la guerra e i pacifisti: ragioniamo sui nostri limiti (nuovo editoriale)



LA GUERRA E I PACIFISTI:
RAGIONIAMO SUI NOSTRI LIMITI
di Peppe Sini (nbawac at tin.it)

Ho cercato di chiarire a me stesso i motivi di un crescente interiore disagio, che mi pare di poter ricondurre a tre fattori.
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Il primo fattore: la sensazione che ci stiamo abituando, rassegnando alla guerra e alle stragi. Abbiamo ripreso a parlare d'altro, stiamo cercando di convivere con una situazione che e' invece invivibile e minaccia di distruzione l'intera civilta' umana.
E dunque occorre che con piu' consapevolezza e limpidezza ed energia ci opponiamo ad essa, la denunciamo, la contrastiamo: in nome dell'umanita' tutta, e di noi stessi che dell'umanita' siamo particole e portatori, unita' minime ed essenziali non ulteriormente divisibili: individui dunque, persone. E in quanto tali siam dunque avversari di cio' che all'umano e' nemico: dell'uccidere, e massime della guerra che dell'uccidere e' l'oscena onnivora nichilistica magnificazione.
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Il secondo fattore: la sensazione di una crescente e sempre piu' evidente nostra inadeguatezza: pratica, intellettuale e morale.
Inadeguatezza pratica: a tre mesi dalla tragedia dell'11 settembre, a due mesi dall'inizio della guerra afghana, ad un mese dalla decisione dell'invio delle truppe italiane, il movimento per la pace italiano, pur cosi' ampio e cosi' radicato, non e' stato capace di pensare e tantomeno di realizzare azioni limpide, concrete ed efficaci; non e' stato capace, non siamo stati fin qui capaci, di pensare e realizzare azioni dirette nonviolente (la quasi totalita' delle iniziative spacciate sotto questo nome ne erano solo l'ignobile caricatura ed il colossale travisamento); non e' stato capace, non siamo stati fin qui capaci, di proporre ed attuare azioni di disobbedienza civile di massa (certe cose spacciate per tali erano talora l'esatto contrario di cio' che dicevano di essere: irresponsabilita' ed insensataggine); non e' stato capace, non siamo stati fin qui capaci, di perseguire efficacemente l'obiettivo di costruire lo sciopero generale contro la guerra (obiettivo che richiede una grande capacita' di interlocuzione con tutta la societa' come con le istituzioni: ci si e' invece per un verso rattrappiti in iniziative di bandiera e in linguaggi settari; per l'altro dissoluti in confusioni che appannano l'essenziale, cancellano i discrimini e destituiscono di credibilita'; e talora convergentemente perfino in meschini giochi di demarcazione e per cosi' dire "lottizzazione" del campo ideologico, sociale e politico, di sopraffazione
verso i vicini, di stolta denegazione delle verita' altrui).
La Perugia-Assisi doveva essere un inizio, ed invece e' stata una pietra tombale. Nel cosiddetto "movimento di movimenti" si sono imposte modalita' di riflessione, azione e rappresentanza che hanno fatto emergere come egemoni culture e personalita' autoritarie, totalitarie, irresponsabili e subalterne la cui azione e predicazione a me paiono semplicemente sciagurate. Vogliamo aprire una discussione su questo o la consegna e' di far finta che tutto va bene? Tutto va bene?
E questo proprio mentre occorrerebbe un grande impegno ad un tempo per la pace e per la legalita'; per la solidarieta' con gli oppressi in lotta per l'esistenza e la dignita', e la difesa del diritto e del civile convivere.
Proprio mentre le istituzioni italiane sono aggredite e pervase da una cultura e una pratica dell'illegalita' forse mai cosi' proterve ed esplicite dalla caduta del fascismo ad oggi: con un governo fuorilegge, un parlamento corrivo, un capo dello Stato complice. Proprio mentre e' in corso un'azione
governativa e parlamentare golpista.
E non dico del sistema dei mass-media: ho sempre saputo che li' era una scaturigine fondamentale del potere del fascismo: la costruzione del consenso con la manipolazione e la degradazione piu' sfrenate. Invece di assumerne logiche e linguaggi non sarebbe necessaria ed urgente un'analisi
critica ed un'azione costruttiva per un uso dei mezzi di comunicazione di massa a fini di pace, di verita' e di giustizia? Un uso che richiedera' sicuramente anche esplicite rotture e rinunce; nitide iniziative di opposizione nonviolenta nei confronti dei facitori di narcosi e menzogna e malaffare e disumanita'; ed uno sviluppo e diffusione di strumenti, luoghi e linguaggi alternativi a quelli dominanti.
