Minime. 504



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 504 del 2 luglio 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Giulietto Chiesa: Una lettera aperta ai cittadini della Tuscia. Il
devastante mega-aeroporto per voli low cost a Viterbo non si fara'. Ecco
perche'
2. Enrico Piovesana: Sempre piu' vittime civili
3. Giovanni Zoppoli: Assalto al campo rom
4. Elena Loewenthal presenta "L'alba della teologia musulmana" di Josef Van
Ess
5. La "Carta" del Movimento Nonviolento
6. Per saperne di piu'

1. RIFLESSIONE. GIULIETTO CHIESA: UNA LETTERA APERTA AI CITTADINI DELLA
TUSCIA. IL DEVASTANTE MEGA-AEROPORTO PER VOLI LOW COST A VITERBO NON SI
FARA'. ECCO PERCHE'

[Ringraziamo Giulietto Chiesa (per
contatti:ufficiostampa at giuliettochiesa.it) per questo intervento.
Giulietto Chiesa (Acqui Terme, 1940) e' giornalista, saggista, storico,
parlamentare europeo. Dal sito www.giuliettochiesa.it riprendiamo la
seguente scheda "Giulietto Chiesa e' nato ad Acqui Terme (Al) il 4 settembre
1940. Giornalista dal 1979, quando entro' a L'Unita' come redattore
ordinario. In precedenza aveva compiuto una lunga esperienza politica, prima
come dirigente studentesco universitario, a Genova e in campo nazionale
(vicepresidente dell'Unione Goliardica Italiana), poi come dirigente
nazionale della Federazione Giovanile Comunista Italiana (Fcgi), infine come
dirigente della Federazione genovese del Pci negli anni 1970-1979.
Capogruppo per il Pci nel Consiglio Provinciale di Genova dal 1975 al 1979,
quando lascia il funzionariato di partito e viene assunto da L'Unita', a
Roma. Dal primo ottobre 1980 al primo settembre 1990 corrispondente da Mosca
per l'Unita'. Nel 1989-1990 e' "fellow" del Wilson Center, Kennan Institute
for Advanced Russian Studies, di Washington. Conferenze in quindici
universita' e istituti di ricerca americani, Dipartimento di Stato, Rand
Corporation etc. Nel 1990 entra alla Stampa, ancora come corrispondente da
Mosca, e rimane in Russia fino alla fine del 2000. Attualmente e'
editorialista e commentatore politico dello stesso giornale e anche notista
e commentatore del Manifesto e di Avvenimenti, oltre che di diverse riviste
italiane. Collabora con numerose riviste e giornali italiani, europei, russi
e americani. Ha lavorato per il Tg5, Tg1 e Tg3. Collabora saltuariamente con
Radio Svizzera Internazionale, con Radio Vaticana, con la Bbc in lingua
russa, con Radio Liberty, con Ntv (Russia) e con Deutsche Welle. Collabora
regolarmente con Rai News 24 e con diversi programmi Rai, tra cui Primo
Piano della Rete 3. Piu' recentemente tiene rubriche fisse mensili su Photo
e Galatea. In Russia ha da diversi anni una rubrica fissa sul settimanale
dei circoli imprenditoriali Kompania. Ha scritto diversi libri, molti in
tema di storia, cronaca e reportage sull'Unione Sovietica e sulla Russia. Il
suo primo libro fu pero' dedicato al fallito tentativo di recupero degli
ostaggi americani nell'ambasciata di Teheran, Operazione Teheran (De Donato,
Bari 1980). Successivamente scrisse L'Urss che cambia (Editori Riuniti, Roma
1987) con lo storico allora dissidente russo Roy Medvedev. Questo libro
venne tradotto in lingua portoghese nel 1988. Ancora in forma di dialogo con
Medvedev usci' nel 1990, per i tipi di Garzanti, La rivoluzione di
Gorbaciov, che venne pubblicata prima negli Stati Uniti, con il titolo Time
of Change (Pantheon Books, 1990) e poi in Giappone. Quasi contemporaneamente
usci' in Italia Transizione alla democrazia, per i tipi di Lucarini Editore.
Una nuova edizione, largamente riveduta e aggiornata insieme a Douglas
Northrop, con il titolo Transition to Democracy, usci' nel 1991 negli Stati
Uniti (University Press of New England) e successivamente in Russia, con il
titolo Perekhod k Democratij (Mezhdunarodnye Otnoshenija). Seguirono altri
due libri, il primo fu Cronaca del Golpe Rosso (Baldini & Castoldi, Milano
1991) e Da Mosca. Cronaca di un colpo di stato annunciato (Laterza, Bari
1995). Gli ultimi due libri sulle vicende russe sono stati Russia Addio
(Editori Riuniti, Roma 1997), tradotto in russo con il titolo Proschaj
Rossija (Editrice Geja) con enorme successo di pubblico, superando le 80.000
copie, e successivamente tradotto in cinese (Editrice Nuova Cina, Pechino
1999) e in greco (Kastaniotis, Atene 2000). E Roulette russa (Guerini &
Associati, Milano 1999), che, con lo stesso titolo, Russkaja Ruletka, e'
uscito in Russia a luglio 2000 per i tipi della casa editrice Prava
Cheloveka. Negli ultimi cinque anni si e' occupato di studio della
globalizzazione e, in particolare, degli effetti sul sistema mediatico
mondiale. Ha pubblicato numerosi saggi in materia per riviste italiane ed
estere. Sono stati pubblicati in Russia due suoi saggi ricavati da relazioni
all'Accademia delle Scienze e all'Istituto di Economia e relazioni
internazionali (Imemo). Attualmente collabora stabilmente o saltuariamente
anche con altri giornali russi: Literaturnaja Gazeta, Delovoi Vtornik,
Moskovskie Novosti. Sono usciti recentemente altri suoi lavori. Per i tipi
di Einaudi e' stato pubblicato G8-Genova, la cronaca degli avvenimenti del
luglio 2001. Per i tipi della Guerini e associati e' uscito il libro
Afghanistan anno zero, scritto con il giornalista e disegnatore satirico
Vauro, con prefazione di Gino Strada, il chirurgo italiano fondatore di
Emergency. Quest'ultima opera e' rimasta per un anno in vetta alle
classifiche, avendo superato 115.000 copie vendute. E' uscita una edizione
in lingua greca. Nella primavera del 2002 e' uscito, per i tipi di
Feltrinelli, La guerra Infinita, che ha gia' superato le 60.000 copie ed e'
rimasto a lungo in vetta alle classifiche della saggistica. Il volume ha
un'edizione tedesca: Das Zeitalter des Imperiums, Europaische
Verlagsanstalt, Hamburg 2003. Sempre per Feltrinelli nel marzo 2003 e'
uscito Superclan, scritto con Marcello Villari; a Mosca, sempre nel 2003, e'
stato pubblicato, per le edizioni Neizvestnaja Voina, il volume
Beskonechnaja Voina: una raccolta di saggi che include parti di Afghanistan
anno zero, de La Guerra infinita e di Superclan. Nei primi mesi del 2004 e'
uscito, per i tipi della casa editrice Nottetempo, La guerra come menzogna.
