[Nonviolenza] Telegrammi. 2530



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 2530 del 12 novembre 2016

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVII)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com

 

Sommario di questo numero:

1. Uomini che bruciano le donne

2. Alcuni testi del mese di agosto 2016 (parte ottava)

3. Un supplemento per il No al golpe: "Senza odio, senza violenza, senza paura"

4. Contro la guerra e tutte le uccisioni

5. Contro il razzismo e tutte le persecuzioni

6. Contro il maschilismo e tutte le oppressioni

7. Una bozza di lettera da inviare ai parlamentari

8. No al golpe degli apprendisti stregoni

9. No

10. Contro tutte le uccisioni

11. Un parlamento eletto dal popolo, uno stato di diritto, una democrazia costituzionale. Al referendum votiamo No al golpe

12. Cessate il fuoco

13. Lazzaro Casusceri: Il racconto del cervo

14. Lazzaro Casusceri: L'invenzione dei dieci comandamenti

15. Lazzaro Casusceri: La fionda, una storia dell'umanita' in compendio

16. Lazzaro Casusceri: Un incontro con la volpe

17. Lazzaro Casusceri: Il solito cavallo parlante

18. Solo

19. Sotto le bombe

20. Malvolio Straccani: Vecchi amici

21. Segnalazioni librarie

22. La "Carta" del Movimento Nonviolento

23. Per saperne di piu'

 

1. EDITORIALE. UOMINI CHE BRUCIANO LE DONNE

 

Un uomo massacra di botte e poi brucia viva la moglie che aveva chiesto la separazione.

Nel suo orrore e' la sintesi della situazione presente dell'umanita'.

*

La dura verita' e' che non e' possibile abolire la guerra se non si sconfigge il maschilismo.

Non e' possibile abolire il razzismo e lo schiavismo se non si sconfigge il maschilismo.

Non e' possibile ottenere riconoscimento, rispetto e protezione dei diritti di tutti gli esseri umani se non si sconfigge il maschilismo.

Non e' possibile impedire la catastrofe ecologica se non si sconfigge il maschilismo.

Perche' la violenza maschile - la sua prassi e la sua ideologia, le sue strutture e il suo linguaggio - e' la prima radice e il primo modello di ogni violenza.

E' il maschilismo il nocciolo duro del militarismo e del razzismo.

E' il maschilismo l'ideologia profonda di ogni potere gerarchico e assassino.

E' il maschilismo lo schema di ogni relazione fondata sullo sfruttamento, sull'oppressione e sul disprezzo dell'altro.

E quindi non e' possibile realizzare una societa' pacifica e giusta, responsabile e solidale, dell'empatia e della condivisione, della civile convivenza, se non si sconfigge il maschilismo.

*

Molte sono le cose che possiamo e dobbiamo fare. Tra esse, innanzitutto, sostenere i centri antiviolenza realizzati dal movimento delle donne. Ad esempio a Viterbo il centro antiviolenza "Erinna" (per contatti e sottoscrizioni: "Associazione Erinna - Centro antiviolenza", via del Bottalone 9, 01100 Viterbo, tel. 0761342056, e-mail: e.rinna at yahoo.it, onebillionrisingviterbo at gmail.com, sito: http://erinna.it, facebook: associazioneerinna1998, contributi possono essere inviati attraverso bonifico bancario intestato ad Associazione Erinna, Banca Etica, codice IBAN: IT60D0501803200000000287042).

*

Tra pochi giorni ricorre la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Che non resti l'evento di un giorno ma sia piuttosto occasione suscitatrice di sempre piu' vasta e profonda consapevolezza ed appello a un impegno persuaso e crescente, un impegno indispensabile per la liberazione dell'umanita' intera.

*

Perche' cessino i roghi, siano spezzate le catene e le armi, l'umanita' si riconosca umana.

Con voce e con volto di donna la nonviolenza e' in cammino.

 

2. MATERIALI. ALCUNI TESTI DEL MESE DI AGOSTO 2016 (PARTE OTTAVA)

 

Riproponiamo qui alcuni testi apparsi sul nostro foglio nel mese di agosto 2016.

 

3. UN SUPPLEMENTO PER IL NO AL GOLPE: "SENZA ODIO, SENZA VIOLENZA, SENZA PAURA"

 

Difendiamo la Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza antifascista, difendiamo la democrazia, difendiamo la separazione e l'equilibrio dei poteri, difendiamo lo stato di diritto.

No al golpe, no al fascismo, no alla barbarie.

Senza odio, senza violenza, senza paura.

*

Chi legge abitualmente il nostro foglio avra' notato che ieri abbiamo avviato le pubblicazioni di un supplemento dedicato alla campagna per il No alla riforma costituzionale del governo.

Il referendum si svolgera' con tutta probabilita' tra ottobre e novembre, e pensiamo che sia opportuno impegnarci fin d'ora a dare un piu' intenso e specifico contributo, una "aggiunta nonviolenta" per usare il linguaggio di Aldo Capitini, all'impegno del fronte democratico affinche' prevalga il No al golpe.

Il supplemento ha come testata "Senza odio, senza violenza, senza paura", motto che riprende quello della campagna per il No nel referendum cileno che nel 1988 sconfisse Pinochet e abbatte' la dittatura fascista.

*

Difendiamo la Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza antifascista, difendiamo la democrazia, difendiamo la separazione e l'equilibrio dei poteri, difendiamo lo stato di diritto.

No al golpe, no al fascismo, no alla barbarie.

Senza odio, senza violenza, senza paura.

 

4. CONTRO LA GUERRA E TUTTE LE UCCISIONI

 

Ogni persona e' una persona.

Ogni persona ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

 

5. CONTRO IL RAZZISMO E TUTTE LE PERSECUZIONI

 

Ogni persona e' una persona.

Ogni persona ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

 

6. CONTRO IL MASCHILISMO E TUTTE LE OPPRESSIONI

 

Ogni persona e' una persona.

Ogni persona ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

 

7. UNA BOZZA DI LETTERA DA INVIARE AI PARLAMENTARI

 

Al/alla parlamentare ...

Oggetto: proposta di un impegno suo personale affinche' al piu' presto si addivenga alla discussione nelle competenti Commissioni parlamentari dei vari disegni di legge per la formazione alla nonviolenza delle forze dell'ordine

Gentile parlamentare ...,

le scriviamo per formularle la richiesta di un suo personale impegno affinche' al piu' presto si addivenga alla discussione nelle competenti Commissioni parlamentari dei vari disegni di legge per la formazione alla nonviolenza delle forze dell'ordine.

Come gia' sapra', dal 2014 sono state presentati sia al Senato che alla Camera vari disegni di legge che propongono la formazione delle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza. Al Senato il disegno di legge n. 1515 recante "Norme di principio e di indirizzo per l'istruzione, la formazione e l'aggiornamento del personale delle Forze di polizia" presentato in data 10 giugno 2014 ed annunciato nella seduta pomeridiana n. 258 del 10 giugno 2014; il disegno di legge n. 1526 recante "Norme per l'inclusione della conoscenza e dell'addestramento all'uso delle risorse della nonviolenza nell'ambito dei percorsi didattici per l'istruzione, la formazione e l'aggiornamento del personale delle forze di polizia" presentato in data 16 giugno 2014 ed annunciato nella seduta pomeridiana n. 263 del 17 giugno 2014; il disegno di legge n. 1565 recante "Norme per l'inclusione della nonviolenza nei percorsi formativi del personale delle forze di polizia" presentato in data 14 luglio 2014 ed annunciato nella seduta pomeridiana n. 279 del 15 luglio 2014; disegni di legge sottoscritti da numerosi senatori di varie forze politiche: Loredana De Petris, Luigi Manconi, Rita Ghedini, Valeria Fedeli, Paolo Corsini, Silvana Amati, Sergio Lo Giudice, Daniela Valentini, Rosa Maria Di Giorgi, Miguel Gotor, Elena Ferrara, Marco Scibona, Adele Gambaro, Marino Germano Mastrangeli, Daniele Gaetano Borioli, Maria Spilabotte, Erica D'Adda, Monica Cirinna', Manuela Serra, Francesca Puglisi, Pasquale Sollo, Francesco Giacobbe. Ed alla Camera il disegno di legge recante "Norme per l'inclusione della conoscenza e dell'addestramento all'uso delle risorse della nonviolenza nell'ambito dei percorsi didattici per l'istruzione, la formazione e l'aggiornamento del personale delle Forze di polizia" (atto Camera 2698) presentato il 4 novembre 2014; e il disegno di legge recante "Norme di principio e di indirizzo per l'istruzione, la formazione e l'aggiornamento del personale delle Forze di polizia" (atto Camera 2706) presentato il 5 novembre 2014; disegni di legge sottoscritti da deputati di varie forze politiche: Arturo Scotto, Celeste Costantino, Donatella Duranti, Giulio Marcon, Michele Piras, Stefano Quaranta, Massimiliano Bernini.

