La nonviolenza contro il razzismo. 14



 

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LA NONVIOLENZA CONTRO IL RAZZISMO

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIV)

Numero 14 del 17 aprile 2013

 

In questo numero:

1. Alcuni testi del mese di gennaio 2002 (parte seconda e conclusiva)

2. Un documento del 1998 recante una proposta di lotta contro la schiavitu'

3. Non uccidere

4. Litania dei morti in preghiera

5. "Un uomo, un voto": una proposta di lettera da inviare a governanti e parlamentari

6. Fuggiaschi a Porto Alegre

 

1. MATERIALI. ALCUNI TESTI DEL MESE DI GENNAIO 2002 (PARTE SECONDA E CONCLUSIVA)

 

Riproponiamo qui alcuni testi apparsi sul nostro foglio nel mese di gennaio 2002.

 

2. UN DOCUMENTO DEL 1998 RECANTE UNA PROPOSTA DI LOTTA CONTRO LA SCHIAVITU'

[Il testo seguente, "Una proposta di lotta contro la schiavitu' in Italia", e' stato redatto e diffuso dal collettivo di lotta nonviolenta contro la schiavitu' "Liberare le stive" presso il centro sociale occupato autogestito "Valle Faul" di Viterbo nel 1998, al termine di un percorso di studio del fenomeno della schiavitu' e del razzismo in Italia (percorso di studio unito a un percorso di formazione alla nonviolenza) protrattosi per mesi. Alcuni allegati del testo non abbiamo riprodotto qui perche' li abbiamo gia' pubblicato nel nostro notiziario o perche' concernenti dati statistici ormai non piu' attuali]

 

Anche in Italia molte persone sono tuttora vittime di schiavitu'.

Noi siamo contro la schiavitu'. Ogni tipo di schiavitu'. Qualsiasi forma di schiavitu'.

Combattere la schiavitu' significa innanzitutto liberare e aiutare le vittime.

Combattere la schiavitu' significa anche lottare contro il razzismo, l'oppressione e lo sfruttamento; contro l'indifferenza, l'ignoranza e l'egoismo; contro la discriminazione sessuale; contro la violenza.

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La schiavitu' in Italia e in Europa

In Italia, ed in Europa, vittime di schiavitu' sono soprattutto persone immigrate, ed in particolare donne e bambini. Sono vittime di schiavitu' ad esempio i bambini cinesi impiegati in Italia in industrie nelle mani del racket; sono vittime di schiavitu' tutti i bambini che subiscono abusi sessuali; sono vittime di schiavitu' tutti gli uomini e le donne costretti alla prostituzione.

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Perche' vogliamo lottare contro la schiavitu'?

Per difendere e realizzare la dignita' e la liberta' di ogni persona umana; per difendere e costruire un'autentica democrazia fondata sul diritto, la liberta', l'uguaglianza, la solidarieta'; per lottare contro l'ingiusto rapporto Nord/Sud (anche la migrazione coatta e' conseguenza della rapina coloniale e neocoloniale delle risorse del Sud del mondo da parte delle transnazionali del Nord del mondo); per lottare contro il razzismo che in Europa si sta istituzionalizzando seguendo l'infame modello dell'apartheid; per lottare contro il sessismo (l'oppressione dell'uomo sulla donna, che ancora continua); per lottare contro i poteri criminali (e contrastare certe azioni razziste delle istituzioni che di fatto danneggiano ancor piu' le vittime e favoreggiano i poteri criminali); per lottare contro la violenza sessuale (e sui bambini); per lottare contro lo sfruttamento disumano, per lottare contro la violenza.

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Che fare?

In primo luogo bisogna liberare le vittime, aiutare le vittime a liberarsi, restituire ad esse pieni diritti civili.

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Quali interventi servono?

Occorre quindi chiedere ed ottenere interventi sia legislativi che amministrativi contro la schiavitu' e per liberare le vittime; cio' significa chiedere un intervento delle istituzioni pubbliche (quindi uscire dalla logica della filantropia ed affermare quella del diritto).

Occorrono interventi che risarciscano le vittime per le violenze da esse subite in Italia; interventi che configurino una strategia coerente di aiuto e liberazione delle vittime:

1) riconoscimento dei diritti civili (ed in primo luogo diritto di permanenza in Italia - se desiderata);

2) assistenza sociale ed economica;

3) difesa da parte dei pubblici poteri rispetto ad ulteriori violenze e rappresaglie da parte dei poteri criminali;

4) diritto allo studio e al lavoro;

5) valorizzare esperienze (sia di soggetti pubblici che del volontariato) gia' in corso (sia di riduzione del danno, sia di costruzione di alternative);

6) lotta contro il racket schiavista ed i suoi complici (applicando finalmente le norme di legge esistenti contro la schiavitu').

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Il nostro metodo di lavoro

Il nostro metodo di lavoro e' quello della lotta nonviolenta, per l'uguaglianza e la dignita' di ogni essere umano.

Ci siamo impegnati a studiare l'argomento della schavitu' e delle violazioni dei diritti umani in Italia nei loro vari aspetti (culturali, sociali, politici, economici, legislativi, amministrativi); ci siamo impegnati a studiare e conoscere i valori e le tecniche della nonviolenza; stiamo prendendo contatti con altre esperienze impegnate su questi temi.

Nelle nostre assemblee usiamo il metodo del consenso, la scrittura collettiva, ci sforziamo di mettere in pratica l'uguaglianza e il rispetto della dignita' di ogni persona anche nei rapporti interpersonali.

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Per dirla in breve

Nessuno e' libero in una societa' che ammette la schiavitu'.

Nessuno deve poter comprare una persona; nessuno deve essere messo in condizione di doversi vendere.

A nessuno puo' essere negata ospitalita' e solidarieta'.

Attraverso questo nostro impegno di verita' e di giustizia vogliamo anche contribuire a costruire la pace: pace e' piu' che semplice assenza di guerra, e' invece una condizione nella quale nessuna persona o gruppo di persone vive nella paura o nel bisogno.

Solo se sono liberi tutti, sono libero anch'io.

Combattere la schiavitu' vuol dire liberare ed aiutare le vittime succubi di terribili tormenti. Tutti gli esseri umani hanno diritto alla vita e alla liberta'. Lottare contro la schiavitu' vuol dire anche dare sicurezza, affetto, autonomia: una via libera e sicura da percorrere. La pace e' di tutti.

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La nostra esperienza

Il Collettivo di lotta nonviolenta contro la schiavitu' "Liberare le stive" nasce all'interno dell'esperienza del centro sociale occupato autogestito "Valle Faul" di Viterbo, in corso da cinque anni.

Attraverso una serie di riunioni di un gruppo di studio che si sono svolte tra agosto e settembre siamo arrivati alla nascita del nostro collettivo.

Il primo documento che abbiamo diffuso e' il comunicato-stampa del 27 settembre 1998 (allegato 1).

Nel corso della nostra riflessione e discussione abbiamo ritenuto utile e condivisibile la "carta programmatica" del Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini (allegato 2).

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Adesioni a documenti e proposte

Aderiamo alla campagna contro la schiavitu' promossa dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo (allegato 3).

Aderiamo al documento contro la prostituzione forzata promosso dal Gruppo Abele di Torino (allegato 4).

