[Nonviolenza] La nonviolenza contro il razzismo. 74



 

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LA NONVIOLENZA CONTRO IL RAZZISMO

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVII)

Numero 74 del 13 dicembre 2016

 

In questo numero:

1. Papa Francesco: La nonviolenza: stile di una politica per la pace

2. Continua la strage nel Mediterraneo, continua la violenza razzista in Italia

3. "Una persona, un voto". Subito una legge per il diritto di voto nelle elezioni amministrative a tutte le persone residenti in Italia

4. Nella Giornata dei diritti umani un appello al Parlamento per il riconoscimento del diritto di voto a milioni di persone oggi vittime di razzismo

5. Senza diritto di voto non c'e' democrazia

6. Alla societa' civile un appello: "Una persona, un voto"

 

1. DOCUMENTI. PAPA FRANCESCO: LA NONVIOLENZA: STILE DI UNA POLITICA PER LA PACE

[Dal sito del Vaticano riprendiamo il messaggio del pontefice cattolico per la celebrazione della cinquantesima Giornata mondiale della pace del primo gennaio 2017]

 

1. All'inizio di questo nuovo anno porgo i miei sinceri auguri di pace ai popoli e alle nazioni del mondo, ai Capi di Stato e di Governo, nonche' ai responsabili delle comunita' religiose e delle varie espressioni della societa' civile. Auguro pace ad ogni uomo, donna, bambino e bambina e prego affinche' l'immagine e la somiglianza di Dio in ogni persona ci consentano di riconoscerci a vicenda come doni sacri dotati di una dignita' immensa. Soprattutto nelle situazioni di conflitto, rispettiamo questa "dignita' piu' profonda" (1) e facciamo della nonviolenza attiva il nostro stile di vita.

Questo e' il Messaggio per la cinquantesima Giornata Mondiale della Pace. Nel primo, il beato Papa Paolo VI si rivolse a tutti i popoli, non solo ai cattolici, con parole inequivocabili: "E' finalmente emerso chiarissimo che la pace e' l'unica e vera linea dell'umano progresso (non le tensioni di ambiziosi nazionalismi, non le conquiste violente, non le repressioni apportatrici di falso ordine civile)". Metteva in guardia dal "pericolo di credere che le controversie internazionali non siano risolvibili per le vie della ragione, cioe' delle trattative fondate sul diritto, la giustizia, l'equita', ma solo per quelle delle forze deterrenti e micidiali". Al contrario, citando la Pacem in terris del suo predecessore san Giovanni XXIII, esaltava "il senso e l'amore della pace fondata sulla verita', sulla giustizia, sulla liberta', sull'amore" (2). Colpisce l'attualita' di queste parole, che oggi non sono meno importanti e pressanti di cinquant'anni fa.

In questa occasione desidero soffermarmi sulla nonviolenza come stile di una politica di pace e chiedo a Dio di aiutare tutti noi ad attingere alla nonviolenza nelle profondita' dei nostri sentimenti e valori personali. Che siano la carita' e la nonviolenza a guidare il modo in cui ci trattiamo gli uni gli altri nei rapporti interpersonali, in quelli sociali e in quelli internazionali. Quando sanno resistere alla tentazione della vendetta, le vittime della violenza possono essere i protagonisti piu' credibili di processi nonviolenti di costruzione della pace. Dal livello locale e quotidiano fino a quello dell'ordine mondiale, possa la nonviolenza diventare lo stile caratteristico delle nostre decisioni, delle nostre relazioni, delle nostre azioni, della politica in tutte le sue forme.

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Un mondo frantumato

2. Il secolo scorso e' stato devastato da due guerre mondiali micidiali, ha conosciuto la minaccia della guerra nucleare e un gran numero di altri conflitti, mentre oggi purtroppo siamo alle prese con una terribile guerra mondiale a pezzi. Non e' facile sapere se il mondo attualmente sia piu' o meno violento di quanto lo fosse ieri, ne' se i moderni mezzi di comunicazione e la mobilita' che caratterizza la nostra epoca ci rendano piu' consapevoli della violenza o piu' assuefatti ad essa.

