La domenica della nonviolenza. 102



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LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 102 dell'11 marzo 2007

In questo numero:
1. Jean-Pierre Vernant, un resistente
2. Maurizio Bettini ricorda Jean-Pierre Vernant
3. Eva Cantarella ricorda Jean-Pierre Vernant
4. Marco Pacioni ricorda Jean-Pierre Vernant
5. Massimo Stella ricorda Jean-Pierre Verrnant
6. Gian Maria Vian ricorda Jean-Pierre Vernant
7. Jean-Pierre Vernant: Una conferenza a Brno (1998)

1. MEMORIA. JEAN-PIERRE VERNANT, UN RESISTENTE
[Jean-Pierre Vernant (1914-2007), illustre antichista, resistente
antifascista, maestro di cultura, d'impegno civile, di rigore morale e
intellettuale. Dal sito dell'Enciclopedia multimediale delle scienze
filosofiche (www.emsf.rai.it) riportiamo la seguente scheda biografica
risalente a una decina di anni fa: "Jean-Pierre Vernant e' nato il 4 gennaio
l914 a Provins. Ha fatto gli studi secondari ai licei Carnot e
Louis-le-Grand di Parigi e gli studi superiori alla Sorbona, conseguendo
l'agregation nel l937. Richiamato sotto le armi allo scoppio della seconda
guerra mondiale e smobilitato nel luglio l940, al rientro comincia a
insegnare filosofia al liceo di Toulouse. Entra nella Resistenza e avra' un
ruolo di primo piano nel movimento di liberazione, come capo delle Forces
Francaises de l'Interieur de Toulouse et Haute Garonne, poi delle Ffi du
Sud-Ouest, sotto lo pseudonimo di 'colonnello Berthier'. Nel dopoguerra
aderisce al Pcf, collaborando ad 'Action' con una rubrica di politica
estera, e insegna, fino al l948, al liceo Jacques Decour di Parigi.
Ricercatore al Cnrs dal l948 al l957, continua il suo impegno politico prima
contro la guerra d'Indocina, poi contro la guerra d'Algeria. Dal l957 al
l975 e' direttore di studi all'Ecole Pratique des Hautes Etudes, VI e V
sezione. Nel l964 fonda e dirige fino al l985 il Centre de Recherches
Comparees sur les Societes Anciennes (Centre Louis Gernet). Dal l975 al l984
ha ricoperto la cattedra di Studio comparato delle religioni antiche al
College de France, di cui e' stato poi professore emerito. E' membro di
diverse accademie, tra cui l'Academie royale de Belgique, l'American Academy
of Arts and Sciences, l'Academia Europaea e commendatore della Legion
d'Onore. Opere: Les origines de la pensee grecque, Puf, Paris l962; Mythe et
pensee chez les Grecs, Maspero, Paris l965; (con Pierre Vidal-Naquet), Mythe
et tragedie en Grece ancienne, Maspero, Paris l972; Mythe et societe' en
Grece ancienne, Maspero, Paris l974; (con Marcel Detienne), Les ruses de
l'intelligence. La metis des Grecs, Flammarion, Paris l974; (con Marcel
Detienne), La cuisine du sacrifice en pays grec, Gallimard, Paris l979; (con
Pierre Vidal-Naquet), Mythe et tragedie deux, Maspero, Paris l986; con (con
Pierre Vidal-Naquet), Travail et esclavage en Grece ancienne, Complexe,
Bruxelles l988; (con Pierre Vidal-Naquet), Oedipe et ses mythes, Complexe,
Bruxelles l988; con (con Pierre Vidal-Naquet), La Grece ancienne l. Du mythe
a' la raison, Seuil, Paris l990; con (con Pierre Vidal-Naquet), La Grece
ancienne 2. L'espace et le temps, Seuil, Paris l992; (con Pierre
Vidal-Naquet), La Grece ancienne 3. Rites de passage et transgressions,
Seuil, Paris l992; (con Aldo Schiavone), Ai confini della storia, Einaudi,
Torino, l993; Entre mythe et politique, Seuil, Paris l996. J.-P. Vernant ha
inoltre diretto, con Charles Malamoud, Corps des dieux, Gallimard, Paris
l986; L'homme grec, Seuil, Paris l993; e, con S. Georgoudi, Mythes grecs au
figure'. De l'antiquite' au baroque, Gallimard, Paris l996. Pensiero:
Jean-Pierre Vernant, continuando, nel campo della psicologia storica e
dell'antropologia, le ricerche aperte da Ignace Meyerson e da Louis Gernet,
mostra che il pensiero greco e' inseparabile dal quadro storico-sociale che
l'ha visto nascere: la citta'-stato, caratterizzata dalla libera discussione
e dalla gestione assembleare del potere. Vernant, applicando questa griglia
di lettura in particolare allo studio della religione greca, per un verso ne
mostra la specificita', per un altro ne ripropone, attraverso una nuova
analisi dei miti (come quelli di Prometeo o di Ermes e di Estia), aspetti
apparentemente marginali ma inquietanti - e strutturalmente significativi -,
che ridisegnano i contorni di una civilta' troppo spesso presentata come
'miracolosamente' perfetta". Opere di Jean-Pierre Vernant disponibili in
italiano: Mito e pensiero presso i greci. Studi di psicologia storica,
Einaudi, Torino 1970, 1978, 2000; (con Pierre Vidal-Naquet), Mito e tragedia
nell'antica Grecia. La tragedia come fenomeno sociale estetico e
psicologico, Einaudi, Torino 1976; Le origini del pensiero greco, Editori
Riuniti, Roma 1976, 1997; (con Marcel Detienne), Le astuzie
dell'intelligenza nell'antica Grecia, Laterza, Roma-Bari 1978, poi anche
Mondadori, Milano 1992; Mito e societa' nell'antica Grecia. Religione greca,
religioni antiche, Einaudi, Torino 1981, 2007; Nascita di immagini e altri
scritti su religione, storia, ragione, Il Saggiatore, Milano 1982; (con
Marcel Detienne), La cucina del sacrificio in terra greca, Bollati
Boringhieri, Torino 1982; La morte negli occhi. Figure dell'altro
nell'antica Grecia, Il Mulino, Bologna 1987; (con Pierre Vidal-Naquet), Mito
e tragedia, due. Da Edipo a Dioniso, Einaudi, Torino 1991; (con Aldo
Schiavone), Ai confini della storia, Einaudi, Torino 1993; Passe' et
present, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1995; Edipo senza complesso.
I problematici rapporti tra mitologia e psicanalisi, Mimesis, Milano 1996;
Tra mito e politica, Raffaello Cortina Editore, Milano 1998; (con Francoise
Frontisi Ducroux), Ulisse e lo specchio. Il femminile e la rappresentazione
di se' nella Grecia antica, Donzelli, Roma 1998; (con Luciano Canfora,
Francesco De Martino), Venticinque secoli dopo l'invenzione della
democrazia, Fondazione Paestum, 1998; L' universo, gli dei, gli uomini. Il
racconto del mito, Einaudi, Torino 2000; L'individuo, la morte, l'amore,
Raffaello Cortina Editore, Milano 2000; Figure, idoli, maschere, Il
Saggiatore, Milano 2001; Mito e religione in Grecia antica, Donzelli, Roma
2003; Senza frontiere. Memoria, mito e politica, Raffaello Cortina Editore,
Milano 2005; C'era una volta Ulisse. E anche Perseo, Polifemo, Circe e
Medusa, Einaudi, Torino 2006]

