[Nonviolenza] La biblioteca di Zorobabele. 20



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LA BIBLIOTECA DI ZOROBABELE
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Segnalazioni librarie e letture nonviolente
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo"
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 20 del 14 marzo 2021
 
In questo numero:
1. Monica Farnetti: Anna Maria Ortese
2. Monica Venturini: Francesca Sanvitale
3. Alcune pubblicazioni di Donatella Di Cesare
4. Alcune pubblicazioni di e su Malcolm X
 
1. MAESTRE. MONICA FARNETTI: ANNA MARIA ORTESE
[Dal Dizionario biografico degli italiani (2013), nel sito www.treccani.it]
 
Anna Maria Ortese nacque a Roma il 13 giugno 1914 da Oreste, funzionario di Prefettura, e da Beatrice Vacca'.
Il padre, nato a Caltanissetta, vantava origini catalane e Ortese era l'esito dell'italianizzazione di un originario Ortez ("il cognome era iberico, assai piu' breve del mio": cfr. Ragazzo iberico, in La luna che trascorre, 1998, p. 96). La madre, nata a Napoli, era invece discendente per parte di padre da una famiglia di apprezzati scultori della Lunigiana noti a partire almeno dal Settecento. Bella, intensa e misericordiosa, compare piu' volte nelle opere della scrittrice a segnare l'origine del suo romanzo familiare e del suo destino di artista. La coppia ebbe, oltre ad Anna Maria, sei figli (una femmina e cinque maschi), verso i quali la scrittrice testimonio' sempre un profondo trasporto.
Nel 1915 il padre venne richiamato al fronte. La madre, i figli e la nonna materna, fonte di tenero affetto e di magici racconti, lasciata la capitale si trasferirono in Puglia e poi in Campania, a Portici. Terminata la guerra, nel 1919 la famiglia si ritrovo' riunita a Potenza, sede del nuovo incarico governativo di Oreste, e vi soggiorno' fino al 1924. Nel 1921 Anna Maria venne iscritta alla scuola elementare 18 agosto 1860, dove ripete' la terza classe. Le irrequietezze e le smanie geografiche del padre indussero quindi gli Ortese a un soggiorno triennale (1925-28) in Libia, colonia italiana.
Il periodo africano si fisso' come un'esperienza capitale nella memoria dell'autrice: "Mi ha abituata allo spazio. Questa e' la lezione dell'Africa. Essere dentro la natura anziche' fuori" (Maraini, 1973, p. 25). Alla scuola italiana di Tripoli porto' a compimento il ciclo elementare. In un terreno ai confini del deserto Oreste inizio' quindi a costruire una disgraziatissima nuova casa: "Mio padre la volle costruire con le pietre di una cava che aveva comprato assieme con il terreno. Ma non pote' mai finirla [...]. Sembrava la casa dei fantasmi. Senza porte, senza finestre, col tetto meta' coperto e meta' no, il pavimento mezzo di pietra e mezzo di terra. Da questo pavimento di terra sbucavano scorpioni, topi, scarafaggi. Dalle porte aperte entravano gli sciacalli. Era un inferno" (ibid., p. 29). Il tempo, dapprima felice e speranzoso, trapasso' lentamente in eventi malinconici e d'improvviso si chiuse, sigillato dalla morte della nonna ("Ella passo' dal sonno alla morte. Sulle mie braccia la portai fuori, come pazza, e scavata una buca sulla spiaggia [...] vi seppellii la mia compagna candida": Lo sconosciuto, in Angelici dolori e altri racconti, 2006, p. 334).
Nel 1928 rientrarono in Italia e si stabilirono a Napoli, occupando la casa al numero 29 di via del Piliero (oggi Cristoforo Colombo), affacciata sul mare e sui cancelli del porto, che si sarebbe imposta fra i protagonisti del romanzo autobiografico Il porto di Toledo (1975). Anna Maria frequento' per qualche mese una scuola commerciale, ma ben presto agli studi subentrarono lunghe passeggiate e i libri di viaggio e di avventura ("Leggevo moltissimo. Fantasticavo su grandi viaggi che avrei fatto. [...]. I miei fratelli sono partiti. Erano maschi. Io no. Viaggiavo con la testa": Maraini, 1973, p. 29). Alcune lezioni di pianoforte completarono il suo singolarissimo curriculum di autodidatta ("Facevo i compiti per i miei fratelli. Cosi' ho finito per fare lo stesso le scuole", ibid.). Tuttavia furono questi gli anni decisivi della sua crescita e il romanzo autobiografico, specie nelle sue prime pagine, ne e' uno straordinario documento. Furono, peraltro, anni di relativa stanzialita', che segnarono una pausa nelle continue peregrinazioni della famiglia e consentirono alla scrittrice di maturare il suo nevralgico rapporto con la citta'.
Episodio capitale di quel periodo fu la morte del fratello Emanuele Carlo, detto Rassa, di professione marinaio, avvenuta il 6 gennaio 1933 al largo della Martinica. Per l'adolescente Anna Maria fu il primo, grandissimo dolore, nonche' l'evento destinato a promuoverla d'un tratto scrittrice. Fu infatti per far fronte a quella pena alienante e senza riparo, propria e altrui (e segnatamente della madre, l'Apa del romanzo autobiografico), che prese in mano la penna e scrisse di getto il testo del suo ufficiale debutto letterario: "Un giorno, la luce fu piena, sebbene sempre assai luttuosa, e torno' sulle mie mani [...]. Allora, sentendo dentro di me un gran vuoto e insieme affetto [...], vedendo Apa starsene soletta al sole, come un'orfana, nella sua stanza, pieta' e memoria mi vinsero, e scrissi la seguente espressivita'" (Il porto di Toledo, [1975] 1998, p. 43). Seguono, nel romanzo, citazione e parafrasi del testo poetico che, ospitato sulle colonne dell'Italia letteraria del 3 settembre di quell'anno sotto il titolo di Manuele, rivelo' per la prima volta al pubblico italiano il nome di Anna Maria Ortese.