In ogni caso, questa violenza che si esercita "a pezzi", in modi e a livelli diversi, provoca enormi sofferenze di cui siamo ben consapevoli: guerre in diversi Paesi e continenti; terrorismo, criminalita' e attacchi armati imprevedibili; gli abusi subiti dai migranti e dalle vittime della tratta; la devastazione dell'ambiente. A che scopo? La violenza permette di raggiungere obiettivi di valore duraturo? Tutto quello che ottiene non e' forse di scatenare rappresaglie e spirali di conflitti letali che recano benefici solo a pochi "signori della guerra"?

La violenza non e' la cura per il nostro mondo frantumato. Rispondere alla violenza con la violenza conduce, nella migliore delle ipotesi, a migrazioni forzate e a immani sofferenze, poiche' grandi quantita' di risorse sono destinate a scopi militari e sottratte alle esigenze quotidiane dei giovani, delle famiglie in difficolta', degli anziani, dei malati, della grande maggioranza degli abitanti del mondo. Nel peggiore dei casi, puo' portare alla morte, fisica e spirituale, di molti, se non addirittura di tutti.

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La Buona Notizia

3. Anche Gesu' visse in tempi di violenza. Egli insegno' che il vero campo di battaglia, in cui si affrontano la violenza e la pace, e' il cuore umano: "Dal di dentro infatti, cioe' dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive" (Mc 7,21). Ma il messaggio di Cristo, di fronte a questa realta', offre la risposta radicalmente positiva: Egli predico' instancabilmente l'amore incondizionato di Dio che accoglie e perdona e insegno' ai suoi discepoli ad amare i nemici (cfr Mt 5,44) e a porgere l'altra guancia (cfr Mt 5,39). Quando impedi' a coloro che accusavano l'adultera di lapidarla (cfr Gv 8,1-11) e quando, la notte prima di morire, disse a Pietro di rimettere la spada nel fodero (cfr Mt 26,52), Gesu' traccio' la via della nonviolenza, che ha percorso fino alla fine, fino alla croce, mediante la quale ha realizzato la pace e distrutto l'inimicizia (cfr Ef 2,14-16). Percio', chi accoglie la Buona Notizia di Gesu', sa riconoscere la violenza che porta in se' e si lascia guarire dalla misericordia di Dio, diventando cosi' a sua volta strumento di riconciliazione, secondo l'esortazione di san Francesco d'Assisi: "La pace che annunziate con la bocca, abbiatela ancor piu' copiosa nei vostri cuori" (3).

Essere veri discepoli di Gesu' oggi significa aderire anche alla sua proposta di nonviolenza. Essa - come ha affermato il mio predecessore Benedetto XVI - "e' realistica, perche' tiene conto che nel mondo c'e' troppa violenza, troppa ingiustizia, e dunque non si puo' superare questa situazione se non contrapponendo un di piu' di amore, un di piu' di bonta'. Questo 'di piu'' viene da Dio" (4). Ed egli aggiungeva con grande forza: "La nonviolenza per i cristiani non e' un mero comportamento tattico, bensi' un modo di essere della persona, l'atteggiamento di chi e' cosi' convinto dell'amore di Dio e della sua potenza, che non ha paura di affrontare il male con le sole armi dell'amore e della verita'. L'amore del nemico costituisce il nucleo della 'rivoluzione cristiana'" (5). Giustamente il vangelo dell'amate i vostri nemici (cfr Lc 6,27) viene considerato "la magna charta della nonviolenza cristiana": esso non consiste "nell'arrendersi al male [...] ma nel rispondere al male con il bene (cfr Rm 12,17-21), spezzando in tal modo la catena dell'ingiustizia" (6).