Aderiamo all'appello per i diritti umani degli immigrati, contro i campi di concentramento, contro la violazione del diritto d'asilo, contro i rimpatri forzati e le espulsioni di massa (allegato 5).

Aderiamo alla proposta della rete antirazzista per una manifestazione nazionale ed un preciso impegno per i diritti umani di tutti gli immigrati.

Chiediamo che siano valorizzati, attuati e rispettati subito i diritti sanciti nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, nei princìpi fondamentali della Costituzione della Repubblica Italiana, nell'art. 16 della legge 6 marzo 1998 n. 40.

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Ovviamente...

Ovviamente nello spingerci a questo impegno contro la schiavitu' hanno contribuito sia alcuni fatti specifici: come alcuni omicidi e tentati omicidi avvenuti nel viterbese collegati al racket della schiavitu', e come la morte di Semira Adamu in Belgio; sia alcune nostre convinzioni fondamentali: l'amore per la liberta' e l'uguaglianza; il rispetto delle diversita'; la lotta contro l'ingiustizia e lo sfruttamento; il desiderio che sia riconosciuta a tutti, e rispettata in tutti, la piena dignita' umana; il nostro sentimento di responsabilita' rispetto all'umanita', alla civilta' umana, all'ambiente di vita; la lotta contro la violenza che opprime persone e popoli.

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Per non concludere

Nel corso della nostra riflessione e discussione sono emerse molte questioni che dobbiamo ancora approfondire e sulle quali dovremo impegnarci; ne segnaliamo alcune:

1. smascherare le menzogne di governo e mass-media rispetto alla cosidddetta "invasione" di immigrati clandestini nell'estate 1998: questa invasione non c'e' mai stata. Sono giunte in Italia solo poche migliaia di persone, in un paese la cui economia - anche secondo lo stesso governo, e per l'arricchimento dell'Italia, non per fare beneficenza - richiede la presenza ed il lavoro di altre decine di migliaia di immigrati; sono giunte in Italia persone che fuggivano da paesi in cui predominano la fame, la violenza, la negazione dei diritti umani: queste persone hanno diritto ad essere ospitate ed assistite, hanno diritto all'asilo;

2. informare sui grandi vantaggi che l'Italia sta ricavando dalla presenza dei lavoratori stranieri in termini di prodotto interno lordo ed in termini di sostegno al sistema pensionistico;

3. informare sui dati reali dell'immigrazione in Italia;

4. chiedere una regolarizzazione generalizzata per tutti gli immigrati presenti;

5. denunciare gli accordi dell'Italia con alcuni paesi che violano sistematicamente i diritti umani;

6. denunciare il tendenziale regime di apartheid che attraverso gli accordi di Schengen e le legislazioni nazionali i governi dei paesi dell'Europa cosiddetta "comunitaria" stanno cercando di costruire;

7. denunciare l'infame strategia delle multe alle vittime di schiavitu' attuata da alcuni Comuni italiani: in questo modo si opprimono di nuovo le vittime, e si favoreggiano gli schiavisti, gli sfruttatori, i profittatori della schiavitu' (su questo punto, come su quelli precedenti, cfr. anche i dati riportati nell'allegato 6);

8. studiare i meccanismi della globalizzazione, dell'imperialismo, del neocolonialismo; dello sfruttamento e della rapina delle risorse da parte dei poteri economici dominanti del Nord del mondo ai danni dei popoli del Sud del mondo; e lottare per i diritti umani e dei popoli;

9. impegnarsi per i diritti delle donne, analizzando dal punto di vista del pensiero femminista e della "differenza di genere" tutti i problemi e le contraddizioni sociali;

10. impegnarsi per i diritti dei bambini;

11. impegnarsi contro la violenza sessuale;

12. analizzare come meccanismi di oppressione, di discriminazione, di sfruttamento tendenzialmente schiavista agiscano nella nostra stessa vita, all'interno di noi stessi e nei nostri rapporti interpersonali: tra i materiali di riflessione alla base di questo documento vi e' anche un testo che invita a portare l'analisi su noi stessi: "Io schiavo delle mie paure, dei miei compromessi taciti, del mio orgoglio, delle mie manifestazioni esasperate. Schiavo e giullare con i miei sentimenti, dimenticando o accantonando la razionalita' a volte con presunzione e disonesta' con me stesso. Realmente razionalmente schiavo con la presunzione di non aver bisogno di provare nessun sentimento. Io libero o cosciente, consapevole idiota e servo delle mie paure. Io schiavo ipocrita che non combatto per la mia liberta', giustificandomi per non affrontarmi, posso parlare di liberta' quando sono schiavo di me stesso?";

13. analizzare il rapporto tra armi e fame, e tra sfruttamento, inquinamento e guerra (e cfr. allegato 7);

14. analizzare il tema dell'uguaglianza e della diversita' (utilizzando anche la riflessione filosofica di Emmanuel Levinas);

15. impegnarsi contro il razzismo (valorizzando in particolare la testimonianza di Primo Levi);

16. impegnarsi contro la devastazione ambientale, contro una gestione delle conoscenze scientifiche e del potere tecnologico che sta producendo mostruosita', violenze, devastazioni forse gia' irreversibili (e valorizzare in particolare la riflessione di Vandana Shiva, di Hans Jonas, di Giuliano Pontara);

17. impegnarsi sulle proposte di lotta per il  diritto al lavoro e la riduzione dell'orario di lavoro; per l'economia non profit, equa e solidale; per il reddito minimo garantito (cosiddetto "di cittadinanza"); per un modello di sviluppo ecosostenibile (valorizzando la riflessione di Marco Revelli nei suoi due libri su Le due destre e su La sinistra sociale);

18. sostenere progetti di cooperazione internazionale dal basso e la lotta per i diritti umani, contro la tortura e contro la pena di morte in tutto il mondo;

19. approfondire e sperimentare la nonviolenza come strategia di lotta e come progetto politico-sociale "per un'umanita' di uguali" (cfr. l'allegato 2, ed anche l'allegato 8);

20. lottare contro i poteri criminali (cfr. anche gli allegati 9 e 10);

21. impegnarsi per i diritti umani degli immigrati detenuti;

22. impegnarsi perche' sia riconosciuto agli immigrati il diritto di voto.

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Come e' stato scritto questo documento

Questo documento e' veramente frutto di una elaborazione collettiva, esso cerca di raccogliere le molte intuizioni, i molti ragionamenti, le molte proposte su cui si e' in vario modo discusso per circa due mesi. Alcune parti di esso sono state scritte con il metodo della scrittura collettiva (come sperimentato nella scuola di Barbiana di don Milani), altre sono frutto del confronto e dell'"assemblaggio" di proposte scritte da varie persone che fanno parte del collettivo; altre derivano da appunti presi da varie persone durante le riunioni e qui riversati. Naturalmente c'e' ancora molto da fare, ma bisogna pur cominciare...

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Cosa chiediamo ai nostri interlocutori

A coloro che leggeranno questo documento chiediamo consigli, proposte, critiche; chiediamo di poterci impegnare insieme contro la schiavitu', per la liberazione di tutti e di ognuno.

