Telegrammi. 1238



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 1238 dell'8 aprile 2013

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com

 

Sommario di questo numero:

1. Cessi la guerra in Afghanistan

2. La Resistenza di Dietrich Bonhoeffer

3. Damiano Damiani

4. Ravi Shankar

5. Giovanna Strich

6. Sergio Toppi

7. Segnalazioni librarie

8. Alcuni testi del mese di giugno 2003 (parte prima)

9. Il dialogo come accostamento all'altro e riconoscimento di umanita'

10. A cosa servono le armi

11. Come la morte

12. Due si' ai referendum

13. La guerra continua

14. Due volte si'

15. Nessun essere umano e' un clandestino

16. Da Assisi a Gubbio

17. In memoria di Giuseppe D'Urso

18. La "Carta" del Movimento Nonviolento

19. Per saperne di piu'

 

1. EDITORIALE. CESSI LA GUERRA IN AFGHANISTAN

 

Oltre un decennio di stragi. Un orrore infinito. E' la guerra afgana cui anche l'Italia illegalmente, criminalmente prende parte, in flagrante violazione dell'articolo 11 della Costituzione.

Oltre un decennio di stragi. Un orrore infinito. E nel gran chiacchiericcio della politica politicante non se ne parla neppure.

Oltre un decennio di stragi. Un orrore infinito. Ed occorre ancora una volta chiamare all'impegno per far cessare la guerra, per salvare le vite.

Cessi immediatamente la criminale partecipazione italiana alla guerra afgana che ogni giorno miete vittime innocenti.

E si adoperi finalmente l'Italia per la pace, la smilitarizzazione, il disarmo, e per recare aiuti umanitari con modalita' rigorosamente disarmate e nonviolente.

Lo chiediamo una volta di piu', dinanzi all'ennesima strage.

 

2. INCONTRI. LA RESISTENZA DI DIETRICH BONHOEFFER

 

Si e' svolto domenica 7 aprile 2013 a Viterbo presso il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" un incontro di studio e di riflessione in memoria di Dietrich Bonhoeffer, il martire antinazista di cui ricorrera' a giorni l'anniversario dell'uccisione, avvenuta appunto il 9 aprile 1945.

Nel corso dell'incontro sono stati letti e commentati alcuni testi del grande teologo e martire della Resistenza.

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Una breve notizia su Dietrich Bonhoeffer

Dietrich Bonhoeffer, nato a Breslavia nel 1906, pastore e teologo, fu ucciso dai nazisti il 9 aprile del 1945; non e' solo un eroe della Resistenza, e' uno dei pensatori fondamentali del Novecento.

Tra le opere di Dietrich Bonhoeffer: Resistenza e resa (lettere e scritti dal carcere), Paoline, Cinisello Balsamo (Mi) 1988; Etica, Bompiani, Milano 1969; presso la Queriniana di Brescia sono stati pubblicati molti degli scritti di Bonhoeffer (tra cui ovviamente anche Sanctorum Communio, Atto ed essere, Sequela, La vita comune); e' in corso presso la Queriniana l'edizione italiana dell'edizione critica delle opere di Bonhoeffer.

Tra le opere su Dietrich Bonhoeffer: Eberhard Bethge, Dietrich Bonhoeffer, amicizia e resistenza, Claudiana, Torino 1995; Italo Mancini, Bonhoeffer, Morcelliana, Brescia 1995; AA. VV., Rileggere Bonhoeffer, "Hermeneutica" 1996, Morcelliana, Brescia 1996; Giuseppe Ruggieri (a cura di), Dietrich Bonhoeffer, la fede concreta, Il Mulino, Bologna 1996; AA. VV., Dietrich Bonhoeffer: un pensiero per il futuro, "Testimonianze" n. 443-444, settembre-dicembre 2005; Eric Metaxas, Bonhoeffer. La vita del teologo che sfido' Hitler, Fazi, Roma 2012.

 

3. LUTTI. DAMIANO DAMIANI

 

Del cinema italiano di impegno civile Damiamo Damiani e' stato uno dei protagonisti.

Ha anche altri meriti la sua vasta filmografia; ma questo mi sembra imprescindibile.

 

4. LUTTI. RAVI SHANKAR

 

Dire Ravi Shankar e' dire l'incanto del sitar.

Era nato a Varanasi il 7 aprile 1920, e' deceduto a San Diego l'11 dicembre 2012.

Tese un arco tra India e America, e su quel ponte molte camminarono idee e persone.

Passati gli anni dell'appropriazione consumista, resta la musica grande, la musica vera.

 

5. LUTTI. GIOVANNA STRICH

 

E' deceduta in dicembre a Viterbo Giovanna Strich.

Era nata a Duesseldorf nel 1923, infanzia berlinese, la sua famiglia - di origine ebraica, la madre artista allieva di Oskar Kokoschka, il padre militante spartachista e poi quadro comunista - aveva abbandonato la Germania quando i nazisti presero il potere, e lei era cresciuta a Mosca, e ancora giovinetta aveva contribuito tra i partigiani e al fronte alla lotta dell'umanita' contro il nazifascismo. Fu poi docente di storia e tornata in Germania collaboro' all'edizione tedesca delle opere di Lenin. Sposo' un militante comunista viterbese, Assuero Ginebri, conosciuto a un incontro di delegazioni internazionali nella Ddr, e si trasferi' in Italia. A Viterbo fu autorevole dirigente politica e apprezzata pubblica amministratrice di grande rigore morale. Alcuni anni fa pubblico' un libro di memorie di considerevole valore.

Era persona di profonda cultura, di grande riserbo ed appassionata sincerita', di humour acuto e controllatissimo, di adamantina onesta'.

 

6. MEMORIA. SERGIO TOPPI

 

Il 21 agosto 2012 e' deceduto a Milano, dove era nato nel 1932, Sergio Toppi.

Artista e narratore per immagini, con Pratt, Battaglia, Crepax, e' stato uno degli autori maggiori di letteratura disegnata in Italia.

