[Nonviolenza] Telegrammi. 2193



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 2193 dell'11 dicembre 2015

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVI)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com

 

Sommario di questo numero:

1. Nella Giornata dei diritti umani

2. Contro tutti i terrorismi, contro tutte le guerre

3. Hic et nunc, quid agendum

4. Raniero la Valle: Un papa venuto prima della fine del mondo

5. Peppe Sini: Un tentativo del 2008

6. Da Gaza al Pakistan, la guerra (marzo 2008)

7. Un contributo all'assemblea del 2 marzo a Bologna (marzo 2008)

8. In guisa di postilla (marzo 2008)

9. Contro la guerra, il razzismo, il patriarcato, la devastazione della biosfera, lo sfruttamento onnicida, votare occorre (marzo 2008)

10. In memoria di Annie Jump Cannon, di Eugenio Curiel, di Carlos Gardel, di Tomas Gutierrez Alea, di Albert O. Hirschman, di Suzanne Lilar, di Mario Lizzero, di Naguib Mahfouz, di Alma Mahler, di Gianfranco Mattei, di Alberto Meschi, di Manoel de Oliveira, di Grace Paley, di Georgij Plechanov, di Gian Domenico Romagnosi, di Olive Schreiner, di Aleksandr Solzenicyn, di Margarete Traube

11. Segnalazioni librarie

12. La "Carta" del Movimento Nonviolento

13. Per saperne di piu'

 

1. INCONTRI. NELLA GIORNATA DEI DIRITTI UMANI

 

Come di consueto, nella ricorrenza della Giornata mondiale dei diritti umani, anche il 10 dicembre 2015 a Viterbo presso il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" si e' svolto un incontro di riflessione sulla Dichiarazione universale dei diritti umani approvata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948; un incontro di riflessione, di testimonianza e di impegno affinche' questi diritti siano riconosciuti, rispettati e difesi ovunque.

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Il responsabile della struttura nonviolenta viterbese, Peppe Sini, ha evidenziato come pace, diritti umani e difesa della biosfera costituiscano un medesimo impegno, e come questo impegno si concretizzi nell'azione nonviolenta contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni; ovvero nell'iniziativa nonviolenta del movimento delle oppresse e degli oppressi per la liberazione dell'umanita' e la difesa dell'intero mondo vivente; ovvero nella lotta nonviolenta per la legalita' che salva le vite, per la democrazia che salva le vite, per la civilta' che salva le vite.

Nella "Dichiarazione universale dei diritti umani" approvata dall'Onu nel 1948 e' il programma giuridico e politico dell'umanita': la scelta teorica e pratica della nonviolenza e' l'unica via concreta e coerente per realizzarlo.

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Al termine dell'incontro sono stati riproposti tre brevi "programmi d'azione immediata" che la struttura nonviolenta viterbese ha promosso in queste ultime settimane:

- "Contro tutti i terrorismi, contro tutte le guerre: le cose piu' urgenti da fare per salvare le vite";

- "Hic et nunc, quid agendum: soccorrere, accogliere, assistere tutte le persone in fuga dalla fame e dalla guerra";

- "Una proposta per le imminenti elezioni: con la Rosa rossa contro la guerra, con la Rosa bianca contro il nazismo, per la pace e i diritti umani".

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Ogni vittima ha il volto di Abele.

Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

Il primo dovere e' salvare le vite.

Pace, disarmo, smilitarizzazione.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

2. REPETITA IUVANT. CONTRO TUTTI I TERRORISMI, CONTRO TUTTE LE GUERRE

 

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Ogni uccisione e' un crimine.

Non si puo' contrastare una strage commettendo un'altra strage.

Non si puo' contrastare il terrorismo con atti di terrorismo.

A tutti i terrorismi occorre opporsi.

Salvare le vite e' il primo dovere.

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La guerra e' il terrorismo portato all'estremo.

Ogni guerra consiste di innumerevoli uccisioni.

La guerra e' un crimine contro l'umanita'.

Con la guerra gli stati divengono organizzazioni terroriste.

Con la guerra gli stati fanno nascere e crescere le organizzazioni terroriste.

A tutte le guerre occorre opporsi.

Salvare le vite e' il primo dovere.

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Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

Un'organizzazione criminale va contrastata con un'azione di polizia da parte di ordinamenti giuridici legittimi.

La guerra impedisce l'azione di polizia necessaria.

Occorre dunque avviare un immediato processo di pace nel Vicino e nel Medio Oriente che consenta la realizzazione di ordinamenti giuridici legittimi, costituzionali, democratici, rispettosi dei diritti umani.

Occorre dunque che l'Europa dismetta ogni politica di guerra, di imperialismo, di colonialismo, di rapina, di razzismo, di negazione della dignita' umana di innumerevoli persone e di interi popoli.

Occorre dunque una politica europea di soccorso umanitario, di pace con mezzi di pace: la politica della nonviolenza che sola riconosce e promuove e difende i diritti umani di tutti gli esseri umani.

Salvare le vite e' il primo dovere.

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La violenza assassina si contrasta salvando le vite.

La pace si costruisce abolendo la guerra.

La politica della nonviolenza richiede il disarmo e la smilitarizzazione.

La politica nonviolenta richiede la difesa civile non armata e nonviolenta, i corpi civili di pace, l'azione umanitaria, la cooperazione internazionale.

Salvare le vite e' il primo dovere.

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Si coalizzino tutti gli stati democratici contro il terrorismo proprio ed altrui, contro il terrorismo delle organizzazioni criminali e degli stati.

Si coalizzino tutti gli stati democratici per la pace, il disarmo, la smilitarizzazione dei conflitti.

Si coalizzino tutti gli stati democratici per l'indispensabile aiuto umanitario a tutte le persone ed i popoli che ne hanno urgente bisogno.

Si coalizzino tutti gli stati democratici per contrastare le organizzazioni criminali con azioni di polizia adeguate, mirate a salvare le vite e alla sicurezza comune.

Si coalizzino tutti gli stati democratici per la civile convivenza di tutti i popoli e di tutti gli esseri umani.

Salvare le vite e' il primo dovere.

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Cominci l'Italia.

Cominci l'Italia soccorrendo, accogliendo e assistendo tutte le persone in fuga dalla fame e dall'orrore, dalle dittature e dalla guerra.

Cominci l'Italia cessando di partecipare alle guerre.

Cominci l'Italia uscendo da alleanze militari terroriste e stragiste come la Nato.

Cominci l'Italia cessando di produrre  armi e di rifornirne regimi e poteri dittatoriali e belligeranti.

Cominci l'Italia abrogando tutte le infami misure razziste ancora vigenti nel nostro paese.

Cominci l'Italia con un'azione diplomatica, politica ed economica, e con aiuti umanitari adeguati a promuovere la costruzione di ordinamenti giuridici legittimi, costituzionali e democratici dalla Libia alla Siria.

Cominci l'Italia destinando a interventi di pace con mezzi di pace, ad azioni umanitarie nonviolente, i 72 milioni di euro del bilancio dello stato che attualmente ogni giorno sciaguratamente, scelleratamente destina all'apparato militare, alle armi, alla guerra.