Per contattarci siamo il Collettivo di lotta nonviolenta contro la schiavitù "Liberare le stive", c/o centro sociale occupato autogestito "Valle Faul", via Valle Faul (ex-gazometro), 01100 Viterbo...

Viterbo, 30 settembre 1998

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Allegato 1. Comunicato stampa del 27 settembre 1998

Nessuno e' libero in una societa' che ammette la schiavitu'

Il Collettivo di lotta nonviolenta contro la schiavitu' "Liberare le stive", presso il centro sociale occupato autogestito "Valle Faul" di Viterbo, promuove una mobilitazione contro la schiavitu' tuttora esistente in Italia, di cui sono vittime soprattutto persone immigrate.

Il Collettivo "Liberare le stive" propone una campagna di solidarieta' con le vittime di schiavitu', per la loro liberazione, contro il racket che le schiavizza e contro la complicita' diffusa.

Propone inoltre un impegno sociale, legislativo ed amministrativo in tal senso, che assicuri in primo luogo la restituzione dei diritti civili alle vittime: innanzitutto un reale diritto di residenza in Italia, la difesa da ulteriori violenze, assistenza sociale ed economica...

Viterbo, 27 settembre 1998

Notizia integrativa

Il comunicato stampa sopra riportato e' stato elaborato nella riunione del 27 settembre 1998 del Collettivo "Liberare le stive", un gruppo di lavoro che si riunisce presso il c.s.o.a. di Viterbo dal mese di agosto e che ha svolto un ampio studio sui diritti umani e la loro protezione legislativa, sulla condizione degli immigrati in Italia e in Europa, sulla riduzione in schiavitu' di cui sono vittima tante persone, soprattutto immigrate, costrette a subire disumane condizioni di violenza e sfruttamento.

Il Collettivo "Liberare le stive" ha anche effettuato, e sta proseguendo, un approfondito lavoro di studio ed accostamento alla nonviolenza ed un prolungato training di addestramento alle tecniche della lotta nonviolenta; ed ha deciso di utilizzare come suo unico metodo di intervento la nonviolenza, per questo si e' denominato "Collettivo di lotta nonviolenta contro la schiavitu'".

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Allegato 2. La carta programmatica del Movimento Nonviolento

[Il testo integrale e' gia' riprodotto piu' sotto come penultimo testo di questo numero del notiziario (e cosi' del resto in tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino")]

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Allegato 3. Scheda informativa sulla campagna contro la schiavitu'

Una campagna contro la schiavitu' in Italia

Il "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo, struttura pacifista attiva dagli anni settanta, ha promosso una campagna per l'abolizione della schiavitu' in Italia.

L'abominevole pratica della schiavitu' e' ovviamente illegale in Italia (cfr. artt. 600, 601, 602 CP) ma, come dimostrano le cronache, e' evidentemente tuttora diffusamente presente nel nostro paese, e di essa sono vittima particolarmente uomini, donne e bambini immigrati.

La struttura pacifista viterbese propone un piano globale di lotta contro la schiavitu' e chiede un preciso impegno del governo, del Parlamento e degli enti locali.

Fulcro dell'iniziativa la richiesta di un intervento sia amministrativo che legislativo che, attraverso il combinato disposto di normative gia' in vigore (valorizzando in particolare l'art. 16 della recente legge 40/98 sull'immigrazione) e la loro eventuale integrazione in uno specifico indirizzo di intervento che potrebbe altresi' concretarsi in una legge ad hoc, preveda in primo luogo un'azione efficace per la liberazione delle persone attualmente in condizioni di schiavitu' in Italia, garantendo loro - a titolo di risarcimento per le violenze subite nel nostro paese - il diritto di permanenza legale nel nostro paese qualora lo desiderino, un'adeguata protezione rispetto al pericolo di rappresaglie da parte delle organizzazioni criminali schiaviste, il pieno riconoscimento di diritti civili, assistenza sociale ed un sostegno economico sufficiente per vivere e protratto nel tempo, aiuto nella ricerca di un lavoro legale.

Alla campagna hanno gia' espresso sostegno alcuni parlamentari, ed operatori sociali impegnati in esperienze di volontariato e di solidarieta'.

Una postilla sul ruolo degli enti locali contro la schiavitù sessuale

Il "Centro di ricerca per la pace" sottolinea che particolarmente nel caso delle persone in condizioni di schiavitu' oggetto di sfruttamento sessuale, una iniziativa di tale genere da parte delle istituzioni democratiche sarebbe immediatamente praticabile ed efficace.

Gli enti locali potrebbero intervenire efficacemente fin d'ora con programmi di riduzione del danno e di percorsi assistiti di liberazione, valorizzando ed estendendo esperienze gia' in corso da parte sia di esperienze di volontariato sia di servizi sociali di enti pubblici.

Notizia sul "Centro di ricerca per la pace", promotore della campagna

Ha coordinato per l'Italia negli anni ottanta la campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi su Primo Levi, da poco scomparso. Ha promosso varie campagne di solidarieta'. Tra le sue recenti pubblicazioni: Uomini di pace; Don Milani e l'educazione alla pace; Nonviolenza: alcuni percorsi di lettura.

Per ulteriori informazioni, e per aderire alla campagna "Contro la schiavitù in Italia", contattare il "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo, tel. e fax 0761/353532.

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Allegato 4. Documento del Gruppo Abele contro la prostituzione forzata

[Il testo integrale abbiamo riprodotto nel notiziario di ieri]

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Allegato 5. Appello per il rispetto dei diritti umani degli immigrati cosiddetti "irregolari"

Lettera aperta al governo italiano

Tre provvedimenti urgenti per la difesa dei diritti umani in Italia

Esprimiamo la nostra amarezza e la nostra indignazione per il trattamento disumano fatto subire nel nostro paese a persone che tra stenti e pericoli sono giunte in Italia sperando di trovare accoglienza, lavoro, sicurezza, e che invece sono fatte oggetto di un vero e proprio linciaggio, di condizioni di schiavitu', di gravi violazioni dei loro diritti umani fondamentali.

In particolare chiediamo al governo italiano:

1. che siano aboliti i campi di concentramento [i cosiddetti "centri di permanenza temporanea"];

2. che si evitino frettolosi rimpatri forzati: occorre che a tutti gli immigrati sia garantito di poter usufruire anche del diritto di asilo qualora ne ricorrano i termini; e' evidente che molte persone sono state rimpatriate senza neppure informarle che potevano chiedere di usufruire di tale diritto, ed e' altresi' evidente che molte persone sono state ricacciate forzosamente in paesi e sotto regimi in cui rischiano persecuzioni e la stessa vita (e da cui erano fuggiti, affrontando peraltro enormi costi e pericoli);

3. che si offrano concrete possibilita' di regolarizzazione per tutti gli immigrati, e soprattutto si eviti per quanto possibile di emettere decreti di espulsione: i decreti di espulsione precipitano delle persone in una illegalita' coatta, ed espongono chi li subisce al rischio di finire nelle grinfie dei poteri criminali.