Ricordera' anche che gia' nel 2001 fu presentato al medesimo fine di istituire la formazione delle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza un disegno di legge sottoscritto da decine di senatori di tutte le forze politiche (ed in particolare i senatori Occhetto, Acciarini, Baratella, Battafarano, Battaglia, Bonfietti, Boco, Calvi, Chiusoli, Cortiana, Coviello, Crema, Dalla Chiesa, D'Ambrosio, Dato, De Paoli, De Petris, De Zulueta, Donati, Falomi, Fassone, Filippini, Formisano, Liguori, Longhi, Malabarba, Marini, Martone, Murineddu, Pascarella, Petruccioli, Ripamonti, Salvi, Tessitore, Turroni, Veraldi, Vicini, Viserta, Zancan), sostenuto anche dall'attenzione e dall'apprezzamento di deputati e parlamentari europei (tra cui i deputati: Bandoli, Bimbi, Bolognesi, Cento, Cima, Deiana, De Simone, Grandi, Grillini, Luca', Lucidi, Panattoni, Pecoraro Scanio, Pinotti, Pisapia, Preda, Realacci, Rognoni, Russo Spena, Ruzzante, Siniscalchi, Tolotti, Valpiana, Violante; tra i parlamentari europei: Imbeni, Di Lello, Fava, Morgantini e Pittella); ma allora quel disegno di legge non giunse ad essere esaminato nelle competenti Commissioni parlamentari.

Le segnaliamo anche che vari altri senatori e deputati hanno espresso il loro sostegno all'iniziativa legislativa per la formazione delle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza; e che, sempre nel 2014, la stessa Presidente della Camera dei Deputati, on. Laura Boldrini, trasmise alla competente Commissione Parlamentare, "affinche' i deputati che ne fanno parte possano prenderne visione", la documentazione a tal fine predisposta dal "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" che dal 2000 ha proposto al Parlamento di legiferare in tal senso.

Non vi e' bisogno di ripetere ancora una volta quanto sia opportuno che nel proprio percorso formativo e conseguentemente nella propria operativita' gli appartenenti alle forze dell'ordine possano disporre anche delle straordinarie risorse che la nonviolenza mette a disposizione di tutti gli attori sociali impegnati in situazione critiche per la sicurezza comune e la difesa dei diritti di tutti.

Con questa lettera vorremmo sollecitare il suo personale impegno affinche' quei disegni di legge giungano al piu' presto all'esame delle competenti Commissioni parlamentari e possano avere esito in un disegno di legge unificato ampiamente meditato e condiviso che possa divenire nel piu' breve tempo possibile legge dello stato.

Distinti saluti,

Firma, luogo e data, recapito del mittente

 

8. NO AL GOLPE DEGLI APPRENDISTI STREGONI

 

Senza odio, senza violenza, senza paura.

Al referendum votiamo No.

No al golpe, No al fascismo, No alla barbarie.

Al referendum votiamo No.

Per difendere la Costituzione, la democrazia, la separazione e l'equilibrio dei poteri, lo stato di diritto.

Al referendum votiamo No.

Senza odio, senza violenza, senza paura.

 

9. NO

 

Senza odio, senza violenza, senza paura.

Al referendum sulla riforma costituzionale noi votiamo No.

*

No al golpe degli apprendisti stregoni.

No a chi vuole smantellare la Costituzione repubblicana frutto della Resistenza antifascista.

No a chi vuole ridurre il parlamento a una corte di yes-men.

No a chi vuole annientare la separazione e l'equilibrio dei poteri.

No a chi vuole distruggere la democrazia parlamentare ed instaurare un regime autocratico.

*

Al referendum sulla riforma costituzionale noi votiamo No.

Senza odio, senza violenza, senza paura.

 

10. CONTRO TUTTE LE UCCISIONI

 

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Pace, disarmo, smilitarizzazione.

Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.

Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

Vi e' una sola umanita'.

Salvare le vite e' il primo dovere.

 

11. UN PARLAMENTO ELETTO DAL POPOLO, UNO STATO DI DIRITTO, UNA DEMOCRAZIA COSTITUZIONALE. AL REFERENDUM VOTIAMO NO AL GOLPE

 

Al referendum sulla riforma costituzionale voluta dal governo votiamo No.

No al golpe, no al fascismo, no alla barbarie.

Al referendum sulla riforma costituzionale voluta dal governo votiamo No.

Senza odio, senza violenza, senza paura.

*

Il Parlamento, l'istituzione democratica che fa le leggi, deve essere eletto dal popolo, e deve rappresentare tutti i cittadini con criterio proporzionale.

Ma con la sua riforma costituzionale il governo vorrebbe ridurre il senato a una comitiva in gita aziendale, e con la sua legge elettorale (il cosiddetto Italicum) vorrebbe consentire a un solo partito di prendersi la maggioranza assoluta dei membri della camera dei deputati anche se ha il consenso di una risibile minoranza degli elettori, e con il "combinato disposto" della riforma costituzionale e della legge elettorale il governo, che e' gia' detentore del potere esecutivo, vorrebbe appropriarsi di fatto anche del potere legislativo, rompendo cosi' quella separazione e quell'equilibrio dei poteri che e' la base dello stato di diritto.

Se prevalessero le riforme volute dal governo sarebbe massacrata la Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza antifascista, sarebbe rovesciata la democrazia, sarebbe negata la separazione dei poteri e quindi lo stato di diritto.

*

Al referendum sulla riforma costituzionale voluta dal governo votiamo No.

No al golpe, no al fascismo, no alla barbarie.

Al referendum sulla riforma costituzionale voluta dal governo votiamo No.

Senza odio, senza violenza, senza paura.

 

12. CESSATE IL FUOCO

 

Cessate il fuoco.

Vogliamo vivere.

Siamo esseri umani. Come voi.

Siete esseri umani. Come noi.

Volete vivere.

Cessiamo il fuoco.

 

13. LAZZARO CASUSCERI: IL RACCONTO DEL CERVO

[Dal nostro amico Lazzaro Casusceri riceviamo e pubblichiamo questo e i seguenti racconti]

 

Il signor Michele Cervante, come dice gia' il cognome, era un gran cacciatore di cervi.

Li inseguiva correndo per i prati e siccome era molto veloce li raggiungeva e allora con una mano li afferrava per le corna e con l'altra tirava fuori il coltello che teneva alla cintura e con un colpo solo gli tagliava la testa - ma i cervi l'avevano capito e fuggivano subito nel bosco, dove Michele Cervante non li poteva inseguire perche' essendo molto povero non aveva le scarpe e nei prati si correva sull'erba che era morbida, ma nel bosco era pieno di sassi e di spine.

