[Nonviolenza] Coi piedi per terra. 784



 

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COI PIEDI PER TERRA

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XV)

Numero 784 del 5 giugno 2014

 

In questo numero:

1. Francesco Gesualdi: L'altra via (parte terza e conclusiva)

2. Alcune pubblicazioni di Francuccio Gesualdi e del "Centro nuovo modello di sviluppo"

3. Una breve nota biografica su Francuccio Gesualdi

 

1. TESTI. FRANCESCO GESUALDI: L'ALTRA VIA (PARTE TERZA E CONCLUSIVA)

[Ringraziamo di cuore Francuccio Gesualdi (per contatti: tel. 050826354, fax: 050827165, e-mail: coord at cnms.it, sito: www.cnms.it, blog: http://blog.francescogesualdi.eu/) per averci consentito di ripubblicare il seguente estratto dal suo libro L'altra via. Dalla crescita al benvivere, programma per un'economia della sazieta', Terre di Mezzo, Milano 2009.

Francuccio Gesualdi e' stato allievo di don Lorenzo Milani nell'esperienza della scuola di Barbiana, e' animatore dell'esperienza del "Centro nuovo modello di sviluppo" di Vecchiano, insieme a padre Alex Zanotelli ha promosso la nascita della "Rete di Lilliput", e' da sempre impegnato in molte iniziative concrete di solidarieta' e di difesa dei diritti umani e dell'ambiente, ha contribuito in misura decisiva a far nascere e crescere in Italia la consapevolezza, l'azione e le reti del consumo critico ed etico, del commercio equo e solidale, degli stili di vita sobri e responsabili, della solidarieta' dei consumatori del Nord del mondo con i lavoratori del Sud contro la violenza sfruttatrice delle multinazionali, dell'impegno contro la trappola del debito che dopo averli rapinati affama e strozza i popoli, dell'azione per garantire a tutta l'umanita' il diritto al cibo, all'acqua, a un ambiente vivibile, alla dignita']

 

Terza parte. Come andarci

Capitolo 14. Mostrare

I cambiamenti di sistema esigono processi lunghi che presuppongono un soggetto promotore e strategie di intervento per diffondere la nuova prospettiva e farla attuare attraverso un processo graduale. A partire da questi obiettivi si possono individuare cinque strategie riassumibili in altrettante parole chiave: mostrare, provare, respingere, forzare, consolidare.

Mostrare significa indicare l'orizzonte verso il quale andare. E' il lavoro della progettazione per indicare i contorni della nuova societa', della nuova economia, non solo dal punto di vista degli obiettivi e dei principi, ma anche dei limiti da rispettare e dell'assetto organizzativo da costruire. Un lavoro che dobbiamo svolgere in maniera collettiva perche' nessuno ha la ricetta in tasca e perche' non e' piu' il tempo delle imposizioni, ma della condivisione. Il nostro avvenire lo dobbiamo costruire tutti insieme attraverso il confronto, la riflessione, la sperimentazione.

Percio' dovremo sforzarci di diffondere la nostra proposta, farla dibattere in ogni ambito possibile, arricchirla dei suggerimenti che la discussione apporta, farla penetrare nella cultura popolare e farla diventare proposta politica. Finalmente assisteremmo a un ritorno della vera politica, quella che si concentra sui problemi e sulle soluzioni, non sulle ingegnerie di potere.

Non siamo piu' abituati a progettare in grande, ci siamo rassegnati a occuparci solo dei dettagli, delle lotte per i piccoli cambiamenti possibili. Ma senza progetto non costruiamo, tutt'al piu' rattoppiamo, sempre in corsa dietro alle falle create dal sistema. Rattoppare e' un dovere, ma sognare e' una necessita' perche' senza sogno smarriamo il cammino.

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Capitolo 15. Provare

Provare significa dimostrare, attraverso i fatti, che cambiare e' possibile. Quando attuiamo la sobrieta', quando promuoviamo un gruppo d'acquisto, quando facciamo nascere un gruppo di condivisione dell'auto, quando apriamo una bottega del commercio equo o uno sportello di Banca Etica, quando fondiamo un condominio solidale, insomma ogni volta che riusciamo a vivere, a livello personale e di gruppo, delle pratiche che appartengono all'economia del benvivere, non solo compiamo un gesto di coerenza, ma raggiungiamo anche obiettivi politici.