Di esso esiste gia' una traduzione in francese, per la Timeli edizioni di
Ginevra. Della Guerra infinita esiste gia' una edizione in inglese, presto
acquistabile via Internet, e una in spagnolo. Recentemete Nottetempo ha
pubblicato il saggio Invece di questa sinistra, ultima fatica di Giulietto
Chiesa, che contiene il suo programma politico per le elezioni europee. A
ottobre 2004 ha pubblicato per le edizioni Piemme, insieme al vignettista
Vauro, I peggiori crimini del comunismo, una denuncia satirica che svela il
passato 'rosso' di alcuni degli uomini piu' vicini all'allora presidente del
Consiglio dei ministri Silvio Berlusconi. Ultime opere pubblicate: Cronache
Marxiane, Editore Fazi, 2005; Le carceri segrete della Cia in Europa,
Piemme, 2007". Dalla Wikipedia, edizione italiana, riportiamo per stralci
alcune informazioni che integrano quelle sopra riportate: "Dal 2001 in poi
Giulietto Chiesa scrive e opera soprattutto sui temi della globalizzazione
economica, politica e militare, con un'attenzione particolare sui suoi
effetti sul sistema dei mass media. Ha pubblicato molti saggi su questo tema
per riviste italiane ed estere... Gli ultimi saggi si concentrano tutti sui
temi della guerra e della globalizzazione... Nel 2005 pubblica Cronache
Marxziane, Fazi, Roma. Guidato dalle domande di Massimiliano Panarari,
Chiesa si scaglia contro il nuovo imperialismo e il 'superclan' dei padroni
del mondo - dalle banche d'affari anglosassoni ai soci di Bin Laden, da
Berlusconi a George W. Bush - nonche' contro quella che definisce la
'macchina dei sogni', l'onnipervasivo sistema contemporaneo dei media che
esercita un'influenza sempre piu' forte sulle menti. Il libro incita
all'impegno diretto e all'assunzione di responsabilita' di fronte a un
sistema economico, mediatico e politico che nella visione di Giulietto
Chiesa e' una minaccia per il pianeta e rischia di condannare tutti alla
catastrofe ecologica e all'estinzione. Sugli stessi temi scrive Prima della
tempesta, Nottetempo, 2006. Diventa presidente dell'associazione MegaChip e
membro della presidenza nazionale dell'associazione Gruppo del cantiere per
il bene comune insieme ad Achille Occhetto, che ne e' il presidente
nazionale, Elio Veltri, Antonello Falomi e Diego Novelli. Del gruppo faceva
parte anche l'economista Paolo Sylos Labini, poi scomparso. Nel 2003
aderisce, da indipendente, all'alleanza politica fra Antonio Di Pietro e
Achille Occhetto in occasione delle imminenti elezioni europee del 2004. E'
stato eletto deputato del Parlamento europeo nel 2004... In seno al
Parlamento europeo e' stato nominato vicepresidente della Commissione per il
commercio internazionale, membro della Commissione per la cultura e
l'istruzione, della Sottocommissione per la sicurezza e la difesa, della
Delegazione alla commissione di cooperazione parlamentare UE-Russia, della
Delegazione alle commissioni di cooperazione parlamentare UE-Kazakistan,
UE-Kirghizistan e UE-Uzbekistan e per le relazioni con il Tagikistan, il
Turkmenistan e la Mongolia. Nel corso del 2006, assieme a Megachip, ha
promosso un gruppo di lavoro che indaga sulle vicende dell'11 settembre
2001, fortemente critico nei confronti delle inchieste ufficiali e delle
interpretazioni correnti dei mass media. All'interno di questo gruppo di
lavoro, Giulietto Chiesa e' autore, insieme a Franco Fracassi, di Zero -
Inchiesta sull'11 settembre, un film documentario attualmente in fase di
lavorazione. Nel maggio 2007 ha aderito a Sinistra Democratica. E'
editorialista per diverse testate e riviste (La Stampa, Galatea, Megachip,
Micromega, Il manifesto, Latinoamerica)...". Tra le opere di Giulietto
Chiesa: Obiettivo Teheran, De Donato, 1980; (con Roy Medvedev), L'Urss che
cambia, Editori Riuniti, 1987;  (con Roy Medvedev), La rivoluzione di
Gorbaciov, Garzanti, 1990; Transizione alla democrazia, Lucarini, 1990;
Cronaca del Golpe Rosso, Baldini & Castoldi, 1991; Da Mosca. Cronaca di un
colpo di stato annunciato, Laterza, 1995; Russia Addio, Editori Riuniti,
1997; Roulette russa, Guerini & Associati, 1999; G8-Genova, Einaudi, 2001;
Afghanistan anno zero, Guerini & Associati, 2001; La guerra infinita,
Feltrinelli, 2002; (con Marcello Villari), Superclan, Feltrinelli, 2003; La
guerra come menzogna, Nottetempo, 2004; Invece di questa sinistra,
Nottetempo, 2004; "La virtualizzazione del reale e la fucina delle
illusioni", in AA. VV., Brandelli d'Italia, Chimienti, 2005; I peggiori
crimini del comunismo, Piemme, 2005; Cronache Marxziane, Fazi, 2005;
Giulietto Chiesa. Prima della tempesta, Nottetempo, 2006; Le carceri segrete
della Cia in Europa, Piemme, 2007; Zero. Perche' la versione ufficiale
sull'11 settembre un falso, Piemme, 2007]

All'attenzione dei cittadini della Tuscia
Cari cittadini della Tuscia, e segnatamente della bella cittadina di
Viterbo.
