La nonviolenza e' in cammino. 1167



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1167 del 6 gennaio 2006

Sommario di questo numero:
1. Cindy Sheehan: Un vero amico non ti permette di compiere crimini di
guerra
2. Monica Lanfranco ricorda Donatella Colasanti
3. Doriana Goracci ricorda Donatella Colasanti
4. Angelo Gandolfi ricorda Sergio Rampinini
5. Daniele Lugli: Riprende il 13 gennaio la "Scuola della nonviolenza" a
Ferrara
6. La "Carta" del Movimento Nonviolento
7. Per saperne di piu'

1. TESTIMONIANZE. CINDY SHEEHAN: UN VERO AMICO NON TI PERMETTE DI COMPIERE
CRIMINI DI GUERRA
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
averci messo a disposizione nella sua traduzione il seguente intervento di
Cindy Sheehan. Cindy Sheehan ha perso il figlio Casey in Iraq; per tutto il
mese di agosto e' stata accampata a Crawford, fuori dal ranch in cui George
Bush stava trascorrendo le vacanze, con l'intenzione di parlargli per
chiedergli conto della morte di suo figlio; intorno alla sua figura e alla
sua testimonianza si e' risvegliato negli Stati Uniti un ampio movimento
contro la guerra]

"Tu sei un'ambasciatrice di pace", mi ha detto un giornalista spagnolo al
termine di una delle dozzine di interviste che ho rilasciato quando ero in
Europa. Questa particolare intervista la diedi poco prima di incontrare il
ministro degli esteri spagnolo. Ed in verita', mi sono proprio sentita
un'ambasciatrice di pace durante i miei sedici giorni di viaggio in Europa.
*
Il sindaco di Londra ha organizzato un incontro per celebrare i nostri
comuni sforzi per la pace alla City Hall, nuova e molto moderna, accanto
alle impressionanti strutture del Ponte e della Torre di Londra. Il Sindaco
Ken Livingstone ha criticato apertamente la guerra in Iraq ed i crimini di
guerra di Bibi' e Bibo', Bush e Blair, ovvero i corrotti eppure tristemente
comici falsi leader di due dei paesi piu' potenti del pianeta. Io credo che
Bush e Blair si siano spinti troppo in la' per ricredersi. Entrambi
dovrebbero essere rimossi dalle loro cariche e giudicati per crimini di
guerra e tradimento. Fino a che costoro non saranno rimossi, gli omicidi e i
massacri continueranno.
*
In Irlanda, ho incontrato l'equivalente della nostra Condi Rice, il ministro
degli esteri Dermot Ahern, che aveva in effetti incontrato la Rice la
settimana prima. Incredibilmente, aveva accettato le assicurazioni di lei
sul fatto che gli aeroplani della Cia (gli attivisti pacifisti ne hanno
documentati piu' di 60) che fanno scalo all'aeroporto di Shannon non
trasportano prigionieri sottoposti ad "interrogatori straordinari" (ovvero
torture). Questo e' un po' come accettare da un pirata l'assicurazione che
non assalira' la tua nave mentre costui si avvicina per l'abbordaggio con la
spada sguainata. Ho cercato di far capire al signor Ahern che i capi del mio
governo sono ben conosciuti come bugiardi patologici, e che non poteva
credere a nulla di quanto gli avevano detto. Questi aeroplani si fermano sul
suolo irlandese, gli ho detto, per cui l'Irlanda puo' ispezionarli per
accertarsi che in essi non avvengano violazioni dei diritti umani: se la
Rice e Bush non stanno facendo nulla di sbagliato, non si vede perche'
dovrebbero preoccuparsi.
L'Irlanda non ha mandato truppe nella Coalizione degli Assassini, ma
permette agli aeroplani statunitensi di rifornirsi al suddetto aeroporto. Il
signor Ahern mi ha detto che lo facevano anche durante la guerra in Vietnam.
Al che, gli ho consegnato un pacco di petizioni firmate da oltre 10.000
cittadini irlandesi, in cui si chiede che il governo smetta di permettere
agli aeroplani della tortura e a quelli che trasportano truppe di atterrare
a Shannon. Anche mio figlio Casey passo' per questo scalo.
Ho chiesto al signor Ahern di far si' che gli Usa vadano a fare il pieno ai
loro aerei da qualche altra parte. L'occupazione dell'Iraq e' illegale per
la maggior parte degli aspetti, ho aggiunto, e immorale per tutti. Essere
complici in crimini di guerra rende ugualmente colpevoli. Posso dire che mi
ha ascoltata, e che sembrava genuinamente desideroso di fare il bene
dell'Irlanda. Ma gli irlandesi devono continuare a fare pressione sul
governo, affinche' questo agisca razionalmente e responsabilmente.
*
Poi sono andata in Scozia, la patria dell'impeachment ed anche la patria di
entrambe le mie bis-bisnonne. Ho incontrato molti militari scozzesi che sono
contrari alla guerra e stanno facendo tutto quel che possono per porre fine
al coinvolgimento della Scozia nella guerra irachena. Il primo ministro non
ha voluto incontrarmi, e la mia amica Rose Gentle, il cui figlio Gordon e'
stato ucciso in Iraq, sta tentando ancora di incontrarlo.
*
Quando i leader di nazioni sono co-cospiratori in menzogne e corruzione, e
non hanno neppure il coraggio o l'integrita' di incontrare le persone le cui
vite sono state devastate dalle loro fellonie, e' un vero e proprio
scandalo.
*
Il governo spagnolo e' relativamente giovane, ed ha portato a casa le truppe
dopo che il vecchio governo era stato cacciato a calci nel 2004, perche' gli
spagnoli non ne potevano piu' nee' delle menzogne nee' della corruzione del
loro "regime bushista". Il tema che ricorreva nei miei incontri con membri
del governo spagnolo, incluso il vicepresidente Manuel Marin, erano i
"valori condivisi". Noi popoli di ambo i paesi dobbiamo trovare un terreno
comune su cui trovarci insieme, ho detto loro. Abbiamo chiesto al governo
spagnolo di denunciare a voce alta cio' che gli Usa stanno facendo, perche'
il governo statunitense non ha valori positivi, che affermino la vita. Ha
valori negativi, che la vita la rovinano, come l'uso di armi chimiche e le
torture quali mezzi per soddisfare la propria avidita' di potere.
I funzionari del governo hanno assicurato a me ed agli altri membri di "Gold
Star Families for Peace", nonche' ai pacifisti locali, di essere "grandi
amici ed alleati degli Usa". Noi vogliamo amici per il popolo americano, ma
non per l'attuale regime. Il governo non e' identico al popolo, checche' ne
dicano i seminatori d'odio della destra. Inoltre, questa e' una nozione
fascista. Non solo non abbiamo l'obbligo di amare le politiche del nostro
governo, quando esse sono malvagie, ma abbiamo l'obbligo civile di opporci
ad esse con tutte le nostre forze. Quando l'amministrazione Bush usa fosforo
bianco su innocenti, uomini, donne, bimbi, infanti, quando usa arresti
illegali e tortura su altri membri della razza umana, quando invade ed
occupa un paese che non era una minaccia per gli Usa, allora dobbiamo dire
no. Questo governo e' un'entita' fuori da ogni controllo, un'entita' che
abbiamo necessita' di contrastare. Piu' a lungo l'orrore iracheno continua,
piu' crimini di guerra vengono commessi e piu' vite innocenti rovinate per
sempre.
*
Durante il mio soggiorno in Europa, sono stata invitata in altri paesi come
ambasciatrice di pace. La gente in Italia ed in Australia e' particolarmente
ansiosa di avere la mia visita, perche' i loro governi sono complici di Bush
in Iraq. Io testimoniero' due volte al Parlamento Europeo durante
quest'anno, per spingerlo a fare pressione sul mio governo affinche' esso
metta fine alle proprie politiche omicide in Iraq e tenti qualcosa di nuovo:
diplomazia e pace. Apri le orecchie, signora Rice: la pace non si diffonde
con gli omicidi e la guerra. Sebbene la visita mia e degli altri membri di
"Gold Star Families for Peace" non abbia avuto un effetto immediato, forse
abbiamo piantato dei semi. La comunita' internazionale pacifista ha ripreso
energie e concentrazione.
Oltretutto, incontrandosi con me, i funzionari governativi di ogni paese
hanno prodotto una piccola falla nel sostegno agli illegittimi residenti
della Casa Bianca. Ogni piccolo segno di cambiamento da' speranza. Come
Dermot Ahern mi ha detto: "A Washington verra' riportato che mi sono
incontrato con lei. Non saranno contenti. Ma non me ne importa: era la cosa
giusta da fare".