Don Lorenzo Milani ci ha insegnato che i poteri non stanno in piedi da soli: traggono forza dai sudditi. Questo sistema ingiusto, rapace, distruttivo, sta in piedi perche' noi lo sosteniamo attraverso i gesti del vivere quotidiano: il lavoro, il consumo, il risparmio, il pagamento delle tasse. Siamo noi attraverso i nostri acquisti che consentiamo alle imprese di vivere e prosperare, quelle stesse che sfruttano, che inquinano, che rubano. Siamo noi attraverso i nostri risparmi che permettiamo alle banche di crescere, quelle stesse che finanziano il commercio di armi, che truffano la gente con titoli spazzatura, che permettono agli imprenditori banditi di rifugiare i loro bottini nei paradisi fiscali. Siamo noi col nostro superconsumo che dilapidiamo le risorse della Terra, sottraiamo beni ai poveri, sommergiamo il pianeta di rifiuti. Per questo e' importante consumare critico, risparmiare responsabile, praticare la sobrieta'.

La societa' e' il risultato di regole e comportamenti, se tutti ci comportassimo in maniera consapevole, responsabile, equa, solidale, sobria, non solo daremmo un altro volto al nostro mondo, ma obbligheremmo anche il sistema a cambiare le sue regole: nessun potere riesce a sopravvivere di fronte ad una massa che pensa e fa trionfare la coerenza sopra la codardia, l'impegno sopra il quieto vivere, l'equita' sopra le piccole avidita'. La coerenza svolge anche un ruolo educativo: stimola la riflessione, testimonia che l'alternativa e' a portata di mano, infonde coraggio e speranza. Un ruolo che si amplifica se ad agire sono le istituzioni, specie quelle a diretto contatto con i cittadini. Quando un comune distribuisce le brocche dell'acqua, per stimolare l'uso dell'acqua di rubinetto, fa arrivare un messaggio di consumo sostenibile a migliaia di famiglie. Quando costruisce un impianto di energia rinnovabile, testimonia, a migliaia di persone, un altro modo di produrre corrente elettrica. Quando organizza la raccolta dei rifiuti in maniera differenziata, costringe un'intera popolazione a modificare il proprio stile di vita. Proprio perche' gli enti locali possono svolgere una funzione di contaminazione importante, ha senso cercare di occupare posti di responsabilita' nei loro organi di gestione. Ci sono esempi illustri di sindaci, di provate qualita' morali e politiche, che hanno rimodellato l'assetto urbano, i servizi sociali, i servizi ambientali, la stessa vita politica, secondo criteri di partecipazione, sobrieta', solidarieta', inclusione sociale. Naturalmente sappiamo che il mondo dei partiti e' scivoloso, piu' animato da logiche di potere che di coerenza politica, che c'e' il forte rischio di venire risucchiati da un vortice di insidie e imboscate che non lasciano scampo. Per questo e' importante non entrare nei palazzi da soli ma accompagnati da un forte movimento popolare che aiuti a non perdere la bussola e che intervenga ogniqualvolta c'e' da scontrarsi con i poteri forti.

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Capitolo 16. Arrestare

Arrestare significa opporsi all'avanzata di scelte distruttive. Alcuni esempi sono la lotta contro la privatizzazione dell'acqua, l'opposizione all'alta velocita' in Val di Susa, la lotta contro l'ampliamento della base Usa a Vicenza. Nimby, "not in my backyard", non nel mio giardino, cosi' sono definite le lotte portate avanti dalle popolazioni locali a difesa del proprio territorio. Taluni non le approvano, o meglio le considerano troppo anguste e parziali. Preferirebbero un movimento nazionale con una forte coscienza politica e una forte capacita' di battersi per il cambiamento dell'intero sistema.

