Minime. 670



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 670 del 15 dicembre 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. La scelta necessaria
2. Michelangelo Cocco intervista Hafez Huraini
3. Alessandro Ursic: Offrire cibo per distruggere armi
4. Giulio Vittorangeli: La crisi finanziaria e il Sud del mondo
5. Marina Forti: Uno sporco affare
6. Simona Galasso: Biodiversita' ed economia
7. Elena Gerebizza: Emissioni e foreste
8. Antonio Airo' ricorda Nuto Revelli (2004)
9. La newsletter settimanale del "Centro studi "Sereno Regis" di Torino
10. Stefano Bucci presenta l'"Abecedario pittorico" di Federico Zeri
11. Frediano Sessi presenta "La prima guerra mondiale" a cura di Stephane
Audoin-Rouzeau e Jean-Jacques Becker
12. Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta"
13. L'agenda "Giorni nonviolenti 2009"
14. L'Agenda dell'antimafia 2009
15. Riedizioni: Epicuro, Dottrina e testimonianze
16. Riedizioni: Lorenzo Gianotti, Umberto Terracini
17. La "Carta" del Movimento Nonviolento
18. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. LA SCELTA NECESSARIA

Solo una sinistra che faccia la scelta della nonviolenza puo' fermare
l'eversione dall'alto berlusconiana.
La scelta della nonviolenza significa la difesa intransigente e
l'applicazione rigorosa dei principi della Costituzione, a partire
dall'articolo 11 che ripudia la guerra: il che implica che deve
immediatamente cessare l'illegale e criminale partecipazione italiana alla
guerra afgana.
La scelta della nonviolenza significa il riconoscimento di tutti i diritti
umani a tutti gli esseri umani: il che implica che deve cessare la
persecuzione dei migranti.
La scelta della nonviolenza significa una societa' di persone libere ed
eguali in dignita' e diritti: il che implica che deve cessare il
patriarcato.
La scelta della nonviolenza significa non solo rispetto e cura reciproca tra
tutti gli appartenenti all'umana famiglia, ma anche responsabilita' ed
impegno per la salvaguardia della biosfera: il che implica abbandonare
politiche e modelli di sviluppo che devastano irreversibilmente l'unica casa
comune che l'intera umanita' abbia.
La scelta della nonviolenza: l'unica politica adeguata alla crisi presente.
La scelta della nonviolenza: l'unica via di solidarieta' e liberazione delle
oppresse e degli oppressi tutti.
La scelta della nonviolenza, senza di cui democrazia, giustizia e pace, in
una parola: la civilta' umana, crolla sotto i colpi della barbarie onnicida.
La scelta della nonviolenza, senza la quale la sinistra e' morta.

2. PALESTINA. MICHELANGELO COCCO INTERVISTA HAFEZ HURAINI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 13 dicembre 2008 col titolo "I pastori di
Hebron: La nostra arma si chiama nonviolenza"]

Hafez Huraini e' il leader del comitato di pastori delle colline a sud di
Hebron, una delle zone della Cisgiordania occupata (area C secondo gli
accordi di Oslo: sotto completo controllo israeliano) maggiormente funestata
dalla presenza dei coloni. Operazione colomba, l'ong d'ispirazione cattolica
con una presenza permanente in Palestina, la settimana scorsa ha portato
Huraini in Italia, per una serie d'incontri che ci ha dato modo di discutere
di quella "pressione continua che - denuncia il palestinese - dagli anni '80
ha portato a uno spopolamento (il 20% in meno) dei villaggi dell'area, nei
quali sono rimaste circa 3.000 persone".
*
- Michelangelo Cocco: Qual e' la particolarita' di at-Tuwani?
- Hafez Huraini: Il mio villaggio, at-Tuwani, e gli altri centri a sud di
Hebron, sono abitati da gente semplice, quasi tutti pastori o agricoltori:
la terra rappresenta la nostra unica fonte di sostentamento. Dal 1967 in
poi, l'occupazione israeliana ha perseguito una "strategia di espulsione"
dei palestinesi da quest'area, vicina alla Linea verde. L'esercito - che ci
confisca le terre dopo averle dichiarate zone militari - e i coloni sono gli
strumenti attraverso i quali viene messa in pratica questa strategia.
*
- Michelangelo Cocco: Come avvengono le demolizioni che denunciate?
- Hafez Huraini: L'esercito distrugge case, abitazioni ricavate in grotte,
sistemi d'irrigazione: secondo le leggi dell'occupazione per costruire
qualsiasi cosa dobbiamo ottenere un permesso, che pero' non ci viene mai
accordato. Quindi tutto puo' essere demolito. Abitiamo un'area in cui le
colonie piu' importanti (Karmel, Maon, Susia, beit Atir) sono popolate da
settler tra i piu' estremisti, molti dei quali immigrati dagli Usa: provano
a cacciarci picchiandoci, distruggendo le nostre proprieta', avvelenando le
nostre pecore, tagliando i nostri ulivi.
*
- Michelangelo Cocco: Come nasce il vostro comitato?
- Hafez Huraini: Siamo quasi tutti pastori. Dopo anni d'occupazione, ci
siamo posti il problema di come resistere alle violazioni del diritto
umanitario da parte di Israele: abbiamo scelto la lotta nonviolenta, da
praticare assieme ai nostri amici israeliani, singoli individui o pacifisti
di organizzazioni come Rabbis for human rights, B'tselem, Taiush e altri.
Agiamo nell'ambito legale, con i ricorsi alla Corte suprema e ai tribunali,
e in quello mediatico.
*
- Michelangelo Cocco: Quando i palestinesi si sono rivolti alla "giustizia"
dell'occupante, come nel caso del comitato popolare di Bilin contro il Muro,
hanno ottenuto successi parziali. Non temete inoltre di legittimare il
sistema giuridico che e' alla base delle vostre sofferenze?
- Hafez Huraini: Noi intendiamo mostrare ai cittadini israeliani che il loro
esercito non rispetta le loro stesse leggi. Le decisioni emesse dalla Corte
suprema a volte sono in favore dei palestinesi, come quando nel 2000
stabili' che gli abitanti espulsi da undici villaggi della nostra area
dovessero far rientro nelle loro case. Semplicemente non vengono
implementate.
*
- Michelangelo Cocco: Crede che a guidare la resistenza palestinese saranno
lotte nonviolente e di base come la vostra?
- Hafez Huraini: Ritengo che la questione palestinese sia una profonda
ingiustizia e che per vincere dobbiamo creare una cultura di riconciliazione
e pace tra palestinesi e israeliani. Attraverso la nostra battaglia
(resistere alle violenze dei coloni, impedire la distruzione dei campi,
etc.) alcuni israeliani vengono a conoscenza dei nostri diritti.
L'occupazione vuole creare la massima tensione, affinche' i palestinesi
reagiscano con la violenza ai suoi crimini, dandosi cosi' la scusa per
ulteriori repressioni e per rubarci sempre piu' terra. Noi l'abbiamo capito
e per questo abbiamo adottato un modello nonviolento.