2. LUTTI. MONICA LANFRANCO RICORDA DONATELLA COLASANTI
[Ringraziamo Monica Lanfranco (per contatti: mochena at tn.village.it) per
questo intervento che estraiamo da una piu' ampia lettera inviata a varie
persone amiche. Monica Lanfranco, giornalista professionista, nata a Genova
il 19 marzo 1959, vive a Genova; collabora con le testate delle donne
"DWpress" e "Il paese delle donne"; ha fondato il trimestrale "Marea";
dirige il semestrale di formazione e cultura "IT - Interpretazioni
tendenziose"; dal 1988 al 1994 ha curato l'Agendaottomarzo, libro/agenda che
veniva accluso in edicola con il quotidiano "l'Unita'"; collabora con il
quotidiano "Liberazione", i mensili "Il Gambero Rosso" e "Cucina e Salute";
e'' socia fondatrice della societa' di formazione Chance. Nel 1988 ha
scritto per l'editore PromoA Donne di sport; nel 1994 ha scritto per
l'editore Solfanelli Parole per giovani donne - 18 femministe parlano alle
ragazze d'oggi, ristampato in due edizioni. Per Solfanelli cura una collana
di autrici di fantasy e fantascienza. Ha curato dal 1990 al 1996 l'ufficio
stampa per il network europeo di donne "Women in decision making". Nel 1995
ha curato il libro Valvarenna: nonne madri figlie: un matriarcato imperfetto
nelle foto di fine secolo (Microarts). Nel 1996 ha scritto con Silvia
Neonato, Lotte da orbi: 1970 una rivolta (Erga): si tratta del primo testo
di storia sociale e politica scritto anche in braille e disponibile in
floppy disk utilizzabile anche dai non vedenti e rintracciabile anche in
Internet. Nel 1996 ha scritto Storie di nascita: il segreto della
partoriente (La Clessidra). Recentemente ha pubblicato due importanti volumi
curati in collaborazione con Maria G. Di Rienzo: Donne disarmanti, Edizioni
Intra Moenia, Napoli 2003; Senza velo. Donne nell'islam contro
l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005. Cura e conduce corsi di
formazione per gruppi di donne strutturati (politici, sindacali, scolastici)
sulla storia del movimento delle donne e sulla comunicazione]

Ho ascoltato ora alla radio la notizia della morte, tre giorni fa, di
Donatella Colasanti, sopravvissuta al massacro del Circeo nel quale mori'
Rosaria Lopez, nell'ottobre del 1975.
Donatella, che non si era mai ripresa da quel trauma, da anni era malata; e
da quando, poco piu' che adolescente, fu vittima dello stupro di gruppo di
Ghira, Guido e Izzo, la sua vita e' stata un susseguirsi di stenti,
solitudine e amarezza.
Che almeno serva il suo terribile ricordo da parte nostra come memento che
la violenza alle donne non e' solo nello stupro, ma nell'abbandono e nel
silenzio colpevole che avvolge le vittime.

