Coi piedi per terra. 165



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COI PIEDI PER TERRA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 165 del 16 marzo 2009

In questo numero:
1. Fermare i vandali e gli avvelenatori
2. Alcuni estratti da "La bella zoologia" di Danilo Mainardi
3. Per contattare il comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo

1. INIZIATIVE. FERMARE I VANDALI E GLI AVVELENATORI

Domenica 15 marzo 2009 a Viterbo il "Centro di ricerca per la pace" ha
realizzato un'iniziativa di informazione dei cittadini in alcuni dei
quartieri che saranno piu' colpiti dall'eventuale realizzazione del nocivo e
distruttivo mega-aeroporto.
L'iniziativa e' consistita in un'ampia diffusione di materiale informativo e
in una approfondita interlocuzione con i cittadini, che hanno apprezzato
l'impegno a fare luce sulle gravissime conseguenze di un'opera illecita e
sconsiderata come il mega-aeroporto dei vandali e degli avvelenatori.
*
Il mega-aeroporto a Viterbo infatti avvelenerebbe la salute, metterebbe a
rischio la sicurezza e degraderebbe la qualita' della vita di tantissimi
cittadini.
Il mega-aeroporto a Viterbo devasterebbe preziosi ed insostituibili beni
ambientali, culturali, economici e sociali (tra cui l'area termale del
Bulicame che ne verrebbe totalmente scempiata).
Il mega-aeroporto a Viterbo e' del tutto fuorilegge, viola le normative
italiane ed europee, e' in contrasto col piano paesistico regionale, e le
procedure decisionali sin qui seguite sono state smascherate come
oscenamente errate e truffaldine.
Il mega-aeroporto a Viterbo costituirebbe uno scandaloso enorme sperpero di
soldi pubblici a tutto danno della popolazione.
Viterbo ha invece urgente bisogno di ferrovie efficienti, di tutela e
valorizzazione dei suoi beni ambientali e culturali, di sostegno alle sue
vocazioni produttive di qualita'.
*
E non solo il mega-aeroporto a Viterbo va contrastato come illegale e
insensato, velenoso e distruttivo, dannoso per il territorio e per i
cittadini; ma va anche immediatamente e drasticamente ridotto il trasporto
aereo tout court, se si vuole contrastare efficacemente l'effetto serra, la
principale catastrofe ambientale planetaria cui il trasporto aereo
contribuisce in ingente misura.
*
Ancora una volta tutti i cittadini raggiunti dall'iniziativa di informazione
e sensibilizzazione hanno espresso la volonta' di impegnarsi contro il
nocivo e distruttivo mega-aeroporto, in difesa della salute, dell'ambiente,
della democrazia, dei diritti di tutti.

2. LIBRI. ALCUNI ESTRATTI DA "LA BELLA ZOOLOGIA" DI DANILO MAINARDI
[Dal sito www.tecalibri.it riprendiamo i seguenti estratti dal libro di
Danilo Mainardi, La bella zoologia, Cairo, Milano, 2008]

Indice del volume
Per cominciare. Da Dante a Darwin: conoscere gli animali, bellezza e
utilita'; Prima parte. Gli animali sono intelligenti. Le falene anti
pipistrelli; Traditi dall'istinto: due storie esemplari; Canti in play-back;
La faccia dice tutto? Conflitto di interessi sessuali; Lo spinarello: ti
amo, poi ti odio... come nella canzone; Cure paterne; Il topolino che
riconosce i gradi di parentela; La riscoperta dei topi canterini; Colombi:
quante cose la vita scrive dentro; La volpe e la socializzazione secondaria;
Altri sensi altre menti; La mente raffinata degli animali che si fanno
scorte alimentari; Scimpanze' predatori culturali; Che bella mente
avrebbero, se mai l'avessero, il polpo e la seppia; Seconda parte. Storie e
ritratti. La lepre variabile e gli altri "bianchi d'inverno"; Due storie di
stambecchi; Gli elefanti; La foca monaca; I rinoceronti; I bufali; Del toro
solamente; I mustang; Il falco della regina; L'aquila di Riana e Casarola;
La premiata ditta F&F; Lo storione; Il pesce siluro; Terza parte. Evoluzione
e adattamenti. Piccoli dinosauri piumati; Ancora sui fossili: quelli di
Bolca; Stasi evolutive, gradualismo, saltazionismo, preadattamento e cosi'
via; Arvicole mono e poligamiche: a far la differenza basta un gene; Indizi
sull'origine della proboscide; Adattamento acustico all'ambiente urbano;
Anticipazioni rettiliane; Granchi e gabbiani in citta'; Giochi inattesi;
Origine ed evoluzione della comunicazione; Migratori adattati ai cambiamenti
climatici; Adattamenti estremi; La volpe ne sa tante, una il riccio,
importante; Il paradosso di Paradoxornis; Speciazioni fulminee; Quando le
esplosioni demografiche sono disadattanti; Quarta parte. Intorno all'uomo.
Che animale vorresti essere? L'uomo che parla con gli altri animali; Dal
cane agli estremofili: allearsi e' meglio; Cani e padroni; Quando l'uomo
imita la natura; La legge del branco; Cause prossime, cause remote; Le cure
parentali; Fare scuola; Seguendo s'impara; Siamo tutti un po' camaleontici;
Vacanze senza tv; Per Woody-Boris la natura e' un enorme ristorante; L'uomo,
il tartufo e il maiale; Dallo zoo al bioparco; La parola mancante; Zimbelli
da richiamo; Gli animali del presepe; Dove abita il mostro; Mamma umana di
un cucciolo di cane; Ringraziamenti.