3. MONDO. ALESSANDRO URSIC: OFFRIRE CIBO PER DISTRUGGERE ARMI
[Dal sito di "Peacereporter" (http://it.peacereporter.net) riprendiamo il
seguente articolo del 12 dicembre 2008 col titolo "Aggiungi un'arma a
tavola" e il sommario "Usa, boom per una fiera dove si scambiano pistole per
buoni spesa"]

Un'arma in casa puo' essere utile per difendersi dagli intrusi, almeno cosi'
pensano molti negli Stati Uniti. Ma in tempi di crisi, le priorita' sono
altre e bisogna prima di tutto arrivare alla fine del mese. E se qualcuno
offre buoni da spendere in un supermercato se in cambio gli viene consegnata
una pistola, in tanti non si fanno sfuggire l'occasione. E' quello che e'
successo nei giorni scorsi in una citta' californiana vicino a Los Angeles.
Dal 2005, la contea di Compton organizza a dicembre la fiera "Gifts for
guns" (regali in cambio di armi). Nel parcheggio di un grande supermercato,
gli sceriffi della contea accettano pistole e fucili senza fare troppe
domande e poi le distruggono, rilasciando ai proprietari un buono spesa di
importo variabile a seconda dell'arma. L'idea era nata come una misura per
rendere Compton piu' sicura, dopo l'impennata dei crimini di quattro anni
fa. Nella prima edizione furono raccolte circa 600 armi, nel 2006 scese a
500, mentre un anno fa il bottino fu di sole 387 armi. Ma quest'anno, nel
pieno di una recessione che non si preannuncia breve, sono state 965.
Nel week-end in cui si e' tenuta la fiera, a inizio dicembre, gli sceriffi
avevano notato l'impennata delle offerte di armi, e per questo hanno deciso
di raddoppiare nel fine settimana successivo. E se negli anni precedenti i
partecipanti preferivano ricevere un buono spesa in regali natalizi, per
comprare vestiti ed elettronica, stavolta sono andati a ruba i voucher da
spendere nei supermercati. "La gente oggi non ha i soldi per comprarsi da
mangiare", ha detto lo sceriffo Byron Woods. "Un uomo che aveva appena perso
il lavoro e' arrivato con cinque fucili. Diceva che quei buoni l'avrebbero
davvero aiutato a portare cibo sulla tavola della famiglia", ha aggiunto
Woods.
L'ammontare della ricompensa dipendeva dal tipo di arma: una pistola
scassata ma funzionante valeva 50 dollari, se in buone condizioni 100.
Mitragliatori e fucili d'assalto garantivano anche 200 euro al proprietario
che voleva disfarsene. Sono arrivati anche "doni" inaspettati, come due
bombe a mano e un vecchio kalashnikov sovietico, capace ancora di fare una
strage. E c'e' chi, visti i tempi di magra, si e' fatto prendere la mano: un
tizio si e' presentato con una trentina di armi, sperando di portarsi a casa
qualche migliaio di dollari. Ma ha potuto consegnare solo cinque pistole,
perche' l'intento degli organizzatori era di beneficiare piu' gente
possibile, senza concentrare i soldi nelle mani di pochi. Il successo non e'
comunque mancato. E se la crisi sara' grave come ormai credono in molti, il
prossimo anno da Compton potrebbero sparire altre centinaia di armi.

4. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: LA CRISI FINANZIARIA E IL SUD DEL MONDO
[Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per
questo intervento]

Con i tempi che corrono di crisi economica, politica e culturale, fare un
discorso organico e' difficile. La situazione, nazionale e internazionale,
e' sempre piu' complicata e dolorosa: guerra, crisi, titoli tossici immessi
sul mercato, iniezioni di liquidita' monetaria, sfruttamento dell'uomo
sull'uomo...
Nella crisi finanziaria mondiale, tra piani di recupero delle banche e
assicurazioni di salvaguardia dei depositi, l'attenzione internazionale si
e' spostata, ancora una volta, sui destini delle popolazioni ricche del Nord
del mondo, sull'impoverimento della classe media, sulla perdita di posti di
lavoro, sul calo di potere d'acquisto dei salari, sul calo dei consumi e via
enumerando.
Secondo l'ultima stima Istat, in Italia i poveri sono oltre sette milioni e
mezzo, quasi il 13% dell'intera popolazione. Certo, stiamo parlando di
poverta' relativa, qualcosa di incommensurabile con il miliardo e passa di
persone che nel mondo vivono con un euro al giorno. Per essere piu' chiari,
la soglia di poverta' relativa in Italia per una famiglia di due persone e'
fissata in 986 euro. Con meno di 1.000 euro al mese, ci dice l'Istat, si
vive (anzi si sopravvive) parecchio male, non si arriva alla fine del mese,
anche a tirare la cinghia a piu' non posso.
Intanto abbiamo visto pochissimi analisti appuntare la loro attenzione alle
conseguenze che questa crisi del capitalismo finanziario mondiale ha, e
continuera' per molto tempo ad avere, sulle politiche e gli impegni per la
lotta alla poverta', e sulla condizione materiale non nuova nella quale
vivono e continuano a morire oltre un miliardo di esseri umani.
"Parlare delle nuove poverta' in relazione al Sud del mondo, infatti,
sarebbe importante anche per far capire ai molti cittadini nostrani, immersi
nella depressione finanziaria, che siamo sulla stessa barca di chi, sino a
oggi, per venire a cercare un destino migliore in casa nostra, sulle barche
ci moriva", ha scritto Raffaele K. Salinari.
Invece i governi trovano milioni di euro (che dicevano di non avere) per
finanziare le banche, e piangono miseria quando si tratta di lotta alla
poverta': la Finanziaria ha tagliato drasticamente i fondi per la
cooperazione allo sviluppo, e i temi della solidarieta' internazionale sono
diventati, con la scusa della crisi economica, ancora piu' irrilevanti
nell'agenda degli stati.
L'altra conseguenza del crack finanziario (che non produce certo il
fallimento del capitalismo) e' che riduce la giustizia e la liberta';
travolgendo quel poco di civilta' e spirito democratico che dai travagli del
Novecento si era prodotto. Genera, anziche' ritorno alla ragionevolezza e
alla solidarieta', tendenze a nuova barbarie, fatta di paura, indifferenza,
rabbia impotente e aggressivita', in basso; e di arroganza, dominio,
disprezzo delle regole e dei diritti, in alto.
"Non e' solo il carattere intrinsecamente autoritario e fascistoide di un
governo e dei suoi metodi spicci, ma una sorta di dinamica regressiva di
sistema. Di un intero ordine delle cose che si va componendo - e
stringendo - intorno a noi, in una logica di chiusura di spazi e di
violazione di valori fino a ieri solidi e indiscutibili", secondo le parole
di Marco Revelli.
Vale a dire che oggi il blocco sociale dominante non ha bisogno del fascismo
(il berlusconismo non e' il fascismo), perche' la coercizione e' anche e
soprattutto disseminata nel sociale.
Il problema e' che tutto questo avviene, sostanzialmente, senza trovare
davanti a se' barriere di protezione, sistemi di allarme, capacita' di
reazione. In una parola: opposizione.
A mancare e' soprattutto un autentico progetto politico: la costruzione di
un orizzonte di senso che riesca a spiegare il mondo, le relazioni
reciproche tra gli esseri umani. Non a caso le sinistre sono state sconfitte
e ora sono impegnate in dispute interne da cortile, perche' non avevano e
non hanno un progetto per il Paese, ne' ciascuno per conto suo, ne', tanto
meno, tutti quanti insieme.
La costruzione di questo progetto puo' avvenire solo se si ritorna a
ragionare intorno ai grandi temi posti dai movimenti emersi nel Novecento:
femminismo, ecologismo, socialismo, pacifismo, nonviolenza, e la stessa
solidarieta' internazionale.
Una sinistra unita e plurale e' percio' possibile, ma deve avere nel suo Dna
(come piu' volte abbiamo scritto su queste pagine) l'opposizione al
razzismo, l'opposizione al patriarcato e al femminicidio, l'opposizione alla
distruzione della biosfera, l'opposizione ai poteri criminali e al regime
della corruzione, l'opposizione a qualsiasi sfruttamento, che difenda tutti
i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Non e' impresa facile, ma continuiamo a pensare che l'Italia e' un paese
migliore della destra che la governa; ma anche dell'opposizione che la
contrasta in parlamento. Almeno per quella parte che soffre con vergogna le
volgarita' e le furbate medianiche della cultura berlusconiana, il carnevale
istituzionale del populismo dei ricchi.zionale del populismo dei ricchi.