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Piu' potente della violenza

4. La nonviolenza e' talvolta intesa nel senso di resa, disimpegno e passivita', ma in realta' non e' cosi'. Quando Madre Teresa ricevette il premio Nobel per la Pace nel 1979, dichiaro' chiaramente il suo messaggio di nonviolenza attiva: "Nella nostra famiglia non abbiamo bisogno di bombe e di armi, di distruggere per portare pace, ma solo di stare insieme, di amarci gli uni gli altri [...] E potremo superare tutto il male che c'e' nel mondo" (7). Perche' la forza delle armi e' ingannevole. "Mentre i trafficanti di armi fanno il loro lavoro, ci sono i poveri operatori di pace che soltanto per aiutare una persona, un'altra, un'altra, un'altra, danno la vita"; per questi operatori di pace, Madre Teresa e' "un simbolo, un'icona dei nostri tempi" (8). Nello scorso mese di settembre ho avuto la grande gioia di proclamarla Santa. Ho elogiato la sua disponibilita' verso tutti attraverso "l'accoglienza e la difesa della vita umana, quella non nata e quella abbandonata e scartata. [...] Si e' chinata sulle persone sfinite, lasciate morire ai margini delle strade, riconoscendo la dignita' che Dio aveva loro dato; ha fatto sentire la sua voce ai potenti della terra, perche' riconoscessero le loro colpe dinanzi ai crimini - dinanzi ai crimini! - della poverta' creata da loro stessi" (9). In risposta, la sua missione - e in questo rappresenta migliaia, anzi milioni di persone - e' andare incontro alle vittime con generosita' e dedizione, toccando e fasciando ogni corpo ferito, guarendo ogni vita spezzata.

La nonviolenza praticata con decisione e coerenza ha prodotto risultati impressionanti. I successi ottenuti dal Mahatma Gandhi e Khan Abdul Ghaffar Khan nella liberazione dell'India, e da Martin Luther King Jr contro la discriminazione razziale non saranno mai dimenticati. Le donne, in particolare, sono spesso leader di nonviolenza, come, ad esempio, Leymah Gbowee e migliaia di donne liberiane, che hanno organizzato incontri di preghiera e protesta nonviolenta (pray-ins) ottenendo negoziati di alto livello per la conclusione della seconda guerra civile in Liberia.

Ne' possiamo dimenticare il decennio epocale conclusosi con la caduta dei regimi comunisti in Europa. Le comunita' cristiane hanno dato il loro contributo con la preghiera insistente e l'azione coraggiosa. Speciale influenza hanno esercitato il ministero e il magistero di san Giovanni Paolo II. Riflettendo sugli avvenimenti del 1989 nell'Enciclica Centesimus annus (1991), il mio predecessore evidenziava che un cambiamento epocale nella vita dei popoli, delle nazioni e degli Stati si realizza "mediante una lotta pacifica, che fa uso delle sole armi della verita' e della giustizia" (10). Questo percorso di transizione politica verso la pace e' stato reso possibile in parte "dall'impegno non violento di uomini che, mentre si sono sempre rifiutati di cedere al potere della forza, hanno saputo trovare di volta in volta forme efficaci per rendere testimonianza alla verita'". E concludeva: "Che gli uomini imparino a lottare per la giustizia senza violenza, rinunciando alla lotta di classe nelle controversie interne ed alla guerra in quelle internazionali" (11).

La Chiesa si e' impegnata per l'attuazione di strategie nonviolente di promozione della pace in molti Paesi, sollecitando persino gli attori piu' violenti in sforzi per costruire una pace giusta e duratura.

Questo impegno a favore delle vittime dell'ingiustizia e della violenza non e' un patrimonio esclusivo della Chiesa Cattolica, ma e' proprio di molte tradizioni religiose, per le quali "la compassione e la nonviolenza sono essenziali e indicano la via della vita" (12). Lo ribadisco con forza: "Nessuna religione e' terrorista" (13). La violenza e' una profanazione del nome di Dio (14). Non stanchiamoci mai di ripeterlo: "Mai il nome di Dio puo' giustificare la violenza. Solo la pace e' santa. Solo la pace e' santa, non la guerra!" (15).

