[Nonviolenza] In digiuno nella Giornata internazionale per i diritti umani



IN DIGIUNO NELLA GIORNATA INTERNAZIONALE PER I DIRITTI UMANI

Domenica 10 dicembre 2017, nell'anniversario della proclamazione da 
parte dell'Onu della "Dichiarazione universale dei diritti umani", 
molte persone nel nostro paese digiuneranno per chiedere che sia 
abrogato l'ergastolo. E tra loro anche chi dagli anni '70 del secolo 
scorso anima l'esperienza del "Centro di ricerca per la pace e i 
diritti umani" di Viterbo.

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Noi crediamo che ogni essere umano abbia diritto alla vita e alla 
dignita'.

Chi commette un crimine, anche gravissimo, non cessa di essere un 
essere umano. E tutta la cultura penale moderna sostiene che la pena 
debba avere come fine non la distruzione della persona che il crimine 
ha commesso, ma il suo recupero al patto fondamentale di solidarieta' 
con gli altri esseri umani che col suo crimine ha rotto.

La riflessione giuridica mondiale da anni muove verso il concetto di 
giustizia riparativa, e molte sono le esperienze gia' in corso che alla 
mera segregazione in un tempo svuotato di significati e aperture e 
nella compressione dei corpi in spazi astratti e cubicolari, 
sostituiscono invece attivita' pratiche socialmente utili in luoghi e 
strutture e relazioni orientate al bene comune, ad un'operosa 
fraternita' e sororita', in cui sia realmente possibile riconoscere e 
fare il bene, tornare a sentirsi ed essere realmente umani tra umani.

Ed esperienze luminose come quella sudafricana della "Commissione per 
la verita' e la riconciliazione" indicano la via a un diritto penale 
fondato sul veritiero pieno riconoscimento di responsabilita' e sul 
dono del persuaso perdono da parte delle vittime, sull'autentica 
conversione e reintegrazione del reo all'umanita'.

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Nel nostro paese in anni che oggi sembrano appartenere ad un'altra era 
geologica, e che invece sono appena alle nostre spalle e ancora di 
fronte a noi, persone che venivano dalla lotta allora infine vittoriosa 
contro le istituzioni della violenza asilare per i sofferenti psichici 
e per i diversamente abili promossero il fine civile e il concreto 
programma di "liberarsi dalla necessita' del carcere". Di questa 
proposta noi siamo ancora convinti.

Cosi' come l'umanita' nel corso del tempo ha riconosciuto l'illiceita' 
della vendetta privata e della faida familiare delegando ai pubblici 
poteri il monopolio dell'uso lecito della violenza, ha sostituito lo 
strazio dei corpi con la detenzione, ha riconosciuto l'orrore e 
l'infamia della barbara spettacolarizzazione della sofferenza inflitta 
dai poteri giurisdizionali, ha abolito nei paesi civili l'assurda e 
scellerata pena di morte, cosi' ancora e ancor piu' sapra' progredire, 
e sapra' quindi anche liberarsi dalla necessita' del carcere: gia' oggi 
- lo ricordavamo sopra - sono in corso molte esperienze che alla 
detenzione sostituiscono un programma costruttivo di impegno reale di 
chi ha commesso un reato a riparare concretamente al male fatto - nella 
residua misura del possibile - impegnandosi in attivita' socialmente 
utili in pro delle vittime del male, in pro del bene comune, e 
soprattutto a sostegno delle persone piu' fragili e piu' bisognose di 
aiuto, come della natura la cui difesa e il cui risanamento sono 
indispensabili alla vita dell'umanita'.

E per muovere in questa direzione, per proseguire questo cammino dalla 
notte della violenza al giorno della nonviolenza occorre estendere ed 
intensificare le esperienze alternative alla segregazione e perseverare 
nell'impegno di civilta' per il superamento di tutte le istituzioni 
totali.

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Nell'ambito della normativa penale vigente in Italia abolire 
l'ergastolo e' un passo iniziale e indispensabile. Esso prosegue e 
sviluppa in modo concreto e coerente quell'immenso progresso 
dell'umanita' che consiste nell'abolizione della pena di morte, ovvero 
nel riconoscimento che il primo diritto di ogni essere umano e' il 
diritto alla vita, e quindi che nessuno ha il diritto di togliere la 
vita a un essere umano.

Ha detto nitidamente papa Bergoglio: "L'ergastolo e' una pena di morte 
nascosta".

Con l'ergastolo infatti si toglie alla persona che lo subisce tanta 
parte di cio' che sostanzia e degnifica un'umana esistenza. Gli si 
lascia la vita, ma gli si toglie per sempre ogni speranza di 
liberazione, di reinserimento sociale, di riscatto e ritorno al 
consorzio civile, alla pienezza del mondo delle relazioni e degli 
affetti, del sapere e del fare, del riconoscimento e della 
riconoscenza.

Con l'ergastolo si impone alla persona che lo subisce una perpetua 
afflizione e una perpetua tortura.

E' del tutto evidente che l'ergastolo e' incompatibile con quanto la 
Costituzione della Repubblica Italiana afferma; la Costituzione infatti 
proibisce e punisce "ogni violenza fisica e morale sulle persone 
comunque sottoposte a restrizioni di liberta'" (art. 13), e sancisce 
che "le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di 
umanita' e devono tendere alla rieducazione del condannato" (art. 27).

Una pena che si pretende "per sempre" confligge con la lettera stessa 
della legge fondamentale del nostro ordinamento giuridico.

Una pena che si pretende "per sempre" confligge con le radici stesse di 
un'etica condivisa, con qualunque tavola dei valori morali.

Una pena che si pretende "per sempre" confligge con lo stesso statuto 
antropologico.

E' proprio dell'essere umano, di ogni riflessione morale e di ogni 
sistema giuridico il presupposto fondamentale che a nessun essere umano 
possa essere negata da un qualsivoglia umano potere la vita e la 
dignita', che a nessun essere umano possa essere imposta da un 
qualsivoglia umano potere una sofferenza infinita.

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Il digiuno e' una forma di intervento sociale caratteristica della 
tradizione nonviolenta: con esso si denuncia un'ingiustizia e si assume 
la propria parte di responsabilita' per essa. Chi digiuna assume 
volontariamente una parte di sofferenza per smascherare un'iniquita', 
suscitare un'attenzione, testimoniare una condivisione, invitare a una 
conversione al bene comune, affermare l'umanita' dell'umanita'.

Come persone amiche della nonviolenza noi affermiamo che fare il male 
e' sempre un male; noi affermiamo che il primo dovere di ogni essere 
umano e' salvare le vite; noi affermiamo che ad ogni violenza occorre 
opporsi senza riprodurla; noi affermiamo che la difesa della vita, 
della dignita' e dei diritti di ogni essere umano e dell'intero mondo 
vivente e' il compito primo e il fine ultimo della civilta' umana.

Siamo una sola umanita'.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Giustizia e misericordia, non violenza e vendetta.

La nonviolenza e' la civilta' umana in cammino verso la piena 
autocoscienza, verso l'universale mutuo soccorso e la piena 
condivisione dei beni, verso la comune liberazione.

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L'ergastolo e' contrario a un ordinamento giuridico democratico.

L'ergastolo e' contrario al fondamento stesso di tutti i diritti 
umani.

L'ergastolo va abrogato.

Per questo digiuniamo il 10 dicembre, anniversario della proclamazione 
da parte dell'Onu della "Dichiarazione universale dei diritti umani".



Il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo



Viterbo, 9 dicembre 2017



Mittente: "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo, 
strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: 
centropacevt at gmail.com