Hanno ragione, il nuovo non si costruisce reagendo solo quando ci cascano le bombe sulla testa, bisogna darsi da fare affinche' le bombe vengano messe definitivamente al bando. Ma se da una parte dobbiamo lavorare affinche' cresca un movimento piu' maturo, dall'altra dobbiamo incoraggiare la strategia nimby perche' puo' avere un grande potere dissuasivo. Se in ogni citta' divampasse il boicottaggio contro la gestione privata dell'acqua, se si alzassero le barricate in ogni territorio prescelto per seppellire le scorie radioattive, se venisse preso d'assalto ogni campo seminato a ogm, se non si trovasse un comune disposto ad ospitare le centrali nucleari, se la popolazione insorgesse in ogni luogo in cui si vuole costruire un centro commerciale, il potere sarebbe braccato: non saprebbe piu' dove attuare i suoi piani distruttivi e sarebbe costretto a rinunciare. Per questo e' importante che il territorio sia presidiato palmo a palmo da gruppi locali decisi a difenderlo da chiunque voglia contaminarlo, sfigurarlo, privarlo dei beni comuni. Gruppi, pero', che non si chiudono nell'isolamento, ma dialogano fra loro, si sostengono, si confrontano, fino a definire orizzonti comuni e coordinarsi per lotte di portata nazionale.

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Capitolo 17. forzare

Forzare significa spingere il sistema a compiere passi nella nuova direzione. Sappiamo che il cambiamento non potra' essere che graduale, avverra' solo attraverso un cambio di mentalita' e di comportamenti da parte di cittadini, istituzioni, imprese. Sappiamo anche che i vasi sono comunicanti: le scelte dei consumatori influenzano le politiche d'impresa, le scelte delle imprese condizionano le abitudini dei consumatori.

Allo stesso modo, la pressione popolare influisce sulle scelte delle istituzioni, mentre nuove leggi modellano i comportamenti di massa. Siamo tutti parte di un gioco attivo e passivo, non esiste chi deve agire e chi deve adeguarsi, tutti abbiamo il dovere di fare la nostra parte in base alla posizione che occupiamo.

Come cittadini, oltre ad adottare stili di vita piu' responsabili, improntati a sobrieta' e sostenibilita', dobbiamo esercitare tutta la pressione di cui siamo capaci sulle imprese e sulle istituzioni per indurle a comportamenti diversi. Negli anni recenti si e' molto scritto e molto sperimentato nei confronti delle imprese, gli strumenti di pressione ormai sono noti: consumo critico, campagne di opinione, boicottaggi. Nei confronti delle istituzioni l'esperienza e' piu' radicata, dovremmo essere facilitati, ma le variabili in gioco mutano costantemente, ogni volta e' come cominciare da capo. Una prima grande distinzione e' fra livelli istituzionali, una cosa e' il rapporto con gli enti locali, un'altra con governo e parlamento nazionale. A livello comunale e' tutto piu' facile: c'e' una maggiore conoscenza dei problemi da parte della gente, e' piu' facile raggiungerla ed organizzarla. Gli stessi rapporti con le autorita' sono diretti. Viste le dimensioni ha senso conquistare dei seggi in consiglio comunale, occupare dei posti in giunta, o addirittura farsi eleggere sindaci. Ci sono tanti comuni, anche confinanti, retti da stesse maggioranze con politiche molto differenti perche' gli amministratori hanno sensibilita' personali diverse. L'esperienza dei "comuni virtuosi" insegna.

Decisamente il piccolo e' bello, ma certi provvedimenti vanno presi a livello nazionale, non possiamo evitare il confronto con le istituzioni centrali ed anche in questo caso si pone un problema di strumenti e contenuti. Sul piano degli strumenti finche' non ci siamo consolidati non ha molto senso pensare alla creazione di partiti che partecipano alla competizione elettorale. Cio' non significa che non dovremo mai entrare in Parlamento. Dovremo farlo al momento giusto, quando saremo forti e ben radicati fra la gente, un passo prematuro potrebbe farci perdere la nostra identita'. Sta succedendo a molti, e' un effetto perverso della democrazia: nelle societa' opulente la gente esprime come massima esigenza la difesa della propria ricchezza, vede il nemico nel povero e nell'emarginato, esprime sentimenti violenti contro di essi, non e' piu' disposta alla solidarieta', i partiti pur di prendere voti si adeguano al nuovo sentire popolare noncuranti dei loro principi originari. Il risultato e' uno spostamento a destra di tutti i partiti, il fenomeno non si fermera' finche' non sorgera' una forza che inverte le priorita' della politica: non l'obiettivo di sedere nei palazzi, per assecondare i sentimenti conformisti della maggioranza silenziosa, ma la volonta' di denunciare, fare emergere i problemi, cercare soluzioni durature, fare avanzare altre idee di economia e convivenza sociale ispirate a principi universali. Il coraggio di mettere in discussione il pensiero dominante, di creare un'altra opinione pubblica non addomesticata alle esigenze del potere, a costo di rimanere nelle catacombe.