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La radice domestica di una politica nonviolenta

5. Se l'origine da cui scaturisce la violenza e' il cuore degli uomini, allora e' fondamentale percorrere il sentiero della nonviolenza in primo luogo all'interno della famiglia. E' una componente di quella gioia dell'amore che ho presentato nello scorso marzo nell'Esortazione apostolica Amoris laetitia, a conclusione di due anni di riflessione da parte della Chiesa sul matrimonio e la famiglia. La famiglia e' l'indispensabile crogiolo attraverso il quale coniugi, genitori e figli, fratelli e sorelle imparano a comunicare e a prendersi cura gli uni degli altri in modo disinteressato, e dove gli attriti o addirittura i conflitti devono essere superati non con la forza, ma con il dialogo, il rispetto, la ricerca del bene dell'altro, la misericordia e il perdono (16). Dall'interno della famiglia la gioia dell'amore si propaga nel mondo e si irradia in tutta la societa' (17). D'altronde, un'etica di fraternita' e di coesistenza pacifica tra le persone e tra i popoli non puo' basarsi sulla logica della paura, della violenza e della chiusura, ma sulla responsabilita', sul rispetto e sul dialogo sincero. In questo senso, rivolgo un appello in favore del disarmo, nonche' della proibizione e dell'abolizione delle armi nucleari: la deterrenza nucleare e la minaccia della distruzione reciproca assicurata non possono fondare questo tipo di etica. (18). Con uguale urgenza supplico che si arrestino la violenza domestica e gli abusi su donne e bambini.

Il Giubileo della Misericordia, conclusosi nel novembre scorso, e' stato un invito a guardare nelle profondita' del nostro cuore e a lasciarvi entrare la misericordia di Dio. L'anno giubilare ci ha fatto prendere coscienza di quanto numerosi e diversi siano le persone e i gruppi sociali che vengono trattati con indifferenza, sono vittime di ingiustizia e subiscono violenza. Essi fanno parte della nostra "famiglia", sono nostri fratelli e sorelle. Per questo le politiche di nonviolenza devono cominciare tra le mura di casa per poi diffondersi all'intera famiglia umana. "L'esempio di santa Teresa di Gesu' Bambino ci invita alla pratica della piccola via dell'amore, a non perdere l'opportunita' di una parola gentile, di un sorriso, di qualsiasi piccolo gesto che semini pace e amicizia. Una ecologia integrale e' fatta anche di semplici gesti quotidiani nei quali spezziamo la logica della violenza, dello sfruttamento, dell'egoismo" (19).

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Il mio invito

6. La costruzione della pace mediante la nonviolenza attiva e' elemento necessario e coerente con i continui sforzi della Chiesa per limitare l'uso della forza attraverso le norme morali, mediante la sua partecipazione ai lavori delle istituzioni internazionali e grazie al contributo competente di tanti cristiani all'elaborazione della legislazione a tutti i livelli. Gesu' stesso ci offre un "manuale" di questa strategia di costruzione della pace nel cosiddetto Discorso della montagna. Le otto Beatitudini (cfr Mt 5,3-10) tracciano il profilo della persona che possiamo definire beata, buona e autentica. Beati i miti - dice Gesu' -, i misericordiosi, gli operatori di pace, i puri di cuore, coloro che hanno fame e sete di giustizia.

Questo e' anche un programma e una sfida per i leader politici e religiosi, per i responsabili delle istituzioni internazionali e i dirigenti delle imprese e dei media di tutto il mondo: applicare le Beatitudini nel modo in cui esercitano le proprie responsabilita'. Una sfida a costruire la societa', la comunita' o l'impresa di cui sono responsabili con lo stile degli operatori di pace; a dare prova di misericordia rifiutando di scartare le persone, danneggiare l'ambiente e voler vincere ad ogni costo. Questo richiede la disponibilita' "di sopportare il conflitto, risolverlo e trasformarlo in un anello di collegamento di un nuovo processo" (20). Operare in questo modo significa scegliere la solidarieta' come stile per fare la storia e costruire l'amicizia sociale. La nonviolenza attiva e' un modo per mostrare che davvero l'unita' e' piu' potente e piu' feconda del conflitto. Tutto nel mondo e' intimamente connesso (21). Certo, puo' accadere che le differenze generino attriti: affrontiamoli in maniera costruttiva e nonviolenta, cosi' che "le tensioni e gli opposti [possano] raggiungere una pluriforme unita' che genera nuova vita", conservando "le preziose potenzialita' delle polarita' in contrasto" (22).

