Siria: appello di Roma, 2



(ANSAmed) - ROMA - "Le armi non sono la soluzione. Il dialogo, il negoziato, la tutela della pace sociale sono le soluzioni". E' questo il cuore dell'"appello di Roma", un documento firmato da diverse piattaforme dell'opposizione siriana dentro e fuori il Paese, e concordato dopo una serie di incontri con la Comunità di S.Egidio. Il testo lancia la necessità di una "soluzione politica" per la Siria e chiede al governo, all'Esercito Libero Siriano e a "tutti quelli che portano le armi in Siria" di abbandonare i combattimenti.

A firmare l'appello sono 11 piattaforme dell'opposizione siriana - dal Coordinamento del corpo nazionale (Ncb) al Blocco nazionale, dal Forum democratico al Gruppo islamico democratico - riunitesi a Roma con la Comunita' di S.Egidio. Molte di queste sono interne alla Siria e ''rappresentano la voce della societa' siriana'', ha sottolineato il presidente della Comunita' di S.Egidio Marco Impagliazzo presentando l'appello.

''Non e' troppo tardi per salvare il Paese! Pur riconoscendo il diritto dei cittadini alla legittima difesa, ribadiamo che le armi non sono la soluzione. Occorre rifiutare la violenza e lo scivolamento verso la guerra civile che mettono a rischio lo Stato e l'identita' nazionale'', si legge nel testo. ''Crediamo - sottolineano ancora gli oppositori - che la comunita' internazionale abbia la forza e le capacita' necessarie per trovare un consenso che sia la base di un'uscita politica dall'attuale drammatica crisi''. Un'uscita basata sulla ''imposizione del cessate il fuoco, il ritiro degli apparati militari, la liberazione dei detenuti e dei rapiti, il ritorno dei profughi, gli aiuti di emergenza alle vittime e un vero negoziato globale senza esclusioni''. Sì al dialogo con chi è parte del regime, ma "non ha le mani sporche di sangue", hanno sottolineato ancora gli oppositori siriani riuniti a Roma, spiegando il senso dell'appello e come la via proposta al termine degli incontri a Roma "abbia unito le voci" dell'opposizione e "significhi un coinvolgimento di tutte le parti".

Un coinvolgimento che pero' non può riguardare il clan di Bashar Assad. "Lui non può più essere un interlocutore dopo 17 mesi di massacri e distruzioni", ha spiegato Abdulaziz Alkhayer, del Coordinamento corpo nazionale (Nbc) e residente a Damasco. In un primo tempo poteva esserlo, ha spiegato, e diventare un eroe nazionale, ''ma non ha fatto altro che uccidere la gente". Tuttavia, all'interno degli apparati del regime "c'é chi non si è macchiato di violenze, il problema è come parlare con loro", ha aggiunto Alkhayer.

Un certo scetticismo, infine, è emerso sul ruolo del Consiglio nazionale siriano. "Il Cns non ha diritto a chiedere l'intervento straniero. Questo è un diritto solo del popolo siriano, mentre gran parte di loro vive all'estero da decenni, non combatte, non soffre le violenze", ha spiegato Alkhayer, sottolinando come "tutti insieme ora dobbiamo fare del nostro meglio, mantenendo i contatti anche con il Cns". Sulla stessa linea Michel Kilo, oppositore cristiano e rappresentante del Forum democratico. (ANSAmed).