La domenica della nonviolenza. 111



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LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 111 del 13 maggio 2007

In questo numero:
1. Nadia Neri: Le donne, la nonviolenza. L'esempio di Etty Hillesum
2. Maria G. Di Rienzo: Per cosa mio figlio va a morire? Il linguaggio
semplice delle madri statunitensi

1. RIFLESSIONE. NADIA NERI: LE DONNE, LA NONVIOLENZA. L'ESEMPIO DI ETTY
HILLESUM
[Ringraziamo Nadia Neri (per contatti: nadianeri at hotmail.com) per questo
intervento.
Nadia Neri e' psicologa analista, membro didatta dell'Associazione Italiana
e Internazionale di Psicologia Analitica, vive e lavora a Roma; ha esplorato
in articoli e saggi alcuni aspetti della dimensione psichica femminile; ha
pubblicato, tra l'altro, numerosi studi su Etty Hillesum (il primo, del
1988, e' tradotto in olandese). Opere di Nadia Neri: Oltre l'Ombra. Donne
intorno a Jung, Borla, Roma 1995; Un'estrema compassione: Etty Hillesum
testimone e vittima del Lager, Bruno Mondadori, Milano 1999; (a cura di),
L'odio. Irreparabile?, "Quaderni di Psicoterapia Infantile" - Borla, Roma
2007.
Etty Hillesum e' nata a Middelburg nel 1914 e deceduta ad Auschwitz nel
1943, il suo diario e le sue lettere costituiscono documenti di altissimo
valore e in questi ultimi anni sempre di piu' la sua figura e la sua
meditazione diventano oggetto di studio e punto di riferimento per la
riflessione. Opere di Etty Hillesum: Diario 1941-1943, Adelphi, Milano 1985,
1996; Lettere 1942-1943, Adelphi, Milano 1990, 2001. Opere su Etty Hillesum:
AA. VV., La resistenza esistenziale di Etty Hillesum, fascicolo di
"Alfazeta", n. 60, novembre-dicembre 1996, Parma; Nadia Neri, Un'estrema
compassione, Bruno Mondadori Editore, Milano 1999; Pascal Dreyer, Etty
Hillesum. Una testimone del Novecento, Edizioni Lavoro, Roma 2000; Sylvie
Germain, Etty Hillesum. Una coscienza ispirata, Edizioni Lavoro, Roma 2000;
Wanda Tommasi, Etty Hillesum. L'intelligenza del cuore, Edizioni Messaggero,
Padova 2002; Maria Pia Mazziotti, Gerrit Van Oord (a cura di), Etty
Hillesum. Diario 1941-1943. Un mondo 'altro' e' possibile, Apeiron,
Sant'Oreste (Roma) 2002; Maria Giovanna Noccelli, Oltre la ragione, Apeiron,
Sant'Oreste (Roma) 2004]

Scrivere su donna e nonviolenza oggi mi ha fatto molto riflettere, ho
pensato di attingere all'esperienza ricca del mio lavoro quotidiano di
psicoanalista, ma poi ho scelto di ritornare ad un esempio femminile che
ormai ha accompagnato molti anni della mia vita e cioe' Etty Hillesum.
Per due motivi, innanzitutto perche' credo che noi donne abbiamo troppo
pochi modelli positivi ai quali fare riferimento per la censura che
conosciamo esistere da millenni sulle donne nella storia. Cosi' ancora oggi
la figura di Etty e' sicuramente piu' conosciuta, ma non ancora come
meriterebbe. Eppure il suo e' un esempio alto, testimoniato con la sua
personale esperienza e non solo con le parole del diario e delle lettere.
Oggi che siamo alle prese con manifestazioni continue e sempre piu' violente
di odio (vedi a questo proposito L'odio.Irreparabile?, a mia cura, presso al
casa editrice Borla), di fondamentalismi di ogni genere, Etty diventa
paradossalmente sempre piu' attuale.
Voglio sottolineare soltanto i punti essenziali sui quali dovremmo
continuare a riflettere e ad approfondire: il forte richiamo al senso di
responsabilita' individuale fatto in una situazione estrema; il suo
incessante testimoniare il non odiare a favore dell'indignazione; e
soprattutto l'invito tragico e pressante di Etty a non proiettare e a
guardarsi dentro perche' il male che condanniamo fuori e' innanzitutto
dentro di noi.
Etty ce lo dice mentre e' perseguitata, poi rinchiusa in un campo dal quale
sara' mandata ad Auschwitz. Ce lo dice in modo semplice, chiaro, efficace;
ma quanti di noi ancora oggi riescono ad accettare e soprattutto a vivere il
suo messaggio?
L'ultimo punto che vorrei segnalare con forza e' la sua spiritualita':
libera, profonda, essenziale, fondata sulla preghiera e sulla
responsabilita' individuale; intitolai un capitolo del mio libro su di lei
"aiutare Dio" perche' Etty cosi' risponde in modo rivoluzionario al problema
del male: siamo noi responsabili e Dio poi ci chiedera' conto del male che
noi esseri umani facciamo sulla terra!
Approfondiamo questi modelli positivi di donne e non stanchiamoci mai di
parlarne.