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L'inadeguatezza intellettuale: leggo ed ascolto le cose che illustri pensatori e valorosi militanti pacifisti scrivono e dicono in queste settimane: le trovo sempre piu' povere, sempre piu' subalterne, sempre piu' rozze.
Persone di valore scrivono sui giornali e pronunciano dai microfoni sciocchezze ed infamie che neppure nel "breve corso" di staliniana memoria; alcune sembrano non accorgersi della gravita' del terrorismo islamista; altre sembrano non accorgersi del terrorismo di Bush o di Sharon; molte
sembrano non avvedersi di come il terrorismo individuale, quello dei gruppi criminali e quello degli stati interagiscano e reciprocamente si alimentino.
Molte persone sono talmente abbacinate dalle loro elucubrazioni da ridurre tutto a metafora e non percepire piu' che la guerra uccide concreti esseri umani e non concetti astratti. Molte sono talmente avviluppate dal proprio privilegio e dai propri conseguenti pregiudizi da non accorgersi neppure piu' di come assurdamente pretendano di tutto ridurre a una misura e una gabbia concettuale in cui la realta' non puo' essere astretta.
Provo sdegno e paura per questo offuscamento ed affievolimento ed immiserimento delle nostre capacita' di riflettere, di sentire, di parlare; per il depauperarsi e deteriorarsi della nostra stessa lingua, per la crescente incapacita' di dare ordine e chiarezza e coerenza ai nostri stessi pensieri (ripenso, certo, alle decisive riflessioni su questi argomenti di Franco Fortini, illuminanti e ineludibili).
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L'inadeguatezza morale: ogni giorno che passa vedo crescere anche fra noi l'ipocrisia e la doppiezza, il gioco infernale dei casisti, ragionamenti speculari a quelli degli assassini, l'accettazione supina di falsi dilemmi costruiti ed imposti appositamente per indurci in trappole logiche e morali, in situazioni aporetiche e schizofreniche, per tutti ridurci a complici.
Non so piu' da quanto lo ripeto: si e' hic et nunc movimento per la pace solo se si fa la scelta della nonviolenza, altrimenti si e' subalterni, si e' complici, si e' risucchiati nella spirale della menzogna e della violenza.
Occorre la scelta consapevole ed intransigente della nonviolenza: invece in questi mesi sempre piu' ci si e' riempiti la bocca di questa parola, e sempre meno se ne e' colto ed accolto il significato e il compito.
Occorre la scelta consapevole e intransigente della nonviolenza: senza della quale non si ricostruisce e riprende un progetto e un percorso di liberazione che erediti, critichi, trasformi ed inveri e prosegua le esperienze e le riflessioni sofferte e luminose delle lotte per la dignita', il diritto e la liberazione condotte tra errori ed orrori dall'umanita' oppressa lungo tutto il ventesimo secolo.
Occorre la scelta consapevole e intransigente della nonviolenza: all'ascolto ed alla sequela della piu' grande e nitida e aggettante tradizione di affermazione e liberazione dell'umanita' che abbiamo conosciuto, che e' quella del movimento delle donne.
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Il terzo fattore: la sensazione di essere "recuperati" in una logica in cui tutto fa brodo e l'impegno per la pace e' ridotto a contorno per pietanze a base di carne umana, alla funzione di prefica che non puo' mancare mentre si celebra l'orgia sacrificale e si dipana la funebre teoria. Mi pare che a molti interessi molto piu' comparire sui pulpiti della societa' dello spettacolo o fare presuntuosi ed irresponsabili discorsi "a lungo termine" (che ripropongono inconsapevolmente la logica "dei due tempi" che gia' tanto funesta ebbe ad essere nel secolo da cui veniamo) piuttosto che cercare di fermare adesso le stragi e l'escalation cosi' visibile verso una guerra mondiale che puo' mettere fine alla civilta' umana. Mi pare che ci si riduca sempre piu' ad iniziative meramente testimoniali che delegano ad altri
responsabilita' e scelte (ed impostate in questi termini esse iniziative non sono piu' neppure testimoniali, ma solo sintomatiche di una indicibile insufficienza morale prima ancora che politica). Mi pare che stiamo mentendo a noi stessi. Perche' il nostro cuore si indurisce cosi'? Perche' il nostro
sguardo si vela di notte e di nebbia? Perche' accettiamo di essere ridotti a ciarla e salotto mentre la casa scricchiola e cede?

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Peppe Sini
Centro di ricerca per la pace di Viterbo
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