Bambine vendonsi



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Cari saluti
ettore
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Ettore Masina
sito web: http://www.ettoremasina.it









LETTERA 105
febbraio 2005

ottobre 2004
marzo 2004 
1
Quel pomeriggio di fine agosto, a Recife, si scatenò un temporale. Che
dico? Un nubifragio, un diluvio, un tifone, o quasi. La periferia della
metropoli diventò invisibile al di là dei finestrini del tassì che ci
portava all'aeroporto; sembrava di essere in un acquario, con la differenza
che gli acquari sono silenziosi  e illuminati mentre qui il maltempo
ruggiva, anticipando una nerissima notte. "Graças a Deus" mormorò piamente
il tassista quando arrivammo al terminal.
La violenza del maltempo impediva i decolli, e le sale d'attesa, come
succede in quei casi, assunsero  rapidamente l'aspetto di un  bivacco
fumoso. Nonostante la pioggia incrudelisse, continuavano ad arrivare
passeggeri, e anche il chiasso andava crescendo. Una folta comitiva di
italiani era la maggior fonte di baccano. Guardandoli con antipatia, ci
accorgemmo che avevano una caratteristica  particolare: non l'aspetto, che
era di persone qualunque di varia età, fra i 30 e i 60, piccola borghesia,
non  il loro dialetto o accento, che erano quelli di lombardi, di veneti e
di toscani, ma il fatto che erano accompagnati  da un gruppo di ragazzine,
quasi tutte in due pezzi : body e minigonne. Qualcuna aveva gli occhi e le
labbra truccate, ma la maggior parte non nascondevano quello che erano:
bambine di una decina d'anni o poco più. Vestite com'erano, sembravano
caricature  delle "famose mulatte" del Brasile.; ma più ricordavano, a me e
a Clotilde, le nostre nipotine quando si impossessano  degli abiti delle
madri e si pavoneggiano davanti a uno specchio.
Queste bambine stavano in un gruppetto a parte, e si vedeva che erano
annoiate dell'attesa. Di quando in quando un italiano usciva dalla sua
cerchia e andava a parlare con qualcuna di loro. Rideva con lei, le
carezzava una guancia, le dava qualche festosa pacca sul sedere. La verità
era evidente. Ci venne da vomitare quando ci accorgemmo  che qualcuno di
quegli allegri turisti si appartava con la "sua" bambina e le parlava con
affettuosa serietà, facendole la predica, come usano, prima di partire per
un lungo viaggio i papà o i nonni. Un famoso giornalista brasiliano,
Gilberto Dimenstein, che aveva dedicato due approfondite  inchieste al
problema della prostituzione minorile, mi aveva detto pochi giorni prima.
"Le bambine mi hanno raccontato che il "cliente" italiano, al momento
culminante vuole essere chiamato papà".
Finalmente, con la stessa subitaneità con la quale si era avventato sulla
città, il temporale-diluvio se ne andò, e noi, richiamati dalle
incomprensibili voci  vellutate  delle hostess, marciammo verso i debiti
varchi. Perdemmo di vista i nostri connazionali, per grazia di Dio non
assistemmo ai loro congedi. Ben presto le luci furono spente nell'aereo,
ridotti a ombre i passeggeri. Rivedemmo i pedofili la mattina seguente. Si
salutarono  garbatamente fra loro, evitando qualsiasi espressione di
complicità. Scendendo alla Malpensa, erano diventati onesti artigiani e
piccoli imprenditori, gradevoli persone di tutti i giorni, possibili nostri
condomini.
2
Secondo i calcoli degli enti governativi brasiliani, e nonostante i loro
sforzi, 9 milioni di bambini sono praticamente randagi, nelle strade. Molti
vi vivono giorno e notte, sbrigativamente uccisi con tragica frequenza da
qualche poliziotto prezzolato  dai commercianti infastiditi; o trascinati
negli orrendi carceri della Febem, l'ente che dovrebbe garantire quello
statuto ONU dei diritti dei bambini che il Brasile ha inserito già nel 1990
nella propria costituzione. Almeno un quarto del ragazzi brasiliani fra i
10 e i 14 anni lavora, sotto-pagato, in mestieri pesanti e pericolosi, per
non dire dei piccoli pushers  o manovali del crimine. Due città brasiliane,
Fortaleza e Recife, sono diventate capitali della pedofilia in America
Latina: si calcola che i bambini brasiliani coinvolti nella prostituzione
siano 500 mila. I "turisti sessuali" che arrivano ogni anno in Brasile,
sono valutati in 700 mila; almeno 80 mila sono italiani.
