R: [pace] al prossimo giro cambiare si può



La consultazione telematica che mi è stata sottoposta non credo modifichi la sostanza di quanto ho scritto...
Alfonso Navarra



Ogg: CONSULTAZIONE DELLE/DEGLI ADERENTI DI CAMBIARE SI PUO' sulle mozioni dell'assemblea nazionale del 22 dicembre 2012 a ROMA


Buongiorno e buone feste,
come deciso dall'assemblea del 22 dicembre 2012, sottoponiamo al voto telematico degli aderenti le mozioni approvate entro mercoledì 26 dicembre alle ore 20.00.

Ti preghiamo di rispondere a questo messaggio facendo replay/rispondi e specificando:
Mozione n.1 SI NO
Mozione n.2 SI NO

buon voto, qui di seguito i testi delle mozioni


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MOZIONE n.1 – Approvata a maggioranza (non all’unanimità) al termine del dibattito della mattina e sottoposta anche alla votazione telematica:



L’Assemblea di “Cambiare si può”, riunita a Roma il 22 dicembre 2012, ribadisce la necessità – e riconosce ora la possibilità – di “una proposta elettorale autonoma e nuova, anche nel metodo, capace di parlare a un’ampia parte del Paese” così come si prefigura nella convergenza con il “Movimento arancione”, con le espressioni della società civile e con quelle forze politiche che si riconoscono nelle modalità proposte da Antonio Ingroia.

Dà mandato ai promotori di proseguire nei tempi più rapidi il confronto sul programma a partire dai punti qualificanti emersi nel dibattito e, in particolare, sulle questioni:

1) Della rimessa in discussione del fiscal compact e della contestazione delle politiche di austerità imposte dall’Europa;
2) Del rifiuto della logica delle grandi opere a cominciare dal TAV;
3) Delle politiche del lavoro e dei relativi diritti;
4) Della difesa e rilancio del welfare e della laicità e pubblicità della Scuola e dell’Università;
5) Del taglio della spesa militare, della cancellazione delle missioni militari all’estero e della politica della pace;

6) Delle politiche di accoglienza e dei diritti dei migranti


MOZIONE n.2 - pomeriggio

L’assemblea riunita il 22 dicembre 2012 al Teatro Quirino di Roma riconosce la necessità di portare avanti un processo unitario sulla base di regole condivise. Riconosce altresì:
1) che ogni decisione va proposta in forma pubblica e trasparente attraverso una consultazione telematica aperta ai firmatari dell’appello e una votazione finale affidata alle assemblee pubbliche
2) che a seguito della proposta di percorso politico elaborata da Antonio Ingroia vi sia necessità di decidere delle regole per la presentazione di una lista unitaria in forma condivisa e coinvolgendo tutti i soggetti che sono protagonisti del percorso.
L’assemblea assumendo la ricchezza della discussione la modifica del quadro politico avvenuta ieri delibera altresì:
1) di dare mandato esclusivamente esplorativo a un comitato di gestione scelto tra i promotori per affrontare unitariamente la questione specifica delle regole per la formazione delle liste.
2) il comitato di gestione nelle persone di Chiara Sasso, Livio Pepino e Marco Revelli si impegna ad ascoltare tutte le soggettività che si sono dichiarate disponibili ad articolare un percorso unitario e cooperativo.
3) su questa base il comitato si impegna a concordare un’ipotesi di regole condivise entro il 27 dicembre
4) tale proposta sarà resa pubblica e sottoposta a un processo di validazione tramite consultazione telematica dei firmatari dell’appello nei giorni 28-29-30 dicembre"


La Mozione è stata approvata a grande maggioranza dall'Assemblea, la quale ha anche deliberato che la lista delle Adesioni a Cambiare si può si chiudesse nel momento di inizio della consultazione telematica.



----Messaggio originale----
Da: alfonsonavarra at virgilio.it
Data: 28-dic-2012 16.15
A: <pace at peacelink.it>
Ogg: [pace] al prossimo giro cambiare si può

In queste elezioni politiche alle porte che qualche cacciatore di voti prometta di battersi per la riduzione delle spese militari ci provi pure ma non creda di farla bere al sottoscritto.

Gli ex Arcobaleno del 2008 non hanno votato le guerre DOPO, ma è anche vero che continuano ad essere diretti, partito per partito, da coloro che lo hanno fatto PRIMA, quando erano ministri...

