Minime. 762



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 762 del 17 marzo 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. La strage, le stragi
2. Giulio Vittorangeli: Il 21 marzo in ricordo delle vittime delle mafie
3. Alcune cose che occorre fare subito contro il razzismo
4. Alcuni estratti da "Migrazioni italiane" di Patrizia Audenino e Maddalena
Tirabassi
5. Brian Barry
6. Alfred Rupert Hall
7. Daniel Nagrin
8. James Purdy
9. Donald Westlake
10. La "Carta" del Movimento Nonviolento
11. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. LA STRAGE, LE STRAGI

Non fanno notizia le stragi in Afghanistan.
Le stragi della guerra terrorista e stragista alla quale le forze armate
italiane partecipano in violazione della legalita' costituzionale e del
diritto internazionale.
Non fanno notizia le innumerevoli vittime della cui mattanza anche il nostro
paese e' corresponsabile.
*
Tutti coloro (e non solo i prominenti, ma anche i loro piu' o meno rampanti
od ingenui seguaci) che con palese e fin grottesco quanto ambiguo
esibizionismo sbraitano e piangono lacrime di coccodrillo per le vittime di
guerre lontane rispetto alle quali il nostro agire di pace dal basso
dall'Italia puo' purtroppo ben poco in termini di influenza diretta (e
comunque ogni nostra per quanto piccina iniziativa di solidarieta' con
l'umanita' del piu' lontano dei luoghi e' benedetta), forse farebbero bene a
porsi il problema della propria effettuale, concreta complicita' con una
guerra che anche il nostro paese sta conducendo e contro la quale quindi la
nostra azione di pace sarebbe rilevante e fin decisiva. E necessaria. E
doverosa.
Ma la complicita' con la guerra afgana e' cosi' vasta (ed in particolare la
complicita' dei sedicenti pacifisti cosi' ben retribuita) che resta quasi
solo questo foglio a denunciare l'orrore di quella guerra, l'orrore della
totalitaria complicita' con essa dominante nel nostro paese, e l'infamia
della prostituzione delle gerarchie delle istituzioni ed organizzazioni
sedicenti pacifiste alla guerra cui l'Italia sta partecipando.
*
E non c'e' bisogno di aggiungere quanto sia evidente il legame tra la
partecipazione italiana alla guerra terrorista e stragista, imperialista e
razzista, mafiosa e totalitaria in Afghanistan, e il tentativo di imporre un
regime di apartheid nel nostro paese: la stessa logica presiede alla
partecipazione italiana a quella guerra scellerata come alla riapertura dei
campi di concentramento della legge Turco-Napolitano del '98, alla
partecipazione alla guerra dei Balcani nel '99 come all'attuale imposizione
del razzismo quale cardine della politica interna e delle relazioni
internazionali del governo eversivo berlusconiano.
*
Difendere i diritti umani di tutti gli esseri umani, opporsi alla guerra e
alle stragi di cui essa sempre e solo consiste, difendere la Costituzione
della Repubblica Italiana: e' la stessa lotta, e' lo stesso dovere morale e
civile.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

2. INIZIATIVE. GIULIO VITTORANGELI: IL 21 MARZO IN RICORDO DELLE VITTIME
DELLE MAFIE
[Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per
questo intervento]

La classe politica, quella che siede in Parlamento, salvo lodevoli e
rarissime eccezioni, non parla quasi mai di lotta alla criminalita'
organizzata. E raramente pronuncia l'espressione "lotta alla mafia". Eppure
dati recenti stimano che il business annuo della sola mafia italiana sia
pari al 15% del Prodotto interno lordo nazionale.
Non molti anni fa, don Luigi Ciotti esclamo': "Dopo certe sentenze, Capaci
sembra il luogo di un incidente automobilistico". Prima ancora avevamo
assistito alla famosa intervista "dimenticata" di Paolo Borsellino,
rilasciata il 21 maggio del 1992 (due giorni prima proprio della strage di
Capaci), al regista francese Jean Pier Moscardeu e al giornalista Fabrizio
Calvi...
Sull'intervista in questione, Rita Borsellino (sorella del giudice, e
vicepresidente di "Libera"), ha dichiarato, in una intervista a Rocco
Rossitto: "Sicuramente un fatto inquietante che delle persone su cui c'erano
gia' degli elementi su cui si stava indagando, non solo siano poi entrati
prepotentemente sulla scena politica nazionale, e questo e' un fatto che
inquieta, in quanto la speranza e' sempre quella di avere in quel campo
persone perfettamente limpide; ma inquieta molto di piu' che di questa
cassetta si erano perse le tracce e che solo grazie alla tenacia di un
giornalista e' stata ritrovata dopo otto anni".
Sappiamo che la lotta la mafia non e' fatta solo da martiri come Falcone e
Borsellino ma anche da tante persone comuni; per questo ci sembra
estremamente importante l'iniziativa promossa da Libera per il prossimo 21
marzo: "XIV giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime
delle mafie".
E' dal 1996 che si celebra col primo giorno di primavera questa giornata; e
quest'anno Libera ha scelto come territorio protagonista la Campania, dove
si svolgera' una tre giorni di incontri sul tema della lotta alle mafie.
Si inizia il 19 marzo a Casal di Principe per ricordare l'anniversario della
morte di don Peppino Diana. Si prosegue il 20 a Napoli, in Duomo, per far
incontrare i familiari delle vittime delle mafie. Si conclude il 21 sempre a
Napoli, in corteo per le vie del centro della citta' e al pomeriggio con dei
seminari. Come di consueto e' prevista la lettura lungo il percorso dei nomi
delle vittime delle mafie (circa 700) che corrispondono a volti spesso
dimenticati, vittime della criminalita' organizzata.
Non solo, l'iniziativa e' particolarmente rivolta alla scuole, attraverso
alcune modalita' di preparazione alla Giornata: dal terzo bando di concorso
nazionale svolto in collaborazione con il Ministero dell'Istruzione,
dell'Universita' e della Ricerca, rivolto agli studenti delle scuole
primarie e delle scuole secondarie, dove il tema scelto e' l'ambiente; alla
realizzazione di spot dedicati alla memoria di una vittima o delle vittime;
ad itinerari tra i temi della memoria, dell'impegno e della responsabilita';
fino alla richiesta a ogni gruppo partecipante di arrivare alla
manifestazione con un segno distintivo, come forma di rappresentazione, per
rendere il corteo colorato come un mosaico composto da tante tessere.
Il tutto sotto il titolo "L'etica libera la bellezza. Riscattare la
bellezza, liberarsi dalle mafie". Una vera boccata d'ossigeno in questa
Italia sempre piu' invivibile.