Qualche mese fa, come alcuni di voi ricorderanno, il sottoscritto, Giulietto
Chiesa, deputato europeo (ancora non per molto) si pronuncio' pubblicamente
contro il ventilato progetto di costruzione di un nuovo aeroporto nel Lazio.
Sarebbe stato il terzo. Cosiddetto "low cost", per i voli appunto a basso
costo.
Spiegai che non parteggiavo per l'aeroporto in un altro posto, per esempio
Latina, ma che ero contrario al terzo aeroporto perche' sarebbe stata una
enorme spesa, sbagliata e soprattutto inutile.
Perche'? Semplicemente perche' i voli aerei si sarebbero assai presto
ridotti e quindi costruire un nuovo aeroporto, sperando in un loro impetuoso
sviluppo sarebbe stato assolutamente insensato.
Fui investito da un uragano di insulti. Non di critiche, che sarebbero state
legittime, ma di insulti.
I vostri politici locali, quasi tutti, a quanto risulta, attuali amici
dell'attuale governo, vi promettevano nuovo benessere, nuovi posti di
lavoro, nuovo turismo. Naturalmente a spese della vostra salute e della
distruzione dell'ambiente naturale. Comunque promettevano sfracelli di
sviluppo. Anche l'allora ministro dei trasporti Bianchi, lui "di sinistra",
si pronuncio' a favore del nuovo aeroporto.
Spero, per voi e per noi tutti, che non abbiano gia' cominciato a spendere
soldi. Perche' piu' soldi avranno gia' speso, piu' soldi avremo perduto
tutti, inclusi voi, in qualita' di contribuenti.
Perche'?
Perche' il nuovo aeroporto della Tuscia non si fara'.
Perche'?
Perche' si sta gia' verificando quello che io avevo detto allora. Il prezzo
del petrolio sta cambiando tutto il panorama economico mondiale. I voli
aerei (tra i maggiori responsabili dell'effetto serra), saranno ridotti. E
non per la saggezza degli scriteriati governanti che vi hanno ingannato,
cialtroni incompetenti e bugiardi, bensi' perche' la crisi economica sta
letteralmente "mettendo a terra" migliaia di aeroplani. Dappertutto.
La faccenda e' gia' cominciata in America. E poiche' e' l'America che indica
la via, sara' bene che sappiate che negli Stati Uniti ci si sta preparando
per "significativi tagli nei voli aerei", sia di quelli interni che
internazionali.
Episodio transitorio? Niente affatto. Scrive l'"International Herald
Tribune" (28-29 giugno 2008) che questa sara' tendenza "di lungo periodo".
Annuncia che, "entro la fine dell'anno (2008) non meno di 100 citta'
americane perderanno i loro regolari collegamenti commerciali aerei". L'anno
prossimo il loro numero raddoppiera'. Otto piccole e medie compagnie aeree
americane sono gia' fallite, o sono in fallimento solo quest'anno. Il tutto
mentre decine di altre compagnie aeree stanno vendendo, anzi svendendo,
centinaia di aerei, ormai considerati improduttivi perche' consumano troppo.
Le tariffe aumentano e aumenteranno ancora di piu' quando l'Europa, in prima
fila, comincera' a imporre alle compagnie aeree un costo aggiuntivo per ogni
chilometro volato, che dovra' pagare l'emissione di gas serra.
Dunque, concludendo: i voli "low cost" si ridurranno molto presto. Gli
aeroporti "low cost" saranno ridimensionati. E nessuno pensera' piu' di
costruirne altri, perche' l'erba crescera' sulle piste deserte. Dunque cari
concittadini della Tuscia, come avevo preavvertito, si verifica adesso che
l'aeroporto promessovi era una bufala. Coloro che ve lo hanno promesso erano
o dei demagoghi ignoranti, o dei demagoghi disonesti. O forse entrambe le
cose. Chiedete conto a loro.
Cordiali saluti a tutti
Giulietto Chiesa
Roma, primo luglio 2008

2. AFGHANISTAN. ENRICO PIOVESANA: SEMPRE PIU' VITTIME CIVILI
[Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il seguente
articolo del 30 giugno 2008 col titolo "Afghanistan, sempre piu' vittime
civili" e il sommario "Oltre 250 civili afgani uccisi dalla Nato dall'inizio
dell'anno".
