La nonviolenza e' in cammino. 1173



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1173 del 12 gennaio 2006

Sommario di questo numero:
1. 14 gennaio: la speranza e l'allegria
2. Roberto Tecchio: Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'...
3. Per restare vicini
4. Domenico Jervolino: Paul Ricoeur, il riconoscimento e il dono
5. Francesco Comina intervista Eraldo Affinati
6. Maurizio Passerin d'Entreves: La teoria della cittadinanza nella
filosofia politica di Hannah Arendt (parte quarta e conclusiva)
7. Maria Laura Lanzillo: Introduzione al multiculturalismo
8. La "Carta" del Movimento Nonviolento
9. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. 14 GENNAIO: LA SPERANZA E L'ALLEGRIA
[Ringraziamo Adriana Chemello (per contatti: achemello at alice.it) per averci
inviato il seguente intervento sottoscritto da varie autorevoli personalita'
della vita civile e dell'impegno intellettuale. Adriana Chemello insegna
letteratura italiana presso la Facolta' di Lettere e filosofie
dell'Universita' di Padova; negli ultimi anni si e' occupata in particolare
del genere epistolare, di quello biografico e della letteratura
pedagogico-popolare, con particolare attenzione al tema della lettura e
della raffigurazione letteraria del lettore e della lettrice; ha pubblicato
numerosi saggi in volumi miscellanei in Italia e all'estero e ha curato, tra
gli altri, il volume Alla lettera. Teorie e pratiche epistolari dai Greci al
Novecento, Guerini 1998. Tra le sue opere segnaliamo particolarmente La
parola maieutica, Vallecchi, Firenze 1988 (un finissimo studio sull'opera
poetica di Danilo Dolci); tra i suoi contributi piu' recenti: Vittoria
Aganoor, Lettere a Giacomo Zanella (1876-1888), Eidos 1996; Parole scolpite.
Profili di scrittrici degli anni Novanta, Il Poligrafo 1998; Filippo Sacchi
e Silvio Negro scrittori-giornalisti vicentini del Novecento, Marsilio 2001;
e con L. Ricaldone, Geografie e genealogie letterarie, Il Poligrafo 2000]

Molte persone quest'anno festeggiano il Capodanno due settimane esatte dopo
la data convenzionale del 31 dicembre. Il 14 gennaio 2006 queste persone si
ritrovano infatti, chi a Milano e chi a Roma, per ingombrare le strade e le
piazze della loro speranza e della loro allegria.
Si festeggia la fine di un anno cupo, che ha visto il tentativo di
vanificare da una parte il percorso di liberta' femminile di cui la legge
194 e' un'importante espressione, dall'altra valori, come i Pacs, la cui
progressiva acquisizione nulla, ma proprio nulla, avrebbe dovuto ostacolare.
E la festa e' una festa proprio perche' questi infelici trascorsi hanno
destato non solo e non tanto un bisogno di difesa di quei valori stessi,
quanto piuttosto un desiderio di rilancio del pensiero che li accompagna, li
sostiene e li fa vivere.
E' inammissibile infatti che intorno a questi temi si discuta cosi'
malamente, che su di essi si consumino riti di mediazione d'apparato o fra
apparati, che il loro senso diventi appannaggio di una politica di cui nulla
si salva o puo' venire buono: ne' le logiche ne' i linguaggi, ne' la
poverta' d'immaginazione ne' gli eccessi - quando ci siano - di mal riposta
passione, ne' tanto meno la totale mancanza di un contatto vero e sapiente
con le cose in cui Stato e Chiesa ficcano spudoratamente il naso.
L'eccentrico Capodanno, oltre a squinternare simbolicamente il calendario,
proprio questo vuole dire: che nessuno puo' arrogarsi il diritto di
interferire nella sovranita' che ciascuna e ciascuno ha sul proprio corpo e
la sua varia, meravigliosa e terribile vicenda; che il corpo di chi genera
oppure non vuole oppure non puo' piu' generare e' e resta intoccabile al di
la' di qualsiasi agire strumentale; che l'autodeterminazione, ancor piu'
dell'indignazione, e' cio' che induce e invita alla festa; che, infine,
sbaglia chi pensa di lavorare ai fianchi una popolazione senza piu' bagaglio
di pensiero e di fermento, modificando o negando leggi esistenti o
desiderate.
*
E' vero che da sempre ogni civilta' ha contato - lo sapesse o meno - sulla
sua componente femminile, ed e' vero che in Italia recentemente le donne
sono sembrate essere venute un po' meno. Ma e' altresi' vero (pensiamo al
giugno 2005 e al referendum sulla fecondazione assistita) che mai come ora
le donne hanno dovuto agire in un clima tanto refrattario, se non ostile,
alla loro storia politica e al loro pensiero (oltretutto in presenza di una
carta costituzionale sostanzialmente stravolta insieme al sistema di
garanzie che portava in se'). Si e' tentato di blandirle, e di esaltarne le
capacita' di intuizione, intelligenza e realizzazione, proprio al fine di
svuotare contenuti e forme che quella politica e quel pensiero avevano
segnato. Ma se alle donne (se non a tutte, certo a molte) e' mancato finora
il tempo di organizzarsi, di rimettere in circolo il loro sapere, di
inventarsi le parole per far fronte all'inaudito presente e di riaccendere
intorno a se' il naturale desiderio di bellezza e di grandezza che sempre
accompagna la crescita di un mondo, ecco pero' che questo tempo si viene
recuperando.
Succede infatti che molte donne abbiano ricominciato a pensare. Non solo, ma
che molti uomini si siano sentiti a loro volta chiamati in causa, e abbiano
riconosciuto che ne va anche della loro vita. E succede che donne e uomini
cosi' riuniti abbiano per paradosso avvertito un gran senso di solitudine -
una solitudine di generazione, di ruolo, di rappresentanza -, e abbiano
deciso di porvi rimedio. Poiche' hanno capito che faccenda seria sia quando
gli attrezzi (culturali, etici, espressivi...) di una generazione si
rivelano inutili alla generazione successiva, come sia grave che su certi
problemi ci si senta chiamate e chiamati in causa se e solo se ci sia
smaccatamente di mezzo la propria esperienza o la propria fede (non importa
se religiosa o politica), e come sia amaro che su questioni vitali per le
singole persone si trovi piu' facile rispondere per delega: di un partito,
sindacato, gruppo o movimento che sia.
*
Forse e' un bene per una civilta' che la sua fine sia o sia stata cosi'
vicina. Che tante acquisizioni e tanti saperi si siano rivelati solo incerti
o supposti. E che valori intoccabili o creduti conquistati una volta per
sempre siano stati invece con malagrazia revocati e toccati.
Ma poiche' e' l'essere umano, con la sua responsabilita', la sua liberta'
e - perche' no - la sua felicita' ad essere rimesso in gioco e in questione
dagli attuali governanti, e' oltremodo "umano" che i governati cambino gioco
e questione, rilancino la posta di ricchezza simbolica e si accingano a far
festa a un futuro migliore. Augurando felice anno nuovo a chi condivida la
stessa speranza e la stessa allegria.
*
Prime firmatarie: Giulia Ciarpaglini, Francesca Cigala, Monica Farnetti,
Francesca Mellone, Paola Gatti, Luciana Tufani, Carmela Vaccaro, Fabrizia
Pizzale, Anna Biffoli, Franca Gianoni, Edda Melon, Mariolina Grossi, Gisella
Modica, Laura Graziano, Adriana Chemello, Francesca Koch, Alessandra Milesi,
Piera Codognotto, Fiamma Lussana, Adriana Lorenzi, Francesca Bonsignori,
Brenda Porster, Maria Bordini, Giovanna Zaccaro, Emma Baeri, Stefania
Zampiga, Grazia Toccu, Marinella Antonellini, Loretta Maggi, Silvia Marri,
Savia Salmi.