 

7. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Letture

- AA. VV., L'atlante di papa Francesco, "Limes", n. 3/2013, Gruppo Editoriale L'Espresso, Roma 2013, pp. 200 + 12 tavole fuori testo, euro 14.

- Jorge Mario Bergoglio, Papa Francesco. Il nuovo papa si racconta. Conversazione con Sergio Rubin e Francesca Ambrogetti, Salani-Rcs, Milano 2013, pp. 192, euro 12,90 (in supplemento al "Corriere della sera").

- Jorge Bergoglio, Abraham Skorka, Il cielo e la terra, Mondadori, Milano 2013, Gruppo Editoriale L'Espresso, Roma 2913, pp. VI + 218, euro 9,90 (in supplemento a "La Repubblica" e a "L'Espresso").

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Riletture

- Mario Dal Pra, Lo scetticismo greco, Bocca, Milano 1950, Laterza, Roma-Bari 1975, 2 voll. per pp. VI + 580.

- Mario Dal Pra, La dialettica in Marx, Laterza, Roma-Bari 1965, 1977, pp. XXII + 330.

 

8. MATERIALI. ALCUNI TESTI DEL MESE DI GIUGNO 2003 (PARTE PRIMA)

 

Riproponiamo qui alcuni testi apparsi sul nostro foglio nel mese di giugno 2003.

 

9. IL DIALOGO COME ACCOSTAMENTO ALL'ALTRO E RICONOSCIMENTO DI UMANITA'

[Questo articolo sul dialogo interreligioso e' stato scritto su invito degli amici dell'Aifo (Associazione italiana amici di Raoul Follereau) ed e' apparso sul n. 6 del giugno 2003 del mensile "Amici dei lebbrosi"]

 

1. Scegliamo la via difficile

Riflettere sul dialogo interculturale e specificamente su quello interreligioso (dialogo ma anche conflitto, incontro ma anche scontro, prossimita' ma anche alterita', comunione ma anche distanziamento, movimento di accostamento reciproco che non cancella le differenze ed anzi proprio sul riconoscimento di esse fonda la propria possibilita' di adeguazione) significa a un tempo interrogarsi sui propri convincimenti e porsi all'ascolto dell'altro, e non su questioni marginali, ma su cio' che piu' intimamente ci tocca: le convinzioni piu' profonde, le parole forti attraverso cui pensiamo e comunichiamo quel che sentiamo essenziale e costitutivo, le chiamate radicali, cio' per cui ne va della salvezza, ne va della verita', ne va del senso della propria vita e della riconoscibilita' del mondo.

Le differenze e le contraddizioni che si incontrano in questo ambito sono grandi, i conflitti non attenuabili e difficoltosamente mediabili; i tentativi eclettici o sincretici tanto piu' inammissibili quanto piu' si vuole rispettare l'altro e se stessi; le risposte scarse e incerte, le paure abissali, ineludibili le aporie.

Ma il dialogo e' la scelta necessaria: la sola alternativa umana al subire e all'infliggere la morte.

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2. Dal punto di vista della nonviolenza

Ma tutte le grandi tradizioni culturali, tutte le rilevanti esperienze religiose, tutte le forti proposte di pensiero e pratiche di convivenza hanno un tratto comune, alludono ad una medesima esigenza, significano una stessa realta': il consistere e l'esistere dell'umanita'; l'incontro di esseri umani; il senso e la speranza della vita umana, come condizione personale e come esperienza condivisa, comune appartenenza, orizzonte comune.

Ha scritto Mohandas Gandhi: "tutte le fedi costituiscono una rivelazione della Verita', ma tutte sono imperfette ed esposte all'errore" (Mohandas K. Gandhi, La forza della verita', vol. I, Sonda, Torino-Milano 1991, p. 480).

E' della nostra medesima umanita' che tutte le culture e le grandi tradizioni di pensiero religiose, filosofiche, ideologiche e linguistiche parlano, e questo dialogo essa medesima umanita' costituisce nella sua preziosa tessitura, e in verita' ed errore, in ricerca e apertura, nella persuasione e nel dubbio, in intimita' e condivisione, in latenza e compresenza.

Ed e' nel volto dell'altro, e nella nostra responsabilita' verso l'altro, che si fonda una morale all'altezza delle ultimative interrogazioni dell'epoca nostra: pensatrici e pensatori come Simone Weil, Hannah Arendt, Hans Jonas ed Emmanuel Levinas, come Franco Basaglia, e come Raimon Panikkar, Luce Irigaray e Vandana Shiva, ci hanno donato a tal fine straordinari strumenti conoscitivi, occasioni di riconoscimento: pensieri che sono ponti.

Per definire la sua proposta di liberazione e degnificazione umana Gandhi conio' il termine satyagraha, "forza della verita'"; Martin Luther King uso' la perfettamente equivalente espressione "forza dell'amore": e' di questo che stiamo parlando, su questo si fonda il dialogo, cosi' l'umanita' si oppone al nulla che la minaccia.

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3. Una riflessione di Severino Vardacampi

Alcuni mesi fa per iniziativa dei promotori dell'appello al dialogo cristiano-islamico (cfr. i materiali relativi nel sito della rivista "Il dialogo": www.ildialogo.org) si e' svolta una giornata di riflessione comune che ha coinvolto anche persone appartenenti ad altre tradizioni di pensiero, religiose e non; in occasione di essa il "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo proponeva una riflessione - anzi cinque - a firma di Severino Vardacampi che ci pare utile qui riproporre:

"I. Noi non credenti interpellati da Mose'

Le religioni ci convocano al sentimento della comune umanita', cosi' come anche le altre grandi tradizioni che, con una certa approssimazione, vengono

definite "laiche", e tra esse quella visione del mondo che viene chiamata "materialistica" ed alla quale persuaso da Lucrezio, Diderot e Leopardi io che qui parlo mi sento di dare il mio consentimento.