Enrico Piovesana, giornalista, lavora a "Peacereporter", per cui segue la
zona dell'Asia centrale e del Caucaso; e' stato piu' volte in Afghanistan in
qualita' di inviato]

Durante una conferenza stampa tenutasi domenica a Kabul, il sottosegretario
generale delle Nazioni Unite per gli affari umanitari, Sir John Holmes, ha
denunciato che nella prima meta' del 2008 il numero delle vittime civili
della guerra in Afghanistan e' cresciuto del 62% rispetto allo stesso
periodo del 2007: settecento morti - contro i 430 della prima meta'
dell'anno scorso - di cui oltre 250 vittime dei bombardamenti aerei e delle
truppe Nato. Un dato, quest'ultimo, in linea con quello del 2007, che vide
circa cinquecento civili afgani morire sotto le bombe alleate.
*
La Nato nega ma non spiega
I comandi Nato hanno reagito con fastidio. "Gia' lo scorso maggio l'Onu ci
ha accusato di aver ucciso duecento civili, e gia' in quell'occasione avevo
detto che questi numeri sono di molto superiori ai dati in nostro possesso",
ha dichiarato Mark Laity, portavoce dell'alleanza a Kabul, concludendo che
"vale lo stesso questa volta". Peccato che la Nato non abbia mai fornito
numeri alternativi dei civili uccisi nelle proprie operazioni, limitandosi a
ripetere il solito ritornello sulla estrema difficolta' di evitare "danni
collaterali" a causa del fatto che i talebani si nascondono nei villaggi tra
i civili e sparano dalle case.
*
Solo la punta dell'iceberg
I caccia della Nato effettuano in Afghanistan una media di cinquanta
missioni di bombardamento ogni giorno. Secondo le squadre militari di
verifica a terra della Nato (le Jtac, joint terminal attack controller), le
vittime dei raid aerei sono sempre "insorti", e se non lo sono ce li fanno
diventare. Le morti civili vengono alla luce solo quando quando le autorita'
locali afgane hanno il coraggio di contestare la versione ufficiale della
Nato. Quindi I dati ufficiali, come quelli diffusi dall'Onu, sono solo la
punta dell'iceberg: la maggior parte delle vittime civili non vengono
riportate perche', in base alle direttive alla stampa diramate il 12 giugno
2006 dal governo Karzai, I giornalisti afgani - gli unici ad avere accesso
alle informazioni sul campo - non possono scrivere articoli che mettano in
cattiva luce le forze militari straniere.

3. RIFLESSIONE. GIOVANNI ZOPPOLI: ASSALTO AL CAMPO ROM
[Dal mensile "Lo straniero" n. 97, luglio 2008 (articolo disponibile anche
nel sito www.lostraniero.net) col titolo "Assalto al campo rom".
Giovanni Zoppoli (Napoli, 1972), si occupa di ricerca/azione pedagogica e
sociale a partire da marginalita' urbane e intercultura; ha lavorato nei
campi rom di Napoli e Bolzano; conduce percorsi di formazione per i docenti
della scuola primaria e master universitari a Napoli, Roma e Milano; fa
parte di "Osservazione", centro di ricerca/azione contro la discriminazione
di Rom e Sinti; coordina il Centro Territoriale Mammut, programma nazionale
di ricerca e operativita' sociale, con sede a Scampia; e' cronista per il
quotidiano "Alto Adige"; fa parte della redazione della rivista "Lo
Straniero" e di "Zaza' due", per cui ha curato, con Maurizio Braucci, il
numero zero Napoli comincia a Scampia. Nel 2007 presso la casa editrice
Orecchio Acerbo ha pubblicato il libro per bambini Gago]

"Andate via, ve ne dovete andare. 'Sti zingari sono la rovina di Napoli. Ve
ne dovete andare". Cosi' ci accoglie l'omino dell'Asia, la municipalizzata
che a Napoli si occupa di immondizia (raccolta, pulizia di strade,
eccetera). E' sabato mattina, e come ogni mattina Piazza Grandi Eventi a
Scampia e' un mastodontico deserto, coperto di siringhe, chiazze di sangue,
panni vecchi come giaciglio dei tossici che ci sono venuti per bucarsi e ci
hanno poi passato la notte. La piazza rappresenta uno dei tanti sprechi di
spazio e danaro pubblico, nessuno sa bene a che cosa serva (se non agli
architetti e alle imprese che l'hanno costruita). E' da settembre che
assieme ad altre scuole e associazioni del territorio, si cerca di ridare un
senso a questa piazza. L'omino dell'Asia ormai non ne puo' piu' di noi: se
non ci fossimo stati il Comune non avrebbe dovuto far pulire questa piazza
cosi' grande, enorme e assolata, e la fatica gli spazzini avrebbero potuto
risparmiarsela. Sa che ci saranno anche tanti bambini dai campi rom a
giocare con noi questa mattina. E cosi' sa anche con chi prendersela.