La collaborazione con L'Italia letteraria continuo' e si rafforzo' negli anni seguenti. Nel 1934 vi esordi' anche come narratrice e il passaggio alla prosa si rivelo' provvidenziale, giacche' Pellirossa, racconto ambientato fra gli indiani d'America e precocemente rivelatore dell'elettiva hispanidad dell'autrice, segno' per lei, nonche' per chi la lesse, un immediato e indubbio traguardo espressivo. Comparvero quindi fra le pagine della stessa rivista, nel 1936, altri cinque racconti (quattro dei quali pubblicati sotto lo pseudonimo di Franca Nicosi), radunati assieme al primo e ad altri sette inediti nella raccolta di esordio, Angelici dolori (Milano 1937), che usci' presso Bompiani e con il patrocinio di Massimo Bontempelli. Il libro, fatto oggetto di due leggendarie stroncature a firma di Enrico Falqui e di Giancarlo Vigorelli, rivelo' tuttavia le straordinarie qualita' della narratrice e la precoce saldezza della sua poetica.
Il 1937 fu l'anno della morte di Antonio, gemello di Anna Maria, anch'egli marinaio, ucciso in Albania. "Antonio ed Emanuele sono morti giovani, lontano da casa. E questo ha segnato la fine della adolescenza di tutti gli altri" (Maraini, 1973, p. 22). A far data dal 1938 Ortese inizio' a spostarsi da Napoli e a frequentare il Nord Italia. Firenze, Trieste, Venezia furono le tappe salienti. Nella citta' lagunare giunse nel 1939 e lavoro' come correttrice di bozze nella redazione del Gazzettino, sulle cui colonne pubblico' anche alcune prose (fra cui Maestri spagnoli alla mostra di Ginevra del 22 luglio 1939, che rivelo' il suo debito di creativita' visionaria nei confronti della pittura di El Greco). Nello stesso anno si reco' a Trieste dove partecipo' ai Littoriali femminili e li vinse, ottenendo di conseguenza l'accesso a testate importanti (fra le quali Belvedere e L'Ateneo veneto, e a seguire Il Mattino, Il Messaggero e Il Corriere della sera). La pubblicistica divenne di li' in poi fonte di sostentamento e al pezzo di carattere narrativo inizio' ad accompagnare l'elzeviro e il giornalismo di cronaca. La sua famiglia, nel frattempo decimata dalle partenze di altri due fratelli marinai, negli anni di guerra prese a spostarsi con lei, fra Sud e Nord.
Nel giugno del 1945 rientro' a Napoli, con i genitori e la sorella Maria. La casa del Pilar, gravemente danneggiata, venne di li' a poco demolita e gli Ortese, dapprima ospitati in un edificio per sfollati simile a quello tristemente celebre del III e IV Granili (v. La citta' involontaria, in Il mare non bagna Napoli, 1953), nel 1946 si trasferirono nel misero "basso" di via Palasciano alla Riviera (di Chiaia) n. 47 in cui fu ambientato Un paio di occhiali, il racconto piu' celebre de Il mare non bagna Napoli. Ortese inizio' una collaborazione piu' regolare a quotidiani e periodici, soprattutto napoletani (La Voce, Risorgimento, Sud), ai quali consegno' meno "favole" e piu' prose d'inchiesta e di reportage.
In particolare Sud, la rivista fondata e diretta da Pasquale Prunas fra il novembre 1945 e il settembre 1947, importante polo di aggregazione degli intellettuali progressisti partenopei di origine o di adozione, costitui', oltre che un'occasione di sviluppo culturale e politico, un episodio affettivo di grande rilievo. L'avventura di Sud, che l'autrice poi ritrasse nella fase di declino degli entusiasmi e delle speranze all'interno del suo libro napoletano per eccellenza (cfr. Il silenzio della ragione, in Il mare non bagna Napoli), avrebbe avuto quindi un contraccolpo polemico e doloroso (gli amici infatti non le perdonarono quelle parole di verita' che avevano messo spietatamente a nudo le loro contraddizioni), i cui strascichi si sarebbero protratti fino agli ultimi anni dell'autrice.
In quel periodo Ortese tenti' di emigrare negli Stati Uniti ma il progetto di espatrio non ebbe successo e l'autrice si limito' a peregrinare per l'Italia, facendo regolarmente ritorno a Napoli. Come testimonio' molti anni dopo in La lente scura (1991), che raccoglie i suoi scritti di viaggio, fu per periodi piu' o meno lunghi a Bologna e Firenze, Milano, Palermo, Reggio Calabria e quindi a Roma, dove dall'inverno del 1946 frequento' saltuariamente il salotto di Maria e Goffredo Bellonci e avvio' nuove collaborazioni letterarie e giornalistiche.
Fra il 1948 e il 1950, mentre sempre meglio si andava definendo come giornalista intraprendente e militante (nel 1950 il suo nome inizio' a comparire su l'Unita' e l'anno seguente sul settimanale dell'Unione donne italiane [UDI] Noi donne), pubblico' su varie testate e soprattutto in Milano-sera gran parte dei racconti che, nello stesso 1950, confluirono nel volume L'Infanta sepolta, sua seconda raccolta, titolo inaugurale della collana "Narratori contemporanei" della casa editrice Milano-sera omonima del quotidiano. La citta' di Milano ando' nel frattempo definendosi come possibile sede in cui iniziare una nuova stagione della vita.
Nel 1951 inauguro' la collaborazione con altre due testate importanti per la sua carriera giornalistica, Il Corriere di Napoli e Il Mondo, da dove si segnalo' al grande pubblico con gli scritti su Napoli destinati a comporre, assieme ad altri, Il mare non bagna Napoli.
Il volume usci' nel 1953 come diciottesimo titolo della collana "I Gettoni" diretta da Elio Vittorini presso Einaudi, sollevando ardenti polemiche in ambiente napoletano e presso gli ex collaboratori di Sud. Fu insignito con il premio Viareggio, ex aequo con le Novelle dal Ducato in fiamme di Carlo Emilio Gadda, dopo che i singoli capitoli apparsi nel Mondo erano valsi all'autrice, nel 1952, il premio giornalistico Saint-Vincent: "Avevo mandato una serie di tre articoli, che riguardavano la miseria di Napoli, a un concorso giornalistico nazionale, ma non ci pensavo piu' [...]. Ed ecco, una sera, squilla il telefono fortemente [...]. Mi precipito in corridoio, prendo tremando il ricevitore, e subito una voce lontana mi dice che ho vinto duecentomila lire!" (cfr. Poveri e semplici [Firenze 1967] 1974, pp. 22 s.). A parlare qui e' Bettina, alter ego della scrittrice in Poveri e semplici e in un altro libro autobiografico: Il cappello piumato (1979).