La prostituzione infantile brasiliana non è certamente l'unica del mondo.
Tocca milioni di bambini e bambine in varie nazioni (dal Guatemala ai paesi
asiatici devastati dallo tsunami a quelli dell'Est europeo), seguendo i
confini dell'area della miseria. È un fenomeno non recente. Ricordo che
trent'anni fa, con Giuseppe Fiori, inserimmo in "Gulliver". fortunata
rubrica culturale televisiva. un'inchiesta sui postriboli tailandesi. e
rammento la faccia disperata di una ragazza riuscita a fuggire da un
bordello per "turisti" e a riparare in una organizzazione  cattolica: "Ho
diciassetta anni e sono stata là dentro per quattro. Ho calcolato che mi
sono passati addosso più di 5 mila uomini. Ho schifo del mio corpo".  Negli
ultimi tempi sembra che in Thailandia la situazione sia un po' migliorata;
ma certamente il fenomeno si è aggravato su scala mondiale, a causa
dell'aumento dei flussi turistici.e della proliferazione di agenzie
specializzate.
V'è di peggio. Per timore drll'AIDS, lo sfruttamento si dirige verso
bambini sempre più piccoli, ritenuti indenni dalla peste del secolo. Ha
detto a Dimenstein un trafficante di carne umana. "Basta che le bambine
pesino dai trenta chili in su".
3
Le responsabillità italiane in questo autentico genocidio morale e psichico
sono così pesanti che un gruppo di organizzazioni non-governative del
nostro Paese  , cui si sono associati  enti pubblici e privati  ha deciso
di lanciare il prossimo mese una "Campagna contro il turismo sessuale". Si
tratterà di lottare contro una psicologia razzista che porta a ritenere
meno gravi, meno delittuose, certe realtà soltanto perchè pruducono
sofferenze in luoghi lontani dal nostro Paese e percepiti come "inferiori"
dal punto di vista della civiltà, a causa della diffusione della miseria; e
anche si tratta, mediante il sostegno di alcune realtà già esistenti in
Brasile di rendere meno difficile alle piccole prostitute l'allontanamento
dalle strade della miseria. Presentato al Forum mondiale di Porto Alegre
(luogo adattissimo per un battesimo di speranza)  al progetto è stato
garantito ogni appoggio da Lula, che ha ringraziato i promotori con una
lettera affettuosa.
In Italia, per fortuna, non si parte da zero. La sezione italiana di ECPAT
(una preziosa organizzazione  internazionale fondata nel 1991) ha già
ottenuto alcuni grandi successi.. Con una vasta opera di sensibilizzazione
dell'opinione pubblica, è riuscita a far votare dal Parlamento, nel 1998,
una legge, assai severa, "contro lo sfruttamento della prostituzione, della
pornografia e del turismo sessuale a danno dei minori, quali nuove forme di
riduzione in schiavitù". Nel 2000, poi, ha promosso un Codice di condotta
dell'industria turistica italiana, sottoscritto dalla stragrande
maggioranza degli operatori..
Concentrarsi, adesso, su un solo Paese come il Brasile (in cui anche  il
turismo "pulito" italiano non soltanto è presente ma lo è in grandi
numeri), consentirà di illustrare meglio le situazioni, di verificarne la
repressione, di dare nuovo impulso e maggiori informazioni, su questa
battaglia di civiltà. Chi si lamenta che non è possibile umanizzare la
globalizzazione  ha un'opportunità per ricredersi.
(Per maggiori informazioni, visitare il sito <www. stop sexual tourism.org>
4
Il 24 marzo si compiono venticinque anni
 dal martirio di monsignor Romero.