2. RIFLESSIONE. MARIA G. DI RIENZO: PER COSA MIO FIGLIO VA A MORIRE? IL
LINGUAGGIO SEMPLICE DELLE MADRI STATUNITENSI
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
averci messo a disposizione il seguente saggio gia' apparso in Giovanna
Providenti (a cura di), La nonviolenza delle donne, "Quaderni satyagraha" -
Libreria Editrice Fiorentina, Pisa-Firenze 2006.
Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio;
prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice,
regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche
storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica
dell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delle
donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei
diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di
Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra
Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne
nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005. Un
piu' ampio profilo di Maria G. Di Rienzo in forma di intervista e' in
"Notizie minime della nonviolenza" n. 81.
Cindy Sheehan ha perso il figlio Casey nella guerra in Iraq; per tutto il
successivo mese di agosto e' stata accampata a Crawford, fuori dal ranch in
cui George Bush stava trascorrendo le vacanze, con l'intenzione di parlargli
per chiedergli conto della morte di suo figlio; intorno alla sua figura e
alla sua testimonianza si e' risvegliato negli Stati Uniti un ampio
movimento contro la guerra; e' stato recentemente pubblicato il suo libro
Not One More Mother's Child (Non un altro figlio di madre), disponibile nel
sito www.koabooks.com; sta per uscire il suo secondo libro: Peace Mom: One
Mom's Journey from Heartache to Activism, per Atria Books; in italiano e'
disponibile: Mamma pace. Contro la guerra, per i nostri figli, Sperling &
Kupfer, Milano 2006]

Una tradizione di madri
Pochi sanno che la "festa della mamma" fu stabilita come ricorrenza di
protesta dopo la Guerra Civile negli Usa, da parte di madri che avevano
perduto i loro figli nella carneficina della guerra. Ma molti gruppi di
donne pacifiste americane riconoscono quale loro ispiratrice colei che
pubblicamente sostenne questa idea e che scrisse il "Proclama del Giorno
della Madre" nel 1870: Julia Ward Howe.
Nel Proclama si legge, tra l'altro: "Non permetteremo che le grandi
questioni siano decise da forze non pertinenti. I nostri mariti non
torneranno da noi con addosso la puzza del massacro, per ricevere carezze ed
applausi. I nostri figli non ci verranno sottratti affinche' disimparino
tutto quello che noi siamo state in grado di insegnare loro sulla carita',
la pieta' e la pazienza. Noi donne di una nazione proviamo troppa tenerezza
per le donne di una qualsiasi altra nazione, per permettere che i nostri
figli siano addestrati a ferire i loro".
La dichiarazione di Julia Ward Howe chiede inoltre un consiglio
internazionale delle donne, un congresso generale senza limiti di
nazionalita', che proponga mezzi con cui "la grande famiglia umana possa
vivere in pace" e promuova l'alleanza fra differenti nazioni e la
risoluzione amichevole delle questioni internazionali.
Numerose madri attiviste statunitensi hanno trovato una leader ed una nuova
ispiratrice in Cindy Sheehan, il cui figlio e' morto in Iraq, e che ha
passato l'agosto scorso fuori dal ranch del presidente Bush per chiedergli
spiegazioni al proposito. Una donna "sola", priva del sostegno di
associazioni o partiti, forte unicamente della propria determinazione, ha
portato con se' 100.000 sostenitori a Washington, nel settembre 2005, e
scosso l'intera nazione. Una donna con una domanda semplicissima,
amplificata ormai da un coro di migliaia e migliaia di altre voci: "Qual e'
la nobile causa per cui mio figlio e' morto?".
"La logica suggerirebbe", disse Swanee Hunt durante un incontro
internazionale di pacifiste nel 2003, "che una donna che ha perso un figlio
o una figlia in una guerra divenga amara e rabbiosa. Ci si aspetta che
questa madre si dedichi alla vendetta, e ad alimentare i fuochi dell'odio.
Ma invece scopriamo che queste donne dicono: Cio' che e' accaduto a me non
deve piu' accadere a nessun'altra, perche' io so quanto e' terribile, e cosa
si prova. Percio', per favore, non compatite queste donne. Queste donne sono
giganti. Sono donne dall'enorme coraggio, e dal grandissimo impegno".
*
Le parole per dirlo
Casey Sheehan, militare statunitense di 24 anni, primogenito di quattro tra
fratelli e sorelle, muore dopo cinque giorni dal suo invio in Iraq,
nell'aprile del 2004. "Ci sono state molte notti, dopo che Casey era morto e
seppellito, in cui ho dovuto trattenermi dall'ingoiare l'intero flacone dei
sonniferi. Il dolore e la voragine di disperazione erano troppo forti per
lottare contro di loro. Come ci si puo' aspettare che una persona continui a
vivere in un mondo che e' cosi' pieno di dolore e cosi' avaro di speranza?