3. SE GIOVASSE RIPETERE LE COSE. ALCUNE COSE CHE OCCORRE FARE SUBITO CONTRO
IL RAZZISMO
[Riproponiamo ancora una volta il seguente appello]

Proponiamo che non solo le persone di volonta' buona, non solo i movimenti
democratici della societa' civile, ma anche e in primo luogo tutte le
istituzioni fedeli allo stato di diritto, alla legalita' costituzionale,
all'ordinamento giuridico democratico, si impegnino ora, ciascun soggetto
nell'ambito delle sue peculiari competenze cosi' come stabilite dalla legge,
al fine di contrastare l'eversione razzista che sta aggredendo il nostro
paese.
Ed indichiamo alle persone, ai movimenti ed alle istituzioni democratiche
alcune iniziative necessarie ed urgenti.
*
1. Respingere le proposte palesemente razziste, eversive ed incostituzionali
del cosiddetto "pacchetto sicurezza".
*
2. Adottare un programma costruttivo per la difesa e la promozione dei
diritti umani di tutti gli esseri umani:
a) provvidenze di accoglienza a livello locale, costruendo sicurezza per
tutte le persone nell'unico modo in cui sicurezza si costruisce: nella
solidarieta', nella legalita', nella responsabilita', nell'incontro,
nell'assistenza pubblica erogata erga omnes;
b) cooperazione internazionale: poiche' il fenomeno migratorio evidentemente
dipende dalla plurisecolare e tuttora persistente rapina delle risorse dei
paesi e dei popoli del sud del mondo da parte del nord, occorre restituire
il maltolto e cooperare per fare in modo che in nessuna parte del mondo si
muoia di fame e di stenti, che in nessuna parte del mondo vigano regimi
dittatoriali, che in nessuna parte del mondo la guerra devasti l'umanita',
che in nessuna parte del mondo i diritti umani siano flagrantemente,
massivamente, impunemente violati;
c) regolarizzazione di tutti i presenti nel territorio nazionale ed
interventi normativi ed operativi che favoriscano l'accesso legale nel
paese;
d) riconoscimento immediato del diritto di voto (elettorato attivo e
passivo) per tutti i residenti;
e) lotta alla schiavitu' ed ai poteri criminali locali e transnazionali che
la gestiscono e favoreggiano.
*
3. Aprire un secondo fronte di lotta per la legalita' e contro il razzismo,
con due obiettivi specifici:
a) dimissioni del governo golpista e nuove elezioni parlamentari;
b) messa fuorilegge dell'organizzazione razzista denominata Lega Nord.

4. LIBRI. ALCUNI ESTRATTI DA "MIGRAZIONI ITALIANE" DI PATRIZIA AUDENINO E
MADDALENA TIRABASSI
[Dal sito www.tecalibri.it riprendiamo i seguenti estratti dal libro di
Patrizia Audenino, Maddalena Tirabassi, Migrazioni italiane. Storia e storie
dall'Ancien regime a oggi, Bruno Mondadori, Milano 2008]