Finche' i tempi non saranno maturi per l'ingresso nelle istituzioni, l'unica strada da battere e' quella rivendicativa: la pressione dall'esterno per ottenere dal potere un'inversione di tendenza. Da un punto di vista strategico gli strumenti sono le campagne, le petizioni popolari, le manifestazioni. Ma il vero nodo sono i contenuti. Le cose da cambiare sono cosi' tante che e' difficile perfino definire le priorita'.

Schematicamente si possono individuare due grandi settori: la difesa dei diritti e la trasformazione del sistema produttivo in un'ottica di sostenibilita', entrambi di importanza strategica in questo momento di crisi. Oggi che migliaia di persone rischiano il licenziamento, che le entrate di molte famiglie rischiano di non coprire neanche i bisogni fondamentali, le ancore di salvezza sono due: la solidarieta' collettiva sotto forma di sicurezza sociale e di diritti gratuiti, e la creazione di posti di lavoro nei settori orientati alla sostenibilita'. Dobbiamo accettare che certi settori sono al capolinea perche' si sono sviluppati in tempi che non esistono piu'. Ad esempio l'automobile non ha futuro ed e' assurdo continuare a buttare soldi pubblici in questa direzione. L'operazione giusta da fare e' riconvertire il settore alla produzione di autobus, treni, minibus alimentati ad idrogeno, un carburante che non si puo' pensare di ottenere da fonti rinnovabili in quantita' sufficiente ad alimentare un miliardo di auto. Idem per l'energia elettrica: bisogna abbandonare la produzione da combustibili fossili e potenziare quella da fonti rinnovabili sapendo che il nucleare e' solo una battuta elettorale, non solo perche' il problema delle scorie radioattive e' tutt'altro che risolto, ma perche' di uranio ce n'e' poco: all'attuale ritmo di consumo ce n'e' per altri trenta, massimo cinquanta anni. In conclusione: bisogna individuare tutti i settori inutili e dannosi e finanziare la loro riconversione verso produzioni necessarie e sostenibili.

Contemporaneamente vanno individuati i settori da potenziare, non solo quello delle energie alternative, ma anche quello dell'acqua: la rete idrica italiana e' formata da 291.000 chilometri di tubi vecchi e malandati che perdono mediamente il 42% dell'acqua immessa in tubatura. Il rifacimento degli acquedotti e' una priorita' assoluta assieme al potenziamento del sistema di riciclo dei rifiuti, al potenziamento delle rete ferroviaria locale, alla difesa del territorio, alla riparazione degli edifici scolastici e sanitari, il rafforzamento di molte altre infrastrutture e servizi di pubblica utilita'.

Da non dimenticare, poi, il nostro debito nei confronti del Sud del mondo ridotto allo stremo da cinque secoli di saccheggio. Il pensiero e' soprattutto per i paesi piu' poveri che hanno bisogno di tutto: ospedali, scuole, trasporti, energia elettrica. Produrre per i loro bisogni e' un modo intelligente di contribuire al loro sviluppo umano e sociale, sostenendo, nel contempo, la nostra produzione.

Sullo sfondo della ristrutturazione produttiva, la riduzione dell'orario di lavoro. Lo sviluppo industriale si e' accompagnato a un enorme sviluppo tecnologico che ha aumentato considerevolmente la resa del lavoro. Avremmo potuto chiedere di trasformare gli aumenti di produttivita' in riduzione dell'orario di lavoro. Se lo avessimo fatto non avremmo creato la societa' dei consumi e oggi forse lavoreremmo tre o quattro ore al giorno. Invece abbiamo aderito al progetto consumista e abbiamo preferito trasformare le maggiori rese produttive in aumenti salariali da usare per acquisti inutili attraverso i quali ampliare i posti di lavoro. Ma oggi che non ci sono piu' spazi per la crescita, l'unico modo per creare piena occupazione e' ripartire il lavoro riducendo l'orario e dividendo in maniera piu' equa la ricchezza fra salari e profitti.

