Stedile: UNA VITA MIGLIORE NON DIPENDE DAL GOVERNO



 
23 gennaio ³Una vita migliore non dipende dal governo² Valor Econômico,
intervista con J.P.Stedile
Di Maria Inês Nassif e Cristiane Agostine
 
Storicamente, i movimenti sociali vivono periodi di rafforzamento e di
crisi. Al contrario di quello che si potrebbe pensare la rielezione di Lula
non è stata il prodotto di una fase di crescita di queste organizzazioni nè
avrà un ruolo fondamentale per farle uscire dal letargo. Questa è la
radiografia che, del momento politico, fa  João Pedro Stédile, dirigente di
quello che è oggi il più articolato movimento sociale del paese: il MST.
Secondo Stedile, nemmeno il MST sfugge alla realtà di riflusso popolare e,
dal suo punto di vista, se gode ancora di una certa superiorità rispetto
agli altri, è perchè ha rifiutato di legarsi a un partito. Il MST è stato
generato all¹interno di un processo di critica alla sinistra tradizionale
che organizzava i movimenti e gli trasmetteva le sue direttive.
 La CUT, oltre al vincolo troppo stretto con il PT , secondo Stedile, è
crollata di fronte alla crisi ideologica del sindacalismo che ha optato per
la lotta rivendicativa e corporativa. La Chiesa progressista, a sua volta,
ha sofferto un serio colpo durante il papato conservatore di Giovanni Paolo
II e, oltre a questo, ha difficoltà a mettersi in relazione con le masse
disorganizzate dei poveri urbani.
Nella sede del MST, una casa antica nel decadente quartiere dei Campi Elisi
a   São Paulo, già palco dell¹aristocrazia paulista, Stedile ha conversato
con noi per quasi due ore, intramezzando analisi della congiuntura a sorsi
di  chimarrão.
 
* Il MST intrattiene o intratteneva in passato relazioni organiche con il
PT? C¹è stata una rottura?
 João Pedro Stédile: Non abbiamo legami. Siamo frutto di un nuovo periodo
storico, nel quale c¹era già una coscienza critica, all¹interno della
sinistra, sul comportamento della sinistra classica, i partiti comunisti.
Questi hanno sempre usato i movimenti di massa come mere cinghie di
trasmissione: il Comitato Centrale dirigeva il movimento sindacale, quello
studentesco, quello contadino, quello di quartiere. Questa esperienza è
stata superata attraverso le crisi della decade del 60, le tesi  di Guevara
e l¹esperienza latino americana. Quando è nato il MST ha incorporato la
visione che i movimenti di massa devono essere autonomi. Non si tratta di
avversione nei confronti dei partiti: riteniamo che siano uno strumento
fondamentale per l¹organizzazione dello Stato. Ma l¹esperienza della
sinistra è stata tragica e era importante per la costruzione di movimenti di
massa più sani e più attivi che mantenessero indipendenza organica dai
partiti, al di là delle affinità ideologiche e da eventuali progetti comuni
per la società. 
 
* Se il MST fosse stato vincolato al PT che sarebbe successo?
Sarebbe già finito. Nei partiti di sinistra classici, tutte le volte che
c¹era uno scontro ideologico interno, si trasmetteva immediatamente ai
movimenti di massa. E quelli si dividevano in più di mille pezzi non per
differenze politiche ma ideologiche. Nel PT ci sono ancora esempi di questo.
Il MLST è nato all¹interno della corrente Brasile Socialista. Il PCdo B,
dieci anni fa, ha tentato di costruire il MLT, ma poi si è tirato indietro.
 