Anche chi come me non ha sentito o colto la chiamata ad una fede religiosa, e tra le sue molte e varie convinzioni ovvero credenze non ha quella in un Dio personale, sempre si e' sentito interrogato, convocato, coinvolto particolarmente dalla fede e dalla proposta di Mose', che incessantemente torna a dirmi e chiedermi qualcosa che sento ineffabile e necessario, qualcosa di ineludibile - che afferisce all'esistenza, che afferisce al linguaggio, che afferisce a ogni fibra dell'essere mio e del mondo -. Ed interrogato, convocato, coinvolto mi sento dunque anche da tutte le tre grandi religioni del Libro, come da altre.

L'ebraismo, il cristianesimo, l'islam, sono tradizioni che mi riguardano; ed ogni religione, in quanto asserzione ed evocazione e speranza di una "religio", di un legame tra gli esseri umani e tra essi ed il mondo, mi riguarda. Ci riguarda oserei dire tutte e tutti.

E cosi' in questa giornata del dialogo cristiano-islamico, intesa come convivio delle culture, convivenza dell'umanita' nelle sue diverse articolazioni culturali e nella sua sostanziale unita', sento di essere anch'io convocato all'incontro, al dialogo, che e' logos condiviso, e che e' sempre dialogo tra diversi ed affini che si riconoscono tali e riconoscendosi diversi si riconoscono anche un'umanita' comune: uguaglianza e diversita' in un sinolo che di ambedue gli elementi ha bisogno per essere autentico e non alienato, e non oppressivo, fraterno e sororale.

Ed insieme questo dialogo e' ascolto, ascolto dell'altro, e se e' ascolto sincero dell'altro esso e' quell'ascolto dell'altro che e' anche nel suo stesso darsi ascolto un farsi risposta, responsabilita': come ci hanno insegnato tra altre maestre e maestri grandi Simone Weil, Hannah Arendt, Emmanuel Levinas e Hans Jonas.

II. Noi figli delle figlie degli uomini (ovvero figli di Virginia Woolf)

Ed in questo dialogo, in questo incontro, in questo convivio, forte e alto c'e' il sentire la nostra comune umanita' di nati di donna.

E il nostro ascolto del discorso prezioso delle donne che a me maschio insegnano cose nuove e grandi, ed insieme "antiche come le montagne", e mi e ci convocano all'impegno di liberazione del nostro agire ma anche del nostro sentire e pensare (anche il sentire e pensare la metafisica, anche il sentire e pensare l'ontologia) dalle oppressive e violente e alienanti strutture concrete (storiche e politiche, sociali e culturali, ideologiche e mentali) dell'oppressione di genere; e dal cupo e feroce disconoscimento e denegazione della differenza sessuale, differenza sessuale che e' consustanziale al nostro essere esseri umani, e la cui rimozione e pretesa cancellazione ci dimidia e disquatra tutte e tutti, e' negazione di umanita' e brutale incrudire sull'altro e sull'altra ed infine ed insieme su se medesimi.

Nel convivio delle differenze la cultura delle donne, il pensiero della differenza sessuale, recano bella e splendente una ricchezza preziosa per tutte e per tutti.

Che questa giornata sia anche la giornata di questo incontro e di questa agnizione. Sia anche giornata di impegno a contrastare le strutture dell'oppressione patriarcale e maschilista che maculano e distorcono ancora fino al crimine e alla follia tante esperienze che pure alle tradizioni piu' alte dell'umanita' in cammino dichiarano di rifarsi in fedelta' e adempimento.

Questo impegno contro l'oppressione patriarcale e maschilista che in quanto maschio io stesso sento di recare entro me e di dover entro me stesso combattere, credo vada elaborato ed espresso ed agito nell'ordine sociale e fin in quello giuridico, ma anche e innanzitutto nell'ordine simbolico e del linguaggio, e non vi e' dubbio che nel nesso linguaggio-cultura, e linguaggio-scritture (ed esegesi) per quanto decisivamente afferisce alle religioni, si appalesi come per molti versi effettualmente il linguaggio sia quella "casa dell'essere" di cui diceva un pensatore che fu forse uno dei nascosti e grandi teologi laici del Novecento, e scrisse cose di gran lunga piu' elevate della sua rovinosa empirica condotta quando - per dirla con fratel Jacopone da Todi - giunse al paragone.

III. "E' meglio essere in due che uno solo" (Qohelet, 4, 9)

Qui di Giobbe e di Qohelet e del Cantico dei Cantici avrei voluto dire, ma bastera' questo: e' meglio essere in due che uno solo.

L'essere insieme, il convivere, e' la nostra scelta, il compito nostro, la via  e l'oasi.

IV. Sul digiuno come esistenza e come figura, come resistenza e come ripetizione

Disvela il digiuno il nostro consistere di esistenti, connotati dall'ex-sistere, l'essere-fuori, l'essere-esposti; ed il nostro consistere quindi di carenza e di scarsita', di assenza in presenza, di bisogno di cura.

Il digiuno e' testimonianza: interrogazione radicale e volto nudo, domanda d'aiuto che aiuta ad aiutare.

Ma dunque anche rivolgimento amoroso e suscitamente ed offerta del gesto soccorrevole (ugualmente soccorrevoli il chiedere e il dare, l'uno all'altro in circolo rinviando, insieme costruendo linguaggio e figura ed incontro e riconoscimento di umanita').

Figura altresi' del dono e del gratuito. Gesto che allude a un'umanita' fraterna e sororale, liberante e liberata: quella "internazionale futura umanita'" gia' compresente ogni volta che tu, proprio tu, compi l'azione giusta, fai la cosa buona.

Apertura e ricerca, condivisione.

E accostamento all'insegnamento che reca la nozione di processo chenotico, e apprensione meravigliata e meravigliosa di quanto narrato da quei concetti densissimi di shekhina' e di tzintzum.

Ma anche, e ancora: resistenza all'inumano, e dell'umano ripetizione: nuova richiesta, nuova esperienza, nuova restituzione, e speranza - e speranza contro speranza - ancora.