3. LUTTI. DORIANA GORACCI RICORDA DONATELLA COLASANTI
[Ringraziamo Doriana Goracci (per contatti: doriana at inventati.org) per
questo intervento che estraiamo da una piu' ampia lettera inviata a varie
persone amiche. Doriana Goracci e' impegnata nel movimento delle Donne in
nero e in molte altre esperienze di pace e di solidarieta']

Nel pomeriggio, mentre vedevo per la prima volta l'ultimo film di Kubrick,
"Eyes Wide Shut" uscito nel '99, e' arrivata la notizia della morte di
un'amica - come non chiamarla cosi'... -, di Donatella Colasanti.
Le immagini dei suoi grandi occhi spalancati in quel giorno di novembre del
'75 ora si accavallano con quelle dei suoi occhi chiusi che non so
immaginare se non per il dolore e lo sfinimento della sua malattia che era
iniziata tanto tempo fa...
Tutto cancellato a 17 anni, quelle cose che sono importanti per la vita:
l'amore, la fiducia, l'amicizia, i sogni. A Donatella erano rimasti solo gli
incubi.
Il film di Kubrick, assai criticato allora seppure di un maestro, mi ha
invece fortemente colpita per la sua triste e attuale realta': il rapporto
uomo-donna fondato sul potere, il sesso, il danaro, come nella vicenda di
Donatella.
Allora tutte le donne giovani come lei e quelle piu' anziane, quelle che in
quegli anni rivendicavano l'autodeterminazione, la liberazione della donna,
ebbero una grande paura, che forse non ci ha mai piu' abbandonate.
Il violentatore non e' un mostro che viene da lontano, ma puo' essere quello
della tua eta' o poco piu' o poco meno, quello disposto a pagare o a
toglierti la vita per averti, per sottometterti, per finirti. Non e' il
ragazzo per cui sogni, scrivi, balli, ami... puo' essere vicino a te, molto
vicino, e  la paura monta, per le figlie e per le madri. E' una lista
infinita quella degli ultimi anni di donne violentate, e poi magari
ammazzate, e' una lista immonda che racconta tutta la malattia della nostra
societa', fondata sul danaro e il  potere.
Dove i colpevoli non ci sono mai, perche' tutti coinvolti in questa corsa
alla distruzione della tenerezza, della gioia amorosa fatta di niente se non
dell'amore stesso.
In quello stesso anno mori' Pasolini, morte violenta e oscura.
Furono anni pesanti gli anni settanta, gli anni di piombo. Seguirono poi
quelli della leggerezza, gli anni ottanta, all'insegna del "bersi" il danaro
e consumarsi il cervello con la droga e la menzogna. E oggi, sempre piu'
assuefatti a non avere mai la verita' come chiedeva Donatella, a vedere
occhi come i suoi spalancati chiusi...

4. MEMORIA. ANGELO GANDOLFI RICORDA SERGIO RAMPININI
[Ringraziamo Angelo Gandolfi (per contatti: angelo.gandolfi at fastwebnet.it)
per questo ricordo di Sergio Rampinini. Angelo Gandolfi, amico della
nonviolenza, partecipe di molte esperienze di pace e di solidarieta', e'
delegato per l'Iraq dei Berretti bianchi, organizzazione umanitaria di
intervento nonviolento in aree di conflitto (www.berrettibianchi.org); e'
impegnato anche della Rete per i Corpi civili di pace (www.reteccp.org)]