* Il problema della CUT è il vincolo eccessivo con il PT?
I problemi della CUT sono di altro tipo. Non è riuscita a costruirsi come un
movimento di massa sindacale e ha riprodotto la forma classica europea di
costituirsi come una federazione di sindacati. Ci fu una disputa politica
alla fondazione della CUT: c¹erano correnti di sinistra che sostenevano che
la centrale doveva essere un movimento con unità a livello comunale, ma sono
state sconfitte e ha prevalso la centrale sindacale come federazione. Chi
comanda sulla base non è la CUT ma la direzione del sindacato. Ci sono altre
difficoltà che la CUT affronta, come conseguenze dei tragici mutamenti che
ci sono stati nel mondo del lavoro industriale, frutto del dominio del
capitale finanziario e delle multinazionali e della rivoluzione tecnologica
degli anni 90. 
Oltre a questo, il movimento sindacale del Brasile ha probabilmente sofferto
in maniera più acuta le conseguenze della crisi ideologica che si è
abbattuta sul sindacalismo. Poichè ha molti soldi, si è allontanato
rapidamente dalle idee socialiste, ha smesso di fare formazione ideologica e
ha preferito occuparsi solo di lotte rivendicative, corporative, che non
aiutano ad organizzare la classe lavoratrice in periodi di crisi. Nella
crisi, quel che sostiene l¹unità del lavoro è l¹ideologia.
 
* La chiesa progressista mantiene la sua importanza per i movimenti sociali?
Dagli anni 90 in poi, la chiesa ha sofferto molto gli effetti del
neoliberismo. Questo ha diminuito la sua influenza sui settori organizzati
della classe lavoratrice nelle campagne e soprattutto nella città. Il
periodo ha coinciso con il papato di Giovanni Paolo II, che ha spinto tutto
l¹episcopato a una visione neoconservatrice. Questo ha influenzato
l¹orientamento pastorale della chiesa brasiliana. Oltre a questo, la chiesa
ha avuto una esperienza molto importante nel periodo della dittatura, quella
del lavoro pastorale clandestino. Con la ridemocratizzazione e la maggiore
ideologizzazione dei movimenti di massa, le pastorali sono rifluite verso un
campo più ecclesiale.
Oltre a questo, il neoliberismo ha prodotto nella classe lavoratrice un
³lumpenproletariat² con l¹impoverimento delle masse. Con queste categorie di
poveri, che vivono nelle grandi città, la chiesa cattolica non sa lavorare.
La sua tradizione è di lavorare con il mondo contadino e in settori
organizzati: l¹operaio con il posto fisso, una famiglia ben organizzata, una
casina di proprietà. Ma quando la famiglia si destruttura, o ci si trova di
fronte a un immigrato o a un povero diavolo, la chiese non riesce ad
avvicinarli e restano alla mercè dei pentecostali.
 
* Perchè i movimenti sociali sono deboli nelle città?
La dinamica della lotta di classe nelle società capitaliste produce onde
durante il corso della storia. In Brasile abbiamo avuto un¹onda ascensionale
dei movimenti di massa ­ durante la quale le classi lavoratrici si
organizzano e tentano di proporre un progetto per la società ­ nel 1900 che
è durata fino al 1935. Allora, la borghesia industriale appena arrivata al
potere, impose la sconfitta e impose una dittatura, quella del periodo
Vargas. Da questo nacque un riflusso dal 1935 al 1945. I dirigenti dei
movimenti e delle organizzazioni finirono in prigione e questi furono
smantellati.
 Dal 1945 al 1964, ci fu una nuova ondata di risalita, con nuovi dirigenti e
nuove forme di organizzazione popolare. La classe lavoratrice cercò di
imporre un progetto alla società e perse. La borghesia si alleò al governo
degli USA, impose una nuova dittatura e i dirigenti furono arrestati,
torturati e mandati in esilio. Così andarono le cose fino al 1978/79. Ci fu
la crisi dell¹industrializzazione dipendente, la mancanza di lavoro e il
ritorno dell¹inflazione ­ e questo produsse una risalita.
I lavoratori cominciarono a perdere la paura della dittatura, anche se
attribuivano ad essa tutte le colpe e non al modello. Anche così si generò
uno scenario di lotte, di ricostruzione delle organizzazioni dei lavoratori.
Fu allora che nacquero la CUT, il PT e il MST. Questo processo durò fino al
1989 Nella elezione del 1989  proponemmo un progetto per la società e Lula,
come candidato, era solo il portavoce di questo progetto che fu sconfitto.
La vittoria di Collor non è stata elettorale o personale, si è trattato di
un nuovo patto tra le élite brasiliane che, di fronte alla crisi del modello
di industrializzazione, hanno adottato il neoliberismo.
 