*
Un chilometro piu' in la', in via Zuccarini, sotto la fermata della metro,
fino al 2000 c'erano due campi rom. Con il Compare (Comitato per
l'assegnazione e realizzazione di soluzioni abitative non ghetto per i rom)
ci siamo arrivati nel '96, proseguendo il lavoro di un altro gruppo di
volontari che con quei rom aveva relazioni da piu' di dieci anni. Oltre a
noi nei campi lavoravano Opera Nomadi, Sant'Egidio, Caritas, Don Guanella e
altri. Chi in un modo chi nell'altro. Ma, soprattutto, i rom di quei campi
avevano una relazione quotidiana con gli altri abitanti di Scampia, sia
perche' vivevano li' da vent'anni, sia perche' bastava uscire dal campo per
trovarsi in piena citta', tra strade e palazzi abitati dai gage'. Le
relazioni "naturali" tra semplici cittadini e quelle "artificiali" con noi
associazioni, andarono in fumo nell'arco di una notte. Le uscite in giro per
la citta', la baracca gioco e poi quella medica costruita con i rom nel
campo, le feste, i convegni nazionali, le giornate e le nottate di
assemblee, gli spettacoli fatti insieme in giro per l'Italia... tutto in
fumo! Uno zingaro ubriaco investi' due ragazze e una delle due mori'. A
qualcuno che nel quartiere era importante la cosa non ando' giu' e a Scampia
(una polveriera gia' allora, anche se i media non se ne erano accorti
perche' entusiasti del "rinascimento" bassoliniano) alcuni abitanti diedero
fuoco a uno dei due campi. Ai roghi fecero seguito lo stato di assedio, lo
scambio di accuse tra associazioni pro rom sul da farsi, le nottate passate
a presidiare il campo superstite, la paura dei bambini e degli adulti amici
nostri, i raid incendiari che malgrado tanta polizia proseguirono per
diverso tempo, le lunghe carovane di zingari che, terrorizzati, decisero di
andare via. L'amministrazione parve accorgersi per la prima volta degli
oltre duemila rom presenti a Scampia da piu' di vent'anni, ma l'unica cosa
che seppe fare fu affrettare la costruzione di un megacampo dietro il
carcere di Secondigliano (gia' in cantiere e ormai legittimato
dall'emergenza). Circa 700 rom vennero trasferiti in una parte di citta'
chiusa tra il carcere e una strada a scorrimento veloce, e il campo venne
spacciato dall'amministrazione come villaggio di lusso, il primo autorizzato
della Campania. Dall'inchiesta che avevamo condotto nel resto d'Europa, dai
tanti convegni organizzati in citta' anche con i politici locali, per noi
era chiaro che quel campo sarebbe stato l'ennesimo atto di stupidita'
cittadina rispetto alla questione rom. Dovunque la situazione rom fosse
stata affrontata con i "campi", nel giro di poco tempo tutto era
precipitato: aumento dei costi sociali, aumento della criminalita' interna,
aumento dello stato di emarginazione, aumento della distanza, e quindi del
razzismo, tra rom e autoctoni. Mantenemmo le nostre posizioni e rifiutammo
ogni collusione nella gestione del campo, mettendoci contro tutti, rom
compresi. Purtroppo, nel giro di pochissimo tempo, le cose sono andate
proprio come avevamo previsto. Le famiglie "integrate" abbandonarono Napoli
poco tempo dopo e il villaggio divento' un vero inferno, assolutamente
ingestibile, con costi economici e sociali enormi. Restarono in piedi solo
le relazioni artificiali, e non quelle che auspicavamo noi.
*
Il caso ha voluto che nel giro di una decina d'anni a precipitare non
fossero solo i campi rom, ma la citta' nel suo insieme. Dal rinascimento
bassoliniano si e' passati all'inferno bassoliniano e, colpevoli solo di
aver scelto uno dei momenti peggiori della nostra storia, nei primi anni del
secondo millennio a Napoli hanno iniziato ad arrivare i romeni. Non sempre
rom (per quanto queste tre lettere possono significare, ma questa e'
un'altra storia) e portatori di altre priorita', di tematiche spesso assai
diverse da quelle degli slavi di lunga stanzialita' presenti nella regione,
arrivarono a Napoli decine di cittadini comunitari in cerca di un luogo in
cui vivere.
Il ventaglio di soluzioni prospettato per i rom slavi da chi conosceva la
questione e non aveva particolari interessi di bottega (progetti integrati
centrati sulle specificita' delle singole famiglie; soluzioni abitative
miste, destinate cioe' ai rom quanto agli italiani autoctoni in un'ottica di
edilizia popolare non speciale; fondo di garanzia comunale per chi volesse
affittare un appartamento...), questo ventaglio che prima degli incendi del
2000 aveva iniziato a far breccia in qualche settore piu' illuminato
dell'amministrazione, e' diventato presto fantascienza. Le politiche sociali
condotte disastrosamente dal Comune di Napoli per la citta' nel suo insieme,
non hanno fatto eccezione rispetto ai rom, che hanno continuato a venire
considerati "problema etnico". A fronte delle difficolta' oggettive a
trovare Municipalita' o altri Comuni disposti ad accogliere campi rom (anche
se accompagnati dalle solite belle parole progressiste per indorare: "I rom
sono una risorsa... Il popolo del vento, che meraviglia!" eccetera), e
malgrado il disastro che il primo villaggio della Campania si era
dimostrato, Comune e Provincia hanno continuato a prospettare come unica
soluzione quella dei "campi" (chiamati in vari modi, ma sempre a significare
una concentrazione etnica in un luogo preciso). Del resto "concentra e
controlla" e' la logica prevalente in Italia rispetto ai rom, come
espressamente dichiarato dal responsabile delle case Ipes di Bolzano sul
principale quotidiano locale. Anche se la civile Bolzano (che ha tenuto per
oltre dieci anni i rom in un campo comunale costruito su una discarica, che
venne dichiarato grandemente pericoloso nel 2007 in seguito alla denuncia di
"Osservazione" e per questo e' in via di smantellamento) il "concentra e
controlla" oggi lo opera nelle case popolari dell'Ipes, dove ammassa rom e
sinti in alcuni condomini.
*
Indubbiamente, continuando a guardare fuori di Napoli, per esempio a quanto
hanno fatto Cofferati a Bologna e Veltroni a Roma, all'amministrazione
napoletana non si potrebbero che riservare parole di stima, perche' di
episodi di discriminazione attiva grave, a Napoli, le istituzioni non si
sono finora macchiate (anche se a Bologna come a Roma, a differenza dal
capoluogo campano, a sgomberi e altri trattamenti ingiusti ha corrisposto
una qualche presa in carico dei rom da parte dell'amministrazione). Invece
lo sgombero dei rom sulle rive del Reno e' stato uno dei principali cavalli
di battaglia di Cofferati sin dai suoi esordi. I giovani dell'"Ex Scalo
Migranti" con i rom del lungo Reno avevano lavorato per anni, avevano
stretto relazioni "artificiali" molto simili a quelle "naturali", legami di
reciprocita' come poche volte e' accaduto altrove. Tutto e' andato in
macerie anche a Bologna, sotto le ruspe del sindaco progressista profeta
dell'emergenza sicurezza in cerca di consensi da strappare alla destra.