2. STRUMENTI DI LAVORO. ROBERTO TECCHIO: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA"
PERCHE'...
[Ringraziamo Roberto Tecchio (per contatti: nuvolaleggera at lillinet.org) per
questo intervento. Roberto Tecchio e' in Italia uno dei principali formatori
alla nonviolenza, dirige un laboratorio permanente su questo tema presso il
Cipax di Roma. Un'ampia notizia biobibliografica su Roberto Tecchio e' nel
n. 239 di questo foglio. Un ampio testo di Roberto Tecchio particolarmente
utile e' apparso in sei parti nei nn. 231-236 di questo foglio; segnaliamo
anche un altro suo testo nel n. 744]

Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche' pur non riconoscendomi in nessun
partito, associazione o area, una parte essenziale della mia storia e'
legata (come vincolo e risorsa) a persone, ambienti ed esperienze che
trovano nella rivista uno spazio privilegiato - e mi da' piacere accostare
il mio nome a quello di altri che conosco e magari non incontro da tanto
tempo.
Mi abbono perche' ho voglia di leggere il pensiero di chi sente forte
l'identita' della nonviolenza, e con quel pensiero la caratterizza - sebbene
io, per mia natura, abbia piu' spesso trovato in luoghi diversi da quelli
che tipicamente si definiscono nonviolenti il nutrimento spirituale e
intellettuale di quella parte di me che un giorno si e' inviolabilmente
persuasa della forza della verita'.
Mi abbono volentieri perche' sono molti anni che non lo faccio - e
l'amicizia, che pure va oltre il tempo e la distanza, ha bisogno, almeno
ogni tanto, di gesti concreti.
Con l'augurio di restare sempre vicini all'azione nonviolenta.

3. STRUMENTI DI LAVORO. PER RESTARE VICINI
"Azione nonviolenta" e' la rivista mensile del Movimento Nonviolento fondata
da Aldo Capitini nel 1964, e costituisce un punto di riferimento per tutte
le persone amiche della nonviolenza.
La sede della redazione e' in via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803,
fax: 0458009212, e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org
L'abbonamento annuo e' di 29 euro da versare sul conto corrente postale n.
10250363, oppure tramite bonifico bancario o assegno al conto corrente
bancario n. 18745455 presso BancoPosta, succursale 7, agenzia di Piazza
Bacanal, Verona, ABI 07601, CAB 11700, intestato ad "Azione nonviolenta",
via Spagna 8, 37123 Verona, specificando nella causale: abbonamento ad
"Azione nonviolenta".