Una volta un cervo si era addormentato nel prato, e Michele Cervante lo raggiunse di sorpresa, lo prese per le corna con una mano e con l'altra stava gia' prendendo il coltello per tagliargli la testa quando il il cervo gli parlo'.

I cervi infatti sanno parlare, ed anche parecchio bene, ma non parlano mai agli uomini perche' pensano che gli uomini siano stupidi, perche' solo gli stupidi uccidono gli animali quando ci sono gia' le erbe e i frutti del bosco che sono squisiti da mangiare e non c'e' bisogno di fare del male a nessuno. Ma quella volta era questione di vita o di morte, e cosi' il cervo parlo' a Michele Cervante.

E gli disse: "Non mi uccidere, ed io ti raccontero' una storia bellissima, che ogni volta che tu la racconterai chi la ascolta vorra' offrirti un bicchiere di vino o addirittura la cena. E tu potrai fare la bella vita senza dover faticare".

Michele Cervante - a cui ascoltare le storie piaceva tantissimo - accetto' la proposta e lo lascio' libero, e il cervo comincio' a raccontare: "In un posto della Mancia di cui non mi ricordo il nome...".

 

14. LAZZARO CASUSCERI: L'INVENZIONE DEI DIECI COMANDAMENTI

 

Era di pomeriggio, con Facciallegra e Sarchiapone stavamo a riposarci nel mezzo della radura. La caccia non era andata male, perche' di animali non avevamo preso niente ma avevamo trovato un albero di frutti gustosissimi, e ne mangiammo a volonta'. Poi piantammo le lance in terra e ci sdraiammo a dormire. Ma dal momento che il sonno non veniva e di tornare subito al villaggio non ci andava, cominciammo a chiacchierare tra noi.

"Io dico - comincio' Facciallegra - che a me certe ingiustizie non mi stanno bene, no, proprio non mi stanno bene. Se a caccia ci vado io, quello che trovo me lo pappo io". "Bravo", disse Sarchiapone. "E perche' lo devo dare pure ai vecchi e ai bambini del villaggio? Andassero a caccia pure loro se ne sono capaci". "Giusto", disse Sarchiapone. "E le donne? A lotta non valgono niente. E se uno non e' capace di difendere le sue cose, e' giusto che il piu' forte se le prenda, no?". "E' vero", disse quell'imbecille di Sarchiapone.

Allora decisi che non potevo piu' stare zitto: "Ma che dici, Sarchiapo'? Se non ti aiutavamo io e Facciallegra ti levavano pure il vestito, l'altro giorno". "Che c'entra?, rispose, Siamo amici, e' normale che mi avete aiutato, io quante volte vi ho aiutato a voi?". "E allora che vuol dire che chi e' piu' forte si prende le cose di chi e' piu' debole? Basta che quello piu' debole ha qualche amico e diventa piu' forte di quello piu' forte". "E' cosi', e cosi' deve essere". "Bravo furbo, ma se quello piu' forte chiama gli amici suoi e diventa di nuovo piu' forte di quello piu' debole e degli amici suoi...", "Vuol dire che andra' come deve andare...", disse Sarchiapone che era gia' stanco di discutere. "E se quello piu' debole e gli amici suoi chiamano altri amici loro e ridiventano piu' forti...": "Basta, basta, che cosi' non finisce piu'", intervenne Facciallegra. "Appunto, dissi io, non finisce piu' e si e' visto l'altr'anno con la faccenda tra il villaggio della valletta puzzolente e quello di dietro la foresta, che cominciarono a litigare Magnallova e Tiradritto, che prima erano pure amici, e poi rissa dopo rissa e' finita che il villaggio dei puzzoni e' stato distrutto e quelli che ci stavano quasi tutti ammazzati, ma poi quelli presi come schiavi hanno dato fuoco al villaggio dietro al bosco, e pure al bosco, e adesso dei due villaggi non c'e' piu' neppure l'ombra e di chi ci abitava sono sopravvissuti si' e no venti o trenta, che poi li abbiamo trovati noi e prima li abbiamo portati nel recinto delle bestie del villaggio nostro e poi piano piano ce li siamo pappati tutti". "E' vero. Erano proprio degli imbecilli. E la carne era pure cattiva", concluse Sarchiapone.

"Ma che c'entra?", disse Facciallegra. "Che c'entra che?", dissi io. "La storia che hai raccontato", disse lui. E subito Sarchiapone: "Gia', che c'entra?". E allora dovetti continuare, perche' Facciallegra e Sarchiapone sono i miei migliori amici e andiamo a caccia insieme da quando eravamo pischelli, ma fra tutti e due non capiscono un accidente. "C'entra, perche' quello che dici tu e' una fesseria, Faccialle'". "Come sarebbe? Perche' e' una fesseria quello che dico io? Sara' una fesseria quello che dici tu, signor saputello", replico'. "Sarebbe che tu apri bocca e gli dai fiato,e  invece prima dovresti pensarci due volte". "Bravo, e mentre io ci penso due volte il cinghiale gia' e' scappato. Sei proprio un fesso, Posapia'". Posapiano era il mio nome, e me l'avevano messo perche' prima di fare le cose ci pensavo sempre, ma quando poi si trattava di agire ero svelto come la polvere, altro che posapiano.

"Vi devo sempre spiegare ogni cosa", dissi paziente. E continuai: "Quando eravamo regazzini e a caccia non ci andavamo come abbiamo fatto a non morire di fame?". E Sarchiapone: "Ci pensavano i grandi a darci da mangiare". "Bravo, e adesso che grandi siamo noi chi ci deve pensare a portare da mangiare per i regazzini di adesso?". "Noi, e' naturale", disse Sarchiapone. "Bravo, e a quelli che quando erano grandi loro e ci davano da mangiare a noi che eravamo regazzini, e che adesso loro sono vecchi e non ce la fanno piu' a correre dietro ai cinghiali e a colpirli con la lancia, e noi adesso siamo grandi e un giorno diventeremo vecchi pure noi se non moriamo prima, ebbene, chi ci deve pensare adesso a far mangiare i vecchi che prima ci facevano mangiare a noi?". "Noi, noi, e' chiaro", concluse Sarchiapone. E allora io: "E allora?". E Sarchiapone: "E allora che?". "Come sarebbe allora che?". Si intromise Facciallegra: "Ho capito, io ho capito quello che dici, che chi e' grande deve andare a caccia per far mangiare pure i regazzini e i vecchi". "Mo' hai capito", dissi. "Avevo capito pure da prima", rispose. "E pure io", disse Sarchiapone. "E allora quello che dicevate prima era una fesseria", provai a concludere, ma figuriamoci. "Sei tu che dici le fesserie, disse Facciallegra, io dicevo delle donne". "Perche', le donne non ci vanno pure loro a caccia? Non le portano pure loro al villaggio le radici e la frutta e l'acqua? E oltre a fare tutto quello che fanno gli uomini fanno pure altre due cose che noi non facciamo". E Facciallegra: "Si', prendere in giro a me". Era vero che al villaggio tutti prendevano in giro Facciallegra, donne e uomini, perche' aveva una cicatrice sul viso che sembrava che ridesse sempre; se l'era fatta una volta che aveva fatto a botte con uno che aveva preso una pietra affilata e gli aveva fatto il lavoretto. Lui diceva che non gliene importava niente, ma quando lo prendevano in giro le donne rosicava eccome. "Quanto sei fesso", dissi io. E Sarchiapone: "Allora, visto che sei tanto intelligente, dillo tu quello che le donne fanno e che noi non sappiamo fare". "Fanno i figli, capoccione. E dopo li allattano pure. Tu li sai fare i figli? Li sai allattare?". Scoppiammo a ridere tutti e tre, siamo vecchi amici, e quando uno dice una cosa buffa o la soluzione di un indovinello ci scordiamo subito di ogni discordia. Siamo vecchi amici, tutti per uno e uno per tutti, ci chiamano i tre lancieri.