La scomparsa di Jean-Pierre Vernant, resistente antifascista, maestro di
antichistica, persona buona, e' un dolore profondo. Scompare con lui una
figura di militante e di studioso da cui molto abbiamo imparato. A due mesi
dal decesso vogliamo qui ricordarlo come compagno di lotte e di ricerca,
eroe della comprensione e della solidarieta' che l'umanita' intera
raggiunge, custode e maieuta dell'umana dignita' che in ogni singola persona
s'incarna.

2. MEMORIA. MAURIZIO BETTINI RICORDA JEAN-PIERRE VERNANT
[Dal quotidiano "La repubblica" dell'11 gennaio 2007.
Maurizio Bettini, docente e saggista, insegna filologia classica
all'Universita' di Siena; dal 1992 tiene regolarmente seminari presso il
Dipartimento di studi classici della University of California, a Berkeley.
Tra le opere di Maurizio Bettini: Studi e note su Ennio, Pisa, Giardini
1979; Plauto. Mostellaria e Persa, traduzione e note a cura di M. Bettini,
Milano, Mondadori 1981; Antropologia e cultura romana, Roma, La nuova Italia
Scientifica 1986 (Anthropology and Roman Culture, trans. J. Van Sickle,
Baltimore, Johns Hopkins University Press 1991); Verso un'antropologia
dell'intreccio, Urbino, QuattroVenti 1991; (a cura di), La maschera, il
doppio e il ritratto, Bari, Laterza 1991; Il ritratto dell'amante, Torino,
Einaudi 1992 (The Portrait of the Lover, trans. L. Gibbs, Berkeley-Los
Angeles, University of California Press 1999); Familie und Verwandschaft in
Rom, Muenchen, Campus Verlag 1992; (a cura di), Lo straniero, ovvero
l'identita' culturale a confronto, Bari, Laterza 1992; (a cura di),
Maschile/femminile. Genere e ruoli nella cultura antica, Bari, Laterza 1993;
I classici nell'eta' dell'indiscrezione, Torino, Einaudi 1994 (Classical
Indiscretions, transl. by J. McManamon, edit. by R. Langlands, London
Duckworth 2001); (a cura di), Letteratura latina: Storia letteraria e
antropologia romana, 3 volumi, Firenze, La nuova Italia 1995; (a cura di), I
signori della memoria e dell'oblio, Firenze, La nuova Italia 1996; Nascere.
Storie di donne, donnole, madri ed eroi, Torino Einaudi 1998; (a cura di),
La grammatica latina, 3 volumi, Firenze La Nuova Italia 1998; Il Vangelo di
Marco, traduzione di M. Bettini, in I Vangeli, Stamperia Valdonega, Verona
2000; Le orecchie di Hermes. Studi di antropologia e letterature classiche,
Torino, Einaudi 2000; (con Omar Calabrese), BizzarraMente, Milano,
Feltrinelli 2002; (con Carlo Brillante), Il mito di Elena, Torino, Einaudi
2002; Francesco Petrarca sulle arti figurative. Tra Plinio e S. Agostino,
Livorno, Sillabe 2002; (con Ezio Pellizer), Il mito di Narciso, Torino,
Einaudi 2003; (con Giulio Guidorizzi), Il mito di Edipo, Torino, Einaudi
2004]