Assicuro che la Chiesa Cattolica accompagnera' ogni tentativo di costruzione della pace anche attraverso la nonviolenza attiva e creativa. Il primo gennaio 2017 vede la luce il nuovo Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, che aiutera' la Chiesa a promuovere in modo sempre piu' efficace "i beni incommensurabili della giustizia, della pace e della salvaguardia del creato" e della sollecitudine verso i migranti, "i bisognosi, gli ammalati e gli esclusi, gli emarginati e le vittime dei conflitti armati e delle catastrofi naturali, i carcerati, i disoccupati e le vittime di qualunque forma di schiavitu' e di tortura" (23). Ogni azione in questa direzione, per quanto modesta, contribuisce a costruire un mondo libero dalla violenza, primo passo verso la giustizia e la pace.

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In conclusione

7. Come da tradizione, firmo questo Messaggio l'8 dicembre, festa dell'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria. Maria e' la Regina della Pace. Alla nascita di suo Figlio, gli angeli glorificavano Dio e auguravano pace in terra agli uomini e donne di buona volonta' (cfr Lc 2,14). Chiediamo alla Vergine di farci da guida.

"Tutti desideriamo la pace; tante persone la costruiscono ogni giorno con piccoli gesti e molti soffrono e sopportano pazientemente la fatica di tanti tentativi per costruirla" (24). Nel 2017, impegniamoci, con la preghiera e con l'azione, a diventare persone che hanno bandito dal loro cuore, dalle loro parole e dai loro gesti la violenza, e a costruire comunita' nonviolente, che si prendono cura della casa comune. "Niente e' impossibile se ci rivolgiamo a Dio nella preghiera. Tutti possono essere artigiani di pace" (25).

Dal Vaticano, 8 dicembre 2016

Francesco

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Note

1. Esort. ap. Evangelii gaudium, 228.

2. Messaggio per la celebrazione della prima Giornata Mondiale della Pace, primo gennaio 1968.

3. "Leggenda dei tre compagni": Fonti Francescane, n. 1469.

4. Angelus, 18 febbraio 2007.

5. Ibid.

6. Ibid.

7. Madre Teresa, Discorso per il Premio Nobel, 11 dicembre 1979.

8. Meditazione "La strada della pace", Cappella della Domus Sanctae Marthae, 19 novembre 2015.

9. Omelia per la canonizzazione della Beata Madre Teresa di Calcutta, 4 settembre 2016.

10. N. 23.

11. Ibid.

12. Discorso nell'Udienza interreligiosa, 3 novembre 2016.

13. Discorso al terzo Incontro mondiale dei movimenti popolari, 5 novembre 2016.

14. Cfr Discorso nell'Incontro con lo Sceicco dei Musulmani del Caucaso e con Rappresentanti delle altre Comunita' religiose, Baku, 2 ottobre 2016.

15. Discorso, Assisi, 20 settembre 2016.

16. Cfr Esort. ap. postsin. Amoris laetitia, 90-130.

17. Cfr ibid., 133.194.234.

18. Cfr Messaggio in occasione della Conferenza sull'impatto umanitario delle armi nucleari, 7 dicembre 2014.

19. Enc. Laudato si', 230.

20. Esort. ap. Evangelii gaudium, 227.

21. Cfr Enc. Laudato si', 16.117.138.

22. Esort. ap. Evangelii gaudium, 228.

23. Lettera apostolica in forma di "Motu proprio" con la quale si istituisce il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, 17 agosto 2016.