"Vabbe', mi sa che e' ora che torniamo al villaggio, raccogliamo un po' di questi frutti pure per loro, via", disse dopo un po' Facciallegra. E aggunse: "Con tutto che non se li meritano". Non ce la faceva a non avere l'ultima parola.

Raccogliemmo tutta la frutta che riuscivamo a portare e ci mettemmo in cammino. Ci eravamo allontanati parecchio dal villaggio, e c'era da camminare un bel po'. Avevamo fatto suppergiu' cento passi che vediamo una famiglia di cinghiali. Succede sempre cosi': finche' non hai ingombri e sei pronto a tirare la lancia non trovi neppure una serpe, appena ti trovi che hai dovuto tirare su il davanti del vestito e reggerlo con tutte e due le mani (e con una pure la lancia, che cosi' la tieni pure male) per portare la frutta, allora ti compare davanti ogni bendidio di bestie commestibili.

Perdere tempo non si poteva. In un lampo tutti e tre lasciammo le cocche delle vesti, i frutti caddero in terra, ci mettemmo all'inseguimento dei cinghiali.

Fu un inseguimento lungo, mannaggia a loro, e alla fine ci scapparono senza che fossimo riusciti neppure a tirargliela la lancia. Quando ci accorgemmo che era inutile continuare restammo un bel pezzo a riprendere fiato, poi lemme lemme tornammo dove avevamo lasciato la frutta.

E poiche' le fregature non vengono mai da sole, il grosso della frutta non c'era piu', e quella che restava era stata schiacciata per bene cosicche' era diventata una poltiglia tutta impastata di terra, ormai irrecuperabile. E chi ci aveva fatto il servizietto aveva pure fatto, incidendo la corteccia di un albero, un disegno, insomma, avete capito che disegno, apposta per deriderci.

E' naturale che non la prendemmo bene. E per fortuna che prima avevamo mangiato a piu' non posso e quindi la giornata non era stata un disastro totale. Discutemmo se era il caso di tornare all'albero dove avevamo trovato la frutta, ma si era fatto tardi e il cammino era ancora lungo e non volevamo che il buio ci trovasse ancora nel folto del bosco. E poi i frutti che era facile prendere li avevamo gia' colti, quei pochi che restavano sull'albero erano sui rami piu' alti, e si rischiava di cascare di sotto e farla pure noi, e coi nostri stessi corpi, la poltiglia. Bisognava tornare al villaggio e buonanotte.

Riprendemmo a camminare di malumore. "Bisognerebbe stabilire delle regole, come quando si gioca a morra, che ci sono le regole del gioco altrimenti finisce sempre in rissa", disse Sarchiapone. "E bravo Sarchiapone, dissi io, t'e' venuta una bella idea". "Me ne vengono sempre, solo che non ve le dico". "Forse faresti meglio a cominciare a dirle". "Cosi' poi mi ci prendete in giro, eh?". "Se sono belle idee, no". "Allora senti questa, Posapia': si potrebbe fare la regola che non si ruba la frutta che uno ha posato per terra per correre dietro a un cinghiale". "E' una bella regola", dissi io. "E allora si potrebbe fare pure la regola che se tu tocchi la roba mia io t'ammazzo", disse Facciallegra. Ma io: "E' una regola pericolosa, perche' ci sono molti casi in cui non e' sicuro di chi sia la roba: per esempio puo' anche darsi che chi ha trovato la frutta nostra aveva pensato che l'avevamo buttata". E Facciallegra: "Allora doveva aspettare che tornavamo e chiedercelo se l'avevamo buttata": E io: "E se non tornavamo?". "Aspettava fino alla sera e poi se la pigliava lui", disse Sarchiapone. "E se noi tornavamo solo il giorno dopo?", dissi. "Ce la ridava, e finiva li'", concluse Facciallegra. "E se se l'era gia' pappata?". "Gli buchiamo la trippa con le lance". "Non mi pare che funziona, e poi si finisce come nella storia dei puzzoni e di quelli di dietro il bosco". Sarchiapone fece: "Fermi tutti, mi e' venuta un'altra idea". "Che idea?", chiedemmo insieme io e Facciallegra. E Sarchiapone: "Facciamo la regola che non si ammazzano le persone". E Facciallegra: "Ah si'? E come si fa a fare la guerra?". E Sarchiapone: "Smettiamo di fare la guerra". E io: "Se ci attaccano ci difendiamo, e' chiaro, ma questa e' legittima difesa". E Facciallegra: "Insomma sei d'accordo con questo scemo?". "Si', e' una bella idea". E lui: "Andiamo bene, ce ne sono altre di belle idee come questa?". E Sarchiapone: "Me ne e' venuta un'altra: che si deve portare da mangiare ai vecchi che non possono andare a caccia". Io: "Questa e' buona". E stavolta anche Facciallegra annui', poi disse: "Pero' bisogna farne poche di regole, altrimenti uno se le scorda". Sarchiapone: "Se ne potrebbe fare una sola che vale per sempre". Ma io: "Ah Sarchiapo', qui ne abbiamo dette gia' tre, come si fa a farne una sola?". Sarchiapone: "Allora facciamone cinque". "E perche' cinque?". "Perche' e' facile ricordarsele, le contiamo con le dita della mano, una regola il primo dito, una regola il secondo...". "E allora perche' non venti? Ne abbiamo venti di dita, cinque per mano e cinque per piede". "Si', ma i piedi sono distanti e puzzano pure", fece Sarchiapone. Allora io: "Facciamone dieci quante le dita delle mani e non se ne parla piu'". Facciallegra disse: "Ha ragione Posapiano, una volta tanto". Sarchiapone disse: "E' andata. Adesso pensiamo alle altre sette regole".

Non ce lo immaginavamo mica che stavamo cominciando la storia della civilta'.

 

15. LAZZARO CASUSCERI: LA FIONDA, UNA STORIA DELL'UMANITA' IN COMPENDIO

 

Avere una fionda e' il desiderio piu' grande di ogni bambino. Con una fionda si possono rompere a notte fonda le lampadine sui pali della luce e cosi' riaccendere le stelle, e di giorno far esplodere i nidi irraggiungibili, e cacciare le lucertole che stupide stanno a prendere il sole sul muro, e - se proprio dovesse servire - caricarla a brecciolino e mirare agli occhi del capo della banda rivale, e poi vediamo come va a finire la sfida.

Avere una fionda e' il primo passo, poi verra' il coltello, la baiaffa, il mitra, il carrarmato, le bombe e poi finalmente e' finito tutto questo schifo.

 

16. LAZZARO CASUSCERI: UN INCONTRO CON LA VOLPE

 

Tutti sanno che il piu' grande pericolo quando sei solo e' di incontrare una volpe.

Perche' prima ti sembra che non ci sia nessuno, e di colpo la volpe e' li', a due passi, che ti chiede l'ora, o se hai un fiammifero, o se sai i risultati delle partite. E tu te lo immagini che e' una volpe, ma come fai a non dirgli l'ora, a non accendergli la sigaretta o a far finta che non hai sentito alla radio la cronaca delle partite. E' domenica, e' verso sera, di sicuro sei stato al bar, e adesso sei solo sul viottolo verso il casale. La volpe queste cose le sa, e ti aspetta al varco.

Noi la chiamiamo la volpe, perche' lo sappiamo che e' la volpe, ma lei non si presenta mai con l'aspetto della volpe: di solito e' una bella ragazza, vestita elegante; ma certe volte e' una vecchia col bastone, ingobbita, vestita di nero, con un fazzolettone nero sulla testa e uno scialle nero e ricamato lungo fino a terra che sembra una ragnatela; oppure e' un albero il cui fogliame agitato dal vento sembra un mare d'oro; o anche un ragazzino, un cavallo baio, un telefono nero col filo che pare una coda di topo e che squilla, che squilla, che squilla e se tu prendi il ricevitore per rispondere sei perduto.

