situazione in corea



FONDAZIONE INTERNAZIONALE NINO PASTI
per la pace e l'indipendenza dei popoli


Tra i molti segnali di guerra lanciati dalla nuova amministrazione
americana un po' in tutte le direzioni nei primi tre mesi della sua
attività (verso la Cina, verso la Russia, verso l'Iraq e i Palestinesi,
verso gli stessi alleati-concorrenti-vassalli europei) non deve
sfuggire per la sua rilevanza la svolta riguardo alla Corea. L'incontro
tra il presidente sudcoreano Kim Dae Jung e G.Bush junior a
Washington ai primi di marzo ha fornito al nuovo presidente
americano l'occasione per manifestare appieno l'ostilità della nuova
amministrazione alla distensione nella penisola coreana, che aveva
avuto la sua più eclatante manifestazione nel vertice del giugno
2000 a Pyongyang tra Kim Jong Il e Kim Dae Jung.

Le dichiarazioni ostili di esponenti governativi come John Bolton o
Donald Rumsfeld e dello stesso Bush non si contano più e ad esse
fanno eco alti comandanti militari come il comandante della flotta
del Pacifico Blair. Secondo costoro la Repubblica Popolare
Democratica di Corea rappresenta una grave minaccia militare, è
un paese con cui non si può fare una trattativa perchè non
manterrebbe i patti, ecc. In realtà - come è evidente per chiunque
non rinunci deliberatamente all'uso della ragione - è proprio il
gigantesco dispositivo militare USA nel Pacifico e in tutta l'Asia
orientale che costituisce una minaccia per l'Asia e per tutto il
mondo e il nuovo ministro della difesa USA Rumsfeld dichiara che
gli USA devono riposizionare il loro mostruoso apparato militare per
poter "combattere e vincere una guerra nucleare" contro la Cina
(W. Pfaff, International Herald Tribune, 29 marzo). Basterebbe da
sola la mostruosità di una simile affermazione per destare orrore e
ripulsione in tutto il mondo e per dimostrare che tutti i popoli del
mondo, i governi dei paesi indipendenti e le istituzioni internazionali
devono unirsi per fermare questo mostro che ormai mostra senza
vergogna e con impudenza il suo volto imperialista senza nessuna
giustificazione e nessuna maschera.

Ancora una volta la Corea è al centro delle trame dell'imperialismo.
Alle dichiarazioni ostili seguono i fatti: sostanziale congelamento
dei rapporti bilaterali Corea del Nord - USA, che sembravano sulla
via della normalizzazione con la visita di una delegazione
nordcoreana a Washington e di Madeleine Albright a Pyongyang;
rafforzamento del dispositivo militare già enorme nella Corea del
Sud; sostegno aperto alle forze più reazionarie della Corea del Sud
per impedire il dialogo tra Nord e Sud (a fine marzo Kim Dae Jung
ha cambiato 13 ministri su 22 e tra gli altri il ministro degli esteri
che a colloquio con Putin aveva osato mettere in dubbio
l'approvazione del suo paese ai piano di scudo antimissile
americano).

La lotta pluridecennale del popolo coreano per l'indipendenza e la
riunificazione nazionale si scontra ancora una volta con i disegni
egemonici e le minacce militari dell'imperialismo. Per questo,
come è stato in passato, così anche oggi, questo popolo
coraggioso che lotta con tanta determinazione e spirito di sacrificio
per l'indipendenza e la riunificazione, merita la solidarietà attiva e
consapevole di tutti coloro che riconoscono il grande pericolo che
l'imperialismo rappresenta per il mondo intero.

Anche gli imperialisti europei mostrano qualche preoccupazione
per l'accelerazione della corsa alla guerra impressa dagli americani
e seguono una linea di maggiore moderazione, anche per quanto
riguarda la Corea. Purtroppo molti fatti dimostrano che alla fine dei
conti gli imperialisti europei trovano più comodo curare i loro
interessi di espansione economica all'ombra del grande fratello
americano e non hanno certo meno remore degli americani a
calpestare il diritto internazionale, come hanno fatto in Jugoslavia.
Di per sè comunque le divergenze che si manifestano nel campo
imperialista sono un fatto positivo ed è importate che si
approfondiscano. Per questo abbiamo salutato come grandemente
positivo l'allacciamento di rapporti diplomatici della Corea popolare
prima con l'Italia e poi con tutti i paesi dell'Unione Europea,
l'intensificarsi dei rapporti economici, il prossimo invio in Corea di
una delegazione di alto livello dell'UE. Questo nuovo attivismo
europeo rispetto alla questione coreana, anche in parziale
contrasto con l' "alleato" americano, non può però sostituire il ruolo
essenziale di un movimento di solidarietà autentica con la lotta del
popolo coreano, come articolazione di un più generale movimento
antmperialista in Europa.

Purtroppo l'opportunismo della maggior parte delle forze di sinistra
europee dopo il crollo del socialismo nell'Europa orientale ha
rappresentato e rappresenta un formidabile ostacolo alla rinascita
di un vero movimento di solidarietà su scala europea. Si cerca di
cancellare la memoria e la conoscenza della lotta del popolo
coreano, insieme alla memoria e alla conoscenza della storia del
movimento comunista internazionale. Per questo è importante il
lavoro che molte organizzazioni di solidarietà stanno facendo - e a
cui abbiamo assicurato la nostra collaborazione - per riportare alla
luce le responsabilità per gli orrendi massacri di civili e le
esecuzioni in massa di prigionieri eseguite su ordine americano
nella guerra di Corea. La strada è ancora una volta in salita. La
lotta contro l'imperialismo e al suo interno la solidarietà con il
popolo coreano è però ancora una volta la cosa più importante. Su
questa base oggettiva siamo impegnati a promuovere in Europa la
solidarietà attiva col popolo coreano e la lotta contro le minacce di
cui è oggetto.