Sali' sulla pedana dove stava la cattedra, tiro' a se' la sedia, ma non si
sedette. Il pubblico senese - numerosissimo: come si poteva mancare a una
conferenza del grande Jean-Pierre Vernant? - lo guardava con ammirazione, ma
anche con un po' di sconcerto. Perche' restava in piedi? Indugio' ancora
qualche secondo, poi scosse la testa e finalmente si sedette. Vernant
parlava malvolentieri da seduto. Forse fu per questo che, prima di iniziare
la sua conferenza, volle almeno togliersi la giacca; ma non avendo dove
appoggiarla, la lascio' scivolare tranquillamente a terra, davanti a tutti.
Poi comincio' a parlare, a braccio, come sempre faceva.
A mia conoscenza, Vernant e' stato l'unico ellenista che, quando parlava,
pareva veramente ispirato da una musa, come l'aedo omerico. Salvo che poteva
lasciar scivolare la giacca per terra con una semplicita' inaudita.
Beniamino Placido, che assisteva alla conferenza, il giorno dopo scrisse che
quel gesto gli aveva ricordato un film con Jean Gabin.
*
Vernant se n'e' andato all'eta' di novantadue anni, ma avremmo voluto averlo
con noi ancora a lungo. Nel mondo degli studi classici Jipe', come lo
chiamavano i suoi amici, costituiva una presenza fondamentale, il vuoto che
lascia non potra' essere colmato da nessuno. L'oratore dalla meravigliosa
semplicita', l'aedo omerico che sapeva raccontare il mito greco anche ai
suoi nipoti e bisnipoti (come ha fatto in due libri pubblicati in Italia da
Einaudi), il saggista elegante, dallo stile trasparente come il cristallo,
al mondo greco in realta' non c'era arrivato lungo la via della letteratura.
La sua "agregation" l'aveva infatti ottenuta in filosofia, nel lontano 1937,
e i suoi primi studi furono dedicati a Diderot. Nel 1940 c'era stato poi
l'incontro con Ignace Meyerson, che lo aveva coinvolto nel suo appassionante
progetto di psicologia storica, e nel 1948 quello, altrettanto fondamentale,
con Louis Gernet, grande studioso di diritto greco e fondatore
dell'antropologia storica. Ma qualsiasi autobiografia intellettuale di
Vernant, anche la piu' sintetica, non puo' ignorare l'altra grande
componente, o per meglio dire passione, della sua vita: la politica.
Iscritto al Pcf dal 1932 al 1970, il giovane Vernant aveva svolto un ruolo
rilevante nella Resistenza antinazista a Toulouse, e la politica ha
continuato ad appassionarlo lungo l'intera esistenza.
Ci si accorge cosi' che lo studioso il quale, a partire dagli anni Sessanta,
ha in qualche modo rivoluzionato il mondo degli studi classici, e di quelli
greci in particolare, era in realta' un filosofo che aveva attraversato le
scienze sociali, e un "resistente" innamorato della politica. Alla Grecia
Vernant ci era arrivato per una scelta piu' che matura, ecco perche',
probabilmente, e' stato capace di cambiarne l'immagine. Il fatto e' che
Jipe' ha trascorso la sua vita ad "attraversare le frontiere", come suona il
titolo del suo ultimo libro. Ha insegnato a farlo anche a molti di noi e, ci
auguriamo, anche a tanti giovani che debbono ancora affacciarsi
all'orizzonte degli studi classici.
*
Guardo la pila dei suoi libri, ammucchiati sulla scrivania. Li ho messi li'
per aiutare la memoria, certo, ma anche per un ultimo omaggio a un uomo che
abbiamo molto amato. Non e' stato forse lui ad insegnarci che, per i greci,
l'impalpabile psyche' -l'anima del defunto che continua ad aleggiare
nell'Ade - corrisponde a cio' che essi chiamavano kolossos, la rigida stele
di pietra che garantisce il passaggio fra i due mondi, quello di sopra e
quello di sotto? Di lui ci resta un kolossos di libri, uno piu' bello
dell'altro. Mito e pensiero presso i greci, Le origini del pensiero greco...
Da studenti li leggevamo quasi di nascosto, nelle Universita' di allora
Vernant era considerato abbastanza eretico, e soprattutto poco attendibile.
Non e' un grecista! si sussurrava, e a volte questo veniva perfino gridato
ad alta voce. Un po' come Noam Chomsky che non sapeva, dicevano alcuni, se
non l'inglese, e per questo non poteva essere un buon linguista. Ma noi i
libri di Vernant li leggevamo lo stesso. A volte penso che i giovani abbiano
un dio (naturalmente greco) che li aiuta a scegliere i libri giusti, e che
questo dio non possa che essere Eros, pungente dio della passione e
dell'amore: quello a cui Vernant ha dedicato uno dei suoi saggi piu' belli.
Guardo ancora il kolossos dei suoi libri. La morte negli occhi, Mito e
tragedia... Altri li ha scritti assieme a compagni di strada come Marcel
Detienne e Pierre Vidal-Naquet, ad allievi diventati nel tempo amici e
collaboratori, come Francoise Frontisi. A questo punto, quando i libri
ricominciano a farsi persone, ad assumere volti e voci, qualsiasi
classicista non puo' fare a meno di pensare ad un luogo, quello in cui molti
si sono recati, nel corso del tempo, come per un pellegrinaggio o un rito di
passaggio.
Erano poche stanze in Rue Monsieur Le Prince, a Parigi, dove Vernant aveva
fondato il 'Centre des recherches comparees sur le societes anciennes". Un
istituto diventato rapidamente celebre, un punto di riferimento. A chi si
meravigliava della sproporzione fra la semplicita' dei locali, e la fama
raggiunta dal "Centre", veniva risposto che, al piano di sopra, abitava
nientemeno che il grande Greimas. Dopo di che non restava che allargare le
braccia, rassegnati. La vera grandezza si raggiunge nei luoghi semplici,
oltre che nei gesti semplici: come una giacca scivolata a terra.