Si decide, da parte dei - chiamamoli - "alternativi" di presentarsi alle elezioni all'ultimo momento, non si sa nemmeno bene come e perché (anti-montiani "dialogando" con i sostenitori di Monti?): non ci si meravigli poi se le cose andranno male e comunque la fretta farà nascere i gattini ciechi...

Gli "Arancioni" più "Cambiare si può" arrivando al 4% dovrebbero prendere max 20 deputati alla Camera.

Con il "Porcellum" saranno eletti coloro che saranno indicati come capilista nelle circoscrizioni che prenderanno proporzionalmente più voti.

(Su wikipedia ricavo che l'Italia dall'attuale legge elettorale è stata suddivisa in 27 circoscrizioni).

Chi nominerà chi, se si metteranno d'accordo Ingroia, Di Pietro, De Magistris, Orlando, Ferrero, Diliberto, Bonelli, Viale e Torelli, e magari pure Brambilla?

Faccio una scommessa: un "Tavolo" che comprenda tutti i suddetti nomi, in rappresentanza dei soggetti che costituiranno la lista.

Soggetti che, in buona parte, sono strutture leaderistiche - quando articolate per correnti - se non addirittura personalistiche (vedi il partito di Di Pietro).

Vale a dire, come elenca sotto l'articolo di Guido Viale apparso oggi sul "Manifesto", gli "arancioni" più l'IDV, più il PCDI, più il PRC, più i Verdi, più Alba, più la Lista Civica Alternativa...

Ingroia in quanto candidato premier per la lista avrà ovviamente l'ultima parola sulle candidature dei sicuri - si fa per dire - eletti.

Per avere una iniziativa "democratica" che innovi la modalità della rappresentanza Guido Viale propone due misure, che mi provo a riassumere nel loro aspetto più brutale.

Misura n. 1 - nessun dirigente di partito nelle liste

Misura n. 2 - gli eletti futuri dovranno appoggiarsi a "comitati di sostegno" composti da persone che abbiano competenze nelle materie trattate, inclusi i dirigenti di partito non candidati.

A me sembra troppo tardi per avanzare simili proposte con qualche speranza che siano accolte (lo stesso Viale parla di assemblea del 22 dicembre "presa in ostaggio" dai dirigenti del PRC) e che - anche se accolte - abbiano un qualsiasi senso.

I "comitati di sostegno" rispetto agli eletti avrebbero infatti già dovuto esserci e parlare di una loro costituzione dopo le elezioni significa, secondo me, prendersi in giro.

Tutto verrà allora deciso con trattative di vertice al Tavolo sopra descritto.

Non c'è - infatti - tempo nemmeno perchè la "base" possa riunirsi ed esprimere la sua ratifica di quanto deciso "in alto"...

Come si fa a discutere le liste se ci sono da raccogliere 30.000 firme certificate in nemmeno due settimane di tempo?

Se non ho capito male una decisione dell'IDV potrebbe far risparmiare il passaggio burocratico della raccolta delle firme per presentare la lista.

Ma Di Pietro lo concederebbe senza essere messo in lista in una posizione sicura?

E se una eccezione viene fatta per Di Pietro perché poi dovrebbe essere trattato diversamente - che so - Paolo Ferrero?

Sono anche questo tipo di domande e la loro plausibilità nel contesto presente che spingono il sottoscritto a pensare che sì, cambiare si può, ma forse per un vera chanche dovremo aspettare il prossimo giro...

 

 

Due ragioni alternative – Guido Viale (Il Manifesto)

