invasione e occupazione armata hanno condotto e stanno tuttora proseguendo, e' naturalmente condizione indispensabile per avviare una prospettiva di pace e democrazia in Iraq.

Solo il ritiro degli eserciti occupanti puo' dar luogo a un intervento dell'Onu che sia ad un tempo di supporto alle istituzioni pubbliche locali irachene nella ricostruzione di condizioni di sicurezza e vivibilita', e di promozione di procedure e istituti democratici, secondo i criteri del riconoscimento della sovranita' della popolazione irachena e del diritto di essa ad un congruo risarcimento per le devastazioni e gli orrori subiti dapprima da parte della dittatura lungamente sostenuta da quell'accolita di cannibali che eufemisticamente chiamiamo "comunita' internazionale", poi come conseguenza delle tre guerre scatenate in sequenza negli anni ottanta-novanta, poi con il decennio della strage genocida decisa e compiuta dall'Onu stessa con l'insensato scellerato embargo, poi con la guerra tuttora in corso.

In questa situazione e' necessario ed urgente sperimentare un intervento nonarmato e nonviolento: quello dei Corpi civili di pace come soggetti promotori e garanti di ricostruzione di sicurezza e fiducia, di riconciliazione e promozione dei diritti umani, di autentica azione di "peacebuilding". L'Unione Europea potrebbe e dovrebbe prendere l'iniziativa affinche' l'Onu - fatto un doveroso, esplicito, pubblico e credibile mea culpa per la sciagurata decisione del decennale embargo, e tornata a svolgere una funzione coerente con i fini sanciti nella sua Carta

fondamentale - promuova e coordini un intervento in tal senso, mettendo a dsposizione risorse materiali e attivando presenze umane nonarmate e nonviolente anche provenienti da altri paesi - ma necessariamente paesi non coinvolti nel conflitto - e costruendo una sinergia con le organizzazioni umanitarie gia' presenti nell'area o disponibili ad intervenire, le quali possono garantire un modus operandi qualificato ed efficace.

Decisivo naturalmente e' l'invio di aiuti umanitari in ingente quantita' e secondo il criterio di attivare forme di autoaiuto, partecipazione dal basso in forme democratiche, dialogiche e consiliari, le risorse locali della societa' civile e delle istituzioni di base; anche con la collaborazione di ong che possano garantire forme di controllo che le risorse messe a disposizione non divengano ulteriori strumenti di ricatto, o di estorsione del consenso, o peggio strumento di reclutamento per gruppi di potere.

Altrettanto decisivo e' il disarmo generalizzato, che puo' essere promosso solo con la persuasione e a condizione che si garantisca sicurezza ed aiuto: a tal fine alcune esperienze gia' fatte altrove costituiscono esempi significativi cui si puo' far riferimento, ma certo molto ci sara' da sperimentare, passando anche attraverso percorsi non semplici (ad esempio occorrera' valutare quanto, anche nella realta' irachena, esercito e polizia - che sono quelli del precedente regime, ma sono pur sempre nel contesto dato istituzioni nazionali e territorialmente distribuite - possano costituire, preliminarmente epurate dei settori direttamente macchiatisi di crimini e delle gerarchie complici della politica criminale della dittatura, istituzioni utilizzabili, e in quali luoghi e contesti e con quali funzioni; e quanto possano costituire embrioni istituzionali movimenti ed esperienze legate ad altre affiliazioni).

Sara' certo un percorso non breve e non facile, ma quel che adesso piu' conta e' la direzione che si prende: ed essa deve soddisfare riassuntivamente i seguenti requisiti:

- che cessi la guerra, e quindi l'occupazione militare che e' principale fattore belligeno;

- che si portino soccorsi urgenti e ingenti a tutte le vittime, quindi alla popolazione intera;

- che si garantiscano condizioni di sicurezza e vivibilita';

- che si ricostituisca un tessuto istituzionale e si promuovano forme e processi di dibattito pubblico, spazi civili di espressione politica;

- che a partire dalle istituzioni di base si promuovano e sostengano processualita' democratiche ancorate al criterio della sovranita' popolare e a quello della difesa e promozione dei diritti umani di tutti gli esseri umani;

- che si intervenga dispiegando le risorse e le prospettive che solo la nonviolenza organizzata puo' mettere a disposizione.