Ortese, nel frattempo, perduti entrambi i genitori, si era stabilita a Milano, cambiando varie dimore e affezionandosi in particolare a quella situata entro la cerchia dei Navigli, di fronte alla chiesa di S. Maria presso S. Celso, che aveva occupato assieme a un gruppo di artisti, giornalisti e scrittori con i quali condivideva ardenti entusiasmi intellettuali e politici nonche' una precaria esperienza di vita comunitaria ("Eravamo [...] veramente artisti? O semplicemente comunisti? O dei poveri sbandati? Chissa'" (v. Poveri e semplici, ed. cit., p. 12). Una trepidante e malinconica vicenda sentimentale, narrata specularmene nei due romanzi milanesi, si svolse quindi fra Bettina e il sedicente Gilliat (il giornalista e scrittore Marcello Venturi), venerato con lo stesso ardore di cui sarebbe stato fatto oggetto nel Porto di Toledo il misterioso Lemano (lo storico Aldo Romano: cfr. Clerici, 2002, p. 75) amato nell'adolescenza. Se in Poveri e semplici e' riportato con dovizia di particolari l'episodio della vittoria del Viareggio, nel Cappello piumato si racconta il problematico viaggio in Russia, risalente al settembre 1954, che Ortese compi' con una delegazione dell'UDI composta di 15 donne di diversa professione. Il contrasto con queste donne, assieme alla cattiva accoglienza riservata ai reportage pubblicati, oltre che in Noi donne e su l'Unita', anche su L'Europeo, determino' l'uscita di Ortese dal Partito comunista italiano, al quale aveva aderito nel 1945 sopraffatta dal dolore della guerra ("Ero terrorizzata e indignata. Sono andata in una sezione del Pci perche' mi sembrava l'unica cosa da fare": Maraini, 1973, p. 32). Quella scelta diffuse un'ombra di malinconia sul ricordo di tutti gli anni milanesi ("Non ho avuto nessuna gioia a Milano. E' una citta' austriaca, dura, crudele. Ho sofferto la miseria piu' nera. Ero sola. Poi sono uscita dal partito perche' volevano che io non ragionassi con la mia testa ma con la loro": ibid., p. 33). Con quegli stessi articoli l'autrice ottenne peraltro una seconda volta, nel 1955, il premio Saint-Vincent.
Anche questa stagione, alla quale corrispose grosso modo il decennio piu' attivo (1950-60) del giornalismo di Ortese, si chiuse con un libro, Silenzio a Milano (Bari 1958), che ne rappresento' il bilancio. Si tratta ancora d'una raccolta mista di prose giornalistiche e narrative, derivate quasi per intero dalle colonne dell'Unita' e dalle pagine de L'Europeo degli anni 1955-57, "sulla Milano reale che si presentava ai miei occhi di immigrata. [...] una citta' dove ogni cosa era in vendita, tutto aveva un cartellino, e per la famosa contemplazione o definizione del mondo (arte, scrittura) non vi era piu' speranza" (cfr. Corpo celeste, in Silenzio a Milano, 1958, p. 78). Dello stesso anno e' I giorni del cielo, volume con il quale Ortese inauguro' il rapporto con la casa editrice Mondadori e nel quale antologizzo' i racconti piu' amati delle due prime raccolte.
Con la fine degli anni Cinquanta iniziarono lentamente a diradarsi le collaborazioni giornalistiche e vennero perseguiti con maggior concentrazione, sebbene in condizioni economiche e materiali sempre estremamente precarie, gli obiettivi della scrittura romanzesca. Ne sorti' L'Iguana, i cui primi otto capitoli apparvero nel Mondo fra l'ottobre e il novembre 1963 e che venne poi pubblicato da Vallecchi (1965), iniziando il percorso di un'assai contrastata fortuna. Fin dall'origine tuttavia il progetto fu investito di un significato particolare e si configuro' come operazione di assoluto rilievo. Fu, per Ortese, l'improvvisa e subito sicura individuazione delle coordinate su cui si sarebbe fondata la sua grande maturita' di scrittrice, oltre che l'approdo decisivo alla forma del romanzo. Fatto tesoro delle competenze acquisite negli anni giovanili, che l'avevano educata a cogliere da un lato i "prodigi" del reale (come testimoniano le due prime raccolte), dall'altro l'estrema durezza del vivere sociale e umano in genere (cio' di cui danno riscontro i due libri-inchiesta su Napoli e Milano), si mostro' d'un tratto capace di rendere conto della terribile evidenza della realta' e, simultaneamente, di nutrire una fiducia incondizionata nella sua esistenza, iniziando ad assumere la misericordia e la solidarieta' verso le creature piu' indifese e umili quali presupposti stessi del suo pensare e del suo narrare. La stessa casa editrice fiorentina accolse di li' a poco Poveri e semplici. Quindi l'autrice, approdata nel frattempo da Milano a Roma e poi a Firenze per lavorare a stretto contatto col suo nuovo editore, lo abbandono' per Rizzoli (fecero ancora in tempo a uscire presso Vallecchi le raccolte di racconti La luna sul muro, 1968, e L'alone grigio, 1969, al solito composte di pochi inediti e di molte riscritture di testi editi). La necessita' di guadagnare e il bisogno di riposo incalzavano, come sempre. E fu per una dichiarata "necessita' di sopravvivere" (v. Corpo celeste, ed. cit., p. 83), non per altro, che Ortese si dispose a scrivere per l'editore milanese quello che poi risulto' il suo libro piu' importante.