4. RIFLESSIONE. DOMENICO JERVOLINO: PAUL RICOEUR, IL RICONOSCIMENTO E IL
DONO
[Dal sito di Peacelink (www.peacelink.it) riprendiamo il seguente articolo
di Domenico Jervolino apparso col titolo "L'etica del dialogo" sul
quotidiano "Il mattino" di Napoli l'11 gennaio 2006.
Domenico Jervolino (per contatti: djervol at tin.it), nato a Sorrento nel 1946,
discepolo di Pietro Piovani, studioso ed amico di Paul Ricoeur e Hans Georg
Gadamer, due fra i maggiori filosofi del Novecento, insegna ermeneutica e
filosofia del linguaggio all'Universita' di Napoli Federico II. Fa parte
degli organismi dirigenti dell'Associazione internazionale per la Filosofia
della  Liberazione (Afyl) e della International Gramsci Society (Igs). E'
stato recentemente eletto membro della Consulta filosofica italiana
(organismo rappresantivo della comunita' scientifica nel campo degli studi
filosofici). Nell'ambito dell'impegno politico e nelle istituzioni e' stato
consigliere regionale della Campania dal 1979 al 1987 e membro della
presidenza del Consiglio regionale. E' stato anche nel corso degli anni tra
i promotori del movimento dei Cristiani per il socialismo, dirigente delle
Acli e della Cisl Universita', membro della direzione nazionale della Lega
delle Autonomie Locali e della segreteria nazionale di Democrazia Proletaria
di cui e' stato a lungo responsabile nazionale cultura e scuola. In
Rifondazione Comunista e' attualmente membro del Comitato politico nazionale
e responsabile nazionale Universita'. Assessore all'educazione del Comune di
Napoli dal marzo 2000 al marzo 2001. E' autore, nel campo degli studi
filosofici, dei volumi: Il cogito e l'ermeneutica. La questione del soggetto
in Ricoeur, Procaccini,  Napoli 1984, Marietti, Genova 1993  (tradotto in
inglese presso Kluwer nel 1990); Pierre Thevenaz e la filosofia senza
assoluto, Athena, Napoli 1984; Logica del concreto ed ermeneutica della vita
morale. Newman, Blondel, Piovani, Morano, Napoli 1994; Ricoeur. L'amore
difficile, Studium, Roma 1995; Le parole della prassi. Saggi di ermeneutica,
Citta' del sole, Napoli 1996 (in una collana dell'Istituto italiano per gli
studi filosofici); Paul Ricoeur. Une hermeneutique de la condition humaine,
Ellypses, Paris 2002; Introduzione a Ricoeur, Morcelliana, Brescia 2003. Ha
curato e introdotto l'antologia ricoeuriana Filosofia e linguaggio, Guerini,
Milano 1994, e una scelta di scritti di Ricoeur sulla traduzione: La
traduzione. Una scelta etica, Morcelliana, Brescia 2001. Ha curato, inoltre,
i volumi: Filosofia e liberazione, Capone, Lecce 1992 (con G. Cantillo); e
Fenomenologia e filosofia del linguaggio, Loffredo, Napoli 1996 (con R.
Pititto); L'eredita' filosofica di Jan Patocka, Cuen, Napoli 2000. Ha
partecipato ai principali volumi collettivi pubblicati su Ricoeur negli
ultimi anni in Francia, Spagna, Inghilterra  e Stati Uniti e continua,
attualmente, i suoi studi, lavorando in particolare sull'opera di Jan
Patocka e sugli sviluppi della fenomenologia di lingua francese nonche' sul
raporto ermeneutica-traduzione. Complessivamente i suoi saggi e articoli di
filosofia sono circa ottanta in italiano o tradotti in sette lingue
straniere. Nel campo della saggistica politica e' autore dei volumi:
Questione cattolica e politica di classe, Rosenberg & Sellier, Torino 1969;
Neoconservatorismo e sinistra alternativa, Athena, Napoli 1985; e di una
vasta produzione pubblicistica. Collabora a numerose riviste italiane e
straniere, tra cui  "Concordia" di Aachen, "Actuel Marx" di Parigi,
"Filosofia e teologia" e "Studium" di Roma, "Segni e comprensione" di Lecce;
dirige la  rivista "Alternative" di Roma. E' condirettore della rivista "Il
tetto" di Napoli, di cui fa parte da circa trent'anni.
Paul Ricoeur, filosofo francese, nato nel 1913 e deceduto nel maggio 2005;
amico di Mounier, collaboratore di "Esprit", docente universitario, uno dei
pensatori piu' influenti del Novecento, persona buona. Dal sito
dell'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche riprendiamo questa
breve scheda: "Paul Ricoeur nasce a Valence (Drome) il 27 febbraio 1913.
Compie i suoi studi di filosofia prima all'Universita' di Rennes, poi alla
Sorbonne, dove nel 1935, passa l'agregation. Mobilitato nel 1939, viene
fatto prigioniero e nel campo comincia a tradurre con Mikel Dufrenne Ideen I
di Husserl. Dal 1945 al 1948 insegna al College Cevenol di
Chambon-sur-Lignon, e successivamente Filosofia morale all'Universita' di
Strasburgo, sulla cattedra che era stata di Jean Hyppolite, e dal 1956
Storia della filosofia alla Sorbona. Amico di Emmanuel Mounier, collabora
alla rivista "Esprit". Dal 1966 al 1970 insegna nella nuova Universita' di
Nanterre, di cui e' rettore tra il marzo 1969 e il marzo 1970, con il
proposito di realizzare le riforme necessarie a fronteggiare la
contestazione studentesca e, contemporaneamente, presso la Divinity School
dell'Universita' di Chicago. Nel 1978 ha realizzato per conto dell'Unesco
una grande inchiesta sulla filosofia nel mondo. Nel giugno 1985 ha ricevuto
il premio "Hegel" a Stoccarda. Attualmente [quando questa scheda fu
redatta - ndr] e' direttore del Centro di ricerche fenomenologiche ed
ermeneutiche". Opere di Paul Ricoeur: segnaliamo i suoi libri Karl Jaspers
et la philosophie de l'existence (con Mikel Dufrenne), Seuil; Gabriel Marcel
et Karl Jaspers, Le temps present; Filosofia della volonta' I. Il volontario
e l'involontario, Marietti; Storia e verita', Marco; Finitudine e colpa I.
L'uomo fallibile, Il Mulino; Finitudine e colpa II. La simbolica del male,
Il Mulino; Della interpretazione. Saggio su Freud, Jaca Book, poi Il
Melangolo; Entretiens Paul Ricoeur - Gabriel Marcel, Aubier; Il conflitto
delle interpretazioni, Jaca Book; La metafora viva, Jaca Book; Tempo e
racconto I, Jaca Book; Tempo e racconto II. La configurazione nel racconto
di finzione, Jaca Book; Tempo e racconto III. Il tempo raccontato, Jaca
Book; Dal testo all'azione. Saggi di ermeneutica II, Jaca Book; Il male. Una
sfida alla filosofia e alla teologia, Morcelliana; A l'ecole de la
fenomenologie, Vrin; Se' come un altro, Jaca Book; Lectures 1. Autour du
politique, Seuil; Lectures 2. La contree des philosophes, Seuil; Lectures 3.
Aux frontieres de la philosophie, Seuil; Le juste, Esprit; Reflexion faite.
Autobiographie intellectuelle, Esprit; La critica e la convinzione (colloqui
con Francois Azouvi e Marc de Launay), Jaca Book. Segnaliamo inoltre:
Kierkegaard. La filosofia e l'"eccezione", Morcelliana; Tradizione o
alternativa, Morcelliana, e l'antologia Persona, comunita' e istituzioni,
Edizioni cultura della pace. Opere su Paul Ricoeur: segnaliamo
particolarmente due recenti monografie: Francesca Brezzi, Ricoeur.
Interpretare la fede, Edizioni Messaggero Padova, 1999; Domenico Jervolino,
Introduzione a Ricoeur, Morcelliana, Brescia 2003]

