Re: [nonviolenti] DOVE SONO I PACIFISTI ?



caro Enrico teniamo ben la mente sveglia e gli occhi aperti: Veltroni attacca i pacifisti che non ci sono per preparare la guerra.
Credo dobbiamo anche vedere bene le contraddizioni che si agitano nel nostro paese, compreso il movimento contro la guerra:
  • i "pacifisti" sono ancora storditi dall'implosione del movimento dopo che il passato governo Prodi ci ha fatto vedere di tutto, anche la Folgore come "miglior vetrina dell'Italia"
  • qualcuno a sinistra vede ancora personaggi come il rais di Tripoli un "antimperialista"
  • altri confondono qualunque rivolta con movimenti di liberazione; in Libia parrebbe proprio che un movimento spontaneo rischi di essere intercettato da faide tra clan portando tutto verso una guerra civile invece che verso un movimento di liberazione
  • il PD, che è più filoamericano del PDL, tira la volata alla NATO per un intervento armato contro Gheddafi
  • USA e soprattutto UK si stanno fregando le mani perché, con la guerra, finalmente possono mettere fuori gioco ENI e prendere il petrolio libico per conto della BP
  • Veltroni, sposando la causa della guerra, conferma una visione geopolitica in cui l'Italia deve essere una ruota di scorta di USA e NATO e perdere la poca autonomia di politica energetica che rimane
  • le rivolte, che sono naturalmente nonviolente quando condotte da popolazioni che hanno come fine la liberazione dall'oppressione, sono giuste e tali restano se non entrano in giochi di lotta per il potere o per la spartizione di risorse (come parrebbe degenerare in Libia)
  • se un movimento pacifista volesse dire qualcosa a Veltroni potrebbe proporre di appoggiare i movimenti di liberazione libici, favorire il controllo delle risorse da parte dei Libici, non da clan o caste politiche e tanto meno da multinazionali straniere come pure è la nostra ENI
  • insomma bisogna porsi chiaramente dalla parte degli oppressi (Libici, Egiziani o Tunisini) sapendoli ben distinguere da chi vuol cambiare solo il loro padrone
Altrimenti rischiamo solo di essere servi sciocchi. Veltroni e quelli come lui non sono sciocchi, sono in malafade.
Un saluto
TC

Il 07/03/2011 10:53, Enrico Peyretti ha scritto:

11 03 07 Dove sono i pacifisti?

 

    L’appello di Veltroni a manifestare contro le stragi di Gheddafi ha una ragione e un torto.

    Quando la politica abituale non sa più come limitare una violenza bellica che le sfugge di mano, invoca i pacifisti: «Dove sono i pacifisti?». Come se essi fossero la ruota di scorta di culture e di partiti che pensano, preparano, finanziano e usano la guerra come parte inseparabile dalla politica, e poi, quando il sangue è troppo, danno la colpa non alla propria politica, ma a chi non ha fatto abbastanza per fermarli. Non sarà, magari, che voi non avete ascoltato e capito per tempo?

    Chi ha venduto armi in grande abbondanza (tra tanti altri dittatori) a Gheddafi? Solamente il governo del suo compare Berlusconi?

    Chi, già nel congresso del Pci del 1986, fece orecchio da mercante all’appello di fare della pace, del ripudio delle strutture di guerra, la punta politica di quel partito?

    Chi, da sinistra. irrise, negli anni ’90, agli obiettori di coscienza alle spese militari, con leali trattenute fiscali pagate care, perché erano solo poche migliaia?

    Chi non ebbe occhi per vedere e mente per capire la resistenza nonviolenta guidata da Ibrahim Rugova al dominio serbo e alla riduzione dei diritti della popolazione albanese del Kossovo, e si accorse del problema soltanto quando servì per fare la “guerra umanitaria”, che aumentò le vittime? Fu questa tutta l’intelligenza delle politiche correnti, di destra ma anche di sinistra, nella quale ci fu, in Italia, chi disse che «per dimostrare di saper governare bisogna anche dimostrare di saper fare la guerra».