24. Regina Caeli, Betlemme, 25 maggio 2014.

25. Appello, Assisi, 20 settembre 2016.

 

2. REPETITA IUVANT. CONTINUA LA STRAGE NEL MEDITERRANEO, CONTINUA LA VIOLENZA RAZZISTA IN ITALIA

 

Non passa giorno senza che altre persone innocenti trovino la morte nel Mediterraneo.

Non passa giorno senza che in Italia la violenza razzista colpisca altri esseri umani innocenti.

Si puo' e si deve salvare tutte le vite.

Si puo' e si deve far valere la legalita' costituzionale che riconosce e difende i diritti umani di tutti gli esseri umani.

Si puo' e si deve far cessare la strage nel Mediterraneo.

Si puo' e si deve far cessare la violenza razzista in Italia.

Chiediamo al Parlamento due provvedimenti necessari e urgenti:

1. riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere nel nostro paese in modo legale e sicuro;

2. riconoscere il diritto di voto a tutte le persone che vivono nel nostro paese.

Vi e' una sola umanita' in un unico pianeta casa comune dell'umanita' intera.

Il primo dovere e' salvare le vite: soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.

Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

 

3. REPETITA IUVANT. "UNA PERSONA, UN VOTO". SUBITO UNA LEGGE PER IL DIRITTO DI VOTO NELLE ELEZIONI AMMINISTRATIVE A TUTTE LE PERSONE RESIDENTI IN ITALIA

 

In Italia vige oggi un regime di segregazione razzista.

Milioni di persone che non sono nate in Italia ma che qui vivono, lavorano, pagano le tasse, mandano i loro figli a scuola, sono assurdamente private del diritto di voto.

Questi milioni di persone fanno parte del nostro paese, sono il nostro paese, cosi' come le persone native del luogo.

Occorre che ad esse sia finalmente riconosciuto il diritto di voto in tutte le elezioni, se vogliamo che le elezioni siano elezioni democratiche e non una forma di apartheid.

Io che scrivo queste righe trent'anni fa ideai e coordinai per l'Italia una campagna di solidarieta' con Nelson Mandela (allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano) che coinvolse nell'impegno contro il regime dell'apartheid milioni di italiani e numerosissime organizzazioni ed istituzioni; primo firmatario dell'appello che diffondemmo fu Primo Levi.

Sostenevo allora che l'apartheid non era tanto un residuo del passato quanto una minaccia per l'avvenire, una forma di dominio e un modello di societa' che se non fosse stato contrastato adeguatamente dall'umanita' intera si sarebbe diffuso su scala planetaria. Ed e' quello che sta succedendo nell'epoca della globalizzazione in cui i capitali hanno diritto di movimento e di cittadinanza in tutto il mondo, mentre innumerevoli esseri umani ne sono privati; in cui un pugno di rapinatori detentori di immense ricchezze condanna alla schiavitu' e alla morte innumerevoli esseri umani ed espone la civilta' umana e la biosfera al rischio di un'irreversibile catastrofe.

Il razzismo e' un crimine contro l'umanita'. Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'. Vi e' una sola umanita' in un unico pianeta casa comune dell'umanita' intera.

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Non c'e' alcuna ragione decente per continuare a negare il diritto di voto a milioni di persone che vivono in Italia. Continuare a negare il diritto di voto serve soltanto a mantenere milioni di esseri umani in condizioni servili, esposti ad ogni ricatto, ad ogni minaccia, ad ogni violenza.

E mentre per il riconoscimento a tutti i residenti del diritto di voto nelle elezioni politiche occorre forse una modifica costituzionale, per le elezioni amministrative, regionali e comunali, e' sufficiente una legge ordinaria.

Questa legge ordinaria sia fatta subito. Il Parlamento italiano puo' e deve finalmente far cessare nel nostro paese il regime di apartheid di fatto che nega un basilare diritto umano; un ignobile regime di apartheid di fatto che confligge con i principi fondamentali, i valori supremi, della Costituzione repubblicana.