Per "JESUS" (il mensile su cui tengo una rubrica) ho scritto:
Anno 1978. L'ambasciatore de El Salvador presso la Santa Sede è il rampollo
di una delle 16 famiglie che possiedono il piccolo stato. Abita nel più
lussuoso hotel di Roma. Ama ricevere eminenze, eccellenze, personaggi
vaticani. Offre liquori di  gran marca e chiacchiere velenose: oh,
quell'arci-vescovo Romero! I suoi preti girano in sottana durante il
giorno, ma la notte si uniscono ai guerriglieri; fumano mentre celebrano la
messa; e poiché il vino, nel Salvador, è bevanda che i poveri non possono
permettersi, per pura demagogia consacrano il caffè. No, non cattivo quel
Romero, ma pronto a inalberarsi se gli sembra che il governo indurisca la
mano contro i terroristi, non cattivo, ma candido come un ragazzo
sprovveduto. Per dirla meglio, un povero sciocco ("Quanto mi duole,
eminenza, parlare così di un vescovo!"), un povero sciocco strumentalizzato
dai comunistiŠ
Anche a certi vescovi quel confratello non piace. Chiesa e Stato
(dittatoriale) avevano un ottimo modus vivendi, monsignor Romero ha rotto e
rompe quei rapporti, allegando la necessità di difendere i poveri: come se
la Chiesa non l'avesse mai fatto, elemosinando dai ricchi, per i
campesinos, salari non di fame. Lui. invece, no: parla di diritti, di
giustizia Un  gran rompiscatole, diciamolo pure: o, almeno, un imprudente.

Già, imprudente! Ma, come ha scritto un suo amico, un altro vescovo
imprudente, dom Helder Camara, di Olinda e Recife, in Brasile, anche
monsignor Oscar Arnulfo Romero avrebbe potuto rispondere:
"La maggiore e più grave
 delle imprudenze
 è la propria prudenza, che si fida di sé,
 si trasforma in calcolo
 e prescinde dalle follie di Dio".
Per le sue imprudenze, che consistono nell'accorrere là dove c'è stato
l'assassinio di un prete ("Haga patria, mata un cura: sii patriottico,
uccidi un prete" scrivono sui muri del Salvador gli squadroni della morte)
o s'è appena compiuto un eccidio di campesinos, o bisogna ricomporre il
cadavere di un uomo orribilmente torturato ma soprattutto c'è da gridare
forte contro la violenza generalizzata dei "corpi speciali" sui poveri,.
l'arcivescovo Romero viene ucciso venticinque anni fa. il 24 marzo 1980,
mentre celebra una messa vespertina. Il giorno precedente, nella sua omelia
domenicale, si è appellato ai soldati perché non usino più le armi contro i
poveri. I poveri che lo avevano.  "convertito", come lui diceva, con la
loro inermità e la loro fiducia, le loro disperate speranze, accorrono da
tutte le parti del Salvador. Non hanno dubbi, Romero è un  santo, il loro
santo. Lo sentono ancora più loro quando, durante i funerali, gli squadroni
della morte sparano per ore sulla folla: sessanta morti, trecento feriti.
Il governo militare non interviene.
È un santo, è un martire monsignor Romero? I poveri non hanno dubbi, non ha
dubbi chi ricorda: il Concilio ha affermato che la Chiesa vede nei poveri e
nei sofferenti l'immagine del suo Salvatore, Ma ci sono ambienti in cui
stare con i poveri significa fare politica, stare con i comunisti. La causa
di beati-ficazione dell'arcivescovo avanza col passo esitante dei vecchi
molto vecchi. Mi dicono che ogni tanto qualche campesino, dopo avere
pregato davanti alla tomba di Romero, col taglio della mano a coltello
rimuove la polvere dalla lapide.
ettore masina
Note
L'editrice San Paolo ha deciso di abbandonare la narrativa e di conseguenza
di mandare al macero, fra altre opere, il mio libro che io amo di più. "I
gabbiani di Fringen": cinque racconti lunghi o romanzi brevi, che si
inanellano fra loro, dando vita (hanno scritto i critici ) a un mondo
magico, ricco di emozioni. Ho riscattato  alcune copie e le metto a
disposizione di chi ne vuole un esemplare. Se poi qualcuno crederà di
inviarmi un rimborso delle spese di spedizione (le  calcolo in 5 ¤ ), lo
accetterò volentieri: ma quel che mi preme è che il libro venga letto: e
dunque raccomando soprattutto ai giovani di non farsene un problema.
P.S. LETTERA viene inviata a chiunque me ne faccia richiesta. Il mio
indirizzo è: via Cinigiano 13, 00139 Roma, tel. (06) 810.22.16. Un
contributo alle spese di fotocopiatura  e postali è assai gradito. I
versamenti possono essere effettuati sul ccp 49249006 intestato a Luca Lo
Cascio, via Leone Magno 56, 00167 Roma.
I testi di LETTERA possono essere integralmente o parzialmente riprodotti.
Sarò grato a chi vorrà darmene notizia.