*
Da pagina 11
Per cominciare. Da Dante a Darwin: conoscere gli animali, bellezza e
utilita'
Il bel verso con cui apro questo saggio, "chi dietro a li uccellin sua vita
perde", mi e' sempre piaciuto perche' descrive alla perfezione la categoria
umana cui per mia fortuna appartengo. E' infatti da quando ero bambino che,
per ricalcare la frase dantesca, perdutamente spendo vita, pensieri e
azioni, occupandomi di animali. Uccelli e non uccelli, professionalmente e
non professionalmente. E, lo confesso, amo anche molto, sicuramente per
affinita' elettive, frequentare chi, in un modo o nell'altro, la pensa (la
sente) come me.
E' pertanto a loro, in prima istanza, che si rivolge questo libro. Non mi
dispiacerebbe pero' fare anche un po' di proselitismo raggiungendo quelli
che, in linea di massima, gli animali li ignorano. Per loro, mi pare, e'
come se il mondo, nella sua complessita', fosse solo quello umano. Il che
non e' assolutamente vero e, oltretutto, non sanno quel che si perdono.
Credo cosi' di far loro un bel regalo, se mai vorranno leggermi, aprendogli
un po' gli occhi.
Convincendoli che esistono, oltre all'umana, altre vite e altre intelligenze
non solo ricche di fascino ma, per tanti e differenti motivi, di cui alcuni
anche pratici, meritevoli d'essere conosciute.
Sempre giocando con Dante ed estendendo un po' la citazione (che, per chi
non lo sapesse, apre il canto XXIII del Purgatorio), e' possibile fare
un'altra piccola simpatica scoperta. Leggete questa terzina, poi ne
parliamo:
Mentre che li occhi per la fronda verde
ficcava io si' come far suole
chi dietro a li uccellin sua vita perde...
L'avete notato? Queste poche bellissime righe descrivono, se concepite
nell'ottica attuale, la gente che, beata lei, e' solita praticare il
bird-watching.
Mi sembra quasi di vederli i miei amici della Lipu e del Wwf mentre, armati
di binocolo, scrutano nel folto di un bosco, nel chiaro di una laguna,
perfino nel cielo intorno al Pirellone di Milano o al veneziano campanile di
San Marco sperando di scoprire pellegrini veleggianti, svassi corteggianti,
ciuffolotti gorgheggianti. Tanta bella zoologia e' disseminata dovunque
intorno a noi, basta cercarla e la si trova.
Quella dei bird-watchers, a ogni modo, e' solo una delle tante categorie di
"curiosi di animali". Esistono, per dirne un'altra, quelli (i
whale-watchers) che vanno per mare alla ricerca di balene, capodogli e
delfini. Tutta gente che trae da questa attivita' godimento, conoscenza, non
raramente persino preziose informazioni scientifiche.
La multiforme categoria dei "watchers", infatti, puo' essere suddivisa non
solo per la qualita' sistematica degli animali osservati, ma anche per il
livello di professionalita' raggiunto. Eppure, e questo e' il bello, tutti
si divertono. I "watchers" sono tutti, percio', in questo senso dilettanti.
Alcuni pero' stanno, mentre si dilettano, anche seriamente lavorando. Sul
campo, come si suole dire, fanno studi e scoperte di carattere zoologico,
ecologico, etologico. Tanto per fare un esempio, le ritualizzazioni del
corteggiamento degli svassi, tra le prime studiate, e poi quelle, affrontate
comparativamente, delle differenti specie di anatre, hanno portato una luce
importante sui meccanismi evolutivi per cui un comportamento in origine non
comunicativo puo' trasformarsi in comunicazione. E di esempi cosi' ce ne
sono fin che si vuole.
La scienza va avanti anche perche' c'e' gente che si diverte a osservare
anatre e oche con il cannocchiale.
Sempre a proposito della ritualizzazione, penso a quella degli anatidi e ai
bellissimi disegni, cosi' perfettamente descrittivi, di Konrad Lorenz. Quasi
raccontasse, fotogramma dopo fotogramma, la pellicola d'un filmato
naturalistico. E, vi assicuro, Konrad si divertiva moltissimo sia a
osservare che a disegnare. D'altronde nessuno meglio di lui seppe spiegare
l'importanza degli aspetti ludici intesi come molla e complemento d'ogni
ricerca scientifica. C'e', al proposito, una sua eccellente testimonianza:
"La stretta parentela che esiste tra gioco e indagine scientifica non mi
venne mai cosi' chiaramente sotto gli occhi come in quella felice estate in
cui Niko Tinbergen era ad Altenberg e noi due giocavamo con quel
comportamento dell'oca selvatica consistente nel fare rotolare le uova -
comportamento sul quale scrivemmo poi un lavoro scientifico". L'estate,
fondamentale per la storia dell'etologia, era quella del '38 e il lavoro,
cioe' quel gioco con l'oca e con le uova, risulto' determinante per
sviluppare l'idea moderna di istinto.
Anch'io studio e, a modo mio, disegno animali. E quando lo faccio mi sento
bene. E mi diverto. Mi piace scoprire come la mia mano, tratteggiando in
modo decisamente non naturalistico, riesca ugualmente a evocare lo specifico
delle differenti entita' selvatiche oppure la personale identita' dei
singoli individui domestici. Quando ci riesce, naturalmente.