La prima meta' degli anni Settanta trascorse quasi interamente all'insegna della difficile gestazione e della sofferta stesura del Porto di Toledo. Il progetto iniziale ("scrivere una libera e allegra "introduzione" ai miei primi racconti, quell'Angelici dolori che mi proponevo di offrire all'editore di Firenze", ibid.) si modifico' in corso d'opera, giacche' il rievocare il tempo in cui quei racconti erano stati pensati e scritti indusse l'autrice a rivivere, con tumultuoso slancio, quegli anni cupi e splendenti, e a raccontarli in una sorta di "cornice" entro cui incastonare i racconti stessi. Avvenimenti funesti costellarono l'intero iter del lavoro, portato avanti fra terribili disturbi acustici provocati da imprese edili (nella palazzina milanese di via Molino delle Armi, dove il lavoro prese avvio) e da vicini rissosi (nella casa romana di piazza Ennio, occupata in seguito, dove a nulla valse l'ingegnosa costruzione di una cella di isolamento sonoro al centro della stanza), in uno stato di grande "dolore mentale" (ibid., p. 85: Ortese soffri', come e' clinicamente documentato, di disturbi neurologici, stati di assenza ed episodi convulsivi). Nonostante tutto, l'opera venne portata a termine e nel 1974 il libro fu pronto per la stampa. L'autrice lo aveva ripetutamente concepito come l'ultimo, e anche se i fatti poi la smentirono ("Il mio ultimo libro, tuttavia, non fu questo": ibid., p. 50), si tratti' di una smentita solo parziale, poiche' quel libro dovette di fatto impegnarla a piu' riprese e fino alla morte, rivelandosi davvero l'ultimo.
Il porto di Toledo (Milano 1975) inauguro' il rapporto con Rizzoli destinato tuttavia, fin da subito, a rivelarsi problematico. L'autrice non ne ebbe soddisfazione sul piano umano (che sempre cercava di coltivare, avendo fatto fin dall'inizio irruzione nella societa' letteraria con un'incongrua e fortissima domanda d'amore) ne', tantomeno, su quello economico. Oltremodo avvilita e depressa, e in perduranti difficolta' finanziarie, medito' e realizzo' l'ultimo trasferimento, approdando nello stesso 1975 nella cittadina ligure di Rapallo con la sorella Maria. Inizio' un penoso decennio, denso di progetti abortiti e rifiuti editoriali, durante il quale le sorelle vissero stentatamente (con la modesta pensione di impiegata postale di Maria) e le condizioni dell'autrice peggiorarono, fra disturbi nervosi e deperimento organico.
Prosegui' nel frattempo, malgrado tutto, il lavoro letterario. Il cappello piumato, steso tanti anni prima, nel 1979 trovo' finalmente una collocazione presso Mondadori ("Riuscii a pubblicarlo solo dopo vent'anni. E' che adesso lo si considerava, in qualche modo, politico": Corpo celeste, ed. cit., p. 79). Nuovi editori accolsero quindi brevi raccolte dei suoi scritti di viaggio, da Pellicanolibri (Il treno russo, Catania 1983; Estivi terrori, Roma 1987) a Theoria (Il mormorio di Parigi, Roma-Napoli 1986), e la sua firma torno' a comparire sulla stampa periodica iniziando a contrassegnare lettere aperte, prose di denuncia e di riflessione morale. Ma l'avvenimento piu' importante fu la pubblicazione de L'Iguana (nel frattempo gia' ristampato da Rizzoli, nel 1978, e passato di nuovo inosservato) presso Adelphi (Milano 1986), su segnalazione di Pietro Citati. Nel giro di un anno usci' presso lo stesso editore, che gia' nel 1984 aveva ristampato Il mare non bagna Napoli, anche la raccolta In sonno e in veglia (ibid. 1987, mentre il racconto La morte del folletto, appartenente alla raccolta, usciva autonomamente presso la casa editrice romana Empiria), e si rafforzo' per la scrittrice uno dei rapporti piu' importanti della sua carriera professionale: "Si', ho incontrato l'Adelphi: hanno creduto nei miei libri, li hanno pubblicati con riguardo, e' stato un miracolo" (Polese, 1996, p. 65).
Con i 25 milioni di lire del premio Fiuggi alla cultura, assegnato alla scrittrice nel 1986, e con il vitalizio della legge Bacchelli (ottenuto per tramite dell'amico Dario Bellezza, cui si coniugo' l'appello di un folto gruppo di intellettuali), che mensilmente inizio' a ricevere a partire dallo stesso 1986, le sorelle Ortese poterono acquistare un appartamento, al numero 170 di via Goffredo Mameli ("Ho cambiato trentasei case, dieci citta", avrebbe detto poi, riepilogando: Polla-Mattiot, 1996, p. 94).
Inizio' cosi' un periodo di tardiva, e relativa, tranquillita', nel quale si dedico' assiduamente alla scrittura. Oltre alla nutrita raccolta di scritti di viaggio edita da Marcos y Marcos (La lente scura, Milano 1991), grazie all'impegno di Luca Clerici uscirono per i tipi di Adelphi, via via piu' attesi e in un clima di adeguata attenzione di critica e pubblico, i grandi romanzi della maturita' dal respiro cosmologico, Il cardillo addolorato (ibid. 1993), e Alonso e i visionari (ibid. 1996), scortati dal formidabile libretto di prose "di meditazione e di memoria" Corpo celeste (ibid. 1997), mentre la casa editrice Empiria, diretta dall'amica Marisa di Jorio, pubblico' le due raccolte poetiche Il mio paese e' la notte (Roma 1996) e La luna che trascorre (ibid. 1998).
Si tratta complessivamente di libri che testimoniano dell'atmosfera di bilancio in cui l'autrice lavoro' in quest'ultima sua stagione, rivisitando i generi letterari nei quali nel corso della vita si era cimentata e in ciascuno di essi mirabilmente perfezionandosi. Soprattutto i romanzi contribuirono al definitivo consolidarsi della sua statura e fama di scrittrice. Lettori e lettrici si moltiplicarono, cosi' come traduzioni, premi e onorificenze (fra i quali l'Elsa Morante - Isola di Arturo nel 1986 per In sonno e in veglia e il Betocchi nel 1997 per Il mio paese e' la notte, mentre la giuria del Campiello le assegno' nel 1997 il premio alla carriera).
La sua presenza sui giornali si manifesto', oltre che nelle numerose interviste cui si sottopose all'uscita dei nuovi libri, in scritti di riflessione e di discussione sui grandi problemi (la difesa degli animali, la pena di morte, i diritti umani) che sempre piu' esclusivamente la interessarono.