V. Shalom - Salaam

Che la pace sia su tutti: da tutte e tutti, a tutte e tutti e per tutte e tutti; quel tutti che, diceva Capitini, e' il plurale di tu.

Che la pace venga come benedizione ed opera, riposo ed agire, contemplazione e cammino, frutto e sogno, che adempie, convoca, e' via che apre vie alla nostra comune ricerca di senso e di felicita' condivisa.

La pace e' l'incontro.

L'incontro e' festa.

La festa e' riconoscimento di umanita'.

Ha scritto Umberto Saba, il poeta dal nome di nutrice e dalla poesia buona e fragrante come pane: "Esser uomo tra gli umani / io non so piu' dolce cosa".

In queste ore venendo dal digiuno, in queste ore muovendo verso la condivisione del pane frutto della benignita' della natura e del lavoro umano, a tutte e tutti giunga, sorelle e fratelli, un saluto di pace".

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4. Esseri umani

In uno dei suoi libri piu' belli (ma nessun libro potra' restituirci altro che una lontana eco della sua prorompente, luminosa, convocante, fabrile e quasi febbrile umanita') Ernesto Balducci cosi' concludeva il suo percepire, meditare e argomentare sui compiti dell'ora, sui compiti nostri: "Se invece noi decidiamo, spogliandoci di ogni costume di violenza, anche di quello divenuto struttura della mente, di morire al nostro passato e di andarci incontro l'un l'altro con le mani colme delle diverse eredita', per stringere tra noi un patto che bandisca ogni arma e stabilisca i modi della comunione creaturale, allora capiremo il senso del frammento che ora ci chiude nei suoi confini. E' questa la mia professione di fede, sotto le forme della speranza. Chi ancora si professa ateo, o marxista, o laico e ha bisogno di un cristiano per completare la serie delle rappresentanze sul proscenio della cultura, non mi cerchi. Io non sono che un uomo" (Ernesto Balducci, L'uomo planetario, Camunia, Brescia 1985, pp. 202-203).

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5. Alcune proposte per l'approfondimento

Indicare una bibliografia essenziale su temi cosi' vasti e densi e' impresa improba; proponiamo un percorso in appena quattro-cinque testi, ma e' ovvio che le alternative sarebbero infinite: sull'educazione interculturale cfr. ad esempio Francesco Susi (a cura di), Come si e' stretto il mondo, Armando, Roma 1999; una lettura comunque indispensabile e' a nostro avviso Virginia Woolf, Le tre ghinee (varie edizioni); un libro molto utile e molto bello e' quello di Fatema Mernissi, Islam e democrazia, Giunti, Firenze 2002; a nostro parere e' sempre di grande valore e pressoche' ineludibile - quale che sia il punto di vista del lettore - la riflessione di Ludwig Feuerbach, di cui si legga almeno L'essenza del cristianesimo e L'essenza della religione (disponibili in varie edizioni); di Martin Buber occorrerebbe leggere molte cose, una monografia pregevole sulla sua riflessione e la sua opera e' quella di Clara Levi Coen, Martin Buber, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1991; non si puo' non ricordare Guido Calogero, Filosofia del dialogo, Comunita', Milano, 1962, 1977; un autore di cui consiglieremmo la lettura di tutte le opere e' Primo Levi, Opere, 2 voll., Einaudi, Torino 1997.

 

10. A COSA SERVONO LE ARMI

 

Un Parlamento trasformato in un bivacco di manipoli ha votato una legge che rende piu' facile mettere armi a disposizione degli assassini.

Poiche' a questo e solo a questo servono le armi: a uccidere.

L'unica legge utile in questo ambito e' quella che ne proibisca in modo assoluto l'uso, il commercio, la produzione.

Lo diciamo ancora una volta: l'impegno per la pace richiede l'opposizione a tutte le armi e a tutti gli eserciti. Una politica per la pace deve essere rigorosamente disarmista e antimilitarista. Una legislazione intesa a promuovere la pace e il diritto alla vita dei popoli e delle persone deve abolire armi ed eserciti.

I ciarlatani che pensano di poter essere per la pace ed insieme per le armi sono complici degli assassini.

 

11. COME LA MORTE

 

Puntuale come la morte, la morte arriva. In una catena di lutti che non trova fine.

Penso ai miei amici palestinesi e ai miei amici israeliani, e penso anche ai miei amici italiani e di altri paesi ancora che stanno li' anch'essi, in Palestina ed in Israele, a condividere la sofferenza e la speranza, le ragioni della pace, della giustizia, della liberazione, della solidarieta', della dignita' umana, le ragioni del diritto di tutti gli esseri umani a vivere e convivere.

E non trovo parole per dire il dolore, l'umiliazione, l'annichilimento che provo, e questo sentimento di impotenza e di vergogna che mi toglie il respiro e la voce.

E a costo di parer ridicolo e stonato, e scipito e fin grottesco dinanzi a tanta tragedia, nulla di meglio riuscendo a fare almeno questo, almeno una volta, vorrei dire: la mia, la nostra vicinanza a tutti coloro che la', come ovunque, si  battono contro la morte, contro le uccisioni, per la dignita' umana di tutti.

E dando una mano a fare questo foglio che vorrebbe promuovere e documentare la nonviolenza in cammino, vorrei potermi illudere di contribuire cosi' un po' anch'io a contrastare la violenza, l'ingiustizia, l'orrore del mondo.

 

12. DUE SI' AI REFERENDUM

 

Esprimo un'opinione personale, e come spesso mi succede, un'opinione consapevole della sua parzialita', dell'esistenza di serie ragioni sia a favore che contro di essa. E l'opinione che esprimo e' che ai prossimi referendum votero' si', e votero' si' in una sorta di stato di necessita'.