Insomma, cio' che con questo libro desidero spiegare e', semplicemente, che
la zoologia e' una disciplina bellissima, che tanto puo' regalarci sia di
conoscenza che di gioia di vivere. Che puo' liberamente spaziare dalla
cultura scientifica a quella umanistica. E dato che, in modo credo proprio
inconsueto almeno per uno zoologo, sono partito nientemeno che da Dante,
seguite questo mio piccolo consiglio: andate a leggervi, se vi incuriosisce,
soprattutto se vi interessa, l'uso allegorico che il Poeta faceva delle
varie specie ornitiche, il gradevole saggio di Valerio Zanone intitolato
L'ali alzate. Viaggio nell'ornitologia dantesca (Edizioni dell'Altana, Roma
2004).
E con Dante, ho finalmente terminato (ma sapete com'e' con le manie).
Torniamo dunque allo scopo che mi sono prefisso: questo saggio, proprio per
raccontarvi della bellezza e dell'utilita' della zoologia, vi proporra' un
florilegio di temi e di casi. Trattero' dell'istinto e dell'intelligenza,
raccontero' storie peculiari di singole specie, discutero' d'evoluzione e
adattamenti e, infine, del rapporto spesso sofferto della nostra specie con
le altre. Tutti argomenti, a mio parere, di grande rilevanza.
Mi resta infine da dire che, pur avendo suddiviso il libro in quattro parti,
fatalmente (lo scoprirete presto) tra esse non ci saranno confini veramente
netti, assoluti. In zoologia, infatti, tutto si lega, o meglio si collega.
Natura, si diceva una volta, non facit saltus, e cio' con buona pace dei
moderni saltazionisti che, pazienza, scandalizzati faranno un saltino in
piu'. Io, a ogni modo, credo che sia proprio cosi' come si diceva una volta.
Quanto ai saltazionisti, che probabilmente molti di voi non hanno mai
sentito nominare, scoprirete chi sono e cosa grosso modo pensano quando piu'
avanti parlero' di evoluzione.
*
Da pagina 38
Cure paterne
A proposito di cure paterne voglio prenderla davvero alla lontana. L'idea e'
quella, alla fine, di proporvi qualche considerazione sull'evoluzione
biologica e culturale della nostra e delle altre specie.
La parola da cui mi diverte partire e', pensate un po', nientemeno che
parthenos, che in greco significa vergine. Il Partenone, per la cronaca,
viene infatti giu' di li', essendo dedicato ad Athena parthenos. Dato pero'
che e' soprattutto la biologia che ci interessa, troviamo - stessa
etimologia, stessa partenza - la partenogenesi, fenomeno biologico
decisamente interessante. E' infatti una forma di riproduzione senza
contributo maschile. E' sufficiente, nel caso, la femmina, ed e' per questa
via che si riproducono parecchie specie di invertebrati, nonche' alcune di
pesci, anfibi e rettili. La prima conclusione, pertanto, potrebbe essere
questa: nella natura il maschio altro non e' che un optional, seppure di
successo. Niente di strano: con gli optional succede.
Vediamo, ora, di capire perche', seppure non sempre indispensabile, il
maschio tuttavia, nella storia della vita, ha avuto un cosi' notevole
successo. Il motivo, sostanzialmente, e' questo: tramite la sua fecondazione
l'informazione genetica, che in questo caso e' meta' di origine femminile e
meta' di origine maschile, si mescola e si combina in vario modo fabbricando
cosi' quella variabilita' tra gli individui indispensabile perche' la
selezione naturale possa agire presto e bene. E cio' facilita i processi
evolutivi e di adattamento.
Fin qui per quanto riguarda il successo maschile, ma parliamo ora, in modo
mirato, delle cure paterne che, ben lo sappiamo, possono esserci oppure no.
E, se ci sono, possono esprimersi con una casistica davvero variegata. Gia'
avrei potuto dirvi dello spinarello, che e' davvero un buon papa', ma
esistono maschi, come quello del cavalluccio marino, che fanno veramente
tutto loro, compresa perfino l'incubazione delle uova in un marsupio. E lo
chiamo cosi' perche' davvero ricorda la tasca che caratterizza le femmine
dei canguri. Si puo' pertanto assistere a una sorta di pseudo-parto
maschile, con tanti piccoli cavallucci che vengono espulsi tutti insieme. Le
femmine, invece, non hanno alcun ruolo parentale.
Ci sono poi i colombi e le tortore, che si suddividono ogni cura, perfino il
cosiddetto allattamento. I colombidi infatti, forse non tutti lo sanno,
producono nel gozzo una specie di colostro e allattano quasi fossero
mammiferi. Ed esistono specie, come gli sciacalli dalla gualdrappa e le
ghiandaie della Florida, in cui perfino gli zii scapoli danno una mano a
tirar su la prole. Per finire, dall'altra parte della barricata, con quei
maschi che, come il pavone, il leone marino e tantissimi altri, di parentale
non fanno proprio nulla.
Ebbene, cio' che e' fondamentale, per tutti questi casi, e' che ogni specie
abbia, precisa e collaudata, una sua regola. I colombi maschi allattano
mentre il gallo non fa assolutamente niente? Va bene cosi', per gli uni e
per gli altri, perche' evidentemente la gallina da sola ce la puo' fare ma
non la femmina di colombo. Ed e' percio' che ogni specie ha evoluto le cure
piu' appropriate che poi ogni individuo si trova scritte nel suo Dna. Cioe'
collaudate sul campo, generazione dopo generazione, dalla selezione
naturale.