Il mondo della nonviolenza genovese e' purtroppo poco conosciuto, in qualche
modo si potrebbe definire la nostra citta' una delle "periferie" della
nonviolenza; e forse e' anche poco conosciuto probabilmente perche'
costituito interamente da donne e uomini della quotidianita'.
Siamo liguri, e di una citta' in cui si lavora per tradizione senza mettersi
in mostra.
E' forse anche per questo che abbiamo cercato di contrastare tutti i "grandi
momenti" in cui si e' cercato di dare un'immagine di questa citta' che non
corrispondeva alla sua essenza profonda, storica: dalle lotte contro la
mostra navale bellica alle celebrazioni colombiane, alla "capitale culturale
d'Europa", passando per la ferita aperta del G8 del 2001. E, naturalmente,
all'ultima, "scandalosa" (in senso squisitamente pasoliniano) azione di
blocco e spegnimento della fiaccola olimpica durante il trasporto verso la
sede dei giochi.
E' in questo contesto che mi pare significativo ripercorrere le storie e far
conoscere le figure di persone amiche della nonviolenza. Anche per ricercare
e fare vivere in noi le tracce del loro breve, ma intenso passaggio su
questa terra.
*
Cinque anni fa, il 6 dicembre del 2000, alla fine di un secolo e di un
millennio tormentato da troppe guerre e prima che ne iniziasse un altro
forse peggiore, salutavamo Sergio Rampinini, cingendone la bara con una
bandiera della pace che arrivava addirittura da Pristina, in una grande
chiesa - una delle piu' importanti del quartiere piu' grande della periferia
genovese - gremita di persone.
Sergio se ne e' andato a 42 anni, intensamente vissuti. Questo ricordo non
pretende di essere una ricostruzione biografica esauriente, ma soltanto di
ricostruire alcuni tratti di una vita importante perche' e' un patrimonio di
tutti noi. Se e' vero che il luogo di costruzione della pace e' la
quotidianita', Sergio lo aveva capito molto bene.
*
Nato in Lombardia nel 1958, se non erro, giovanissimo, al termine della
scuola professionale, parte per l'Africa con un gruppo genovese che si
chiama Comunita' laici missionari cattolici (in sigla: Clmc) come
volontario. Dopo diversi anni in Costa d'Avorio lavorando in progetti della
Clmc dove ha conosciuto Alice, lombarda come lui e, se non erro, dopo aver
avuto la malaria, ritorna in Italia e decide di stabilirsi a Genova,
presumibilmente progettando di partecipare ad altri progetti, questa volta
in Brasile. Alice torna in Lombardia e per Sergio incomincia una specie di
spola fra Genova e la sua terra d'origine.
Determinante e' in questo periodo la conoscenza con una coppia di giovani
che sono stati alla Communaute' de l'Arche in Francia, Maura e Michele, e
che hanno conosciuto il messaggio di Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto
proponendosi in qualche modo di diffonderlo in citta'. Anche Domenico, che
e' di Sanremo ma lavora a Genova come infermiere, e Marino, anch'egli
imperiese e che studia all'universita', sono nel gruppo informale che
gravita intorno alla Clmc e sempre piu' spesso ci si trova insieme.
Nel frattempo Sergio decide di andare a lavorare come operaio
metalmeccanico.
*
Intanto si prepara per andare in Brasile e incomincia a frequentare un
gruppo di persone molto eterogenee che si pongono il problema di contrastare
in modo visibile e possibilmente efficace la quinta Mostra navale italiana,
un'esposizione in cui, fra una serie di "ultimi ritrovati" della tecnica e
dell'ingegneria nautica, vi e' una consistente parte di sistemi d'armamento
e impianti ad uso bellico.
Di questo gruppo fanno parte persone che militano in partiti come Democrazia
proletaria come Norma Bertullacelli (che ha partecipato alle lotte a Comiso
per impedire l'installazione dei missili Cruise), Fernanda La Camera (piu'
volte candidata nelle elezioni), Andrea Agostini (attuale presidente
genovese di Legambiente) e Agostino Ferretti, o del Partito di unita'
proletaria (Pdup) come Gigi Piccardo, altre che vengono dall'esperienza del
servizio civile come Franco Barchi (che diventera' anni dopo consigliere
comunale in una lista civica legata all'ex-sindaco genovese Adriano Sansa),
Antonio Bruno (destinato a diventare vicepresidente del Consiglio comunale),
Riccardo Marconcini (che per anni sara' uno dei formatori della Rete di
formazione alla nonviolenza), Luca Moro, altre provenienti
dall'associazionismo scout come Carlo Schenone (anch'egli destinato ad
esperienze come consigliere In Provincia prima e in Comune poi, dove si pone
come gruppo di Democrazia e partecipazione) e Cristina Percivale, con una
rappresentanza della Comunita' di San Benedetto al Porto, come Alberto
Folli, Stefano Ramorino e il sottoscritto, Armando Schenone (che rappresenta
a Genova la Rete Radie' Resch e si dedica a raccolte di fondi per il
Nicaragua e il Guatemala), e un gran numero di ragazze che si sonoaccostate
alla nonviolenza come Alberta Nelli, Chiara Malagoli (che diventera'
assessora all'Ambiente del Comune di Genova), Mariantonietta Di Capita (fra
i fondatori di Pax Christi a Genova, ricevera' un premio per l'esperienza di
educazione alla pace nella scuola).
Quando il gruppo decide di diventare Comitato, Sergio puo' considerarsi fra
i fondatori, anche se il suo modo di partecipare e' sempre poco esposto, e'
la classica persona che c'e' sempre, senza mettersi in mostra, senza
imporsi. Il Comitato cerca la saldatura con il mondo sindacale, in cui trova
disponibilita' in due sindacalisti della Flm, Gianni Alioti e soprattutto
Sergio Tedeschi. Sara' quest'ultimo, il sindacalista della Flm, il sindacato
unitario dei metalmeccanici, a trovare le poche risorse che saranno messe a
disposizione delle iniziative del Comitato. Si cerca anche la saldatura con
tutta una parte di persone che si sa che si stanno muovendo in quella
direzione, in particolare nel movimento "antagonista". La differenza e'
forte, la componente con cui si cerca di lavorare insieme non ha alcuna
disponibilita' a parlare di nonviolenza, anzi la ridicolizza, mentre il
Comitato si attesta sulla posizione nonviolenta. Non si trovera' accordo, ma
si raggiungera' un compromesso, che significa innanzitutto un reciproco
riconoscimento: e' possibile la coesistenza della catena umana con il
corteo, anarchici e "antimperialisti" non intendono rinunciarvi. In effetti
la "forma corteo" e' ancora considerata elemento di un linguaggio
caratterizzante, un tratto in qualche modo identitario. Anche la Federazione
giovanile comunista italiana tardivamente dara' la propria adesione ad un
gruppo di persone in qualche modo ritenute "incontrollabili" perche' di
provenienza molto eterogenea, a ridosso della manifestazione.
*
Ma il gruppo decide in qualche modo di dare un segnale forte attraverso la
pratica del digiuno.
Quando qualcuno butta sul piatto delle proposte l'ipotesi considerata al di
la' della possibilita' di uno sciopero della fame settimanale, Sergio da' la
sua disponibilita' in modo molto tranquillo. Sara' una settimana di digiuno
in piazza: cinque persone: Sergio, Alberto Folli, Domenico, Michele (che ha
conosciuto Maura alla Communaute' de l'Arche e dal Veneto verra' a
stabilirsi a Genova per condividere la sua vita con lei) e il sottoscritto
dapprima in una roulotte e poi in due, pur partecipando alla serie di
inziative concordata, con la "colonna sonora" del monaco buddhista Morishita
San, che scandisce tutto il giorno la sua preghiera con il tamburello, di
fronte ai ruderi del Teatro Carlo Felice non ancora ricostruito e al
monumento della principale piazza della citta', piazza De Ferrari. Attorno a
questa piccola comunita' tutta una serie di persone digiuna, chi per uno,
chi per due, chi per tre giorni, per manifestare il proprio dissenso nei
confronti della Mostra navale, sotto il titolo "Mostra mostri mostrine" e
per sottotitolo la frase pronunciata dal presidente della Repubblica Sandro
Pertini che invitava a svuotare gli arsenali e riempire i granai. Una
settimana di iniziative iniziata con un blocco della strada di accesso alla
Fiera internazionale a cui hanno partecipato tra le mille e le
millecinquecento persone paralizzando il traffico cittadino e portando per
la prima volta l'attenzione dell'opinione pubblica sulla produzione degli
armamenti, che e' determinante nell'economia industriale della citta', che
incomincia ad avvertire i segnali di crisi.
In quell'occasione probabilmente Genova, che ha sempre considerato la vicina
La Spezia come la citta' militare per antonomasia, in quanto sede
dell'arsenale della Marina militare e di una delle piu' importanti industrie
belliche italiane, l'Oto Melara, si scopre citta' altrettanto determinante
per l'industria della guerra. Anche questo sara' uno dei meriti di quel
gruppo di giovani che viene da un'esperienza in cui i ragazzi della citta'
erano stati definiti "meravigliosi" in quanto l'avevano rimessa in sesto in
una settimana rimboccandosi le maniche all'indomani dell'alluvione del 1970.
Alcuni dei "meravigliosi" ragazzi diventano scomodi per quel che dicono, per
quel che hanno cercato di rivelare alla citta'. Sergio, "foresto"
trapiantato ormai in pianta stabile a Genova, anche se in maniera
provvisoria dal momento che la destinazione Brasile non e' stata