3. MEMORIA. EVA CANTARELLA RICORDA JEAN-PIERRE VERNANT
[Dal "Corriere della Sera" dell'11 gennaio 2007.
Eva Cantarella, docente universitaria di diritto romano e di diritto greco;
ha pubblicato molte opere sulla cultura antica ed e' autrice di fondamentali
ricerche sulla condizione della donna nelle culture antiche.
Dall'enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche riprendiamo la
seguente scheda: "Nata nel 1936 a Roma, Eva Cantarella si e' laureata in
giurisprudenza nel 1960 presso l'universita' di Milano. Ha compiuto la
propria formazione postuniversitaria negli Stati Uniti all'Universita' di
Berkeley e in Germania all'universita' di Heidelberg. Ha svolto attivita'
didattica e di ricerca in Italia presso le universita' di Camerino, Parma e
Pavia e all'estero all'Universita' del Texas ad Austin ed alla Global Law
School della New York University. E' professore ordinario di Istituzioni di
diritto romano presso la facolta' di giurisprudenza dell'universita' di
Milano, dove insegna anche diritto greco. Partendo dalla ricostruzione delle
regole giuridiche, le ricerche di Eva Cantarella, sia in campo romanistico
che grecistico, tendono da un lato a individuare la connessione tra le
vicende politiche ed economiche e la produzione normativa, e dall'altro a
verificare la effettivita' delle norme stesse, analizzando lo scarto tra
diritto e societa', la direzione di questo scarto e le ragioni di esso". Tra
le opere di Eva Cantarella: La fideiussione reciproca, Milano 1965; Studi
sull'omicidio in diritto greco e romano, Milano 1976; Norma e sanzione in
Omero. Contributo alla protostoria del diritto greco, Giuffre', Milano 1979;
L'ambiguo malanno. Condizione e immagine della donna nell'antichita' greca e
romana, Editori Riuniti, Roma 1981; Tacita Muta. La donna nella citta'
antica, Editori Riuniti, Roma 1985; Pandora's Daughters, Bpod, 1987; Secondo
natura. La bisessualita' nel mondo antico, Editori Riuniti, Roma 1988; I
supplizi capitali in Grecia e a Roma, Rizzoli, Milano 1991; Diritto greco,
Cuem 1994; Passato prossimo. Donne romane da Tacita a Sulpicia, Feltrinelli,
Milano 1996; (con Giulio Guidorizzi), Profilo di storia antica e medievale,
Einaudi Scuola, 1997; Pompei. I volti dell'amore, Mondadori, Milano 1998;
(con Luciana Jacobelli), Un giorno a Pompei. Vita quotidiana, cultura,
societa', Electa, Napoli 1999; Storia del diritto romano, Cuem, 1999;
Istituzioni di diritto romano, Cuem, 2001; (con Giulio Guidorizzi), Le
tracce della storia, Einaudi Scuola, 2001; Itaca. Eroi, donne, potere tra
vendetta e diritto, Feltrinelli, Milano 2002; (con Lorenzo Gagliardi,
Marxiano Melotti), Diritto e sessualita' in Grecia e a Roma, Cuem, 2003;
(con Giulio Guidorizzi), L'eredita' antica e medievale, Einaudi Scuola,
2005; L'amore e' un dio, Feltrinelli, Milano 2006; Il ritorno della
vendetta, Rizzoli, Milano 2007; altre opere a destinazione scolastica: (con
Giulio Guidorizzi), Corso di storia antica e medievale, Einaudi Scuola; (con
Giulio Guidorizzi), Il mondo antico e medievale, Einaudi Scuola; (con Giulio
Guidorizzi), La cultura della storia. Laboratorio, Einaudi Scuola; (con
Giulio Guidorizzi), Lo studio della storia. Laboratorio, Einaudi Scuola;
(con Giulio Guidorizzi), Storia antica e medievale, Einaudi Scuola; (con
Giulio Guidorizzi), Antologia latina, Einaudi Scuola; (con Giulio
Guidorizzi, Laura Pepe), Letteratura e storia di Roma antica. Antologia
degli autori latini, Einaudi Scuola; (con G. Martinotti), Cittadini si
diventa, Einaudi Scuola; (con E. Varni, Franco Della Peruta), La memoria
dell'uomo, Einaudi Scuola]

E' impossibile, in poche righe, dire quel che si vorrebbe di Jean-Pierre
Vernant, nell'apprendere la sua scomparsa a Parigi. Impossibile rendere
almeno in parte giustizia alla grandezza di un uomo che non e' stato solo
uno dei piu' grandi intellettuali del nostro tempo. Bastava sentirlo parlare
una sola volta per capire che non si trattava solo di uno dei grecisti piu'
originali del secolo ventesimo, ma anche una persona straordinaria per
gentilezza, modestia e un perdurante, appassionato interesse alla vita.
Negli anni tra il '43 e il '45, l'impegno politico lo aveva portato (giovane
militante comunista, poi fortemente critico nei confronti del Pcf) a
militare nella Resistenza francese. E a chi gli domandava come potesse
conciliare ricerca e politica raccontava di quando, nel corso di un
dibattito, un giovane gli aveva chiesto se esistesse un nesso tra la sua
lettura di Omero e la sua attivita' nella Resistenza. In un primo momento la
domanda lo aveva scandalizzato: poi si era reso conto dei legami che avevano
tessuto una sorta di rete invisibile di corrispondenze tra il suo passato e
la sua interpretazione dei poemi omerici. L'esperienza di combattente aveva
orientato la sua ricerca "erudita", facendogli privilegiare determinati
aspetti della poesia epica: l'ideale eroico, la vita breve dell'eroe, la sua
"bella morte", l'oltraggio al cadavere, la gloria imperitura, vero onore al
di la' della morte, la memoria del canto poetico.
*
La politica e la Grecia, dunque. Una Grecia diversa, nuova, che Vernant ci
ha aiutato a scoprire nel 1965, anno di pubblicazione di Mito e pensiero
presso i Greci. Un libro fondamentale, per chi era, allora, un giovane
studioso. Riprendendo la parola d'ordine lanciata pochi anni prima da
Zebedei Barbu, Vernant invitava a tornare ai greci. Non i greci "del
miracolo" beninteso. Bisogna cercare, diceva Vernant, quell'uomo greco
antico che non puo' essere separato dal quadro sociale e intellettuale di
cui e' al tempo stesso creatore e prodotto. Bisogna scrivere una storia
dell'uomo interiore solidale a quella delle civilta'.
L'invito a tornare ai greci venne accolto con entusiasmo dagli antichisti
che sentivano la necessita' di un approccio nuovo, che ridesse un senso agli
studi classici. I greci che Vernant invitava a riscoprire erano al tempo
stesso prossimi e "altri". Su versanti diversi, l'"alterita'" dei greci
divenne oggetto di ricerche fondamentali. I greci non erano piu' gli stessi,
si era aperta la via allo studio delle condotte eterodosse che le sette
raccomandavano per contestare la regola civica, venivano alla ribalta gli
esclusi dalla citta', i marginali, gli schiavi, le donne.
*
Ogni libro di Vernant offriva un nuovo spunto, ed erano tanti, da Mito e
tragedia nell'antica Grecia a Le origini del pensiero greco, da Le astuzie
dell'intelligenza nell'antica Grecia a Nascita di immagini. E ancora: La
morte negli occhi, Mito e tragedia due, Senza Frontiere. Memoria mito e
politica. Direttore alla "Ecole des hautes etudes" dal 1958, fondatore del
Centre Gernet, dal 1975 al 1984 al College de France, quindi all'Academie
Francaise, Vernant ha ricevuto innumerevoli premi e riconoscimenti. A dargli
la sopravvivenza (quella che gli eroi omerici cercavano con la "bella
morte") saranno le sue opere, che hanno dato ai classici un nuovo futuro.