Ovviamente i rom venivano sgombrati per riapparire qualche giorno dopo
qualche metro piu' avanti. Ma questo che importa? L'importante e' mandare in
onda l'operazione sicurezza. Sgomberi e re-ingomberi sono ancora oggi
all'ordine del giorno nel capoluogo della regione rossa.
Stessa intuizione l'ha avuta l'ex sindaco di Roma che, per contribuire alla
sceneggiata nazionale, in concomitanza con l'omicidio Reggiani ha mandato in
onda scene degne dei lager, sgomberi feroci che difficilmente ad Alemanno
potranno riuscire meglio. Del resto fu proprio Veltroni tra i primi a
mettere nei "Patti per la sicurezza" i campi nomadi come assoluta priorita'.
Anche lui ha provato a costruire l'identita' del suo raggruppamento sulla
sicurezza, nel tentativo di strappare il paese alla destra. Non gli e'
andata bene, tale e quale a Bologna. Da Opera al rogo toscano di
quest'estate (dove lo Stato non ha saputo far di meglio che arrestare i
genitori dei bambini del campo a cui gli italiani avevano dato fuoco), odio
e intolleranza verso i rom hanno continuato a fermentare nel terreno fertile
preparato dalla sinistra e concimato dalla destra.
Ad agosto del 2007, ecco l'ennesimo tentativo di dar fiato all'archetipo
dello "zingaro ladro di bambini". Su una spiaggia siciliana una rom viene
accusata di voler rapire un bambino, ma la smentita arriva dopo pochi
giorni, la zingara stava salvando il bambino da una macchina che arrivava e
niente, proprio niente aveva a che fare con un rapimento. Nel maggio 2008,
l'archetipo ha trovato finalmente una conferma: per la prima volta nella
storia (fino a oggi nessun rom e' stato mai condannato per "furto di
bambini") sembra che davvero una zingara abbia rubato un bambino. E stavolta
non si capisce proprio perche' non dovremmo crederci. Certo la zingara in
questione in quella casa non era nuova, a sentire gli abitanti del quartiere
ci era andata altre volte per ricevere in dono vestiti, e insomma la zingara
si recava presso quella famiglia con una certa prevedibilita'. Viene da
chiedersi perche' una persona sana di mente, che tutti vorrebbero cacciare
dalla citta' e se riesce a restarci e' per la copertura che le da' il
territorio, un bel giorno decide di andare a rubare un bambino proprio nella
casa dei suoi benefattori napoletani. Anche perche' quei benefattori non
sono persone qualunque, ma una famiglia molto inserita nel quartiere, che ha
rapporti molto buoni col territorio. E il territorio a Napoli lo Stato
riesce a governarlo meglio attraverso i boss locali che non attraverso i
suoi poteri ufficiali. Capi e capetti della malavita a Ponticelli non ne
mancano, e sembra ormai certo che erano stati proprio loro a vedere di buon
occhio gli insediamenti dei rom nel quartiere napoletano qualche anno prima.
Pare che i boss ai rom chiedessero il pizzo, una sorta di "tassa di
accampamento", in modo da tirar su qualche spicciolo. Poi hanno iniziato a
nascere i comitati anti-rom e perfino quelli del Partito democratico,
ammiratori di Cofferati, hanno fatto affiggere un manifesto inneggiante alla
cacciata degli zingari da Ponticelli. Il clima contro i romeni accampati in
via Argine ha iniziato a scaldarsi, ed ecco che la zingara ruba il bambino.
Benzina sul fuoco. La gente del posto racconta che ancor prima degli incendi
e degli incendiari, sul luogo del delitto erano presenti le telecamere della
"Vita in diretta". Ed e' un fatto certo che i terreni dove c'erano i campi
rom sono quelli interessati dal Pru, dal Piano di riqualificazione urbana e
che, se entro l'agosto di quest'anno in quell'area non iniziano i lavori, 67
milioni di fondi ministeriali destinati alla riqualificazione di Ponticelli
vanno perduti. Gia' negli anni precedenti le stesse gare sono andate deserte
e i fondi sono andati perduti, ma questa e' la prima volta che nel bando la
quota per l'edilizia privata e' aumentata di circa il 40%. Certo e' pure che
i boss della mala locale hanno molti interessi nell'edilizia. Diventati un
problema piu' che una risorsa, i rom sono stati dunque cacciati. E non dalle
ruspe di un sindaco che a Napoli e' di cartapesta, ma da chi e' deputato al
controllo del territorio.
*
Ad andare in fumo, per l'ennesima volta, le relazioni "naturali" e
"artificiali" (e anche le diverse migliaia di euro spesi in progetti di
integrazione e mediazione). "Molte sono le associazioni che in questi anni
si sono occupate di rom a Ponticelli. I laboratori per l'integrazione nelle
scuole, come quello con bimbi di 6 anni italiani e rom, o le occasioni
create per favorire incontro e scambio, sembrano oggi molto lontane", dice
Antonella Di Nocera, dell'Arci Movie di Ponticelli. A lei, come agli altri
della rete di associazioni di Ponticelli di cui fa parte, tutta la faccenda
sembra un brutto scherzo. "Ponticelli nel giro di qualche giorno e' passata
agli onori della cronaca come capitale del razzismo nazionale, terra di
camorra e di xenofobia. Semplificare il male - che, ovviamente c'e' - e'
molto piu' facile che raccontare la complessita' dell'azione quotidiana per
il bene". E aggiunge: "I media ricostruivano l'accaduto mentre stava ancora
accadendo! Chi era presente aveva la netta sensazione che le telecamere
provocassero, anzi fomentassero gli assalti e i blocchi stradali.