Centro di ricerca per la pace

Viterbo, 18 agosto 1998

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Allegato 6. Alcuni ulteriori materiali informativi

[Qui si riportavano dati riferiti al 1998, ovviamente non piu' attuali]

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Allegato 7. Per una riflessione contro la guerra

Alcune banali domande (note preparatorie per un incontro con gli obiettori di coscienza della Caritas di Viterbo, ottobre 1997)

1. La violenza dei potenti

Una esigua minoranza dell'umanita' dispone di ingenti ricchezze, vive nello sperpero, dispone del potere di distruggere la biosfera; una enorme maggioranza dell'umanita' vive in condizioni di miseria, di sfruttamento, di estrema sofferenza, condannata a una vita di infelicita' e ad una morte precoce.

Come puo' permanere questa situazione? Solo perche' la minoranza privilegiata usa la violenza per mantenere il suo potere a danno della stragrande maggioranza dell'umanita' presente e a danno delle generazioni future che subiranno le conseguenze del crescente e irreversibile degrado della biosfera che l'attuale modello di sviluppo provoca.

2. Guerra e politica

Scriveva von Clausewitz che la guerra e' la prosecuzione della politica con altri mezzi, e' vero; ma e' anche vero che dall'antichita' e finche' vi sara' oppressione dell'uomo sull'uomo la guerra (e la sua minaccia) e gli apparati della violenza condizionano fortemente la politica - ed attualmente la surdeterminano in gran parte del mondo; si consideri:

- il ruolo del complesso militar-industriale (determinante nella politica internazionale USA e vero e proprio "braccio armato" nei disegni e le operazioni delle multinazionali e delle centrali del capitale finanziario);

- l'oppressione imperialista, coloniale e neocoloniale, il rapporto Nord/Sud;

- i regimi dittatoriali e la loro funzione in relazione ai rapporti economici di sfruttamento delle persone e rapina delle risorse a livello mondiale;

- le guerre attuali, le violazioni dei diritti umani, la compressione di fondamentali esigenze di liberta', di dignita' e di giustizia.

3. La guerra del Golfo

Come in 1984 di George Orwell, il potere che si regge sulla violenza armata genera forme ideologiche e fin linguistiche che servono ad occultare la sua realta' e la sua azione; sono esempi di bispensiero e neolingua orwelliani definire "difesa" azioni belliche aggressive; definire "operazioni di polizia internazionale" quelle che sono illegittime guerre di sterminio.

La vicenda della guerra del Golfo e' paradigmatica: promossa e sostenuta da un grande spiegamento di risorse ideologiche e mass-mediatiche per manipolare l'opinione pubblica e dare ad intendere che essa fosse un intervento per la liberta' dei popoli e per abbattere un nuovo Hitler, oggi, ad anni da quella mostruosa strage (e gigantesca catastrofe ecologica) resta la dittatura in Kuwait (restaurata), resta la dittatura di Saddam Hussein in Iraq, resta il dominio imperiale USA sul mondo; e sofferenze indicibili sono state inflitte e continuano ad essere inflitte ai popoli oppressi (anche attraverso l'embargo che reduplica e triplica la violenza sul popolo iracheno, vittima della dittatura, della guerra ed ancora anche della negazione di elementari soccorsi sanitari ed alimentari). Essa e' stata l'equivalente su scala ingigantita - ed amplificata dai media - dell'operazione che Franco Fortini analizzo' e denuncio' con tanta lucidita' in Quelli di Grenada (in Insistenze, Garzanti): un'azione di terrorismo internazionale, volta appunto a terrorizzare il mondo e persuaderlo che opporsi alle armate imperiali porta i popoli oppressi alla morte.

4. "Da se stesse le armi tentano gli uomini" (Odissea, XIX, 13)

Le armi di per se' sono gia' la guerra: produrle, commerciarle, minacciarne l'uso od usarle; tanto quelle convenzionali, quanto - e ovviamente ancor piu' - quelle di sterminio di massa: nucleari, chimiche, batteriologiche, ormai disponibili in quantita' sufficienti a distruggere piu' volte la vita sul pianeta.

Vi e' un legame tra armi e fame, tra riarmo e totalitarismo, tra produzione-disponibilita' di armi, e terrore, oppressione, ingiustizia.

Il traffico d'armi costituisce peraltro una delle principali fonti di arricchimento e di ruolo politico-economico e strategico internazionale dei poteri criminali.

5. Gli eserciti servono a fare la guerra

La smilitarizzazione e' una necessita'. Non ci si lasci ingannare da una trama di discorso subalterna agli interessi dei poteri dominanti: la militarizzazione ed il militarismo sono antagonisti rispetto alla democrazia, lil fine istituzionale - la ragion d'essere - di ogni esercito e' fare la guerra.

Un'analisi delle recenti cosiddette "missioni umanitarie" (il caso della Somalia e' forse il piu' esemplare) e' definitivamente dimostrativa al riguardo.

6. Una riflessione sulla scienza, la ricerca, le tecnologie

La scienza non e' neutrale: spesso essa e' stata complice e assassina. E sono inquietanti gli sviluppi dell'attuale ricerca e delle attuali applicazioni tecnologiche, prevalentemente non orientate secondo esigenze di promozione del benessere, del rispetto per la dignita' umana e di tutela della biosfera: al contrario, l'attuale controllo e gestione di esse fa si' che si metta a rischio valori e bisogni fondamentali, si metta a rischio lo stesso statuto umano, si metta in pericolo la vita sul pianeta.

Sulle scienze e sulle tecnologie occorre un impegno affinche' esse siano rivolte al bene comune dell'umanita' (bene che include ovviamente in primo luogo la difesa della biosfera), anziche' al profitto dei privilegiati e al dominio dei malvagi.

7. Un ragionamento circolare

Ergo la liberazione dell'umanita' richiede il disarmo, la smilitarizzazione, la difesa intransigente e universale dei diritti umani, la lotta per la democrazia, la giustizia, la dignita'.

Il riconoscimento dell'eguaglianza di ogni essere umano nei suoi diritti fondamentali, la difesa della biosfera da scelte e poteri che la minacciano radicalmente, queste due opzioni implicano il rovesciamento della situazione strutturale di ingiustizia presente.

Ma tale rovesciamento (che richiede coscienza, partecipazione, democrazia, ed a nostro avviso la scelta cruciale della nonviolenza) e' possibile solo se si impedisce che il potere iniquo possa minacciare ed assassinare chi si ribella, possa spargere morte e devastazioni, possa distruggere il mondo.

Ergo la liberazione dell'umanita' richiede, come conditio sine qua non, la smilitarizzazione, il disarmo, la pace. Ergo la lotta per la pace, il disarmo, la smilitarizzazione, e' gia' la lotta per la liberazione dell'umanita', e' gia' solidarieta' concreta e operante con gli oppressi di tutto il mondo.

8. Per una strategia di liberazione

Chi tace e' complice: il potere oppressivo nella nostra societa' oggi non chiede un consenso di massa esplicito e militante con adunate di piazza e frenetici attivismi come nella tradizione dei fascismi classici, chiede invece un consenso passivo, come accettazione dello status quo, come trangugiamento delle sue menzogne, come disinteresse per le sorti comuni. Per questo il primo passo da compiere e' quello di rifiutare la narcosi indotta dai mass-media, l'ideologia del chiudersi nel guscio, le seduzioni della carriera individuale e della legge della giungla che il potere propone.