4. MEMORIA. MARCO PACIONI RICORDA JEAN-PIERRE VERNANT
[Dal quotidiano "Il manifesto" dell'11 gennaio 2007.
Marco Pacioni, saggista, svolge attivita' di ricerca presso l'Universita'
"La Sapienza" di Roma. Opere di Marco Pacioni: (con Marco Santoro, Michele
Carlo Marino), Dante, Petrarca, Boccaccio e il paratesto. Le edizioni
rinascimentali delle "tre corone", Edizioni dell'Ateneo, Roma 2006]

Scomparso ieri a Sevres, all'eta' di novantatre anni, Jean-Pierre Vernant
era uno dei piu' grandi studiosi del mondo greco antico, che sapeva animare
di imprevedibili contrasti interpretandolo attraverso concetti capaci di
contraddire la vulgata relativa alla perfezione idealizzante, quella delle
raffigurazioni artistiche compassate e monocrome del neoclassicismo. Il
punto di vista della comparazione rendeva sfaccettato il suo campo
d'indagine: quelli che venivano presi in considerazione non erano piu'
soltanto i grandi distillati concettuali della cultura greca, secondo
un'ottica tipicamente classicistica, ma i singoli elementi che portarono
alla loro nascita.
Il metodo di Vernant non procedeva tanto a una storia delle idee assunte
come se esse fossero "naturalmente" infuse dentro quella grande astrazione
che chiamiamo "civilta' greca", e che sviluppandosi secondo una supposta
linea di continuita' avrebbero raggiunto noi contemporanei. Piuttosto,
cercava di restituire il contesto che aveva dato origine a quelle idee e,
attraverso di esso, provava a misurare l'inevitabile distanza dell'"uomo
greco" rispetto a noi, suoi supposti eredi.
Un progetto ambizioso che mirava, come disse lo stesso Vernant, non a
costruire una storia evenemenziale, bensi' una "storia interiore dell'uomo
greco". Sin dall'inizio degli anni Sessanta definiva il suo progetto con
queste parole: "Che si tratti di fatti religiosi (miti, rituali,
rappresentazioni figurali), di scienza, di arte, di istituzioni sociali, di
fatti tecnici ed economici, noi li consideriamo sempre quali opere create
dall'uomo, espressione di un'attivita' mentale organizzata. Attraverso
queste opere noi cerchiamo che cosa e' stato l'uomo greco in se', quest'uomo
greco inseparabile dal quadro sociale e culturale di cui egli e' insieme
l'artefice e il prodotto".
*
Negli anni successivi, Vernant continuo' a sottoscrivere le linee della sua
ricerca pur informandole di una maggior moderazione, senza tuttavia arrivare
mai a contraddire le sue piu' remote convinzioni. Vennero eliminati dai suoi
studi i residui piu' scopertamente classicistici che caratterizzavano la sua
impostazione iniziale. Del resto, essi suonavano all'apparenza simili a
quelli contenuti nel progetto di studio, divergente quanto all'impostazione,
dello studioso tedesco Max Pohlenz, di cui nel 1962 era stato pubblicato
L'uomo greco (traduzione italiana, 1986, La Nuova Italia) e nel quale cosi'
esordiva: "Al di la' di tutte le differenze c'e' un unico uomo greco ed e'
lui che noi vogliamo cogliere nella sua vera essenza: compito, questo, che
non ha un significato esclusivamente storico. Infatti, solo qualora
riusciamo a comprendere realmente l'uomo greco, potremo rispondere alla
domanda se la grecita' ha ancora un valore attuale per i popoli civili della
nostra epoca"; e concludeva: "Gli Elleni sono il popolo che nel periodo del
suo massimo splendore, proprio attraverso lo sviluppo della sua natura, ha
portato le piu' nobili energie del genere umano a dispiegarsi cosi'
armoniosamente come, nella storia, non avvenne mai piu'. Per questo ancora
oggi gli Elleni possono indicarci una via e valere come un modello di vita".
A parziale rettifica di quanto aveva affermato all'inizio degli anni
Sessanta, nel volume collettivo da lui curato e che porta lo stesso titolo
del libro di Pohlenz, L'uomo greco (Laterza, 1991) Vernant scriveva:
"Tralascio i risultati - certamente parziali e provvisori, come sempre per
qualsiasi studio storico - della ricerca da me condotta in merito ai
mutamenti che nell'uomo greco, tra l'VIII e il IV secolo a. C. hanno
investito l'intero quadro delle attivita' e delle funzioni psicologiche:
rappresentazioni dello spazio, forme della temporalita', memoria,
immaginazione, volonta', persona, pratiche simboliche e utilizzazione dei
segni, modi di ragionamento, strumenti intellettuali. Vorrei collocare
invece il profilo di cui tento di definire i lineamenti sotto il segno non
dell'uomo greco, ma dell'uomo greco in noi. Non il greco qual e' stato in
se', impresa impossibile perche' l'idea stessa e' priva di significato, ma
il greco quale a noi oggi appare al termine di un percorso che, in mancanza
di un dialogo diretto, procede secondo un incessante andare e venire, da noi
a lui, da lui a noi, coniugando assieme analisi obiettiva e volonta' di
simpatia; giocando sulla distanza e sulla vicinanza; allontanandoci per
farci piu' vicini senza il rischio della confusione e accostandoci per
meglio cogliere le distanze e insieme le affinita'".
In queste parole, che vogliono anche segnare il bilancio di un'attivita' di
studio e di metodo, si percepisce l'intensificarsi della problematicita',
nel passare degli anni, con la quale l'umanesimo di Vernant si metteva in
relazione al mondo antico. E si legge, tra quelle righe, anche la conferma
dell'orientamento comparativo e la volonta' di ritrovare la vicinanza di noi
moderni con la cultura greca soltanto dopo aver tenuto presenti tutte le
diversita' che nessun salto ideologico ha il diritto di colmare idealmente.
Un orientamento, questo, che suona piu' che mai importante ricordare in
questo momento storico nel quale i processi di appropriazione, ad uso
politico, dei fattori identitari di civilta' diverse dalla nostra
prescindono completamente dal rilievo delle loro specificita'. Una parte
della cultura che propaganda la difesa dell'occidente sembra infatti
assumere da un lato la custodia della civilta' greca antica e la
riattualizzazione forzata di alcuni suoi portati che si pretenderebbero
senza cesure; e d'altro canto non risparmia alcun facile sincretismo a
fronte di diversita' troppo pronunciate per essere trascurate, per esempio
per quel che riguarda il rapporto con il cristianesimo.
*
Per parte sua, proprio a proposito della cesura del nostro mondo occidentale
con le sue origini, Vernant era intervenuto, osservando quanto fosse
illegittima una tendenza alla attualizzazione della cultura greca. E cosi'
scriveva: "Nella nostra epoca l'uomo espresso dalla tragedia greca ha piu'
che mai rilievo: voglio dire l'uomo enigmatico, l'uomo preso in un flusso
che lo supera, l'uomo che calcola, decide e giudica, che esita tra due vie,
posto nei bivi dell'azione, che sceglie consapevolmente - e che poi alla
fine si accorge di aver scelto in realta' il contrario di quel che lui
credeva fosse il bene. Questo sentimento 'tragico' e' oggi piu' forte
perche' molte cose che sembravano certe sono oggi in crisi... Ci si e'
infatti accorti che lo sforzo per programmare il futuro, lo sforzo per
inscrivere in anticipo nella storia i fini ultimi dell'uomo, e' qualcosa di
incredibilmente incerto. In questo caso l'uomo - proprio come gli eroi
tragici antichi - volendo costruire un mondo veramente ideale puu' fare il
contrario di quel che credeva di fare".

