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VELINE E NONVIOLENZA

 

Beppe Severgnini, nel "Corriere della Sera" del 26 settembre 2002, pubblica una lettera ricevuta da una professoressa, Marialucia Luongo, che inizia così:

"Oggi, in classe, rivolgendomi a ragazze di 15-16 anni, ho chiesto dei loro progetti, dei sogni per il futuro.

Le risposte sono state due: "Voglio fare la mantenuta, voglio fare la velina".

Non sono più delusa di niente.

Ma questi desideri sono il risultato di una sistematica opera distruttiva dei valori culturali, nella scuola e fuori.

I docenti sono sempre più insignificanti.

La scatola televisiva da cui questo ragazze assimilano modelli è un. trionfo di show-men divertenti, leggeri…" ecc.

La professoressa chiede consigli per cambiare.

Severgnini rifiuta di dare consigli, poi sciorina i soliti pareri

"…le opinioni degli adulti sui giovani sono sgradite ai medesimi, patetiche e/o ipocrite…

…i ragazzi di oggi non sono diversi da quelli di ieri o dell'altro ieri…

…ogni generazione deve affrontare problemi diversi…

…i ragazzi di oggi non sono più sfortunati dei ragazzi di ieri…

La TV e la pubblicità sono nocive "…solo se un ragazzo non prova altro…ci sono gli amici e i viaggi, il computer e lo sport, l'arte e le associazioni, la musica e i libri (basta non suggerire quelli sbagliati…)

E dopo aver scritto di non volerli dare, alla fine sciorina otto "dovrà" con ottimi consigli, terminando con quello di non dire mai "E' avvenuta una sistematica opera distruttiva dei valori culturali nella scuola e fuori" e aggiunge: anche se fosse vero.

E' una risposta appassionata e piena di buoni propositi, ma i desideri delle fanciulle sono una scelta drammatica che esprime la paura di perdere sotto la violenza del mondo, la sfiducia nella convivenza, l'aspirazione e la rassegnazione a una vita senza problemi di lavoro e finanziari, da trascorrere con la minore fatica possibile.

A questa visione è giusto, come scriveva Capitini, offrire ai giovani il rifiuto assoluto di un mondo fondato sulla violenza e la ricerca di una società libera e aperta fondata sulla nonviolenza.

"…La soluzione del problema dell'educazione è quella che si può chiamare del "profeta", il quale è nella comunità e partecipa alle interazioni, ma porta una dimensione singolare: annunciando una verità si pone in aperta polemica con la realtà circostante, e sollecita questa diffidenza verso il presente e questa apertura al futuro, in nome di valori che non vede dispiegarsi nella loro autenticità se non in antitesi recisa con ciò che è attuale."

(Aldo Capitini, L'ATTO DI EDUCARE, pag.7/8)

E' un atteggiamento nuovo rispetto ai buoni consigli di Seneca o di Severgnini, una risposta rivoluzionaria che certamente non può essere lanciata dalle pagine del "Corriere della Sera", una rottura che i giovani possono accettare con più sicurezza e che gli insegnanti dovrebbero indicare con più coraggio.