Indice del volume
Prefazione; 1. Due secoli di migrazioni preunitarie. Quale cronologia e
quale geografia? I protagonisti; Le migrazioni circolari; Italiani senza
Italia; 2. La grande migrazione. Il quadro europeo e la grande migrazione;
L'Italia al tempo della grande migrazione; Il quadro regionale; Le
istituzioni dell'emigrazione; Catene migratorie, reti sociali e famiglie
transnazionali; 3. Le destinazioni della grande emigrazione. Le migrazioni
continentali; I paesi del Mediterraneo; L'America Latina; Gli Stati Uniti;
Migrazioni e identita' nazionale; 4. Tra le due guerre. Il controllo
dell'emigrazione; Diversi modelli di integrazione; Gli Stati Uniti; Il
fascismo e gli italiani all'estero; 5. Le migrazioni politiche. La fuga dal
fascismo; La lotta contro il fascismo; La fuga del fascismo; Esuli e
profughi; 6. Le migrazioni della seconda meta' del Novecento. Il nuovo
quadro internazionale e le istituzioni; Le nuove migrazioni transoceaniche;
Le strade dell'Europa; Le migrazioni interne; 7. L'Italia nel quadro della
mobilita' internazionale contemporanea. Dalla scoperta dell'etnicita' alla
scoperta dell'emigrazione italiana; Il voto degli italiani all'estero;
Acquisizioni di cittadinanza e "migrazioni di ritorno"; L'immigrazione in
Italia; Le mobilita' nella seconda globalizzazione; Bibliografia;
Cronologia; Sitografia; Filmografia italiana sull'emigrazione; Indice dei
nomi.
*
Da pagina 1
1. Due secoli di migrazioni preunitarie
Quale cronologia e quale geografia?
Quando e' iniziata l'emigrazione italiana? A ogni risposta che si riesce a
dare e' possibile sempre replicare con un "nel..., ma gia' prima". La storia
dell'emigrazione italiana si dispiega su un periodo molto lungo: sicuramente
si puo' affermare che sia iniziata in eta' antecedente alla "grande
migrazione" di fine Ottocento e anche all'unificazione politica del paese.
Per ricostruire i percorsi e i protagonisti delle migrazioni della nostra
penisola occorre risalire in molti casi alla mobilita' mercantile e
artigianale, ma anche a quella girovaga dell'eta' moderna e anche medievale.
Non e' facile di conseguenza stabilire una data di inizio, dato che gia' nel
XIV secolo, oltre ai vivaci scambi di lavoro e mercantili all'interno della
penisola, la presenza di commercianti e artigiani originari di alcune citta'
italiane era frequente tanto nel Mediterraneo che in Europa settentrionale,
e la mancanza di un momento di trapasso preciso dai movimenti di Ancien
regime a quelli dell'eta' contemporanea fa risaltare gli aspetti di
continuita'.
Per rimediare a tale incertezza cronologica si adottano comunemente
scansioni temporali che, pur tenendo conto dei contesti politici ed
economici nei quali si sono collocati i fenomeni migratori, considerano che
le cesure, gli aspetti di continuita', e le innovazioni nei confronti della
mobilita' della popolazione, sono il risultato di processi solo in parte e
non sempre direttamente riconducibili alle storie politiche nazionali. La
prima cesura ormai comunemente accettata si colloca nel corso del
Cinquecento. In primo luogo, essa avvenne a causa delle importanti modifiche
che il secolo registro' nella dislocazione dei principali assi economici in
Europa e nella formazione di nuovi centri di produzione e di commercio
conseguenti al declino economico italiano. In secondo luogo, essa si
verifico' come conseguenza della formazione degli stati nazionali in Europa
e degli stati regionali in Italia; e, infine, per gli effetti della rottura
dell'unita' religiosa.
La seconda cesura si determino' nell'ultimo decennio del Settecento: si
tratta di un importante momento di svolta non solo per l'assetto politico
dell'intera Europa, ma anche per gli aspetti economici e sociali. A questi
anni, infatti, viene fatto risalire l'inizio di quei fenomeni di
disgregazione sociale ed economica delle campagne italiane e di espansione
del pauperismo rurale che, nei decenni successivi all'Unita', avrebbero dato
luogo a un progressivo incremento dei fenomeni migratori fino all'esplosione
delle partenze dei primi due decenni del Novecento.
Il momento dell'unificazione politica del paese scandisce una data
significativa anche per i movimenti migratori: innanzi tutto per i suoi
effetti sui confini, quindi per quelli piu' generali di unificazione del
mercato e di trasformazione della rete dei trasporti e di adozione di
politiche migratorie. Da quel momento l'emigrazione inizio' anche a essere
registrata, attraverso il controllo nell'emissione dei passaporti e
attraverso i censimenti, che si iniziarono a tenere a scadenza decennale,
entrando a far parte dei fenomeni di competenza del nuovo stato.
Nella storia dell'Italia unita si distinguono normalmente tre momenti
principali: quello che va dall'eta' liberale fino alla prima guerra
mondiale, che coincise anche largamente con la "grande migrazione", quello
fra le due guerre e un'ultima fase, dalla seconda meta' del Novecento fino
alla meta' degli anni Settanta, quando il ciclo plurisecolare dell'esodo
dalla penisola cedette il passo a una prevalenza degli arrivi sulle
partenze. In tale ripartizione, la principale cesura temporale coincide con
l'eta' dei conflitti mondiali, quando, dal 1915 al 1945, molti stati
adottarono politiche di regolamentazione, non solo per effetto delle guerre,
passando da un regime liberista a uno di controllo delle migrazioni sia in
uscita sia in entrata, ma anche per la volonta' di controllo totalitario
dello stato fascista. Nel trentennio successivo alla fine della seconda
guerra mondiale il paese ha assistito infine all'ultima significativa fase
delle partenze per l'estero e all'epocale spostamento di popolazione
all'interno del territorio italiano, fino a che, alla meta' degli anni