5. MEMORIA. MASSIMO STELLA RICORDA JEAN-PIERRE VERNANT
[Dal quotidiano "Il manifesto" dell'11 gennaio 2007.
Massimo Stella, studioso del teatro greco, svolge attivita' di ricerca e
didattica in ambito universitario]

Sono dello stesso Jean-Pierre Vernant le parole che meglio chiariscono il
senso del tanto lavoro critico e scientifico da lui svolto in piu' di mezzo
secolo d'attivita'. Citando polemicamente - nella prefazione all'edizione
francese dell'Antropologia della Grecia antica di Louis Gernet - il Foucault
delle Parole e le cose, allora uscito da solo un anno, cosi' scriveva: "Nel
momento in cui si e' arrivati a intravedere la scomparsa dell'uomo come
oggetto di scienza e si e' scritto che 'ai nostri giorni non possiamo
pensare che dentro il vuoto dell'uomo scomparso', la ricerca di Gernet
assume ai nostri occhi valore esemplare".
L'annuncio provocatorio di Foucault circa la "scomparsa dell'uomo" aveva
evidentemente turbato e irritato la coscienza di un intellettuale che fu e
resto', sostanzialmente per tutta la vita, un umanista. Un comunista
umanista. E' in questa prospettiva che si deve guardare complessivamente
all'opera di Jean-Pierre Vernant e specialmente a quella formula da lui
adottata nell'introduzione al suo libro-chiave e piu' rappresentativo, Mito
e pensiero presso i greci, nota come "psicologia storica". Presentandosi
dunque come uno psicologo della storia e al contempo come uno storico della
psicologia umana, Vernant dichiarava: "cerchiamo che cosa sia stato l'uomo
stesso, l'uomo greco antico", precisando da convinto marxista "che non si
puo' separare dal contesto sociale e culturale di cui e' il creatore e
insieme il prodotto".
E' facile oggi, forse troppo facile, e persino malevolo liquidare questa
prospettiva come ingenua. Perche' e' altrettanto evidente, oggi, che del
metodo praticato da Vernant e dagli studiosi che accanto e intorno a lui
hanno scritto e pensato, raccogliendosi al Centro Louis Gernet da lui
fondato, si e' nutrita in un modo o nell'altro, fedelmente o infedelmente,
dichiaratamente o dissimulatamente, l'intera comunita' scientifica degli
antichisti, sul suolo europeo e, anche se in misura minore, d'oltreoceano.
Importante, invece, e' capire che cosa ci fosse di cosi' tenacemente vitale
nella psicologia storica di Jean-Pierre Vernant da colonizzare e di fatto
rivoluzionare in senso veramente copernicano gli studi di scienze
dell'antichita'. Lo si vede bene proprio nel suo Mito e pensiero presso i
greci.
*
Vernant ha saputo rinnovare, nella seconda meta' del '900, la fecondita' di
alcune straordinarie ricerche del secolo che lo precedono, tra la meta'
avanzata dell'800 e la prima del '900, ricerche quali quelle di Bachofen, di
Frazer, di Rohde, di Cornford, di Murray, di Jane Hellen Harrison, di
Benveniste, di Gernet, di Mauss, perche' in questi nomi, nei loro metodi e
nei loro percorsi, stanno le radici del pensiero di Vernant. E di questa
vera e propria genealogia di studiosi Vernant e' stato fino ad oggi, di
fatto, l'ultimo strenuo rappresentante, forse anche fuori tempo (come
dimostra la sua reazione negativa alle Parole e le cose, uno dei libri che
piu' tempestivamente hanno colto l'animo del secondo '900) ma senz'altro
dotato di un dinamismo e di una carica intellettuale che ha convinto e si e'
guadagnata un enorme successo.
La psicologia storica di Vernant funziona come un dizionario della cultura
umana. Quando non ha firmato con altri, ha sostanzialmente sempre lavorato
per "voci" (articoli), raccogliendole poi sapientemente in volume. I
capitoli di Mito e pensiero sono come "nomi" di una enciclopedia: "Aspetti
mitici della memoria e del tempo", "L'organizzazione dello spazio", "Il
lavoro e il pensiero tecnico", "La categoria psicologica del doppio", "La
persona nella religione", "Dal mito alla ragione", a loro volta rubricati in
sotto-voci che illustrano a titolo di esempio e di "caso" la voce
principale.
Nel leggere Vernant si rimane impressionati dalla eccezionale vastita' di
questo effetto enciclopedico e dalla sua efficacia, dalla sua indubitabile
tenuta complessiva. Tanto piu' perche' oggi tutti noi abbiamo la sensazione
che manchino grandi libri, libri magistrali, quelli che ci si fanno
accostare con l'interesse caldo dello scopritore e non con il freddo
tecnicismo del compilatore di bibliografie. Sicche', quando ci troviamo a
leggere o a rileggere Mito e pensiero o Mito e societa' che sulla falsariga
del primo e' costruito, abbiamo l'impressione di imparare qualcosa di
fondamentale sulla formazione e la produzione del pensiero.
*
Se e' vero che Vernant ha rivoluzionato gli studi di scienze dell'antichita'
nella seconda meta' del '900, non ne ha, tuttavia, rinnovato il pensiero,
ne' c'era da attenderselo. Come un certo tipo di grandi libri, i libri di
Vernant non contengono sostanzialmente nessuna rivelazione e nessuna
provocazione. Di fatto ripercorrono una via antica: organizzare, visitare e
rivisitare l'ipotetico "universo simbolico" dell'uomo: in questo e'
consistito il suo lavoro di psicologo della storia. In quali termini, poi,
si possa parlare di "universo simbolico" e di "uomo" e' cosa che Vernant non
ha, sapientemente, voluto chiedersi.