Percio' pensavo: 'Sarebbe cosi' facile prendere queste pastiglie ed andare a
dormire, e non svegliarsi piu' in questo mondo terribile'. Cio' che mi ha
trattenuta dal commettere quest'atto codardo ed egoista sono stati gli altri
miei tre figli. Come potevo metterli in una situazione cosi' orribile, dopo
quello che stavano gia' passando? Sapevo che dovevo vivere, e sapevo che
continuare a vivere sarebbe stato (e lo e' ancora) la cosa piu' difficile
che io avessi mai fatto" (da una lettera di Cindy Sheehan, 7 ottobre 2005).
Risvegliata alla vita ed alla speranza dai versi che le dedica sua figlia in
una poesia, la madre di Casey ricorda che non e' sola a patire
quell'intollerabile dolore, e l'ultima strofa della poesia della giovane
Carly la trascina letteralmente fuori da una sofferenza lacerante ma
immobile: "Avete mai udito il suono di una nazione che viene cullata al
sonno? I leader vogliono tenervi annebbiati, cosi' il dolore non sara'
troppo profondo. Ma se noi, il popolo, li lasciamo continuare, un'altra
madre piangera'. Avete mai udito il suono di una nazione che viene cullata
al sonno?".
In quel momento, dice Cindy Sheehan, la madre ferita seppe che avrebbe
impiegato ogni briciola di tempo, di denaro e di energia per portare a casa
le truppe, prima che un'altra madre dovesse piangere. Le sue lettere ed i
suoi articoli appaiono sul web, lavora in Florida durante il periodo
elettorale contro la rielezione di George W. Bush, collabora con
l'associazione "Gold Star Families for Peace" (associazione pacifista di
famiglie che hanno ricevuto un'onorificenza per i parenti caduti in guerra),
parla al raduno per la pace di Fayetteville davanti a 5.000 persone, il suo
caso finisce sulla prima pagina di "The Nation", testimonia alle
consultazioni sulla guerra del deputato John Conyer nel giugno del 2005.
I suoi interventi su internet vengono ripresi e postati in numerosi siti,
generano dibattito e scambio via mail, e qualcuno comincia a notare che il
linguaggio di Cindy, un intercalare familiare, pieno di espressioni
colloquiali, diretto ed inequivocabile, ed allo stesso tempo
puntigliosamente informato, non e' quello che solitamente viene usato per
discutere di guerra, pace, governo, soldati e Iraq.
"Un'e-mail che ho ricevuto prima di Crawford", racconta Cindy Sheehan,
diceva: "Cindy, e' meglio se non usi tutte quelle imprecazioni. C'e' della
gente, sai, quella che sta alla finestra, nel mezzo, che si risente'. Sapete
cos'ho risposto? 'Dannazione, non me lo dire! Come, come? C'e' ancora gente
che sta alla finestra in questo mondo? Se cade dalla parte pro Bush e pro
guerra che alzi il didietro e vada in Iraq, a prendere il posto di qualcuno
che vuole tornare a casa. E se cade dall'altra parte che si alzi in piedi e
cominci a parlare. Ma qualsiasi sia il lato in cui volete cadere, smettete
di stare alla finestra'".
Il 3 agosto 2005, un'apparizione televisiva di Bush riempie la donna di
sdegno: 14 marines sono morti in un solo giorno, ed il commento del
Presidente statunitense e' che essi sono caduti "per una nobile causa".
"Io non credevo, ne' prima che Casey morisse, ne' dopo, e neppure quel 3
agosto 2005, che invadere un paese che era minaccioso per gli Usa quanto la
Svizzera, e che uccidere decine di migliaia di persone per avidita', potere
e denaro, fossero una nobile causa", commenta Cindy Sheehan in una delle sue
lettere.
*
Crawford: il volto di una madre sulla terribile realta' della guerra
Il 5 agosto 2005 Cindy partecipa come relatrice alla Convenzione dei
Veterani per la Pace. In quell'occasione, annuncia pubblicamente la sua
intenzione di recarsi a Crawford, al ranch dove il Presidente trascorre le
sue vacanze estive, perche' ha una domanda da fargli, e qualche cosa da
dirgli.
"Come potete immaginare, i genitori i cui figli sono stati uccisi in guerra
non riescono a far crescere una cicatrice sulla ferita, perche' ogni giorno
essa si riapre. Ogni giorno, e non so perche' lo faccio, so gia' che la
guerra e' brutta, ma ogni giorno vado a vedere chi e' diventato un angelo
mentre io dormivo. E questo mi lacera il cuore, perche' so che c'e' un'altra
madre la cui vita quel giorno sara' rovinata per sempre. Non possiamo mai
iniziare a guarire. Quando quel guerrafondaio di George Bush ha parlato
della tragedia dei marines, ha detto un paio di cose che mi hanno veramente
indignata. So che non lo sembro, sono sempre calma e cosi' via, ma e'
perche' se dovessi cominciare a colpire qualcosa non mi fermerei prima di
aver fatto tutto a pezzi. Percio' neppure comincio, perche' so quanto
pericoloso sarebbe. E George Bush ha detto che le famiglie degli uccisi
dovevano essere certe che i loro cari erano morti per una nobile causa. Ed
ha anche detto, lo dice spesso e mi fa diventare pazza, che dobbiamo restare
in Iraq e completare la missione per onorare il sacrificio di coloro che
sono caduti.