Cominci l'Italia a promuovere una politica della sicurezza comune e del bene comune centrata sulla difesa popolare nonviolenta, sui corpi civili di pace, sulla legalita' che salva le vite.

Salvare le vite e' il primo dovere.

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Ogni vittima ha il voto di Abele.

Alla barbarie occorre opporre la civilta'.

Alla violenza occorre opporre il diritto.

Alla distruzione occorre opporre la convivenza.

Al male occorre opporre il bene.

Contro tutti i terrorismi, contro tutte le guerre.

Salvare le vite e' il primo dovere.

 

3. REPETITA IUVANT. HIC ET NUNC, QUID AGENDUM

 

Occorre soccorrere, accogliere, assistere tutti gli esseri umani in fuga dalla fame e dalle guerre.

Occorre riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere in modo legale e sicuro nel nostro paese.

Occorre andare a soccorrere e prelevare con mezzi di trasporto pubblici e gratuiti tutti i migranti lungo gli itinerari della fuga, sottraendoli agli artigli dei trafficanti.

Occorre un immediato ponte aereo di soccorso internazionale che prelevi i profughi direttamente nei loro paesi d'origine e nei campi collocati nei paesi limitrofi e li porti in salvo qui in Europa.

Occorre cessare di fare, fomentare, favoreggiare, finanziare le guerre che sempre e solo consistono nell'uccisione di esseri umani.

Occorre proibire la produzione e il commercio delle armi.

Occorre promuovere la pace con mezzi di pace.

Occorre cessare di rapinare interi popoli, interi continenti.

In Italia occorre abolire i campi di concentramento, le deportazioni, e le altre misure e pratiche razziste e schiaviste, criminali e criminogene, che flagrantemente confliggono con la Costituzione, con lo stato di diritto, con la democrazia, con la civilta'.

In Italia occorre riconoscere immediatamente il diritto di voto nelle elezioni amministrative a tutte le persone residenti.

In Italia occorre contrastare i poteri criminali, razzisti, schiavisti e assassini.

L'Italia realizzi una politica della pace e dei diritti umani, del disarmo e della smilitarizzazione, della legalita' che salva le vite, della democrazia che salva le vite, della civilta' che salva le vite.

L'Italia avvii una politica nonviolenta: contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni. Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' e la biosfera.

Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

Vi e' una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.

Salvare le vite e' il primo dovere.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

 

4. RIFLESSIONE. RANIERO LA VALLE: UN PAPA VENUTO PRIMA DELLA FINE DEL MONDO

[Riceviamo e diffondiamo il testo del discorso tenuto da Raniero La Valle il 5 dicembre 2015 all'Universita' di Lecce, su invito della Fondazione "Tonino Bello" di Alessano.

Raniero La Valle e' nato a Roma nel 1931, prestigioso intellettuale, giornalista, gia' direttore de "L'avvenire d'Italia", direttore di "Vasti - scuola di ricerca e critica delle antropologie", presidente del Comitato per la democrazia internazionale, gia' parlamentare, e' una delle figure piu' vive della cultura della pace; autore, fra l'altro, di: Dalla parte di Abele, Mondadori, Milano 1971; Fuori dal campo, Mondadori, Milano 1978; Dossier Vietnam-Cambogia, 1981; (con Linda Bimbi), Marianella e i suoi fratelli, Feltrinelli, Milano 1983; Pacem in terris, l'enciclica della liberazione, Edizioni Cultura della Pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1987; Prima che l'amore finisca, Ponte alle grazie, Milano 2003; Chi e' dunque l'uomo?, Servitium, 2004; Agonia e vocazione dell'Occidente, Terre di mezzo, 2005; Se questo e' un Dio, Ponte alle grazie, Milano 2008; Paradiso e liberta', Ponte alle grazie, Milano 2010; Quel nostro Novecento, Ponte alle Grazie, Milano 2011; Un Concilio per credere, Emi, Bologna 2013; Chi sono io, Francesco?, Ponte alle Grazie, Milano 2015]

 

Vorrei partire da una frase detta da papa Francesco ai giornalisti nel viaggio in aereo di ritorno dall'Africa, il 30 novembre scorso.

Bisogna stare molto attenti ai viaggi di papa Francesco. Le cose piu' importanti spesso avvengono nei viaggi, e negli incontri con i giornalisti negli aerei del ritorno si puo' trovare una sorta di evangelizzazione globale.

Del resto il suo pontificato stesso e' un viaggio. Per lui la Chiesa e' una Chiesa che cammina. Per questo lui deve portare le scarpe nere. Senza le scarpe non si puo' stare davanti al gregge, e tanto meno in mezzo o dietro al gregge, come il pastore deve fare perche' "il gregge ha il fiuto per trovare nuove strade".

L'immagine di Chiesa di papa Francesco e' quella di un popolo in cammino. Perfino il Sinodo, che uno immaginerebbe come una assemblea di uomini seduti, il papa spiega che e' "un camminare insieme", come dice la parola greca; e' un fare esodo, uomini e donne insieme, e non solo i ricchi ma anche i poveri. Anzi proprio i poveri sono stati invitati a sedere dove prima sedevano vescovi e cardinali, nell'aula del "Vecchio Sinodo", quando papa Francesco il 28 ottobre del 2014 invito' i rappresentanti dei movimenti popolari di tutto il mondo in Vaticano, per avanzare la loro sacrosanta rivendicazione a "terra, casa e lavoro".

Il papa che cammina per le strade del mondo e' il contrario del papa che, come "santo prigioniero" se ne e' stato chiuso per quasi un secolo in Vaticano, indispettito perche' gli avevano portato via il potere temporale, con la sola eccezione di papa Pacelli che scese un momento nel quartiere di san Lorenzo devastato dal bombardamento americano durante la guerra; e la Chiesa in uscita, ospedale da campo nel tormento delle periferie, e' il contrario della Chiesa degli apostoli chiusa nel Cenacolo dopo la morte di Gesu' "per paura dei Giudei". E' meglio una Chiesa "incidentata", dice papa Francesco, che una Chiesa che se ne sta al sicuro, dove non succede niente, e lo Spirito Santo invece di soffiare chissa' dove sta.

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Che cosa e' andato a fare in Africa

Dunque partiamo, per questa riflessione che dobbiamo fare, dal viaggio in Africa (25-30 novembre 2015). Che cosa ci e' andato a fare?

E' andato ad aprire una porta. Si potrebbe dire - l'abbiamo vista tutti in televisione - una porta qualunque, la porta di legno di una chiesa di periferia. Era la porta della cattedrale di Bangui, in Centro Africa, un luogo che prima del viaggio era stato presentato come il posto piu' misero, piu' remoto e piu' pericoloso della terra, dove la gente si ammazza, in particolare tra cristiani e musulmani, come avviene al di la' di un mitico "chilometro 5". E il papa ha detto al pilota dell'Alitalia: se non mi ci porta lei, mi dia un paracadute, che ci vado da solo. Cosi' e' andato in quel posto cosi' pericoloso, mentre c'era un conflitto, come ha fatto don Tonino Bello nel 1992 quando e' andato a Saraievo, dove i cecchini sparavano sui mercati e sulle strade. E al chilometro cinque il papa ha fatto salire sulla "papamobile" l'imam musulmano, e insieme hanno salutato la folla.