"Ciascuno umilmente s'informi", ha scritto Danilo Dolci. E riconosciuto l'orrore dell'ora presente ciascuno s'impegni a resistere alla violenza, all'ingiustizia, alla sopraffazione, alla menzogna.

Si puo' fare molto, sul piano della conoscenza (e della coscientizzazione, per dirla con Paulo Freire) e dell'azione pratica:

- resistere all'oppressione (e solidarizzare con chi resiste, ovunque);

- la teoria-prassi nonviolenta;

- lottare per il disarmo, la smilitarizzazione (e l'alternativa della difesa popolare nonviolenta - Dpn -);

- scelte di giustizia ed azioni concrete;

- pace, diritti umani e dei popoli, difesa della biosfera.

9. Letture indispensabili, strumenti di lavoro, testi per approfondire, riviste, editrici

a) letture indispensabili:

- Guenther Anders, Tesi sull'eta' atomica, in Essere o non essere, Einaudi, poi "Linea d'ombra", ed in opuscolo per nostra cura;

- Primo Levi, I sommersi e i salvati, Einaudi;

- Marcos, La quarta guerra mondiale e' cominciata, "Il Manifesto";

b) strumenti di lavoro:

- AA.VV., Etiche della mondialita', Cittadella;

- Amnesty International, Rapporto annuale 1997, ECP;

- Ernesto Balducci, Lodovico Grassi, La pace. Realismo di un'utopia, Principato;

c) alcuni testi di approfondimento:

- AA. VV., Jugoslavia perche'?, Gamberetti;

- Hannah Arendt, La banalita' del male, Feltrinelli;

- Ernesto Balducci, Il terzo millennio, Bompiani; L'uomo planetario, Camunia, poi ECP; La terra del tramonto, ECP; Montezuma scopre l'Europa, ECP;

- Stefano Bianchini, La questione jugoslava, Giunti;

- Norberto Bobbio, Il problema della guerra e le vie della pace, Il Mulino; L'eta' dei diritti, Einaudi; Il terzo assente, Sonda; Stato, governo, societa', Einaudi; Eguaglianza e liberta', Einaudi;

- Albert Camus, La peste, Bompiani;

- Aldo Capitini, Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita;

- Noam Chomsky, Anno 501, La Conquista continua, Gamberetti;

- Angelo Del Boca, Gli italiani in Africa Orientale, Laterza, poi Mondadori; Gli italiani in Libia, Laterza, poi Mondadori; Una sconfitta dell'intelligenza, Laterza; La trappola somala, Laterza;

- Frantz Fanon, I dannati della terra, Einaudi;

- Franco Fortini, Una voce: comunismo, in Extrema ratio, Garzanti, ed in opuscolo per nostra cura;

- Eduardo Galeano, Memoria del fuoco, Sansoni;

- Giulio Girardi, Sandinismo, marxismo, cristianesimo: la confluenza, Borla; La conquista dell'America, Borla; Gli esclusi costruiranno la nuova storia?, Borla;

- Raul Hilberg, La distruzione degli Ebrei d'Europa, Einaudi;

- Hans Jonas, Il principio responsabilita', Einaudi; Tecnica, medicina ed etica, Einaudi;

- Nelson Mandela, Lungo cammino verso la liberta', Feltrinelli;

- Stefano Rodota', Questioni di bioetica, Laterza; Tecnologie e diritti, Il Mulino;

- Rossana Rossanda, Note a margine, Bollati Boringhieri;

- Umberto Santino, Oltre la legalita', Csd "G. Impastato";

- Gene Sharp, Politica dell'azione nonviolenta, Edizioni Gruppo Abele;

- Vandana Shiva, Sopravvivere allo sviluppo, Isedi; Monocolture della mente, Bollati Boringhieri;

- Simone Weil, La condizione operaia, Mondadori;

d) alcune riviste particolarmente utili:

- Amanecer; Avvenimenti; Azione nonviolenta; Guerre e pace; Le Monde diplomatique; Nigrizia; Testimonianze;

e) case editrici particolarmente impegnate sui temi della pace e della liberazione:

Edizioni Cultura della Pace (ECP), S. Domenico di Fiesole (FI); Edizioni Gruppo Abele (EGA), Torino; Erre Emme edizioni, Bolsena (VT); La Piccola Editrice, Celleno (VT).

Viterbo, 24 ottobre 1997

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Allegato 8. Un'ulteriore nota sulla nonviolenza

Ma cosa e' questa nonviolenza? La nonviolenza e' lotta

1. E' lotta. E' lotta contro la violenza, contro l'ingiustizia, contro la menzogna. E' lotta perche' ogni essere umano sia riconosciuto nella sua dignita'; e' lotta contro ogni forma di sopraffazione; e' lotta di liberazione per l'uguaglianza di tutti nel rispetto e nella valorizzazione della diversita' di ognuno.

2. E' la forma di lotta piu' profonda, quella che va piu' alla radice delle questioni che affronta. E' lotta contro il potere violento, cui si oppone nel modo piu' completo, rifiutando la sua violenza e rifiutando di riprodurre violenza.

3. Afferma la coerenza tra i mezzi ed i fini, tra i metodi e gli obiettivi. Tra la lotta e il suo risultato c'e' lo stesso rapporto che c'e' tra il seme e la pianta. Chi lotta per la liberazione di tutti, deve usare metodi coerenti. Chi lotta per l'uguaglianza deve usare metodi che tutti possano usare. Chi lotta per la verita' e la giustizia deve lottare nel rispetto della verita' e della giustizia.

4. E' lotta contro il male, non contro le persone. E' lotta per difendere e liberare, per salvare e per convincere, e non per umiliare o annientare altre persone.

5. E' lotta fatta da esseri umani che non dimenticano di essere tali. Che non si abbrutiscono, che non vogliono fare del male, bensi' contrastare il male. E' lotta per l'umanita'.

6. La nonviolenza e' il contrario della vilta'. E' il rifiuto di subire l'ingiustizia; e' il rifiuto di ogni ingiustizia, sia di quella contro di me, sia di quelle contro altri. La nonviolenza e' lotta. E' lotta per la verita', e' lotta per la giustizia, e' lotta di liberazione e di solidarieta', e' lotta contro ogni oppressione.

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Allegato 9. Dodici tesi contro le mafie, di Luciano Violante

I testi seguenti sono estratti da Luciano Violante, Non e' la piovra. Dodici tesi sulle mafie italiane, Einaudi, Torino 1994.

Tesi 1. La mafia non e' una piovra, ne' un cancro. Non e' ne' misteriosa ne' invincibile. Per combatterla efficacemente e per vincerla occorrono analisi razionali. E' fatta di uomini, danaro, armi, relazioni politiche e relazioni finanziarie. E' costituita essenzialmente da tre grandi organizzazioni criminali, Cosa Nostra, 'ndrangheta e camorra, e da un'organizzazione minore, la Sacra Corona Unita, che e' radicata in Puglia. Queste organizzazioni hanno in comune il controllo del territorio, i rapporti con la politica e l'internazionalizzazione. Questo le differenzia dalle comuni forme di criminalita' organizzata.