E' evidente che sara' solo col diritto di voto che sconfiggeremo razzismo e schiavismo: quando anche le persone piu' oppresse, le persone oggi denegate nella loro piena umanita', potranno far sentire la loro voce ed entreranno nelle istituzioni finalmente democratiche, quando con l'esercizio del diritto di voto potranno contribuire alle decisioni che tutti riguardano, allora sara' finalmente facile sconfiggere razzismo e schiavismo con provvedimenti adeguati che oggi non vengono assunti o non vengono applicati.

"Una persona, un voto", e' da secoli il motto col quale gli esseri umani insorgono contro ogni colonialismo, contro ogni dittatura, contro ogni schiavitu'.

"Una persona, un voto", e' da secoli il motto col quale gli esseri umani insorgono per affermare l'eguaglianza di diritti di tutti gli esseri umani.

"Una persona, un voto", e' da secoli il motto col quale gli esseri umani insorgono per realizzare liberta', uguaglianza, fraternita'.

Facciamo cessare la strage nel Mediterraneo.

Facciamo cessare razzismo e schiavismo in Italia.

Una sola umanita'.

Una persona, un voto.

 

4. REPETITA IUVANT. NELLA GIORNATA DEI DIRITTI UMANI UN APPELLO AL PARLAMENTO PER IL RICONOSCIMENTO DEL DIRITTO DI VOTO A MILIONI DI PERSONE OGGI VITTIME DI RAZZISMO

 

Gentili senatrici, gentili senatori,

gentili deputate e deputati,

nella ricorrenza della Giornata internazionale dei diritti umani istituita dalle Nazioni Unite nel giorno anniversario della proclamazione da parte dell'Assemblea generale dell'Onu della Dichiarazione universale dei diritti umani il 10 dicembre 1948, rinnoviamo la richiesta che sia finalmente riconosciuto il diritto di voto a tutte le persone residenti in Italia.

Attualmente il diritto di voto, diritto politico fondamentale, e' negato in Italia a milioni di persone che - pur non essendo native del paese - qui vivono, lavorano, pagano le tasse, mandano a scuola i figli, contribuiscono al bene comune della comunita' locale di residenza ed alla ricchezza dell'intero paese.

Questa negazione del diritto di voto a milioni di esseri umani nel nostro paese costituisce una discriminazione non piu' ammissibile e favoreggia di fatto razzismo e schiavismo, violenze e persecuzioni.

Chiediamo al Parlamento di voler legiferare finalmente il riconoscimento del diritto di voto nelle elezioni sia politiche che amministrative per tutte le persone residenti in Italia.

Chiediamo al Parlamento di far cessare un regime di effettuale apartheid nel nostro paese.

Crediamo che possa esservi fin d'ora in Parlamento una maggioranza qualificata adeguata ad approvare una legge di rilevanza costituzionale che riconosca il diritto di voto a tutte le persone residenti per le elezioni politiche. Ma anche qualora questa maggioranza qualificata non vi fosse, vi dovrebbe pur essere una maggioranza semplice sufficiente ad approvare almeno una legge ordinaria che riconosca fin d'ora il diritto di voto nelle elezioni amministrative, regionali e comunali.

Una persona, un voto: fate cessare il regime di segregazione razzista in Italia.

Una persona, un voto: solo con il riconoscimento del diritto di voto si puo' sconfiggere razzismo e schiavismo.

Una persona, un voto: adempiamo pienamente, finalmente, il senso e i fini dei principi fondamentali, dei supremi valori della Costituzione repubblicana e antifascista.

Una persona, un voto: e' il principio stesso della democrazia.

Possa la vostra coscienza di esseri umani illuminarvi nella vostra attivita' di legislatori.

Un cordiale saluto,

Il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo

Viterbo, 10 dicembre 2016

 

5. REPETITA IUVANT. SENZA DIRITTO DI VOTO NON C'E' DEMOCRAZIA

 

La situazione italiana e' questa: che milioni di persone che qui vivono, lavorano, pagano le tasse, mandano i figli a scuola e contribuiscono alla ricchezza del nostro paese, sono tuttora private del diritto di voto: solo perche' non sono nate qui. Ma e' qui che queste persone vivono, e la loro vita, la loro dignita', i loro diritti, o sono riconosciuti e rispettati qui o non lo sono da nessuna parte.