Ma dico, perche' dovrei volere che una sola altra madre passi quello che sto
passando io: dovrei volerlo perche' mio figlio e' morto? Sapete, l'unico
modo in cui si puo' onorare il sacrificio di mio figlio e' portando il resto
delle truppe a casa, fare in modo che la morte di mio figlio conti per la
pace, per l'amore, non per la guerra e l'odio che Bush difende. Non voglio
che costui usi la morte di mio figlio o la sofferenza della mia famiglia per
continuare il massacro.
Percio', come molti di voi hanno sentito, sto andando a Crawford. Non so
neppure dov'e', ci arrivero' da Dallas, non importa, ci sto andando. Ed ho
intenzione di dire a quella gente: 'Portate qua fuori il maniaco: c'e' una
madre con una medaglia d'oro, il cui sangue gli sporca le mani, che ha
qualcosa da chiedergli'. E gli diro': 'Ascolta bene, George, ogni volta che
andrai da qualche parte a dire che bisogna continuare gli ammazzamenti in
Iraq per onorare gli eroi caduti aggiungerai 'ad eccezione di Casey
Sheehan', e inoltre 'ad eccezione di tutti i membri della Gold Star Families
for Peace' perche' noi pensiamo che non una singola goccia di sangue debba
essere versata in nostro nome'. E poi diro': 'Ora vorrei sapere qual e' la
nobile causa per cui mio figlio e morto'. E se mi rispondera' 'la liberta' e
la democrazia', io diro': 'Stupidaggini! Dimmi la verita'. Di' che mio
figlio e' morto per il petrolio, per arricchire i tuoi amici. Mio figlio e'
morto per diffondere il cancro della Pax Americana, l'imperialismo in Medio
Oriente. Tu ci stai portando via la nostra liberta'. Noi non siamo liberi.
Gli iracheni non sono liberi, stanno molto peggio di come stavano prima che
tu ti impicciassi del loro paese'... Ecco, andro' a Crawford e diro' che
voglio parlargli, e se mi diranno che lui non esce, piantero' la mia tenda e
restero' li' fino a che non verra' fuori. Ho tutto il mese di agosto a
disposizione, proprio come lui. Staro' li' sino a che verra' a parlarmi. E
se dovesse interrompere le ferie e andarsene a Washington io smontero' la
tenda e la rimontero' nel prato di fronte alla Casa Bianca... Mi sarebbe
piaciuto venire alla vostra cena, domani sera, ma fino a che George Bush non
parlera' con me, faro' del campeggio a Crawford".
All'inizio sono in sei: Cindy e la sorella, qualche amico. Ma la scintilla
della loro testimonianza accende rapidamente un fuoco. Bush rifiuta di
incontrare la donna, i media cominciano ad interessarsi dell'azione.
L'accampamento diventa "Camp Casey", e tocca punte di partecipazione di
8.000 persone.
Racconta la scrittrice newyorchese Elizabeth Bauchner: "Mentre io mi trovavo
a Crawford, madri da tutti gli Stati Uniti vennero con 4.500 rose con cui
ornare le croci che erano state piantate in nome dei caduti. A parecchie di
esse era appesa la piastrina di riconoscimento dei soldati. Piangevano in
molti, durante la cerimonia, per l'immensa perdita di vite umane. I miei
bimbi aiutarono a decorare le croci con le rose, muovendosi lentamente e in
silenzio, solenni per intuito. Piu' tardi, svegliandosi da un sonnellino, la
mia figlia piu' piccola mi disse: 'Mamma, noi dobbiamo pensare e pensare,
anche quando dormiamo e sogniamo, dobbiamo pensare e pensare a tutti quei
ragazzi che sono morti'. Cindy Sheehan ha mobilitato i pacifisti in tutta la
nazione, o meglio ancora, in tutto il mondo. Quando ho chiesto a Cindy,
durante una conferenza stampa a Camp Casey, come avremmo potuto evitare la
guerra ai nostri figli e figlie, lei comincio' a dire: 'Crescendo i nostri
bambini' e l'emozione la interruppe. Ricomincio' daccapo, dicendo che non
aveva mai parlato a suo figlio Casey del fatto che il suo paese poteva
abusare di lui o fare di lui un uso sbagliato. Chiese a tutte le madri
presenti di spiegarlo ai loro figli, perche' Casey non avrebbe mai creduto
che il suo Presidente potesse mentirgli o abusare di lui. E poiche' tale
Presidente aveva chiarito che non avrebbe parlato con lei, Cindy avrebbe
fatto pressione perche' fosse il Congresso a rispondere alle sue domande.
Non so come andranno le cose, se Cindy riuscira' ad avere delle risposte da
Bush o dal Congresso, ma credo che il suo piu' grande risultato lo abbia
gia' raggiunto: ha convinto madri come me a stare al suo fianco".