28/12/2012

Due sono le ragioni – per me e per altre decine di amici e compagni che ho incontrato negli ultimi mesi, ma verosimilmente anche per decine di migliaia di persone che si sono entusiasmate e poi spese per proporre e sostenere la presentazione di una lista di cittadinanza radicalmente alternativa all’agenda Monti – che ci hanno portato a questo passo, pur consapevoli del fatto che si trattava e si tratta di una scelta rischiosa.
La prima ragione è che all’interno dei vincoli dell’agenda Monti, accettati dal centro-sinistra, non è praticabile una politica di promozione o di sostegno dell’occupazione e del reddito della maggioranza della popolazione italiana; così come non è praticabile una politica di equità, di lotta al precariato, di reddito di cittadinanza, di difesa e potenziamento del welfare, della scuola e delle università pubbliche, della ricerca e della cultura.
Per non parlare di un programma di conversione ecologica per un effettivo contributo del nostro paese al contenimento sempre più urgente dei mutamenti climatici e una base produttiva e occupazionale sostenibile in mercati e contesti ambientali che presto saranno radicalmente diversi da quelli a cui siamo abituati.
Chi sostiene il contrario, come i firmatari di un appello per il "voto utile" reso noto alcuni giorni fa – tra cui Piero Bevilacqua, Paolo Leon, Mario Tronti e altri – o come Giorgio Airaudo o Giulio Marcon, che si sono aggiunti ai candidati di Sel, dovrebbero spiegare come pensano di promuovere anche solo una parte di quelle misure.
Come pensano di farlo senza mettere radicalmente in discussione non l’euro, non l’Unione europea, non il suo consolidamento, ma un quadro di vincoli che, con il pareggio in bilancio e il fiscal compact, imporrà all’Italia di sottrarre alle entrate fiscali 150 miliardi ogni anno per pagare gli interessi sul debito e i ratei ventennali della sua riduzione. Una modo in realtà c’è, ed è imbrogliare le carte come sta facendo Monti – in questo degno emulo di Berlusconi – il quale ha presentato una "agenda" tuttofare, che comprende riduzione delle tasse, aumento delle retribuzioni, finanziamenti a scuola università e ricerca pubbliche, reddito di cittadinanza (che per lui è «reddito di sopravvivenza»: una bella identificazione tra cittadinanza e sopravvivenza) e persino green economy. Bisognerebbe per lo meno chiedersi come mai in un anno non ha fatto e nemmeno impostato una qualsiasi di queste misure. Anche senza avere ancora a che fare con i tagli imposti dal fiscal compact…
La seconda ragione è che l’unico modo per attenuare il baratro e il disgusto che separano la classe politica – tutta – dai cittadini chiamati al voto è quella di presentare una lista totalmente nuova e alternativa, nel programma ma anche nelle candidature, pur all’interno dei vincoli imposti dalla mostruosa legge elettorale che in un anno di governo né Monti né i partiti che lo sostenevano hanno avuto la voglia o la capacità di cambiare.
Si è fatta molta retorica sulle primarie del centro-sinistra per la premiership e ora di Pd e Sel per una parte delle loro candidature; ma nessuna di queste pratiche restituisce alla cittadinanza e agli elettori che lo desiderano un ruolo attivo di orientamento e di controllo sul programma, o sull’operato dei loro rappresentanti in parlamento, o su quello del futuro governo. Per questo i promotori dell’appello cambiare#sipuò hanno proposto di spendersi per «un’iniziativa che parta dalle centinaia di migliaia di persone che nell’ultimo decennio si sono mobilitate in mille occasioni, dalla pace ai referendum, e che aggreghi movimenti, associazioni, singoli, pensionati, migranti in un progetto di rinnovamento delle modalità della rappresentanza che veda, tra l’altro, una effettiva parità dei sessi».
E’ evidente che i tempi a disposizione per la definizione e la presentazione della lista non consentono di portare a fondo questo progetto (ma non lo consentirebbero nemmeno se avessimo avuto a disposizione due mesi in più); ma è anche evidente che il modo in cui si affronta questo problema decide del carattere dell’intero progetto, che potrà essere perfezionato in corso d’opera (mi riferisco a tutto l’arco della prossima legislatura) se ci si atterrà a due regole fondamentali.
La prima è stata enunciata il 21 dicembre scorso da Antonio Ingroia nel prospettare la sua candidatura alla testa di una lista unitaria con le caratteristiche di una lista civica. Cioè, i partiti e le organizzazioni politiche che ne condividono le finalità devono fare «un passo avanti» per offrire al progetto il loro sostegno; poi devono fare «un passo di lato», per consentire che si facciano avanti gli esponenti delle lotte, delle iniziative, dei comitati che sono stati i protagonisti della resistenza e dell’opposizione sociale alle politiche governative degli ultimi anni; e, infine, devono fare «un passo indietro» per non caratterizzare in senso partitico questo tentativo (come è stato fatto invece con gli accordi di vertice che hanno portato al fallimento della lista Arcobaleno nel 2008).
