legambiente le regioni italiane alla sfida dell'ambiente



da ecodallecittà
maggio 2005


Le Regioni Italiane alla sfida dell'ambiente

Trasporti, energia, rifiuti, cemento: ecco dove le politiche regionali
segnano il passo. Il rapporto di Legambiente
Forse per la prima volta la questione ambientale non è la cenerentola di
queste elezioni, anche perché i grandi temi come il trasporto, il consumo
di energia, i rifiuti o lo smog sono temi sempre più rilevanti a livello
regionale e centrali rispetto alle politiche territoriali messe in campo.
Ecco perché questa è forse l'occasione, alla vigilia delle prossime
consultazioni di aprile, per valutare gli esiti dell'operato delle
amministrazioni regionali in campo ambientale provando, come ha fatto
Legambiente, a tracciare un identikit di questi territori sulla base di
oltre 50 indicatori e a proporre strategie per renderli più sostenibili.

L'indagine di Legambiente, di cui qui riportiamo una sintesi, propone
infatti una approfondita fotografia delle Regioni italiane, dei problemi e
dei ritardi, ma anche dello straordinario intreccio di risorse e di
"diversità" ambientali, culturali, sociali che sono il vero valore aggiunto
del territorio italiano. Il rapporto "Sogni e Bisogni: le Regioni Italiane
davanti alle sfide della sostenibilità", è stato presentato questa mattina
a Roma nel corso di un convegno al quale hanno partecipato, oltre a Roberto
Della Seta, presidente nazionale di Legambiente e Ermete Realacci,
presidente onorario dell'associazione ambientalista; il governatore della
Regione Campania, Antonio Bassolino; il candidato alla presidenza della
Regione Lazio, Piero Marrazzo e l'assessore alla mobilità del Comune di
Roma, Mario Di Carlo.

Il primo elemento che balza agli occhi è una questione Nord Italia. Si vede
nella fotografia satellitare della Pianura Padana come area vasta più
inquinata d'Europa, perché li si trovano oltre il 50% delle auto in
circolazione nel nostro Paese e si consuma la metà del carburante. La
risposta ai problemi dei trasporti è però affidata ancora oggi a centinaia
di chilometri di nuove autostrade. Spicca ancora la questione Mezzogiorno.
Ritardi infrastrutturali e incapacità di uscire dalla crisi nella gestione
dei rifiuti (non arriva all'8% la raccolta differenziata e si smaltisce in
discarica più del 90% dei rifiuti). Ritardi sulla rete ferroviaria (al Sud
la maggioranza della rete è ancora a binario unico e in larga parte non
elettrificata). Risalta la abnorme crescita del settore edilizio. E qui non
c'è una netta discontinuità tra la caotica diffusione insediativa della
Pianura Padana e l'abusivismo costiero delle Regioni del Centro Sud. Molte
tendenze negative che riguardano le questioni ambientali si sono aggravate.
In questi anni i governi regionali hanno fatto troppo poco per incentivare
il grande valore aggiunto sia ambientale che economico, competitivo del
territorio.

La nuova economia ad alto tasso di innovazione e ad alta qualità
territoriale - la ferrovia invece della strada, l'efficienza energetica e
le fonti rinnovabili, gli investimenti nella ricerca, la raccolta
differenziata dei rifiuti, l'agricoltura e il turismo di pregio, la
manutenzione dell'ambiente naturale e di quello costruito - è rimasta al
palo.

In questi anni di bassa crescita economica, con i migliori risultati
registrati nelle Regioni del Sud, sono cresciuti dappertutto i tradizionali
indicatori della vecchia economia - i consumi di rifiuti (+4,6% pro capite
nel triennio 2000-2003), di carburante (+7,5%), la domanda di energia
elettrica (+5,4%) - e
anche, dato ancora più inquietante, tutti i fenomeni di illegalità
ambientale (+32% nel 2003), dall'abusivismo edilizio, rilanciato dal
condono, allo smaltimento clandestino dei rifiuti.

"E' chiaramente tempo di bilanci per le Regioni italiane che in questo
periodo si preparano ad affrontare le elezioni, - afferma il presidente
nazionale di Legambiente, Roberto Della Seta - e non è affatto secondario
il contributo che possono dare le istituzioni regionali per sottrarre
l'Italia
ai rischi di declino. Scommettendo ad esempio molto di più sulle due
principali "risorse tipiche" dei territori italiani. Da una parte i saperi,
la ricerca, la formazione, la grande capacità creativa e innovativa che ha
fatto la fortuna del "made in Italy"; dall'altra l'intreccio unico al mondo
tra natura e cultura, tra paesaggio e le città storiche. Insomma, serve più
slancio al tessuto produttivo italiano".