Settanta, si concluse il periodo piu' intenso delle partenze dall'Italia ma
non la storia delle comunita' italiane all'estero, vicenda che appartiene
anche al presente.
Anche la geografia degli spostamenti deve subire un analogo processo di
dilatazione, da un lato per la necessita' di prendere in considerazione
movimenti anche interni al territorio peninsulare - che solo a meta'
dell'Ottocento divenne un unico stato -, dall'altro per tentare di inseguire
almeno le piu' significative fra le innumerevoli destinazioni attivate al di
qua e al di la' delle Alpi e del mare. E' ormai diffuso al riguardo il
consenso sulla necessita' di tenere conto non solo dei movimenti migratori
di cosiddetto "lungo raggio", esterni alla penisola italiana o
transoceanici, ma anche di quelli interni, a causa delle secolare
frammentazione politica e territoriale dell'Italia.
Le stesse citta' italiane costituirono infatti, soprattutto a partire dal
Rinascimento, dei potentissimi magneti di attrazione: la costruzione della
Firenze rinascimentale e l'edificazione della capitale del Regno della
Chiesa furono il risultato del lavoro di artisti e artigiani richiamati da
tutto il paese, ma in particolare da alcune aree delle Alpi piemontesi e
lombarde, i cui abitanti si erano specializzati nei lavori dell'edilizia. Al
proposito non va dimenticato che molti spostamenti in alcune epoche
registrati come episodi di mobilita' interna divennero successivamente
emigrazione all'estero. E' il caso, per esempio, delle migrazioni stagionali
dei contadini e dei montanari piemontesi verso le localita' dell'entroterra
di Nizza, parte del Regno di Sardegna fino al 1859 ma divenute francesi dopo
quella data. Anche nell'austriaco Vorarlberg le migrazioni delle operaie
agricole stagionali in partenza dal Trentino, le cosiddette ciode, vennero
registrate fino alla prima guerra mondiale come spostamenti interni fra due
territori dell'Impero austro-ungarico. Ne' va dimenticato che quanti, in
partenza dalla Lombardia o dal Piemonte, si dirigevano a lavorare a Firenze,
nel Regno delle Due Sicilie o a Roma attraversavano molte frontiere e furono
emigranti all'estero nel primo caso fino al 1859, nel secondo fino al 1860,
nel terzo fino al 1870. La distinzione fra migrazione interne ed estere
subi' quindi numerosi mutamenti nel corso del tempo e solo per gli anni
successivi alla completa unificazione politica del paese puo' essere assunta
nel significato corrente, per subire tuttavia ancora nuove implicazioni
nella seconda meta' del Novecento, durante il processo di edificazione
dell'integrazione europea.
Quanto agli aspetti di continuita', essi sono ben presenti tanto nella lunga
tradizione di circolazione di popolazioni straniere nella parte sia insulare
sia peninsulare, quanto nella persistente compresenza di micromobilita' e
mobilita' migratorie di piu' lungo raggio. La rete degli spostamenti a lunga
distanza, che ha affiancato la mobilita' locale, puo' essere fatta risalire
all'eta' moderna e anche medievale. Fu allora che ragioni legate alle
possibilita' di guadagno, di valorizzazione delle competenze professionali e
di mestiere, fecero passare in second'ordine la lunghezza dei trasferimenti.
Poiche' le partenze si sono configurate come un investimento programmato,
risultato di strategie familiari condivise, esse sono anche state sorrette
dall'ambiente sociale della comunita' di origine, da cui si sono creati
percorsi consuetudinari che talvolta per secoli hanno collegato i luoghi di
partenza a quelli di arrivo.
A queste indispensabili precisazioni sugli ambiti cronologici e sugli
aspetti geografici va aggiunto un ulteriore dato di partenza: la secolare
presenza, fuori dei confini della penisola, di comunita' di lingua italiana,
sedimentate talvolta fin dall'eta' medievale e dell'espansione artistica
rinascimentale. Alle "colonie" genovesi e veneziane distribuite nelle
principali citta' greche e dell'Asia Minore, ma anche in altre parti
dell'Impero d'Oriente, costituite da mercanti, artigiani e banchieri,
facevano riscontro gli insediamenti, anch'essi mercantili, che a Londra e a
Parigi davano rispettivamente il nome a Lombard Street e a Rue de Lombards.
Le prime erano eredi di antiche comunita' genovesi e veneziane che risalgono
talvolta fino all'epoca delle crociate e all'esistenza di quartieri o anche
solo di strade che i mercanti delle due repubbliche marinare avevano
ottenuto come feudi nei principali centri commerciali dell'Impero ottomano.
I piu' noti di tali gruppi sono quelli nell'Egeo, a Salonicco, a Chio, a
Creta e, in Asia Minore, a Costantinopoli e a Smirne, per i quali gia' a
fine Ottocento si distingueva fra un nucleo immigrato di recente e quello
"indigeno o storico", discendente dagli insediamenti genovesi e veneziani
dell'epoca delle repubbliche marinare. Questi erano definiti come
"italolevantini" e - oltre che nel Levante propriamente detto - si potevano
rintracciare in Siria, in Palestina e in Egitto, fino all'estremo del
Marocco.
L'importante comunita' genovese e veneziana, che risiedeva dal XIV secolo a
Istanbul nel quartiere di Galata, sarebbe stata ben riconoscibile agli occhi
dei visitatori ancora alla fine del Seicento. Nell'Ottocento essa si sarebbe
arricchita di nuovi apporti dalla penisola, soprattutto di esuli politici,
ma anche di artigiani e tecnici dell'industria edilizia e cantieristica. Al
loro arrivo fece seguito il consueto corredo di attivita' commerciali e
alberghiere, nonche' di un certo numero di professionisti che mostra la
vitalita' e la composita stratificazione sociale di una "colonia" che si
arricchi' precocemente di istituzioni tese a riaffermare la fisionomia
nazionale. Gia' dall'inizio dell'Ottocento operava un ospedale italiano,