abbandonata, partecipa a questo momento da protagonista, in una situazione
in cui in tanti ci si puo' sentire tali. Fra i visitatori che incontreranno
i digiunatori spicca padre David M. Turoldo.
*
Sergio si accosta all'obiezione alle spese militari che intanto, soprattutto
fra le persone che hanno partecipato all'esperienza della lotta alla Mostra
navale, si incomincia a praticare come approccio un po' piu' concreto alla
nonviolenza. Sono di questo tempo le infinite discussioni sulla nonviolenza
come scelta meramente "tattica", e la nonviolenza vera e propria.
Ben presto il suo orientamento sara' verso quest'ultima, anche se per
carattere, nonostante la radicalita' di fondo, evitera' sempre di
considerarsi un intransigente. Quando si tenta un'esperienza di
coordinamento fra gli obiettori genovesi, Sergio vi partecipa impegnandosi
anche nella consulenza per l'inserimento dell'obiezione in sede di
compilazione della denuncia dei redditi, ritenuta strumento importante per
far crescere la Campagna anche a Genova.
*
Nel frattempo si incomincia a pensare di ripetere l'esperienza della lotta
alla Mostra navale cercando di dare alla cosa un dimensione nazionale. La VI
edizione della Mostra navale, rinviata di un anno proprio per cercare di
fiaccare una possibile opposizione, che e' ormai nell'aria, sara' anche
l'ultima in quanto il piccolo gruppo di persone che aveva incominciato a
lavorare alle iniziative per la precedente continuera', e con uno sforzo
maggiore. Questa volta l'adesione della Fgci, presente con il suo
segretario, Guido Margheri, figlio del senatore Andrea, sin dalle prime
riunioni, avra' un peso differente rispetto all'esperienza pregressa.
Soprattutto perche' il Partito comunista italiano, senza timori, prendera'
almeno formalmente una posizione contraria alla Mostra navale. Fra i primi
risultati della cosa, un'inaugurazione molto sottotono con la presenza di un
sottosegretario che anziche' raggiungere trionfalmente la Fiera
internazionale verra' frettolosamente trasportato dall'aeroporto su una
motovedetta delle forze dell'ordine.
Un bel risultato per una lotta incominciata agli inzi degli anni Ottanta con
un fiasco clamoroso: poche decine di persone si erano presentate per
manifestare dinanzi alla Fiera, ma non avevano neppure avuto la possibilita'
di aprire gli striscioni che si erano portati. Un altro risultato degno di
nota e' l'assenza dall'inaugurazione di padre Giovanni Canestri, il
cardinale che non ama farsi chiamare monsignore: incontrato dalla
delegazione cattolica del Comitato, che gli ha esplicitamente chiesto di non
benedire la mostra, deleghera' la funzione al cappellano militare.
Un terzo segno di difficolta' per l'inaugurazione della mostra e' lo
srotolamento all'interno della Fiera di uno striscione da parte di un
deputato che da Democrazia proletaria e' passato ai Verdi, Edo Ronchi,
destinato a divenire ministro per l'ambiente.
Sergio partecipera' a tutte le iniziative di lotta, con una particolare
accentuazione in alcuni momenti, soprattutto nella sera precedente al
blocco, vissuta con una veglia preparatoria nel teatrino della Chiesa di San
Siro. Sergio partecipera' al digiuno organizzato anche in quest'occasione
per un paio di giorni in quanto l'esperienza settimanale verra' ripetuta
soltanto dal sottoscritto e da Morishita. Ma, giostrandosi l'orario con
quello di lavoro, non fara' mancare il suo apporto a tutte le iniziative.
La manifestazione iniziale della settimana di iniziative di lotta alla
Mostra navale e' un trionfo: diverse migliaia di persone (chi dice tre, chi
dice cinque) esprimono la loro opposizione senza alcun incidente di rilievo,
bloccando per una seconda volta la citta', tolgono completamente la scena a
tutta l'ufficialita' della "mostra", totalmente marginalizzata con
un'accentuazione rispetto alla inopportunita' dell'esposizione del materiale
bellico. Per una volta perfino i mass-media, giornali e televisioni,
riconoscono il senso dell'azione di chi si pronuncia contro la produzione e
il commercio delle armi. Su quell'onda verra' approvata in Parlamento una
legge proposta da un comitato nazionale "Contro i mercanti di morte" dopo
una raccolta di firme che, pur frutto di un compromesso, sara' la migliore
normativa, almeno da un punto di vista formale, per cercare di arginare lo
scandalo della produzione e del commercio di armamenti.
Quando, ritenendo di non disperdere l'esperienza della Mostra navale, le
persone che sono state i portavoce dei gruppi di affinita', come Norma,
Antonio, Sergio Tedeschi, che nel frattempo e' entrato a far parte del
comitato come componente effettivo e non piu' soltanto come persona di
riferimento nel sindacato, decidono di dar vita ad un Centro ligure di
documentazione per la pace, Sergio e' fra i primi a iscrivervisi e
compatibilmente con i propri impegni, fra cui l'ormai imminente matrimonio
con Alice, partecipera' a tutte le iniziative messe in piedi
dall'organizzazione, rimanendovi iscritto per tutta la vita.
*
Finalmente si sposa con Alice, che ha cominciato una vita di "precariato" a
Genova per stare con lui, ma per farlo, su richiesta dei genitori per
l'occasione tornano al paese di lei: li unisce in matrimonio don Giuseppe,
che hanno conosciuto a Genova, dove egli ha studiato presso lo Studio
teologico vincenziano a pochi passi dalla Clmc. La piccola comunita' in
qualche modo si sfalda, anche se i rapporti fra le persone che ne hanno
fatto parte rimarranno sempre saldi fra loro. Domenico e' sempre piu'
attratto dalla Communaute' de l'Arche, sente sempre piu' stretto l'ospedale
e addirittura pensa al teatro, sente in sostanza l'esigenza di cambiamenti,
e infatti ben presto, incontrandovi Michelle, la sposera' nei pressi di
Lyon, invitando anche gli amici genovesi. E' un momento bellissimo e
Domenico ha scelto Sergio come testimone. Marino si e' laureato e anch'egli
incomincia una vita di "precariato" fra supplenze a scuola e sostituzioni
(soprattutto notturne) nelle comunita'-alloggio e nei centri socio-educativi
per bambini e per ragazzi disagiati convenzionati con il Comune di Genova,
in cui lavorano parecchie persone del Centro ligure di documentazione per la
pace.
*
Incomincia una breve stagione di pignoramenti, secondo la linea scelta
all'epoca dalla Campagna di obiezione alle spese militari, e Sergio cerca di
partecipare quanto piu' possibile alle varie occasioni di sensibilizzazione
ai pignoramenti collegate: dal primo in casa di Luvi e Daniele, al secondo
da Cristina e ancora da Giovanna e Sergio Tedeschi, da Mariantonietta e
infine da Luca, nonche' al procedimento in Pretura a carico del
sottoscritto. E' una breve stagione: con la sostituzione dell'ufficiale
giudiziario la Cassa di Risparmio di Genova e Imperia per via burocratica
arrestera' il meccanismo. Dopo aver partecipato ad un incontro con uno dei
massimi dirigenti della Cassa di Risparmio fatta per tentare di concordare
una risposta "politica", all'uscita Sergio, con la sua semplicita',
rilevera' che, al di la' della facciata "di cortesia" dall'incontro si puo'
solo dedurre che la via dei pignoramenti sara' di fatto da ritenere chiusa.
Nel sesto anniversario dell'Intifada il Centro ligure propone un
incatenamento simbolico dinanzi alla compagnia di navigazione Zym, unica
rappresentanza israeliana a Genova. Insieme a Norma, Sergio Tedeschi,
Stefano Ramorino, Fernanda e il sottoscritto, Sergio vi partecipa anche se
non per tutto il tempo, in quanto in difficolta' a giustificare la cosa
rispetto al proprio lavoro.
Nel frattempo si torna a parlare di Mostra navale: l'Ente nazionale per la
promozione dell'industria navale (Epin), organizzatore ufficiale della
manifestazione, non pare aver intenzione di rinunciare, contando soprattutto
sul fatto che Genova sta diventando una citta' in crisi, soprattutto a causa
di una gestione del porto tale che esso, da primo scalo marittimo nazionale
e - in perenne competizione con Marsiglia e Barcelona - del Mediterraneo, e'
rimasto in funzione soprattutto grazie al traffico passeggeri. In quegli
anni il superbacino mai terminato - e nel 2000 venduto ad una compagnia
estera - che sta proprio all'entrata del porto, e' insieme ai ruderi del
Teatro Carlo Felice il simbolo di una citta' che incomincia a percepire
l'appellativo di Superba come un triste ricordo del passato. E dunque la
mostra viene giustificata come occasione per darle lustro, per rilanciarne
la vitalita'.
Ma il Centro ligure riapre la questione: soprattutto a livello
istituzionale, nel frattempo, con la costituzione dell'"arcipelago" dei
Verdi, alcuni come Franco Barchi, Antonio Bruno, Chiara Malagoli trovano
spazio chi come consigliere di circoscrizione (soprattutto nel Ponente), chi
andando a lavorare nei gruppi consiliari del Comune e della Regione. Il
Comune passa volentieri la patata bollente alla Regione, che dopo una
affollatissima seduta alla quale partecipa una cospicua rappresentanza di
persone del Centro ligure e del vecchio Comitato (che ufficialmente non si
e' ancora ricostituito) viene occupata simbolicamente per circa un'ora da
coloro che si comincia a chiamare - con una punta di disprezzo - "i