Nel 1995, la morte della sorella Maria fu una perdita dolorosissima ("Mia sorella e' stata la mia patria; non ne ho avuta un'altra di patria, io": Polese, 1996, p. 64). Nello stesso anno rientro' in Italia il fratello Francesco, residente in Canada, che subentro' a Maria nell'accudire la scrittrice, gravemente disturbata da un difetto cardio-circolatorio e sempre meno in grado di vivere in modo autosufficiente. Segnarono alcune felici interruzioni della sua abituale residenza a Rapallo i periodi trascorsi, fra il 1997 e il 1998, a Milano, dove si reco' per lavorare alla nuova edizione adelphiana del Porto di Toledo alloggiando presso il residence Anni azzurri (situato nella stessa zona della citta' di cui parla con affetto nei romanzi milanesi), e potendo contare sull'affettuoso appoggio e aiuto di alcuni redattori della casa editrice. Il lavoro di correzione, e in parte di riscrittura, che svolse sulla prima edizione del romanzo la impegno' in sommo grado, rivelando la sua predilezione per quel libro che, fra tutti i suoi, piu' a lungo l'accompagno' nel corso della vita.
Mori' il 10 marzo 1998, all'ospedale di Rapallo, in seguito a un collasso cardio-circolatorio e, secondo le sue volonta', venne seppellita nel cimitero genovese di Staglieno.
La nuova edizione del Porto di Toledo, che porta il "finito di stampare" in quello stesso mese e anno, usci' di poche settimane postuma. Assidue ricerche bibliografiche e d'archivio, svolte soprattutto sulle carte (le uniche sopravvissute ai numerosissimi e insistiti traslochi) rinvenute nella casa di Rapallo e custodite ora presso l'Archivio di Stato di Napoli, hanno consentito di arricchire il profilo e l'edizione del romanzo con tutti i materiali preparatori (fra i quali un fascicolo, risalente addirittura al 1928-29, rivelatosi l'illuminante diario di un'Ortese quattordicenne) che ne documentano e ne arricchiscono la lunga vicenda, e ne confermano al contempo la definizione di libro capitale (cfr. Romanzi I). Le carte liguri-napoletane hanno rivelato che anche Il cardillo addolorato ebbe una sua primitiva, mirabile versione, consistente nel racconto Mistero doloroso pubblicato postumo da Adelphi nel 2010 (per cui cfr. anche Romanzi II) e hanno svelato altresi' l'insospettata inclinazione di Ortese, oltre che al romanzo breve (come testimonia il dittico Il Monaciello di Napoli - Il fantasma, comparso sempre presso Adelphi nel 2001), alla scrittura teatrale: cio' di cui da' riscontro un disordinato faldone contenente un dramma in cinque atti, Il vento passa, rimasto incompiuto e pubblicato da Empiria (Roma 2008) in una lezione necessariamente provvisoria, che consente tuttavia di apprezzarne l'imperfetto incanto. Ulteriori ricerche hanno consentito infine di pubblicare una raccolta di scritti sulla letteratura e sull'arte, Da Moby Dick all'Orsa Bianca (a cura di M. Farnetti), che Adelphi ha dato alle stampe nel 2011.
Resta da indagare l'immenso ambito della corrispondenza epistolare, del quale alcune importanti sezioni sono gia' state individuate e rese disponibili editorialmente da Rosellina Archinto (Alla luce del Sud. Lettere a Pasquale Prunas, a cura di R. Prunas - G. Di Costanzo, Milano 2006; nonché Bellezza, addio. Lettere di A.M. Ortese a Dario Bellezza 1972/1992, a cura di A. Battista, ibid. 2011). Mentre tutt'intorno all'opera di Ortese si e' concentrata finalmente, e in molte forme quell'amorosa attenzione che la scrittrice desidero' per se' tutta la vita, e che seppe dal canto suo magistralmente riservare alle creature e alle cose del mondo.
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Opere: Angelici dolori (Milano 1937); L'Infanta sepolta (ibid. 1950; a cura di M. Farnetti, ibid. 2000); Il mare non bagna Napoli (Torino 1953; Firenze 1967; Milano 1975; Firenze 1979; Milano 1994); Silenzio a Milano (Bari 1958; Milano 1986 e 1998); I giorni del cielo (ibid. 1958); L'Iguana (Firenze 1965; Milano 1978 e 1986); Poveri e semplici (Firenze 1967; Milano 1974); La luna sul muro (Firenze 1968); L'alone grigio (ibid. 1969); Il porto di Toledo (Milano 1975, 1985 e 1998); Il cappello piumato (ibid. 1979); Il treno russo (Catania 1983; Roma 1987); Il mormorio di Parigi (Roma-Napoli 1986); La morte del folletto (Roma 1987); Estivi terrori (ibid. 1987); In sonno e in veglia (Milano 1987); La lente scura. Scritti di viaggio (a cura di L. Clerici, ibid. 1991 e 2004); Il cardillo addolorato (ibid. 1993); Le giacchette grigie della Nunziatella (dalla rist. anast. del giornale di cultura Sud (1945-1947), a cura di G. Di Costanzo, Bari 1994); Alonso e i visionari (ibid. 1996); Il mio paese e' la notte (Roma 1996); Corpo celeste (Milano 1997); La luna che trascorre (a cura di G. Spagnoletti, Roma 1998); Il Monaciello di Napoli - Il fantasma (a cura di G. Iannaccone, Milano 2001); Romanzi I (a cura di M. Farnetti, ibid. 2002; comprende: Poveri e semplici, Il cappello piumato, Il porto di Toledo); Romanzi II (a cura di M. Farnetti, con la collaborazione di A. Baldi - F. Secchieri, ibid. 2005; comprende: L'Iguana, Il cardillo addolorato, Alonso e i visionari); Angelici dolori e altri racconti (a cura di L. Clerici, ibid. 2006; comprende: Angelici dolori, I giorni del cielo, La luna sul muro, in cui confluiscono anche i due racconti veri e propri contenuti in Silenzio a Milano, L'alone grigio, una scelta di racconti inediti in volume); Il vento passa (introduzione di G. Patrizi, con un saggio di G. Spagnoletti, Roma 2008); Mistero doloroso (a cura di M. Farnetti, Milano 2010).