fondato dalla stessa casa Savoia, come riferiva un viaggiatore francese nel
1834; nel 1863 veniva inaugurata una scuola italiana, fra le prime del nuovo
regno, cui ne sarebbero seguite altre sette e un giardino d'infanzia. Quello
stesso anno nasceva anche una Societa' di mutuo soccorso che sarebbe
divenuta il simbolo della comunita' e nel 1888 veniva istituita una Societa'
di beneficenza. A questi gruppi andava sommato il contingente degli ebrei
sefarditi giunti da Livorno nel Settecento, i francos, spesso sotto la
protezione dei consoli francesi. Anch'essi pero' si aggiungevano a
insediamenti piu' antichi, risalenti a quanti, dopo la cacciata dalla
Spagna, si erano serviti dei privilegi concessi da Venezia e da Livorno per
aprire commerci con gli empori dell'Impero ottomano.
Inoltre, gia' nei primi decenni dopo la scoperta del Nuovo Mondo, erano
registrati, fra i primi europei cola' giunti, viaggiatori originari dei
possedimenti spagnoli in Italia: da Milano e da Napoli, ma anche da Genova,
dal Piemonte e dalla Sicilia.
*
Da pagina 21
2. La grande migrazione
Il quadro europeo e la grande migrazione
Nel corso dell'Ottocento l'emigrazione transoceanica si affermo' come prima
meta migratoria di molti europei. L'esodo di massa fu reso possibile dalla
rivoluzione dei trasporti. La navigazione a vapore, introdotta nel 1860,
ando' a sostituire quella a vela: dai 44 giorni di viaggio si passo' a 14,
con la conseguente riduzione del costo delle traversate. Gli Stati Uniti
accolsero il 70% di queste migrazioni, l'Argentina il 10%; seguivano
Australia, Canada e Brasile con un 5%. E' stato stimato che tra il 1820 e il
1924 circa 55 milioni di europei siano emigrati negli Stati Uniti. Le
migrazioni europee verso gli Stati Uniti ebbero un andamento ondulatorio:
nei primi tre decenni dell'Ottocento si assestarono sulle 50.000 persone;
ebbero un'impennata quando, con la fine della guerra civile nel 1865, venne
varato lo Homestead Act, che incentivava l'insediamento nei territori
dell'Ovest lungo la linea della frontiera. Cominciava cosi' il sogno
americano di avere la terra praticamente a titolo gratuito. Sogno destinato
a durare poco: gia' negli anni Ottanta la frontiera raggiunse il Pacifico e
non vi furono piu' terre libere nel Nuovo Mondo. Fecero a tempo a usufruire
di questa possibilita' i primi gruppi di emigrati europei: inglesi,
tedeschi, scandinavi. Gli italiani che arrivarono nei decenni successivi
dopo il 1880 risultarono quindi esclusi dalla spartizione della terra. Dalla
Gran Bretagna parti', fino alla prima guerra mondiale, il maggior numero di
emigranti, con l'Irlanda che vide, a causa della carestia del 1845, un
quinto della propria popolazione lasciare il paese alla volta dell'America.
L'esodo, iniziato dai paesi nord-europei, ai primi del Novecento era per due
terzi composto da popolazioni provenienti dall'Europa meridionale e
orientale. Quella che fu definita nuova immigrazione era costituita da una
varieta' di popolazioni provenienti dal bacino del Mediterraneo e
dell'Europa orientale: greci vittime dell'espansione turca, armeni
cattolici, ebrei russi in fuga dai primi pogrom, sudditi dell'Impero
austro-ungarico e italiani. Questa nuova emigrazione non partecipo' quindi
alla colonizzazione del paese, ma si distribui' prevalentemente nelle citta'
industriali della costa orientale degli Stati Uniti.
*
L'Italia al tempo della grande migrazione
La societa' italiana preunitaria, sia nella sua componente urbana sia in
quella rurale, non era una societa' immobile. Nei decenni successivi
all'unificazione, tuttavia, i movimenti migratori non solo si
intensificarono progressivamente, ma, coinvolgendo nuovi protagonisti e
aprendo anche per questi ultimi nuove rotte come quelle transoceaniche,
condussero a quella che si e' potuta definire come una riscoperta
dell'America. Assumendo spesso il carattere di esodo definitivo, anche se
non programmato fin dall'inizio, le partenze divennero inoltre sempre piu'
visibili e tali da costituire, agli occhi degli osservatori contemporanei,
un fenomeno epocale che venne percepito e descritto come "grande
migrazione". Questa trasformazione avvenne, inoltre, sotto lo sguardo
attento del nuovo stato, che fin dal suo secondo decennio di vita si doto'
di strumenti per registrare e controllare i movimenti di popolazione,
distinguendoli inizialmente in migrazioni temporanee e permanenti e, in una
fase successiva, in migrazioni europee e transoceaniche. Le mete del grande
esodo toccarono in eguale misura i paesi europei e quelli transoceanici.
*
Da pagina 166
L'immigrazione in Italia
Negli anni in cui il saldo migratorio italiano invertiva la tendenza (nel
1973 i rimpatri superarono per la prima volta gli espatri) iniziarono ad
arrivare in Italia i primi immigrati. Durante gli anni Settanta e fino
all'inizio degli anni Ottanta furono quattro i piu' importanti flussi
migratori: tunisini che si recarono in Sicilia dove trovarono lavoro come
braccianti nei settori della pesca e dell'agricoltura; le prime donne
immigrate filippine, eritree, capoverdiane, somale e latinoamericane che
andarono a fare le domestiche, specie nel Centronord; manovali edili
iugoslavi. In ultimo vi fu un flusso di rifugiati politici e di studenti
provenienti da altri paesi europei, come la Grecia, o asiatici e africani.
Nel 1996 i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini stranieri per la
prima volta superarono il milione (1.095.622), suddivisi tra comunitari
(13,9%) ed extracomunitari (86,1%). Nel 2007 la quota di immigrati sulla
popolazione italiana raggiunge il 5%, con un rapido incremento negli ultimi
tre anni, mentre in molti paesi europei si attesta fra il 7 e quasi il 10%.
Il caso svizzero e' quello che colpisce di piu', con il 21,4% della