Dunque il papa ha aperto quella porta, e dice: questa e' una porta santa, e percio' e' il centro del mondo, e' la capitale spirituale del mondo. Ed ecco che la Chiesa non e' piu' la Chiesa di Roma, e' la Chiesa di Bangui, e' la Chiesa di ogni punto del poliedro Terra dove si apre una porta santa.

Ma perche' quella semplice porta diventa una porta santa? Perche' si apre sulla misericordia, perche' da li' comincia "un anno della misericordia". Ma, come dice Pietro (2 Pt. 3,8), un solo giorno e' come mille anni davanti al Signore, e mille anni come un giorno; dunque un anno e' come se fossero mille e mille anni. E infatti che cosa ce ne facciamo di un anno solo di misericordia, di un anno solo in cui torni la pieta'? E dopo che succede, torna l'inferno? Dunque non si tratta di inaugurare un anno di misericordia, ma un'eta' della misericordia, si tratta di dare inizio a una nuova epoca della storia umana, l'epoca della misericordia.

E attraverso quale porta si entra nell'eta' della misericordia? Non e' solo la porta di san Pietro, ne' la porta delle altre tre basiliche romane, e' la porta della cattedrale di Bangui e di ogni altra chiesa o pieve lontana: ma cio' significa, come ha scritto il papa nella bolla di indizione del Giubileo, che ogni porta puo' diventare una porta santa, se la si varca con animo di misericordia, se per essa si entra nella logica dell'amore. Certo e' un bel colpo per l'Opera Romana Pellegrinaggi: ma anche questa e' la riforma della Chiesa.

E allora porta santa, ha detto il papa, e' anche la porta della cella di ogni carcere, se il prigioniero l'attraversa col pensiero volto al padre della misericordia, perche' anche dietro le sbarre di un carcere si puo' fare esperienza della liberta'. Ma se porte sante possono essere perfino quelle di tutte le celle di tutte le prigioni, porta santa puo' e deve essere la porta di ogni casa, ogni casa in cui abiti la misericordia.

E nemmeno si tratta solo delle porte di legno e di pietra, quelle con gli stipiti. Certo, quelle si devono aprire, come dice il salmista (Ps. 24):

"Alzate o porte la vostra fronte

Alzatevi soglie antiche

Ed entri il re della gloria".

Ma non solo le porte di pietra prendono vita, lo stesso re della gloria e' una porta, ogni persona e' una porta, ognuno che vive, ognuno di noi, puo' essere una porta santa della misericordia. Anche Gesu', una persona umana, e' stato in realta' una porta. "Io sono la porta delle pecore", dice il Signore. Io sono la porta, chi entra sara' salvato (Gv. 10, 7-9).

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Un trasloco nel Pacifico

Dunque, dopo aver aperto la porta, nel volo di ritorno Francesco dice, a proposito della Conferenza sul clima in corso a Parigi, una cosa assai sconcertante. Dice che "nel Pacifico c'e' un Paese che sta comprando da un altro Paese terre per traslocare il Paese, perche' entro venti anni quel Paese non ci sara' piu'". Si sapeva del resto (ma nessuno se ne occupava) che gia' dal 1990 esiste un'alleanza di 42 piccoli Paesi, soprattutto Stati insulari, dell'Atlantico, dell'Oceano Indiano e del Pacifico (Oasis) che si sono uniti insieme per lottare contro la loro scomparsa.

Ma non solo non ci sara' piu' quel Paese del Pacifico che vuole traslocare altrove, forse non ci sara' nemmeno la Groenlandia perche' - ha aggiunto il papa - "l'altro giorno ho letto che in Groenlandia i ghiacciai hanno perso miliardi di tonnellate".

E se i ghiacciai in Groenlandia non ci saranno piu', ci saranno miliardi di tonnellate d'acqua in piu', per il riscaldamento globale, che tracimeranno sulla terra, e perfino Crozza l'altra sera in tv ci ha fatto vedere una cartina geografica dell'Italia dove anche Milano sara' sommersa dalle acque (e sara' cosi' risolto il problema della Padania!).

Allora la domanda e': Ma che cosa ci sta succedendo?

Questo e' appunto il titolo del primo capitolo dell'Enciclica "Laudato si'": "Quello che sta accadendo alla nostra casa", ed e' preso dal titolo di una lettera pastorale dei vescovi delle Filippine che risale al 1988 (29 gennaio 1988): What is happening in our beautiful land.

"Che cosa ci sta accadendo" e' la domanda da cui comincia tutto, comincia anche il ministero pubblico di Gesu'. Lo dice l'evangelista Giovanni narrando l'episodio delle nozze di Cana; quando Maria sollecita Gesu' dicendogli che gli ospiti non hanno piu' vino, Gesu' risponde con una frase che i traduttori fanno fatica a decifrare (il testo della Cei dice: "Donna che cosa vuoi da me?") ma che letteralmente dice: "Che cosa ci sta accadendo, donna?" ("Ti' emoi kai soi, gunai", e la Vulgata: "Quid mihi et tibi est, mulier?" Gv. 2, 4).

Secondo la conferenza dei vescovi delle Filippine quello che stava accadendo era per esempio che le barriere coralline, che ospitano un milione di specie - pesci, granchi, molluschi, spugne, alghe ecc. - oggi sono sterili o in declino. "Chi ha trasformato il meraviglioso mondo marino - scrivono i vescovi - in cimiteri subacquei spogliati di vita e di colore?". E cio' e' una conseguenza non solo di quello che si fa nel mare (per esempio la pesca col cianuro o con la dinamite) ma anche di quello che si fa sulla terra (inquinamento, industrie selvagge, rifiuti, deforestazione ecc.). Di fatto si perdono ogni anno da 20.000 a 100.000 specie viventi.

Veramente sono notizie da fine del mondo. Il mondo e' li' da milioni o miliardi di anni (dicono quattro miliardi e mezzo) ed ecco, almeno per come noi l'abbiamo conosciuto, ora finisce. Come si ricordera', nel racconto della Genesi la creazione fu anche un'operazione di separazione delle acque dall'asciutto, "e Dio chiamo' l'asciutto terra, e chiamo' le acque mare" (Gen.1, 9). E poi, come Dio dice a Giobbe, Dio ha messo un chiavistello al mare e gli ha detto: "Fin qui giungerai e non oltre, e qui s'infrangera' l'orgoglio delle tue onde" (Gb. 38, 10-11).