Ma di solito e' una bella ragazza, vestita elegante, che ti racconta una storia commovente, e mentre la racconta piange. E tu sai che non la devi ascoltare perche' quella storia e' incantata, ma se ti fermi poi non ce la fai piu' ad allontanarti, la storia e' bella e commovente, la ragazza e' aggraziata e infelice, nella borsetta intravedi un fazzolettino sporco di sangue ma ti sembra che quella macchia vermiglia possa anche essere un disegno, un arabesco.

Le volpi lo sanno il segreto, conoscono tutte le nostre debolezze e tutti i nostri desideri, tutte le nostre paure e il nostro desiderio di quelle paure. Se tu ti fermi si guardano intorno e se sono sicure che non c'e' nessuno che possa vederle con un balzo ti sono alla gola, poi una zampata che ti squarcia il petto, e ti divorano il cuore.

Ci sono persone che sono sopravvissute all'incontro con la volpe, ma dopo la loro vita e' un'altra: non avendo piu' il cuore ed essendo dissanguate sono sempre stanche e non trovano pace, certe volte diventano anche cattive. C'e' chi dice che finisce che diventano volpi anche loro, ma io non lo credo.

*

Una volta Giufa' incontro' una volpe, e la volpe gli chiese: "Vorresti, carino, che ti raccontassi la storia delle mille e una notte?". E Giufa': "E dove lo trovo il tempo? Io domani devo lavorare e la notte devo dormire, e poi mille e una notte per me sono troppe, sto diventando gia' vecchio e devo sbrigarmi a trovare una moglie".

Allora la volpe, che aveva aspetto di fanciulla: "E se ti dicessi che potresti gia' averla trovata, una moglie amorosa?". E Giufa': "Ma a me non mi serve una moglie amorosa, mi serve una donna che mi aiuta nel lavoro dei campi, e che tiene bene la casa che io non sono capace, e che mi fa i figli che mi servono per aiutarmi con la terra e con le vacche".

"Una moglie amorosa e' quanto di meglio per fare dei figli", continuo' la volpe. E Giufa': "Ma io ho sentito dire che la morosa e la moglie sono due cose diverse, e chi ha la morosa non ha la moglie, e chi prende moglie non ha piu' la morosa".

"Sei proprio uno sciocchino", disse allora la volpe, e sorrise. E quando la volpe sorride non c'e' uomo che possa resisterle. Ma Giufa': "Me lo dicono tutti che sono uno sciocco, anche se nessuno me lo ha mai detto con tanta grazia, ed ecco, ho sentito un tuffo al cuore, e ho pensato che sarebbe bello che noi vivessimo insieme: la casa e' piccola ma la terra intorno e' tanta, e appena avessi due scudi ti comprerei un bel regalo alla fiera perche' mi sembra che sei cosi' bella che ogni giorno vorrei farti un regalo".

La volpe senti' che lo aveva ormai catturato, si guardo' intorno per esser sicura che non ci fosse nessuno nelle vicinanze, e stava gia' per balzargli alla gola quando Giufa' disse: "Pero', pero'...". "Pero' cosa?", chiese la volpe. E Giufa': "Niente, un pensiero. Ma no. Pero', pero' bisogna che te lo chiedo senno' scoppio". "Cosa vuoi chiedermi, carino?". "Vorrei chiederti, ma senza offesa, eh? Vorrei chiederti se sei mica una volpe...".

Ora, tutti sanno che se c'e' una cosa che una volpe non riesce a sopportare e' che qualcuno le chieda se e' mica una volpe. La rabbia e' tanta che spariscono di colpo, e questo e' l'unico metodo per salvarsi dalle volpi. Non so se Giufa' lo sapesse o ha solo avuto fortuna. Glielo chiedero' quando mi capitera' d'incontrarlo. Di sicuro domani all'osteria.

 

17. LAZZARO CASUSCERI: IL SOLITO CAVALLO PARLANTE

 

Nessuno sopporta i cavalli parlanti.

Dicono sempre la verita', non si arrabbiano mai, e vogliono sempre aiutarti.

Il fatto e' che tu quando sei nei guai innanzitutto vorresti che la gente non lo sapesse. E invece proprio mentre per strada fai il galante con la signorina Margherita passa il solito cavallo parlante e ad alta voce, che lo sentono a tre chilometri di dstanza, dice: "Sor Pumpurio, ho saputo di quel suo debito e che l'ufficiale giudiziario e' gia' venuto a casa sua a fare l'inventario, mi permetta di sovvenirla del mio modesto aiuto". E tu vorresti avere un fucile da caccia grossa di quelli della collezione di Hemingway.

Poi parlano quella lingua da discepoli del marchese Puoti che non si capisce mai che dicono, e pare che lo fanno per metterti alla berlina perche' a scuola eri distratto perche' pensavi sempre ad altro, prima alle figurine, poi alle ragazze, poi alla rivoluzione, e adesso con internet e col telefonino chi ha piu' il tempo per studiare la lingua italiana o leggere i classici?

Insomma, mi stanno antipatici, si'. Perche' non se ne stanno zitti? Sono stati zitti per secoli, e' cosi' difficile adesso trattenere la linguaccia loro?

E' vero, c'e' anche un fatto personale.

L'altro giorno ero andato a mangiare alla trattoria dei quattro cavalieri, era l'una, era caldo ma c'era un bel venticello, cosi' mi sono accomodato a un tavolo all'aperto. Com'e' come non e', nel menu del giorno c'erano anche fettine di carne di cavallo. E quello ho ordinato, cosi', soprappensiero. E non era affatto male. Quando chi ti si avvicina? Esattamente. Si pulisce gli zoccoli strofinandoli ben bene per terra e mi fa: "Sor Pumpurio, che mangia di bello?". Avrei voluto sprofondare. Anzi, no: avrei voluto che sprofondasse lui nell'inferno dei cavalli. Insomma, uno non puo' essere lasciato in pace neppure quando mangia un boccone in trattoria?

Lo so anch'io che e' brutto mangiare i cavalli, che sono animali come noi, come noi dotati del ben dell'intelletto e della favella. E lo so che l'anno scorso hanno ricevuto piu' premi Nobel i cavalli che gli umani, e non discuto che quei riconoscimenti fossero meritati; studiare, studiano parecchio, anche perche' - diciamola tutta - fanno una vita piu' semplice della nostra e quindi hanno piu' tempo per pensare, per studiare, per dettare i libri ai loro assistenti.

Che poi bisognerebbe dire pure questo: io non sono razzista, e lo capisco che quando noi li usavamo per tirare i carretti o ci salivamo sopra e per farli correre gli davamo di frusta e di speroni non era una cosa da cristiani, sono d'accordo. Ma che adesso loro fanno i professoroni e degli esseri umani - dico: degli esseri umani - debbano stare al loro servizio per scrivere sotto dettatura, ebbene, non mi pare una bella cosa. Non dico che non paghino bene, pagano bene. Ma mi sembra una cosa contronatura, ecco, adesso l'ho detto. E' chiaro che con gli zoccoli e' piu' difficile scrivere che con le mani. Ma allora usassero quei programmi vocali che adesso girano pure sul computer piu' scrauso, invece di avere tre dattilografi umani per ogni cavallo.