popolazione di origine immigrata e la citta' di Ginevra che raggiunge il
30%. Per l'Italia si e' parlato di arcipelago migratorio poiche' l'arco
delle nazionalita' presenti nel paese e' straordinariamente ampio: al primo
posto si collocano le seguenti nazionalita': Albania (375.947), Marocco
(343.228), Romania (342.200), seguite da Cina, Ucraina, Filippine, Tunisia,
ma sono circa 130 le nazionalita' segnalate.
A distanza di un anno le cifre sono ulteriormente cresciute. Si stima che la
popolazione straniera oggi si aggiri sui 4 milioni, di cui circa 600.000
irregolari, anche se e' difficile tracciare un linea netta tra regolari e
irregolari, poiche' spesso l'irregolarita' ha costituito una tappa per
passare alla regolarita'.
L'inserimento nel mercato del lavoro e' avvenuto attraverso reti etniche che
ricordano le vecchie catene migratorie di mestiere. Esaminando i principali
settori di impiego, la maggioranza degli immigrati (60,9%) lavora nei
servizi, in genere nella fascia bassa: servizi alla persona, costruzioni,
commercio, trasporti, alberghi e ristoranti, ma anche informatica e servizi
alle imprese; il 35,2% e' occupato nell'industria; il 3,9% nell'agricoltura
e nella pesca. Le donne immigrate lavorano prevalentemente come
collaboratrici familiari e badanti.
Anche nelle migrazioni dell'epoca globale le seconde generazioni (2G)
vengono considerate uno snodo cruciale per la questione dell'integrazione
degli immigrati nelle societa' di insediamento. In Italia i bambini 2G si
apprestano a superare il milione se si considerano anche i figli di coppie
miste. Recentemente, la definizione sociologica per definire le seconde
generazioni e' stata raffinata dal sociologo Ruben G. Rumbaut: all'interno
della categoria 2G si hanno le generazioni frazionali, 1,75, 1,5, 1,25, che
stanno a indicare quelle composte dai minori stranieri giunti in Italia
rispettivamente tra 0 e 5 anni, tra 6 e 12 anni, e tra 13 e 17 alle quali
vanno aggiunti i figli di coppie miste. Questa distinzione e' ritenuta utile
quando si ha a che fare con immigrazioni recenti, come nel caso italiano, in
cui le seconde generazioni sono molto giovani. Si tratta di una popolazione
in rapidissima crescita: nel 1992 i nati in Italia sono stati 6.000, 51.000
nel 2005 e soltanto nel 2006 40.000 minorenni si sono ricongiunti con i
propri genitori. La sociologa Laura Zanfrini, constatando il difficile
inserimento degli immigrati nel mondo del lavoro, denuncia a questo
proposito i rischi della trasmissione intergenerazionale degli svantaggi
sociali, tramandata di padre in figlio: i figli non si sentono piu' ospiti
ma cittadini e le loro aspettative per il futuro sono migliori e piu'
ambiziose rispetto a quelle dei genitori che spesso si accontentavano di un
lavoro degradante o subalterno. Troppo spesso pero' queste legittime
ambizioni si scontrano con una discriminazione nel mondo del lavoro che si
manifesta nel reclutamento, nelle condizioni di lavoro e nei percorsi di
carriera, la downward assimilation dei sociologi statunitensi, indicando in
questo una delle sfide che la societa' italiana si trovera' presto a dover
affrontare.
Come avviene in ogni contesto migratorio, anche in Italia le prime
generazioni si differenziano dalle seconde nell'approccio alla cultura di
appartenenza. Mentre i genitori tendono a mantenere la cultura d'origine, i
giovani tendono a sviluppare una certa autonomia, rispetto sia alle
famiglie, sia alla societa' che li accoglie. Il desiderio di assimilazione
alle societa' di insediamento, presente secondo la teoria di Hansen nelle
seconde generazioni della grande emigrazione, in particolare nell'America
del Nord, non sembra funzionare in epoca di seconda globalizzazione. Le
opportunita' fornite dall'Information and Communication Technology (Ict),
dai viaggi low cost, dalla tv satellitare e da Internet consentono di
mantenere contatti continui con il proprio paese d'origine. Come sostiene
Robin Cohen, uno dei principali studiosi dei fenomeni delle diaspore, "in
epoca di globalizzazione i moderni mezzi di trasporto, comunicazione e di
trasmissione culturale fanno si' che il mantenimento di lingua [...] legami
familiari e rapporti commerciali e politici tra comunita' sparse in paesi
diversi sia facile come non e' mai stato". Se da una parte questo puo' far
diminuire i contrasti all'interno delle famiglie immigrate, dall'altra puo'
costituire un ostacolo all'integrazione. Un'eccezione puo' pero' essere
costituita dalle donne di seconda generazione provenienti da paesi in cui i
diritti delle donne, cosi' come si sono andati affermando nelle societa'
occidentali, non sono riconosciuti. In questo caso, come per le nostre
emigrate di un secolo fa, l'esperienza migratoria puo' costituire un primo
passo verso lo sviluppo di quei valori individuali indispensabili per la
conquista dei propri diritti. Probabilmente, la sfida che le societa' di
immigrazione si trovano ad affrontare oggi e' costituita dalla capacita' di
mediazione tra il rispetto delle culture diverse e l'affermazione dei valori
universali.
Un'altra questione, piu' a breve termine, riguarda la partecipazione degli
immigrati in Italia ai diritti di cittadinanza politica, sociale e civile,
secondo la classica teoria di Thomas Humphrey Marshall. L'esigenza di
garantire il diritto di voto a chi risiede e paga le tasse nel nostro paese
da anni, e la necessita' di facilitare i processi di naturalizzazione per i
figli dei migranti, nati e cresciuti nella penisola, sono oggetto di un
ampio dibattito. Le posizioni vanno dalle proposte di riduzione del periodo
di residenza di dieci anni previsto dalla legge, alla possibilita', per gli
immigrati con permesso di domicilio, di partecipare alle elezioni
amministrative.

