La nonviolenza e' in cammino. 1076



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1076 del 7 ottobre 2005

Sommario di questo numero:
1. Frei Betto: Si' al disarmo, si' alla vita
2. Maria Cecilia de Souza Minayo: Diciamo si' al referendum. Con un piccolo
decalogo
3. Mauro Brilli: Si'
4. Pasquale Iannamorelli: Si'
5. Marcello Vigli: Si'
6. Ermanno Allegri: Un ringraziamento al Consiglio Provinciale di Viterbo
7. Nel giorno di Francesco d'Assisi una catena umana per la pace ha unito il
Brasile
8. Elena Pulcini: Eta' globale, Io globale
9. Raniero La Valle: Un attentato alla Costituzione
10. Maria G. Di Rienzo: Un'azione mondiale per la giustizia climatica
11. Augusto Illuminati presenta "Il pensiero islamico contemporaneo" di
Massimo Campanini
12. La "Carta" del Movimento Nonviolento
13. Per saperne di piu'

1. VOCI DAL BRASILE. FREI BETTO: SI' AL DISARMO, SI' ALLA VITA
[Da padre Ermanno Allegri (per contatti: ermanno at adital.com.br) riceviamo e
diffondiamo il seguente intervento di Frei Betto. Carlos Alberto Libanio
Christo, noto col suo nome da religioso, Frei Betto, e' nato a Belo
Horizonte, in Brasile, nel 1944. Impegnato nel movimento studentesco, entro'
poi nell'ordine domenicano. Giornalista, teologo, scrittore, impegnato per i
diritti umani, arrestato nel 1969 e detenuto in carcere per anni sotto la
dittatura. E' una delle voci piu' note della teologia della liberazione e
della chiesa popolare in America Latina. Opere di Frei Betto: Dai
sotterranei della storia, Mondadori, Milano 1973; Novena di S. Domenico,
Queriniana, Brescia 1974; Diario di Puebla, Queriniana, Brescia 1979;
Lettere dalla prigione, Dehoniane, Bologna 1980; La preghiera nell'azione,
Dehoniane, Bologna 1980; Il lievito nella massa, Emi, Bologna 1982;
Battesimo di sangue, Emi, Bologna 1983; Allucinante suono di tuba, La
Piccola, Celleno 1993. Cfr. inoltre Una scuola chiamata vita (con Paulo
Freire), Emi, Bologna. Ha anche partecipato a molti volumi in collaborazione
(tra cui ad esempio Complicita' o resistenza? La Chiesa in America Latina,
Cittadella, Assisi 1976; Fede e perestroika, Cittadella, Assisi 1988; Cina,
l'armonia dei contrari, Cittadella, Assisi 1989), e pubblicato
libri-intervista come il noto volume Fidel Castro: la mia fede, Paoline,
Cinisello Balsamo 1986]

Esiste un organismo multilaterale chiamato Ocde (Organizzazione per la
cooperazione e lo sviluppo economico) che riunisce i 30 paesi ricchi. Per
ogni dollaro destinato alla cooperazione, i trenta spendono 10 dollari per
attivita' militari. Il dato e' del Rapporto sullo sviluppo umano, Onu, 2005.
Nel 2000 sono stati spesi in armamenti 524 miliardi di dollari. Nel 2003 642
miliardi di dollari. Un aumento del 25%. E nel 2003 i 30 paesi hanno
destinato alla collaborazione con i paesi piu' poveri solo 69 miliardi di
dollari. Cioe' il 10% di quanto si e' investito in armi. Il caso degli Usa
fa orrore, come direbbe mio nipote: l'1% del suo bilancio e' andato per gli
aiuti internazionali e il 25% per attivita' belliche.
Tutto l'aiuto che nel corso di un anno quei paesi danno per combattere
l'aids rappresenta appena tre giorni di spese militari. Conviene ricordare
che l'aids uccide circa tre milioni di persone all'anno. La fame, cinque
milioni di bambini all'anno. Un genocidio. La stessa Onu predica bene ma
razzola male. Nel 2005 sta spendendo per mantenere i suoi caschi blu nelle
zone di conflitto piu' di quanto i paesi ricchi daranno in aiuti per
l'Africa.
*
In Brasile il 23 ottobre votiamo per decidere se il commercio delle armi
deve o no essere proibito nel paese. Votero' si' (opzione n. 2 nella scheda
di voto).
Un'inchiesta dell'Unesco, diffusa il 9 settembre, dimostra che nel 2004 il
numero dei morti per armi da fuoco e' diminuito del 15,4% rispetto alle
previsioni. Sono state risparmiate 5.563 vite. E questo grazie alla campagna
per il disarmo del governo Lula.
Tra il 2003 e il 2004, confrontando i numeri delle vittime delle armi da
fuoco, c'e' stata una riduzione dell'8,2%. Sono state risparmiate 3.234
vite. E' un piccolo passo in avanti. Rispetto all'indice dei morti, e' quasi
niente. L'anno scorso, le pallottole uscite dalle canne di revolver e
fucili, pistole e mitragliatrici, hanno falciato 36.119 vite in Brasile. Se
non ci fosse la campagna per il disarmo le persone assassinate sarebbero
state circa 42.000.
Grazie al fatto che molti hanno rinunciato alle loro armi, nella regione
meridionale la riduzione dei morti per arma da fuoco nel 2004 e' stata'
dell'ordine del 20,1%, la piu' rilevante del paese. Meno armi, meno morti.
Votare si' nel referendum del 23 ottobre e' dire si' alla vita.
L'argomento secondo cui anche col disarmo i malviventi continueranno ad
essere armati come prima e' una sciocchezza e una menzogna. Meno commercio
di armi, meno possibilita' di ottenerle. Oggi i malviventi agiscono spesso
sotto l'effetto della droga. Quando vedono la vittima armata, sparano per
uccidere. Le statistiche dimostrano che una vittima disarmata ha piu'
possibilita' di sopravvivere di quella che porta con se' un'arma.
Il paese piu' violento del mondo sono gli Usa. Piu' di due milioni di
persone nelle prigioni. Cio' dimostra che la violenza non e' risultato della
miseria, ma della mancanza di una cultura umanista. Chi impara a sentire
piacere nell'uccidere pupazzi virtuali nei videogame sta bevendo il veleno
bellicista. Una ricerca recente rivela che, negli Usa, 1,7 milioni di
bambini vivono in una casa con armi. E un terzo degli adulti possiede
revolver o qualche tipo di fucile in casa (www.pediatrics.org). Nel 2002, le
armi da fuoco hanno fatto 1.400 vittime tra bambini e adolescenti, il 90%
dei quali si trovavano in casa quando e' avvenuta la tragedia.
Bush crede che la pace verra' come risultato dell'imposizione attraverso le
armi. Il profeta Isaia indica il cammino contrario: la pace ci sara' solo
come figlia della giustizia (32, 17). Una civilta' dell'amore non sara' mai
una conquista di spiriti guerrieri.