Per migliaia di anni gli uomini hanno creduto in questo chiavistello, si sono fidati, e hanno messo case e stabilito citta' sulle rive. A Brindisi c'erano le due colonne poste alla fine della via Appia, accanto al mare, e volevano dire: qui finisce la terra. Qui, vicino Lecce, a Roca, ci sono due grotte sull'Adriatico, proprio di fronte all'Albania, che si chiamano Grotte della poesia, dove migliaia di anni fa i Messapi, quando partivano o tornavano da un viaggio per mare, lasciavano iscrizioni votive, sicche' quelle pareti sembrano una biblioteca, e il mare non e' mai salito a coprirle. Ed ecco che ora questo chiavistello che fermava le acque lo stiamo facendo saltare, incuranti della fine.

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Che fa un papa prima che il mondo finisca?

Ma allora, se c'e' un mondo che finisce, cambia la percezione che abbiamo di questo papa, cambia l'idea di che cosa e' venuto a fare come vescovo a Roma.

Fino ad ora avevamo percepito questo papa come un papa venuto dalla "fine del mondo", in senso spaziale, come lui stesso aveva detto la sera dell'elezione: "i miei fratelli cardinali sono andati a prendere il vescovo di Roma alla fine del mondo", cioe' dal fondo dell'America, dall'Argentina.

Adesso sappiamo che questo e' un papa scelto per fare il papa PRIMA della fine del mondo.

Dunque c'e' una fine del mondo intesa non in senso spaziale, ma in senso temporale - (e non a caso il papa ci aveva avvertito, nella "Evangelii gaudium" - n. 222 - che il tempo e' superiore allo spazio). E in ogni caso, se ancora non e' la fine, c'e' pero' l'annuncio della fine. La conferenza di Parigi sulla crisi climatica che i giornali presentano come l'ultima occasione data ai popoli per salvarsi, l'ultimo treno prima del disastro ambientale, e' una specie di consulto su una fine annunciata.

E allora che fa un papa a cui, appena eletto, arriva la notizia che il mondo sta finendo, ma non perche' avesse ragione l'Apocalisse, per un decreto divino, ma perche' lo stiamo distruggendo noi? Qui non si tratta dell'escatologia, che fa parte del mistero divino che e' una cosa bellissima a cui ci dovremmo aprire e preparare nella fede, ben piu' di quanto siamo soliti fare. Qui si tratta di un collasso della natura e della storia provocato da noi, di un suicidio antropico.

Che fa un papa messo li' prima che il mondo in tal modo finisca?

Arruola militanti per la guerra santa sui principi non negoziabili? Lancia un progetto culturale? Mette le guardie svizzere nei presbiterii delle chiese per impedire che i divorziati risposati o altri esclusi dall'eucarestia si accostino alla comunione? Se la prende col trambusto provocato dal Concilio o rinfaccia a Maometto la spada? Sottrae ai confessionali i peccati di aborto trattando le donne come omicide?

No, naturalmente. Se oggi c'e' un rischio della fine, la missione del papa, la risposta alla domanda "che cosa e' venuto a fare" non puo' essere che quella di fermare la fine, e di trasformare la fine in un principio, cioe' annunciare e promuovere una storia nuova.

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Si riapre la questione di Dio

E questo tocca al papa, e alle Chiese, prima ancora che alla conferenza di Parigi, perche' se il mondo finisce, se per gli uomini si pone un problema di salvezza, allora si riapre la questione di Dio. Dio infatti, almeno per il credente, ha a che fare col mondo che finisce, se non altro perche' lo ha fatto lui.

Ma se Dio ha a che fare con la fine del mondo, e se questo e' il tema posto all'umanita' di oggi, cade una certezza su cui e' stata fondata la modernita': la certezza che tutto funzionerebbe benissimo, "anche se Dio non ci fosse". Non si trattava di una tesi atea. Furono anzi proprio dei ferventi cristiani, pur ritenendo blasfema l'ipotesi che Dio non ci fosse o non si occupasse dell'umanita', a sostenere che comunque il mondo poteva andare avanti benissimo lo stesso. Su questo pilastro si e' costruita la civilta' occidentale, e anzi su questo solo pilastro l'Occidente si e' costruito la sua societa', come i trampolieri che stanno in piedi su una gamba sola.  E' cosi' che il "come se Dio non ci fosse" e' diventato l'emblema della laicita', il blasone della secolarizzazione. Se Dio c'era, nessuna obiezione, ma era un affare privato.

Questa laicita' ha avuto una funzione storica importantissima, e da essa non si puo' tornare indietro. Infatti nella misura in cui le Chiese, nel secondo millennio, dirottate com'erano sulle contese per il potere, proponevano un Dio sbagliato, un Dio che si poneva di traverso allo sviluppo umano, la modernita' ha reagito mettendo Dio tra parentesi, in modo che la storia non ne venisse bloccata, e la scienza, il diritto, la liberta' e il pluralismo delle religioni e delle culture potessero avere sviluppo. Lo stesso Benedetto XVI lo ha riconosciuto rievocando la "discontinuita'" del Concilio. Fu appunto questo il conflitto della Chiesa con la modernita' che solo il Concilio Vaticano II, non a caso posto da Francesco a premessa e fondamento del Giubileo della misericordia, e' giunto a sanare.

Pero' questa ipotesi del come se Dio non ci fosse oggi va in crisi. Se in gioco e' il mondo, non si puo' dire che Dio non c'entra. Se e' in gioco la continuita' della specie, e se la modernita' e' giunta a questa crisi dimostrando di non saperla prevenire e superare, non si puo' dire che tutto funziona benissimo anche senza l'ipotesi Dio.  Se c'e' un problema di salvezza, e' proprio nel confrontarsi con esso che si comprende cosa voglia dire che le religioni siano vie di salvezza, e forse cominciamo davvero a capire cosa significa un Dio salvatore.

Pero' non avremmo capito niente di questo papa gesuita e nemmeno del cristianesimo, se dicessimo: "allora passiamo la pratica a Dio, che provveda lui a salvarci" (Se sei il figlio di Dio, scendi dalla croce, fu la sfida fatta a Gesu'). Questo lo dicono gli atei, non i credenti; lo disse il grande filosofo, Heidegger, nel 1966, in un'intervista allo "Spiegel" che la rivista tedesca presento' con questo titolo: "Ormai solo un Dio ci puo' salvare". I credenti invece sanno che Dio agisce attraverso le mani e il cuore dell'uomo, sanno che Dio, come afferma san Tommaso, ha dato all'uomo la "causandi dignitas", la dignita' di essere causa delle cose, e se la salvezza e' un dono di Dio, e anzi solo in Cristo ci si puo' salvare, e' anche un dono che gli uomini si fanno l'uno con l'altro; e anzi se, come ha detto papa Francesco all'Onu, c'e' un diritto all'esistenza della stessa natura umana", questo e' un diritto che ciascun uomo puo' e deve esigere dall'altro.

Il papa e' venuto appunto a proclamare questo diritto nuovissimo all'esistenza della specie (c'e' sempre stato, ma mai i giuristi se ne erano accorti), come i profeti avevano proclamato i diritti antichi, i diritti primordiali, quelli di primissima generazione.