Costruzione della realta' e sua rappresentazione erano fuse come non mai".
Effettivamente la sera dei roghi di Ponticelli, sulla lunga strada che
faceva da sponda al campo, la gente era davvero in preda all'isteria
televisiva, ed era strano sentire in puro dialetto napoletano le parole
tante volte ascoltate a "Porta a porta" da Borghezio, Bossi, Fini...
Antonella racconta degli anni di abbandono del quartiere, delle tante scelte
politiche e amministrative che hanno finito per peggiorare la situazione di
Ponticelli anziche' migliorarla. "Sono vent'anni che attraverso il cinema
abbiamo cercato di costruire un senso di comunita', relazioni, processi
educativi e civili. Con scuole, parrocchie, con migliaia di cittadini del
quartiere durante questi anni abbiamo messo su cose importanti. Le
istituzioni di tutto questo non si sono accorte, o, meglio, la Regione se
n'e' accorta finanziando a piu' riprese il proprietario privato del Pierrot,
il cinema salvato negli anni Novanta dalla nostra associazione e diventato
un luogo-simbolo della 'resistenza' culturale nelle periferie. Il fermento
di attivita' e il capitale sociale accumulato, anche a Ponticelli non ha
trovato riscontro in una progettualita' pubblica capace di individuare e
valorizzare le eccellenze, le forze vere su cui fare leva; capace di
investire su quelle vocazioni e competenze territoriali sulle quali - in
altri posti, in altri paesi - la politica ha il coraggio di scommettere
davvero". Prima della camorra, prima dell'odio xenofobo alimentato da destra
e da sinistra in campagna elettorale, dietro ai roghi di Ponticelli ci
sarebbe insomma soprattutto il malessere di un quartiere, il suo senso
d'abbandono, e dunque una disperata mancanza di fiducia nelle istituzioni.
Lo scenario dei roghi al campo rom di Ponticelli si e' ripetuto in maniera
quasi uguale a quello del 2000 a Scampia. Molti dei rom, anche dagli altri
campi di Napoli (compresi quelli superstiti di Scampia), sono fuggiti verso
altre regioni e nazioni; molti cittadini napoletani (compreso il simpatico
omino dell'Asia che ci ha dato il benvenuto in piazza Grandi Eventi) hanno
avuto un rigurgito razzista, inneggiando alla cacciata dei rom. Le
istituzioni, come nel 2000, di fronte all'ennesima emergenza, non hanno
saputo che pesci pigliare.
*
Eppure qualcosa di diverso c'e'. Oltre all'inquietante investitura di un
"Prefetto speciale per i rom" paventata anche a Napoli, mentre nel 2000
tutti si affrettarono a condannare i roghi come un atto riprovevole, oggi
tutti, a partire dai giornali, si sono fiondati a riconoscere la
superiorita' organizzativa della malavita organizzata rispetto allo Stato.
Dove lo Stato non e' riuscito a fare gli sgomberi e' riuscita la Camorra.
"Ora non resta che attuare il Pru", titolava il quotidiano "Roma" del giorno
dopo. Tutto e' ancora una volta funzionale alla messa in onda della
sceneggiata nazionale su immigrazione e criminalita'. Come per il "reato di
clandestinita'", che non potra' mai essere applicato per mancanza di mezzi,
di persone e di capacita', ma che serve a gonfiare l'operazione sicurezza,
giocata tutta sul piano dell'immaginario collettivo. Ma di diverso dal 2000
c'e' anche qualcosa di buono. Consapevolezza e fermento di base, rispetto ad
allora, sono cresciuti. Una volta rassegnato a non potersi aspettare niente
di buono dalle istituzioni, l'attivismo autonomo di gruppi e cittadini che
credono nel "ben fare" vive oggi un prezioso momento di vivacita'. Il
Comitato Spazio Pubblico di Scampia ne e' un esempio. Nato nel luglio 2007
per aprire in citta' il dibattito su  risorse e spazi "non privati", il
Comitato e' ora composto da una consistente componente di rom di Scampia
(l'associazione Asunen Romalen, cresciuta negli anni nel rapporto con
un'altra associazione del Comitato, Chi rom e chi no), costituendo un
precedente importante di attivismo rom non finalizzato a questioni
"etniche", ma al perseguimento di interessi generali. Nelle giornate di
incontro e socialita' organizzate nel giugno 2008 dal nascente Coordinamento
cittadino per gli spazi pubblici (di cui fa parte anche la rete di
Ponticelli, oltre a quelle dei quartieri Sanita', Montesanto e Scampia) gli
incendi di maggio sono diventati una questione di gestione di spazi e
risorse della citta'. Altra novita' importante rispetto al 2000 e' la
presenza del Comitato Rom e Sinti, che senza gage' a far da padri, sta
lavorando in tutta Italia per dar forza a un attivismo autonomo e alla
consapevolezza dei rom e sinti. Sul versante istituzionale invece, non resta
che confidare nella possibilita' che la verita' sui fatti di Ponticelli
possa emergere, che le indagini della magistratura riescano a smascherare al
piu' presto quanto e' accaduto. In assenza di tutto questo, non resterebbe
che appellarsi al buon cuore dei boss locali, che la Madonna li illumini e
capiscano quanto danno potrebbe derivare ai comuni amici rom di tutto il
mondo da una "innocente" (del resto nessuno si e' fatto male) sceneggiata di
quartiere.