 

18. ANCORA QUATTRO NOTE SUL TERRORISMO

 

I. Il terrorismo, che consiste nel ridurre gli esseri umani a pietra poiche' ad essi toglie ogni liberta', e' un crimine assoluto; ma oltre che crimine assoluto, il terrorismo e' anche una forma di lotta armata, e quindi una tecnica militare; e uno strumento di potere politico, e quindi di controllo sociale. In quanto tale il terrorismo, crimine assoluto, e' stato usato dai soggetti piu' diversi nei contesti piu' svariati per le finalita' piu' varie. Chi pretende di semplificare cio' che non e' semplificabile compie un'operazione ideologica astratta, ed in concreto il terrorismo non contrasta.

*

II. Chi ammette che il fine giustifichi i mezzi, e che la conquista del potere possa essere un fine in se', ha gia' ammesso anche il terrorismo: ogni machiavellismo porta ad Auschwitz e a Hiroshima. Ma anche chiunque pensi di possedere la verita' assoluta e di doverla imporre con la violenza ad altri, ha gia' ammesso anche il terrorismo: ogni dogmatismo porta ai roghi degli eretici e ai processi di Mosca. Ma anche chi sostiene che la stessa legittima difesa non debba conoscere vincoli e proporzioni, ha gia' ammesso anche il terrorismo: e non c'e' terrorismo piu' feroce di quello che mena strage e di vite e diritti fa scempio pretendendo di legittimare i suoi atti terroristici con il definirli come "lotta contro il terrorismo", che e' il motto di tutte le dittature.

*

III. E' propria del terrorismo l'inversione linguistica enunciata dalle tre streghe di Macbeth e tematizzata da Orwell in 1984 con gli slogan esemplificativi della neolingua e del bispensiero. L'analisi del linguaggio e la verifica delle relazioni che intercorrono tra le parole e gli atti costituiscono il primo compito di chiunque al terrorismo voglia opporsi, e per potervisi opporre identificarlo deve sapere attraverso un'analisi adeguata.

*

IV. In quanto il terrorismo umilia, minaccia, aliena, vulnera, pietrifica, annienta gli esseri umani, ad esso occorre opporsi lottando per difendere ed affermare la dignita', la sicurezza, l'autenticita', l'incolumita', la vitalita', l'esistenza di tutti gli esseri umani. In quanto il terrorismo e' dispiegamento e magnificazione dell'uccidere e del reificare, ad esso occorre opporsi lottando contro tutte le uccisioni e tutte le riduzioni degli esseri umani a cosa, a strumento, a merce. In quanto il terrorismo e' la violenza oltre ogni limite, ad esso occorre opporsi lottando contro ogni violenza. Vi e' un solo modo di contrastare il terrorismo, ed e' la nonviolenza. Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

19. UN APPROCCIO COLONIALISTA

 

Circolano vari documenti elaborati in aree del movimento per la pace che nell'approccio alla situazione irachena riproducono, senza rendersene conto, un approccio colonialista, basato sul disprezzo per la popolazione irachena, anzi sul non ritenerla neppure un soggetto attivo della propria stessa vita.

E quindi si formulano proposte, talora confusamente arzigogolate oltreche' stucchevolmente ripetitive ed internamente contradittorie fino al grottesco, che del tutto prescindono dal fatto che in Iraq, piaccia o dispiaccia, gli iracheni ci sono, con una storia e una cultura (anzi, molte storie e molte culture) fin antichissime e straordinariamente complesse, e ogni intervento internazionale che non voglia essere assassino, rapinatore, imperialista, dovra' basarsi sul riconoscimento della loro esistenza come esseri umani e come popolo.

Finche' invece si continuera' a ragionare secondo schemi da strateghi in sedicesimo o ingegneri sociali da bar dello sport, e finche' si continuera' a considerare la popolazione irachena non come portatrice di cultura e titolare di diritti bensi' alla stregua di mandria da governare, non si sara' movimento per la pace, ma solo razzisti di complemento.

 

20. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

21. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 1243 del 13 aprile 2013

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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