* Si trattava comunque di un periodo democratico....
Dal 1989 in poi non c¹è stato bisogno della dittatura militare. C¹è stata
una dittatura del capitale e questo ha generato un riflusso del movimento di
massa. I suoi principali dirigenti non sono dovuti andare in esilio: sono
stati sconfitti politicamente o cooptati ideologicamente. Questo ha
generato, come in ogni riflusso, crisi nelle organizzazioni.
 
* La vittoria di Lula nel 2002 non smentisce questo?
 I periodi di riflusso dei movimenti di massa sono periodi di sconfitta
della classe lavoratrice e contrari ai progetti di cambiamento. La novità in
Brasile è che, nel mezzo della discesa, quando nessuno se lo aspettava, Lula
ha vinto le elezioni. Ci è voluto molto tempo perchè le forze sociali
capissero che la sua vittoria non era quella del progetto del 1989. E non
per mancanza di onestà. Lula aveva detto chiaramente nella ³Lettera al
Popolo Brasiliano² che avrebbe portato avanti la politica neoliberista.
La sua elezione non ha modificato i problemi strutturali dei lavoratori. In
un quadro così avverso, le sfide sono profonde. Non dipendono da volontà
politica o da decisioni, ma dal nuovo periodo storico. Ci vuole tempo per
costruire. Bisogna che passi questo periodo di una generazione persa e nasca
una nuova generazione di dirigenti della classe lavoratrice che guidi alla
risalita. Siamo in basso e non sappiamo se scenderemo di più o se a un certo
punto, presto,  ci sarà una risalita del movimento di massa.
 
* Quale è il  progetto della classe lavoratrice?
La classe lavoratrice deve affrontare alcune sfide per ricostruirlo. Prima
di tutto, deve tornare a fare lotta sociale perchè il miglioramento delle
condizioni di vita e le vittorie rispetto al capitale non dipendono nè dal
governo, nè dalla volontà dei dirigenti.
La lotta sociale è anche civilizzatrice, perchè aggrega le persone, dà unità
e significato alla società. Quando le persone perdono la possibilità di
lottare socialmente diventano individualiste. E l¹individualismo, per il
povero, è il banditismo. Rosa Luxemburg avvertiva che la classe lavoratrice,
nel corso della storia dell¹umanità, ha solo due strade: o il socialismo ­
ma non in senso dottrinario,  piuttosto come socializzazione dei beni ­ o
barbarie.
Secondo compito: dedicare sforzi alla formazione di dirigenti, recuperare il
valore dello studio, della conoscenza, in modo tale che coloro che operano
all¹interno della classe operaia abbiano la capacità di interpretare il
momento che stanno vivendo, altrimenti saranno sempre manipolati, o dallo
Stato  o dai politici o dai media. Cosa dà la coscienza? Lo studio, la
comprensione e la dedizione alla formazione. Non serve il dottrinarismo che
elabori manuali, ma serve avere la capacità di interpretare il mondo in cui
si vive per trovare sbocchi ai propri problemi.
Terzo compito è costruire mezzi di comunicazione popolari che possano quindi
avere una capacità di influenza culturale e politica in mezzo al popolo.
Quarta sfida è costruire l¹unità tra i vari movimenti che sono deboli. I
movimenti urbani e quelli delle campagne sono in grave difficoltà.
L¹Assemblea Popolare, che è all¹origine un¹idea visionaria della Conferenza
dei Vescovi, ha come obiettivo questa unità.
 