2. VOCI DAL BRASILE: MARIA CECILIA DE SOUZA MINAYO: DICIAMO SI' AL
REFERENDUM. CON UN PICCOLO DECALOGO
[Dal sito www.referendosim.com.br riprendiamo il seguente intervento. Maria
Cecilia de Souza Minayo, sociologa, direttrice di Claves-Ensp-Fiocruz, e'
una ricercatrice della Fondazione Oswaldo Cruz (Fiocruz)]

Diciamo si' al referendum per la proibizione del commercio delle armi in
Brasile.
Lo Statuto del disarmo e' stato gia' approvato dal Congresso nazionale.
Questa legge e' ampia e complessa, sicuramente valida, ed e' considerata
avanzata dagli esperti in materia. Tuttavia i legislatori hanno ritenuto
opportuno che si facesse un referendum su uno degli articoli dello Statuto:
quello che proibisce il commercio delle armi da fuoco nel paese.
*
Ritengo che qualunque persona impegnata per il bene pubblico eanche
specificamente per la salute pubblica concordi sulla necessita' di dire si'
alla proibizione del commercio delle armi da fuoco in Brasile. Impegnarsi
nella campagna per il si' e' oggi altrettanto importante che impegnarsi
nelle campagne di vaccinazione, di promozione della salute e di prevenzione
delle malattie. Non ci dimentichiamo che la violenza oggi nel nostro paese
e' la seconda causa di mortalita' per l'intera popolazione, ed e' la prima
causa per la fascia d'eta' tra i 5 e i 49 anni.
Attualmente non e' possibile parlare degli omicidi in Brasile senza che
emerga in tutta evidenza il ruolo fondamentale delle armi da fuoco
nell'esecuzione delle uccisioni: questa possente e malvagia tecnologia
alimenta uno dei maggiori mercati dell'economia globale. Le mappe della
violenza in Brasile dimostrano una consistente crescita parallela degli
omicidi e dell'uso delle armi da fuoco.
Se anche fosse vero che le armi da fuoco di per se' non promuovono la
violenza, esse sono comunque il mezzo piu' potente oggi disponibile in
Brasile per provocare la morte di esseri umani, soprattutto giovani e
adolescenti, rendendo il nostro paese uno dei primi nel mondo quanto a
uccisioni.
*
I dati relativi alla decade degli anni '90 analizzati dapprima da Peres
(2004) e successivamente da Souza e Lima (2004) evidenziano che circa il 60%
degli assassinii commessi nelle aree urbane brasiliane sono stati commessi
con armi da fuoco. Analogamente l'Organizzazione mondiale della sanita'
(Who, 2001) ha stimato che 2,3 milioni di morti violente avvenute nel mondo
nel 2000 erano state provocate da armi da fuoco: varie centinaia di migliaia
come risultato di omicidi, suicidi e vittime di conflitti bellici.
Analizzando i dati di 52 paesi ad alto reddito, l'Organizzazione mondiale
della sanita' nel 2001 ha calcolato che circa 115.000 persone sono morte
uccise da armi da fuoco ogni anno della decade degli anni '90. Di questi
decessi, 79.000 (il 69%) erano per omicidio, e piu' dell'80% delle vittime
erano uomini, principalmente nella fascia d'eta' giovane, tra i 15 e i 44
anni d'eta'.
*
Uno dei principali sofismi di coloro che sono favorevoli alle disponibilita'
di armi nelle mani della popolazione civile, e conseguentemente sono
contrari alla proibizione del commercio, e' che un'arma sarebbe una
sicurezza e una difesa personale in una societa' affetta dalla violenza.
Proibire al cittadino di comprare un'arma, per chi la pensa cosi', e' la
stessa cosa che privarlo dell'unica ed ultima possibilita' di reagire agli
orrori della violenza altrui, alla violenza sociale. ma questo argomento
emotivo contrasta flagrantemente con quanto emerge da tutti gli studi svolti
in varie aree da vari autori, soprattutto quelli dell'area della salute
pubblica. Negli Stati Uniti, per esempio, varie ricerche del Cdc (Centro
nazionale per il controllo delle malattie e degli infortuni) dimostrano che
tenere un'arma da fuoco in casa aumenta di 43 volte la possibilita' che
delle persone - compresi i familiari - siano uccise o ferite. Gli studi
dimostrano che se non dispongono di armi, le persone si vedono costrette a
discutere, argomentare, e anche quando si aggrediscono fisicamente in genere
non arrivano a provocare la morte di qualcuno.
*
Un altro argomento usato molto frequentemente a favore della libera
circolazione delle armi, e' che le persone perbene saranno danneggiate dalla
proibizione del commercio di esse, poiche' aggressori e criminali
continuerebbero comunque a procurarsele con mezzi illeciti, come hanno
sempre fatto. Questa tesi e' vera solo in parte, ed in parte e' palesemente
falsa e quindi ingannevole. E' chiaro che i criminali non vanno ad
acquistare le armi in armeria, e continueranno quindi a  rifornirsene
attraverso il mercato illegale. Ma questo e' un fatto criminale di cui deve
occuparsi la polizia e la magistratura penale. Se il criminale non consegna
le armi, esse devono essere sequestrate dalle forze addette alla repressione
del crimine. La verita' e' che le persone oneste non sono affatto