Ma qui si va oltre la profezia. La profezia e' infatti nell'ordine dell'annuncio, qui si tratta di dare inizio a un tempo nuovo, un tempo in cui ci si possa salvare, dunque (e scusate il termine tecnico) siamo nell'ordine messianico.

Caratteristica del tempo messianico e' che e' un tempo breve. "Il tempo ha caricato le vele", cioe' si e' fatto breve, dice san Paolo ai greci di Corinto (1 Cor., 7, 29); e ai movimenti popolari riuniti di nuovo  a Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia, il 9 luglio 2015, ha detto papa Francesco: "Il tempo, fratelli, sorelle, il tempo sembra che stia per giungere al termine; non e' bastato combattere tra di noi, ma siamo arrivati ad accanirci contro la nostra casa. Questo sistema non regge piu', non lo sopportano i contadini, i lavoratori, le comunita', i villaggi... E non lo sopporta piu' la terra, la sorella madre terra, come diceva san Francesco". E tornando in aereo dall'Africa, richiesto se dalla conferenza di Parigi a suo parere sarebbe venuta una soluzione, papa Francesco ha risposto: "Non ne sono sicuro, ma posso dire che o adesso o mai. Siamo al limite, al limite di un suicidio".

Dunque siamo al termine di due processi che ci hanno portato ad aver poco tempo per salvarci: ci siamo sempre combattuti tra di noi (la storia come storia di guerra e di violenza, fino all'Isis), e lo sfruttamento della terra fino alla rottura.

*

Che cosa mettere in campo?

Se questa e' la crisi, qual e' la risorsa del papa, che cosa puo' mettere in campo?

Il papa riapre la questione di Dio, ma non propone il Dio dei miracoli, bensi' il Dio della misericordia. Riapre un radicale processo di conoscenza di Dio, di cui l'uomo moderno sembra non sapere piu' nulla, e ne propone il riconoscimento, propone lo stesso discernimento che ne ha fatto Gesu'. Questo discernimento e' necessario (proprio per questo - ha spiegato il Concilio - il Verbo si e' fatto carne) perche' era necessaria - e lo e' anche oggi - una nuova comprensione di Dio; infatti la storia, inclusa la storia delle religioni, e' anche una storia dei fraintendimenti di Dio, da cui mano a mano i credenti e le Chiese si sono affrancati a cominciare dall'immagine del Dio violento, vendicatore, giudice e perfino sterminatore da cui le religioni, secondo un prezioso documento della Commissione Teologica Internazionale del gennaio 2014, devono prendere oggi un definitivo congedo, realizzando cosi' un cambiamento epocale nella percezione di Dio e nella condotta degli uomini.

Questo e' il significato della misericordia come messaggio e scelta in cui si riversa tutto il pontificato di Francesco, dalla scelta del motto papale - "miserando et eligendo" - alla ripresa del Concilio, al suo proseguirlo e incardinarlo nell'anno della misericordia e da qui in un'eta' della misericordia: misericordia di Dio, e misericordia anche nostra.

Storicamente la societa' umana si e' costruita al di fuori e addirittura senza misericordia. E anche dopo che la misericordia si e' pienamente svelata nel volto di Gesu', il mondo ha cercato semmai le vie della giustizia, non della misericordia. In nome della giustizia si sono fatte guerre giuste e conquiste, inquisizioni, punizioni, vendette, discriminazioni ed esclusioni. A meta' del Novecento, dopo che il flagello era arrivato al culmine, i popoli ebbero un sussulto, e a San Francisco (magia dei nomi!) provarono la strada della misericordia, ripudiando la guerra, condannando i genocidi, proclamando i diritti, instaurando una convivenza; ma duro' poco, e tutto fu di nuovo riassorbito nella guerra fredda e nel terrore bipolare  prima, fino all'89, nel ripristino delle guerre e nella sovranita' selvaggia del denaro poi, dopo la caduta del Muro.

L'"ecologia integrale" del papa punta ora tutto sul ritorno della misericordia; non piu' solo come virtu' privata o ornamento spirituale della vita, ma come nuovo criterio del politico (invece del criterio "amico-nemico") e come precondizione della continuita' della vita sulla terra.

E' questo che Francesco ci ha fatto vedere, un altro volto di Dio, un Dio che perdona sempre, che arriva sempre primo nell'amore e cosi' ci muove ad amare. Il papa ci ha fatto vedere che con la misericordia non solo si puo' continuare ad abitare la terra, ma un altro mondo e' possibile.

 

5. DI SCHELETRI E DI ARMADI. PEPPE SINI: UN TENTATIVO DEL 2008

 

Tra la fine del 2007 e i primi mesi del 2008 fui uno dei promotori di un'iniziativa per la presentazione di liste della nonviolenza alle elezioni politiche.

Forse puo' essere utile rileggere oggi, in un contesto per piu' versi profondamente mutato, alcuni ragionamenti di allora cosi' come apparvero sul nostro notiziario.

 

6. HERI DICEBAMUS. DA GAZA AL PAKISTAN, LA GUERRA (MARZO 2008)

 

Da Gaza al Pakistan, la guerra che infuria.

E di questo si dovrebbe parlare nelle settimane che precedono le elezioni per il rinnovo del parlamento del nostro paese.

Di questo, e della catastrofe ambientale planetaria in corso.

E del femminicidio che anch'esso divampa.

*

Ma come potrebbero onestamente parlarne quelle forze politiche e quei mass-media che ancora in questi ultimi due anni hanno voluto e sostenuto la prosecuzione dell'illegale e criminale partecipazione militare italiana alla guerra terrorista e stragista, imperialista e razzista in Afghanistan?

Come potrebbero onestamente parlarne quelle forze politiche e quei mass-media che ancora in questi ultimi due anni hanno voluto e sostenuto decisioni scelleratissime di devastazione irreversibile della biosfera?

Come potrebbero onestamente parlarne quelle forze politiche e quei mass-media che ancora in questi ultimi due anni hanno voluto e sostenuto l'ideologia, le strutture e le prassi del patriarcato e del maschilismo?

Come potrebbero onestamente parlarne quelle forze politiche e quei mass-media che ancora in questi ultimi due anni hanno voluto e sostenuto la feroce lotta di classe degli sfruttatori contro gli sfruttati?

Come potrebbero onestamente parlarne quelle forze politiche e quei mass-media che ancora in questi ultimi due anni hanno voluto e sostenuto una politica razzista e mafiogena?

Come potrebbero onestamente parlarne quelle forze politiche e quei mass-media che ancora in questi ultimi due anni hanno voluto e sostenuto la sistematica violazione della legalita' costituzionale e del diritto internazionale?

Come potrebbero onestamente parlarne quelle forze politiche e quei mass-media che ancora in questi ultimi due anni hanno voluto e sostenuto la sistematica denegazione dei diritti umani della immensa maggioranza degli esseri umani?

*

Non vi e' chi non veda l'indispensabilita' e l'urgenza di costruire finalmente una presenza nelle istituzioni democratiche ecologista, femminista, nonviolenta; per realizzare un'azione politica e legislativa ecologista, femminista, nonviolenta; fatta da persone ecologiste, femministe, amiche della nonviolenza.