Chi per primo raggiunge Cindy a Crawford non sono i consueti oppositori di
Bush e della guerra, il movimento pacifista, la sinistra radicale: sono i
familiari dei caduti e dei militari di stanza in Iraq. Un blocco sociale che
per la maggior parte, tradizionalmente, sostiene i Repubblicani e le loro
politiche. La rivolta che esprimono, intessuta dall'umana sofferenza della
perdita dei loro cari, e' una rivolta contro il tradimento della loro
fiducia. Il principio di autorita' che generalmente accettano e' stato
abusato: si e' mentito loro sulle ragioni della guerra, ed i loro consorti,
i loro figli e figlie, sono morti a causa di tali menzogne.
"Noi, la gente, abbiamo tutto il potere. Noi, il popolo, dobbiamo esercitare
i nostri diritti e le nostre responsabilita' come americani per dissentire
da un governo irresponsabile, temerario, ignorante ed arrogante. Abbiamo
capito, un po' tardi ma non troppo tardi, che quando George disse: 'Se non
siete con noi, siete contro di noi', avremmo dovuto alzarci in piedi in un
furente, giusto e patriottico unisono e dire: 'Hai dannatamente ragione,
pazzo bugiardo. Siamo proprio contro di te, e contro la tua insana
precipitazione nell'invadere l'Iraq'. Non lo facemmo allora, ma Camp Casey
ci ha insegnato che e' giusto far sentire le nostre voci contro il governo.
E non solo e' giusto, ma e' doveroso quando il tuo governo e' responsabile
dell'uccisione di innocenti. E' doveroso, quando non ci sono all'opera ne'
controllo ne' bilanciamento che noi, la gente, si sia il controllo ed il
bilanciamento dei media e del governo" (da una lettera di Cindy Sheehan, 7
ottobre 2005).
*
Il discorso si fa corpo
"Quando arrivo alla dimostrazione Cindy e' una figura distante, che cammina
con una troupe di 'Good Morning America' fra le croci bianche che sono state
piantate qui. Jodie, una delle attiviste antiguerra di Code Pink che indossa
uno stravagante cappello ornato di piume rosa, mi dice di restare nei
paraggi con Joan Baez, i genitori dei soldati, i veterani, i giornalisti e
tutta quest'altra gente: Cindy non manchera' all'appuntamento che ha con me.
Ad ogni passo che fa, viene circondata dalla folla. Abbraccia qualche
persona, si fa fotografare con chi glielo chiede, ascolta brevemente ma con
attenzione chi le dice che e' venuto dalla California o dal Colorado solo
per incontrarla. E' incrollabilmente paziente. Ha una parola per ciascuno e
per tutti. Piu' tardi mi dira': 'La maggior parte delle persone, se mi
seguisse per un'intera giornata, andrebbe in coma gia' alle undici del
mattino'. La sua figura mi sorprende. E' imponente, alta, certamente mi
sovrasta. Forse sono sorpreso perche' generalmente si pensa che una madre
ferita debba essere, in qualche modo, una creatura piccola e 'diminuita'"
(dall'intervista a Cindy Sheehan di Tom Engelhardt, Washington, 26 settembre
2005).
Cindy Sheehan non solo sovrasta, sembra ergersi ad un'altezza inconcepibile
per il dolore materno, ma trasmette assieme ad esso grande energia e
dignita'. Il logo che accompagno' la campagna a Crawford e' la scritta
"America stands with Cindy" (L'America sta, tiene posizione, si erge, con
Cindy), dove la "i" della parola Cindy e' la riproduzione della figura
stessa della donna, in pantaloni, a gambe leggermente divaricate, le braccia
conserte sul petto. Nel momento in cui il giornalista Engelhardt la
descrive, Cindy e' reduce da un'ulteriore azione, il viaggio attraverso 26
stati degli Usa chiamato "Portiamoli a casa subito". Chiunque accompagno'
Cindy Sheehan in questo viaggio aveva persone care in Iraq e si era assunto
l'impegno di parlare in pubblico a favore del ritiro delle truppe e di fare
pressione sui politici. Il tour termino' proprio a Washington, nel grande
raduno contro la guerra che si svolse dal 23 al 26 settembre 2005.
Il 24 Cindy sale sul palco allestito per la dimostrazione, tenuta per mano
da Jesse Jackson (leader del movimento per i diritti civili a cui diedero
inzio Martin Luther King e Rosa Parks): nessun'altra personalita' del
Partito Democratico aveva accettato l'invito ad unirsi alla manifestazione.
Rivolta verso la Casa Bianca, Cindy dice le cose che in America nessun altro
ha il coraggio di dire: "Fermiamo questi criminali fuori controllo, che
hanno infangato l'immagine del nostro paese con le torture", e assieme al
movimento che si e' costruito attorno alla sua testimonianza dichiara la
disobbedienza civile: "Non taceremo fino a quando l'ultimo soldato americano
non avra' lasciato l'Iraq". Citando Gandhi aggiunge: "La disobbedienza
civile diventa un dovere sacro, quando lo stato diventa illegale e
corrotto".
Il 26, giorno finale del tour pacifista, Cindy viene arrestata assieme ad
altri 376 manifestanti, con l'accusa di avere "dimostrato senza permesso".
Tutti gli arrestati rifiutano di pagare la multa di 75 dollari e verranno
quindi processati il successivo novembre.