6. MEMORIA. GIAN MARIA VIAN RICORDA JEAN-PIERRE VERNANT
[Dal quotidiano "Avvenire" dell'11 gennaio 2007.
Gian Maria Vian, docente, saggista, storico della Chiesa, e' ordinario di
filologia patristica all'Universita' "La Sapienza" di Roma]

Con la morte di Jean-Pierre Vernant la ricerca storica perde uno degli
studiosi piu' brillanti e influenti del Novecento. Scomparso l'altra sera
nella sua casa di Sevres, in Francia, quasi novantatreenne, lo studioso
francese era infatti uno dei maggiori conoscitori del mondo greco antico.
Autore di numerose opere importanti (quasi tutte tradotte in molte lingue),
Vernant ha saputo studiare in modo innovativo l'eredita' culturale e
religiosa dei greci rendendola piu' comprensibile anche ai non specialisti.
Marxista e intellettuale appassionatamente partecipe e testimone delle
tragedie del Novecento, il grande storico che aveva preso parte alla
Resistenza abbandono' il partito comunista nel 1969, dopo trentasei anni di
militanza attiva, in seguito alla repressione della primavera di Praga,
coerente con un'apertura mentale che resta forse la sua caratteristica
principale.
*
Nato nel 1914, Vernant aveva studiato per divenire professore di filosofia,
ma la cesura della guerra segnera' indelebilmente la sua vita, come
racconto' in una lunga intervista raccolta da Jerome-Alexandre Nielsberg e
pubblicata su "L'humanite'" del 6 aprile 2005. Mentre il conflitto mondiale
bruciava l'Europa, decisivi furono l'incontro e l'amicizia con uno dei
professori conosciuti alla Sorbona, Ignace Meyerson (1888-1983), che da
giovane in Polonia aveva aderito ai movimenti rivoluzionari antizaristi e,
rifugiato in Francia, era entrato dopo l'invasione tedesca nelle file della
Resistenza contro gli occupanti. Ma la guerra non riusci' a distogliere
Meyerson dalla prediletta psicologia storica: tra i partigiani si formo'
cosi' un piccolo gruppo di studiosi appassionati che nella Francia
meridionale arrivo' anche a organizzare conferenze, e persino un convegno a
cui presero parte Marc Bloch e Marcel Mauss.
Alla fine della guerra, considerata conclusa la sua esperienza militare,
Vernant pensava infatti di tornare alla vita civile cominciando appunto a
insegnare, ma furono proprio Meyerson e un altro grande studioso - Louis
Gernet (1882-1962), filologo, storico e sociologo - a convincere
l'intellettuale partigiano che doveva entrare al Cnrs, il Centro nazionale
della ricerca scientifica dove, pur non avendo pubblicato nulla e senza
avere nemmeno una tesi in corso, il mancato filosofo entro' nel 1948. Da
allora, e fino all'entrata nella prestigiosa Ecole des hautes etudes, fu una
lunga stagione straordinaria. "Tutti i giorni - ricordava con nostalgia -
ero alla Biblioteca nazionale. Imparare, capire, comparare i testi: dieci
anni di letture". E poi le lezioni di Gernet: "Era meraviglioso: arrivava
con le mani in tasca, con la sua cravatta alla Blum e ci parlava sia di
filologia, sia di studi comparati giuridici, greci, indiani, cinesi, sia di
antropologia storica".
Proprio grazie a questo sguardo largo e attento ai diversi aspetti
dell'esperienza umana Vernant ha potuto scrivere opere fondamentali. Nel
1993 le ha introdotte una puntuale nota di Riccardo Di Donato - che certo e'
il migliore conoscitore italiano dello studioso francese - nel limpido Mito
e religione in Grecia antica (Donzelli), che Vernant aveva pubblicato nel
1987 per l'Encyclopedia of Religion di Mircea Eliade, mentre la fittissima
bibliografia del grande storico dell'antichita' (completa fino al 1994) e'
in appendice ai saggi (raccolti dallo stesso Di Donato) nei due volumi di
Passe' et present (Edizioni di Storia e Letteratura). La prima opera di
Vernant, Les origines de la pensee grecque, usci' nel 1962 ed ebbe un
successo straordinario. A precederla era stata pero' una nutrita serie di
articoli, raccolti in Mythe et pensee chez les Grecs (1965), seguito da
molte altre opere, fino all'ultimo libro, Entre mythe et politique,
pubblicato nel 2004.
*
Vernant ha spiegato che lo specialista di una determinata cultura - per
esempio, quella greca da lui studiata per tutta la vita - ha la tendenza ad
assolutizzare il suo sguardo, a pensare che non ce ne possano essere altre.
Ma questo sguardo viene ridimensionato se si comparano altre culture, come
quelle dell'India o del mondo assiro-babilonese, e in questo modo lo sguardo
iniziale viene profondamente modificato. Il metodo comparativo allora "non
consiste soltanto a guardare cio' che e' comune e cio' che e' diverso, in
societa' multiple, sia nello spazio, sia nel tempo, ma consiste anche,
attraverso questo lavoro, a modificare completamente l'avvicinamento alla
cultura oggetto del proprio studio".
Ma questo sguardo comprensivo e largo Vernant ha saputo esercitarlo anche
nella vita, quando lui, educato nell'ateismo anticlericale, durante la
Resistenza si trovo' fianco a fianco con dei giovani cattolici, "molto
ferventi, molto praticanti", e scopri' che non erano ne' trogloditi ne'
nemici, e imparo' cosi' a "cercare di comprendere la dimensione attraverso
la quale erano cattolici, credenti, e in che cosa questa differenza con me,
questo scarto poteva essere nello stesso tempo un ponte che mi permetteva
pure di capire, forse, certe cose in me che avevo messo da parte".