Non vi e' chi non veda come l'incontro di Bologna - quale che ne sia l'esito immediato - nel proporre alla riflessione questa necessita' ed urgenza, indichi ne' piu' ne' meno che il compito dell'ora per ogni persona di retto sentire, di tenace concetto, di volonta' buona.

La catastrofe e' in corso, ma anche la nonviolenza e' in cammino.

 

7. HERI DICEBAMUS. UN CONTRIBUTO ALL'ASSEMBLEA DEL 2 MARZO A BOLOGNA (MARZO 2008)

 

1. Le persone che si incontreranno il 2 marzo a Bologna certo proverranno da esperienze diverse e saranno portatrici di punti di vista diversi, e questa e' la seconda grande ricchezza di quell'appuntamento.

La prima e maggiore ricchezza sara' che queste persone saranno animate da una sincera volonta' di ascolto reciproco, di interlocuzione, senza pregiudizi e senza complessi, senza rassegnazioni e senza subalternita'. E questo e' il merito essenziale dell'appello di Michele Boato, Mara G. Di Rienzo e Mao Valpiana che quell'incontro convoca.

*

2. A quell'incontro vorremmo recare anche il contributo della nostra esperienza e riflessione. E questo contributo consiste nell'esporre succintamente ancora una volta la proposta della presentazione alle elezioni politiche di aprile di liste della sinistra della nonviolenza, femministe e ambientaliste, socialiste e libertarie, antirazziste e antimafia, antimilitariste e antiautoritarie, della solidarieta' e della responsabilita', del principio "Tu non uccidere" preso sul serio; la proposta che da mesi veniamo formulando come ineludibile compito dell'ora.

*

3. Vorremmo che non vi fossero equivoci sul senso e sul fine di questa proposta:

- non pensiamo che queste liste rappresenterebbero una sorta di arca di Noe', ma pensiamo che sarebbe opportuno poter votare alle elezioni politiche con scienza e coscienza.

- non pensiamo che queste liste potrebbero ottenere un significativo risultato in termini di seggi parlamentari, ma pensiamo che potrebbero persuadere a votare persone che altrimenti non avrebbero la possibilita' di votare.

- non pensiamo che queste liste sarebbero una panacea, ma almeno porrebbero all'attenzione dell'elettorato tutto le questioni per noi decisive dell'impegno contro la guerra e il razzismo, dell'impegno contro il patriarcato e il femminicidio, dell'impegno contro l'ecocidio, dell'impegno per la legalita costituzionale, per la democrazia, e contro l'autoritarismo, il regime della corruzione, i poteri criminali.

*

4. Femminismo, ecologia, nonviolenza: per noi queste tre definizioni designano una stessa sostanza. E si estrinsecano nell'impegno per il riconoscimento, la difesa e la promozione di tutti i diritti umani per tutti gli esseri umani. Nell'impegno per la difesa della biosfera. Nell'impegno contro ogni oppressione, contro ogni barbarie.

 

8. HERI DICEBAMUS. IN GUISA DI POSTILLA (MARZO 2008)

 

Per taluni nonviolenza pare essere il nome che danno al loro effettuale sottrarsi alla lotta per sostituirla con il vacuo astratto proclamare, con la ricerca meramente erudita, con una visione del mondo museale e filologica che ne denuncia il privilegio di ceto. Per noi nonviolenza designa una scelta di lotta, di lotta politica. Di lotta politica che rompe antiche subalternita', innominabili rassegnazioni, infami sudditanze, ambiguita' che avviliscono. Di lotta politica che contrasta ogni oppressione ed ogni menzogna. Di lotta politica che nel suo stesso coerente e concreto farsi invera la dignita' umana, prefigura e costruisce la liberazione dell'umanita'.

*

Noi ne proponiamo una nozione complessa e contestuale, aperta e sperimentale, fallibilista e pluridimensionale, caratterizzata tuttavia da questo elemento centrale, senza il quale tutto cade, svanisce nel nulla: l'elemento centrale della lotta contro la violenza. La nonviolenza e' lotta per la trasformazione dei rapporti sociali per inverare la piena dignita' ed i pieni diritti di ogni essere umano, o non e' nulla.

Quindi: la nonviolenza e' lotta politica, o non e' nulla.

Quindi: la nonviolenza e' progetto politico, proposta politica, movimento politico, azione politica, o non e' nulla.

Certo, una politica come quella proposta da Giacomo Leopardi nella Ginestra.

Certo, una politica come quella proposta da Virginia Woolf nelle Tre ghinee.

Certo, una politica come quella proposta da Albert Camus nella Peste.

Certo, una politica come quella proposta da Hannah Arendt in Vita activa.

Certo, una politica come quella proposta da Vandana Shiva in Il bene comune della terra.

*

Tolta la lotta la nonviolenza scompare.

Tolta la politica la nonviolenza scompare.

Essa diventa come quel socialismo della cattedra che veniva smascherato e irriso da quei due giovinotti nel 1848.

*

La nonviolenza e' oggi il nome che diamo alle pratiche e al metodo che contrastano la violenza onnicida nel modo piu' nitido e piu' intransigente.

 

9. HERI DICEBAMUS. CONTRO LA GUERRA, IL RAZZISMO, IL PATRIARCATO, LA DEVASTAZIONE DELLA BIOSFERA, LO SFRUTTAMENTO ONNICIDA, VOTARE OCCORRE (MARZO 2008)

 

Votare occorre.

Sia alle elezioni politiche che alle elezioni amministrative.

Alle elezioni amministrative e' anche piu' facile: beninteso, dove vi siano liste decenti, con candidati che siano persone per cui si possa esprimere una preferenza senza vergognarsene.

Ma anche alle politiche votare occorre, anche se esse si svolgono ancora una volta con una legge scellerata (resa ancor piu' grottesca dal venir meno del confronto tra coalizioni, col risultato di rendere semplicemente delirante e ridicola l'indicazione - gia' di per se' palesemente contraria allo spirito e alla lettera della Costituzione della Repubbica Italiana, come tutti sanno - di candidati alla presidenza del consiglio dei ministri, anche da parte di liste di cui si ignora se otterranno anche un solo seggio in parlamento).

E votare occorre tenendo fermi due criteri: il primo: che non si puo' votare per chi ha gia' violato la legalita' costituzionale cui pure aveva giurato fedelta': perche' votare per un criminale e uno spergiuro significa farsene complici; il secondo: che non si puo' votare per chi ha fatto uccidere delle persone (con la persecuzione dei migranti, con la guerra in Afghanistan), perche' votare per un assassino vuol dire avallare il delitto, favorirne la reiterazione, diventare complici degli assassini dunque.

*

Mi rammarico assai di non essere riuscito a persuadere un sufficiente numero di persone della necessita' e dell'urgenza di presentare liste della sinistra della nonviolenza alle elezioni politiche.

So che questa era la circostanza in cui si doveva e si poteva farlo, e che una cosi' propizia occasione potrebbe non ripresentarsi piu' per molti, molti anni. Checche' ne dicano gli arresi (gli arresi prima ancora di lottare), vi erano ora pienamente le condizioni materiali per farlo.