Prima di andare in tribunale, a fine ottobre, Cindy Sheehan organizza una
veglia settimanale, a Washington, in compagnia di attivisti locali. Al suo
fianco c'e' anche Ann Wright, una dei tre diplomatici del Dipartimento di
Stato ad aver rassegnato le dimissioni per protesta contro la guerra in
Iraq. Il numero dei soldati statunitensi morti laggiu' ha toccato in quei
giorni la quota 2.000.
Spiegando le varie attivita' della veglia (dalla distribuzione di
braccialetti di stoffa nera, commemorativi dei caduti americani ed iracheni,
alla consegna di una corona di fiori all'Ambasciata irachena), Cindy Sheehan
dice in una nota del 23 ottobre 2005: "Ogni giorno, alle 18, terremo un 'die
in', ovvero chiederemo alle persone presenti di sdraiarsi a terra e
rappresentare un soldato morto. A quel punto, la polizia presente ci dara'
tre avvisi prima di arrestarci. Noi non chiediamo a nessuno di essere
arrestato: questa e' una decisione del tutto personale. Io ho pianificato di
non alzarmi da terra, il giorno dopo il duemillesimo soldato ucciso.
Potrebbero arrestarmi. Poi, quando mi lasceranno andare, tornero' la' e mi
sdraiero' di nuovo... I numeri sono scioccanti. Piu' soldati statunitensi
sono stati uccisi in azione nei 32 mesi dell'Iraq che nei quattro primi anni
del Vietnam. Questo non e' un altro Vietnam, gente. Questo e' peggio. Non
possiamo permettere alle persone che dirigono il nostro paese di continuare
a dirigerlo verso una tomba".
Il 16 novembre, Cindy compare davanti alla corte, per i fatti di Washington,
e viene condannata con altri 125 manifestanti a pagare la multa comminatale
in settembre. Cindy si appella contro la sentenza, e questa e' la sua
dichiarazione: "Il mio caro e amato figlio e' stato ucciso in Iraq il 4
aprile 2004. Ad ucciderlo e' stato un 'insorgente' iracheno, ma a premere il
grilletto sono stati George Bush e la sua banda di bugiardi criminali. E'
stato provato ad oltranza che costoro ci hanno mentito sull'invasione e
continuano a mentirci sull'occupazione. Il 26 settembre 2005 io sapevo
benissimo di star violando la legge, sedendo sul marciapiede della Casa
Bianca senza permesso. Ma il motivo per cui stavo seduta la' era attirare
l'attenzione sul fatto che all'interno ci vivono e lavorano degli assassini.
Non fosse per loro, io avrei mio figlio vivo, e migliaia di innocenti
sarebbero vivi anch'essi. L'omicidio non e' forse un crimine? Perche' questa
gente non viene portata di fronte alla giustizia per crimini di guerra e
crimini contro l'umanita'? Chi vorrebbe vivere in un mondo in cui gli
assassini sono liberi di sterminare cittadini innocenti ed interi paesi? Io
so che non lo voglio".
*
L'onda lunga: le madri pianificano
Le donne spesso mostrano scarsa deferenza per i confini politici, etnici o
nazionali. Proprio per questo, e per la loro abilita' nel risvegliare la
comune umanita' in forze ostili, esse sono cruciali nei processi di pace. Le
donne si mettono di fronte agli uomini armati. Alzano le braccia quando si
alzano i fucili e dicono "Fermi!". Le donne vanno in luoghi in cui gli
uomini, al loro posto, verrebbero uccisi. E dicono: Si', sono serba, oppure
croata, oppure palestinese o israeliana, oppure statunitense o irachena,
questo fa parte della mia identita'. Ma sono anche una donna, e capisco le
altre donne in questa situazione. Sono anche una madre, e nessuno meglio di
me sa come tu, altra madre, ti senti. La testimonianza di Cindy Sheehan ha
dato respiro e motivazione ad un gran numero di associazioni pacifiste
femminili e femministe negli Usa, che rivendicano la loro autorita' morale
in nome di un legame imprenscindibile con la vita: l'hanno data in quanto
madri, in quanto nonne, non sopportano di vederla dissipata in inutili
crudelta'. La domanda ritorna: perche' mio figlio, mia figlia, va a morire?
E ponendola, una madre sa che non esiste causa abbastanza nobile, o ragione
abbastanza sensata, per morire in guerra, e trasmette con incredibile forza
simbolica questo messaggio.
Gli effetti della pressione delle madri, per esempio per quanto riguarda
l'atteggiamento nei confronti dell'esercito, sta preoccupando seriamente i
reclutatori militari. Una ricerca del 2004, effettuata dal Pentagono, ha
scoperto che l'81% dei giovani militari maschi e femmine ha ricevuto una
forte opposizione materna alla decisione di arruolarsi nell'esercito. Il
reparto "Ricerche di mercato" del Dipartimento della Difesa ha subito
lanciato un programma, in cui sono coinvolti 270 esperti, per studiare il
fenomeno: il programma si chiama "Studio dell'attitudine materna" e
cerchera' di valutare i fattori che inducono le madri a scoraggiare i figli
dall'arruolarsi. (Personalmente, di primo acchito ho riso, leggendo questa
notizia: ma come, un'indagine per capire perche' le madri dicono: attento, i
fiammiferi scottano!? Non dovrebbe essere ovvio? Ma c'e' una cecita'
implicita, nella risposta del Dipartimento della Difesa alla "minaccia"
materna, e un enorme baratro fra linguaggi).