Condivido molte obiezioni di metodo e di merito; talune grossolane menzogne, profonde ipocrisie ed irrazionalita' patenti della piu' urlata e meno meditata propaganda per il "si'" mi turbano ed irritano indicibilmente. Come mi turbano ed irritano indicibilmente tutti gli slogan autoritari e imbroglioni (e tutti gli atteggiamenti "senza se e senza ma" con relativo sbatter di tacchi; e tutte le chiamate in piazza d'armi; e le evoluzioni in ordine chiuso di tutti gli stenterelli che si reputano machiavelli e non si accorgono di rinforzare col loro speculare atteggiarsi i fascisti al potere).

E tuttavia votero' si'. Perche', per poco che valga, la mia opinione e' che tra il forte e il debole, tra l'oppressore e l'oppresso, tra la classe di chi sfrutta e aliena e ammala altrui e la classe di chi sfruttamento ed alienazione e male subisce, non si puo' avere esitazione su quale sia la parte giusta.

So che il referendum sugli elettrodotti ha un'incidenza limitata e neppur nitida, ma per quel poco che esso vale in difesa dell'ambiente e del diritto alla salute e delle generazioni future, merita chiaro un sostegno.

So che il referendum cosiddetto per l'estensione dell'articolo 18 alle piccole imprese e' largamente inefficace nel difendere i lavoratori dipendenti dalle forme vecchie e nuove di arbitrio ed abuso e ricatto, ma per quel poco che esso vale in difesa del diritto a non essere calpestato da chi sovrasta, merita persuaso un sostegno.

Votero' dunque si'. Continuando a dubitare.

Non amo questo frequente ricorso ai referendum, istituto giuridico cosi' rilevante e delicato che dovrebbe essere adito con estrema parsimonia e profondo rispetto: l'abuso di essi ha avuto un ruolo rilevante nel favorire derive plebiscitarie, illegalitarie, di abbrutimento di massa; nel promuovere una visione della politica che ritengo fortemente antidemocratica e manifestamente incivile; nel mutilare la partecipazione collettiva alla cosa pubblica e nel degradare la pubblica discussione a forme fittizie, balbuzienti, manipolate, quelle forme il cui trionfo ha ridotto anche il nostro paese alla merce' dei demagoghi di turno: i demagoghi razzisti, eversori, corrotti e criminali che siedono oggi al governo. Molte sono le cose che non apprezzo e su cui sono piu' che perplesso, contrariato; ma andro' a votare, a votare si'.

 

13. LA GUERRA CONTINUA

 

La guerra in Iraq, era ovvio ed e' evidente, continua. Come in Afghanistan, in Palestina e in Israele, e in tanti altri luoghi del mondo. Con furia che tutti uccide, che tutto distrugge, con furia onnicida.

Non si uscira' da questa tragedia se non con una scelta coraggiosa, la scelta della nonviolenza.

Non si impedira' la catastrofe dell'umanita' se non con una scelta intransigente, la scelta della nonviolenza.

E non si puo' piu' perdere tempo.

E la prima cosa da fare e' opporsi all'uccidere, a tutte le uccisioni. E quindi opporsi all'uso, al commercio e alla produzione di armi; opporsi agli eserciti tutti; opporsi a tutti i poteri criminali; opporsi a tutti i rapporti di ingiustizia che provocano schiavitu' e morte.

Sono cosi' tante le cose da fare, e tale e' l'urgenza, da restarne sgomenti.

Sgomenti, ma non annichiliti. E di questi nostri sentimenti di sgomento, di vergogna, di orrore, occorre fare altrettanti strumenti ermeneutici e omiletici, di resistenza e di costruzione, per non essere annientati. Per chiamare tutte e tutti alla lotta contro l'inumano.

Speranza contro speranza, tra queste macerie, con voce rotta di pianto, la nonviolenza e' in cammino. E' l'umanita' in cammino. E' il cammino da farsi.

 

14. DUE VOLTE SI'

 

Votero' si' al referendum che, in quanto vi e' di limpido e condivisibile nelle intenzioni dei promotori, cerca di difendere il diritto alla salute minacciato dall'imposizione degli elettrodotti.

Votero' si' al referendum che, in quanto vi e' di limpido e condivisibile nelle intenzioni dei promotori, cerca di difendere i diritti (mi sia consentito di dire: i diritti umani) dei lavoratori dipendenti delle piccole imprese.

Votero' si', in uno stato di costrizione che detesto.

 

15. NESSUN ESSERE UMANO E' UN CLANDESTINO

 

Per il fatto di venire al mondo, ogni essere umano acquisisce il diritto a vivere ed a cercare di migliorare le sue condizioni di esistenza.

Che esseri umani oppressi da violenze, guerre, fame, si spostino in cerca di un posto in cui vivere meglio, e' la cosa piu' naturale di questo mondo, ed e' un diritto che a nessuno puo' essere negato.

E cosi' non esistono clandestini, ma persone.

E cosi' se una cosa deve farci paura, e merita la nostra riprovazione, non sono le sorelle e i fratelli che ai fratelli e alle sorelle chiedono aiuto, avendone pieno diritto essendo noi tutti particole di una medesima umanita'; quello che ci e' di scandalo e vergogna e' che potenti razzisti e fascisti, ed i trattati hitleriani e le leggi leonine e antropofaghe da essi proditoriamente imposti, pretendano di negare l'altrui diritto a vivere.

 

16. DA ASSISI A GUBBIO

 

Nel settembre del 2000, nel ricordo di Aldo Capitini e con la parola d'ordine "mai piu' eserciti e guerre", si svolse una marcia da Perugia Assisi non genericamente per la pace, ma specificamente per la nonviolenza, promossa dal grande collaboratore e continuatore dell'opera di Aldo Capitini, Pietro Pinna. Contro ogni previsione, furono migliaia le persone che aderirono a quell'appello, a quell'iniziativa cosi' caratterizzata, cosi' impegnativa, cosi' illimpidita e liberata dalle mille ambiguita' e ciarlatanerie che ancora offuscano e soffocano le mozioni e le tensioni di tanti movimenti e tante esperienze e tante persone buone che si illudono di potersi impegnare per la pace e la giustizia senza fare la scelta concreta e vincolante della teoria-prassi nonviolenta.