danneggiate dall'approvazione dell'articolo della legge sul disarmo che
prioibisce il commercio delle armi. Anche perche', purtroppo, piu' della
meta' degli omicidi commessi con armi da fuoco non avvengono in seguito ad
aggressioni da parte di criminali, accadono invece tra persone comuni,
normali lavoratori, come forma di reazione esacerbata fino alla tragedia nel
corso di conflitti interpersonali. Molta gente muore a causa della
degenerazione di screzi tra conoscenti, liti tra vicini, controversie
coniugali, e soprattutto dopo essersi ubriacata al bar, quando le persone
perdono il controllo delle proprie emozioni e reazioni.
Pertanto, diciamo si' alla proibizione del commercio delle armi. Diciamo si'
alla vita.
*
Se occorressero altri argomenti per persuadere della giustezza del si' al
disarmo i vicini e i colleghi, oltre gli argomenti  gia' menzionati propongo
quelli formulati dall'antropologo ed operatore sociale Rubens Cesar
Fernandes (2004), segretario esecutivo del movimento "Viva Rio",
personalmente ed istituzionalmente impegnato nel movimento per il disarmo,
che ha esposto le  ragioni del si' organizzandole in forma di decalogo:
1. le armi da fuoco minacciano le persone che ci sono vicine, trasformando
banali conflitti in tragedie irreversibili;
2. le armi da fuoco favoriscono gli incidenti;
3. le armi da fuoco sono piu' efficaci per aggredire che per difendere, in
quanto strumenti di violenza;
4. le armi da fuoco sfuggono al controllo delle persone, delle autorita'
legittime e della societa';
5. le armi da fuoco rendono la polizia prigioniera della loro logica;
6. le armi da fuoco trasformano adolescenti e giovani in pericolosi
aggressori;
7. le armi da fuoco aumentano la gravita' dei problemi e delle lesioni nei
conflitti;
8. le armi da fuoco non proteggono i cittadini;
9. le armi da fuoco sono strumenti nelle mani della criminalita'
organizzata;
10. le armi da fuoco alimentano il traffico clandestino e illegale dei beni
e dei prodotti nazionali ed internazionali.
*
Per concludere, credo che sia importante chiarire la portata della decisione
di dire si'.
E' chiaro che la proibizione del commercio delle armi, di per se', non e'
sufficiente a mettere fine alla violenza, e noi potremmo restare frustrati
se, proibito il mercato delle armi, nella pratica non ci sara' subito un
cambiamento profondo. Le cause della violenza sono molte e complesse,
profonde e radicate, ed occorre analizzarle in tutta la loro estensione e
nelle loro interrelazioni. E' compito dello stato e dei cittadini impegnarsi
per comprenderne le origini e per trovare le vie del suo superamento.
Ma intanto agire per la proibizione del commercio delle armi e' una scelta
possibile per tutti ed utile a tutti.
Infatti l'uso delle armi ha l'effetto di provocare conflitti e di gestire i
conflitti con la violenza vigliacca che costringe al silenzio le persone
senza che possano esporre le loro ragioni. Le armi perpetuano la logica
militarista e autoritaria nella risoluzione dei conflitti. Di piu': esse
oscurano quei valori di solidarieta', di temperanza e di pazienza, le belle
virtu' del popolo brasiliano, popolo consciuto qui e nel mondo intero per la
sua capacita' di fondere ed armonizzare le differenze.
*
Dire si' alla proibizione del commercio delle armi e' naturalmente solo un
primo passo nella costruzione della pace che vogliamo.
La pace cui aspiriamo e' attiva e positiva.
E' la pace di chi fa la storia del cambiamento con l'aumento dell'inclusione
sociale e della creazione di opportunita' per tutti, e soprattutto per i
giovani poveri, che sono le principali vittime di omicidi.
E' la pace della costruzione di una societa' piu' giusta, che sia capace di
sconfiggere la disperazione di quei brasiliani che pensano che verranno
ascoltati solo se ricorrono alla forza delle armi; e' la pace crestituisce
diritti, dignita' e speranza a tutti; la pace che contrasta e sconfigge la
violenza; la pace delle iniziative che dimostrano che vale la pena di vivere
in un paese in cui e' possibile far valere le proprie ragioni con la parola,
con un gesto d'affetto, e con un fiore, piuttosto che con un'arma assassina.
*
Alcuni riferimenti bibliografici:
- Fernandes, R. C. 2004. Dodici ragioni per proibire il commercio delle
armi, in Rede Gandhi: desarmar para viver, Brasilia, Conasems.
- Peres, M. F. T., 2004. Mortalidade por armas de fogo no Brasil, 1991-2000,
Brasilia, Ministero della Salute, Who/Opas/Sas/Nev-Usp.
- Souza, E. R. e Lima, M. L. 2004. Violenza interpersonale: omicidi e
aggressioni, in: Rapporto brasiliano sulla violenza e la salute,
Ms/Opas/Claves.
- Who (World Health Organization: Organizzazione mondiale della sanita'),
2001. Small arms and global health: Injuries Violence Prevention Department,
Non-communicable Diseases and Mental Health. Ginevra, Who.