Tesi 2. La principale organizzazione mafiosa e' Cosa Nostra, con circa 5000 affiliati. Ha un esteso radicamento sociale, un'organizzazione paramilitare, illimitate disponibilita' finanziarie. Controlla minuziosamente il territorio sul quale opera. La sua forza e' determinata dal rapporto con la politica. La regola fondamentale e' l'utilitarismo. La strategia e' costituita dall'espansione illimitata. Cosa Nostra e' uno Stato nello Stato e agisce come una componente eversiva armata.

Tesi 3. La camorra agisce prevalentemente in Campania; e' costituita da centinaia di bande, con quasi 7000 affiliati, che si compongono e si scompongono con grande facilita', a volte pacificamente, altre volte con scontri sanguinosi. La camorra ha una storia antichissima e un carattere prevalentemente mercenario. Ha manifestato una grande capacita' di condizionamento dell'economia e delle amministrazioni locali.

Tesi 4. La mafia calabrese si chiama 'ndrangheta. Essa ha caratteristiche proprie che la fanno apparire anomala tanto rispetto a Cosa Nostra quanto rispetto alla camorra. Mantiene aspetti arcaici insieme a innovazioni di straordinaria modernita'. Ha il quasi monopolio del traffico d'armi, conta circa 5600 affiliati, sul proprio territorio riesce a mantenere livelli di impunita' elevatissimi, superiori a quelli di Cosa Nostra. E' l'organizzazione mafiosa piu' presente nel nord del Paese.

Tesi 5. La Puglia e' il "cortile di casa" delle tre mafie principali. Vi operano diverse forme di criminalita' organizzata di tipo mafioso; la piu' importante e' la Sacra Corona Unita. Essa trae origine dal mutamento strutturale di organizzazioni malavitose locali venute a contatto, agli inizi degli anni Ottanta, con la Nuova Camorra Organizzata di Cutolo e, grazie al soggiorno obbligato, con esponenti di Cosa Nostra. E' un tipico esempio di crescita incontrastata di un'organizzazione mafiosa che avrebbe potuto essere bloccata con una ordinaria e tempestiva azione giudiziaria e di polizia. Il fenomeno, nonostante le reiterate denunce della Commissione antimafia, a partire dalla prima meta' degli anni Ottanta, ha potuto espandersi senza ostacoli sino a raggiungere una pericolosita' considerevole.

Tesi 6. Il carcere costituisce per le organizzazioni mafiose il prolungamento del loro territorio. Non c'e' alcuna possibilita' di sconfitta della mafia se non si attua una rigida separazione tra mafiosi detenuti e mafiosi in liberta'. Percio' e' necessario mantenere l'efficacia dell'articolo 41 bis dell'ordinamento penitenziario, che stabilisce particolari controlli sui detenuti pericolosi.

Tesi 7. Il potere delle mafie moderne nasce essenzialmente da alcune grandi decisioni pubbliche. Ci sono, al di la' della storia specifica di Cosa Nostra e del suo ruolo ai tempi dello sbarco alleato in Sicilia, scelte pubbliche di natura politica o economica, che hanno schiacciato il Mezzogiorno, hanno premiato classi politiche dirigenti locali fragili e delegittimate e sono state attuate con la tolleranza dei ceti imprenditoriali.

Questo fenomeno ha prodotto l'integrazione della mafia nel sistema economico e politico e ha dato luogo ad estese pratiche corruttive. La corruzione, nel processo espansivo della mafia, si e' rivelata piu' importante del ricorso alla violenza.

Tesi 8. Logge massoniche "deviate" costituiscono il tramite piu' frequente e piu' sicuro nei rapporti tra mafia e istituzioni. Per mezzo di queste logge, in particolare, la mafia cerca di "aggiustare" i processi che la riguardano. Esponenti delle logge massoniche, a loro volta, hanno chiesto in diverse occasioni la partecipazione di Cosa Nostra a vicende criminali ed eversive. Il terreno d'incontro tra la mafia e queste logge e' costituito dai comuni interessi antidemocratici.

Tesi 9. Le leggi contro la mafia ci sono. E' necessario apportare alcune correzioni; ma in questa fase non servono altre leggi. Serve invece un forte indirizzo politico per ottenerne dagli apparati dello Stato la piu' puntuale osservanza. E' grave piuttosto che le leggi contro la mafia siano state approvate solo dopo grandi omicidi, come se la classe politica dirigente dovesse essere costretta dagli avvenimenti a fare queste leggi e non avesse mai avuto una propria autonoma strategia antimafia. Tra le diverse leggi, una delle piu' efficaci e' quella che stabilisce forti riduzioni di pena per i cosiddetti "pentiti" inducendo i mafiosi a rompere l'omerta' e a collaborare con lo Stato contro le organizzazioni di appartenenza.

Tesi 10. La Federazione Russa costituisce oggi, per la crisi economica, per la fragilita' politica e per la difficolta' a darsi regole e farle osservare, un nuovo terreno di insediamento delle grandi mafie dei diversi Paesi, comprese le mafie italiane. Questi insediamenti possono arrecare danni particolarmente gravi e inediti perche' la Russia e' una potenza nucleare e perche' senza una radicale azione di contrasto, concertata tra tutti i Paesi interessati, quel territorio potrebbe diventare una sorta di colossale "citta' aperta" alle mafie di tutto il mondo.

Tesi 11. La mafia, grazie ad un volume di affari che si aggira attorno ai 69000 miliardi l'anno, puo' distruggere il mercato sostituendo con i propri imprenditori gli imprenditori onesti, rapinando le ricchezze nazionali, inquinando irrimediabilmente il sistema bancario e finanziario. La difesa del mercato dalle organizzazioni mafiose ha per la democrazia un valore analogo alla difesa delle istituzioni dello Stato.

Tesi 12. Risultati definitivi nella lotta contro la mafia possono ottenersi soltanto se all'azione repressiva contro le organizzazioni mafiose si accompagnano interventi sociali per garantire i diritti fondamentali dei cittadini. Sinora la lotta contro la mafia ha avuto un andamento pendolare proprio perche' la repressione non e' stata affiancata da un'azione di risanamento. I nostri successi saranno definitivi se sapremo rompere tutti i rapporti tra mafia e politica e realizzare le riforme sociali. Accanto all'antimafia dei delitti deve affermarsi l'antimafia dei diritti, fondata sulla costruzione di condizioni economiche e sociali dignitose per tutti. La mafia e' il nostro principale fattore di arretratezza.

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Allegato 10. Una "tessera" del subcomandante Marcos

Il brano che segue e' estratto da La quarta guerra mondiale e' cominciata, scritto dal subcomandante Marcos dell'EZLN del Chiapas e pubblicato nell'estate '97 sulla prestigiosa rivista di analisi economica e politica internazionale "Le monde diplomatique". In Italia e' stato tradotto e diffuso in opuscolo a cura del quotidiano "Il manifesto".

Tessera 4. Mondializzazione finanziaria e globalizzazione della corruzione e del crimine.