pacifisti". Memorabile, fra le dichiarazioni, la promessa del primo
consigliere regionale Verde, Piero Villa, di "non far passare uno spillo" di
quello che la Giunta regionale di pentapartito proporra'. Proprio durante
l'occupazione, Sergio fara' notare con il suo spirito semplice la
singolarita' della situazione di trovarsi in una posizione in cui non si e'
mai immaginato che ci si sarebbe riusciti a stare, nell'emiciclo che separa
la tribuna dei visitatori dai banchi dei consiglieri e della giunta. L'esito
della manifestazione non si fara' attendere. Rinviata di un anno per
opportunita', la Mostra non verra' piu' allestita negli spazi della Fiera
internazionale di Genova.
*
L'inizio degli anni Novanta e' scandito dalla guerra del Golfo. Il Centro
ligure si trova in qualche modo sollecitato a cercare di manifestare
l'opposizione alla guerra. Sergio e' fra le persone con le quali soprattutto
si cerca di pensare ad un'opzione nonviolenta di contrasto alla guerra.
Ormai la nonviolenza e' tratto caratterizzante del Centro ligure e non
verra' mai piu' messa in discussione al suo interno.
E Sergio, per quanto sempre tenendo insieme la semplicita' di fondo che lo
porta a considerare le cose come stanno senza troppi fronzoli e il senso di
relativita' che gli impedisce di esprimere una cosa in termini
eccessivamente categorici, e' ormai orientato in quella direzione.
Ma egli ha anche ben in mente la sua esperienza in Africa e non ha ancora
smesso di pensare al Brasile, anche se di fatto continua a lavorare in una
piccola ma prestigiosa fabbrica come la Bocchiotti come metalmeccanico, e ha
un figlio, Alessandro.
Informato delle notizie che riguardano un progetto di un gruppo di persone,
i Volontari di pace in Medioriente, immagina il suo contributo soprattutto
in termini di sostegno economico, anche perche' nel frattempo ha accettato
la rappresentanza sindacale in fabbrica come delegato della Fiom-Cgil.
Segue, per quanto puo', i progetti dei Volontari di pace come quelli della
Rete per l'informazione sulla guerra nel Golfo.
Aderisce anche alla proposta di una raccolta di fondi per acquistare degli
alimenti (riso e farina) da avviare da Genova a Baghdad tramite i
corrispondenti che i Volontari di pace hanno trovato in Giordania e in Iraq
(riprendendo esperienze che in altre citta' - Torino, Firenze, localita'
costiere della Versilia, ecc. - si sono gia' effettuate con successo). E'
sua la proposta di utilizzare come simbolo della raccolta la borsa con al
centro una colomba utilizzata dalle famiglie giordane per inviare alle
famiglie Irachene aiuti alimentari distribuita dal Comitato d'emergenza
creato presso la Federazione medica giordana. Purtroppo quella raccolta non
avra' mai luogo perche' nel frattempo sopravverranno altre situazioni e si
dovra' constatare l'impossibilita' dal punto di vista organizzativo.
L'impegno di Sergio non viene meno, anche perche' nel frattempo, a partire
dalla sua esperienza in Africa viene contattato dalla direzione della
Caritas diocesana per aprire il primo centro di accoglienza per immigrati
extracomunitari, che dovrebbe sorgere nei locali dello Studio teologico
vincenziano, che ormai ha chiuso i battenti. Per Sergio e' l'occasione di
un'esperienza nuova e sperimenta un periodo di un anno, anche per poter
seguire meglio la famiglia. Dapprima solo, poi attorniato da alcuni
collaboratori che ha individuato in gran parte per suo conto, crea un centro
che mira soprattutto a dare strumenti alle persone per potere entrare nella
nostra societa'. Ma dopo un anno e mezzo si trova in difficolta', perche' se
all'inizio gli era stata data "carta bianca" in tutto, adesso, per esempio,
nella discussione della convenzione con il Comune non viene coinvolto
perche' ritenuto troppo "vicino" a quella che deve rimanere comunque
"utenza". L'entusiasmo iniziale diventa amarezza, anche se egli non si
abbatte mai, ma trova sempre motivi di ottimismo e di visione positiva delle
cose. E cosi' viene sostituito da un'altra persona, che gli subentra con il
vantaggio di trovarsi a gestire una situazione che e' gia' stata costruita
in gran parte.
*
Sergio ritorna in fabbrica, ma viene chiamato dal sindacato come delegato a
meta' tempo. Genova e' ormai una citta' decisamente in crisi dal punto di
vista industriale, anche se il porto e' in leggera ripresa. Nella sua veste
di sindacalista, oltre che di lavoratore, gira anche le piccole fabbriche
del basso Piemonte che stanno diventando la realta' industriale della zona.
In uno di questi viaggi una sera, si sente male. Tornato a casa, viene
trasportato in ospedale.
Nel frattempo ha messo al mondo Erica, la figlia che egli stesso definisce
una piccola "sindacalista".
La guerra si sposta nel frattempo dal Golfo nei Balcani e Sergio partecipa a
tutte le manifestazioni che vengono fatte per scongiurare un ulteriore
conflitto.
Di fatto proseguira' il suo lavoro fino al suo ultimo giorno, senza tenere
in particolare conto il "segnale" al cuore.
E' uno fra i primi che aderiscono alla proposta di incominciare una presenza
in piazza per un'ora in silenzio per la pace nel momento piu' duro della
guerra nei Balcani e, compatibilmente con i propri orari di lavoro, alquanto
flessibili, ma anche difficilmente quantificabili, cerca di parteciparvi.
Con la nascita di Erica il progetto del Brasile viene almeno parzialmente
sostituito da un altro, forse la sua ultima iniziativa. Nella quale trova
ulteriori motivi di entusiasmo anche perche' estremamente importante per la
coesione familiare. Andando a trovare i suoi genitori, che vivono a Milano,
Sergio ha conosciuto una giovane coppia e ne e' nata l'idea di andare ad
abitare in campagna in una cascina formando una piccola comunita', con la
prospettiva di vivere del lavoro della terra e di poter accogliere persone
in stato di bisogno. Alice e' d'accordo, anche se si pone il problema di una
gradualita'. Ma, crescendo Alessandro e per dare la possibilita' di una vita
in un ambiente piu' sereno anche ad Erica, la campagna sembra piu' idonea
della citta'. E poi si tratterebbe di essere anche piu' vicino ai genitori
di entrambi, che stanno invecchiando. Comunque, c'e' tempo.
Una sera, tornando a casa dopo essere andato a prendere a scuola Alessandro,
che ha ormai una quindicina d'anni, si sente male nell'ascensore di fronte
al figlio. Riesce ad arrivare a casa (abita all'ultimo piano). Viene
ricoverato d'urgenza, ma non vedra' il giorno successivo.
La cosa piu' bella che si ricorda della funzione di commiato e'
nell'affermazione fatta dal celebrante nel corso dell'omelia secondo cui
quello stesso giorno in almeno sei stati dell'Africa (fra cui il Madagascar
e la "sua" Costa d'Avorio) si prega per lui. E' la prova di quanto un uomo
puo' aver "seminato" nella sua vita.
*
Finisce cosi', improvvisamente, la vicenda di una persona che avrebbe potuto
dare ancora molto, di cui si dice spesso "non mi ricordo d'averlo mai visto
arrabbiato", di un uomo con un fisico da montanaro sempre pronto ad
incrociare il pollice con il tuo e stringerci attorno la mano, dal sorriso
accogliente ma sempre pronto a diventare ironico quando ne dici una che non
sta ne' in cielo ne' in terra.
Una cosa che personalmente mi ha sempre dato da pensare e' che se ne sia
andato alla vigilia del periodo dell'anno in cui domina ormai la piu'
sfacciata ipocrisia, quasi che come ultimo suo messaggio, non sopportandola,
abbia voluto proprio evitare di vivere quel momento.
E' difficile pensare a cosa sarebbe potuto essere. Ma si puo' star certi che
avrebbe partecipato a tutte le manifestazioni contro la guerra, che avrebbe
fatto il possibile per partecipare all'"ora in silenzio", che avrebbe dato
il suo contributo nel lavoro preparatorio in previsione del g8 e
quant'altro, dal momento che ogni qual volta si pensava ad occupazioni (in
Rai contro la guerra, nel Consiglio Regionale e in quello Comunale), a
manifestazioni per la tutela dei diritti di popolazioni e di comunita' come
quella Rom e via dicendo, lui c'era sempre.
E cio' che mi pare singolare e' che, pur ricordandosi sempre di lui, spesso
si diceva "Ah, Sergio". Come dire "non dimentichiamoci di lui". Una persona
che venive ricordata quasi "in seconda battuta", per esempio nella
compilazione di un elenco di amici e compagni da contattare, proprio per la
sua natura piuttosto schiva, nonostante la sua indubbia estroversione. E se
ad esempio c'era bisogno di un'auto, la sua R4 rossa veniva considerata come
possibile perche' si poteva star certi che, se non vi fossero stati
impedimenti, Sergio l'avrebbe messa a disposizione.
Per questo motivo, senza mai pensare a se stesso ne' come un "guru" (e, con
la sua esperienza in Africa avrebbe potuto esserlo), ne' come un leader, ma
anzi con una buona dose di bonaria autoironia, puo' a buon diritto essere
considerato, almeno nella nostra citta', ma non solo, fra le persone che
hanno dato il loro contributo alla diffusione della nonviolenza.
E se oggi la parola nonviolenza, sia pure con tutte le possibili ambiguita'
ed i possibili fraintendimenti, e' comunque entrata nel linguaggio corrente,
si deve anche a tanta gente come Sergio, a persone della quotidianita'.