E noi? Ebbene, per noi non e' la stessa cosa, perche' la nostra specie, nel
corso della sua storia evolutiva, ha via via sostituito gli istinti con
regole culturali, che degli istinti sono assai piu' labili e mutevoli. E
soprattutto assai meno collaudate. Ai tempi di Gian Burrasca il padre era un
castigamatti, poi c'e' stato il permissivismo, poi, addirittura,
l'assenteismo. Ora, a quanto pare, il padre cambia i pannolini e, se
l'allattamento e' artificiale, a modo suo, e cioe' col biberon, perfino
allatta. E domani chissa', perche' tutto puo' succedere. Non escluderei,
grazie a qualche trucchetto biotecnologico, nemmeno l'allattamento naturale
al seno.
Detto tutto cio' viene da pensare che, nella nostra specie, siano
culturalmente rappresentate le regole di tutte le altre. Dai padri assenti a
quelli sempre presenti, severi oppure teneri, gerarchizzati o paritetici. Il
fatto e' che l'evoluzione culturale corre sempre piu' in fretta e sperimenta
in ogni direzione. E noi, con la nostra vita comunque temporalmente
limitata, siamo sempre piu' affannati per tenerle dietro, interrogandoci di
volta in volta sul reale valore di quanto intanto stiamo facendo. Possibile
che non ce la facciamo a capire, una volta per tutte e definitivamente, come
e' meglio che vengano allevati i nostri figli?
*
Da pagina 75
Seconda storia. In un centro visite del Parco Nazionale del Gran Paradiso, a
Chanavey in Valle di Rhemes, si trova il corpo imbalsamato di uno stambecco
straordinario. Il suo nome e' Sultano. Era imponente, aveva grandi corna a
scimitarra, visse a lungo. Oltre a cio', altre qualita' lo dotarono d'un
fascino irresistibile, d'un carisma percepito da uomini e animali.
Puo' sembrare azzardato usare questa parola, carisma, per un animale, ma chi
l'ha conosciuto sa che e' cosi'. D'altronde Sultano sta diventando una
leggenda. Turisti e valligiani si recano ormai, sempre piu' numerosi, a
visitarlo. Un po' come successe - altri tempi - per Barry, il celeberrimo
cane di San Bernardo che salvo' la vita a tante persone e che dalla sua
morte e' esposto nel famoso ospizio a 2400 metri d'altezza lungo la strada
che va da Aosta a Martigny.
Sultano pero' fu un animale selvaggio ed elusivo, non compi' atti eroici nei
confronti della nostra specie. Se e' divenuto leggendario e' stato per
altri, piu' sottili motivi. E' indubbiamente una storia assai peculiare. Ci
si trova immersi nell'aria sottile dell'alta quota tra ghiaioni, nevi
perenni e cieli azzurri solcati dal volo dell'aquila, in compagnia di gente
e animali per i piu' inconsueti, preziosi. E quegli esseri, umani e non
umani, e' come se recitassero una commedia, o una tragedia, fuori dal tempo.
Sono gli uomini del parco, i valligiani, e poi animali: stambecchi, volpi,
camosci, marmotte, ma soprattutto lui, Sultano, perche' il perno del
racconto e' la storia della sua vita.
Molte sono le testimonianze e le immagini fotografiche. Gia' ammirare queste
ultime e' un piacere, ma e' la lettura delle testimonianze che meglio
rendiconta la sapienza di quegli speciali osservatori che, con parole
semplici, tracciarono un ritratto, per buona parte scientificamente
attendibile, del favoloso stambecco. Certo non erano etologi di professione,
ma cio' che scrissero trova una sorprendente corrispondenza con le
conoscenze effettive degli studiosi del comportamento animale.
L'esempio piu' bello e' la descrizione che del mitico animale fa Vittorio
Peracino, che fu ispettore sanitario del parco: "Sultano? Fiero. Energico.
Irruente. Deciso. Uno stambecco capolavoro. Durante la stagione degli amori
non aveva neppure bisogno di affrontare in duello i rivali. Li sconfiggeva
con il solo apparire. Intelligente? Il fatto di essere riuscito a sfiorare i
diciotto anni, guidando un branco, significa che sapeva operare delle
scelte: arrivare, per esempio, ai pascoli migliori nel momento piu'
opportuno".
Spiego perche' mi piace questa descrizione. Potrebbero sembrare parole che,
per eccesso d'ammirazione, lasciano spazio alla fantasia, ma non e' cosi'.
Tra gli stambecchi, infatti, esiste un fenomeno chiamato assessment,
autovalutazione. Si tratta di questo. Con l'esperienza ricavata dai numerosi
scontri aggressivi i maschi riescono a stimare quali sono gli individui che
possono battere e quali no, e cio' avviene attraverso la reciproca
valutazione delle dimensioni delle corna. Cosi', indirettamente e
progressivamente, ogni individuo comprende qual e' il suo potenziale
aggressivo e con cio' raggiunge una relativa consapevolezza di se', della
sua forza, di quello che rappresenta nell'ambito del gruppo. Se ci si
attarda a osservarli durante gli scontri, si scopre che questi mai hanno
luogo tra individui diversamente armati: basta uno sguardo e quello dalle
corna di minori dimensioni si ritira, risparmiandosi cosi' i traumi di una
sconfitta annunciata. Ecco allora che, grazie all'assessment, la frase: "li
sconfiggeva con il solo apparire" diviene comprensibile, accettabile.