Fu in quella occasione che nacque anche questo notiziario, dapprima col titolo "In cammino verso Assisi", poi, svoltasi la marcia, con la testata che ancora mantiene.

Quella camminata da Perugia ad Assisi ora continua, da Assisi a Gubbio.

Per iniziativa del Movimento Nonviolento ancora una volta tutte le persone amiche della nonviolenza sono chiamate a un nuovo incontro, a un nuovo cammino comune: dal 4 al 7 settembre 2003 da Assisi a Gubbio lungo il sentiero francescano in un nuovo colloquio corale, per mettere insieme il nostro andare e il nostro interrogarci, per conoscerci e riconoscerci, per proseguire in questo percorso e in questa scelta, il cammino della nonviolenza in cammino, la scelta della nonvioenza come scelta di rigore intellettuale e morale, come sentimento di appartenza a una sola comune umanita', come opposizione a tutte le violenze e a tutte le menzogne, come lotta e comunicazione, come resistenza e apertura. Per cercare ed aprire un varco nella storia...

 

17. IN MEMORIA DI GIUSEPPE D'URSO

[Il 16 giugno 1996 moriva Giuseppe D'Urso. Lo ricordiamo riproponendo una scheda curata dal "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo alcuni anni fa]

 

Con solidarieta' e gratitudine

Il primo dei testi che seguono e' un ricordo del professor Giuseppe D'Urso scritto da Riccardo Orioles, un ricordo che si trova nella bella raccolta di scritti di Riccardo Orioles, Allonsanfan. Storie di un'altra sinistra, disponibile nella rete telematica (e che sarebbe bene che qualche editore stampasse e diffondesse in libreria).

Non ho mai visto il professor D'Urso e non sono certo se ho parlato con lui per telefono qualche volta (ma mi pare di si').

Ma in anni che oggi sembrano remotissimi, ed invece non lo sono poi granche', tutti i miei amici del movimento antimafia di Catania e di Palermo quando dicevo loro che a Viterbo nella nostra azione contro i poteri criminali e il regime della corruzione venivamo individuando come strategico il ruolo della massoneria (e qui per creanza - o per prudenza - si suole apporre la qualifica di "deviata") nell'intreccio tra poteri criminali, economia, finanza, e corruzione politica ed amministrativa, mi parlavano di lui come del loro principale punto di riferimento, poiche' per primo il professor D'Urso aveva individuato la crucialita' del rapporto tra massoneria e mafia.

Rapporto, e decisivita', successivamente emersi con grande evidenza: cfr. ad esempio la "tesi 8" nel libro di Luciano Violante, Non e' la piovra. Dodici tesi sulle mafie italiane, Einaudi, Torino 1994, pp. 169-181; e varra' la pena di trascrivere qui almeno l'enunciazione di questa tesi: "Logge massoniche 'deviate' costituiscono il tramite piu' frequente e piu' sicuro nei rapporti tra mafia e istituzioni. Per mezzo di queste logge, in particolare, la mafia cerca di 'aggiustare' i processi che la riguardano. Esponenti delle logge massoniche, a loro volta, hanno chiesto in diverse occasioni la partecipazione di Cosa Nostra a vicende criminali ed eversive. Il terreno d'incontro tra la mafia e queste logge e' costituito dai comuni interessi antidemocratici".

Mi piacerebbe sapere, e non so, cosa il professor D'Urso abbia pubblicato, e se dopo la scomparsa i suoi scritti ed il suo archivio siano stati ordinati e se siano oggi a disposizione degli studiosi, delle istituzioni democratiche e dei militanti antimafia.

Tra le mie carte ho ritrovato solo, in un fascicolo del 1990 di una vivace rivista palermitana, uno schematico (ma interessantissimo) intervento svolto ad un'assemblea nazionale di Cgil, Cisl e Uil tenutasi a Palermo nel 1982, che anch'esso ripubblico qui anche se mi rendo ben conto che non gli rende giustizia.

Poiche' il professor D'Urso non e' stato solo uno studioso ed un sostenitore ed ispiratore del movimento antimafia: e' stato un protagonista della lotta, concreto ed efficace, e valga a provarlo ad esempio quanto ricordato nel bel libro di Claudio Fava, La mafia comanda a Catania, Laterza, Roma-Bari 1991, alle pp. 84-85: "il merito d'aver innescato il detonatore dell''affaire Catania' non va soltanto al Csm [il riferimento e' alla decisione del Consiglio Superiore della Magistratura del 28 ottobre 1982 di avviare un'indagine della propria commissione d'inchiesta sulla Procura di Catania] (...) Il professore Giuseppe D'Urso... un docente di urbanistica che per molti anni aveva continuato silenziosamente a raccogliere prove sulle irregolarita' amministrative, i misfatti edilizi, gli appalti pubblici pilotati. Per ogni abuso, il professor D'Urso aveva compilato un dossier completo di cifre, nomi, indicazioni di legge, estratti del Piano regolatore, fotocopie di delibere comunali. Quegli esposti, con incrollabile perseveranza, forse perfino con un filo di dolente ironia, erano stati puntualmente spediti all'autorita' giudiziaria. Che per molti anni aveva continuato ad inghiottirli in silenzio. L'ultimo fascicolo Giuseppe D'Urso aveva preferito invece farlo trovare sui banchi del Csm. Dentro, in bell'ordine, i promemoria del professore su tutte le inchieste insabbiate dalla Procura di Catania: le protezioni accordate, le illegalita' compiute, le indagini depistate. Ma soprattutto c'era il testo del telegramma che D'Urso aveva spedito 'per conoscenza' a ministri e presidenti di mezza Repubblica. La vertenza Catania di fatto era nata su quelle poche righe di denuncia civile, sull'intransigente ribellione di un cittadino qualsiasi".

Questo era il professor D'Urso. Non altro potendo oggi fare per rendergli omaggio, ne segnalo la figura. Con solidarieta' e gratitudine.

