interrogazione urgenti con risposta del Governo



Sperando si fare cosa gradita, invio in  allegato le interrogazioni urgenti
presentate dall'On. Laura Cima (Verdi) alla Commissione Esteri  e le
relative risposte del Governo
cordiali saluti
la segreteria


Visita il sito personale all'indirizzo internet
    <http://deputati.camera.it/laura.cima>http://deputati.camera.it/laura.cima




Interrogazione n. 5-04289 Cima: Iniziative internazionali
a preservazione della salute delle popolazioni.
TESTO DELLA RISPOSTA
Quello della difesa della salute in ambito internazionale rappresenta,
indubbiamente, un dossier di particolare rilevanza, che l'Italia segue
attivamente. Come noto, da tempo si è avviato in sede OMC-TRIPs un
negoziato sulle licenze obbligatorie per i prodotti farmaceutici per la
cura di pandemie come l'AIDS, la malaria ed altre patologie.
In questo ambito vale la pena ricordare che nell'agosto 2004 è già
intervenuta una decisione che consente il rilascio di licenze obbligatorie
in deroga alla protezione brevettuale proprio a favore di quei Paesi in via
di sviluppo colpiti da malattie epidemiche. Queste decisioni hanno
comportato la necessità di trasfondere l'Accordo dell'agosto 2004 sui
prodotti farmaceutici per la cura delle pandemie all'interno dell'Accordo
TRIPs, apportando a quest'ultimo le opportune modificazioni. Sono stati
pertanto da tempo avviati i necessari negoziati circa le modalità di
trasposizione.
Tenendo conto del fatto che questi negoziati sono già in corso nei
competenti ambiti in seno all'OMC/TRIPs, non pare oggettivamente agevole
procedere al trasferimento delle competenze inerenti la produzione e
distribuzione dei farmaci all'Organizzazione Mondiale della Sanità-OMS. Va
inoltre ricordato che tale organismo internazionale non risulta deputato
alla trattazione di questioni relative alla proprietà intellettuale.
La posizione italiana in sede OMC si conforma alla posizione europea in
materia, che è quella di recepire integralmente nell'Accordo TRIPs
l'accordo dell'agosto 2004, secondo modalità tecniche da concordarsi; in
tale quadro dovrà essere assicurato che non vengano eliminate garanzie e
possibilità di controllo circa il fatto che i prodotti farmaceutici siano
prodotti sotto licenza nella misura richiesta e che questi non possano poi
essere reintrodotti in altri mercati.
Laura CIMA (Misto-VU) si dichiara insoddisfatta della risposta fornita dal
rappresentante del Governo, ritenendo che la soluzione proposta sia
soltanto provvisoria e che fra la tutela della proprietà intellettuale
relativa ai brevetti delle società multinazionali per al produzione di
farmaci anti-AIDS e la difesa del diritto alla salute delle popolazioni
mondiali il Governo abbia scelto come prioritaria la prima strada. Tutelare
il diritto alla salute in questa delicata materia, così come hanno fatto
Paesi come il Brasile, è da considerare una vera battaglia di civiltà. È
inoltre fondamentale che l'Organizzazione Mondiale della Sanità abbia
maggiori poteri e competenze specifiche nel settore relativo alla
regolamentazione dell'accesso generale ai farmaci e della relativa
distribuzione: senza questo rafforzamento delle competenze dell'OMS, il
ruolo di questa organizzazione risulterebbe vanificato dalla prevalenza
dell'Organizzazione Mondiale per il Commercio in questo stesso ambito. A
tale proposito, ricorda che anche il Parlamento europeo si è di recente
pronunciato a maggioranza su questa delicata materia nel senso indicato
dall'interrogazione di cui è prima firmataria.