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Fonti e bibliografia: E tu chi eri? Ventisei interviste sull'infanzia, a cura di D. Maraini, Milano 1973, pp. 21-34; G. Borri, Invito alla lettura di A.M. O., Milano 1988; G. Fofi, A.M. O., in Id., Strade maestre. Ritratti di scrittori italiani, Roma 1996, pp. 201-212; R. Polese, Questa mia vita terremotata (intervista a A.M. O.), in Amica, 14 giugno 1996; N. Polla-Mattiot, "Il mio paradiso e' il silenzio" (intervista a A.M. O.), in Grazia, 19 giugno 1996; M. Farnetti, A.M. O., Milano 1998; P. Azzolini, La donna Iguana, in Il cielo vuoto dell'eroina. Scrittura e identita' femminile nel Novecento italiano, Roma 2001 [ma 2000], pp. 209-236; L. Clerici, Apparizione e visione. Vita e opere di A.M. O., Milano 2002; G. Fiori, A.M. O. o dell'indipendenza poetica, Torino 2002; M. Pieracci Harwell, A.M. O., in Humanitas, n.s., LVII (2002), 2, pp. 247-283; G. Iannaccone, La scrittrice reazionaria. Il giornalismo militante di A.M. O., Napoli 2003; A.M. O. Aggiungere qualcosa all'universo (video RAI), a cura di L. Rotondo e con la collab. di M. Morbidelli (programma "Vuoti di memoria") 2006; L'archivio di A.M. O., inventario a cura di R. Spadaccini - L. Iacuzio - C.M. Cuminale, Napoli 2006; Per A.M. O., a cura di L. Clerici, n. monografico de Il Giannone, IV (2006), 7-8; A. Battista, O. segreta, Roma 2008; M. Farnetti, Toledo o cara. L'esilio di A.M. O., in Id., Tutte signore di mio gusto. Profili di scrittrici contemporanee, Milano 2008, pp. 159-172; P. Sabbatino, La scrittura teatrale di A.M. O., in Riv. di letteratura teatrale, I (2008), pp. 141-150; A.M. O. Le carte, Atti del convegno di studi... 2006, a cura di R. Nicodemo - R. Spadaccini, Napoli 2009; A. Baldi, La meraviglia e il disincanto. Studi sulla narrativa breve di A.M. O., Casoria 2010; M. Tortora, A.M. O. Cinema. Con sue lettere inedite, Avellino 2010.
 
2. MAESTRE. MONICA VENTURINI: FRANCESCA SANVITALE
[Dal Dizionario biografico degli italiani (2017), nel sito www.treccani.it]
 
Francesca Sanvitale nacque a Milano il 17 maggio del 1928 da genitori emiliani. Figlia illegittima di un ufficiale di carriera, Tommaso Zanelli, e di Maria Sanvitale, appartenente a una famiglia dell'alta nobilta' parmense, i Pallavicino, impoveritasi dopo la fine della prima guerra mondiale, ebbe un forte legame con la nonna materna, Beatrice Pallavicino.
Visse a Milano fino ai dodici anni e nel 1941 si trasferi' a Firenze con la madre Maria, trascorrendo le estati a Busseto nella villa dei Pallavicino. Ebbe un'infanzia difficile, costretta a nascondersi per paura di eventuali ritorsioni dovute alla sua condizione di figlia illegittima e per possibili ripercussioni sulla carriera del padre che, negli anni fiorentini, abitava a Bologna. Il suo primo amore, verso i sedici anni, fu per un musicista che prendeva lezioni di direzione d'orchestra dal maestro ucraino Igor Markevitch. A Firenze studio' con Giuseppe De Robertis, Eugenio Garin, Roberto Longhi e si interesso', oltre che di cinema, anche di pittura e architettura ("un narratore e' molto vicino a un architetto", cit. in Pecora, 2012, p. 106). Tra le sue appassionate letture vi furono Cesare Pavese, Alberto Moravia, Mario Soldati, Beppe Fenoglio, Elsa Morante e Natalia Ginzburg, gli scrittori russi, Robert Musil. Si laureo' nel 1953 discutendo una tesi sulle Rime di Franco Sacchetti, sotto la guida di Giuseppe De Robertis e, subito dopo la laurea, progetto' di andare a Roma, al Centro sperimentale di cinematografia, dove aveva spedito una sceneggiatura che era stata accettata, ma poi non si presento' e abbandonò l'idea.
Conobbe e divenne amica in quegli anni di Luigi Baldacci, Carlo Cattaneo, Giorgio Luti e Giuseppe Lisi, figlio dello scrittore Nicola. Passo' da un lavoro a un altro: compilo' voci per il Larousse italiano e schede per il professore Giulio Giannelli, docente di latino e greco all'Universita' fiorentina. Inizio', grazie a De Robertis, a lavorare all'ufficio stampa della Vallecchi, dove rimase per un anno, fino al fallimento della casa editrice. Collaboro', in questi anni, a numerosi giornali tra cui Il Gazzettino, Il Giornale del mattino, Il Raccoglitore, La Nazione, La Sicilia, Il Ponte, L'Espresso, Tuttestorie, Tempo illustrato, in cui pubblico' recensioni, articoli di costume, inchieste, reportage e le prime prove narrative. Alla fine degli anni Cinquanta, si trasferi' a Milano, dove intensifico' la sua collaborazione con i giornali: celebre la sua inchiesta sulla condizione della donna in Italia con interviste a protagoniste di varie professioni. Fu lettrice di manoscritti anche per Bompiani e Mondadori, e approfondi' la conoscenza di scrittori come Musil, Albert Camus, Hermann Broch, Robert Walser, Thomas Mann, Hermann Hesse, Joseph Roth, Arthur Schnitzler. Tra il 1959 e il 1960, si trasferi' a Roma – anche per la sollecitazione di Raffaele La Capria e della moglie Fiore che la ospitarono e l'aiutarono a trovare un impiego alla Rai – dove pote' frequentare e inserirsi nell'ambiente culturale. Lavoro' alla Rai come autrice di programmi culturali fino al 1987, ricoprendo anche ruoli di dirigenza e, per tre anni, curo' la rubrica culturale Settimo giorno.
Realizzo' alcune tra le prime serie di originali televisivi degli anni Sessanta, tra cui I racconti dell'Italia di ieri nel 1961 (tra gli scrittori scelti Arrigo Boito, Matilde Serao, Giovanni Verga, Emilio De Marchi, Edmondo De Amicis, Federico De Roberto e Caterina Percoto) e, nel 1963, I grandi processi della storia, la riduzione televisiva del testo teatrale L'istruttoria di Peter Weiss, le rubriche culturali Persone (1970), Settimo giorno (1974-76), le Interviste impossibili, lo sceneggiato a puntate ispirato al romanzo Tre operai di Carlo Bernari, Uova fatali di Michail Bulgakov e Un matrimonio in provincia della Marchesa Colombi (Maria Antonietta Torriani).