5. INCONTRI. DANIELE LUGLI: RIPRENDE IL 13 GENNAIO LA "SCUOLA DELLA
NONVIOLENZA" A FERRARA
[Ringraziamo Elena Buccoliero (per contatti: e.buccoliero at comune.fe.it) per
averci inviato il seguente testo di Daniele Lugli. La "Scuola della
nonviolenza" a Ferrara e' promossa dal Movimento Nonviolento, la
Legambiente, il Gruppo Ferrara Terzo Mondo, Pax Christi, Commercio
Alternativo, con il patrocinio del Comune di Ferrara "Progetto Ferrara
citta' per la pace".
Elena Buccoliero, nata a Ferrara nel 1970, collabora ad "Azione nonviolenta"
e fa parte del comitato di coordinamento del Movimento Nonviolento; lavora
per Promeco, un ufficio del Comune e dell'azienda Usl di Ferrara dove si
occupa di adolescenti con particolare attenzione al bullismo e al consumo di
sostanze, e con iniziative rivolte sia ai ragazzi, sia agli adulti; a
Ferrara, insieme ad altri amici, anima la Scuola della nonviolenza. E'
autrice di diverse pubblicazioni, tra cui il recente (con Marco Maggi),
Bullismo, bullismi, Franco Angeli, Milano 2005. Un piu' ampio profilo
biobibliografico di Elena Buccoliero e' nel n. 836 di questo notiziario.
Daniele Lugli (per contatti: daniele.lugli at libero.it) e' il segretario
nazionale del Movimento Nonviolento, figura storica della nonviolenza,
unisce a una lunga e limpida esperienza di impegno sociale e politico anche
una profonda e sottile competenza in ambito giuridico ed amministrativo, ed
e' persona di squisita gentilezza e saggezza grande]