----------------------------


Interrogazione a risposta in Commissione

Al Ministro degli Affari Esteri

Per sapere, premesso che:

il 25 aprile scorso a Londra l'organizzazione non governativa britannica
"Save the Children" ha presentata un rapporto, intitolato "Forgotten
Casualties of War: Girls in Armed Conflict" (Le vittime dimenticate della
guerra: le ragazzine nei conflitti armati), che sottolinea che mentre il
problema dei bambini-soldato è noto, il fatto che molte bambine vengano
coinvolte nei conflitti è stato finora ignorato, dato che i programmi
internazionali mirati ad aiutarle spesso non funzionano o peggiorano
addirittura la situazione;

in paesi come Uganda, Congo e Sierra Leone, bambine dagli otto anni in su
vengono prelevate dalle loro famiglie e costrette a lavorare per i gruppi
armati, alcune come combattenti, altre come cuoche ed assistenti e quasi
tutte subiscono violenze sessuali;

secondo "Save the Children", dei 300 mila bambini che si pensa siano stati
arruolati dai gruppi armati, circa il 40% è composto da femmine;

al termine dei conflitti, il ritorno a casa per queste bambine è spesso
doloroso quanto la partenza perché le loro famiglie e comunità le
ostracizzano per via delle loro esperienze sessuali e belliche, considerate
immorali;
l'emarginazione che subiscono impedisce loro di condurre una vita normale,
non riescono a trovare lavoro o marito e le costringe a darsi alla
prostituzione;

secondo il rapporto, i cosiddetti programmi di "Disarmo, Smobilitazione e
Reintegrazione" (DDR) messi in atto dalle Nazioni Unite e dalla Banca
Mondiale, nelle nazioni usciti da conflitti, non sono stati progettati in
modo da affrontare i problemi che affliggono le bambine e le ragazzine;

anziché distribuire pacchetti assistenziali volti a fornire cibo, soldi e
finanziamenti per l'istruzione dei bambini coinvolti in conflitti armati,
secondo "Save the Children" è necessario che la comunità internazionale
metta in atto un lavoro di mediazione tra le ragazzine e le loro comunità e
offra loro la possibilità di reinserirsi in esse.


l'attuale programma di «disarmo, rilascio e reinserimento», coordinato
dall'UNDP (il programma di sviluppo delle Nazioni Unite), dalla Banca
Mondiale e dall'UNDPKO (il dipartimento per il mantenimento della pace
delle Nazioni Unite) punta soprattutto al recupero delle armi e al rilascio
dei ragazzi rapiti, mentre la fase di reinserimento viene affidata
all'Unicef o a delle Ong che, però, non hanno i fondi necessari. Il
risultato è che le bambine rimangono tagliate fuori;

se il Governo voglia farsi promotore in ambito internazionale di azioni
concrete finalizzate al reinserimento e alla tutela delle bambine e delle
giovani donne di tutto il mondo che in seguito agli abusi fisici e morali
perpetuati nei loro riguardi durante i conflitti, sono oggetto di gravi
forme di discriminazione anche dalle loro stesse comunità.