Napoli ha ricordato ieri il suo cittadino onorario Paul Ricoeur, scomparso
il 20 maggio dello scorso anno a novantadue anni. L'occasione e' stata
offerta da un convegno a Palazzo Serra di Cassano con l'alto patrocinio del
presidente Ciampi e la partecipazione di studiosi provenienti da tutto il
mondo.
Forse il modo migliore per commemorare questo grande maestro e' quello di
aprire le pagine dell'ultimo libro del 2004, Parcours de la reconnaissance,
tradotto in italiano con il titolo Percorsi del riconoscimento (Cortina). E'
un'opera che a me piace vedere come un dono che l'anziano filosofo lascia ai
giovani filosofi del nuovo secolo. In questo senso si potrebbe anche leggere
Parcours come un invito al filosofare.
Essa delinea un cammino che segue il progredire del triplice lavoro
dell'identificare le cose, del riconoscere se stessi nel rapporto con gli
altri, e della dialettica del riconoscimento reciproco, dove il senso attivo
del verbo si converte in quello passivo dell'essere riconosciuto. Questo
passaggio dall'attivo al passivo comporta una domanda di riconoscimento,
domanda che pero' non cessa mai di essere esposta alla minaccia del
misconoscimento.
In questo cammino vengono convocati i grandi autori della storia del
pensiero, passando per quelle che lo studioso chiama (secondo un ordine piu'
logico che cronologico) le tre vette della filosofia del riconoscimento: la
vetta kantiana del riconoscimento-ricognizione degli oggetti, la vetta
bergsoniana del riconoscimento delle immagini (in Materia e memoria, che
affronta il problema attualissimo del rapporto pensiero-cervello), e la
vetta hegeliana dell'Anerkennung, il riconoscimento reciproco dei soggetti a
partire dalla lotta. E vengono rivisitati i grandi temi del pensiero
ricoeuriano, degli ultimi anni ma anche di tutta la vita: l'agire e
l'agente, l'uomo capace, la memoria e la promessa.
La posta in gioco etico-politica dell'intera ricerca emerge quando la
tematica del riconoscimento reciproco affronta la sfida hobbesiana della
concezione moderna della politica come fondata su una concezione dell'uomo
che e' lupo rispetto all'altro uomo e che quindi sfugge alla guerra di tutti
contro tutti solo a condizione di sottomettersi al potere assoluto dello
stato. Ricoeur, che non ignora certo le desolazioni e la tristezza di una
umanita' devastata dal male, e che e' consapevole dell'ineluttabilita' del
conflitto, ciononostante non e' disponibile a lasciare alla violenza, alla
guerra e al dominio dell'uomo sull'uomo l'ultima parola. Il suo colpo d'ala
consiste nel legare il tema hegeliano della lotta per il riconoscimento a
quello del dono. Nel dono, oltre la rete di rapporti interumani basati sullo
scambio di dono e controdono, viene introdotta una logica di gratuita' e di
generosita' mentre la valenza simbolica del donare mette in luce un elemento
di festivita' dell'esistenza.
Si profila cosi' sullo sfondo la possibilita' di un fondamento nonviolento
del legame sociale e di uno "stato di pace" come orizzonte - problematico,
difficile ma non impossibile - di una umanita' ancora da costruire.
Credo che il miglior modo per onorare Ricoeur sarebbe la promozione da parte
della citta' che lo ha avuto come suo cittadino di iniziative rivolte a
promuovere la pace e l'incontro fra le culture, in particolare in una
regione cosi' ricca di memorie storiche come quella euro-mediterranea, che
rischia oggi di diventare una frontiera tormentata e insanguinata fra tre
continenti e che invece solo nella pace e nel dialogo fra i popoli e le
culture puo' ritrovare le sue radici piu' profonde e vitali.

5. RIFLESSIONE. FRANCESCO COMINA INTERVISTA ERALDO AFFINATI
[Ringraziamo Francesco Comina (per contatti: f.comina at ladige.it) per averci
messo a disposizione questa sua intervista a Eraldo Affinati apparso sul
quotidiano "L'Adige" alcuni giorni fa.
Francesco Comina e' stato uno dei principali punti di riferimento in Italia
della campagna di sostegno al si' al referendum brasiliano per proibire il
commercio delle armi. Giornalista e saggista, pacifista nonviolento, e'
impegnato nel movimento di Pax Christi; nato a Bolzano nel 1967, laureatosi
con una tesi su Raimon (Raimundo) Panikkar, collabora a varie riviste. Opere
di Francesco Comina: Non giuro a Hitler, Edizioni San Paolo, Cinisello
Balsamo (Mi) 2000; (con Marcelo Barros), Il sapore della liberta', La
meridiana, Molfetta (Ba) 2005; (con Arturo Paoli), Qui la meta e' partire,
La meridiana, Molfetta (Ba) 2005; ha contribuito al libro di AA. VV., Le
periferie della memoria, Anppia - Movimento Nonviolento, Torino-Verona; e ad
AA. VV., Giubileo purificato, Emi, Bologna.
Eraldo Affinati, nato a Roma nel 1956, scrittore, insegnante e giornalista,
ha dedicato un particolare impegno alla memoria della Shoah. Opere di Eraldo
Affinati: Veglia d'armi. L'uomo di Tolstoj, Marietti, 1992; Oscar Mondadori,
1998; Soldati del 1956, Marco Nardi, 1993; Oscar Mondadori, 1997; Bandiera
bianca, Mondadori, 1995; Leonardo, 1996; Oscar Mondadori, 1999; Patto
giurato. La poesia di Milo De Angelis, Tracce, 1996; Campo del sangue,
Mondadori, 1997; Oscar Mondadori, 1998; Uomini pericolosi, Mondadori, 1998;
Oscar Mondadori, 2000; Il nemico negli occhi, Mondadori, 2001; Un teologo
contro Hitler. Sulle tracce di Dietrich Bonhoeffer, Mondadori, 2002; Secoli
di gioventu', Mondadori, 2004]