Riprende il 13 gennaio a Ferrara l'attivita' della Scuola della nonviolenza.
In quella data sara' presentato il programma del secondo quadrimestre, terzo
anno di attivita'. Possono gia' anticiparsi alcuni temi che hanno riscosso
attenzione e troveranno quindi spazio negli incontri successivi: l'apporto
della pratica e del pensiero della nonviolenza alla vita pubblica ed al
miglioramento delle istituzioni, l'approccio nonviolento nell'affrontare i
conflitti, il percorso che ha condotto dal riconoscimento dell'obiezione di
coscienza all'attuale servizio civile e le sue prospettive.
L'appuntamento del 13 gennaio prossimo - come sempre alle ore 21, al Centro
Alexander Langer (in viale Cavour 142) -, ha proprio lo scopo di raccogliere
ulteriori indicazioni, orientamenti, impegni da parte di chi frequenta ed
anima la Scuola, per la continuazione e lo sviluppo delle sue attivita'. Si
confida quindi in una partecipazione ampia e propositiva, visto anche
l'interesse dimostrato dai partecipanti alle attivita' del primo
quadrimestre.
*
Dal 30 settembre al 15 dicembre si sono svolti incontri settimanali
dedicati, fino alla fine di ottobre alla figura e all'opera di Alexander
Langer nel decennale della sua scomparsa, e in novembre e dicembre al
completamento del percorso "Le caratteristiche della personalita'
nonviolenta", avviato gia' nel passato anno scolastico.
Il filmato visto nell'incontro di apertura ed il ciclo dedicato ad "Alex
Langer: Con tutto il carico di radicalita' e speranza" hanno consentito una
miglior conoscenza della persona, della sua  profonda e multiforme
attivita', del suo pensiero straordinariamente attuale e interessante. "Un
decalogo necessario verso la convivenza interetnica" e' stato illustrato da
Riccardo Dello Sbarba, giornalista, consigliere della Regione Trentino -
Alto Adige. Nuove opere e testi dedicati a Langer sono stati presentati,
nella loro veste di curatori, da Mao Valpiana (di "Azione nonviolenta") e
Giulia Allegrini (della Fondazione Langer). Christoph Baker ha proposto, con
radicalita' e coinvolgimento, il tema "langeriano" della desiderabilita'
della conversione ecologica. Infine l'appello di Alex "L'Europa muore o
rinasce a Sarajevo" e' stato commentato, con competenza e partecipazione,
alla luce dei successivi dieci anni, da Gianni Tamino,  che sostitui'
proprio Langer al parlamento europeo.
Un laboratorio, condotto da Elena Buccoliero e Daniele Lugli su "La
disposizione al dialogo" ha dato l'avvio, in novembre, al ciclo dedicato
alle caratteristiche della personalita' nonviolenta. Ha fatto seguito Gianni
Belletti, responsabile della Comunita' Emmaus di San Nicolo' (Ferrara),
ottimo testimone de "La fiducia negli altri". Lorenzo Corallini e Daria
Giordani, dell'Opera Nomadi di Ferrara, insieme ad altri impegnati in
un'attivita' che ha spesso aspetti ingrati e poco compresi dalla generalita'
delle persone, sono stati prescelti per illustrare la caratteristica de
"L'abnegazione". Nel mese di dicembre l'incontro con Piero Stefani, biblista
e insegnante, su "La mitezza", ha proposto un approccio legato alle
Scritture, di particolare interesse e, anche, attualita'. La testimonianza
di vita di Alberto Trevisan, obiettore di coscienza, che ne ha atteso in
carcere il riconoscimento per legge, ha illustrato "Il coraggio". L'ultima
caratteristica, "La pazienza", e' stata introdotta da Enrico Peyretti, i cui
testi sono un riferimento importante per quanti desiderano formarsi sul
percorso della nonviolenza. La "pazienza" di quanti hanno seguito l'intero
percorso e' stata ben compensata anche nella sua conclusione.
Da segnalare, infine, l'incontro, partecipato e apprezzato, tenutosi alla
Sala estense nel mese di novembre, su "Gli armeni: tra storia, memoria e
speranza", relatrice Gabriella Uluhogian, dell'Universita' di Bologna, con
una introduzione di Massimo Bevilacqua, primo ideatore dell'incontro,
promosso anche dalla Scuola della nonviolenza.

6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

7. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1167 del 6 gennaio 2006

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