7. RIFLESSIONE. JEAN-PIERRE VERNANT: UNA CONFERENZA A BRNO (1998)
[Dal quotidiano "Avvenire" del 18 ottobre 2005, che lo estrae dal volume
Senza frontiere, Raffaello Cortina Editore, Milano 2005, riprendiamo il
testo di una conferenza tenuta da Jean-Pierre Vernant a Brno nel 1998, in
occasione del conferimento della laurea honoris causa da parte
dell'Universita' Masaryk]

Essendo francese e molto vecchio, conservo nel cuore il ricordo degli anni
Trenta, all'epoca della mia giovinezza e dei miei studi, quando seguivo,
pieno di orrore e di vergogna, il dramma del vostro Paese e la vilta' del
mio. Gli accordi di Monaco, che vi consegnarono al Terzo Reich con la
benedizione degli inglesi e dei francesi, mi hanno segnato per sempre; non
mi sono mai andati giu'. Ero fra quelli che vedevano nell'abbandono del
vostro Paese il preludio a tutte le catastrofi, e sentivo gia' le vostre
disgrazie come se fossero state anche mie.
Quando le truppe tedesche, con i vessilli nazisti al vento, sfilarono a
Parigi sugli Champs-Elysees nel 1940, rividi come in sovraimpressione le
immagini - diffuse dai cinegiornali non molto tempo prima - delle stesse
truppe che entravano a Praga tra due ali di spettatori disperati. La guerra,
le lotte della Resistenza, la liberazione - naturalmente era sempre in gioco
il mio Paese, ma c'era anche il vostro, che non avevano aiutato quando era
ancora possibile farlo.
Come molti intellettuali antifascisti della mia generazione, dopo la guerra
ero comunista. Speravo, mi immaginavo che nell'Europa dell'Est, e in
particolare in Cecoslovacchia, avrebbe prosperato uno Stato operaio
democratico. Cio' che e' successo nel vostro Paese, i drammi che avete
vissuto hanno svolto un ruolo di primaria importanza nella mia rottura con
il Partito comunista francese. Mi hanno lasciato a lungo l'amarezza della
delusione e dei rimorsi.
Dopo il fallimento della "primavera di Praga", quando per soffocare ogni
libero pensiero e' stato ricollocato al suo posto il pesante coperchio della
stupidita', del fanatismo e della repressione poliziesca, non appena e'
apparso possibile aiutare gli intellettuali perseguitati e costretti al
silenzio, e infrangere il loro isolamento, manifestando piena solidarieta'
mediante la nostra presenza accanto a loro, ho preso l'occasione al volo,
forse con l'idea di riscattare le colpe che potevo aver commesso un tempo
verso di loro. Con Jacques Derrida abbiamo fondato l'associazione francese
"Jan Hus", che tuttora presiedo. Sono stato il primo francese a recarsi a
Praga, nell'aprile o nel maggio del 1981, per partecipare a dei seminari che
vi si tenevano piu' o meno clandestinamente.
Era primavera; alloggiavo in un alberghetto vecchiotto in via Vsehrdova, a
Mala Strana, destinato agli sportivi in visita nella capitale. Durante la
giornata me ne andavo a spasso, la sera un amico passava a prendermi per
portarmi dove mi aspettavano. Praga era nel massimo splendore della sua
bellezza, piena di sole, di fiori, di lilla'. Il contrasto tra la luminosa
levita' dello scenario e il clima soffocante del regime di polizia era
impressionante. E' stato uno dei momenti della mia vita in cui mi sono
sentito libero e felice. Non so se, con i miei discorsi, fornivo ai miei
interlocutori cio' che avevano il diritto di sperare: quello che invece so
e' cio' che loro mi davano, qualcosa che mi colpiva con evidenza
irrefutabile nel contatto con loro. Il vero coraggio interiore e' non
cedere, non piegarsi, non rinunciare: essere il granello di sabbia che i
mezzi piu' pesanti, quelli che schiacciano tutto al loro passaggio, non
riescono a spezzare.
Sono ritornato altre volte a Praga in circostanze analoghe; e oggi che
fortunatamente le condizioni sono cambiate, percepisco piu' chiaramente da
dove venivano quelle sensazioni di pace e letizia che provavo quando i miei
soggiorni non erano del tutto privi di rischi.
Ho studiato la Grecia antica per piu' di mezzo secolo: la religione, la
letteratura, le istituzioni, le arti plastiche, le scienze, la filosofia.
Per comprenderle meglio ho cercato di farmi greco interiormente, nei miei
modi di pensare e nelle mie forme di sensibilita'. Che lezioni ne ho tratto?
Anzitutto l'esigenza di una totale liberta' di spirito: nessun divieto,
nessun dogma, in nessun campo, deve ostacolare una ricerca critica,
un'indagine priva di pregiudizi. Poi, che il carattere umano dell'uomo e'
legato alla sua condizione di cittadino, alla sua partecipazione attiva a
una comunita' di eguali in cui nessuno puo' esercitare alcun potere di
dominio su un altro. E infine che il mondo di cui facciamo parte e' bello,
questo mondo che e' infinitamente piu' grande di noi e puo' distruggerci, ma
di cui dobbiamo accettare con gratitudine, come un dono, tutte le occasioni
che ci offre per scoprire le meraviglie che racchiude, le sue luci accanto
alle sue ombre e alle sue notti.
Qui a Brno posso nutrire il sogno, quasi certamente illusorio, che le mie
ricerche erudite sull'antichita' e i miei impegni appassionati nelle lotte
attuali si congiungano e coincidano, perche' dipendono dalla stessa fiducia
in determinati valori.

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LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA
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Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
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Numero 102 dell'11 marzo 2007

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