Eraldo Affinati (classe 1956) e' uno scrittore che vive immerso nella
storia. Piu' che per altri autori, la scrittura di Affinati e' come dettata
dalla storia: segnata, provocata, convocata, dominata dall'ombra di
Auschwitz. E' nei sotterranei della vita che Affinati scava i suoi libri.
L'ombra si rivela, il fungo si dilata, le voci salgono aggrappandosi al
margine della vita e della morte per dire che l'uomo e' lupo e angelo nel
medesimo istante. "Campo del sangue" e' il racconto di un viaggio fra oggi e
ieri, fra la vita di oggi e dell'altroieri, fra le urla dei dannati e la
dannazione dei salvati; "Un teologo contro Hitler" e' una sorta di viaggio
nelle parole e nei luoghi di Dietrich Bonhoeffer, il pastore evangelico
impiccato a Flossenburg perche' nel difendere Dio dalla deriva idolatrica
del nazismo si trovo' a fare i conti con l'idra Adolf Hitler; l'ultimo
romanzo "Secoli di gioventu'" lavora sul doppio binario del tempo: quello
che e' e quello che e' stato. Con la sua ombra, con il suo sangue.
Eraldo Affinati e' stato a Bolzano per tenere una lezione sulla letteratura
dei campi di concentramento nell'aula magna del Liceo pedagogico "Pascoli" e
un laboratorio sul tema del "personaggio" all'interno della Scuola di
scrittura creativa dell'Upad.
*
Camere a gas
- Francesco Comina: Eraldo Affinati, ancora esecuzioni in Usa ma una
particolarmente clamorosa. E' stato ucciso con una iniezione letale dopo 22
minuti di agonia Stanley Tooky Williams, ex capo di una feroce gang di Los
Angeles convertito alla nonviolenza e alla predicazione di pace. Una
condanna eseguita nonostante le suppliche di grazia venute da ogni parte.
Williams e' stato ucciso nella ex camera a gas del penitenziario di San
Quentin legato ad un modernissimo lettino delle esecuzioni. Sessant'anni fa
l'America scoperchiava lo scandalo del totalitarismo genocidario: le camere
a gas dove venivano annientati gli "altri". E' possibile riconoscere sul
volto di Tooky Williams la tragedia di un sommerso qualsiasi dell'orda
assassina nazista?
- Eraldo Affinati: Quando le truppe americane entrarono nel lager di
Bergen-Belsen scoprendo lo sterminio amministrativo e industriale realizzato
dal regime hitleriano, nel cuore dell'Europa civilizzata, certo non potevano
immaginare che, sessant'anni dopo, sui giornali di tutto il mondo, molti
osservatori, nel commentare la morte mediante iniezione letale di Tooky
Williams, avrebbero confrontato questa esecuzione con quelle realizzate dai
nazisti. Dovremmo vergognarci tutti, come esseri umani, di fronte alla
barbarie delle condanne al capestro che continuano ad essere praticate in
numerose nazioni sfregiando il principio etico enunciato gia' nel
diciottesimo secolo da Cesare Beccaria. Sbaglia chi pensa sia semplice
convincersi che nessuno Stato puo' arrogarsi il diritto di pretendere da un
uomo piu' del suo pentimento. Al contrario, si tratta di un valore di
civilta' da conquistare giorno per giorno, fuori e dentro ciascuno di noi.
*
Il pastore impiccato
- Francesco Comina: Nel 2006 si celebrano i cento anni dalla nascita di
Dietrich Bonhoeffer. Quale e' il messaggio che Bonhoeffer lascia all'uomo di
oggi?
- Eraldo Affinati: In particolare l'ultimo Bonhoeffer, recluso nel carcere
di Tegel, quello che scrisse le lettere oggi comprese in "Resistenza e
resa", rappresenta una sfida per chi voglia intendere il cristianesimo come
una scommessa radicale che non sottrae nulla all'intensita' della vita, ma
anzi la rilancia in tutte le sue potenzialita'. Chi vive con una gamba sola
in Terra, disse il teologo, vivra' cosi' anche in Cielo. Per un giovane
questo significa imparare a non dividere mai il pensiero dall'azione,
superando una concezione restrittiva dell'impegno quotidiano. Vuol dire
anche scoprire un'altra cosa: la vera liberta' non s'identifica, come hanno
creduto molti intellettuali del Novecento, con il superamento del limite ma,
al contrario, nella sua accettazione.
*
La rosa di Sophie
- Francesco Comina: E' uscito da poco il film del regista tedesco Rothemund
sulla giovane studentessa universitaria Sophie Scholl, volto, anima e cuore
di quella straordinaria azione di resistenza al nazionalsocialismo che va
sotto il nome di "Rosa Bianca". E' possibile oggi veicolare la memoria dei
giovani della Rosa Bianca ai loro coetanei che vivono nel tempo della
"modernita' liquida" per dirla con Bauman, ossia il tempo che si plasma
sull'eterno presente e che non ce la fa a rappresentare l'orizzonte dei
grandi ideali?
- Eraldo Affinati: Non solo e' possibile. E' necessario. Altrimenti
rischiamo di lasciare questi giovani da soli, di fronte ai campioni sportivi
che fanno il saluto romano rivolti in tribuna, oppure insultano i giocatori
di colore. Dobbiamo sempre pensare che ogni generazione ricomincia da capo,
quindi non bisogna mai dare niente per scontato. L'informazione deve essere
completa, senza enfasi ne' inutili retoriche, tenendo fermi alcuni punti
essenziali. Il film di Rothemund e' una splendida prova di attori ma dal
punto di vista storico risulta perlomeno impreciso. Ad esempio, basta aver
studiato soltanto un poco il periodo nazista per rendersi conto che la
figura dell'investigatore, sottilmente intrigato dal carisma di Sophie
Sholl, rasenta l'inverosimiglianza.
*
Giusto fra le nazioni
- Francesco Comina: C'e' un vecchio lucchese che negli anni '40 salvo'
alcuni ebrei dalle persecuzioni naziste. Molti anni dopo uno di quei
giovani - oggi grande studioso del Talmud - si ricordo' di lui e dal suo
ricordo e' venuto il riconoscimento di "Giusto fra le nazioni" (1999). Oggi
il novantatreenne Arturo Paoli non si e' ancora stancato di difendere i
condannati a morte dalle manovre selettive dello sviluppo che nega loro i
diritti fondamentali all'esistenza: i poveri argentini, i boscaioli del
Venezuela, i contadini senza terra del Brasile, i tanti ammassati nelle
favelas latinoamericane. Che nessi ci sono, secondo lei, fra la dimensione
di giustizia e di solidarieta' all'epoca del nazismo e la dimensione di
giustizia e di solidarieta' nel nostro tempo?
- Eraldo Affinati: Il nazismo avrebbe dovuto alzare la soglia della nostra
responsabilita' nei confronti della tecnologia, eppure cio' non e' avvenuto.
L'uomo e' un essere pericoloso ma anche, al tempo stesso, capace di
infondere speranza. Auschwitz, la Kolyma e Hiroshima potevano essere
capolinea dello sviluppo terrestre. Oggi rischiano di restare moniti
inascoltati. L'ingiustizia sociale e' diventata ancora piu' lancinante e
planetaria rispetto a quanto gia' era. Tuttavia la cultura della
solidarieta', nelle sue diverse forme, continua a crescere. Dobbiamo avere
fiducia. Forse dico questo perche', come insegnante alla Citta' dei ragazzi
di Roma, vedo ogni giorno adolescenti afgani, magrebini, slavi, africani,
ognuno con storie terribili alle spalle. Eppure tutti pronti a ricrescere
sempre, anche dove meno te lo aspetteresti, come erba fra le tegole dei
tetti.
*
Assuefatti alla guerra
- Francesco Comina: E' di pochi giorni la diffusione di un filmato girato
dai carabinieri italiani a Nassiriya dove emerge il lato oscuro della
guerra, l'annichilimento del nemico. In Iraq forse la guerra non e' mai
finita, eppure sembra che oramai il conto dei morti quotidiani non produca
piu' alcun effetto emotivo. Subito dopo lo scandalo di Auschwitz e
l'apocalisse di Hiroshima, la guerra venne definita "flagello dell'umanita'"
dalle stesse Nazioni Unite. Oggi la guerra e' diventata infinita e
permanente. E' parte di noi. Cosa sta accadendo? Ci stiamo abituando alla
guerra? I giovani non si scandalizzano piu' di partecipare alla macabra
conta degli eccidi di Bagdad?
- Eraldo Affinati: Non ci dobbiamo fare illusioni, come sapeva Primo Levi. I
giovani restano colpiti dagli eventi bellici assai piu' di quel che sembra.
E poi c'e' sempre qualcuno di loro che si prende sulle spalle il peso di
tutti gli altri e lo fa da solo, in silenzio, in modi imperscrutabili e
solenni, senza farsi vedere da nessuno. Sono i migliori. Io li cerco sempre,
questi alfieri di liberta' spirituale. E li trovo. Appena li vedo, cerco di
consolarli perche' so che sono destinati al massacro.
*
Memoria e letteratura
- Francesco Comina: I suoi libri, i suoi scritti, i suoi racconti vivono di
memoria, di tempo. "Siamo fatti di tempo - scrive Eduardo Galeano - siamo i
suoi piedi e le sue labbra". La memoria, la storia, l'umanita', la
letteratura concentrazionaria riusciranno a rispondere alla supplica degli
internati che chiedono di non dimenticare mai piu' quello che e' accaduto?
- Eraldo Affinati: Le radici che abbiamo alle spalle non sono soltanto
nostre. Ognuno di noi e' intrecciato a filo doppio e triplo con altri. E' in
questa coralita' che la vera letteratura, non solo quella concentrazionaria,
acquista senso pieno. Noi dobbiamo fare in modo che Auschwitz non diventi,
fra cento anni, quello che sono oggi le gigantesche statue dei moais
sull'Isola di Pasqua: sculture indecifrabili e misteriose sui cui
significati precisi gli studiosi ancora discutono.