5. MONDO. MARINA FORTI: UNO SPORCO AFFARE
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 13 dicembre 2008 col titolo "L'affare
sporco di Rwe"]

Una azienda elettrica di un paese europeo, diciamo per esempio la Germania,
vuole comprare "crediti di carbonio" in un paese catalogato come "in via di
sviluppo", diciamo per esempio la Cina, per compensare l'eccesso di scarichi
di anidride carbonica dai suoi impianti. Sembra un business un po' astruso,
ma e' molto concreto ed e' previsto dal protocollo di Kyoto sul clima, il
trattato che obbliga i paesi industrializzati a tagliare le emissioni di gas
di serra in quantita' ben precise (all'Unione europea spetta un taglio del
9% in media entro il 2012). L'obiettivo e' ripartito su ogni settore che
produce scarichi di gas di serra: centrali elettriche, stabilimenti
industriali, cementifici, trasporti e cosi' via. Le aziende che tardano a
"ripulirsi" saranno prima o poi tenute a pagare penalita' (e' una delle cose
che l'Unione Europea sta discutendo proprio in queste settimane). prima
delle penalita' pero' hanno un'opzione: comprare quote di emissioni da altre
aziende, che magari sono state piu' capaci di diminuire le proprie emissioni
e hanno quote da vendere - ogni singola tonnellata di anidride carbonica che
esce da un camino industriale si traduce in soldi. Oppure, seconda opzione:
l'azienda europea che inquina troppo puo' finanziare progetti di "sviluppo
pulito" in un paese terzo, e calcolare a proprio credito (crediti di
carbonio) le emissioni "risparmiate".
E' quello che ha fatto la Rwe tedesca, azienda che produce energia elettrica
in centrali che bruciano in particolare carbone, uno dei piu' "sporchi" tra
i combustibili fossili - e infatti la Rwe e' una delle piu' grandi
produttrici di emissioni di anidride carbonica (e di altri scarichi
inquinanti) in Europa, oltre 120 milioni di tonnellate di CO2 all'anno che
vanno ad accumularsi nell'atmosfera. Ripulire gli scarichi di centrali
simili e' affare complicato e costoso. Cosi' l'azienda tedesca ha scelto
un'altra via: ha deciso di comprare "crediti di carbonio" in Cina. Per la
precisione progetta di acquistare "crediti" pari all'incirca a 442.000
tonnellate di CO2 all'anno da una centrale idroelettrica. C'e' un problema
pero': la diga di Xiaoxi, sul fiume Zishui (nella provincia del Hunan), non
rispetta gli standard dettati dalla Commissione mondiale sulle dighe,
l'organismo indipendente riunito dalla Banca mondiale che nel 2000 aveva
completato una profonda revisione dei progetti di grandi dighe nel mondo
indicando criteri da rispettare in merito all'impatto ambientale e sociale
delle grandi opere. E il progetto idroelettrico di Xiaoxi, con la sua
centrale da 135 Megawatt di potenza installata, rientra nella categoria
delle grandi dighe. La denuncia viene da "International rivers", rete
ambientalista internazionale (www.internationalrivers.org) che ha mandato
una ricercatrice di lingua cinese a indagare su quella diga. Ha cosi'
verificato che 7.500 persone sono state fatte sfollare per fare spazio alla
diga, e che queste persone non hanno recuperato un livello di reddito pari a
quelli che avevano prima, hanno avuto risarcimenti inadeguati e stabiliti in
modo arbitrario, senza possobilita' di fare ricorso in alcun modo. Tutto
cio' viola le linee-guida indicate dalla Commissione internazionale sulle
dighe, fatte proprie in teoria dalla Banca mondiale. Le leggi sia tedesche,
sia comunitarie impongono di verificare che qualsivoglia diga si attenga a
questi standard prima di comprargli "crediti di carbonio". La Rwe in effetti
ha chiesto a un'agenzia di consulenti (la Tuv Sud) di certificare
l'idoneita' della diga cinese - e guarda caso, questi hanno trovato che
questa era in regola. Ecco un esempio di "meccanismo di sviluppo pulito"...

6. MONDO. SIMONA GALASSO: BIODIVERSITA' ED ECONOMIA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 3 dicembre 2008 col titolo "Biodiversita'
& economia"]