Tutte queste misure dimostrano che l'economia del benvivere e' una buona soluzione anche per uscire dalla crisi. Se poi sapessimo riformare piu' in profondita' l'economia, avviandola verso la costruzione delle tre casette autonome e indipendenti, ci garantiremmo la possibilita' di non sbattere mai piu' contro il muro delle recessioni.

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Capitolo 18. Intrecciare

Intrecciare significa stringere i nostri legami per diventare un soggetto politico capace di pilotare il cambiamento. In Italia esiste un panorama di associazioni e movimenti sociali estremamente ricco che pero' non riesce ad esprimere tutto il suo potenziale perche' troppo disgregato e ripiegato su se stesso. All'interno di questo variegato mondo ognuno insegue il proprio progetto: commercio equo, diritto all'acqua, slow food, finanza etica, diritti degli immigrati. Progetti belli, importanti, ma pur sempre orticelli. Ci opponiamo alle sciagure che si abbattono sul nostro territorio: alta velocita', centrali nucleari, discariche, inceneritori, basi militari, ma se riusciamo a spuntarla torniamo al nostro tran-tran. Siamo uniti nello spirito, ma da un punto di vista operativo andiamo ciascuno per la propria strada. Mancano momenti di incontro e di confronto comune: chi fa commercio equo non sente di avere molto da spartire con chi si occupa di ripubblicizzazione dell'acqua, chi si occupa di pace non sente di avere molto da condividere con chi si occupa di sobrieta' anche se le guerre si scatenano sempre di piu' per il controllo delle risorse. Siamo tutti intenti a fare la punta al nostro lapis, non lo posiamo mai sulla stessa tela per abbozzare un disegno comune che ci rappresenti un po' tutti. Come cellule nervose superspecializzate nella propria funzione, ma incapaci di contatto con quelle vicine, non riusciamo piu' a fare sistema. Persa la capacita' di fare movimento ci stiamo trasformando in gruppi professionalmente impeccabili, politicamente insignificanti. Moscerini, che a seconda dei calcoli di convenienza del potere, possono finire schiacciati sotto al suo tacco o risucchiati nel suo grande ventre.

Da anni padre Zanotelli ripete che se vogliamo avere qualche possibilita' di incidere dobbiamo adottare la strategia lillipuziana. Nella favola satirica di Jonathan Swift, I viaggi di Gulliver, i minuscoli lillipuziani riescono a catturare Gulliver, di tante volte piu' grande di loro, perche' agiscono uniti. Ogni lillipuziano e' concentrato su un singolo capello del gigante, un gesto minimo che riesce ad avere grande efficacia perche' sincronizzato. Non si muovono in ordine sparso, ma con la medesima strategia, e mentre Gulliver dorme, riescono a immobilizzarlo. L'insegnamento per noi e' che la frammentazione puo' trasformarsi in forza a patto che riusciamo a coordinarci, a inanellarci come perle in una stessa collana.

Ecco l'importanza di uscire da noi stessi, tessere relazioni con gli altri gruppi del territorio, organizzare strutture di collegamento a livello nazionale e addirittura internazionale. Dobbiamo fare un lavoro di cucitura non solo per informarci reciprocamente su cio' che facciamo, per concordare iniziative e campagne, per condividere risorse e servizi, ma anche per mettere a confronto le nostre visioni politiche. E non per vezzo, ma per necessita'. Tutto e' cosi' interconnesso che qualsiasi tema si ripercuote sull'intero sistema. Quando ci fu la guerra in Iraq, fu subito chiaro che il vero movente era il petrolio, opponendoci alla guerra mettevamo in discussione il nostro sistema consumista, traspariva che dovevamo convertirci alla sobrieta'. Ma il discorso venne lasciato cadere, non avemmo il coraggio di svilupparlo fino in fondo, forse per paura dell'impopolarita', forse perche' non eravamo preparati ad affrontare tutti i punti interrogativi che una simile svolta solleva. Non ci siamo assunti fino in fondo le nostre responsabilita' e la pagheremo. In futuro nuove guerre coloniali si riproporranno, la gente potrebbe acclamarle, la colpa sara' anche un po' nostra: non abbiamo denunciato tutti i collegamenti esistenti fra guerre e stile di vita. Soprattutto non abbiamo mostrato che cambiare e' possibile.