5. LUTTI. BRIAN BARRY
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 13 marzo 2009 col titolo "Morto il
filosofo inglese Brian Barry, teorizzo' la giustizia come imparzialita'"]

Il filosofo inglese Brian Barry, uno dei massimi esponenti della "teoria
della giustizia", gia' direttore di "Ethics", la piu' importante rivista
internazionale di filosofia morale e politica, e' morto a Londra all'eta' di
settantatre anni. Insieme ai colleghi David Braybrooke, Richard E. Flathman,
Felix Oppenheim e Abraham Kaplan, Barry e' stato uno dei filosofi che ha
piu' contribuito a fondere la filosofia analitica con la scienza politica,
pubblicando contributi fondamentali sulla giustizia e l'egualitarismo. Sulla
scia di Isaiah Berlin, si e' occupato in particolare di teoria della
giustizia e pluralismo, scrivendo importanti saggi sulla giustizia come
imparzialita'. Tra i suoi libri piu' significativi, Teorie della giustizia
(tradotto dal Saggiatore nel 1996). Nel 2001, in Cultura e uguaglianza,
afferma che alla discriminazione non si puo' rimediare con altre
discriminazioni, e che l'unico rimedio e' l'eguaglianza liberale.

6. LUTTI. ALFRED RUPERT HALL
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 10 marzo 2009 col titolo "Addio a Alfred
Rupert Hall, grande storico della tecnologia"]