Susan Galleymore, un'altra madre di un soldato, ha fondato nel 2004
MotherSpeak, un'organizzazione che si propone di far crescere la
consapevolezza nella condivisione delle storie di vita di coloro che hanno
sperimentato e stanno sperimentano guerra e terrorismo: "Quando i nostri
soldati morti furono portati in segreto alla base aerea di Dover il nostro
Presidente disse: "Sarebbe irrispettoso per le famiglie dei morti mostrare
bare avvolte nella bandiera". E noi abbiamo annuito, e ringraziato Dio
perche' il morto seguente non era nostro figlio. Poi, improvvisamente, era
proprio nostro figlio, o il figlio di un amico, o un amico di nostro
figlio... Abbiamo appreso che il Dipartimento della Difesa mente sul numero
di statunitensi morti e feriti, e non menziona mai il numero dei civili
morti e feriti. Abbiamo imparato che i media, come pappagalli, ripetono la
retorica della paura che il nostro Presidente usa per forzarci al silenzio.
Ma noi non taceremo piu'... Ora invitiamo i media ad unirsi a noi quando
andiamo a ritirare i resti dei nostri cari nei feretri, avvolti nelle
bandiere, dall'esercito. E assicuriamo agli altri statunitensi che non
troviamo affatto irrispettoso condividere il nostro dolore".
Le Blue Star Moms (Mamme della stella blu) di San Francisco, invece, sono un
gruppo che si e' formato poco dopo l'11 settembre fra madri che hanno figli
e figlie nelle forze armate. Oltre a dare sostegno morale alle madri, le
Blue Star Moms stanno investendo incredibili energie nel tentativo di
ottenere il ritiro delle truppe dall'Iraq. E vi sono molti altri gruppi, di
madri o di donne, impegnati in questo sforzo: Another Mother for Peace
(Un'altra madre per la pace), per esempio, che fu fondato nel 1967 per porre
fine alla guerra in Vietnam ed e' molto attivo tutt'oggi, o Code Pink
(Codice rosa) le cui associate, vestite di rosa, sono assai visibili alle
manifestazioni di protesta contro la guerra.
C'e' persino un gruppo, fondato nel novembre 2003, che si chiama "Nonne
contro la guerra". Costoro tengono una veglia a New York davanti al
Rockfeller Center ogni mercoledi' da due anni, ed hanno composto la canzone
originale che oggi fa da "sigla" alla campagna "Teatri contro la guerra"
(gruppi teatrali statunitensi la suonano e cantano prima di mettere in scena
i loro pezzi). Il 17 ottobre 2005, 18 di queste nonne sono state arrestate
ed accusate di "condotta disordinata" per aver tentato di entrare in un
centro di reclutamento dell'esercito con i loro cartelli pacifisti appesi al
collo. La polizia ha arrestato donne che vanno dai 49 ai 90 anni d'eta',
compresa appunto la novantenne, e cieca, Marie Runyon.
"Abbiamo suonato piu' volte il campanello", ha detto la simpatica Joan Wile,
settantaquattrenne presidente dell'associazione, "Vedevo teste fare capolino
dalle finestre e poi ripararsi dietro le scrivanie. Non capisco di cosa
avessero paura. Forse non sapevano cosa fare con un gruppo di vecchiette.
Perche' non ci hanno aperto e hanno chiamato la polizia? Per quello che ne
sapevano loro potevamo essere venute ad arruolarci".
Alla loro veglia di mercoledi' 16 novembre 2005, dopo l'udienza in
tribunale, c'era anche Cindy Sheehan.
Madri e nonne stanno contrastando i reclutatori nelle scuole (campagna
"Leave my child alone!", ovvero Lascia in pace mio figlio), stanno compiendo
un tour diretto ad incontrare ogni singolo deputato al Congresso per
chiedergli di attestare pubblicamente la sua posizione rispetto alla guerra,
in base alla quale decideranno se votarlo di nuovo o meno (campagna "Meet
the moms", ovvero Incontra le mamme), sono tornate a Crawford, con Cindy
Sheehan, per il Giorno del Ringraziamento.
*
24 novembre 2005, una lettera aperta di Cindy Sheehan al presidente Bush
"George, la mia famiglia sta trascorrendo il secondo Ringraziamento senza
Casey, grazie a te ed alle tue bugie. Io ho passato questa giornata
piangendo sull'aeroplano che mi portava a Crawford, a chiederti di nuovo un
incontro. Da agosto, quando volevo chiederti quale fosse la nobile causa per
cui hai ucciso Casey e gli altri, oltre 200 dei nostri uomini e donne sono
morti nella sciarada irachena. Possiamo solo ipotizzare quanti innocenti
iracheni siano stati massacrati. Tu non hai ancora risposto alla mia
domanda. Molte persone nel nostro paese, che hanno avuto figlie e figli
uccisi, che hanno figlie e figli in servizio, e molti americani preoccupati,
vogliono anche loro la risposta alla stessa domanda.