La gente non e' stupida, coglie al volo le conseguenze di certe scelte, pone domande ed esige risposte, se non le riceve gira le spalle. Se lasciamo i discorsi a meta' ci rendiamo insignificanti, un rischio che corriamo in molti settori: acqua, rifiuti, energia, cambiamento climatico. Non possiamo continuare all'infinito con le piccole opposizioni o le piccole iniziative tampone, sappiamo che il problema di fondo e' la sproporzione fra la nostra voracita' e la capacita' di carico del pianeta, alla fine il problema della riduzione si porra', non sfuggiremo alla necessita' di riscrivere le regole dell'economia. Se non avremo la capacita' di mettere in discussione l'attuale impostazione economica, progettandone altre che sappiano coniugare sobrieta' e benvivere, ci ritroveremo soli, abbandonati sia dai radicali che dai moderati. Dai primi accusati di non sapere fare discorsi che arrivano fino in fondo, dai secondi di fare proposte inconciliabili con il sistema.

Non abbiamo scelte: o ci sobbarchiamo il compito dell'alternativa o muoriamo d'inedia. Cominciamo con l'incontrarci, a chiederci cosa abbiamo in comune, quale mondo vogliamo costruire, quale forma potrebbe avere. Lentamente potremmo delineare un comune orizzonte politico, una stessa cornice di riferimento, non un progetto che pretende di descrivere minuziosamente dettagli imprevedibili, ma neanche si limiti a mere enunciazioni di principio. Dobbiamo andare oltre i semplici slogan, dobbiamo dare forma a idee come decrescita, equita', sostenibilita'. Dobbiamo cominciare a delineare un orizzonte abbozzato anche negli aspetti organizzativi. Poi, dalle grandi idee dobbiamo tornare alla realta' per trasformare l'utopia in progetto, definendo quali iniziative assumere, quali vie seguire, i tempi da rispettare.

Se riuscissimo a costruire un grande movimento all'interno del quale ogni gruppo mantiene la propria identita' e specificita' d'azione, ma nel contempo e' impegnato, insieme agli altri, a portare avanti un comune progetto politico, acquisiremmo una grande forza di cambiamento. Finalmente riusciremmo a coniugare particolare e generale, presente e futuro, locale e globale. Potremmo mettere a punto una nostra agenda politica. Potremmo obbligare cattedratici, partiti, sindacati, istituzioni a confrontarsi con i temi di lungo periodo secondo logiche nuove. Dimostreremmo che altri sistemi e altre formule organizzative sono possibili. Potremmo riaccendere la speranza, la forza piu' potente contro il conformismo. Quando si vive nel lager, ogni possibilita' di fuga bloccata, non rimane che cercare di sopravvivere adattandoci alle regole del sistema: ci si arrangia come si puo' in competizione con i propri compagni di prigionia, si cerca di ingraziarsi chi comanda, si tenta la scalata individuale a scapito degli altri. Scene di tutti i giorni in questa societa' di mercato che si sforza di farci credere che non e' possibile altra societa' al di fuori di questa. Solo la speranza di poter costruire qualcosa di diverso puo' farci ritrovare la forza per sfidare il potere, disobbedire alle sue regole, attuare scelte alternative, allearsi con chi si trova nella nostra stessa situazione per trovare tutti insieme la soluzione ai nostri problemi comuni.