3. 23 OTTOBRE. MAURO BRILLI: SI'
[Ringraziamo Mauro Brilli (per contatti: mauro.brilli5 at tin.it) per questo
intervento. Mauro Brilli, nato a Livorno nel 1941, dal 1977 a Viterbo,
artista poliedrico, poeta, pittore e musicista, organizzatore ed animatore
di eventi culturali, impegnato nel movimento per la deistituzionalizzazione
e per i diritti umani di tutti gli emarginati dalla societa', e' uno storico
protagonista delle lotte per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Opere di Mauro Brilli: alcuni suoi lavori sono nel sito www.maurobrilli.com]

Partendo dal Brasile una goccia di sensata umanita' e presa di coscienza
popolare con un referendum a favore del disarmo lancera' una luce di
speranza al mondo intero, ancora incapace di ribellarsi al matrimonio
distruttore "commercio armi-guerra".
La vittoria di questo referendum avrebbe sicuramente un impatto mentale
positivo per tutte quelle societa' non ancora completamente annientate dalla
cultura della sopraffazione.

4. 23 OTTOBRE. PASQUALE IANNAMORELLI: SI'
[Ringraziamo Pasquale Iannamorelli (per contatti: qualevita3 at tele2.it) per
questo intervento. Pasquale Iannamorelli, costruttore di pace, amico della
nonviolenza, una delle figure piu' rilevanti dei movimenti nonviolenti in
Italia, e' infaticabile animatore del bel bimestrale di informazione e
riflessione nonviolenta "Qualevita" e della insostituibile casa editrice
omonima: strumenti di lavoro di grande utilita' ed esperienze da sostenere
con convinzione (per informazioni e richieste: Edizioni Qualevita, via
Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. 3495843946, o anche
0864460006, o ancora 086446448; e-mail: sudest at iol.it o anche
qualevita3 at tele2.it; sito: www.peacelink.it/users/qualevita)]

Ogni volta che si decide di non fabbricare o di distruggere un'arma, si dice
un forte si' alla vita nel mondo.
Se il governo di uno dei paesi impoveriti proprio dalle nostre cristiane e
civili armi da fuoco nei secoli passati ma anche oggi, decide di sottoporre
alla decisione popolare un tema cosi' cruciale, non possiamo fare altro che
essere al fianco di tutti coloro che in questi giorni prima del 23 ottobre
si battono perche' almeno in Brasile vinca la logica della vita e non quella
della morte, perche' almeno per una volta il nome di Dio non venga
pronunciato invano ma risuoni in tutta la sua autorita' di geloso custode
dell'umanita'.
Non uccidere, Egli ha piu' volte ripetuto a tutti gli uomini. Per rispettare
questo comandamento non ci rimane che eliminare ogni tipo di arma dalla
terra.
Forza, fratelli e compagni brasiliani: date un esempio al mondo intero. Dopo
di voi, anche altri popoli dovranno pronunciarsi e decidere.

5. 23 OTTOBRE. MARCELLO VIGLI: SI'
[Ringraziamo Marcello Vigli (per contatti: marcvigl at tin.it) per questo
intervento. Marcello Vigli, animatore del comitato "Scuola e Costituzione" e
di tante iniziative per i diritti, di pace e di solidarieta', e' una delle
piu' limpide figure della cultura democratica italiana]

Il referendum brasiliano ha un grande valore perche' rappresenta
indubbiamente una pesante denuncia delle responsabilita' dei fabbricanti di
armi, veri mercanti di morte, e costituisce un esempio per il resto del
mondo.
Il giusto apprezzamento per questo obiettivo non deve indurre a trascurare
il profondo significato che esso assume in un paese in cui la democrazia sta
faticosamente affermandosi. Non solo contribuisce a sviluppare nei cittadini
partecipazione e coscienza politica con la consapevole rinuncia alla
"giustizia fai da te", alla quale guardano i fautori dell'autodifesa armata,
ma li conferma nell'accettazione del principio, fondamentale in regime
democratico, per il quale l'uso della forza e' riservata allo stato a
garanzia della liberta' e dei diritti di tutti. E' il primo passo per
promuovere la responsabilizzazione nel controllo di tale uso cioe' verso
l'esercizio effettivo della sovranita' popolare.
Indipendentemente quindi dagli esiti del referendum sulla reale diminuzione
della circolazione delle armi, ovviamente auspicabile, la vittoria del si'
rappresentera' la conferma che la democrazia, in Brasile e non solo, si
costruisce dal basso e non puo' essere "esportata" con la violenza delle
armi.

6. LETTERE DAL BRASILE. ERMANNO ALLEGRI: UN RINGRAZIAMENTO AL CONSIGLIO
PROVINCIALE DI VITERBO
[Ringraziamo padre Ermanno Allegri (per contatti: ermanno at adital.com.br) per
averci messo a disposizione questa lettera. Ermanno Allegri e' direttore di
"Adital", Agenzia d'informazione "Frei Tito" per l'America Latina, tel.
8532579804, fax: 8534725434, cellulare: 8599692314, sito: www.adital.com.br
; "sacerdote bolzanino da trent'anni in Brasile, gia' segretario nazionale
della Commissione Pastorale della Terra e ora direttore di un'agenzia
continentale (Adital, sito: www.adital.com.br), nata come strumento per
portare all'attenzone della grande informazione latinoamericana i temi delle
comunita' di base e l'impegno contro la poverta'. Allegri e' stato chiamato
a contribuire al coordinamento delle azioni di sensibilizzazione in vista
del referendum che si terra' in Brasile alla fine di ottobre che ha come
tema la messa al bando del commercio delle armi da fuoco che in tutta
l'America Latina costituisce un rilevante fattore di violenza (omicidi,
rapine, ecc.). E' una battaglia civile e di diritto importantissima per
tutto il Brasile, ma anche per il movimento per la pace di tutto il mondo.
La posta in gioco e' grande ma i poteri che contano (le multinazionali delle
armi) sono gia' all'opera per vincere, mettendo in campo enormi fondi.
Allegri chiede che questo tema venga messo nell'agenda anche del movimento
per la pace italiano e chiede anche un aiuto finanziario per coordinare da
qui a ottobre l'attivita' di sensibilizzazione di Adital" (Francesco
Comina)]

Cari amici,
vorrei esprimere un ringraziamento particolare al Consiglio Provinciale di
Viterbo per la solidarieta' espressa alla Campagna per il disarmo in
Brasile.
Veramente e' sempre piu' evidente che la causa della proibizione della
vendita di armi non e' solo brasiliana, ma e' universale, perche' ha come
obiettivo la difesa della vita e della persona umana.
Spero che riusciremo a diffondere qualcosa di quello che si fa in Italia
anche qui in Brasile.
Un carissimo saluto.

7. 23 OTTOBRE. NEL GIORNO DI FRANCESCO D'ASSISI UNA CATENA UMANA PER LA PACE
HA UNITO IL BRASILE
[Da padre Ermanno Allegri (per contatti: ermanno at adital.com.br) riceviamo e
diffondiamo il seguente articolo diffuso dall'agenzia stampa "Adital" da lui
diretta]