Anche il fatto che sono tutti laureati, diciamo la verita', non va mica bene. Cosi' si accaparrano tutti i posti di lavoro migliori. In qualunque ufficio vai gli uscieri sono tutti uomini, i dirigenti quasi tutti cavalli. Non va bene, lede la dignita' umana. E' vero che studiare studiano. E ci credo, non hanno niente da fare. L'unico sport che praticano e che seguono sono le corse, che dopo che ne hai vista una le hai viste tutte; invece noi abbiamo mille giochi e mille sport, dal biliardo al pallone, dal poker all'atletica leggera, e' naturale che siamo distratti da mille impegni ed abbiamo meno tempo per studiare. E loro fanno carriera.

E' per questo che con certi amici miei abbiamo costituito una societa' segreta che abbamo chiamato "Lega per la liberazione dell'umanita': padroni a casa nostra". Siamo gia' parecchi, piu' di quanto quei ciarlatani a quattro zampe possano immaginare, e stiamo accumulando armi, e quando verra' il momento lo vedremo qual e' la razza dominante sul pianeta.

 

18. SOLO

 

Solo fermando le guerre si salvano le vite.

Solo con il disarmo si fermano le uccisioni.

 

19. SOTTO LE BOMBE

 

Sotto le bombe la gente muore.

Tutte le bombe, tutta la gente.

*

Solo la pace salva le vite.

Solo il disarmo ferma la strage.

 

20. MALVOLIO STRACCANI: VECCHI AMICI

 

Fu all'osteria del Gatto rosso, una sera di agosto che non c'era nessuno, che Filippo Resecchi e Riccardo Fallana si rincontrarono, ed erano passati quarant'anni o giu' di li'. E naturalmente non si riconobbero. Ma li riconobbi io.

Passo quasi tutto il mio tempo all'osteria, il padrone e' un amico, e poi e' sempre meglio che in un tavolo in fondo ci sia sempre qualcuno, dice che scoraggia i malintenzionati. Cosi' faccio parte del paesaggio, consumare consumo poco, qualche caffe', qualche mezzo litro con la gazzosa, la pensione e' quella che e'. Perlopiu' faccio solitari o leggo il giornale, oppure - come mi piace dire - "tengo udienza". C'e' sempre qualcuno piu' disgraziato di me che ha bisogno di un orecchio in cui travasare le sue sventure, io ascolto, dico qualche sobria parola di partecipazione, se richiesto di un'opinione do' qualche saggio consiglio. Ma soprattutto ascolto. Non gioco mai a carte, mi limito ai miei solitari, faccio i solitari anche quando tengo udienza ed e' per questo che si e' sparsa la voce che leggo le carte, ma le uniche carte che leggo sono i fogli del giornale, anzi dei giornali: perche' il padrone dell'osteria ne compra due, quello con le notizie locali e quello sportivo. Io li leggo tutti e due, sto li' quasi tutto il giorno. Nell'osteria c'e' pure la televisione ma sta nella seconda stanza, quella piu' interna che da' sul campo da bocce, a me la televisione mi da' fastidio, dicono solo bugie. Anche i giornali le sparano grosse, ma chi ha un po' di esercizio riesce a leggere quello che non c'e' scritto. E poi la televisione parla, e io sono sordo, gia' fatico a sentire chi mi strilla i suoi guai da mezzo metro, no, no, la televisione non fa per me. Capisco che nell'osteria ci debba essere, per le partite, ma a me piaceva di piu' quando le partite si sentivano alla radio, se le vedi ti accorgi che i giocatori sono tutti scamorze.

Veramente io non sono di qui, ci sono venuto ad abitare suppergiu' una quarantina d'anni fa. Avevo dovuto lasciare il paese mio in fretta e furia. Come Filippo e Riccardo.

Quarant'anni non sono uno scherzo, si cambia. Io per esempio se ritrovassi le fotografie di quando ero giovane - ma non ne ho conservata nessuna, non mi piacciono le fotografie - non mi riconoscerei per niente. Eppure ero io. Ma adesso sono tutta un'altra persona. E' cosi' per tutti, solo che la gente non se ne accorge. E' per questo che tante volte uno non riconosce una persona che conosceva tanti anni prima e poi aveva perso di vista. Infatti Filippo e Riccardo non si riconobbero. Entrarono quasi insieme, e siccome si portavano dietro uno una valigia e uno un borsone dovevano essere scesi dal treno da Firenze delle 19,45 e aspettavano l'arrivo del treno per Napoli delle 20,10 o quello per Bologna delle 20,30, o qualche altro treno piu' tardi, chi lo sa. Il bar della stazione e' chiuso per ristrutturazione dei locali, e il posto piu' vicino in cui i viaggiatori accaldati possono farsi un goccio e' questo. E' chiaro che non riconobbero neppure me. Gia' sarebbe stata una coincidenza improbabile il casuale incontro di due di noi, ma che ci incontrassimo per puro caso addirittura tutti e tre insieme chiunque lo avrebbe ritenuto impossibile. E invece.

Li riconobbi subito: Filippo camminava dritto come un fuso che pareva l'avessero impalato, e Riccardo zoppicava come sempre. Mi parve che Filippo non avesse piu' la fede al dito, ed era comprensibile, pero' avrebbe sempre potuto risposarsi. In quarant'anni ne succedono di cose. Era vestito abbastanza bene, non uno straccione come me, ma questo non voleva dire niente, gli era sempre piaciuto vestirsi bene e magari adesso in tasca aveva solo i soldi per un caffe', ma il vestito era inappuntabile. Forse lavorava ancora, e nel genere di lavoro che facevamo quarant'anni fa l'apparenza e' tutto. Mi pareva anche piu' giovane dell'eta' che aveva, di sicuro si tingeva i capelli. Riccardo invece era invecchiato e malmesso, mi sembrava ingobbito e floscio, emanava un sentore di marcio e di avvilimento, forse era malato.

Filippo si era seduto a un tavolo e aveva ordinato un caffe' e un bicchier d'acqua. La voce era la sua. Riccardo invece si era seduto su uno sgabello davanti al bancone, aveva appoggiato i gomiti sul bancone e le mani sulle guance, poi aveva chiesto un cognacchino, come sempre. La voce si era indebolita e la dizione impastata - sommessa e strascicata, tutta soffi e sibili - mi fece pensare che gli mancasse qualche dente, o che avesse gia' bevuto. Riccardo dava le spalle a Filippo, e nessuno dei due aveva prestato attenzione alla voce dell'altro, ma io si'. Erano proprio loro. Poiche' non avevo altro a cui pensare, mentre continuavo il solitario cominciai a ruminare tra me se c'era qualche possibilita' che si riconoscessero.

*

Quarant'anni prima lavoravamo insieme, nel ramo rapine. E si guadagnava bene. Poi siccome eravamo giovani spendevamo pure a rotta di collo, fessi che eravamo. Stavamo sempre insieme; quasi sempre, a dire il vero, perche' Filippo era sposato con la Tina e giustamente dovevano avere anche la loro vita privata. Quando finivamo i soldi facevamo un'altra rapina, e cosi' via.