C'e' poi il discorso riguardante l'eccezionale longevita', la capacita' di
guida, il sapere "operare delle scelte: arrivare, per esempio, ai pascoli
migliori nel momento piu' opportuno". Tutti fenomeni che l'etologia ha
studiato. Perche' certi animali sanno davvero prendere decisioni, utili per
la sopravvivenza, sulla base dell'esperienza e dell'intelligenza.
Parlare del carisma di Sultano non e' dunque un azzardo. L'aveva sicuramente
nel suo gruppo sociale. Cio' che puo' stupire e' che anche le guardie del
parco l'avessero pienamente percepito. Ma quelle guardie sono persone
particolari. La consuetudine all'osservazione, alla solitudine, ai tempi
lunghi che la montagna regala le ha infatti rese estremamente competenti e
sensibili ai fenomeni della natura, che sanno leggere raffinatamente.
Personaggio straordinario fu Provino Chabod, che per primo incontro'
Sultano, che gli diede il nome, che lo segui' per tutta la vita. Che, quando
giunse il momento della morte dell'animale, non ebbe il coraggio di esserne
testimone. E siccome la direzione del parco desiderava averne una
documentazione filmata, fu incaricato un suo giovane collega, Stefano
Borney. E' lui che ci racconta, e ci documenta, quel tragico ultimo giorno.
La silenziosa visita - forse l'estremo omaggio - d'alcuni stambecchi;
quella, altrettanto rispettosa, del suo pastore tedesco. "E non gli gira
attorno eccitato come fa quando s'imbatte in un animale selvatico. Non
abbaia, non annusa, non guarda". Gli si siede semplicemente accanto. Fin
dove arriva, negli animali, la consapevolezza della morte?
*
Da pagina 121
Evoluzione e adattamenti
"Una mattina ci siamo svegliati e l'evoluzione non c'era piu'. Non e' che vi
fosse stato, prima, un dibattito, una proposta, un avviso, una provocazione,
anche solo uno sberleffo: guardate che adesso togliamo Darwin dai programmi
delle scuole, il vecchio naturalista inglese barbuto ha i giorni contati.
No, nulla di tutto cio'. Abolito, punto. E qui comincia una rocambolesca
storia di provincialismo culturale".
Cose che succedono in Italia, e che Telmo Pievani racconta nel succoso
libretto In difesa di Darwin. Piccolo bestiaro dell'antievoluzionismo
all'italiana (Bompiani, Milano 2007) che, appunto, fa la cronaca di quando,
pochi anni fa, di punto in bianco la storia e la teoria dell'evoluzione
furono bandite dalle nostre scuole.
Una storia che ha dell'incredibile, e siccome anch'io rimasi di sasso e, per
dirla con parole civili, molto arrabbiato, cosi' scrissi, sul mensile
"Quark", la "lettera a un bambino" che qui riporto.
Caro bambino italiano che, in questi anni di grazia (si fa per dire),
frequenti le elementari o le medie inferiori, lo so che spesso leggi di
natura e di animali. Lo so perche' lo fanno anche i miei nipotini, che sono
come te. Come a te, a loro piace scoprire i fenomeni della natura.
Ti scrivo per parlarti di una tua passione: i dinosauri. Rettili immensi,
animali del passato. Conosci i nomi di molti di loro e sai certamente che
sono comparsi tanti milioni di anni fa quando gia' c'era tanta vita sulla
terra e che poi, dopo aver conquistato il mondo, si sono estinti. Prima di
loro esistevano altri rettili che erano i loro antenati. Da alcuni
dinosauri, forse sai pure questo, si sono originati i coccodrilli e gli
uccelli. Una fantastica storia evolutiva, forse la piu' affascinante.
Cio' che non sai, probabilmente, e' che da qualche anno i tuoi insegnanti
non saranno piu' obbligati a parlarti d'evoluzione anche se alcuni, almeno
lo spero, lo faranno ugualmente. Ebbene, l'esclusione, o quasi,
dell'insegnamento dell'evoluzione dai vostri programmi mi preoccupa e
cerchero' di spiegarti perche'.
Si parla molto, oggi, di problemi ambientali. Si desidera insegnarvi - cosa
giustissima - il rispetto della biodiversita', ma per far cio' e' essenziale
spiegare di cosa si tratta. Ebbene, penso che sia impossibile farlo senza
introdurre concetti evolutivi. Gli esseri che costituiscono la
biodiversita', infatti, vivendo insieme una generazione dopo l'altra per
tempi lunghissimi si sono evoluti insieme (il termine esatto e'
coevoluzione). Ti faccio un esempio: tanto piu' si raffina la strategia
predatoria di un predatore, tanto piu', e parallelamente, si raffina quella
antipredatoria delle sue prede. L'una, in altre parole, agisce
selettivamente sulle altre, e viceversa. Un esempio che ti incuriosira': i
pipistrelli rintracciano le loro prede usando una sorta di sonar. Sparano
fuori, cioe', ultrasuoni. Ecco, come contromisura certe falene hanno
evolutivamente acquisito, quando percepiscono queste onde ultrasonore, la
capacita' di lasciarsi cadere di colpo sul terreno, sfuggendo cosi' alla
predazione. Questo, vedi, significa biodiversita': organismi adattati l'uno
all'altro e che percio' vivono in uno stato di equilibrio in cui e' dannoso
intervenire. Come si fa, pero', a insegnare tutto cio' senza introdurre i
concetti base sull'evoluzione? E che dire quando si parla di comportamenti
maladattativi della nostra specie? Temo che, se si omette la spiegazione
evolutiva, non si possano produrre altro che insegnamenti vuoti di
spiegazione, insoddisfacenti. Solo penosamente moralistici.