    I movimenti per la pace c’erano, la cultura della nonviolenza attiva e positiva c’era, studiava, educava, pubblicava, parlava, agiva, ma i politici, attaccati al vecchio realismo, la relegavano nei cieli dell’utopia. Anche davanti alle guerre di secessione e di pulizia etnica in Jugoslavia, il cui inizio fu permesso e utilizzato dalle politiche statali europee e persino ben visto dal Vaticano, quando fuoco e sangue furono troppi, si miagolava: «Dove sono i pacifisti?». I pacifisti – per meglio dire, i nonviolenti - c’erano, andarono (più numerosi dei volontari nella guerra di Spagna) a testimoniare e riconciliare, a servire le popolazioni sotto tiro, e diversi di loro ci persero la vita.

    La cultura nonviolenta ha elaborato e proposto linee concrete alternative a tutte le nuove guerre, cieco alimento al terrorismo, nel ventennio a cavallo dei due millenni. Ma anche governi e partiti democratici le giustificarono e vi collaborarono, e continuano a sostenere la guerra afghana.

    Tuttavia, i metodi nonviolenti di difesa e affermazione dei diritti si sono diffusi negli stessi decenni, e hanno dimostrato di essere più efficaci e meno costosi delle rivoluzioni e resistenze violente. L’esperienza promossa da Gandhi è conosciuta e seguita più oggi che nel Novecento, anche in queste rivoluzioni arabe, molto indicative delle potenzialità pacifiche e democratiche della cultura islamica, sebbene siano vicende ancora aperte. Non lo scontro di civiltà, ma il dialogo tra le culture è fermento di giustizia e libertà.

    Il caso libico è particolarmente tragico per la durezza del regime di Gheddafi. Aiutare i rivoltosi con le armi? Dare soccorso umanitario internazionale? Accogliere i profughi? Adire al Tribunale penale internazionale?

    Le politiche degli stati, coi tanti mezzi di cui dispongono, sono state prese di sorpresa e rivelano incertezze dovute anche ai precedenti compromessi con le dittature. I movimenti nonviolenti, coi loro pochi mezzi, hanno più chiaro il giudizio ma necessariamente più lenta la mobilitazione. La sollecitazione di Veltroni è giusta in sé, ma non è giusto giudicare inerte quella cultura che da sempre diffonde nei popoli la coscienza dei diritti umani insieme alla scelta della forza nonviolenta per affermarli: l’unità, la resistenza, il coraggio, la disobbedienza all’ingiustizia. È urgente che la cultura della pace nonviolenta prema nella politica interna e internazionale perché la forte solidarietà tra i popoli aiuti ciascuno di questi a liberarsi dall’ingiustizia coi mezzi della giustizia.

    Enrico Peyretti, 7 marzo 2011

 

----- Original Message -----
Sent: Saturday, March 05, 2011 10:37 PM
Subject: [ml beati] Libia. Politica e non guerra aiuta la libertà.

Cento anni fa la guerra di Libia. Che non ci sia la seconda. E' la politica e non la guerra che aiuta la libertà.
Enrico Peyretti, Torino
 
Lettera a Il Manifesto di Marinella Correggia, pubblicata domenica 5 Marzo 2011.

Libia, un silenzio assordante

"Se si creera' un ampio movimento di opinione a favore della proposta di Chavez
per evitare una guerra della Nato in Libia, prima e non dopo che si compia l'
intervento bellico, le possibilita' che l' iniziativa abbia successo
aumenteranno, cosi' ha scritto ieri Fidel Castro aggiungendo che "non doveva
ripetersi un altro Iraq ". Sembra rivolgersi anche ai popoli. E non e' l' unico
ad appoggiare l' iniziativa di Chavez - ora a quanto pare accettata anche dalla
Libia - per una missione internazionale nel paese. Si sono pronunciati i paesi
latinoamericani aderenti all' Alternativa bolivariana para las Americas (Alba) e
altri. E il Congresso bolivariano de los pueblos - vedi il sito
www.alianzabolivariana.org - sottolinea come le accuse di genocidio rivolte alla
Libia,"senza prove " e con molta disinformazione da parte dei network,
provengono "dai paesi responsabili dei peggiori genocidi negli ultimi cent' anni
".
Cosa aspettano i movimenti per la pace a schierarsi contro l' ennesima guerra
"umanitaria" e relativa propaganda ? E a favore della proposta latinoamericana ?
Per ora il silenzio e' il piu' assordante dell' ultimo...ventennio: Iraq 1991,
Kosovo 1999, Afghanistan 2001, Iraq 2003...




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