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Appello

Dobbiamo organizzarci per diventare un movimento forte, visibile, incisivo. Il primo passo e' incontrarci per confermare i nostri valori, confrontarci sulle alternative di sistema, scambiarci esperienze di resistenza e di partecipazione, discutere le iniziative e i percorsi necessari ad avviare il processo di cambiamento. Per questo chiediamo a tutti coloro che vogliono fare parte di questo cammino di mandarci un messaggio di adesione. Sara' un modo per avviare un primo contatto fra persone e gruppi che pur occupandosi di temi specifici, in territori circoscritti, con modalita' proprie, sono unite dagli stessi valori e dalla stessa volonta' di costruire una societa' equa, solidale e sostenibile. Un processo partecipativo dal basso, l'unica strada che puo' condurre al cambiamento.

Il nostro indirizzo e': Centro Nuovo Modello di Sviluppo, via della Barra 32, 56019 Vecchiano (Pisa), e-mail: coord at cnms.it, sito: www.cnms.it

 

2. MATERIALI. ALCUNE PUBBLICAZIONI DI FRANCUCCIO GESUALDI E DEL "CENTRO NUOVO MODELLO DI SVILUPPO"

 

- Franco Gesualdi, Signorno', Guaraldi, Rimini-Firenze 1972.

- Franco Gesualdi, Economia: conoscere per scegliere, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1982.

- Franco Gesualdi e Pierangelo Tambellini del Centro nuovo modello di sviluppo (Vecchiano - Pi), Energia nucleare. Cos'e' e i rischi a cui ci espone, Movimento Nonviolento, Perugia 1987.

- Centro nuovo modello di sviluppo, Lettera ad un consumatore del Nord, Emi, Bologna 1990, 1994.

- Centro nuovo modello di sviluppo, Boycott! Scelte di consumo scelte di giustizia. Manuale del consumatore etico, Macro/edizioni, San Martino di Sarsina (Fo) 1992.

- Francuccio Gesualdi, Jose' Luis Corzo Toral, Don Milani nella scrittura collettiva, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1992.

- Centro nuovo modello di sviluppo, Sulla pelle dei bambini, Emi, Bologna 1994, 1995.

- Centro nuovo modello di sviluppo, Nord/Sud. Predatori, predati e opportunisti. Guida alla comprensione e al superamento dei meccanismi che impoveriscono il Sud del mondo, Emi, Bologna 1993, 1996.

- Centro nuovo modello di sviluppo, Guida al consumo critico. Informazioni sul comportamento delle imprese per un consumo consapevole, Emi, Bologna 1996.

- Centro nuovo modello di sviluppo, Sud-Nord. Nuove alleanze per la dignita' del lavoro, Emi, Bologna 1996, 1997.

- Centro nuovo modello di sviluppo, Geografia del supermercato mondiale. Produzione e condizioni di lavoro nel mondo delle multinazionali, Emi, Bologna 1996.

- Centro nuovo modello di sviluppo, Ai figli del pianeta. Scelte per un futuro vivibile, Emi, Bologna 1998.

- Francesco Gesualdi del Centro nuovo modello di sviluppo, Manuale per un consumo responsabile. Dal boicottaggio al commercio equo e solidale, Feltrinelli, Milano 1999.

- Francesco Gesualdi, Giamila Gesualdi, Paola Costanzo, Te', infusi e tisane dal mondo, Sonda, Torino-Milano 2001.

- Centro nuovo modello di sviluppo, Guida al risparmio responsabile. Informazioni sui comportamenti delle banche per scelte consapevoli, Emi, Bologna 2002.

- Centro nuovo modello di sviluppo, Guida al telefono critico. Il mondo della telefonia messo a nudo, Terre di mezzo, Milano 2002.

- Willy Mutunga, Francesco Gesualdi, Stephen Ouma, Consumatori del nord lavoratori del sud. Il successo di una campagna della societa' civile contro la Del Monte in Kenya, Emi, Bologna 2003.

- Francesco Gesualdi, Acquisti trasparenti, Emi, Bologna 2005.

- Francesco Gesualdi, Giamila Gesualdi, Tutti i tipi di te', Sonda, Torino-Milano 2005.

- Francesco Gesualdi, John Pilger, Comprare con giustizia, Emi, Bologna 2005.

- Francesco Gesualdi, Centro nuovo modello di sviluppo, Sobrieta'. Dallo spreco di pochi ai diritti per tutti, Feltrinelli, Milano 2005.