6. RIFLESSIONE. MAURIZIO PASSERIN D'ENTREVES: LA TEORIA DELLA CITTADINANZA
NELLA FILOSOFIA POLITICA DI HANNAH ARENDT (PARTE QUARTA E CONCLUSIVA)
[Dal sito http://utenti.lycos.it/arendt1976/ riprendiamo il seguente testo,
di cui li' si segnala che fu presentato come working paper n. 102 a
Barcellona nel 1995 (non abbiamo avuto modo di verificare se sia - come e'
ragionevole supporre - lo stesso testo apparso col medesimo titolo nella
rivista "Teoria politica", 11 (2), 1995, alle pp. 83-107).
Maurizio Passerin d'Entreves, acuto studioso di filosofia politica, insegna
all'Universita' di Manchester ed e' autore di rilevanti saggi. Tra le opere
di Maurizio Passerin d'Entreves: The Political Philosophy of Hannah Arendt,
Routledge, London - New York 1994.
Hannah Arendt e' nata ad Hannover da famiglia ebraica nel 1906, fu allieva
di Husserl, Heidegger e Jaspers; l'ascesa del nazismo la costringe
all'esilio, dapprima e' profuga in Francia, poi esule in America; e' tra le
massime pensatrici politiche del Novecento; docente, scrittrice, intervenne
ripetutamente sulle questioni di attualita' da un punto di vista
rigorosamente libertario e in difesa dei diritti umani; mori' a New York nel
1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi lavori fondamentali (quasi tutti
tradotti in italiano e spesso ristampati, per cui qui di seguito non diamo l
'anno di pubblicazione dell'edizione italiana, ma solo l'anno dell'edizione
originale) ci sono Le origini del totalitarismo (prima edizione 1951),
Comunita', Milano; Vita Activa (1958), Bompiani, Milano; Rahel Varnhagen
(1959), Il Saggiatore, Milano; Tra passato e futuro (1961), Garzanti,
Milano; La banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme (1963), Feltrinelli,
Milano; Sulla rivoluzione (1963), Comunita', Milano; postumo e incompiuto e'
apparso La vita della mente (1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di
brevi saggi di intervento politico e' Politica e menzogna, Sugarco, Milano,
1985. Molto interessanti i carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969.
Filosofia e politica, Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra
amiche. La corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975,
Sellerio, Palermo 1999). Una recente raccolta di scritti vari e' Archivio
Arendt. 1. 1930-1948, Feltrinelli, Milano 2001; Archivio Arendt 2.
1950-1954, Feltrinelli, Milano 2003; cfr. anche la raccolta Responsabilita'
e giudizio, Einaudi, Torino 2004. Opere su Hannah Arendt: fondamentale e' la
biografia di Elisabeth Young-Bruehl, Hannah Arendt, Bollati Boringhieri,
Torino 1994; tra gli studi critici: Laura Boella, Hannah Arendt,
Feltrinelli, Milano 1995; Roberto Esposito, L'origine della politica: Hannah
Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996; Paolo Flores d'Arcais, Hannah
Arendt, Donzelli, Roma 1995; Simona Forti, Vita della mente e tempo della
polis, Franco Angeli, Milano 1996; Simona Forti (a cura di), Hannah Arendt,
Milano 1999; Augusto Illuminati, Esercizi politici: quattro sguardi su
Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994; Friedrich G. Friedmann, Hannah
Arendt, Giuntina, Firenze 2001. Per chi legge il tedesco due piacevoli
monografie divulgative-introduttive (con ricco apparato iconografico) sono:
Wolfgang Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei Hamburg 1987, 1999;
Ingeborg Gleichauf, Hannah Arendt, Dtv, Muenchen 2000]