Piu' di tremila istituzioni e oltre 450 milioni di persone coinvolte in
tutto il mondo.
Sono questi i numeri forniti dal "Micro Banking Bullettin" sul settore della
microfinanza, una realta' in espansione che ogni anno consente l'accesso al
credito di soggetti vicini alla soglia di poverta', altrimenti
impossibilitati a ricevere alcuna forma di finanziamento. E' un esempio di
biodiversita' applicata all'economia citato da Leonardo Becchetti,
economista dell'Universita' di Roma Tor Vergata, intervenuto al V Congresso
internazionale organizzato dalla Fondazione Diritti Genetici
(www.fondazionedirittigenetici.org), "Biodiversita' e beni comuni", appena
conclusosi a Roma.
"Negli ultimi decenni il mondo dell'economia come quello dell'agricoltura
hanno subito il predominio di un approccio riduzionista - ha spiegato
Becchetti - che ha rispecchiato non tanto la molteplicita' dei contributi
della comunita' scientifica quanto una loro volgarizzazione troppo
schematica da parte della divulgazione e della stampa specializzata. Adesso
e' arrivato il momento di riscoprire l'importanza e il valore della
biodiversita' in economia".
Come in agricoltura, dunque, dove solo 14 specie forniscono il 90% del cibo
di origine animale e solo 4 specie di piante - grano, mais, riso, patate -
rappresentano il 50% delle nostre risorse energetiche, anche in economia il
concetto di biodiversita' e' stato emarginato a favore di poche realta'
uniformanti. L'importanza del sistema delle banche etiche o cooperative
(esempi, appunto, di biodiversita' economica), e' stata sempre
sottovalutata, a vantaggio del modello - considerato vincente - della banca
orientata alla realizzazione del massimo profitto a breve termine, nella sua
versione di banca commerciale o in quella piu' aggressiva di banca d'affari.
Recentemente il commissario alla concorrenza McCrewy ha addirittura avviato
una procedura per valutare se la diversita' delle banche cooperative e
popolari sia un ostacolo alla concorrenza e per questo debba essere rimossa.
La crisi economico-finanziaria, pero', ha improvvisamente cambiato le carte
in tavola, rovesciando il paradigma "vincente" definito dai riduzionismi e
mostrando da una parte la debolezza del gioco delle banche d'affari e
commerciali piu' aggressive, dall'altro il valore di una strategia fondata
invece sulla sostenibilita'.
Secondo Becchetti, infatti, in un contesto di asimmetrie informative e in
organizzazioni complesse come il nostro, e' il criterio della
massimizzazione del profitto a rivelarsi non sostenibile, quando incentivi
basati sulla performance diretti a tutti i membri dell'organizzazione
finiscono di fatto per favorire comportamenti opportunistici di breve
periodo che mettono in crisi la sopravvivenza dell'organizzazione stessa.
E questo riguarda sia il mondo finanziario sia quello del commercio, da dove
arriva un altro esempio virtuoso di biodiversita' economica, il modello equo
e solidale, anch'esso in crescita. Il 3 settembre scorso, infatti, e-bay ha
lanciato una piattaforma dedicata (WorldOfGood.com) per il commercio equo
on-line, calcolando che il fatturato nel mercato Usa dovrebbe passare dai
209 miliardi di dollari del 2005 ai 420 del 2010.
Saranno abbastanza per convincere gli "esperti" a ripensare il concetto di
biodiversita' come nuova chiave di lettura dello sviluppo, in agricoltura
come in biologia, nell'economia come nella societa'?

7. MONDO. ELENA GEREBIZZA: EMISSIONI E FORESTE
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 9 dicembre 2008 col titolo "Le foreste di
Poznan"]

"Nessun progetto per la riduzione delle emissioni derivate dal degrado delle
foreste su territori delle comunita' indigene dovrebbe essere approvato
senza il consenso previo e informato delle popolazioni che abitano questi
territori". Cosi' si e' espressa Victoria Tauli-Corpuz, del forum permanente
dei popoli indigeni presso le Nazioni Unite, in una delle sessioni della
Conferenza sul clima che sta avendo luogo in questi giorni a Poznan, in
Polonia.
La gestione delle foreste e il mantenimento della biodiversita' che
contengono e' al centro dei negoziati nella seconda settimana di lavori.
Questione controversa, in cui stanno entrando a gamba tesa il settore
privato, in prima linea nel cercare di garantirsi profitti dal controllo dei
territori sconfinati delle foreste del Sud del mondo, e la Banca Mondiale.
L'istituzione finanziaria di Washington ha da poco finalizzato la propria
iniziativa per le foreste e, tra grandi contestazioni dei popoli indigeni,
delle comunita' contadine e della societa' civile di tutto il mondo, sta
facendo pressione sui governi presenti a Poznan perche' divenga il
meccanismo di riferimento per finanziare il capitolo Redd (sulla riduzione
delle emissioni derivate appunto dal degrado delle foreste) del negoziato.
Un approccio "business as usual" che la Banca ancora una volta propone,
cercando di far rientrare anche le foreste nel mare magnum del mercato dei
crediti di carbonio di cui hanno finora beneficiato ironicamente la stessa
Banca assieme ai grandi inquinatori privati. Dal 1999 ad oggi, la maggior
parte del portfolio di crediti di carbonio (tra il 75 e l'85%) gestito dalla
Banca Mondiale ha finanziato industrie nel settore chimico, del ferro,
dell'acciaio e del carbone, mentre meno del 10% dei fondi a disposizione e'
stato investito in progetti di energie rinnovabili.
Un risultato scoraggiante che non spiega come lo stesso meccanismo potrebbe
portare risultati positivi nel delicato ambito della gestione delle foreste.
Le comunita' indigene hanno gia' preso le distanze dall'iniziativa della
Banca Mondiale, che e' stata disegnata e gia' inizia ad essere implementata
senza nemmeno aver consultato le popolazioni indigene che da quelle foreste
dipendono, e che in molti paesi sono gia' state riconosciute come proprieta'
comunitaria delle stesse comunita' indigene. La societa' civile, che oggi
manifestera' a Poznan davanti al centro conferenze dove si svolge in
negoziato facendo la parodia della Banca mondiale, che finanziando grandi
centrali a carbone e' tra i principali responsabili della devastazione
ambientale del pianeta, chiede che la Banca rimanga fuori dai negoziati sul
clima, e incoraggia i governi riuniti in Polonia a istituire un meccanismo
indipendente dai banchieri di Washington che, sotto l'egida della Conferenza
delle Parti, e in consultazione con i popoli indigeni, le comunita' locali e
la societa' civile, metta a disposizione i fondi per gli interventi
necessari per l'adattamento e la mitigazione degli impatti derivati dal
cambiamento climatico. Un budget di migliaia di miliardi, che i governi
devono finanziare secondo responsabilita' comuni ma differenziate e secondo
principi di partecipazione, trasparenza ed equita', perche' la comunita'
internazionale e il pianeta possano beneficiarne. La societa' civile ha
presentato oggi un documento che contiene i principi cardine per
l'istituzione di un Fondo Globale sul Clima, con l'obiettivo di contribuire
ai lavori dei governi perche' si arrivi a una proposta condivisa per un
meccanismo post-Kyoto entro l'importante appuntamento del prossimo anno a
Copenaghen.