*

Riccardo Orioles: La ragione

Domenica 16, a Catania, e' morto il professor Giuseppe D'Urso e questa e' probabilmente l'unica pagina dell'unico giornale che lo ricordi. Tuttavia e' un avvenimento storico: 16 giugno 1996, muore Giuseppe D'Urso che sconfisse i mafiosi.

E' stato il primo, in tutta Italia, a dire cos'era veramente la mafia dei nostri tempi. Non un'escrescenza criminale, non una patologia; ma il braccio armato, organizzato da molti anni su basi ben precise, di una parte consistente della classe dirigente siciliana e nazionale, quella inquadrata - negli ultimi decenni - dalle massonerie deviate. Fu lui a postulare per primo, e a descrivere con precisione, il legame organico fra mafie e massonerie, ad analizzarne le strutture, a denunciarne la strategia.

Tutti gli altri, vennero dopo. E quando, faticosamente, il concetto di "massomafia" - il termine da lui coniato nei primi anni Ottanta - divenne senso comune, allora e solo allora la lotta ai poteri mafiosi pote' cominciare davvero. Andreotti, Licio Gelli, i cavalieri catanesi ebbero nel suo cervello il nemico piu' pericoloso.

Ci fu maestro, a noi dei "Siciliani". Nessun altro ebbe cosi' pienamente questo onore, eccetto Giuseppe Fava. Nel 1982, prima ancora - anche qui, l'unico - dei "Siciliani" egli gia' denunciava pubblicamente i cavalieri catanesi, i magistrati al loro servizio, le servitu', gli affari. Era allora presidente dell'Istituto Nazionale di Urbanistica e di questa prestigiosa posizione si valse - oltre che per una notevole attivita' scientifica - per una documentatissima battaglia civile. Nel gennaio dell'84, dopo l'assassinio di Giuseppe Fava, raccolse l'appello dei giovani e si arruolo' - non c'e' altra parola - nei "Siciliani". Da quel momento, la sua vita fu indissolubilmente legata alla nostra e la sua ragione e il suo cuore appartennero ai "Siciliani".

Nell'autunno del 1984 fondo' l'Associazione I Siciliani, di cui fu il Presidente. Piccolo gruppo di militanti, l'Associazione si radico' rapidamente ed acquisto' peso ed influenza; insieme col Coordinamento Antimafia di Palermo e col Centro Peppino Impastato, fu il primo esempio in assoluto di politica militante, nell'Italia degli anni Ottanta, fuori dei partiti. Oltre a D'Urso, l'Associazione pote' contare su uomini come il sacerdote Giuseppe Resca, il magistrato Scida', il professor Franco Cazzola, l'operaio Giampaolo Riatti ed altri ancora. Era la nuova classe dirigente, quella che avrebbe potuto davvero cambiare tutto; finche' essa fu unita, non passarono i gattopardi.

Nel 1990, il professore fu fra i ventiquattro fondatori della Rete, nata allora non come un partito ma come un movimento unitario di liberazione.

Egli ne organizzo' i primi passi dal letto in cui gia' era inchiodato, contribuendo come pochi altri alle sue prime vittorie. In seguito, le ambizioni personali vi presero - per sventura del Paese, come in tante altre occasioni - il sopravvento, e solo il coraggio individuale, che non fu mai tradito da alcun siciliano, sopravvisse agl'ideali con cui s'era partiti. Ma gia' allora, e non casualmente, egli ne era stato emarginato.

Gli ultimi anni, di lunga malattia, furono una feroce vendetta della Fortuna invidiosa. Egli la sopporto' virilmente, ragionando fino all'ultimo. Io ricordo una sera, quando una diagnosi dei medici gli dava poche settimane di vita. Mi avverti' pacatamente che non avrebbe potuto, non per sua colpa, far fronte ad alcuni impegni organizzativi predisposti. Me ne espose il motivo. Mi dette cortesemente alcune istruzioni per continuare in sua assenza. Il resto della serata fu speso in una conversazione su alcuni punti controversi del pensiero di Benedetto Croce.

"Addio, compagno! Per buon tempo hai combattuto, e con onore / Per la liberta' del popolo..." dice un antico canto rivoluzionario. Giuseppe D'Urso, ingegnere, pensatore illuminista e militante del popolo siciliano, ha combattuto come pochissimi altri per il bene comune. La sua vita e' stata utile, il suo pensiero fraterno; non ha sprecato un attimo della sua forte intelligenza; ha vissuto. I suoi figli possono essere orgogliosi di lui, e orgoglioso chi gli fu amico. Quando sarete liberi, voi della Sicilia e di tutt'Italia, quando sarete dei cittadini, allora - e solo allora - portategli un fiore.

[Questo testo e' incluso (col titolo La ragione, e recando in epigrafe "... la raison tonne en son cratere...") nel libro elettronico di Riccardo Orioles, Allonsanfan; l'autore indica come luogo di prima pubblicazione il settimanale "Avvenimenti", nel giugno 1996, ma non abbiamo avuto agio di verificare]

*

Giuseppe D'Urso: Per riprendere e continuare

La sezione siciliana dell'Istituto Nazionale di Urbanistica sottolinea la maturita' dei contenuti e l'approfondimento delle tematiche di tutti gli interventi di questa coraggiosa e democratica assemblea.

Per noi, urbanisti democratici, l'analisi degli assetti e delle trasformazioni del territorio costituisce uno strumento formidabile per comprendere, risalendo alle cause, interconnessioni occulte, intrecci speculativi e per conoscere gestori segreti.

Abbiamo fornito e forniamo alla Magistratura elementi precisi e puntuali sulle piu' grosse operazioni di rapina mafiosa nel territorio siciliano.

Al Sindacato democratico, unitariamente riunito oggi a Palermo, vogliamo invece fornire delle riflessioni, sotto forma di schede sintetiche, per contribuire a fare chiarezza sulle questioni generali dibattute in questa assemblea e cio' alla luce dell'esperenza fatta nelle nostre specifiche ricerche.