- Centro nuovo modello di sviluppo, Ai giovani figli del pianeta. Scegliamo insieme un futuro per tutti, Emi, Bologna 2005.

- Centro nuovo modello di sviluppo, Guida al vestire critico, Emi, Bologna 2006.

- Francesco Gesualdi, Acqua con giustizia e sobrieta', Emi, Bologna 2007.

- Francesco Gesualdi, Il mercante d'acqua, Feltrinelli Milano 2007.

- Francesco Gesualdi, Lorenzo Guadagnucci, Dalla parte sbagliata del mondo. Da Barbiana al consumo critico: storia e opinioni di un militante, Terre di mezzo, Milano 2008.

- Francesco Gesualdi, Vito Sammarco, Consumattori. Per un nuovo stile di vita, La Scuola, Brescia 2009.

- Francesco Gesualdi, L'altra via. Dalla crescita al benvivere, programma per un'economia della sazieta', Terre di Mezzo, Milano 2009.

- Francesco Gesualdi, Dario Bossi, Il prezzo del ferro. Come si arricchisce la piu' grande multinazionale del ferro e come resistono le vittime a livello mondiale, Emi, Bologna 2010.

- Francesco Gesualdi, Cercatori del regno. Cammino missionario verso la Pasqua 2011. Una Quaresima per crescere nella spiritualita' dei nuovi stili di vita, Emi, Bologna 2011.

- Francesco Gesualdi, I fuorilega del nordest, Dissensi, 2011.

- Centro nuovo modello di sviluppo, I mercanti della notizia. Guida al controllo dell'informazione in Italia, Emi, Bologna 2011.

- Francesco Gesualdi, Facciamo da soli. Per uscire dalla crisi, oltre il mito della crescita: ripartiamo dal lavoro e riprendiamoci l'economia, Altreconomia, Milano 2012.

- Francesco Gesualdi, Le catene del debito. E come possiamo spezzarle, Feltrinelli, Milano 2013.

- Francesco Gesualdi, L'economia del bene comune, Feltrinelli, Milano 2013.

- Francesco Gesualdi, Cambiare il sistema. La storia e il pensiero del padre del consumo critico, fondatore del "Centro nuovo modello di sviluppo", Altreconomia, Milano 2014.

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Ovviamente cfr. inoltre anche almeno:

- Scuola di Barbiana, Lettera a una professoressa, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1967.

- AA. VV., La Rete di Lilliput. Alleanze, obiettivi, strategie, Emi, Bologna 2001.

 

3. MATERIALI. UNA BREVE NOTA BIOGRAFICA SU FRANCUCCIO GESUALDI

[Dal blog http://blog.francescogesualdi.eu riprendiamo il seguente testo]

 

Nato nel 1949 nei pressi di Foggia giunge a Barbiana nel 1956 ed e' allievo di don Milani fino al 1967.

Partecipa alla stesura di "Lettera a una professoressa". Nel 1968 frequenta il corso annuale per quadri sindacali della Cisl, che gli offre una formazione in campo economico.

Dal 1971 al 1974 insegna alla Scuola di Servizio Sociale a Calenzano (Fi). Poi e' in Bangladesh per un servizio di volontariato di due anni.

Nel 1983 si trasferisce a Vecchiano (Pi) per vivere un'esperienza semi-comunitaria con altre famiglie decise a dare solidarieta' concreta a situazioni di difficolta'. All'interno di questa iniziativa fonda il Centro Nuovo Modello di Sviluppo per affrontare da un punto di vista politico i temi dell'insostenibilita' ambientale, della poverta', della fame, del disagio nel Nord come nel Sud del mondo.

Lungo questo percorso matura la proposta del consumo critico, di nuovi stili di vita, di nuovi assetti sociali ed economici capaci di coniugare sobrieta' con piena occupazione e diritti fondamentali per tutti.

Attualmente e' pensionato. A titolo di volontariato coordina il Centro Nuovo Modello di Sviluppo, collabora con la Campagna Abiti Puliti, svolge attivita' di formazione sul tema del debito pubblico, del consumo critico, della ricerca di altri modelli economici d'ispirazione ecologica e sociale.

 

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COI PIEDI PER TERRA

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com

Numero 784 del 5 giugno 2014

 

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