* Nel 2006 l¹assemblea ha definito congiuntamente un documento. Sarà
presentato al governo?
Continueremo a discutere un progetto per il paese con le nostre basi, perchè
le persone capiscano il momento in cui viviamo e, così, entriamo nel
processo di costruzione di un progetto alternativo al neoliberismo, ma
sappiamo che per questo occorre un lungo cammino. Non si tratta di una
piattaforma di rivendicazioni. Si tratta di un processo nel quale si vanno
accumulando conoscenze su quali possano essere le soluzioni ai problemi
strutturali del paese. Questo è il momento di piantare non di cogliere.
Stiamo piantando alberi non insalata, che si coglie in tre settimane. Il
tempo di maturazione sarà di anni. E¹ un processo unitario e stiamo
stabilendo alcuni punti: riduzione della tariffa elettrica, cambiamenti
nell¹agricoltura, accesso all¹educazione, lavoro e case popolari. Tutto
questo culmina nella sfida di accumulare consensi intorno a quello che sarà
un progetto. Perchè la sinistra non ce l¹ha e così il PT e il governo e
neanche la classe lavoratrice. C¹è una egemonia assoluta del progetto delle
classi dominanti.  
 
* Al secondo turno delle elezioni avete espresso una chiara opzione per
Lula, perchè?
Il primo turno è stato un campionato di marketing, nessuna discussione di
idee. Ma la parte più reazionaria della borghesia ha optato per  Alckmin. Il
dossier è stato un segno che era possibile sconfiggere Lula e l¹opposizione
ha tirato fuori tutte le armi e ci è arrivata vicino.
Questo ha modificato il rapporto di forze a favore della destra: quel che
era in gioco era il consolidamento del processo neoliberista, sotto il
controllo della parte più reazionaria. Ci siamo mobilitati per evitare il
peggio. Se avesse vinto Alckmin, avrebbe ritardato il processo di
riorganizzazione delle forze della classe lavoratrice.
Nella storia nulla si ripete ma, nel quadro della dittatura militare, è come
se ci fosse stato il rischio di riprodurre l¹ AI-5 (Atto Istituzionale N.5,
emanato dalla dittatura militare nel 1968). La vittoria di Alckmin avrebbe
prolungato il periodo di sconfitta della classe lavoratrice, con effetti
anche nel resto dell¹America Latina.   Avrebbe indebolito le posizioni di
(Hugo) Chávez e di Evo Morales (presidenti del Venezuela e della Bolívia).
Anche se non era la nostra priorità, siamo tornati a parlare con la base e
abbiamo fatto lavoro politico, non di propaganda elettorale, ma di
coscientizzazione. 
 
* Per riscattare l¹appoggio dei movimenti popolari, Lula ha adottato un
discorso più di sinistra...
Lula, per interessi elettorali, ha indirizzato il discorso più a sinistra e
ha inserito temi che erano importanti per sconfiggere  Alckmin, come quello
delle privatizzazioni. Ma anche nel secondo turno non c¹è stato uno scontro
di progetti. La politica in Brasile è così disorganizzata in termini di
interessi di classe che, anche gli scontri elettorali, sono molto più
scontri di feticci politici che di forze reali: Lula era del popolo e
Alckmin, dei ricchi. Ma, nella lotta politica, non c¹era tanta differenza di
idee. Ha prevalso il feticcio non le idee. Noi, dei movimenti sociali,
puntiamo  solo su una cosa: sulla capacità del popolo di lottare. Se il
popolo lotterà, si mobiliterà noi avremo una risalita e questo spingerà il
governo a sinistra. Se no, le cose continuano allo stesso modo.
 
* Cosa è cambiato tra primo e secondo mandato?
Il governo ora è più onesto, più trasparente. Sono un po¹ cadute le
illusioni del 2002, quando c¹era ancora l¹idea che questo Lula fosse quello
del 1989. Ci sono voluti quattro anni per renderci conto che non era così.
Ora il governo dice: ³siamo di coalizione, non di sinistra: E nel mio
governo ci saranno forze di destra, di sinistra e di centro². Bene. Sarebbe
molto negativo se i ministri continuassero con la storia che questo è il
governo del cambiamento.
 