Continuo' a collaborare con i quotidiani per alcuni anni dopo l'arrivo a Roma – La Nazione, Il Messaggero, l'Unita' –, fu nella direzione della rivista letteraria Nuovi Argomenti fino al 1993 (insieme con Furio Colombo, La Capria ed Enzo Siciliano) e nel consiglio di redazione di MicroMega. Si dedico', inoltre, alla gestione e alle attivita' culturali legate all'Associazione Fondo Pier Paolo Pasolini e al Fondo Alberto Moravia.
Negli uffici della Rai conobbe l'uomo che divenne poi suo marito, Sergio Silva, e da cui ebbe nel 1965 il figlio Enrico. Quando, promosso vicedirettore, il marito fu costretto a trasferirsi a Milano, lei prese a dividersi tra le due citta' ma, alla fine degli anni Sessanta, la famiglia pote' far ritorno a Roma per risiedervi stabilmente, dapprima sulla Cassia vecchia, poi sempre sulla Cassia e, infine, nel quartiere Prati, in prossimita' di viale Mazzini.
Esordi' con Il cuore borghese (Firenze 1972), di cui un capitolo era stato pubblicato in Nuovi Argomenti, che si impose come esempio di romanzo-saggio dalla forte componente mitteleuropea e con fitti rimandi a Musil e Mann. Elaborato dal 1962 al 1969, e vero e proprio Bildungsroman, il cui implicito protagonista e' lo scrittore stesso (libro di "scienza della vita qual e' stata nelle sue grandi espressioni mitiche": cfr. L. Baldacci, Introduzione a F. Sanvitale, Il cuore borghese, Milano 1986, p. 15), il romanzo ebbe una complessa vicenda editoriale. Sanvitale rifiuto' di pubblicarlo in forma ridotta per Mondadori e l'opera fu quindi pubblicata dalla Vallecchi, per intervento di Geno Pampaloni, venendo insignito del premio Viareggio opera prima.
Agli anni Ottanta risalgono gli interessi per la psicanalisi, con le letture di Sigmund Freud, Carl Gustav Jung e Jean Piaget. Dopo la perdita della madre nel 1976, pubblico' Madre e figlia (Torino 1980), romanzo composto tra il 1977 e il 1979, che riscosse un notevole successo di pubblico (vincitore dei premi Fregene e Pozzale) e che, su una forte componente autobiografica, attraversa la storia del costume italiano tra fascismo e dopoguerra "in un contrappunto senza fine, tra realismo e metafisica" (cfr. G. Pampaloni, Introduzione a F. Sanvitale, Madre e figlia, Milano 1986, p. VI).
Con L'uomo del parco (Milano 1984; Antonio Porta e' autore dell'introduzione nell'edizione del 1987), romanzo molto legato ai precedenti, Sanvitale si confronto' con i temi della malattia, della nevrosi e della dissociazione dell'io. Si tratta di un'indagine dai risvolti psicologici e psicoanalitici, in cui l'analisi si focalizza su un'unica figura femminile, la protagonista Giulia. La vicenda individuale e' in stretto rapporto con la sfera collettiva e storica, tramite costanti riferimenti a tragici eventi reali: la strage di via Fani, il rapimento e l'assassinio di Aldo Moro.
Segui' La realta' e' un dono (Milano 1987), la sua prima raccolta di racconti vincitrice del premio Lerici. Nove dei dieci racconti sono incentrati sul rapporto di coppia e la sessualita', poi ripresi nella silloge Separazioni (Torino 1997), costituita da quattordici racconti che ruotano intorno al nesso separazione-unione. Nel 1988, per l'editore romano Gremese, usci' Mettendo a fuoco: pagine di letterature e realta', una raccolta di sedici scritti di carattere letterario, storico, sociopolitico, quasi tutti gia' apparsi in quotidiani o su Nuovi Argomenti: due sono dedicati a Pasolini, uno a Enrico Berlinguer, un altro a Maurice Blanchot. Nel 1989 si dedico' alla versione italiana del Diavolo in corpo di Raymond Radiguet, per la collana di Einaudi Scrittori tradotti da scrittori. Nel 1991 vinse il premio Martina Franca con il romanzo Verso Paola, pubblicato sempre per Einaudi, che ottenne anche i premi Lago Maggiore e Rieti. L'opera, che narra la storia di un viaggio da Bolzano a Paola, risponde all'esigenza di una "nuova oggettivita'", soffermandosi sul tema della crisi dello scrittore contemporaneo. Nel romanzo storico Il figlio dell'Impero (Torino 1993), risultato di una ricerca durata quattro anni, si narra la vita del figlio di Napoleone, che a soli tre anni, il 29 marzo 1814, fu costretto a lasciare per sempre Parigi: attraverso una vicenda individuale di sradicamento e cambio di identita', prende forma un affresco storico di Francia e Austria tra il 1814 e il 1832, data di morte per tisi del giovane Napoleone. Alla base dell'opera e' ancora una volta un vincolo filiale: il legame tra Maria Luigia d'Austria, divenuta imperatrice e riparata, dopo le pesanti sconfitte francesi, presso il padre Francesco I d'Asburgo, e il figlio, Napoleone junior, che alla corte viennese cambiera' nome e titolo.
In Tre favole dell'ansia e dell'ombra (Genova 1994), raccolta di testi scritti all'inizio del 1978, si ritorna ai temi della malattia, del ritrovamento di se', della sessualita', mentre l'ampia antologia Le scrittrici dell'Ottocento. Da Eleonora De Fonseca Pimentel a Matilde Serao (Roma 1995, ma 1997) testimonia l'attenzione di Sanvitale alla questione della scrittura femminile. In Camera ottica (Torino 1999), ai saggi sugli autori piu' amati – Simone de Beauvoir, Katherine Mansfield, Natalia Ginzburg, Lalla Romano e Gianna Manzini, ma anche Bruce Chatwin, Pasolini, Neera, Moravia, e poi Stendhal, Victor Hugo, Lev Tolstoj e due classici come Tasso e Michelangelo – si alternano appunti di viaggio, testimonianze e interventi sull'attivita' politica e culturale. L'acutezza di sguardo, l'arte del vedere, come il titolo indica, rappresentano "la chiave" per leggere la realta' letteraria e culturale.