Laura Cima





Interrogazione n. 5-04278 Cima: sul trattamento delle bambine
reclutate nei conflitti armati in Uganda, Congo e Sierra Leone.
TESTO DELLA RISPOSTA
1. Il reinserimento dei minori, ed in modo particolare delle ragazze,
coinvolti nei conflitti armati è senz'altro una delle tematiche più
delicate per le iniziative in questo ambito in Africa sub-sahariana.
L'Italia ha sempre seguito attivamente la problematica: nel novembre 2004
il nostro Paese ha organizzato una conferenza internazionale sotto l'egida
delle Nazioni Unite in Sierra Leone per affrontare il problema del
reinserimento della vita civile dei bambini soldato.
A seguito di tale Conferenza, è stato istituito un fondo presso la Banca
Mondiale e la banca Africana di Sviluppo per quei Governi ed ONG che
intendano attuare programmi di assistenza in tale specifico settore. Nella
regione dei Grandi Laghi è inoltre da tempo operativo un fondo fiduciario
gestito dalla Banca Mondiale, cui contribuisce anche il nostro Paese, per
il disarmo ed il reinserimento dei combattenti nel decennale conflitto che
ha colpito tale area. A valere su tale fondo fiduciario sono stati
finanziati i programmi nazionali di reinserimento in Ruanda ed in Angola.
Per contro, nei Paesi maggiormente esposti alle conseguenze del conflitto
(Repubblica Democratica del Congo e Burundi) le vicende belliche hanno
rallentato l'elaborazione di programmi nazionali, che comunque stanno
attualmente vedendo la luce.
2. Il problema dei bambini soldato in Uganda continua purtroppo ad essere
particolarmente serio. Come noto, il famigerato movimento ribelle del
Lord's Resistance Army (LRA), guidato da Joseph Kony, fa largo uso del
sequestro e dell'arruolamento forzato di minorenni, fra cui molte ragazze.
Tale situazione si inserisce nel contesto di grave crisi in cui versa il
nord-Uganda, a causa del conflitto fra LRA e Governo di Kampala. Tale
conflitto, anche a causa del forte impatto per i minori coinvolti, è stato
posto dall'Italia fra le priorità di politica africana fin dal nostro
semestre di Presidenza dell'Unione Europea.
Nella Repubblica Democratica del Congo il problema dei bambini soldato è
particolarmente vivo nelle province orientali del Paese, dove il Governo
transitorio di unità nazionale non riesce ad esercitare la propria
autorità. Nelle ultime settimane vi sono stati tuttavia notevoli progressi
nelle operazioni di disarmo condotte dalla missione di pace delle Nazioni
Unite (MONUC) nella provincia dell'Ituri, ove più gravi sono state le
violenze e gli abusi nei confronti delle ragazze.
In Sierra Leone il problema dei bambini soldato è emerso con forza specie
durante i dieci anni di guerra civile che hanno insanguinato il Paese fino
al 2000. L'Italia ha sempre seguito con attenzione tale problema
appoggiando in particolare tutti gli strumenti giuridici internazionali,
quali la Corte Speciale per la Sierra Leone, come mezzi di deterrenza e
prevenzione. Attualmente, benché in Sierra Leone si siano registrati
notevoli progressi sulla via della pacificazione e riconciliazione
nazionale, il problema dei

Pag. 60

bambini soldato continua ad affliggere l'intera area a causa delle crisi
regionali in atto nei Paesi limitrofi, rischiando di rinfoltire i gruppi di
mercenari nella regione.
Anche in futuro in tutti i Paesi interessati da questo fenomeno in Africa
sub-sahariana, la nostra azione di politica internazionale e le attività
della nostra Cooperazione allo sviluppo continueranno ad essere
costantemente centrate sull'emergenza legata ai conflitti armati e sul
recupero dei minori in essi coinvolti.
Laura CIMA (Misto-VU) nel dichiararsi parzialmente soddisfatta dalla
risposta fornita dal rappresentante del Governo, si sofferma sul problema
concreto di concertare azioni efficaci per il reinserimento delle bambine
reclutate nei conflitti armati in Uganda, Congo e Sierra Leone all'interno
delle famiglie e delle comunità di origine, che le discriminano e le
emarginano proprio in ragione delle terribili esperienze subite. A tale
riguardo, ritiene che sia necessario predisporre a livello internazionale
dei programmi ad hoc per il recupero delle bambine-soldato, differenti da
quelli previsti per i bambini, dato che per questi ultimi la comunità
internazionale ha recentemente dimostrato di avere una certa attenzione. Fa
presente infatti che il 40 per cento dei minori arruolati nei conflitti
armati sono femmine, che vivono una situazione dolorosissima
successivamente al reclutamento, in quanto il loro reinserimento nelle
comunità d'origine appare spesso impossibile a causa della discriminazione
che subiscono, mentre l'unica via aperta al sostentamento di queste ragazze
resta spesso quella della prostituzione.
È necessario quindi, a suo giudizio, affiancare all'erogazione di pacchetti

Pag. 50

d'aiuti materiali, un efficace lavoro di mediazione fra queste ragazze e le
loro famiglie e comunità d'origine, poiché fra i grandi problemi che
minacciano l'esistenza dell'Africa e che senza un significativo aiuto
dall'esterno non troveranno mai soluzione, oltre all'epidemia di AIDS, può
essere senz'altro annoverata la condizione di queste minori senza futuro.