Lo storico della scienza e della tecnologia Alfred Rupert Hall e' morto ieri
a Oxford all'eta' di 88 anni. Fin dalla pubblicazione del suo primo libro,
La rivoluzione scientifica (Feltrinelli), Hall ha innovato l'indagine
storiografica quando si parla di ricerche sul mondo naturale tra il 1450 e
1750. Hall e' stato inoltre uno dei maggiori studiosi di Isaac Newton, su
cui ha scritto una importante biografia e numerosi saggi. Tra i suoi libri
figurano Storia della scienza (Il Mulino), Da Galileo a Newton (Feltrinelli)
e Filosofi in guerra. La polemica tra Newton e Leibniz (il Mulino). Hall e'
stato inoltre il direttore, insieme a Charles Singer, Eric John Holmyard e
Trevor William, della monumentale Storia della tecnologia (in italiano e'
stata pubblicata da Bollati Boringhieri). Come storico della tecnologia ha
collaborato anche alla Storia dell'economia di Cambridge.

7. LUTTI. DANIEL NAGRIN
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 4 gennaio 2009 col titolo "Danza. E'
morto Daniel Nagrin"]

Si e' spento venerdi' scorso a 91 anni in una casa di riposo di Tempe, in
Arizona, il ballerino e coreografo statunitense Daniel Nagrin, definito
dalla critica e dagli appassionati: "Il grande solista della danza
americana". Fra i maggiori rinnovatori della danza moderna Nagrin, nato a
New York nel 1918, fu allievo di Anna Sokolow e inizio' a prendere lezioni
di danza a Denishawn con la sua quasi coetanea (era nata l'anno prima)
Martha Graham. Nagrin ha saputo unire elementi del balletto tradizionale a
virtuosistici movimenti legati alla musica jazz. Proclamato dalla
prestigiosa rivista "Dance" il maggiore solista del balletto statunitense
del secondo dopoguerra, Nagrin si affermo' nel 1948 interpretando le
coreografie da lui stesso create come Strange Hero e Spanish Dance. Fu Sue
Ramos a introdurre il ballerino alla jazz dance, inizio' quindi a esibirsi
con la coreografa Helen Tamiris, che poi divenne la sua prima moglie. Con
Tamiris, Nagrin si esibi' frequentemente nel musical di Broadway, vincendo
nel 1955 il Donaldson Award (il precursore del Tony) per il musical Plain
and Fancy. Fu un trionfo, ma Nagrin preferi' defilarsi dallo show business
concentrandosi sull'insegnamento. Tra il 1960 e il 1965 la coppia fondo' la
Tamiris-Nagrin Dance Company, e nel 1968 il ballerino realizzo' uno dei suoi
capolavori, The Peloponnesian Wars, un solo coreografico in cui paragono' la
guerra del Vietnam al disastroso conflitto tra Atene e Sparta.

8. LUTTI. JAMES PURDY
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 14 marzo 2009 col titolo "Addio a James
Purdy, cane sciolto della letteratura statunitense"]

Considerato uno dei grandi "cani sciolti" della narrativa americana, lo
scrittore statunitense James Purdy e' morto ieri in un ospedale di
Englewood, nel New Jersey, a 85 anni (se si da' credito alla data di nascita
ufficiale, il 17 luglio 1923, confutata dal suo assistente John Uecker,
secondo cui Purdy nacque nel 1914). Definito "un autentico genio americano"
da Gore Vidal e "l'autore con il piu' alto grado di originalita' e forza
descrittiva in circolazione" da Dorothy Parker, Purdy ha scritto una ventina
di libri, fra cui Sono Elijah Thrush e La versione di Geremia. Amatissimo da
Giulio Einaudi, che pubblico' diversi suoi romanzi, Purdy piaceva anche a
Giangiacomo Feltrinelli, che tento' invano di strapparlo all'editore
torinese. In Italia e' stato riscoperto da Minimum fax che nel 2004 ha
pubblicato Malcolm e piu' di recente Il nipote.

9. LUTTI. DONALD WESTLAKE
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 3 gennaio 2009 col titolo "Addio a Donald
Westlake, ironico giallista"]

Una macchina da scrivere campeggia in molte foto di Donald Westlake, celebre
autore americano di gialli morto d'infarto a 75 anni a un veglione di
Capodanno in Messico, dove era in vacanza. Dettaglio importante, visto che
lo scrittore - attivo fino all'ultimo (il suo romanzo piu' recente, Get
Real, uscira' in aprile) - si e' sempre rifiutato di passare a strumenti
piu' moderni. Questo non ha ostacolato la vena di Westlake, che ha sfornato
con il suo nome o sotto pseudonimo piu' di cento libri e alcune
sceneggiature fra cui quella di Rischiose abitudini (1991) che gli valse la
candidatura all'Oscar. Ma per i lettori italiani che hanno imparato a
conoscerlo per i titoli usciti nei Gialli Mondadori, il suo nome resta
legato a uno stile inconfondibile, caratterizzato da dialoghi spumeggianti e
da una gustosa miscela di suspense e di senso dell'umorismo.

10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

11. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 762 del 17 marzo 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web:
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