4. LIBRI. ELENA LOEWENTHAL PRESENTA "L'ALBA DELLA TEOLOGIA MUSULMANA" DI
JOSEF VAN ESS
[Dal supplemento librario settaale "Tuttolibri" del quotidiano "La stampa"
del 28 giugno 2008 col titolo "Per l'Islam conta piu' l'inizio che la fine"
e il sommario "L'alba della teologia musulmana nei secoli VIII e IX,
un'ottima introduzione a un universo religioso tanto conclamato quanto, in
fondo, sconosciuto".
Elena Loewenthal, limpida saggista e fine narratrice, acuta studiosa; nata a
Torino nel 1960, lavora da anni sui testi della tradizione ebraica e traduce
letteratura d'Israele, attivita' che le sono valse nel 1999 un premio
speciale da parte del Ministero dei beni culturali; collabora a "La stampa"
e a "Tuttolibri"; sovente i suoi scritti ti commuovono per il nitore e il
rigore, ma anche la tenerezza e l'amista' di cui sono impastati, e fragranti
e nutrienti ti vengono incontro. Nel 1997 e' stata insignita altresi' del
premio Andersen per un suo libro per ragazzi. Tra le opere di Elena
Loewenthal: segnaliamo particolarmente Gli ebrei questi sconosciuti, Baldini
& Castoldi, Milano 1996, 2002; L'Ebraismo spiegato ai miei figli, Bompiani,
Milano 2002; Lettera agli amici non ebrei, Bompiani, Milano 2003; Eva e le
altre. Letture bibliche al femminile, Bompiani, Milano 2005; Scrivere di
se'. Identita' ebraiche allo specchio, Einaudi, Torino 2007; con Giulio Busi
ha curato Mistica ebraica. Testi della tradizione segreta del giudaismo dal
III al XVIII secolo, Einaudi, Torino 1995, 1999; per Adelphi sta curando
l'edizione italiana dei sette volumi de Le leggende degli ebrei, di Louis
Ginzberg.
Josef Van Ess e' professore emerito di studi islamici all'Universita' di
Tubinga. Opere di Josef Van Ess: L'alba della teologia musulmana, Einaudi,
Torino 2008]

Il rapporto delle religioni con il tempo e' sempre qualcosa di cruciale.
Quelle rivelate, in particolare, che s'innestano sulla radice biblica,
fondano sullo scorrere della storia e della narrazione la propria identita'
terrena. Il tempo e', assai piu' dello spazio, il luogo dove Dio si rivela
all'uomo. E' il terreno della fede e dell'agire dell'uomo, forte - ma anche
debole - del fatto che, in un certo punto del tempo, Dio ha parlato a lui.
Quel tempo e' innanzitutto un passato delle origini, e anzi di prima ancora.
Poi e' il presente dell'avventura umana, della voce del cielo che giunge fin
qui sotto. Il futuro, quello remoto ma anche cio' che sta dietro l'angolo,
s'inventa a poco a poco. Con la tenacia dell'attesa e la disillusione
dell'ingiustizia. Con la speranza di un mondo migliore e la stanchezza per
quello che esiste. Ma il futuro e', fra i tempi della religione, l'ultimo ad
arrivare. Il passato e', teologicamente, cio' su cui la fede poggia e di cui
si alimenta. "L'islam moderno, nelle tendenze riformiste come nelle correnti
integraliste, si ispira a una visione della storia che privilegia l'inizio
rispetto alla fine, il passato rispetto all'avvenire. Senza alcun dubbio si
tratta di un'utopia, che potremmo definire 'del cominciamento ideale'".
Cosi' scrive Josef Van Ess in L'alba della teologia musulmana che la Piccola
Biblioteca Einaudi manda in libreria con una prefazione di Alberto Ventura e
la cura puntuale di Ida Zilio-Grandi (pp. XXI + 142, euro 15). Van Ess e'
professore emerito di Studi islamici all'Universita' di Tubinga e questo
breve volume e' una sorta di sunto dei sei che egli ha dedicato alla
teologia musulmana dei secoli VIII e IX. Ma esso ha una sua autonomia di
lettura e costituisce di fatto un'ottima introduzione a un universo
religioso tanto conclamato quanto, in fondo, sconosciuto. Perche' l'islam e'
oggigiorno noto quasi esclusivamente per i suoi comportamenti: dal velo
femminile al terrorismo internazionale in nome di Allah. "Molti musulmani di
oggi hanno ridotto l'islam a un oggetto artefatto e pietrificato, facendo
piazza pulita di una secolare tradizione teologica basata sull'equilibrio e
sulla moderazione", scrive Alberto Ventura.
A questa "amnesia" delle idee provvede il libro, presentandoci i fondamenti
teologici di questa fede cosi' come si formulano in quel periodo delle
origini che e' fondamentale non solo per l'islam ma per ogni religione
costruita. Dall'atomismo come necessita' teorica alla costruzione
dell'autorita' spirituale e giuridica, dal rapporto con il testo sacro
all'antropomorfismo, all'ermeneutica come pratica di fede. Come altre
religioni rivelate, e in particolare l'ebraismo fondato sul dettato biblico
del prima "fare" e poi "ascoltare", anche l'islam e' un'ortoprassi prima che
un'ortodossia. Ma cio' non esclude la formulazione di una civilta' delle
idee come base della fede.
Questo volume e' una guida per scendere alle fondamenta dell'islam, cioe' a
quei presupposti teologici che vengono prima e dopo il comportamento
dell'uomo. Ne risulta un fenomeno religioso complesso, consapevole di se',
paradossalmente evoluto in queste origini tanto trascurate.

5. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

6. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 504 del 2 luglio 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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