I mezzi di comunicazione di massa ci dipingono un'immagine dei capi della delinquenza mondiale: uomini e donne volgari, vestiti in modo stravagante, occupati in lavori grotteschi o dietro le sbarre di un carcere. Ma questa immagine nasconde piu' di quanto non mostri: ne' i veri capi delle mafie moderne, ne' la loro organizzazione, ne' la loro influenza reale sull'economia e la politica sono messi in mostra. Se voi pensate che mondo della delinquenza sia sinonimo di oltretomba e oscurita', vi sbagliate. Durante la cosiddetta "guerra fredda", il crimine organizzato e' andato acquisendo un'immagine piu' rispettabile e non solo ha cominciato a funzionare come qualunque impresa moderna, ma e' anche profondamente penetrato nei sistemi politici ed economici degli Stati nazionali. Con l'inizio della IV guerra mondiale [con questa formula Marcos intende la fase economica - successiva alla cosiddetta "guerra fredda" - della globalizzazione postfordista e la "guerra" che il neoliberismo muove contro l'umanita' - ndr -], lo stabilirsi del "nuovo ordine mondiale" e la conseguente apertura dei mercati, le privatizzazioni, la deregolazione del commercio e della finanza internazionale, il crimine organizzato ha "globalizzato" le sue attivita'.

"Secondo l'ONU il reddito mondiale annuale delle organizzazioni criminali transnazionali si aggira attorno al milione di milioni di dollari, un ammontare equivalente al Pil (prodotto interno lordo) di tutti i paesi "a reddito debole" (secondo la classificazione della Banca Mondiale) e dei loro tre miliardi di abitanti. Questa stima tiene conto tanto del traffico di droghe, che dei traffici di armi, del contrabbando di materiale nucleare, etc., oltre che dei guadagni delle "imprese" controllate dalle mafie (prostituzione, gioco, mercato nero del denaro...). in cambio, non diminuisce il volume degli investimenti incessantemente fatti dalle organizzazioni criminali nella sfera del controllo degli affari legittimi, ne' tanto meno il dominio che esse esercitano sui mezzi di produzione in numerosi settori dell'economia legale" (Michel Chossudovsky, "La corruption mondialisee", in Geopolitique du Chaos, op. cit.).

Le organizzazioni criminali dei cinque continenti hanno fatto loro lo "spirito di cooperazione mondiale" e, associate, partecipano alla conquista e al riordino dei nuovi mercati. Non solo in attivita' criminali, ma anche negli affari legali. Il crimine organizzato investe in affari legittimi non solo per "riciclare" il denaro sporco, ma anche per costituire nuovi capitali per le sue attivita' illegali. Le imprese preferite per questo scopo sono quelle immobiliari di lusso, l'industria dell'ozio, i mezzi di comunicazione, l'industria, l'agricoltura, i servizi pubblici e... la banca! Ali' Baba' e i quaranta banchieri? No, qualcosa di peggio. Il denaro sporco del crimine organizzato e' utilizzato dalle banche commerciali per le loro attivita': prestiti, investimenti nei mercati finanziari, acquisto di titoli del debito estero, compravendita di oro e valuta. "In molti paesi, le organizzazioni criminali si sono convertite in creditori dello Stato ed esercitano, agendo nei mercati, un'influenza sulla politica macroeconomica dei governi. Nelle borse valori, esse investono anche nei mercati speculativi di prodotti derivati e di materie prime" (M. Chossudovsky, op. cit.).

E, secondo un rapporto delle Nazioni Unite, "lo sviluppo dei sindacati del crimine e' stato facilitato dai programmi di aggiustamento strutturale che i paesi indebitati hanno dovuto accettare per avere accesso ai prestiti del Fondo Monetario Internazionale" (La globalizzazione del crimine, Nazioni Unite).

Il crimine organizzato conta anche sui cosiddetti paradisi fiscali. In tutto il mondo ci sono, piu' o meno, 55 paradisi fiscali (uno di essi, nelle Isole Cayman, e' al quinto posto nel mondo come centro bancario e ha piu' banche e societa' registrate che abitanti). Le Bahamas, le Isole Vergini britanniche, le Bermude, San Martin, Vanuatu, le Isole Cook, l'isola Mauritius, il Lussemburgo, la Svizzera, le isole anglonormanne, Dublino, Montecarlo, Gibilterra, Malta, sono buoni posti, per il crimine organizzato, per entrare in rapporto con le grandi imprese finanziarie del mondo. Oltre a "riciclare" il denaro sporco, i paradisi fiscali sono usati per evadere le tasse, ed e' per questo che sono un punto di contatto tra governanti, manager e capi del crimine organizzato. L'alta tecnologia, applicata alla finanza, permette la circolazione rapida del denaro e la sparizione dei guadagni illegali. "Gli affari legali e illegali sono sempre piu' mescolati, introducono un cambiamento fondamentale nelle strutture del capitalismo del dopoguerra. Le mafie investono in affari legali e, all'inverso, incanalano risorse finanziarie verso l'economia criminale, grazie al controllo di banche o imprese commerciali implicate con il riciclaggio del denaro sporco o che hanno relazioni con le organizzazioni criminali. Le banche sostengono che le transazioni sono effettuate in buona fede e che i loro dirigenti ignorano l'origine dei fondi depositati. La consegna e' non chiedere nulla, e' il segreto bancario, e' l'anonimato nelle transazioni, tutto e' garantito dagli interessi del crimine organizzato, che proteggono l'istituzione bancaria dalle investigazioni pubbliche e dalle incriminazioni. Non solamente le grandi banche accettano di riciclare denaro, puntando alle abbondanti commissioni, ma concedono anche prestiti a tassi elevati alle mafie, sottraendoli agli investimenti produttivi industriali o agricoli" (M. Chossudovsky, op. cit.).

La crisi del debito mondiale, negli anni ottanta, provoco' il crollo dei prezzi delle materie prime. Questo ridusse drasticamente il reddito dei paesi sottosviluppati. Le misure economiche dettate dalla Banca Mondiale e dal Fondo monetario internazionale, presuntamente per "recuperare" l'economia di questi paesi, hanno solo reso piu' acuta la crisi degli affari locali. Di conseguenza, l'economia illegale si e' sviluppata per riempire il vuoto creato dalla caduta dei mercati nazionali.

La figura 4 si costruisce disegnando un rettangolo: e' lo specchio in cui legalita' e illegalita' si riflettono e si scambiano. Da quale lato e' il criminale, e da quale chi lo persegue?

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Appendice: alcune letture indispensabili

a) libri: Primo Levi, I sommersi e i salvati, Einaudi; Amnesty International, Rapporto annuale, Edizioni Cultura della Pace.

b) riviste: Azione nonviolenta; Guerre & pace; Le Monde diplomatique; Nigrizia.

 

3. NON UCCIDERE

 

Non vi e' possibilita' alcuna di fondare una societa' se non ci si accorda su questo: non uccidere.

Non vi e' possibilita' alcuna di salvare l'umanita' dalla catastrofe se non ci si accorda su questo: non uccidere.

Tutto cio' che e' ordinato all'uccidere e' contro l'umanita' intera, e quindi contro ogni singolo essere umano: le armi, gli armati, gli eserciti, le guerre.

Cessare di produrre le armi, questo occorre; disarmare tutti gli armati, questo occorre; abolire tutti gli eserciti, questo occorre; impedire tutte le guerre: questo occorre.

Ma oltre a dirlo, cosa abbiamo saputo fare in questi terribili mesi?