Non mi rammarico di essermi battuto per questo, ma di non essere riuscito si'. So misurare tutte le conseguenze di questo fallimento; e so che molte brave persone, che chiacchierano tanto ma ascoltano poco ed agiscono ancor meno, non sospettano neppure quanto esse siano gravi. Sed de hoc satis.

Ora si tratta di prendere atto della situazione reale e fare cio' che in questa situazione reale e' possibile.

*

Contro la guerra, il razzismo, il patriarcato, la devastazione della biosfera, lo sfruttamento onnicida, votare occorre, ed ogni voto e' utile. Oggi piu' che mai.

Proprio perche' per la nequizia del governo Prodi e l'ennesima soperchieria delle camarille di Veltroni e Bertinotti vi e' il rischio reale (anzi, l'elevatissima probabilita') di una devastante vittoria elettorale della destra eversiva berlusconiana, razzista, filomafiosa e neofascista, ogni voto che si oppone alla corruzione, al razzismo, al militarismo e alla guerra e' utile e benedetto. Ogni voto che si oppone alla devastazione ambientale e' utile e benedetto. Ogni voto che si oppone al femminicidio e' utile e benedetto.

Votare occorre: per le liste ovvero per le persone candidate in testa di lista che si oppongono alla guerra e al razzismo, allo sfruttamento e all'inquinamento onnidistruttivo, al patriarcato e al maschilismo, alla mafia e al regime della corruzione.

Votare occorre: per le liste ovvero per le persone candidate in testa di lista che sinceramente s'impegnano per il bene comune, per la pace e i diritti umani di tutti gli esseri umani.

Votare occorre: per le liste ovvero per le persone in testa di lista che sono piu' affini alla scelta dell'ecologia, del femminismo, della giustizia sociale, della nonviolenza in cammino.

*

Non votare significa arrendersi.

Non votare significa accettare lo svuotamento degli istituti democratici, attraverso cui passa il golpe berlusconiano, a cui le scellerate scelte di Prodi, Veltroni e Bertinotti hanno dato e danno man forte.

Non votare significa lasciare che a decidere di cio' che e' di tutti siano le camarille che gia' cosi' pessima prova hanno dato di se', che gia' tanta rapina hanno realizzato e tanta devastazione provocato.

Non votare significa permettere che a fare le leggi siedano ancora una volta solo i peggiori.

Non votare significa che a decidere dell'uso delle pubbliche risorse (ingenti, ingentissime) siano ancora una volta solo coloro che gia' tanto male hanno compiuto.

*

Vi sono due sole motivazioni rispettabili per la scelta del non voto.

La motivazione anarchica: chi ritiene che lo stato sia un male in se', ben a ragione puo' non votare alle elezioni politiche.

E la motivazione di chi - anche senza aderire alla weltanschauung e/o al movimento anarchista e libertario - e' irriducibilmente contrario a un ordinamento giuridico che sente totalmente iniquo, avverso e oppressore: ad esempio, un repubblicano in un regime di monarchia sia pur costituzionale; un patriota in un paese dominato da un regime fantoccio e collaborazionista al soldo degli occupanti; un democratico in lotta contro un regime di usurpatori, etc. Ma e' oggi questa la situazione italiana? Non mi sembra.

E dunque chi non crede che la rivoluzione sia alle porte, chi non ha un fermo e limpido ideale anarchico ed una prassi conseguente (una delle prassi possibili - e' noto che nella tradizione libertaria varie scelte si sono pur date in diverse concrete situazioni e sulla base di diverse concrete valutazioni), chi non ha motivo di opporsi frontalmente all'ordinamento giuridico vigente, e insomma e infine chi in qualche modo e misura pur condivide e apprezza i benefici non piccoli dello stato di diritto, della repubblica costituzionale, della democrazia - e sia pur solo e parzialmente liberale, e da molti limiti e molte contraddizioni afflitta -, ebbene, quando non vota non esprime un'azione politica trasformatrice, una resistenza che vale, ma forse eminentemente una fuga dalla realta' e dalla responsabilita', una fuga che e' una delle forme della complicita', un atto di rassegnazione e finanche di vilta'.

A meno che.

*

A meno che a non votare sia costretto. Ovvero: a meno che il suo diritto di voto non gli sia stato effettualmente sottratto. E' accaduto in passato anche a chi scrive queste righe.

Io che scrivo queste righe sono di quelli che talvolta sono stati costretti a non votare: e ne provo una profonda amarezza e indignazione. Sono stato costretto a non votare quando la sinistra (la ex-sinistra) candidava corrotti e malfattori contro cui mi ero lungamente battuto e non v'era alcuna altra lista di sinistra votabile; sono stato costretto a non votare quando quel voto implicava la delega a poteri effettualmente criminali o al crimine esplicitamente arresi o del crimine consapevolmente complici. Allora e solo allora non ho votato. Ed e' accaduto invero piu' di una volta.

Ma se appena vi e' la possibilita' di votare, votare voglio: e' un diritto, ricevuto in dono dalle lotte di tante e tanti che per garantirmelo hanno affrontato sofferenze infinite e fin perso le loro medesime vite lottando contro ogni regime negatore dell'uguaglianza di diritti di ogni essere umano; votare e' un diritto grande, e non vi rinuncio. E' un pezzo della mia, della nostra liberta' di cittadini.

*

E venendo alla situazione presente, e di essa facendo un'analisi concreta.

Per mesi ho sostenuto la necessita' di presentare liste della sinistra della nonviolenza. E non sto a ripetere adesso le tante ragioni di questa proposta, di questa necessita', di questa urgenza. Queste liste non vi saranno. Ne prendo atto. Non ne resto pietrificato.

Si trattera' di costruirle per le prossime elezioni, se sara' ancora possibile. E sara' lavoro non lieve. Ma e' merito non piccolo dell'appello di Michele Boato, Maria G. Di Rienzo e Mao Valpiana aver promosso la prospettiva che l'assemblea di Bologna del 2 marzo ha infine polifonicamente indicato.

Ma gia' in queste elezioni politiche forse vi saranno comunque alcune liste di sinistra che candidano persone, persone oneste - e in testa di lista, poiche' altrimenti sarebbe un'ennesima beffa -, che alla guerra si sono opposte quando i sodali di Veltroni e Bertinotti la votavano e la propagandavano, e quindi e' ragionevole supporre che si opporranno ancora.

Posso avere mille e un motivo di diffidare di mille e una cosa, ma questo fatto, se si da', garantirebbe comunque per me la possibilita' di votare. E nella tragedia in cui ci troviamo poco conta che queste liste difficilmente raggiungeranno la soglia critica per ottenere un seggio in parlamento: conta molto di piu' che consentano l'esercizio del diritto di voto a tante persone che altrimenti se lo vedrebbero negato dal chiudersi tombale di fondamentali spazi di democrazia e di legalita' sostanziale nel nostro paese.