Dopo essere stata nominata dal presidente della Repubblica grand'ufficiale della Repubblica italiana per meriti culturali il primo giugno del 2001, pubblico' L'ultima casa prima del bosco (Torino 2003), romanzo strutturato sulla ricerca archivistica in un grande condominio romano, da parte di Giacomo Impronta, un ex terrorista. Nel 2007 fu candidata alle primarie per eleggere l'Assemblea costituente del nascente Partito democratico (PD). Nel 2008 fu insignita del premio Chiara e del premio Viareggio per la narrativa, con L'inizio e' in autunno (Torino 2008).
Nel romanzo, ispirato alle polemiche sorte in occasione degli ultimi restauri degli affreschi michelangioleschi nella Cappella Sistina e ulteriore tappa nella sperimentazione delle potenzialita' della forma-romanzo, si narra il rapporto tra Michele, uno psichiatra in crisi, e Hiroshi, un restauratore cinese nonche', tramite i due personaggi, l'interazione tra culture diverse.
Le opere di Sanvitale sono state tradotte in Francia, Germania, America, Spagna, Portogallo, Inghilterra, Stati Uniti, Australia.
Mori' a Roma, dopo lunga malattia, il 9 febbraio 2011.
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Fonti e bibliografia: Il Fondo Francesca Sanvitale e' conservato a Firenze, presso l'Archivio contemporaneo Alessandro Bonsanti del Gabinetto Vieusseux. Si vedano, almeno: M.R. Cutrufelli, F. S.: dialogo con la realta', in Tuttestorie, 1992, n. 5, pp. 6 s.; G. Luti, Tornare al racconto, in Inventario, n.s., XXV (1987), nn. 20-22, pp. 3 s.; A. Nozzoli, 1970-1980: dieci anni di romanzo al femminile, in Ead., La parete di carta. Scritture al femminile nel Novecento italiano, Verona 1989, pp. 203-227; Narrare: percorsi possibili, a cura di M. Di Fazio, Ravenna 1989, ad ind.; Le donne italiane. Il chi e' del '900 – S. F., a cura di M. Mafai, Milano 1993, p. 361; R. Manica, F. S. Storia e verita', in Nuovi Argomenti, s. 3, 1994, n. 50, pp. 125-127; S. Wright, Intervista a F. S., in Italian Quarterly, XXXIII (1996), n. 127-128, pp. 87-110; A.H. Caesar, F. S. Investigating the Self and the World, in The new Italian novel, a cura di Z.G. Baranski - L. Pertile, Edinburgh 1997, pp. 184-199; C. Marabini, S., in Nuova Antologia, CXXXII (1997), n. 2204, pp. 149-151; F. S.: "tentare di essere seri", in A. Dolfi - M.C. Papini, Scrittori a confronto: incontro con Aldo Busi, Maria Corti, Claudio Magris, Giuliana Morandini, Roberto Pazzi, Edoardo Sanguineti, F. S., Antonio Tabucchi, Roma 1997, pp. 159-179; M.M. Gonzalez de Sande, Amor y erotismo en la ultima narrativa de F. S., in Amor y erotismo en la literatura, a cura di V. Gonzalez Martin, Salamanca 1999, pp. 405-416; Autodizionario delle scrittrici del Novecento in Toscana, a cura di E. Pellegrini, Firenze 2000, ad ind.; F. S., a cura di L. Costantini, Pesaro 2002; Incontro con F. S., in Antologia Vieusseux, XV (2009), n. 45, pp. 137-151 (con scritti di E. Ghidetti, M. Marchi, F. Serra, F. Sanvitale); C. Carotenuto, Tra scrittura e biografia. L'opera di F. S., in Ead., Identita' femminile e conflittualita' nella relazione madre-figlia. Sondaggi nella letteratura contemporanea: Duranti, S. e Sereni, Pesaro 2012, pp. 117-148; E. Pecora, La scrittura e la vita. Conversazioni con F. S., Torino 2012.
 
3. SEGNALAZIONI. ALCUNE PUBBLICAZIONI DI DONATELLA DI CESARE
 
- Donatella Di Cesare, Gadamer, Il Mulino, Bologna 2007, pp. 326.
- Donatella Di Cesare, Grammatica dei tempi messianici, Giuntina, Firenze 2011, pp. 84.
- Donatella Di Cesare, Se Auschwitz e' nulla. Contro il negazionismo, Il melangolo, Genova 2012, pp. 128.
- Donatella Di Cesare, Heidegger e gli ebrei. I "Quaderni neri", Bollati Boringhieri, Torino 2014, 2016, pp. 368.
- Donatella Di Cesare, Crimini contro l'ospitalita'. Vita e violenza nei centri per gli stranieri, Il melangolo, Genova 2014, pp. 112.
- Donatella Di Cesare, Heidegger & Sons. Eredita' e futuro di un filosofo, Bollati Boringhieri, Torino 2015, pp. 512.
- Donatella Di Cesare, Terrore e modernita', Einaudi, Torino 2017, pp. VI + 208.
- Donatella Di Cesare, Marrani. L'altro dell'altro, Einaudi, Torino 2018, pp. VI + 114.
- Donatella Di Cesare, Virus sovrano?, Bollati Boringhieri - Gedi, Torino-Roma 2020, pp. 92.
- Donatella Di Cesare, Il tempo della rivolta, Bollati Boringhieri, Torino 2020, pp. 128.
 
4. SEGNALAZIONI. ALCUNE PUBBLICAZIONI DI E SU MALCOLM X
 
- Malcolm X, Autobiografia di Malcolm X. Redatta con la collaborazione di Alex Haley, Einaudi, Torino 1967, 1978, pp. XII + 516.
- Malcolm X, Con ogni mezzo. Discorsi e interviste, Einaudi, Torino 1973, pp. X + 192.
- Malcolm X, Con ogni mezzo necessario, Shake edizioni, Milano 1993, pp. XXXVI + 186. Nuova edizione del libro precedente, con diversa traduzione e diverso apparato critico.
- AA. VV., Dialogo su Malcolm X, Manifestolibri, Roma 1994, pp. 120.
- George Breitman, Malcolm X. L'uomo e le idee, Erre emme edizioni, Roma 1992, pp. 128.
 
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LA BIBLIOTECA DI ZOROBABELE
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Segnalazioni librarie e letture nonviolente
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo"
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 20 del 14 marzo 2021
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