La seconda regola è quella adottata dall’assemblea di cambiare#sipuò della provincia di Milano il 16 dicembre scorso: «L’assemblea ribadisce il valore del tentativo di mettere insieme dal basso, e senza vincoli di appartenenza, un primo insieme di persone, di organizzazioni e di forze che si riconoscono in un progetto comune e si impegna, quale che siano l’esito di questa iniziativa elettorale e i risultati conseguiti dalla lista, a riconvocarsi per consolidare e approfondire questo percorso unitario in vista delle battaglie politiche e sociali che ci attendono nei prossimi mesi e anni. Nel caso che la lista porti in parlamento degli eletti, l’assemblea si impegna ad affrontare insieme a loro le questioni in discussione e a costituire dei comitati di sostegno, composti da persone che abbiano competenze nelle materie trattate, per fornire agli eletti tutta l’assistenza necessaria».
Sappiamo che nel corso di molte delle assemblee convocate in tutta Italia da cambiare#sipuò tra il 14 e il 16 dicembre si sono verificati episodi di aperta e violenta contrapposizione che hanno poi trovato puntuale conferma nella presa in ostaggio della seconda parte dell’assemblea del 22 dicembre al Teatro Quirino di Roma da parte di numerosi membri e dirigenti del Prc. In queste assemblee non era e non è mai stato messo in discussione qualcuno dei punti programmatici, ma solo, in maniera a volte esplicita, a volte sottintesa, la modalità di selezione delle candidature.
Questo clima non ha fortunatamente caratterizzato l’assemblea di Milano, anche grazie al modo in cui ne è stata preparata e condotta la presidenza, alternando rigorosamente interventi di uomini e donne, parlando esclusivamente di politiche e rimandando al "dopo" la discussione sulle regole per la selezione delle candidature. Che l’atmosfera fosse positiva lo ho rilevato in un articolo (il manifesto 19-12) e non capisco che cosa mi rinfaccino i firmatari del comunicato "Cittadinanza attiva siamo anche noi", pubblicato dal manifesto domenica scorsa. Quel "dopo", comunque, deve ancora venire; perché grazie all’iniziativa di Antonio Ingroia, tra le organizzazioni politiche che sostengono il progetto di una lista unitaria antiliberista, si sono aggiunti al Prc diversi altri partiti, dall’Idv al PdC, dai Verdi al movimento arancione; e sono emerse come protagoniste del progetto molte organizzazioni i cui esponenti hanno sottoscritto l’appello cambiare#sipuò: non solo di Alba, ma anche della Lista civica nazionale, di Su la testa, di Alternativa e di altre ancora.
E’ evidente quindi che occorre trovare un accordo tra tutti nel rispetto delle regole che ho ricordato. Ma a dirimere molte delle incomprensioni che sono intervenute in questi ultimi giorni possono bastare, secondo me, le risposte a due domande, implicite nella mia precedente affermazione secondo cui cambiare#sipuò non è un taxi per portare in parlamento chi non riesce più ad andarci con le sue sole forze. Innanzitutto: a chi risponderanno del loro operato i parlamentari che verranno eletti nella lista unitaria? Ai partiti di appartenenza, se hanno un’appartenenza, o ai comitati che si sono formati e che si formeranno per sostenerli e accompagnarli nel loro percorso, prima e dopo l’elezione? La prima soluzione è la negazione degli impegni presi aderendo a cambiare#sipuò o a "Io ci sto". La seconda offre la possibilità di mettere l’esperienza di chi ha già, o ha già avuto, importanti incarichi istituzionali o di direzione politica a disposizione dei nuovi arrivati, e di far loro da tutor: senza ricalcare il modello di una carriera politica precostituita che tanti danni ha già fatto. E poi, in attesa che vengano eliminati, come ci auguriamo, i "rimborsi elettorali" e gli altri emolumenti ingiustificati, che sono una delle cause della degenerazione della politica italiana – per essere sostituiti da forme di sostegno alla comunicazione politica paritarie e sostenute con fondi sottoposti a un pubblico rendiconto – a chi saranno destinate le risorse che "eccedono le esigenze del mantenimento e dello svolgimento del mandato" dei nuovi parlamentari? "Alle finalità che verranno loro indicate da queste assemblee", come recita la mozione di Milano, o al mantenimento di una struttura partitica già esistente? Sappiamo che molti dei partiti che partecipano a questo progetto si sono retti utilizzando i rimborsi elettorali, in vigore, per quel che sappiamo, fino al 2011 anche per quelli che non erano più in parlamento. E’ stato un elemento di forte disparità nei confronti dei movimenti che si autofinanziano; una disparità che, da ora in poi, andrebbe comunque eliminata.