Lo dimostrano quegli indicatori regionali che raccontano anche una realtà
diffusa in cui l'ambiente è già presente dentro i processi più interessanti
che vengono dall'economia e dal territorio. Gli straordinari segnali di
diffusione dell'agricoltura biologica (con in testa Sicilia e Sardegna), la
leadership europea nei prodotti tipici con oltre 145 prodotti a marchio Dop
e Igp distribuiti in tutte le Regioni (15 si sono anche dichiarate libere
da Ogm), un serbatoio di biodiversità con 2700 siti che fanno parte della
Rete Natura 2000 dell'Unione Europea (il sistema di aree protette copre
quasi l'11% del territorio italiano) profondamente intrecciato con la
storia e la cultura dei territori (un record i 39 Siti riconosciuti
dall'Unesco).
Ma anche dal settore edilizio, e qui ci sono i maggiori rimpianti non solo
per le occasioni mancate ma anche per il condono edilizio che ha
ulteriormente reso pesante l'impatto ambientale e legale, arriva un segnale
importante: l'ottimo risultato (eccezion fatta per il Sud) degli incentivi
alla manutenzione. Trascurato dalle grandi opere promesse dal Governo vive
invece un autentico boom il trasporto marittimo (+6,7% per i passeggeri,
+8,2% per i container nel 2003) e riprendono fiato i boschi.

La cronaca di queste settimane poi, racconta una situazione di inquinamento
atmosferico che ha raggiunto livelli insostenibili nelle Regioni del Centro
Nord e provocato un diffuso stop alla circolazione delle auto nelle città.
La spiegazione è nei numeri: nel 2003 sono state immatricolate oltre
2milioni e 580mila nuove autovetture, portando il parco circolante di
autovetture a 38,4 milioni di mezzi, con una densità di 59,3 auto ogni 100
abitanti: la più alta a livello europeo. Gli effetti della grande densità
di autovetture si possono leggere nei confronti dei consumi di carburante
in costante crescita a livello nazionale e regionale. In Lombardia - dove
circolano il 16% delle auto di tutto il Paese e nel 2003 sono state
immatricolate quasi il 20% delle auto totali -, l'aumento dei consumi di
carburante tra il 2000 e il 2003 è stato pari al 7,5%. Una tendenza che
accomuna tante Regioni, dall'Emilia Romagna (+4,6% nelle auto immatricolate
e +10,5 nei consumi di carburante) al Lazio (+8,9% auto immatricolate, +
23,8 nei consumi di carburante).

Come è purtroppo noto infatti in Italia le emissioni di anidride carbonica
sono aumentate di circa il 10% rispetto al 1990 e questa tendenza non verrà
certamente invertita dai provvedimenti presi in questi anni in materia di
energia (31 nuove grandi centrali per 19mila MW a fonti fossili già
approvate, che si sommano a 7 trasformazioni e ripotenziamenti di centrali
esistenti), trasporti (le 250 opere della Legge Obiettivo, in maggioranza
nuove autostrade).

"A chi governerà le Regioni italiane - dice ancora Roberto Della Seta -
Legambiente chiede politiche di attacco su cinque grandi fronti: risparmio
energetico e fonti rinnovabili come impone il Protocollo di Kyoto, una
nuova politica dei trasporti fatta di ferro e di infrastrutture importanti
per il trasporto pubblico nelle città. E poi ancora la piena applicazione
della Legge Ronchi sui rifiuti che mette al centro la raccolta
differenziata, e il superamento nel Sud della stagione fallimentare dei
commissariamenti che non hanno sconfitto le ecomafie e tanto meno hanno
creato le basi per una gestione corretta ed efficiente del settore.
Prioritaria in agricoltura, nel turismo, nella gestione delle aree protette
la scelta vocazionale dell'Italia per produzioni e offerte di alta qualità.
Infine le politiche urbanistiche: centrali dovranno essere la manutenzione
e il recupero del patrimonio esistente piuttosto che nuovo cemento. Fino a
qualche anno fa molti pensavano che questo fosse uno sviluppo da libro dei
sogni, un ragionare col cuore anziché col cervello. Oggi è chiaro che
questi obiettivi sono bisogni prima ancora che sogni".