Non sono le liste che avrei voluto. Ma non sono neppure le liste del superpartito del razzismo e  della guerra, del femminicidio e della distruzione della biosfera, il superpartito a cui occorre opporsi. E confiderei che chi queste liste della sinistra non complice e non totalitaria (se tali, come vorrei sperare, queste liste saranno, e se candideranno persone oneste) le promuove, abbia ragionato sul fatto che candidando in testa di lista persone votabili anche da chi la vede come me, in questo modo - e solo in questo modo - puo' avere hic et nunc il mio, il nostro voto, e potremmo non essere poche persone a rivolgere nell'animo nostro siffatti pensieri.

*

Ed una cosa dirimente vorrei chiedere allora a quanti, a sinistra della ex-sinistra prostituitasi alla guerra terrorista e stragista e razzista di Berlusconi e Prodi, di Veltroni e Bertinotti, hanno presentato liste di persone oneste che si dicono impegnate per la pace e contro il razzismo, per i diritti delle donne e contro la devastazione della biosfera: che dicano anche chiaramente una parola, una decisiva parola di opposizione ad ogni violazione dei diritti umani di tutti gli esseri umani; e che dicano quindi una decisiva parola contro ogni forma di razzismo, contro l'antisemitismo come contro l'islamofobia: e' necessario che la dicano perche' purtroppo anche prominenti candidati di queste liste hanno detto in passato parole non meditate che, certo inconsapevolmente ma effettualmente, riecheggiano scellerati motti criminali e deliranti della propaganda nazista, come di quella stalinista - e per chi pronuncia quegli slogan votare non possiamo ne' ora ne' mai -; e che dicano quindi una decisiva parola di impegno antimilitarista e per il disarmo; e che dicano quindi una decisiva parola se non di accostamento, di rispetto per la nonviolenza; e che dicano quindi una decisiva parola di difesa della Costituzione repubblicana e della legalita' democratica.

Lo dicano, poiche' molte sciocchezze dette e scritte in passato e ancora in questi ultimi giorni da taluni di essi, ci inquietano non poco.

Vorremmo poter votare.

*

Perche' votare occorre, e chi propaganda l'astensionismo a sinistra, l'astensionismo che aiuta il regime della corruzione ad occupare una volta ancora pressoche' totalmente le istituzioni della cosa pubblica, le istituzioni che fanno le leggi e decidono dell'uso delle risorse di tutti, ebbene, o non sa quel che si dice ed allora e' un ingenuo e un presuntuoso, o forse lo sa - ed allora e' un irresponsabile o un mascalzone, o piu' semplicemente un meschino che ha scambiato l'ideologia (che sia quella della societa' dello spettacolo o un'altra ancor piu' longeva e piu' cupa) per la realta', e da questa astrattezza solo disastri possono venire.

Poi puo' anche capitare di non poter votare per motivi peculiari insormontabili (alla propria situazione legati, o alle proprie scelte di principio), ma sarebbe appunto l'eccezione che conferma la regola: e la regola e' che votare occorre, senza illusioni, senza deleghe in bianco, senza sostituismi. Il voto non e' che uno degli strumenti della lotta politica, mille altre cose possiamo e quindi dobbiamo fare per promuovere e realizzare una politica della nonviolenza. Ma rinunciare a quello strumento almeno noi non vogliamo, ne ora ne' mai.

*

Io che scrivo queste righe da molti, molti anni non riesco piu' a dare un voto interamente persuaso - di appartenenza o di piena condivisione di un programma o almeno dei suoi centrali punti -, e tuttavia so che il mio voto non vale di meno. Ed anzi, la fatica che mi costa darlo dovendo lungamente soppesare i pro e i contra, e restandone ancora e ancora dubbioso, e sapendo gia' che non poca amarezza e scontento mi costera' comunque averlo dato, ebbene, e' situazione che me lo rende non piu' scadente ma piu' prezioso, ed insieme piu' laico, piu' loico, piu' sapido e piu' meditato.

Ogni voto e' utile. Oggi piu' che mai. Contro la guerra, il razzismo, il patriarcato, la devastazione della biosfera, lo sfruttamento onnicida. Votare occorre.

 

10. ANNIVERSARI. IN MEMORIA DI ANNIE JUMP CANNON, DI EUGENIO CURIEL, DI CARLOS GARDEL, DI TOMAS GUTIERREZ ALEA, DI ALBERT O. HIRSCHMAN, DI SUZANNE LILAR, DI MARIO LIZZERO, DI NAGUIB MAHFOUZ, DI ALMA MAHLER, DI GIANFRANCO MATTEI, DI ALBERTO MESCHI, DI MANOEL DE OLIVEIRA, DI GRACE PALEY, DI GEORGIJ PLECHANOV, DI GIAN DOMENICO ROMAGNOSI, DI OLIVE SCHREINER, DI ALEKSANDR SOLZENICYN, DI MARGARETE TRAUBE

 

Ricorre oggi, 11 dicembre, l'anniversario della nascita di Annie Jump Cannon, della nascita di Eugenio Curiel, della nascita di Carlos Gardel, della nascita di Tomas Gutierrez Alea, della scomparsa di Albert O. Hirschman, della scomparsa di Suzanne Lilar, della scomparsa di Mario Lizzero, della nascita di Naguib Mahfouz, della scomparsa di Alma Mahler, della nascita di Gianfranco Mattei, della scomparsa di Alberto Meschi, della nascita di Manoel de Oliveira, della nascita di Grace Paley, della nascita di Georgij Plechanov, della nascita di Gian Domenico Romagnosi, della scomparsa di Olive Schreiner, della nascita di Aleksandr Solzenicyn, della scomparsa di Margarete Traube.

*

Anche nel ricordo di Annie Jump Cannon, di Eugenio Curiel, di Carlos Gardel, di Tomas Gutierrez Alea, di Albert O. Hirschman, di Suzanne Lilar, di Mario Lizzero, di Naguib Mahfouz, di Alma Mahler, di Gianfranco Mattei, di Alberto Meschi, di Manoel de Oliveira, di Grace Paley, di Georgij Plechanov, di Gian Domenico Romagnosi, di Olive Schreiner, di Aleksandr Solzenicyn, di Margarete Traube, proseguiamo nell'azione nonviolenta per la pace e i diritti umani; contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

Vi e' una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' e la biosfera.

 

11. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Letture

- AA. VV., La strategia della paura, "Limes. Rivista italiana di geopolitica", n. 14, dicembre 2015, Gruppo Editoriale L'Espresso, Roma 2015, pp. 240 (+ 8 tavole fuori testo), euro 14.

*

Riletture

- Seyyed Hossein Nasr, Ideali e realta' dell'Islam, Rusconi, Milano 1974, pp. 216.

- Seyyed Hossein Nasr, Il sufismo, Rusconi, Milano 1975, 1994, pp. 192.

*

Riedizioni

- Gianni Rodari, C'era due volte il barone Lamberto, Rcs, Milano 2015, pp. 128, euro 7,90 (in supplemento al "Corriere della sera").

 

12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

13. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 2193 dell'11 dicembre 2015

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVI)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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