Penso anche che sia impossibile, per lo stesso motivo, farvi capire qual e'
il posto dell'uomo nella natura; quali sono i rapporti di parentela che
abbiamo con le altre specie, ormai ben noti grazie agli studi sul Dna. E si
tratta di conoscenze assai informative (e pertanto formative) per spiegare
chi siamo e quali rapporti, anche da un punto di vista etico, sia opportuno
mantenere con i nostri affini, umani e non umani. In definitiva utili per
comprendere il significato della diversita', il suo grande valore e la
conseguente necessita' di rispettarla.
Il mio discorso (tutto concentrato in una letterina) forse ti e' risultato
un po' difficile. So pero' che, se ti fosse spiegato un po' piu' ampiamente,
soprattutto con alcuni dei tanti bellissimi esempi, come potrebbero fare i
tuoi insegnanti, ti sarebbe senz'altro chiaro. E tu saresti un bambino
diverso. Un bambino che sa con la ragione, non soltanto che crede.
*
Da pagina 135
Stasi evolutive, gradualismo, saltazionismo, preadattamento e cosi' via
Le tartarughine della Florida che vediamo nei negozi di animali sono tutte
bambine, allevate in fattorie per esportarle nel mondo consumista, che poi
le brucia come fossero cose. La stragrande maggioranza infatti non
raggiungera' mai la mole di mamma e papa': morra' assai prima, piano piano
come i rettili sanno fare cosi' bene. Saranno uccise, le piccole, le belle,
dai parassiti, dal freddo, dal cibo inadeguato, dall'incuria insomma, o
dall'ignoranza, di chi le ha comperate. Tra le residue, molte verrano poi,
per noia, lasciate libere in una natura che non e' la loro. E sara' un guaio
anche quello.
Una volta le catturavano con grandi retate in natura, poi, siccome la specie
ne risultava minacciata, hanno pensato di allevarle. Cosi' ora la specie e'
salva, e salvo insieme anche il commercio. Non si salvano invece quei poveri
individui condannati a una morte lenta, ne' l'educazione naturalistica di
chi, per ignoranza, li compra.
Potrei anche dirvi, sempre a proposito di tartarughe, delle immense
testuggini marine. Se, mentre siete immersi nell'acqua, le vedeste mentre
stanno nuotando, direste: volano. Volano pacate, determinate, automatiche
nel liquido azzurro come i grandi uccelli migratori fanno sopra di loro, nel
cielo. E anch'esse sono torturate e minacciate dall'uomo.
E potrei dirvi dell'altro e dell'altro ancora, ma c'e' una storia, una
storia evolutiva, che sovrasta tutto questo. Per me dire testudinati (le
tartarughe in genere) significa, infatti, soprattutto stasi evolutiva. Vuole
dire, piu' semplicemente, animali che hanno smesso di evolversi. Animali che
forse non sanno piu' adattarsi.
Dev'essere cosi'. I rettili erano, ragionando sui tempi geologici, comparsi
da poco quando s'e' andata sviluppando la "novita' evolutiva" di quella
cornea e ossea corazza. Una grande invenzione, avvenuta ben piu' di duecento
milioni di anni fa. Una volta rinchiusesi li' dentro, pero', le tartarughe
sono diventate conservatrici. Da allora, praticamente, non si sono mosse
piu'. Qualche passetto - e' vero - l'hanno anche fatto. Per esempio qualche
forma di fossile, tra le piu' antiche, aveva ancora i denti, che poi pian
piano sono andati persi, perche' le attuali hanno tutte una specie di becco.
Le tartarughe antiche, inoltre, non sapevano ritrarre la testa nella
corazza, mentre le attuali, incurvando il collo a S, lo sanno fare. Si
tratta, a ogni modo, di robetta, se si considera che nel frattempo si sono
evoluti gli altri rettili, gli uccelli, i primi mammiferi, e da questi
ultimi si sono originate forme cosi' diverse come i pipistrelli, le giraffe,
le balene, i primati, tanto per dirne alcune. Loro, intanto, tartarughe
erano e tartarughe sono rimaste.
E' questa la stasi evolutiva, anche se poi una stasi totale in realta' non
e' perche' qualche passetto, appunto, i testudinati l'han sempre fatto. E
questa cosiddetta stasi, probabilmente, nasconde una reale impossibilita' di
fare nuovi concreti passi avanti. Percio' le specie di tartarughe, dal
Triassico in cui sono comparse, vanno, come numero di specie,
progressivamente diminuendo. La loro specialita', il guscio, sui tempi
lunghi e' forse una trappola mortale. La loro stirpe un binario morto, per
l'evoluzione.
E' molto istruttiva questa storia evolutiva. A me ha insegnato, insieme a
tante altre, che l'evoluzione viaggia (se viaggia) con differenti velocita'.
Puo' andare cosi' adagio da sembrare ferma o correre moltissimo. Puo' avere
sbalzi, accelerate e repentine frenate. Perfino marce indietro. Dipende,
quasi sempre, dalle mutevoli pressioni della selezione naturale. Dipende,
qualche volta, da un nuovo utilizzo di qualcosa che gia' c'era ma che
serviva ad altro. Quasi fosse un'invenzione, come avvenne per la vescica
natatoria dei pesci che si trasformo' in polmone, spalancando davanti ai
vertebrati divenuti per cio' terrestri un nuovo mondo da conquistare.
L'evoluzione, che in definitiva e' un fenomeno unitario, ha pero' tante
facce, tante frecce al suo arco.