Chiunque vede l'enormita' di questa ingiustizia: se nel nostro paese non si riconosce il diritto di voto a milioni di persone che vivono qui, allora questo non e' piu' un paese democratico, ma un regime razzista, un regime di apartheid, in cui alcuni hanno tutti i diritti, ed altri invece ne sono privati e sono esposti ad ogni minaccia e ad ogni violenza.

In una democrazia il primo diritto politico e' il diritto di voto: il fondamento della democrazia e' infatti "una persona, un voto".

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Il Parlamento italiano puo' e deve far cessare una scandalosa ingiustizia; puo' e deve finalmente riconoscere il diritto di voto a tutte le persone residenti in Italia.

A tutte le parlamentari, a tutti i parlamentari, chiediamo di legiferare al piu' presto a tal fine.

A tutte le persone di volonta' buona, a tutte le associazioni, le organizzazioni, i movimenti e i partiti democratici, a tutti i rappresentanti delle istituzioni, chiediamo un impegno corale affinche' l'Italia non sia un regime razzista, ma una repubblica democratica, come e' scritto nell'articolo 1 della Costituzione.

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Restituiamo il diritto di voto a milioni di esseri umani che vivono in Italia.

Contrastiamo con la forza della legalita' il razzismo e lo schiavismo.

Almeno nel nostro paese riconosciamo finalmente i diritti di tutti gli esseri umani.

Una persona, un voto.

 

6. REPETITA IUVANT. ALLA SOCIETA' CIVILE UN APPELLO: "UNA PERSONA, UN VOTO"

 

Il Parlamento italiano dovra' al piu' presto approvare una nuova legge elettorale, coerente con i principi fondamentali e i valori supremi della Costituzione repubblicana.

In Italia vivono oggi milioni di persone cui e' tuttora negato il diritto di voto in ogni elezione, politica o amministrativa, per il semplice fatto che non sono nate qui.

Ma questi milioni di esseri umani vivono qui, lavorano qui, pagano le tasse qui, mandano i loro figli a scuola qui, fanno parte a tutti gli effetti del nostro paese, sono il nostro paese, sono la nostra gente, sono le persone con cui ogni giorno ci incontriamo, lavoriamo insieme, insieme respiriamo la stessa aria, abitiamo le stesse case.

A questi milioni di nostri reali compaesani, di nostri reali concittadini, deve essere finalmente riconosciuto, restituito, il diritto di voto. Devono poter dire la loro opinione sulle decisioni pubbliche che riguardano tutti. Devono poter partecipare al governo della comunita' e del paese di cui fanno parte. Devono poter eleggere rappresentanti, ed essere eletti come rappresentanti, in tutte le istituzioni democratiche dove si prendono le decisioni comuni, dai Comuni alle Regioni al Parlamento.

A chi siede nel Parlamento italiano e' ora che cadano le scaglie dagli occhi. L'Italia non puo' essere un regime razzista che pratica l'apartheid; l'Italia deve essere una repubblica democratica in cui la sovranita' appartiene al popolo, come e' scritto nella Costituzione.

A tutte le donne e gli uomini di volonta' buona che siedono nel Senato della Repubblica e nella Camera dei Deputati chiediamo di legiferare il riconoscimento del diritto di voto per tutte le persone che in Italia vivono.

Una persona, un voto.

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A tutte le espressioni della societa' civile italiana chiediamo di prendere posizione e di premere nonviolentemente, con la forza della verita', sul Parlamento affinche' legiferi il riconoscimento del diritto di voto per tutte le persone che in Italia vivono.

Una persona, un voto.

 

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LA NONVIOLENZA CONTRO IL RAZZISMO

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVII)

Numero 74 del 13 dicembre 2016

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, centropacevt at gmail.com, centropaceviterbo at outlook.it, web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/