Alle ore 9 del 4 ottobre, giorno di San Francesco d'Assisi, si e' realizzata
una "catena per la pace e per la vita" in tutto lo stato del Ceara', nel
Nordest del Brasile. Senza lasciare il posto di lavoro, in qualsiasi luogo,
ogni persona e' stata invitata a formare una catena con tutte le persone
vicine per fare una  manifestazione per la pace e per la vita.
Cosi' e' avvenuto in decine di strade, piazze, scuole: musica, preghiere,
dibattiti, abbracci, tutti atti che promuovono una cultura e una prassi di
pace.
"Fate del bene a una o piu' persone, ed ogni persona beneficiata fara' del
bene a un'altra persona ancora. Questa e' una catena che crescera' con gli
atti individuali e collettivi per la pace e per la vita, per il bene, per la
morale, per la giustizia sociale, per i diritti umani, per la cittadinanza.
E per il si' al disarmo", diceva il testo distribuito dai movimenti
organizzatori dell'iniziativa.
Molti gli incontri e le manifestazioni.
*
A Fortaleza, la capitale del Ceara', le attivita' della "catena per la pace"
sono iniziate presto, nel Parco Rio Branco, a partire dalle 7, presenti
circa 70 bambini e adolescenti in situazione di rischio, che partecipano al
"Progetto Seminare" e frequentano la scuola comunale "Madre Teresa di
Calcutta", oltre a un centinaio di adulti.
Gli adolescenti hanno piantato e seminato un giardino che adesso si
chiamera' "Giardino della pace". Questo ha risvegliato negli studenti
presenti la consapevolezza dell'importanza della natura nella costruzione
della pace. Ana Rebeca, studentessa impegnata nel Progetto, ha detto che le
"e' piaciuto molto farlo (il Giardino) perche' e' stato utilizzato materiale
riciclabile".
Le persone presenti nel parco (che vi passeggiano o corrono abitualmente)
sono state invitate a partecipare al momento comune per la pace con musiche,
poesie e la preghiera di San Francesco. Il professore Pardal ha recitato
versi del suo cordel (composizione popolare letteraria tipica del nordest)
"Disarmo si' o no: questo e' il problema" che ha composto la sua opera a
favore del si' al disarmo sia per convincimento personale, sia anche perche'
"stimolato dal documento della Conferenza nazionale dei vescovi del
Brasile". Secondo Pardal, il cordel e' uno strumento che permette di
arrivare alle persone piu' facilmente.
Il Movimento Pro-parco, che ha coordinato l'evento, e' sorto durante una
camminata per la pace, realizzata all'inizio dell'anno dai cristiani del
quartiere in cui si trova il parco. La camminata ha fatto nascere un gruppo
coordinato oggi da dodici persone. Il gruppo ha gia' realizzato una parte
del rimboschimento del Parco Rio Branco piantando 50 alberelli.
Un altro luogo in cui la "catena per la pace" ha riunito centinaia di
persone, e' stata la piazza Jose' de Alencar, nel centro della capitale. Li'
la cantante Eliane Brasileiro e il comunicatore sociale Duda Quadros hanno
realizzato un grande girotondo cantando la Preghiera per la pace di San
Francesco. Erano presenti all'evento l'assessore comunale alla sanita' e
funzionari del sistema sanitario di Fortaleza. Una grande striscia bianca
copriva un lato di un edificio della piazza con la parola "pace".

8. RIFLESSIONE. ELENA PULCINI: ETA' GLOBALE, IO GLOBALE
[Da Elena Pulcini, "L'Io globale: crisi del legame sociale e nuove forme di
solidarieta'", in Dimitri D'Andrea, Elena Pulcini (a cura di), Filosofie
della globalizzazione, Ets, Pisa 2001, 2003, p. 57. Elena Pulcini e' docente
di filosofia sociale all'Universita' di Firenze, acuta saggista, da anni
riflette su decisivi temi morali e politici in dialogo con le esperienze
piu' vive del pensiero delle donne, dei movimenti solleciti del bene comune
per l'umanita' e la biosfera, e della ricerca filosofica, e specificamente
assiologica, epistemologica e politica contemporanea. Tra le opere di Elena
Pulcini: La famiglia al crepuscolo, Editori Riuniti, Roma 1987;
Amour-passion e amore coniugale. Rousseau e l'origine di un conflitto
moderno, Marsilio, Venezia 1990; con P. Messeri (a cura di), Immagini
dell'impensabile. Ricerche interdisciplinari sulla guerra nucleare,
Marietti, Genova 1991; L'individuo senza passioni, Bollati Boringhieri,
Torino 2001; con Dimitri D'Andrea (a cura di), Filosofie della
globalizzazione, Ets, Pisa 2001, 2003; Il potere di unire, Bollati
Boringhieri, Torino 2003; con Mariapaola Fimiani, Vanna Gessa Kurotschka (a
cura di), Umano, post-umano, Editori Riuniti, Roma 2004]

L'eta' globale, quale fase radicale dello sviluppo della modernita',
condivide con quest'ultima una strutturale ambivalenza. In particolare, sul
piano del legame sociale, essa appare caratterizzata da una doppia
ambivalenza.
In primo luogo, infatti, il processo di globalizzazione genera da un lato la
crisi, e dall'altro il ricostituirsi del legame sociale in forme regressive
e distruttive. Si assiste cioe' ad una sorta di nuova polarizzazione che
vede da un lato l'emergere di un individualismo narcisistico (omologazione,
indifferenza, perdita di comunita'), dall'altro il configurarsi di un
comunitarismo tribale (ritorno delle comunita' in forme distruttive ed
esclusive).
In secondo luogo, l'eta' globale presenta tuttavia potenzialita'
emancipative iscritte in prima istanza nella struttura antropologica degli
individui. Essa contiene in altri termini un'inedita chance di legame
sociale planetario tra individui accomunati, pur nelle loro irriducibili
differenze, da una universale debolezza e da un uguale destino. A dispetto
delle sue patologie, l'Io globale sembra essere guidato, in virtu' della
propria debolezza, da un bisogno di comunita' che si deposita simbolicamente
in nuove forme di reciprocita' (il dono), a partire dalle quali e' possibile
ripensare la rinascita della solidarieta' tra individui appartenenti ad uno
stesso genere umano.

9. RIFLESSIONE. RANIERO LA VALLE: UN ATTENTATO ALLA COSTITUZIONE
[Ringraziamo Raniero La Valle (per contatti: raniero.lavalle at tiscalinet.it)
per averci messo a disposizione come anticipazione questo suo articolo
scritto il 3 ottobre che comparira' nella sua rubrica "Resistenza e pace"
nel prossimo numero del quindicinale "Rocca", la bella rivista della Pro
Civitate Christiana di Assisi. Raniero La Valle e' nato a Roma nel 1931,
prestigioso intellettuale, giornalista, gia' direttore de "L'avvenire
d'Italia", direttore di Vasti - scuola di critica delle antropologie,
presidente del Comitato per la democrazia internazionale, gia' parlamentare,
e' una delle figure piu' vive della cultura della pace; autore, fra l'altro,
di: Dalla parte di Abele, Mondadori, Milano 1971; Fuori dal campo,
Mondadori, Milano 1978; (con Linda Bimbi), Marianella e i suoi fratelli,
Feltrinelli, Milano 1983; Pacem in terris, l'enciclica della liberazione,
Edizioni Cultura della Pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1987; Prima che
l'amore finisca, Ponte alle grazie, Milano 2003]