Ricordo che quando, negli anni Settanta, Niles Eldredge e Stephen Jay Gould
proposero il cosiddetto saltazionismo, rimasi perplesso. Sostenevano, i due
grandi paleontologi, che le piccole modificazioni graduali non portavano da
nessuna parte e che l'evoluzione non poteva realizzarsi con la gradualita'
ma soltanto con salti repentini. Esistevano, secondo loro, lunghi periodi di
equilibrio punteggiati da periodi brevi ma di grande cambiamento. Quanto
alla lunghezza, occorre intendersi, perche' per i paleontologi breve
significa magari mezzo milione di anni. Il che e' un tempo effettivamente
breve se lo si confronta con le centinaia di milioni di anni, i miliardi di
anni, con cui si misurano i tempi e gli eventi evolutivi.
I saltazionisti, pertanto, affermavano la necessita' di salti evolutivi per
il realizzarsi di eventi evolutivi di un certo rilievo e cio' innesco' una
guerra fratricida con i cosiddetti gradualisti. Questi, a loro volta,
seppero mostrare esempi consistenti ove il gradualismo davvero funzionava.
Il bello e' che nessuno dei due schieramenti si sogno' mai, per un bel po'
di tempo, che entrambi potessero avere ragione, come in effetti finalmente
compresero, perche' l'evoluzione puo' essere sia graduale che saltellante.
Gradualismo e saltazionismo altro non sono che due modalita' dello stesso
processo evolutivo perche', gratta gratta, sotto c'e' sempre lo stesso
meccanismo di mutazione-selezione-adattamenti che, in fin dei conti, Darwin
aveva gia' intuito all'inizio di tutto.
Ci voleva poi tanto a capirlo fin da subito? Il fatto e', temo, che agli
scienziati piace sempre moltissimo inventare nuove teorie, nuove spiegazioni
e, soprattutto, nuovi nomi possibilmente astrusi. E' cosi', oltretutto (ma
questa senza dubbio e' una malignita'), che si raggiunge la gloria. Se non
altro una bella visibilita'.
Sempre a proposito di nuovi nomi che, purtroppo, non spiegano niente di
nuovo, ho prima accennato alla vescica natatoria dei pesci che s'e' evoluta
nel polmone, o meglio nei polmoni, dei vertebrati terrestri. Una storia
evolutiva straordinaria che dimostra come un organo idrostatico, appunto la
vescica natatoria, possa trasformarsi in uno respiratorio. E tutto avviene
perche' alcune strutture preesistenti hanno reso possibile il cambiamento di
funzione. Concretamente: la vescica natatoria era gia', fin da subito, ben
vascolarizzata, ed e' da questa vascolarizzazione che ha potuto prendere
origine, in certi pesci, la nuova funzione. Insomma, prima un grande salto
(da vescica a polmone primitivo, quello degli anfibi), poi una serie minuta
di progressivi aggiustamenti, che si possono ammirare (il che e' qualcosa di
piu' del semplice vedere) studiando l'anatomia comparata a partire dai pesci
per arrivare ai mammiferi. Bene, queste strutture che, come la vescica
natatoria, possiedono al loro interno queste, chiamiamole cosi',
possibilita' evolutive basate sul cambiamento di funzione, da molto tempo
vengono chiamate (il mio ricordo va indietro almeno agli anni
Cinquanta-Sessanta) preadattamenti. Cio', intendiamoci bene, non in senso
finalistico, ma semplicemente per sottolineare l'esistenza di un "qualcosa
che potrebbe anche funzionare per fare qualcos'altro". Poi, un bel giorno,
ma questa e' storia piu' recente, assisto a una conferenza e sento parlare
di una scoperta nuova, denominata in inglese (in realta' in americano)
exaptation e faticosamente tradotta in italiano con il veramente orribile
exattamento, e ora eccovi la spiegazione letterale della cosiddetta nuova
scoperta: "Gli exattamenti (o exaptations) sono dunque quei caratteri nati
con una certa funzione e opportunisticamente cooptati per una funzione
diversa nel corso dell'evoluzione" (Gould, Vrba 1982; Vrba, Gould 1986).
Cioe': ne' piu' ne' meno che i vecchi e cari preadattamenti dell'altrettanto
vecchia, cara e purtroppo attualmente un po' troppo trascurata anatomia
comparata.
*
Da pagina 164
Adattamenti estremi
Chimico oppure fisico l'inquinamento, come e' noto, mette in crisi
l'ambiente. E' questo un dato di fatto cosi' risaputo e facilmente
comprensibile, a causa dei suoi effetti immediati, che raramente ci si
sofferma su cio' che sta dietro, in termini generali, al micidiale fenomeno.
Sarebbe invece utile, anche per motivi operativi, soffermarsi maggiormente
su un concetto che consentirebbe, se percepito nella sua generale validita',
una lettura scientificamente piu' corretta di ogni tipo di inquinamento.
Esiste infatti un aspetto che viene quasi sempre ignorato: il fattore tempo.
Si tratta di questo: a mettere in crisi la natura, in realta', non e' tanto
la qualita' del cambiamento indotto dall'inquinamento quanto, piuttosto, la
differente velocita' tra l'evoluzione culturale umana, che il cambiamento lo
induce con estrema rapidita', e la lentezza di quella biologica, che il
cambiamento e' costretta a subire.