8. MEMORIA. ANTONIO AIRO' RICORDA NUTO REVELLI (2004)
[Dal quotidiano "Avvenire" del 6 febbraio 2004 col titolo "Nuto, ribelle
senza retorica" e il sommario "Dalla campagna di Russia alla valorizzazione
delle testimonianze orali collettive: con la morte di Revelli scompare un
testimone capace di tenere vivo il dialogo tra le generazioni. 'I giovani?
Non sono affatto sprovveduti, non si adattano, sono naturalmente liberi'"]

Ha raccontato estesamente "la guerra dei poveri" e "il mondo dei vinti". Lo
ha fatto, con uno stile asciutto e misurato, in libri che gli hanno dato
ampia notorieta', Nuto Revelli, lo scrittore, comandante partigiano nelle
file di "Giustizia e liberta'", morto ieri all'ospedale di Cuneo, dove era
nato 85 anni fa. I suoi funerali si svolgeranno oggi in forma strettamente
privata senza la partecipazione di gonfaloni, bandiere o autorita'.
Da tempo, del resto, Revelli aveva bandito la retorica per tutta la sua
vita. E a questa scelta e' stato fedele fino alla morte. L'aveva bandita, la
retorica, durante la guerra in Russia alla testa di una compagnia che
contava otto ufficiali e 342 alpini, quasi tutti della provincia di Cuneo.
Sarebbero ritornati in Italia soltanto tre ufficiali e settanta alpini.
L'aveva bandita, la retorica, nella lotta partigiana combattuta nelle sue
vallate e dove l'ufficiale agnostico e politicamente sprovveduto che aveva
combattuto sul Don avrebbe acquisito la forte coscienza politica - ma non
partitica - di un dovere di liberazione da compiere contro ogni forma di
oppressione, di violenza.
"Solo ribellandomi riuscivo a non sentirmi un vinto", avrebbe detto e
ripetuto nei tanti incontri con i giovani, all'universita' di Torino, nei
diversi centri dove era chiamato. "Perche' voglio che i giovani sappiano",
come scriveva a conclusione del suo ultimo libro di pochi mesi fa, Le due
guerre, una sorta di autobiografia costruita attraverso il parallelismo tra
l'esperienza fascista e quella partigiana da lui vissute prima e dopo l'8
settembre, vero crinale della sua storia personale oltre che di migliaia e
migliaia di vinti, di poveri. Per questo non voleva che questa sua vicenda
emblematica andasse perduta.
Revelli non ha mai preteso di raccontare la storia con la S maiuscola. Men
che meno quella accademica, piu' o meno revisionista, dei nostri giorni.
Anche lui aveva compiuto il suo "lungo viaggio" nel fascismo e ne era
uscito. Molto piu' efficacemente e in modo originale ha preferito dare voce
e dignita' in una sorta di grande romanzo corale di un intero popolo, ai
tanti, tantissimi "senza voce": gli alpini in Russia che avrebbero scoperto
sulla loro pelle tutte le magagne e le falsita' di un regime che li aveva
mandati allo sbaraglio e, dopo l'8 settembre, i contadini, le donne, i preti
"giusti" (come don Raimondo Viale, del quale aveva scritto nel 1998), i
partigiani delle sue terre.
E' una grande storia orale, quella che si dipana nei suoi libri. Che nascono
dalla raccolta quasi casa per casa nei centri della "provincia granda" (come
e' definita quella di Cuneo) di ben seimila lettere di soldati caduti o
dispersi nella bufera della guerra (tutte diligentemente catalogate), di
testimonianze e di racconti dei tanti poveri o vinti che si sono trovati a
dover fare i conti, e quali conti, in un drammatico tempo con vicende che
potevano sembrare lontane e che obbligavano invece a prendere comunque
posizione.
Di questo ininterrotto viaggio della memoria, che non deve andare perduto,
Revelli e' stato in un certo senso il cantore umile e fiero nello stesso
tempo, di questa storia minuta ma essenziale. Lo ha fatto e i suoi libri lo
testimoniano senza illusioni. La retorica dell'antifascismo non gli e' mai
appartenuta. Aveva soltanto un'ambizione, o forse meglio una speranza, che i
giovani sapessero quello che sono stati realmente il fascismo, la Resistenza
e comprendessero a fondo i valori autentici sui quali e' nata la nostra
Repubblica. Anche questa fuori da ogni mitizzazione e da ogni appropriazione
ideologica e partitica. Aveva dichiarato, in una delle sue ultime
interviste, a proposito dei giovani: "Non sono sprovveduti, non si
adatterebbero, non si adattano, al giogo della menzogna, alle losche mene.
Sono naturalmente liberi". Adesso la voce di Revelli si e' spenta
definitivamente.