Le schede rappresentano tracce sistematiche di lavoro di ulteriore ricerca collettiva da svolgere.

Esse sono le seguenti:

Scheda 1

Necessita' di possedere una definizione complessiva, esaustiva e storicamente valida del fenomeno in generale etichettabile come: "alta criminalita' organizzata".

E' necessaria l'unificazione sistematica di fenomeni sociali come:

a) criminalita' economica organizzata; mafia (Sicilia), 'ndrangheta (Calabria), camorra (Campania), fibbia (Puglia); banditismo (Sardegna);

b) servizi segreti deviati: dell'est (Patto di Varsavia), dell'ovest (Patto Atlantico), del Terzo Mondo (Paesi non allineati);

c) criminalita' politica organizzata: terrorismo rosso, terrorismo nero;

d) poteri occulti laici: massoneria bianca ((Ovest-Est-Terzo Mondo), massoneria nera (nei Paesi dell'Ovest), massoneria rossa (nei Paesi dell'Est);

e) poteri occulti religiosi: cattolici (internazionali): Opus Dei, gesuiti laici, cavalieri di Malta; altre religioni (terzo mondo).

Anche se si rischia di allargare troppo il campo dell'indagine, questo e' uno sforzo che deve essere compiuto con l'aiuto degli intellettuali progressisti: il rischio inverso e' quello di tenere l'obiettivo puntato sopra un elemento troppo limitato rispetto al quadro generale.

Bisogna individuare l'intera figura della "piovra" e non solamente uno dei suoi innumerevoli tentacoli (il quale anche se asportato, col tempo si riforma cosi' come era).

Una definizione di "alta criminalita' organizzata" puo' essere la seguente: "Gruppo sociale chiuso che, nell'ambito di un sistema economico, articolandosi in una complessita' di sottogruppi, ha come fine l'accumulo e la gestione per i propri affiliati di ricchezze non lavorative: il 'gruppo' si avvale di strumentazione per la violenza fisica e l'intimidazione morale, lega i suoi appartenenti con regole di subordinazione e di morte ed ha un processo di adeguamento continuo a quello del sistema economico a cui si riferisce".

Scheda 2

Necessita' di possedere una visione storica del problema, cercando di intravedere i nessi tra storia della Sicilia, storia del Meridione d'Italia e storia d'Italia dall'Unita' alla fine della seconda guerra mondiale (conferenza di Yalta).

A questa scheda si allegano alcune fotocopie di testi ritenuti fondamentali per la comprensione di come alcuni fatti economico-sociali si sono tra loro intrecciati: tutto cio' per capire quali sono le interconnessioni del presente e quindi la limitazione delle analisi che focalizzano solo un aspetto della questione.

L'analisi storica deve mettere in luce quali sono stati i rapporti tra potere economico e potere istituzionale sia nelle campagne che nelle citta', sia al centro (Roma) che in periferia (settentrionale e meridionale) facendo risaltare come il tutto si e' evoluto fino ai nostri giorni (e cio' al di fuori di esasperati ideologismi).

Debbono individuarsi fatti, situazioni e nomi precisi in modo tale da comprendere in maniera puntuale i corsi e gli intecci degli avvenimenti economico-sociali.

Le tappe di questa analisi sono:

1) la situazione preunitaria;

2) l'Unita', Cavour e Garibaldi;

3) l'eta' giolittiana;

4) la prima guerra mondiale ed il primo dopoguerra (arricchimenti di guerra e loro impieghi);

5) avvento del fascismo: lotta alla mafia ed alla massoneria: il concordato;

6) secondo conflitto mondiale e sistema Yalta;

7) il secondo dopoguerra, ricostituzione di "cosche" e di "logge" e loro scala internazionale.

Scheda 3

Necessita' di possedere una chiara radiografia dello stato patrimoniale degli individui e dei gruppi che gestiscono oggi il sistema economico, il sistema istituzionale, il sistema dei mass-media, il sistema culturale.

Solo una analisi puntuale in questo senso puo' porre in luce i sotterranei rapporti che, mettendo in cortocircuito il potere economico, il potere politico (legislativo, esecutivo, giudiziario), il potere dell'informazione ed il potere culturale, bloccano di fatto lo sviluppo economico e democratico del popolo italiano a vantaggio di determinati gruppi chiusi di sfruttamento economico e di conseguente reazione politica.

I lavoratori italiani debbono farsi carico politico di analisi che, focalizzando comuni, province, regioni, organizzazione statale, mettano a nudo, attraverso l'indagine finanziario-catastale, le posizioni di tutti gli attuali detentori di potere.

Debbono farsi altresi' carico dell'introduzione di una strumentazione democratica che consenta per il futuro il controllo continuo su tutti i detentori di potere previsti dalla nostra carta costituzionale.

[Questo testo di Giuseppe D'Urso lo abbiamo ripreso da "Antimafia" n. 2 del 1990, che lo pubblicava (peraltro con vari refusi, alcuni dei quali ci saranno certamente sfuggiti) facendolo precedere dalla seguente nota: "Per 'riprendere' e 'continuare' tutti insieme. Le schede che pubblichiamo furono presentate e lette dal prof. Giuseppe D'Urso (allora presidente della sezione siciliana dell'Istituto Nazionale di Urbanistica) all'assemblea nazionale dei consigli generali e dei delegati Cgil, Cisl, Uil 'Per la democrazia, il lavoro, lo sviluppo: lotta alla criminalita' mafiosa e al terrorismo" che si tenne a Palermo il 15 e 16 ottobre 1982, dopo il delitto Dalla Chiesa. Tutti gli atti dei lavori vennero in seguito pubblicati: tra di essi pero' non vi era traccia delle schede presentate dall'Inu. Riproporle oggi ci pare atto dovuto, oltre che di pregnante attualita' di analisi metodologica"].

 

18. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

19. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 1238 dell'8 aprile 2013

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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