La cosiddetta legge elettorale proposta dalla destra al potere non e' solo
un attentato al centro-sinistra per fare della sua eventuale vittoria una
vittoria mutilata, sottraendogli decine di seggi; e nemmeno il suo carattere
iniquo consiste nel fatto che  si sia voluto imporre il cambiamento delle
regole del gioco all'ultimo minuto, quando ormai tutte le strategie per la
durissima battaglia elettorale imminente erano state studiate e preparate in
funzione delle vecchie regole. Queste due cose sono gravi, ma non tanto
gravi da configurare un attacco alla Costituzione e alla Repubblica. Se si
trattasse solo di questo, cioe' di un ritorno, sia pure fuori tempo massimo,
dal maggioritario al proporzionale, per salvare il salvabile della destra in
rotta, sarebbe un gioco duro, ma non fuori della democrazia, e anche i
proporzionalisti della sinistra, pur di uscire dallo sconcio del sistema
maggioritario, avrebbero potuto essere tentati di sostenerlo. Invece, come
hanno fatto sapere dopo una loro assemblea a Roma, hanno respinto il
progetto della destra "con sdegno". Perche' con sdegno? Perche' la legge,
cosi' come e' stata proposta e, al momento in cui scriviamo, gia' approvata
dalla prima commissione della Camera, e' in realta' lo strumento mediante il
quale si puo' instaurare un regime (nel senso di fascista).
Purtroppo ne' la stampa ne' le televisioni hanno rivelato i contenuti veri
della legge, ne' essi sono stati denunciati dal centro-sinistra che,
limitandosi alle due suddette critiche, sia pure furibonde, fa la figura di
difendere solo i suoi interessi a breve. Cosi' ancora una volta l'opinione
pubblica e' all'oscuro della vera posta in gioco.
*
La proposta elettorale della destra sovverte con legge ordinaria la
Costituzione della Repubblica prima della riforma costituzionale in corso
d'opera, e in modo ancora piu' radicale.
Essa stabilisce prima di tutto che la maggioranza di governo sia fissata per
legge in almeno 340 deputati alla Camera e 170 seggi al Senato (ben piu'
della maggioranza assoluta) e che tale numero di parlamentari sia assegnato
d'ufficio al singolo partito o alla coalizione di partiti che, con qualsiasi
percentuale, abbia anche solo un voto in piu' di ogni altro partito o
coalizione. Se questa norma fosse stata in vigore nei decenni della
cosiddetta Prima Repubblica, la Democrazia Cristiana avrebbe avuto sempre
340 deputati e 170 senatori, non ci sarebbe stato bisogno della legge
truffa, non ci sarebbero stati ne' il centrismo, ne' il centro-sinistra, ne'
la solidarieta' nazionale... In nessuna democrazia del mondo, per quanto
maggioritaria, c'e' una simile norma; e in Germania oggi non si discuterebbe
di grande coalizione.
In secondo luogo la legge stabilisce che ogni partito, sia che si presenti
da solo sia che sia collegato ad altri in una coalizione, deve dichiarare il
nome e il cognome del candidato alla presidenza del Consiglio. Percio' si
stabilisce un obbligo verso di lui sia del Presidente della Repubblica, che
perderebbe cosi' il suo potere di nomina secondo l'art. 92 della
Costituzione, sia dei 340 deputati e 170 senatori, che avrebbero in tal modo
un vincolo di mandato, contro l'art. 67 della stessa Costituzione; e Follini
che dice a Berlusconi: "Io no", sarebbe un fuori-legge.
In terzo luogo si stabilisce che ogni partito deve depositare il programma
elettorale, e tutti i partiti che si collegano in una coalizione devono
presentare lo stesso programma: il che vuol dire che ogni differenza tra i
partiti collegati deve scomparire. Fini deve volere le stesse cose di Bossi,
e Bertinotti le stesse di Mastella, e per prendere Pannella bisogna farsi
tutti radicali ex-lege; e cosi' la proporzionale che dovrebbe servire a
salvare le identita' si rovescerebbe nella piu' grande omologazione e
mistificazione; e a giustificarla resterebbe solo la lotta di potere.
In quarto luogo si stabilisce che, senza preferenze, gli eletti sarebbero
designati in liste bloccate secondo l'ordine deciso dai capi-partito, per
cui tutti i candidati si trasformerebbero in clienti, e i parlamentari in
vassalli, e il Parlamento in una aggregazione di feudi con al vertice un
principe, e a scendere un gruppo di baroni ciascuno con i suoi valvassori e
valvassini.
Nemmeno la legge Acerbo, ne' quella che permise ad Hitler di prendere il
potere, erano cosi'. Ma questa sarebbe la legge costitutiva di quella che fu
una Repubblica, se essa superasse, cosi' com'e', la prova parlamentare. Per
fortuna non sara' cosi': perche' Ciampi non e' Facta, l'ultimo presidente
del Consiglio dell'Italia prefascista, e percio' non potra' non rinviare la
legge alle Camere, con messaggio motivato, per la violazione di un numero
impressionante di articoli della vigente Costituzione.

10. INIZIATIVE. MARIA G. DI RIENZO: UN'AZIONE MONDIALE PER LA GIUSTIZIA
CLIMATICA
[Dal mensile "Azione nonviolenta" di giugno 2005 (sito:
www.nonviolenti.org). Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it)
e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa
intellettuale femminista, saggista, giornalista, regista teatrale e
commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne
italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di
Sidney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di
Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per
la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica
Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003;
con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne nell'islam contro
l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005]