*Come valuta i programmi sociali del governo Lula, in particolare la Borsa
famiglia?
 Ha salvato alcune vite, di chi soffriva la fame.
 
* E¹ un elemento di smobilitazione?
No. La Borsa Famiglia raggiunge gli strati più poveri. Ma le persone devono
avere coscienza che negli ultimi 15 anni si è mantenuta la concentrazione
del reddito. Il capitale non ha mai avuto una quota così grande, che arriva
al 62% del reddito nazionale. Quel che è successo nel governo Lula è stato
che, tra coloro che vivono di lavoro, c¹è stata una maggiore equità.
Quelli che guadagnavano di più, cioè la classe media, si è un po¹
proletarizzata. Quelli che stavano in basso senza reddito sono passati a
guadagnare  R$ 74. Ma questo non è la soluzione per loro, nè la soluzione
politica per il governo. Il governo non deve illudersi che questa base possa
essere il suo baluardo elettorale, o quello del PT. In generale hanno votato
per Lula, ma per governatori conservatori e per un congresso conservatore.
Abbiamo un Congresso transgenico. C¹è un presidente che ha sconfitto la
destra e un Congresso più conservatore di quello passato. L¹elettore
brasiliano è ancora spoliticizzato. Non vota per ideologia ma per affinità,
conoscenza, propaganda. Anche se lo accettiamo come misura necessaria, la
Borsa Famiglia deve essere temporanea. Le soluzioni reali sono la riforma
agraria, distribuire la terra, creare posti di lavoro, cotruire case
popolari  e l¹universalizzazione della educazione. E¹ questo che
distribuisce il reddito.
 
* Siete andati a parlare con il presidente?
Cerchiamo di fare in modo che le conversazioni con il presidente siano
udienze formali. Non vogliamo trattare il presidente Lula come un compare.
Il presidente ci ha chiamato a parlare con lui già in gennaio.
 
* Quali sono i consigli per la riforma agraria?
Abbiamo una lunga agenda di punti che sono più di rivendicazioni sono
consigli. Come, legare la struttura amministrativa dell¹INCRA alla
presidenza per darle più agilità. Non si tratta di disprezzo per il
Ministero dello sviluppo agrario. Il MDA deve occuparsi della agricoltura
familiare, non serve alla riforma agraria. Vogliamo una nuova struttura
amministrativa per la riforma agraria, che unisca INCRA, CONAB (fondamentale
per facilitare la produzione negli insediamenti) e una terza organizzazione
che il governo Collor ha eliminato, l¹antica EMBRATER. Per organizzare
l¹assistenza tecnica e  la proprietà pubblica. L¹assistenza tecnica per gli
insediati e i piccoli produttori non esiste. E¹ una fantasia. C¹è anche
l¹idea di dare priorità ad alcune regioni per tranquillizzare i produttori
onesti. Oggi, quando l¹Incra espropria una proprietà, il proprietario vicino
può sentirsi insicuro. Lo spirito della riforma agraria e dello Statuto
della Terra è quello di scegliere delle regioni in cui ci sia predominanza
di latifondo. Lì si riforma una intera regione. Del resto non c¹è bisogno di
preoccuparsi. In questo paese c¹è molta terra male utilizzata. Bisogna che
il governo si svegli e applichi la legge.
 
* Che lettura fa della congiuntura latino-americana?
La lettura che fa Via Campesina è che il risultato in campo istituzionale ha
generato tre blocchi di governi diversi. Un blocco è di sinistra  con Cuba,
Venezuela, Bolívia e ora Equador. C¹è un blocco di moderati, che adottano
politiche ambigue: a volte antineoliberiste e antimperialiste e a volte
favorevoli al mercato. E¹ il caso del Brasile: è contro l¹ALCA ma a favore
del WTO. In questo gruppo ci sono anche  Argentina, Uruguay, Peru. Il terzo
gruppo e a favore del neoliberismo: Cile, Paraguay e Colombia, per quanto
riguarda l¹America del Sud.

(traduzione Serena Romagnoli)