Occorre, a questo punto, parlare di adattamenti. Ogni specie si e' adattata
all'ambiente in cui vive. Tanto per fare un esempio, la volpe artica, che
spende il suo tempo nel gelo, ha orecchie piccolissime, mentre quella del
Sahara, il fennec, vivendo in un clima caldissimo, le ha enormi. La grande
superficie di questi padiglioni auricolari ha infatti la funzione di
disperdere l'eccesso di calore.
Esiste un caso, quello delle specie dette "estremofile", che puo' offrirci
la migliore esemplificazione dell'importante concetto. Queste specie,
infatti, evidenziano che, in realta', non esistono sul nostro pianeta zone
che risultino, per le loro caratteristiche fisico-chimiche, veramente,
totalmente inabitabili.
Citero', a titolo d'esempio, alcuni casi significativi.
La salamandra siberiana (Salamandrella keyserlingii), che vive all'estremo
Nord del Circolo polare artico, iberna in cuscini di muschio localizzati
presso stagni dove la temperatura scende fino a - 35 gradi centigradi. Ne
sono state trovate, vive seppure completamente congelate, anche sotto 14
metri di neve. Sembrano, quando sono in quello stato, pietrificate. Eppure,
quando la tundra si sgela anch'esse riprendono lentamente a scongelarsi fino
a riacquisire il loro normale stile di vita ricco di attivita'. Cosi', come
per incanto, si rimettono a nuotare, a predare, a riprodursi. Il
congelamento, effettivamente, puo' passare su di loro senza causare alcun
danno effettivo.
Non e' pero' che questa soluzione sia priva di rischi. Proprio per questo e'
pratica rarissima, tra gli animali. Perche' la salamandra sopravviva i
cristalli di ghiaccio devono infatti avere dimensioni veramente minime,
cosi' da non perforare le membrane cellulari. Cio' e' stato naturalmente
ottenuto grazie all'evoluzione di proteine specializzate che vengono
sintetizzate, in quegli anfibi, soltanto quando la temperatura inizia la sua
drastica discesa. Esiste pero', in alternativa, un'altra strategia naturale
di sopravvivenza al freddo estremo. E' quella, altrettanto straordinaria,
evoluta dalla platessa artica (Pseudopleuronectes americanus). Questo pesce
osseo, cosi' come alcuni altri, sintetizza addirittura proteine
anticongelanti.
Passando dal freddo al caldo, la storia sicuramente piu' affascinante e'
quella delle "fumarole nere", scoperte nel 1977 al largo delle coste
dell'Ecuador alla profondita' di 2.500 metri. Si tratta di geiger
sottomarini che espellono acqua bollente mista a minerali da camini
vulcanici situati sul fondo oceanico. L'acqua viene emessa a una temperatura
che puo' raggiungere i 350 gradi centigradi e, in contatto con quella fredda
oceanica, forma grandi volute nere contenenti una miscela di composti di
zolfo e di altri minerali espulsi dal camino. Ebbene, sorprendentemente
quest'ambiente estremo, del tutto privo di luce, e' riccamente e variamente
popolato. Il fondamento degli inimmaginabili ecosistemi e' invariabilmente
rappresentato da microrganismi chemosintetici, esseri cioe' che sono in
grado di produrre materiale organico pur nella piu' completa oscurita'. Su
questa base prosperano anellidi resistenti al calore, anemoni marini,
granchi, molluschi bivalvi. In queste acque all'apparenza impossibili
fluttuano persino piccole meduse, nuotano alcune specie di pesci.
Essendo le fumarole nere distanti l'una dall'altra, in ognuna s'e' evoluta
una peculiare biodiversita', caratterizzata dalla presenza di differenti
specie diversamente adattate. La loro e' una storia evolutiva, pertanto, che
si e' ripetuta piu' volte parallelamente ma indipendentemente.
Potrei continuare con l'esemplificazione raccontando l'esistenza di esseri
che vivono in ambienti estremamente acidi o alcalini, in concentrazioni di
cloruro di sodio che per i piu' sarebbero letali, oppure in totale assenza
di ossigeno. S'e' trovata vita perfino nelle rocce oppure in ambienti dove
predominano l'acido solfidrico, l'anidride carbonica e il metano.
Generalizzando, questo si puo' dunque affermare: datele tempo e la vita,
comunque, s'adattera'.
E' pertanto illuminante rilevare - questo e' l'insegnamento che ci viene
dalle specie estremofile - come il comportamento umano disastrosamente
inquinante sia tale in quanto il cambiamento indotto dalla nostra specie e'
troppo rapido per consentire all'evoluzione biologica di produrre gli
indispensabili adattamenti, le opportune controstrategie, ed e' cosi'
proprio perche' e' culturale.
Dovremo farcene una ragione: data l'impossibilita' di cambiare le regole
della natura, non ci restera', se vorremo vivere in un ambiente equilibrato
e pertanto sano, che adeguare a esse quelle della nostra cultura. Non solo
e' possibile farlo, ma sara' indispensabile per il nostro benessere, se non
per la nostra stessa sopravvivenza.

3. RIFERIMENTI. PER CONTATTARE IL COMITATO CHE SI OPPONE ALL'AEROPORTO DI
VITERBO

Per informazioni e contatti: Comitato contro l'aeroporto di Viterbo e per la
riduzione del trasporto aereo: e-mail: info at coipiediperterra.org , sito:
www.coipiediperterra.org
Per contattare direttamente la portavoce del comitato, la dottoressa
Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail: antonella.litta at libero.it
Per ricevere questo notiziario: nbawac at tin.it

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COI PIEDI PER TERRA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 165 del 16 marzo 2009

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