"Clima per la vita, non per il profitto" e "Ratificate il protocollo di
Kyoto ora" erano due dei grandi striscioni prodotti dagli attivisti
australiani di "Friends of the Earth" (Amici della Terra), riuniti nel
gruppo d'affinita' "Climate Justice" (Giustizia climatica). Il gruppo era
particolarmente preoccupato a causa della posizione ostruzionista presentata
dal proprio governo durante la settima Conferenza sul Clima tenutasi sotto
l'egida dell'Onu a Marrakech, in Marocco.
Alle 7,30 del mattino, a Melbourne, gli striscioni erano gia' ben visibili
dalla torre del centro artistico della citta' e sulla facciata del palazzo
federale; altri, disposti in modo da formare un'isola pedonale nel mezzo
dell'intenso traffico di Swanston, sono stati il punto dal quale i
manifestanti hanno distribuito migliaia di volantini agli automobilisti.
Lungi dall'essere disturbati, molti automobilisti hanno manifestato
concretamente il loro sostegno. A mezzogiorno il presidio si e' spostato
davanti all'ufficio postale, e all'una alcuni attivisti sono entrati nella
sede della multinazionale Hq St. Collins, per distribuire volantini e
parlare con gli impiegati. Il materiale di "Climate Justice", di comune
accordo con i lavoratori, e' stato affisso alle bacheche. La risposta degli
impiegati all'inattesa visita e' stato cordiale, e molti hanno voluto
discutere delle politiche della multinazionale, che costruisce e finanzia
impianti a gas dall'alto impatto ambientale, e spesso inefficienti oltre che
dannosi. Mentre gli attivisti lasciavano l'edificio, c'e' infatti stato un
black-out, che ha sottolineato ironicamente come i piani energetici della
Hq, che ha contratti con il governo australiano, siano assai deboli.
Nel frattempo, in Corea, gli attivisti locali di "Friends of the Earth"
criticavano similmente la posizione del proprio governo in materia
ambientale. La loro azione si e' dispiegata durante piu' giorni, in cui il
gruppo si e' impegnato in un'intensa campagna di informazione ("Information
tour") che ha toccato, fra l'altro, la maggior parte delle universita' del
paese. Il 7 novembre vi sono state cinque testimonianze simultanee davanti
alle sedi delle istituzioni responsabili per la posizione del governo
coreano a Marrakech: il ministero del commercio (che comprende industria ed
energia), la Shell Corea, l'ambasciata statunitense, la Kcc, il palazzo del
congresso. In fila per uno, gli attivisti hanno silenziosamente continuato a
muoversi mostrando i loro cartelli di protesta. Il 9 novembre, in accordo
con le linee guida della Giornata d'azione mondiale, si e' tenuto invece un
corteo di massa a Seoul, che ha effettuato una notevole distribuzione di
materiale informativo, ed e' terminato con canti, performance teatrali e
danze.
Gli "Amici della Terra" hanno organizzato eventi anche in altri paesi,
europei e non, e tutti avevano la medesima chiave: l'informazione.
*
In Australia e Corea, riferendomi ai due esempi piu' riusciti della Giornata
d'azione mondiale, i non attivisti potevano ovviamente conoscere, tramite i
media tradizionali, le posizioni espresse dai loro governi (poco attente
alla tutela ambientale e accondiscendenti verso gli interessi delle
multinazionali del gas, del carbone e del petrolio): il 9 novembre 2004
hanno avuto modo di conoscere le conseguenze immediate e future di tali
posizioni.
Sebbene l'informazione non sia di per se' sufficiente a muovere le persone
all'azione (e' necessario facilitare il processo) e' sempre il primo
irrinunciabile passo di una campagna efficace. Cio' e' ancora piu' vero
nella nostra epoca, che e' segnata da una grande circolazione di
informazioni su cui spesso non e' possibile avere alcun riscontro o
verifica, e che vengono per cosi' dire "macinate" durante il loro percorso
(troppi stimoli, spesso contemporanei, tutti velocissimi: situazione che
vanifica la tenuta della nostra attenzione e il tentativo di approfondimento
e riflessione) o sensibilmente modificate a seconda del media di provenienza
o diffusione. Inoltre, i mezzi tramite i quali le riceviamo non ci
permettono di interagire, di esprimere i nostri pareri o di chiarire i
nostri dubbi: non hanno un volto umano al quale possiamo rivolgerci.
Gli "Amici della Terra" hanno messo a disposizione i propri volti, la
disponibilita' alla relazione ed al confronto, e in questo modo, assieme ai
dati, le informazioni hanno veicolato un giudizio positivo sugli attivisti e
le attiviste.

11. LIBRI. AUGUSTO ILLUMINATI PRESENTA "IL PENSIERO ISLAMICO CONTEMPORANEO"
DI MASSIMO CAMPANINI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 2 ottobre 2005.
Augusto Illuminati, nato a Perugia nel 1937, e' docente di filosofia
politica all'Universita' di Urbino; tra le sue molte opere segnaliamo
particolarmente Sociologia e classi sociali, Einaudi, Torino 1967, 1977;
Kant politico, La Nuova Italia, Firenze 1971; Lavoro e rivoluzione,
Mazzotta, Milano 1974; Rousseau e la fondazione dei valori borghesi, Il
Saggiatore, Milano 1977; Classi sociali e crisi capitalistica, Mazzotta,
Milano 1977; Gli inganni di Sarastro, Einaudi, Torino 1980; La citta' e il
desiderio, Manifestolibri, Roma 1992; Esercizi politici. Quattro sguardi su
Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994.
Massimo Campanini insegna nelle Universita' di Milano e Urbino, ha curato
fondamentali edizioni di opere di alcuni dei piu' grandi pensatori islamici]