9. STRUMENTI. LA NEWSLETTER SETTIMANALE DEL CENTRO STUDI "SERENO REGIS" DI
TORINO

Segnaliamo la newsletter settimanale del Centro studi "Sereno Regis" di
Torino, un utile strumeno di informazione, documentazione, approfondimento
curato da uno dei piu' importanti e piu' attivi centri studi di area
nonviolenta in Italia.
Per contatti e richieste: Centro Studi "Sereno Regis", via Garibaldi 13,
10122 Torino, tel. 011532824 e 011549004, fax: 0115158000, e-mail:
info at serenoregis.org, sito: www.serenoregis.org

10. LIBRI. STEFANO BUCCI PRESENTA L'"ABECEDARIO PITTORICO" DI FEDERICO ZERI
[Dal "Corriere della sera" del 31 dicembre 2007 col titolo "I segreti di
Caravaggio rivelati da Federico Zeri"]

Federico Zeri, Abecedario pittorico, Longanesi, pp. 298, euro 25.
*
Quarantaquattro capolavori "letti" dal genio, trasgressivo e raffinato, di
Federico Zeri (1921-1998) ovvero uno dei piu' grandi storici dell'arte
italiani. Non esattamente lezioni da accademia, ma conversazioni registrate
per la radio tra il 1997 e il 1998 (Zeri morira' il 5 ottobre dello stesso
anno); un tono colloquiale per raccontare i segreti del Compianto sul Cristo
Morto di Giotto, della Danza di Salome' di Filippo Lippi, della Morte della
Vergine del Mantegna, dell'Autoritratto di Schiele, delle Muse inquietanti
di De Chirico. La nuova edizione curata da Marco Carminati (riveduta,
corretta, ampliata) restituisce il fascino di un divulgatore ironico e al
tempo stesso appassionato che di ogni personaggio e di ogni opera riesce a
ritrovare il particolare o la curiosita' capace di conquistare
l'ascoltatore.
Ecco cosi' che, nelle parole di Zeri, Caravaggio viene paragonato a Pasolini
(cattolico ed eretico al tempo stesso), David viene bollato come "peloso
adulatore di Napoleone", Michelangelo diventa responsabile di un errore
(nella disposizione dell'intonaco) che danneggera' irreparabilmente la "sua"
Sistina mentre in tempi piu' recenti la Danza di Matisse rivela il segreto
della sua forza ("i colori erano cosi' vivaci perche' dovevano illuminare
una casa troppo scura e dovevano essere visti dal giardino"). Zeri e' sempre
capace di guardare ben oltre l'immagine: tanto che, grazie a lui, Gauguin
diventa con quel suo rifiuto della societa' occidentale, addirittura "il
primo alfiere delle culture minori".

11. LIBRI. FREDIANO SESSI PRESENTA "LA PRIMA GUERRA MONDIALE" A CURA DI
STEPHANE AUDOIN-ROUZEAU E JEAN-JACQUES BECKER
[Dal "Corriere della sera" del 14 dicembre 2008 col titolo "La matrice unica
di lager e gulag" e il sommario "Studi e ricerche sulla Grande guerra. C'e'
piu' attenzione verso gli aspetti esistenziali nell'esperienza dei
combattenti"]

E' convinzione comune di molti storici che la prima guerra mondiale
rappresenti il momento fondatore delle pratiche di genocidio del XX secolo.
"Nata come una classica guerra interstatale - sostiene Enzo Traverso - nella
quale si sarebbero naturalmente dovute applicare le regole del diritto
internazionale, riconoscendo cioe' nel nemico uno justus hostis, essa si
trasformo' a poco a poco, per l'entita' e la dinamica delle forze
mobilitate, in un gigantesco massacro". I campi di battaglia, estesi per
chilometri e chilometri, diventano cosi' enormi cimiteri. La guerra cambia
volto e, agli scontri diretti degli eserciti, si sostituiscono la trincea e
la distruzione pianificata di villaggi e citta' con il conseguente enorme
carico di morti e di feriti tra i civili. E' in questa fase che sembrano
farsi strada una nuova etica e una nuova mentalita' in grado di trasformare
cittadini rispettabili, padri di famiglia e diligenti lavoratori in
assassini senza pieta', al fronte: metamorfosi che verra' in seguito
glorificata come servizio alla nazione e missione patriottica. Il nemico si
disumanizza e diventa quasi invisibile, nonostante la vicinanza (nascosto
nelle trincee o nelle case); e spesso la morte e' il prodotto di una
"macchina" da guerra: un mostro meccanico (l'aereo bombardiere, il carro,
l'artiglieria pesante) o il risultato dell'utilizzo di nuovi ritrovati
bellici (gas tossici, lanciafiamme). Anche i campi per i civili, costretti
ad abbandonare le loro case e, soprattutto, i campi per i militari
prigionieri si moltiplicano e non solo in Europa, a causa della lunga durata
del conflitto. E nei campi, la vita diventa un inferno, il prigioniero un
uomo di seconda classe, la cui morte non commuove e non desta scalpore,
rientrando nel "normale" corso del conflitto. Per esempio, su 600.000
prigionieri di guerra italiani catturati dalle forze nemiche, tra il 1915 e
il 1918, circa centomila moriranno di fame, freddo, malattie.
All'origine del primo genocidio del Novecento, quello degli armeni sotto
l'impero ottomano, la Grande guerra segna "l'inizio di un imbarbarimento"
del modo di concepire i conflitti, che ci appare oggi come una sorta di
"laboratorio" delle future violenze dei regimi totalitari. E' probabilmente
nei suoi campi di battaglia, come scrive Omer Bartov, che gli architetti e
gli ideatori della "soluzione finale" conoscono il loro "battesimo del
fuoco". Per comprendere e studiare meglio questo snodo della storia europea,
la casa editrice Einaudi ci propone una grande opera collettiva in due tomi
(edizione italiana a cura di Antonio Gibelli) ideata da Stephane
Audoin-Rouzeau e da Jean-Jacques Becker, La Prima guerra mondiale (primo
volume, pp. 590, euro 75; secondo volume, pp. 790, euro 80). Nata
all'interno del Centro internazionale di studi di Peronne, l'opera in
edizione italiana si avvale di molti contributi nuovi che focalizzano e
ampliano il ruolo dell'Italia nel conflitto; tra questi il saggio di Gian
Enrico Rusconi sui dilemmi dell'intervento in guerra nel 1915; la puntuale
ricostruzione di Nicola Labanca della tragedia di Caporetto; il saggio di
Bruna Bianchi su psichiatria e guerra, che affronta le dimensioni di massa
che aveva assunto il diffondersi di malattie mentali tra i soldati. L'opera
e' il frutto di un intreccio molto equilibrato tra l'impostazione
tradizionale attenta piu' all'aspetto militare e politico della guerra,
rappresentata qui da uno storico autorevole come Jean-Jacques Becker, e le
tendenze impersonate da Stephane Audoin-Rouzeau, esponente della nuova
generazione di ricercatori interessati anche ai lati soggettivi ed
esistenziali dell'esperienza dell'orrore e dell'insensatezza della guerra.
Si ricostruisce cosi' una "storia dell'umanita' offesa, una storia delle
identita' traumatizzate" e insieme delle culture e delle memorie.