Quarant'anni fa, quell'ultima notte che passammo insieme, avevamo appena incassato da un ricettatore la spettanza per certa merce che gli avevamo portato, il frutto dell'ultima nostra impresa, ed erano davvero bei soldi, tanti soldi. Mentre eravamo in macchina che da casa del cravattaro tornavamo al paese, a un certo punto Riccardo disse: "Ah Fili', te devo di' 'na cosa". E Filippo: "Che m'hai da di'?". "E' mejo che te la dico da solo a ssolo". E Filippo, a cui piaceva darsi le arie: "Allora me la poi di' subbito, qui semo soli noi co' Corrado e se mm'hai da di' 'na cosa a mme, Corrado po' senti'". "So' 'nnato a lletto co' la tu' moje, porca paletta, Fili', so 'nnato a lletto co' la tu' moje, mo' mme dispiace, Fili', ma sso' propio annato a lletto co' essa". Nessuno disse piu' una parola per tutto il viaggio. Arrivati al paese fermammo la macchina nel garage di Filippo. Lui disse: "Salgo un attimo di sopra, voi fate le parti". E sali' le scale. Io dissi a Riccardo: "Ma che te se' bevuto 'l cervello? Mo' t'ha da ammazza'". E lui: "E' ggiusto, cia' raggione, nun me 'mporta gnente". E io: "Tu sse' matto, Ricca', vedemo d'annassene". Allora parve scuotersi e disse: "Si', spartimo 'sti sordi e annamosene". Io preparai tre pacchetti incartati bene, ne lasciammo uno li' e stavamo uscendo quando sentimmo una schioppettata. Filippo aveva ammazzato la moglie. Salimmo di corsa: "Ma ch'hae fatto, era a mme che dovevi ammazza', no a essa", singhiozzava Riccardo. "No", disse Filippo, "lei era mi' moje e doveva resta' ffedele a mme che so' 'l su' marito; con te semo amici e e' grave lo stesso ma se sa che l'omo e' omo e essa era davero bbella" e comincio' a piangere a dirotto pure lui. E si abbracciavano, lacrimavano e si abbracciavano stretti. Roba dell'altro mondo. Allora io dissi: "Mo' bbasta, quel ch'e' stato e' stato. Oramai dovemo solo che annassene, qui c'e' 'l cadavere e figurete si nun fanno 'n inchiesta e ce 'ncastreno sicuro come 'na messa: a te tte danno ll'omicidio ma a tutt'e tre ce danno tutte le rapine ch'emo fatto e ppure qualch'antra. Ergastolo sicuro. S'ha dda scappa', e dde corza". Furono d'accordo, scendemmo, demmo a Filippo il fagottello con la parte sua, salimmo tutti e tre sulla macchina e Filippo ci accompagno' prima a casa di Riccardo che prese la macchina sua e ci venne dietro fino a casa mia, dove io presi la macchina mia. Ma prima di lasciarci scendemmo tutti e tre dalle macchine per dirci addio, poiche' sapevamo che ognuno avrebbe preso una strada diversa e probabilmente non ci saremmo visti mai piu'. Ci abbracciammo forte, poi ognuno sali' sulla sua automobile e uscimmo dal paese: al primo incrocio ognuno prese una direzione diversa.

Non ci avevo mai pensato che fra Tina e Riccardo ci potesse essere una storia. E' vero che Filippo era insopportabile. Sempre arrogante, sempre saputone, voleva fare il capo con noi, figurarsi con la moglie: e qualche volta ci aveva detto che la menava, ma sono cose che si dicono sempre parlando tra uomini e non ci si faceva caso, e poi che fosse vero o che fosse una vanteria che cambiava? Era un tempo che gli uomini che arrivavano a casa dopo aver subito sventure o affronti a cui avevano dovuto chinar la testa due cose sapevano fare, e le facevano sempre: ubriacarsi e pestare la moglie e i figli. Filippo non mi pareva tipo da ubriacarsi (era sempre freddo, composto, elegante, misurato, ed era insopportabile proprio per quello), ma non si puo' mai sapere. Nelle case succedono cose che da fuori non le puoi neppure immaginare. Che Tina potesse non sopportarlo, mi sembra piu' che possibile, probabile. Ma non me lo aspettavo che lei se la facesse proprio con Riccardo che a vederlo non gli si dava un soldo di fiducia; e non mi aspettavo neppure che Riccardo fosse cosi' scemo da dirlo a Filippo; e non mi aspettavo che Filippo avrebbe ammazzato la moglie: se proprio doveva ammazzare qualcuno era logico che ammazzasse Riccardo, che aveva tradito l'amicizia - e che altro c'e' oltre l'amicizia? E invece. Le persone ti credi di conoscerle e invece non le conosci mai.

*

Da allora avro' ripensato diecimila volte a quella notte, e con l'andare del tempo mi sono accorto di una cosa: che eravamo tutti ciechi sull'esistenza di Tina. Noi eravamo tre amici per la pelle e il mondo era fatto di noi tre contro tutto il resto. Tina era un pezzettino di tutto il resto. Ma era cosi' pure per Filippo? Magari per lui c'era un mondo in cui c'eravamo noi tre contro tutto il resto e c'era un altro mondo in cui era lui e Tina contro tutto il resto, e doveva continuamente saltare da un mondo all'altro. Ma non ne parlammo mai. E per Riccardo? Magari per lui c'era si' il mondo di noi tre contro tutto il resto ma anche il mondo di lui e Tina e in quel mondo erano lui e Tina contro Filippo. E magari per lui c'era pure un mondo in cui erano lui e Filippo contro Tina. Alla fine cominciai a chiedermi chi era Tina, che pensava di noi, in che mondo viveva: era lei contro noi tre? O noi tre eravamo un pezzetto di tutto il resto contro cui lei si batteva da sola? O anche lei viveva in piu' mondi che in parte si sovrapponevano, e allora in parte si armonizzavano e in parte confliggevano, colluttavano, si ferivano e si mutilavano, e le divoravano l'anima ed era un continuo sanguinare e una gran confusione senza possibilita' di mediazioni dialettiche: un mondo dove era lei sola contro tutto il resto, un mondo dove erano lei e Filippo contro tutto il resto, un mondo dove erano lei e Riccardo contro tutto il resto... Ed io che ero per Tina? Ero sempre solo un pezzo di tutto il resto? O magari Tina non la vedeva come noi, non c'era un "contro tutto il resto", non ne aveva bisogno per sapere chi era lei, magari lei non era contro nessuno, oppure era contro qualcuno e insieme a qualcun altro, oltre Filippo, oltre Riccardo, e noi questa cosa non la capivamo neppure, anzi non pensavamo neppure che potesse esistere un punto di vista diverso dal nostro. Con gli anni mi sono accorto che le donne pensano meglio di noi uomini, e che noi uomini siamo tutti fascisti. Forse perche' le donne fanno i figli e noi no, noi viviamo murati nella nostra solitudine, loro invece sanno che avere la capacita' di dare la vita ad altre persone rende responsabili di altre persone, ti apre alla comprensione autentica della pluralita' delle persone e del rispetto che a tutte e' dovuto. E poi, millenni di oppressione di genere, come millenni di oppressione di classe, fanno si' che chi ha subito una cosi' lunga violenza porta con se' una capacita' di verita', una coscienza del vero e quindi un'esigenza del bene e del giusto, che gli oppressori non possono avere mai, mai. Pure io, che non ho mai voluto fare del male a una donna e infatti non mi sono mai sposato, anzi non sono neppure mai andato a letto con una donna, pure io sono un fascista perche' sono stato complice della dittatura fascista dei maschi, e il complice piu' spregevole, il complice che neppure se ne accorgeva che c'era la dittatura. Non ero stato sempre un rapinatore. E neanche Filippo e Riccardo. Prima eravamo operai tutti e tre, ed eravamo comunisti. A quel tempo il mondo non era lo schifo che e' oggi. Era sempre uno schifo, ma in quello schifo c'era un sacco di gente che lottava contro quello schifo, e quelli eravamo noi, i comunisti. Mi fa ridere, e insieme mi fa rabbia, e mi fa pena, quando sento la gente nell'osteria che dice che i comunisti erano per la dittatura; ma che ne sanno loro: i comunisti erano quelli che combattevano contro la dittatura, in Unione sovietica i nostri compagni erano quelli dell'opposizione allo stalinismo, erano quelli ficcati a schiattare nei gulag. Erano quelli che avevano combattuto in Spagna contro il fascismo e poi Stalin li aveva ficcati nel gulag, erano quelli che avevano resistito a Stalingrado e poi Stalin li aveva ficcati nel gulag. Quando gli anticomunisti dicono "comunisti" intendono i fascisti come loro; quando noi diciamo "comunisti" intendiamo chi sa che tutte le vite meritano di essere salvate, che tutte le persone meritano di essere aiutate, e che sapendo questo hai il dovere di agire di conseguenza. I processi di Mosca: non era chiaro quali erano i nostri compagni? Budapest 1956: non era chiaro quali erano i nostri compagni? La primavera di Praga: non era chiaro quali erano i nostri compagni? Cose del secolo scorso, piu' antiche delle guerre puniche, non le ricorda piu' nessuno a parte noi. Eppure noi tre diventammo rapinatori, ed era solo per caso che non avevamo ammazzato nessuno perche' quando lavoravamo le armi ce le portavamo ed erano cariche, e se qualcuno avesse cercato di resistere lo avremmo steso senza pensarci sopra: quando hai un'arma, hai gia' deciso di ammazzare qualcuno. Ma come era successo che da comunisti eravamo diventati rapinatori? avevamo perso la speranza e per questo diventammo rapinatori, o diventammo rapinatori e quindi perdemmo la speranza? E poi: eravamo comunisti solo perche' eravamo operai? o perche' speravamo che la nostra lotta potesse vincere e l'umanita' liberarsi da ogni catena? Io no, io ero sempre stato leopardiano prima ancora che marxista, ed ero comunista proprio perche' l'umanita' e' costitutivamente infelice e allora proprio per questo tu devi lottare contro l'oppressione, la violenza, il dolore che esseri umani infliggono ad altri esseri umani invece di aiutarsi tutti come sarebbe logico, come sarebbe giusto. Il programma della Ginestra. Il programma della Ginestra. Eravamo diventati rapinatori perche' non volevamo piu' essere sfruttati come operai. Ma diventando rapinatori non eravamo saltati dall'altro lato della barricata della lotta di classe? E se eravamo saltati dall'altra parte non eravamo diventati per forza fascisti? Socialismo o barbarie. La Rosa rossa ripescata dal canale. Forse era per questo che avevamo deciso che gli incassi delle rapine (i soldi che facevamo con le rapine li chiamavamo "incassi", non guadagni, non frutti) li dividevamo alla pari fra tutti e tre ma poi c'era l'accordo che ognuno di noi avrebbe anonimamente donato un terzo della sua parte a un'organizzazione del movimento operaio, io almeno l'ho sempre fatto. Era senso di colpa? o che altro? Ma comunisti o rapinatori a quel tempo non ci eravamo accorti che c'era mezza umanita' nei cui confronti anche noi eravamo fascisti, non ci eravamo accorti che senza liberazione delle donne l'umanita' sara' sempre schiava, il fascismo vincera' sempre, lo sfruttamento non finira'. Io ci ho messo un sacco di tempo a capirlo. E quando l'ho capito ormai non ero piu' niente, ero solo una persona in fuga - la fuga piu' astuta: quella di chi trova una nicchia nel buio e vi resta immobile, e vi s'immeschinisce, si mineralizza giorno dopo giorno, svuotandosi goccia a goccia -, ero uno che si nascondeva, uno che era svanito, che non aveva piu' consistenza delle nuvole e dei sogni. Ho passato gli ultimi quarant'anni nel buio, nel freddo, nel vuoto. Non nella paura, ma nella stanchezza e nel disprezzo di me stesso. Si', quando ho potuto ho dato una mano a chi mi chiedeva aiuto, ma cercando di non farlo vedere, raccomandandomi sempre che non lo dicessero in giro, e preferendo che pensassero che leggevo le carte e passavo le giornate a irrancidirmi all'osteria. Ma non e' di me che vi sto raccontando.