4. Cittadinanza e cultura politica
Nella sezione precedente ho ricostruito la concezione della cittadinanza
della Arendt attorno ai temi della "agency" politica e dell'identita'
collettiva. In questa ultima parte vorrei indagare la connessione tra la
concezione partecipatoria della cittadinanza della Arendt e la costituzione
di una cultura politica attiva e democratica. Nel libro Sulla rivoluzione e
in due saggi contenuti nella seconda edizione di Between Past and Future
(74) la Arendt sostenne che la possibilita' di ripristinare la capacita' di
esprimere un giudizio politico imparziale e responsabile dipendeva
essenzialmente dalla creazione di spazi pubblici per la deliberazione
collettiva nei quali i cittadini potevano confrontare e ampliare le loro
opinioni.
Come scrive la Arendt: "Le opinioni sorgono la' dove gli uomini comunicano
liberamente fra loro e hanno il diritto di manifestare in pubblico le loro
idee; ma queste idee nella loro infinita varieta' sembra abbiano anche
bisogno di essere depurate e rappresentate... Anche se le opinioni sono
formulate da individui e devono restare, per cosi' dire, di loro proprieta',
nessun singolo individuo... potra' mai essere in grado di affrontare il
compito di filtrare le opinioni, di passarle al setaccio di un'intelligenza
che sappia separarne cio' che e' arbitrario e meramente idiosincratico,
purificandole cosi' fino a farne concezioni pubbliche (75).
Dove esiste uno spazio pubblico appropriato, queste opinioni possono infatti
essere messe a confronto, ampliate e trasformate attraverso un processo di
dibattito e discussione democratico. Il dibattito democratico e' invero
essenziale per la formazione di opinioni che possano reclamare qualcosa di
piu' che una validita' puramente soggettiva; gli individui possono avere
opinioni personali su molte questioni rilevanti, ma possono formare opinioni
"rappresentative" solo ampliando il loro punto di vista cosi' da incorporare
quello degli altri. Nelle parole della Arendt: "Il pensiero politico e'
rappresentativo. Io formo un'opinione esaminando una data questione da
differenti punti di vista, tenendo presente i punti di vista di quelli che
sono assenti; cioe', li rappresento... Piu' punti di vista delle persone
tengo presenti mentre considero una data questione, e meglio riesco a
immaginare come sentirei e penserei se fossi al loro posto, piu' forte sara'
la mia capacita' di pensiero rappresentativo e piu' valide saranno le mie
conclusioni finali, il mio giudizio" (76).
La capacita' di formare opinioni valide richiede pertanto uno spazio
pubblico dove gli individui possono confrontare e affinare le loro idee
mediante un processo di argomentazione e dibattito pubblico. Lo stesso vale
per la formazione di giudizi validi: in quanto e' "la piu' politica delle
abilita' mentali dell'uomo" (77), il giudizio puo' essere esercitato e
convalidato solamente in pubblico, nello scambio libero e aperto di opinioni
nella sfera pubblica. Come nota la Arendt, il giudizio "non puo' agire nel
pieno isolamento e nella solitudine; richiede la presenza di altri, per
pensare 'al loro posto', per prenderne in considerazione le prospettive, e
senza i quali e' del tutto incapace di agire. Come la logica, per essere
valida, richiede la presenza del se', cosi' il giudizio, per essere valido,
richiede la presenza degli altri" (78).
Come nel caso dell'opinione, la validita' del giudizio dipende dalla
capacita' di pensare in maniera "rappresentativa", cioe' dal punto di vista
degli altri, cosi' da essere in grado di guardare il mondo da un numero di
differenti prospettive. E questa capacita', a sua volta, puo' essere
acquisita e convalidata solo in un contesto pubblico dove gli individui
hanno l'opportunita' di scambiare le loro opinioni e di esprimere le loro
differenze tramite un dibattito democratico.
Come osserva la Benhabib, "Pensare dal punto di vista degli altri richiede
la condivisione di una cultura pubblica che permetta a ciascuno di formulare
davvero cio' che pensa e quali sono le sue prospettive. L'immaginazione
morale di una persona prospera in una tale cultura dove la prospettiva
autocentrata dell'individuo e' messa costantemente in discussione dalla
molteplicita' e diversita' delle prospettive che circolano nella vita
pubblica" (79).
In questo senso, sostiene la Benhabib, lo sviluppo di un pensiero
"allargato" richiede "la creazione di istituzioni e pratiche grazie alle
quali la voce e la prospettiva degli altri, spesso a noi sconosciuti, puo'
essere espressa in maniera autentica" (80). La creazione e lo sviluppo di
una cultura pubblica della cittadinanza democratica che garantisca a
ciascuno il diritto all'opinione e all'azione e' pertanto essenziale per il
fiorire della capacita' di articolare e riconoscere le prospettive degli
altri.
*
Note
74. Arendt, H.: "The Crisis in Culture" e "Truth and Politics", in Between
Past and Future, op. cit., pp. 197-226 e pp. 227-264; il primo saggio e'
stato tradotto in Tra passato e futuro, op. cit., pp. 215-245.
75. Arendt, H.: On Revolution, op. cit., p. 227; trad. it.: Sulla
rivoluzione, op. cit., p. 262 (traduzione leggermente modificata).
76. Arendt, H.: Between Past and Future, op. cit., p. 241.
77. Arendt, H.: "Thinking and Moral Considerations", op. cit., p. 36; trad.
it.: "Pensiero e riflessioni morali", in La disobbedienza civile e altri
saggi, Milano, Giuffre' Editore, 1985, p. 151. Si veda anche Between Past
and Future, op. cit., p. 221; trad. it.: Tra passato e futuro, op. cit., p.
240, dove la Arendt afferma che "la capacita' di giudicare [e'] un talento
specificamente politico" e che "il giudizio [e'] una delle facolta'
fondamentali dell'uomo in quanto essere politico, poiche' gli consente di
orientarsi nella sfera pubblica, nel mondo comune".
78. Arendt, H.: Between Past and Future, op. cit., p. 220-221; trad it.: Tra
passato e futuro, op. cit., p. 239 (traduzione leggermente modificata).
79. Benhabib, S.: "Judgment and the Moral Foundations of Politics in Hannah
Arendt's Thought", in Situating the Self, op. cit., p. 141.
80. Ibid., p. 140.
(Fine)

7. RIFLESSIONE. MARIA LAURA LANZILLO: INTRODUZIONE AL MULTICULTURALISMO
[Proponiamo le pagine dell'introduzione del libro di Maria Laura Lanzillo,
Il multiculturalismo, Laterza, Roma-Bari 2005, pp. VII-X. Maria Laura
Lanzillo insegna storia delle dottrine politiche all'Universita' di Bologna
(sede di Forli'); autrice di numerosi saggi di storia del pensiero politico,
e' responsabile del coordinamento redazionale di "Filosofia politica". Tra
le opere di Maria Laura Lanzillo: Voltaire. La politica della tolleranza,
Laterza, Roma-Bari 2000; Tolleranza, Il Mulino, Bologna 2001; (a cura di),
La questione della tolleranza, Clueb, Bologna 2003; (a cura di),
Tocqueville. Antologia degli scritti politici, Carocci, Roma 2004; Il
multiculturalismo, Laterza, Roma-Bari 2005]