 

4. LITANIA DEI MORTI IN PREGHIERA

[Questo testo fu scritto e diffuso il 20 ottobre del 2000]

 

Leggo sul giornale la notizia assente

lungo una strada una discarica abusiva

sulla discarica deposti, scaricati

morti asfissiati sei giovani migranti:

sei clandestini, leggo sul giornale

che aggiunge: il TIR

partendo in fretta e furia

con una ruota ha calcato il capo spento

di uno dei morti, schiacciandolo

facendone scempio.

 

Vedo

la scena tutta: la strada, il grande camion

il cumulo maleodorante dei rifiuti

la fretta di sgravare a terra il carico

inerte, lo sguardo da lupo il fiato affannoso

le bestemmie masticate in gola

di chi scaglia tra i residui i residui

corpi. Vedo

il camion pesante macigno, il fumo

dei gas di scappamento, il crocchiare

orribile che non posso, non posso dire.

E vedo ancora

come sacchi quei corpi rotti

che attendono l'alba, il giorno, il passaggio

delle automobili, il sole

che alto si leva, il tempo

che passa e che fermenta, finche' viene

qualcuno e si ferma

ed e' tardi.

Poi vedo che arrivano uomini molti,

si fermano auto e furgoni, ed e' tardi.

Vengono le telecamere, le macchine

fotografiche, un momento ancora,

ancora un momento prima di gettare

un velo pietoso, il pubblico cannibale

vuole vedere il sangue, lo scempio.

Poi tutto si avvolge. Tutto torna nero.

Tutto resta nero, e nel nero un piu' cupo

nero che sembra quasi rosso. E un silenzio

tumescente.

 

Leggo il giornale, uno dei poveri

cristi ammazzati cosi' dalle leggi di Schengen e dalle mafie

transnazionali cui lo stato ha appaltato

il mercato del diritto a fuggire

dalla morte altra morte trovando,

leggo il giornale uno dei cristi poveri

stringeva ancora in mano una piccola, una piccola coroncina

da preghiera.

 

Mentre affogavano tra le balle di cotone

pregavano, pregavano i miseri clandestini.

 

Ascoltala tu la loro pia preghiera.

Ascoltala tu, che leggi queste righe.

Tu poni mano a far cessar la strage.

 

Ipocrita lettore, mio simile, mio frate.

Ascoltala tu la voce dei morti

e poni mano tu, poniamo mano insieme, a far cessar la strage.

 

5. "UN UOMO, UN VOTO": UNA PROPOSTA DI LETTERA DA INVIARE A GOVERNANTI E PARLAMENTARI

[Questo appello abbiamo ripreso dal numero 28 del 24 ottobre 2000 del notiziario "Un uomo, un voto" promosso dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo]

 

Egregi signori,

a) la Convenzione di Strasburgo del 5 febbraio 1992 sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale prevede al capitolo C il diritto di voto (elettorato attivo e passivo, ovvero la facoltà di eleggere e di essere eletto) nelle elezioni locali per ogni straniero residente;

b) in altri paesi europei tale diritto e' garantito da vari decenni;

c) dal 1996 anche in Italia vi sono gia' degli stranieri residenti che godono, come e' giusto, del diritto di voto per le elezioni amministrative: tutti quelli provenienti da paesi della Comunita' Europea (e tale riconoscimento del diritto di voto non ha richiesto alcuna modifica costituzionale);

d) la bozza definitiva di quella che poi divenne la legge 40/98 prevedeva il diritto di voto nelle elezioni amministrative per tutti gli stranieri residenti, e solo nell'ultima fase immediatamente antecedente l'approvazione della legge tale ragionevole e doverosa norma fu proditoriamente e vergognosamente cassata;

e) non vi e' dubbio che non occorre affatto modificare la Costituzione per riconoscere finalmente il diritto di voto nelle elezioni amministrative a tutti gli stranieri legalmente residenti;

f) e' sufficiente una legge ordinaria.

Vi chiediamo pertanto di adoperarvi affinche' cessi questa sorta di apartheid elettorale, affinché a tutte le persone legalmente residenti in Italia sia finalmente riconosciuto il diritto di voto nelle elezioni amministrative.

"Un uomo, un voto" e' stato lo storico motto del movimento antirazzista sudafricano che Nelson Mandela ha guidato alla vittoria, per il suo popolo e per l'umanita' intera; facciamolo valere anche in Italia.

Cessi l'apartheid elettorale, sia riconosciuto finalmente il diritto di voto nelle elezioni amministrative per tutte le persone residenti in Italia.

In attesa di un cenno di riscontro,

distinti saluti

Firma ed indirizzo del mittente

Luogo e data

 

6. FUGGIASCHI A PORTO ALEGRE

 

Leggo sui giornali che con toni trionfalistici ed atteggiamenti gongolanti viene annunciato che al prossimo forum sociale mondiale di Porto Alegre la delegazione italiana sara' la piu' numerosa. Vivissimi applausi.

Poi volgo il capo dalla parte di qua: e vedo un paese in cui e' andato al potere (vincendo le elezioni, lo so, anche Mussoli e Hitler le vinsero, e poi le dismisero) un blocco sociale e un sistema di potere che tutti sappiamo cosa siano ne' mascherano affatto le loro intenzioni di eversione dall'alto; vedo un paese in cui e' stata infranta la legge fondamentale e giorno dopo giorno si susseguono atti di governo che definire sciagurati e' un eufemismo; vedo un paese in cui governo, parlamento e capo dello stato hanno tradito la Costituzione cui avevano giurato fedelta' e ci hanno trascinato in una guerra che potrebbe metter fine alla civilta' umana (ed intanto ha gia' messo fine alla civilta' giuridica e al diritto internazionale, oltre che alle vite di migliaia di poveri innocenti, di innocenti poveri).

Domando: non sarebbe preferibile fare un po' meno turismo, un po' meno trionfalismo, ed adoperarsi piu' e meglio per difendere la legalita', la democrazia, la civile convivenza, i diritti umani, e le stesse istituzioni repubblicane, nel nostro paese? Non sarebbe meglio adoperarsi hic et nunc per far uscire l'Italia dalla guerra illegale e criminale? Non sarebbe necessario contrastare oggi con tutte le nostre forze la deriva eversiva e criminale, l'imbarbarimento del nostro stesso paese?

O sono solo io a sentire come una sconfitta, ed anzi una rotta, dell'intero fronte democratico quanto e' accaduto ed accade in Italia?

O sono solo io a pensare che dopo non essere stati capaci di impedire la partecipazione italiana alla guerra, dopo non essere stati capaci di impedire lo sfondamento e la vittoria della destra eversiva nel nostro paese, dovrebbe essere quantomeno imbarazzante andare a fare i pavoni o peggio i professori (di cosa, poi) altrove?

Sono solo io a percepire un che di escapista ed irresponsabile in certi proclami altromondani e quasi ultramondani mentre la nostra stessa casa brucia?

Piu' modestia, occorre; e piu' rigore morale (morale, si'), piu' impegno civile (si', civile): qui e adesso. Senza scaricare su altri le responsabilita' nostre, senza fughe dalla realta' che cooperano alla sempre piu' pervasiva fuga dalla liberta'.

 

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LA NONVIOLENZA CONTRO IL RAZZISMO

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIV)

Numero 14 del 17 aprile 2013

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it