Inoltre, da agosto abbiamo scoperto che le forze americane stanno usando
armi chimiche in Iraq. L'esercito ha ammesso l'uso di fosforo bianco come
arma contro i combattenti nemici. Scusami, George, ma da quando un'arma che
spara da considerevole distanza sa distinguere fra i nemici e gli innocenti?
E' difficile ignorare e distogliere gli occhi dalle raccapriccianti immagini
dei cittadini bruciati di Fallujah. E visto che ci siamo, George, l'uso
delle armi chimiche non e' proibito? Non hai sempre detto che Saddam era "un
uomo malvagio" perche' usava armi chimiche contro la sua stessa gente? Per
te va bene usarle in Iraq, visto che i cittadini iracheni non sono la tua
gente? Cio' non fa forse di te un provato criminale di guerra?
George, per il  bene del popolo iracheno, non credi sia ora di portare le
nostre forze armate a casa dall'Iraq? E' ora di finirla con le ipocrisie e
l'insensibilita' dell'ucciderli per diffondere il tuo tipo di liberta' e
democrazia. So qual e' il tipo di liberta' e democrazia che preferisci.
Quando nessun dissenso aperto e' permesso, quando nessuno puo' chiedere al
governo di raddrizzare i torti, mentre le nostre e-mail possono essere lette
e controllate e i libri nella nostra biblioteca analizzati e scandagliati.
Il tuo tipo di liberta' e democrazia calunnia patrioti coraggiosi come
codardi e traditori perche' hanno il coraggio di parlare contro le tue
politiche omicide. La maggioranza degli americani non lo vuole proprio, il
tuo tipo di liberta' e democrazia. Cosa ti fa pensare che lo voglia il
popolo iracheno?
George, per il bene delle persone meravigliose, coraggiose e molto giovani
che vestono con orgoglio l'uniforme degli Usa: e' tempo di portarle a casa.
Hanno fatto tutto quello che hai chiesto loro di fare. Hanno anche fatto
cose che rendono almeno un quarto di queste persone molto malate, nei loro
cuori e nelle loro anime. Alcune sono state uccise senza necessita', in modi
che potevano essere evitati, e alcune stanno tornando a casa mutilate. Per
cosa, George? Per quale nobile causa?
George, tu hai sempre avuto tutto fornito su un piatto d'argento. Non ti
biasimo per aver usato l'influenza della tua famiglia per evitare di andare
in Vietnam. Non biasimo nessuno che abbia tentato di tirarsi fuori da quella
guerra disastrosa e totalmente malvagia. Cio' per cui ti biasimo e' l'aver
ucciso mio figlio in un'altra guerra disastrosa e totalmente malvagia. Lui
voleva servire il suo paese, ed era pronto a morire per salvare le vite dei
suoi compagni. Dovresti vergognarti di sfruttare l'onore di Casey e l'onore
di altri nelle forze armate, di cui sei il comandante in capo perche' anche
questo ruolo ti e' stato offerto sul piatto d'argento. Domanda al tuo vice
se pensa che Casey potesse avere altre priorita' invece di morire a 24 anni.
Tu hai il sacro lusso di avere due figlie in casa con te, oggi, per il
pranzo del Ringraziamento. Vi punzecchiate scherzando, durante il pasto,
come la mia famiglia era solita fare? Racconti loro vecchi e buffi aneddoti
di famiglia, e ridete pensando ai vecchi tempi? E' cosi' che va per te,
George? La nostra famiglia ha condiviso il pasto e abbiamo tentato di essere
allegri, ma pensa un po': non e' la stessa cosa quando un membro molto
apprezzato della famiglia se n'e' andato per sempre. La morte prematura di
Casey getta un'ombra su tutti i nostri giorni, ma le festivita' sono
particolarmente dure.
Tu e Laura vi rivolterete nel letto stanotte, e vi alzerete e andrete alla
finestra, tormentati dalla paura che le vostre figlie Jenna e Barbara
possano essere uccise in Iraq? Fate un salto ogni volta che squilla il
telefono? Il vostro cuore batte all'impazzata mentre sentite bussare alla
porta, temendo che all'uscio ci sia l'Angelo della Morte vestito con la
divisa dell'esercito? Non credo. Due soldati sono stati uccisi oggi in Iraq,
George. Spero le loro famiglie non fossero sedute a pranzo quando e' stato
annunciato loro che le vacanze erano finite per sempre, ma non c'e' alcun
momento buono per notizie tanto orrende.
Te lo chiedo di nuovo, fa' la cosa giusta. Porta a casa le nostre truppe
dall'Iraq. Non continuare ad ucciderne altri perche' le tue politiche
omicide ne hanno gia' uccisi tanti. Quanti morti saranno abbastanza? 58.000?
Uno solo era gia' troppo. Te la diro' io la nobile causa per cui Casey e'
morto, George: una pace vera e duratura. Per favore, dai dignita' a tutte
queste morti mettendo la parola fine al barbaro massacro, prima di rovinare
troppe feste per troppe persone. Cindy Sheehan".

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LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 111 del 13 maggio 2007

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