Fra i termini di recente ingresso nel dibattito politico odierno quello di
multiculturalismo o di societa' multiculturale e' certamente uno dei piu'
discussi, dibattuti, e spesso anche abusati. A partire dagli anni Novanta
del XX secolo intorno alla questione multiculturale si sono sviluppati
progetti di ricerca, insegnamenti universitari, discussioni politiche anche
aspre che hanno coinvolto l'opinione pubblica, e molto si e' pubblicato.
Sempre pero' con una difficolta' di fondo, una sorta di incapacita' a
stringere, a determinare e definire con una certa chiarezza l'oggetto a cui
questo "ismo" si riferisce.
In prima battuta sembra chiaro di che cosa si parla quando si dice
multiculturalismo. Ovvio, multiculturalismo sta a indicare e vuole spiegare
le difficolta' a cui la nostra esistenza politica (ma non solo politica)
sembra sottoposta in quella che appare come un'epoca di transizione, di
crisi, di sconvolgimenti (dall'agonia del sistema occidentale degli Stati al
ripresentarsi sempre piu' frequente della guerra quasi come sola capacita'
di risposta alle tensioni cui e' sottoposto il sistema politico;
dall'insorgenza di quelle che vengono propagandate come nuove guerre civili
di religione all'emergenza sempre piu' visibile della frattura fra Nord e
Sud del mondo, solo per fare alcuni esempi). Ma che cosa vuol dire tutto
questo e perche' il multiculturalismo dovrebbe aiutarci a comprendere cio'?
Gia' provare a rispondere a questa domanda diventa piu' difficile, e allora
la centralita' che il tema del multiculturalismo sta acquistando appare
quale tentativo di velare, occultare (con una mossa che e' tipica della
modernita') l'esaurimento della capacita' ermeneutica di alcuni dei concetti
attraverso i quali era stata pensata e costruita la politica moderna. Il
rischio che si annida dietro il termine multiculturalismo e' che esso riveli
non una rinnovata capacita' diella politica di comprendere e dare senso al
nostro reale, ma la sostanziale afasia del nostro lessico politico incapace
ormai di significare efficacemente parole quali sovranita', liberta',
uguaglianza, rappresentanza, diritti, cittadinanza, nazione.
E piu' la crisi del nostro sistema-mondo si fa complessa, piu' la parola
multiculturalismo si fa dominante nel dibattito pubblico: viviamo in
societa' multiculturali, c'e' necessita' di politiche multiculturali,
scoppiano guerre multiculturali... questi i refrain che continuamente
sentiamo o leggiamo. Un dibattito che non resta limitato all'ambito della
teoria politica, ma che investe anche le piu' recenti analisi di politiche
pubbliche, quelle sociologiche e psicologiche, gli studi antropologici e
quelli storici.
*
Entrato come termine centrale nella discussione pubblica statunitense e
canadese a partire dagli anni Sessanta del XX secolo, in seguito ai
movimenti e alle rivendicazioni provocate dalle cosiddette "guerre
culturali" e dalla percezione della fine dell'ideologia del melting pot,
oggi il dibattito pubblico e accademico non riesce a esimersi dal discutere,
accapigliarsi, interrogarsi e, di fatto, rimanere intrappolato nel circolo
vischioso del multiculturalismo. In particolare, al di la' dell'Atlantico, a
partire dagli anni Ottanta e Novanta del XX secolo il multiculturalismo e'
diventato uno dei temi centrali dell'indagine filosofico-politica sia da
parte liberale sia da parte comunitaria, presentato sempre e comunque come
una delle possibili soluzioni ai problemi di convivenza fra individui e
cittadini che sembrano chiedere non piu', come in epoca moderna, il
riconoscimento della propria uguaglianza, ma il riconoscimento della propria
differenza.
Tra la fine del XX secolo e l'inizio del XXI, il dibattito sul
multiculturalismo ha investito anche l'ambito filosofico-politico europeo.
L'Europa, alle prese con i problemi teorici e politici imposti dalla nuova
ondata di migrazioni - in particolare di persone provenienti dal Sud del
mondo e che appaiono diverse per colore della pelle, religione, costumi e
stili di vita - ma anche attraversata dalla crisi delo Stato-nazione,
recepisce quella che puo' sembrare un'ancora di salvezza lanciata dall'altra
sponda dell'Atlantico, la soluzione multiculturale appunto. E tuttavia
inizia a riflettere sul multiculturalismo alla luce della propria peculiare
storia e dunque lo legge in modo parzialmente diverso da quello americano,
interpretandolo per lo piu' come nuova rideterminazione ed elaborazione del
concetto tutto europeo di tolleranza.
Nonostante la differenza di approccio e il contesto storico-politico in cui
il fenomeno viene analizzato - e che mostreremo piu' approfonditamente nel
corso del volume -, da entrambe le sponde dell'Atlantico il
multiculturalismo sembra essere, a seconda degli autori che se ne occupano,
o la soluzione di tuti i problemi in cui si dibatte la politica (e la teoria
politica) occidentale o, all'opposto, la causa di tutte le difficolta' che
"ammorbano" il confronto politico.
Ma e' solo questo che sta dietro la parola multiculturalismo?
*
Multiculturalismo e' solo uno slogan politico usato ormai sia da parte
conservatrice sia da parte progressista per giustificare determinate scelte
di politica interna e internazionale? O, invece, multiculturalismo puo'
raccontarci anche un'altra storia, che affonda le proprie radici ben piu'
indietro degli ultimi decenni del XX secolo, una storia che ci parla non
tanto dei cosiddetti "altri" che attraversano le nostre societa', ma
soprattutto di noi e del mondo che ci siamo costruiti?
Le pagine che seguono si propongono di ricostruire il dibattito
multiculturale attraverso alcune delle sue voci piu' importanti e di fare un
po' di ordine nella congerie di multiculturalismi davanti ai quali ci
troviamo, al fine di indagare il termine multiculturalismo come una sorta di
cartina di tornasole delle contraddizioni insite nel preteso universalismo
del progetto politico moderno. Credo che in tal senso l'indagine
storico-politica sul multiculturalismo possa rivelarsi piu' produttiva,
sollevandosi al di sopra delle battaglie ideologiche e propagandistiche.
Attraversare alcuni dei momenti piu' significativi del dibattito
teorico-politico sul multiculturalismo servira' per mettere in evidenza le
contraddizioni interne alla teoria politica moderna e in particolare alla
relazione di inclusione-esclusione su cui si fonda il riconoscimento
politico dello status di cittadino (o, meglio, come ci ha insegnato Hannah
Arendt nelle Origini del totalitarismo, di individuo).
Cio' che si vuole dimostrare - questa la mia tesi - e' che invece di un
nuovo modo di pensare la convivenza politica, troppo spesso dietro molte
delle retoriche multiculturali si nascondono strategie conservatrici dello
status quo e delle dinamiche di dominio che ne sostanziano il sistema di
potere.

8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

9. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1173 del 12 gennaio 2006

Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe

Per non riceverlo piu':
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe

In alternativa e' possibile andare sulla pagina web
http://web.peacelink.it/mailing_admin.html
quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su
"subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).

L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196
("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing
list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica
alla pagina web:
http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004
possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web:
http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html

L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la
redazione e': nbawac at tin.it