12. STRUMENTI. PER ABBONARSI AD "AZIONE NONVIOLENTA"

"Azione nonviolenta" e' la rivista del Movimento Nonviolento, fondata da
Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione, informazione e dibattito
sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo.
Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 29 euro sul ccp n. 10250363
intestato ad Azione nonviolenta, via Spagna 8, 37123 Verona.
E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail all'indirizzo
an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto "copia di 'Azione nonviolenta'".
Per informazioni e contatti: redazione, direzione, amministrazione, via
Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e
15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito:
www.nonviolenti.org

13. STRUMENTI. L'AGENDA "GIORNI NONVIOLENTI 2009"

Dal 1994, ogni anno le Edizioni Qualevita pubblicano l'agenda "Giorni
nonviolenti" che nelle sue oltre 400 pagine, insieme allo spazio quotidiano
per descrivere giorni sereni, per fissare appuntamenti ricchi di umanita',
per raccontare momenti in cui la forza interiore ha avuto la meglio sulla
forza dei muscoli o delle armi, offre spunti giornalieri di riflessione
tratti dagli scritti o dai discorsi di persone che alla nonviolenza hanno
dedicato una vita intera: ne risulta una sorta di antologia della
nonviolenza che ogni anno viene aggiornata e completamente rinnovata.
E' disponibile l'agenda "Giorni nonviolenti 2009".
- 1 copia: euro 10
- 3 copie: euro 9,30 cad.
- 5 copie: euro 8,60 cad.
- 10 copie: euro 8,10 cad.
- 25 copie: euro 7,50 cad.
- 50 copie: euro 7 cad.
- 100 copie: euro 5,75 cad.
Richiedere a: Qualevita Edizioni, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi
(Aq), tel. e fax: 0864460006, cell.: 3495843946,  e-mail: info at qualevita.it,
sito: www.qualevita.it

14. STRUMENTI. L'AGENDA DELL'ANTIMAFIA 2009

E' in libreria l'Agenda dell'antimafia 2009, quest'anno dedicata alle donne
nella lotta contro le mafie e per la democrazia.
E' curata dal Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di
Palermo ed edita dall'editore Di Girolamo di Trapani.
Si puo' acquistare (euro 10 a copia) in libreria o richiedere al Centro
Impastato o all'editore.
*
Per richieste:
- Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Via Villa
Sperlinga 15, 90144 Palermo, tel. 0916259789, fax: 0917301490, e-mail:
csdgi at tin.it, sito: www.centroimpastato.it
- Di Girolamo Editore, corso V. Emanuele 32/34, 91100 Trapani, tel. e fax:
923540339, e-mail: info at ilpozzodigiacobbe.com, sito:
www.digirolamoeditore.com e anche www.ilpozzodigiacobbe.com

15. RIEDIZIONI. EPICURO: DOTTRINA E TESTIMONIANZE
Epicuro, Dottrina e testimonianze, Utet, Torino 1974, 1983, Mondadori,
Milano 2008, pp. 644, euro 12,90. E' la classica edizione delle opere di
Epicuro curata da Margherita Isnardi Parente, mai abbastanza lodata. E
sarebbe ora di ripubblicarla in nuova edizione finalmente col testo
originale a fronte.

16. RIEDIZIONI. LORENZO GIANOTTI: UMBERTO TERRACINI
Lorenzo Gianotti, Umberto Terracini. La passione civile di un padre della
Repubblica, Editori Riuniti, Roma 2005, Nuova iniziativa editoriale, Roma
2008, pp. 280, euro 7,50 (in suppl. al quotidiano "L'Unita'"). Una buona
biografia di Terracini.

17. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

18. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 670 del 15 dicembre 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004
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