ambiente a rischio bancarotta



da repubblica.it
GIOVEDÌ 31 MARZO 2005   
 
Consegnato il rapporto sugli ecosistemi commissionato 4 anni fa dall´Onu: "Siamo alle soglie dell´estinzione di massa"
Ambiente a rischio bancarotta
La Fao: "Acqua ed energia, consumi più alti delle risorse"

ANTONIO CIANCIULLO

ROMA - Viviamo al di là dei nostri mezzi. In molte aree consumiamo ogni giorno più acqua, più minerali, più energia di quanto il pianeta può offrire senza alterare il suo equilibrio. Siamo in bancarotta ecologica e i primi beni cominciano ad essere pignorati: negli ultimi 25 anni abbiamo visto sparire una foresta di mangrovia su tre e una barriera corallina su cinque; due ecosistemi su tre mostrano segni di declino; il 25 per cento dei mammiferi, il 12 per cento degli uccelli e il 32 per cento degli anfibi sono a rischio di estinzione.
È questo il quadro che emerge dal Millennium Ecosystem Assessment, la valutazione dell´ecosistema del millennio che il segretario dell´Onu Kofi Annan ha voluto nel 2000 e che ieri, dopo quattro anni di lavoro di 1.360 esperti, è stata presentata dalla Fao assieme al Wwf.
Secondo il direttore generale della Fao, Jacques Diouf, «non solo i problemi di oggi, come la scarsità d´acqua, la desertificazione, la riduzione delle foreste e l´uso intensivo del mare per la pesca peggioreranno, ma rischiamo di ipotecare il futuro delle prossime generazioni». Diouf si dichiara comunque ottimista perché «esistono le risorse scientifiche per far fronte alla sfida». Finora però i numeri raccolti nel Millennium Ecosystem Assessment mostrano un costante peggioramento della situazione.
Dal punto di vista della ricchezza delle specie il rapporto registra la vicinanza del punto di rottura: «Siamo alle soglie di un´estinzione di massa». E il bilancio si rivela critico nell´analisi di ognuno degli ecosistemi che ci permettono di sopravvivere. La Fao, l´organizzazione nata per combattere la fame, ricorda che ormai quasi un quarto della superficie del pianeta è coltivato. Abbiamo occupato uno spazio enorme senza risolvere i problemi di base. Anzi la disponibilità di acqua, suolo, cibo rischia di declinare.
Dal 1960 a oggi è raddoppiato il prelievo d´acqua: sorgenti, fiumi, laghi sono stati riempiti di idrovore e tubi. Oggi c´è molta più acqua bloccata nelle dighe di quella che scorre liberamente nei fiumi e gli esseri umani utilizzano fra il 40 e il 50 per cento delle acque correnti accessibili alla maggior parte della popolazione. Eppure non basta ancora: in zone come il Medio Oriente ed il Nord Africa si usa il 120 per cento dell´acqua disponibile, cioè si ruba quella delle falde acquifere che non riescono a ricaricarsi.
Anche il suolo viene occupato a una velocità impressionante: dal 1945 a oggi si sono convertite ad uso agricolo più foreste, savane e praterie di quanto non sia avvenuto nei due secoli precedenti. E, nonostante ciò, i risultati dal punto di vista della capacità di produrre cibo sono solo apparentemente soddisfacenti perché l´incasso è basato sull´indebitamento. Tra il 1960 e il 2000 la produzione alimentare totale è cresciuta di circa due volte e mezzo mentre la popolazione mondiale è raddoppiata, passando da 3 miliardi a 6 miliardi, ma ormai un quarto delle riserve marine di pesce è sovrasfruttato e in alcune aree gli stock ittici si sono ridotti a un decimo rispetto alla situazione che esisteva prima della pesca industriale.
Malgrado la crescita della produzione alimentare, si stima che 856 milioni di persone abbiano sofferto di denutrizione nel periodo 2000-2002. Inoltre la produzione alimentare pro capite dell´Africa sub sahariana è diminuita. E a livello globale circa 1,1 miliardi di persone non hanno ancora accesso a un buon approvvigionamento idrico e più di 2,6 miliardi non hanno accesso a sistemi di sanità accettabili.
Di qui le conclusioni del rapporto: «La protezione delle risorse ambientali non può più essere considerata come un accessorio extra, da affrontare solo dopo che interessi più pressanti, come la creazione della ricchezza o la sicurezza nazionale, siano stati risolti. L´attività umana pone una tale pressione sulle funzioni naturali della Terra che la capacità degli ecosistemi del pianeta di sostenere le generazioni future non può più essere data per scontata».