*

Mi sono sempre chiesto che avra' pensato di noi Filippo quando si sara' accorto che nella spartizione dei soldi che ci aveva dato il ricettatore nell'involto suo ci avevamo messo un Oscar Mondadori senza la copertina e coi quinterni tagliati per meglio simulare la flessibilita' delle banconote sciolte (mi ricordo pure che libro era: Il deserto dei Tartari di Dino Buzzati, il libro era mio, ce lo avevo in tasca quella notte, ma ormai l'avevo letto e quindi non mi era dispiaciuto metterlo nell'involto al posto dei soldi di Filippo), e i soldi suoi ce li eravamo spartiti io e Riccardo. L'avra' capito subito che il colpo lo avevamo fatto tutti e due insieme fregando solo lui, o avra' pensato che i soldi se li era presi tutti uno solo fregando gli altri due? la verita' era che ci eravamo proprio messi d'accordo per fregare lui, io perche' pensavo che la societa' era bella che finita dopo che Riccardo aveva detto quello che aveva detto, e siccome quando Filippo sali' le scale li' eravamo solo io e Riccardo spartimmo tra noi; se Filippo non fosse salito e magari Riccardo fosse andato fuori a fare un goccio d'acqua allora magari a bocca asciutta avremmo fatto restare Riccardo. Riccardo quando gli proposi l'affare e gli dissi che doveva decidere subito, che il tempo era poco, forse avra' pensato in un lampo di lucidita' che Filippo quando sarebbe tornato giu' lo avrebbe ammazzato, e allora visto che doveva comunque fuggire era meglio avere qualche spicciolo in piu'. E ando' cosi'. Certo, un conto e' scappare di fretta lontano lontano portandosi in tasca all'incirca cento milioni di lire, e un altro conto e' farlo con Il deserto dei Tartari, che comunque era un bel libro, ho pensato tante volte che quando Filippo scarto' il regaletto dapprima certo non l'avra' presa bene, ma dopo di sicuro il libro se l'e' letto, e magari ce l'ha ancora, sebbene sia un po' complicato da leggere visto che tutti i fogli ormai erano sciolti. A me e a Riccardo centocinquanta milioni per uno invece di cento non ci facevano schifo.

*

E adesso, quarant'anni dopo, eccoci di nuovo tutti e tre insieme, qui all'osteria del Gatto rosso.

Alle otto e cinque Filippo si alzo' per uscire. Riccardo era sempre al bancone, ed era al secondo o al terzo cognac. Quando Filippo fu alla porta pensai che la coincidenza era troppo bella per sprecarla, allora gridai: "Filippo, sono Corrado, e quello che trinca al bancone e' Riccardo, te li abbiamo fregati noi i soldi, hai sbagliato ad ammazzare lei, dovevi ammazzare noi". Filippo si fermo', ma non si giro' neppure, resto' fermo dieci secondi, poi apri' la porta e usci'. Riccardo si era girato verso di  me, gli occhi acquosi, la faccia gonfia e senza forma, mi sembrava stordito, non lo so se aveva capito quello che avevo detto. Ma non passo' mezzo minuto che la porta si apri' di nuovo, adesso aveva una pistola, forse l'aveva tirata fuori dalla valigia, col braccio teso camminava verso Riccardo e mentre camminava sparava, uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto colpi. Alla testa, al petto. Riccardo fece un sospiro lunghissimo e scivolo' per terra mentre la faccia si riempiva di sangue e sul giubbotto fiorivano quattro bottoni rossi. Era morto stecchito. Filippo si volto' verso di me, col braccio teso e la pistola puntata, e disse: "Ti potevi stare zitto, no?". E io: "Potevo". E lui: "Comunque grazie per Il deserto dei Tartari", e intanto ritraeva il braccio e la rivoltella spariva nella tasca della giacca. Usci' senza fretta, come chi sa che deve essere veloce a sparire e per essere veloce a sparire la prima regola e' non affrettarsi.

 

21. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Letture

- Mario Lancisi, Processo all'obbedienza. La vera storia di don Milani, Laterza, Roma-Bari 2016, pp. XII + 164, euro 16.

*

Riletture

- Luca Polese Remaggi, Ferruccio Parri, Il Mulino, Bologna 2004, Il sole 24 ore, Milano 2013, pp. 304.

 

22. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

23. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 2530 del 12 novembre 2016

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVII)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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