Chi non si accontenti dei servizievoli "mattinali" del vicedirettore del
"Corriere della sera" o degli scomposti improperi degli ex-straussiani
devoti e degli ex-popperiani papisti trovera' molti elementi di informazione
e riflessione in Il pensiero islamico contemporaneo di Massimo Campanini (Il
Mulino, Bologna 2005, euro 10,50), che fa seguito a Islam e politica (il
Mulino, Bologna 1999) e Introduzione alla filosofia islamica (Laterza,
Roma-Bari 2004), nonche' a fondamentali edizioni critiche di classici quali
Averroe', Avempace e al-Ghazali. Non a caso si parla di pensiero e pensatori
e non di filosofia e filosofi islamici, perche' negli autori della grande
tradizione medievale della falsafa e ancor piu' nei contemporanei la
tematica strettamente speculativa e' accessoria e complementare a quelle
teologiche, giuridiche e mistiche. E ovviamente all'ideologia politica. Non
e' dunque possibile rintracciare - come forse era ancora possibile per
Averroe' o Avicenna - un testo di metafisica pura o epistemologia che non
siano contaminate con la storia vissuta e la religione, con l'impegno quasi
ossessivo alla riforma interna, al confronto e alla riscossa contro il
dominio coloniale e la sua proiezione ideologica "orientalista".
Mentre sarebbe restrittivo scrivere un'introduzione alla filosofia cristiana
contemporanea, e' del tutto naturale qualificare come islamici gli autori di
cui Campanini si occupa, ben cogliendo il duplice aspetto per cui si
rivelano tali: la tormentata revisione della propria eredita' e il confronto
con l'altro, cioe' l'Occidente - che invece ignora placidamente qualsiasi
influenza esterna, compresa quella fondativa medievale islamica, quando non
si balocca con lo scontro di civilta'. Per i pensatori islamici si e'
trattato "di pensare come l'altro nel metodo, ma pensare diverso dall'altro
nel contenuto". Cio' che rende impossibile una loro neutralita' ideologica
(per esempio, nei confronti del Corano), ma puo' trovare uno sbocco
positivo, al momento assai contrastato, in una razionalita' plurale che ha
il suo antecedente medievale nella teologia mu'tazilita.
*
Su queste premesse Campanini analizza le tendenze moderniste e riformiste
(ma pur sempre nell'ottica della "islamizzazione della modernita'") fra '800
e '900, cosi' come si sviluppano caratteristicamente ai due poli
indo-pakistano ed egiziano, con particolare rilievo a Muhammad Iqbal, Taha
Husayn e Muhammad 'Abdu (discepolo del leader rivoluzionario sciita
panislamico al-Afghani), per affrontare in seguito alcuni indirizzi sorti in
evidente relazioni a correnti della filosofia occidentale, come la
riflessione sulla condizione spirituale coloniale dell'algerino Malek
Bennabi, il personalismo di impronta fenomenologica del marocchino 'Aziz
Lahbabi e la dura critica allo gnosticismo latente nella tradizione araba di
'Abid al-Jabri, di cui e' nota la parola d'ordine del "ritorno ad Averroe'",
con forti accenti razionalistici e laici. Operazione analoga compie Abdou
Filali-Ansary, riprendendo un celebre libro (1925) di 'Abd al-Raziq, che
traeva le conseguenze piu' drastiche dall'allora recente abolizione del
califfato, sostenendo la netta separazione degli ambiti religioso e
politico. Ma per Campanini il tentativo piu' interessante di rileggere il
problema dell'eredita' (turath) e' quello dell'egiziano Hasan Hanafi,
influenzato dalla fenomenologia, che si misura dialetticamente con
l'occidentalismo, cioe' l'equivalente del nostro orientalismo, dell'altro.
Scienza dell'emancipazione coloniale vs scienza del dominio coloniale, al
fine di riacquisire la propria autocoscienza per pervenire a una fase in cui
occidente e oriente possano interagire come soggetti culturali alla pari.
Pur restando entro il limite idealistico di una riduzione della storia a
storia delle idee, si potrebbe avvicinare tale concezione a quella
gramsciana di ideologia e a un tentativo di conseguire un'egemonia
criticando le idee dei popoli (occidentali) dominanti e spostando cosi' la
bilancia del potere. Il primato della prassi trasformatrice sulla
definizione teologica si mostra nella reinterpretazione dell'Unicita' di Dio
(tawhid) come ideologia attiva di liberazione, assunzione di responsabilita'
nella storia.
*
Dopo un capitolo dedicato alla filosofia piu' tradizionale, anzi proprio di
impronta gnostica, i successivi sono consacrati alle tematiche piu'
strettamente politiche e Campanini vi fa funzionare due elementi decisivi:
la critica dell'immaginario islamico come utopia retrospettiva, cioe'
credenza nel carattere increato (quindi immodificabile o non-interpretabile)
del Corano e nostalgia per l'epoca dei primi Califfi "ben guidati", e per
conseguenza la difficolta' a conseguire un approccio positivo con la
storicita'.
Cercano di sottrarsi a questi limiti alcuni studiosi, con diversi gradi di
radicalita': in ambito sunnita dal piu' ortodosso pakistano Fazlur Rahman,
che insiste sulla necessita' di uno studio endogeno e non esogeno del Libro
sacro, tale da privilegiare il senso complessivo sui versetti isolati,
all'egiziano Abu Zayd (noto per le accuse di apostasia, che lo hanno
costretto a emigrare in Olanda), che considera il Corano un discorso (una
struttura vivente che si confronta con la storia) e non un testo
dogmaticamente fissato nella sua articolazione.
In modi diversi assumono posizioni piu' radicali Muhammad Arkoun, che
distingue un ristretto pensato tradizionale islamico da un piu' vasto
impensato (laicita', storicita', sessualita'), la cui censura occlude lo
sviluppo del pensiero, e che propone non solo lo studio scientifico del
Corano ma addirittura mette in discussione la sacralita' della lingua araba,
derivante dalla natura increata o dettata del testo, e il sudanese Mahmud
Taha, socialista e vittima della repressione di Nimeiry nell'85, che si
fonda invece proprio sul testo del Corano, rovesciando il metodo
dell'abrogazione (per cui le parti redatte a Medina completano o annullano
quelle anteriormente scritte alla Mecca) e sostenendo invece che le sure
anteriori hanno un carattere morale universale, mentre le ultime sono
storicamente condizionate e quindi non piu' vincolanti per il nostro tempo.
*
In ambito sciita va ricordato che lo stesso 'Ali Shari'ati, ispiratore
teorico dell'insurrezione iraniana del 1979 (assassinato dalla polizia
segreta dello Shah due anni prima) aveva negato la separazione fra religione
e stato ed esaltato il martirio al fine di rendere individui e masse
responsabili dell'instaurazione della felicita' e della giustizia,
rifiutando qualsiasi compromesso, con accenti che ricordano curiosamente
quelli della teologia della liberazione. 'Abdolkarim Soroushi, enfaticamente
definito il Lutero dell'Islam, che aveva appoggiato la rivoluzione
khomeinista, ma poi ne aveva preso le distanze finendo esiliato negli Usa,
non solo riduce la religione al foro interiore del credente lasciando lo
spazio esterno al diritto positivo (fiqh, elaborazione tutta umana dei
principi della shari'a), ma l'abbandona alla libera scelta del credente e
perfino del non credente.
*
In conclusione, una sezione dedicata al femminismo islamico, campo ancor
piu' dei precedenti ignoto alla corrente pubblicistica politica.
*
In complesso si tratta di un testo insostituibile per comprendere le
motivazioni di un mondo frastagliato, di cui il fondamentalismo (o
radicalismo, come preferisce chiamarlo Campanini per evitare equivoci con la
tradizione cristiana) e il terrorismo sono frange appariscenti ma non
determinanti.

12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

13. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1076 del 7 ottobre 2005

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