Telegrammi. 1247



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 1247 del 17 aprile 2013

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com

 

Sommario di questo numero:

1. Boston, Afghanistan

2. Peppe Sini: Tre caratteristiche della cultura totalitaria. E tre postille

3. "Verso le elezioni comunali". Un incontro di riflessione a Viterbo

4. Un incontro di riflessione a Viterbo su "Sofferenza psichica, disagio sociale e diritto all'assistenza"

5. Un incontro di studio sulla Rosa Bianca e su Dietrich Bonhoeffer

6. Rileggendo l'Apokolokyntosis. La satira di Seneca contro Claudio

7. Alcuni testi del mese di settembre 2003 (parte quarta e conclusiva)

8. Una lettera aperta al Presidente della Repubblica

9. Ballata dei governi che sanno quel che fanno

10. Buone notizie da Cancun

11. Arafat ovvero l'umanita'

12. Sulla proposta di Lidia Menapace per "un'Europa neutrale"

13. La scomparsa di Sergio Ortega

14. L'interprete

15. Io dico seguitando (sulla proposta di Lidia Menapace)

16. La scomparsa di Edward Said

17. In memoria di Franco Modigliani

18. Un appello per il 4 ottobre

19. Una lettera ad alcuni parlamentari (sulla proposta di Lidia Menapace)

20. i piedi nel piatto e il cammino da fare (sulla proposta di Lidia e sulle riflessioni di Normanna)

21. La "Carta" del Movimento Nonviolento

22. Per saperne di piu'

 

1. EDITORIALE. BOSTON, AFGHANISTAN

 

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Ogni strage, la stessa strage.

*

La strage di Boston ci ricorda che vi e' una sola umanita' in un mondo ormai unificato.

La strage di Boston ci ricorda che la violenza e' sempre e solo nemica dell'umanita'.

La strage di Boston ci ricorda che solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

*

Perche' cessino tutte le stragi occorre che cessino tutte le guerre.

Perche' cessino tutte le stragi occorrono la pace, il disarmo e la smilitarizzazione.

Perche' cessino tutte le stragi occorrono la giustizia sociale e un'autentica cooperazione internazionale; il riconoscimento, il rispetto e la difesa della vita, della dignita' e dei diritti di tutti gli esseri umani; la difesa della biosfera, casa comune dell'umanita' intera.

Perche' cessino tutte le stragi occorre che la nonviolenza diventi il principio istitutivo delle relazioni tra le persone e tra i popoli, tra l'umanita' e l'intero mondo vivente.

*

Tutte le vittime, la stessa vittima.

Tutti gli esseri umani, una stessa famiglia.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

2. EDITORIALE. PEPPE SINI: TRE CARATTERISTICHE DELLA CULTURA TOTALITARIA. E TRE POSTILLE

 

Tre caratteristiche della cultura totalitaria.

Il presidenzialismo plebiscitario: senza mediazioni, a furor di popolo. Di solito vince Barabba.

Il disprezzo del parlamento come luogo non solo di rappresentanza e conflitto, ma anche e soprattutto - e decisivamente ai fini della legiferazione - di mediazione e ricomposizione.

L'uso sistematico della menzogna (e su questo Hannah Arendt ha scritto pagine definitive).

*

Le tre postille.

Postilla prima: di plebisciti in Italia abbiamo gia' avuto funesta esperienza. Basta, di grazia.

Postilla seconda: quanto alla cosiddetta democrazia diretta esercitata attraverso le televisioni o il sito web del Capo, suvvia.

Postilla terza: certe retoriche e le pratiche ad esse connesse si sono gia' presentate nel corso del Novecento: in Germania ed in Russia avevano i baffi.

 

3. INCONTRI. "VERSO LE ELEZIONI COMUNALI". UN INCONTRO DI RIFLESSIONE A VITERBO

 

Si e' svolto lunedi' 15 aprile 2013 a Viterbo presso il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" un incontro di riflessione sul tema "Verso le elezioni comunali. Un ragionamento complesso per la sinistra necessaria: femminista ed ecologista, socialista e libertaria, antimilitarista ed antirazzista, solidale e nonviolenta".

 

4. INCONTRI. UN INCONTRO DI RIFLESSIONE A VITERBO SU "SOFFERENZA PSICHICA, DISAGIO SOCIALE E DIRITTO ALL'ASSISTENZA"

 

Si e' svolto martedi' 16 aprile 2013 a Viterbo presso il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" un incontro di riflessione sul tema "Sofferenza psichica, disagio sociale, diritto all'assistenza e solidarieta' concreta".

 

5. INCONTRI. UN INCONTRO DI STUDIO SULLA ROSA BIANCA E SU DIETRICH BONHOEFFER

 

Si e' svolto martedi' 16 aprile 2013 a Viterbo presso il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" un incontro di studio sul tema: "Per una cultura e una prassi dell'antifascismo vivente e operante: la testimonianza della Rosa Bianca e di Dietrich Bonhoeffer".

Nel corso dell'incontro sono stati letti e commentati i volantini diffusi dal gruppo di resistenti della Rosa Bianca ed alcuni passi dalle opere e dalle lettere del grande teologo antinazista.

L'incontro era parte un ciclo di incontri di studio in preparazione del 25 aprile, incontri nel corso dei quali si vengono leggendo e commentando alcuni testi classici dell'antifascismo e della cultura democratica.

*

La "Rosa Bianca" e' stata una delle piu' luminose esperienze di Resistenza nonviolenta al nazismo in Germania: tra il 1942 ed il 1943 un gruppo di studenti ed un professore di Monaco realizzarono e diffusero una serie di sei volantini clandestini antinazisti. I primi quattro volantini si aprivano col titolo "Fogli volanti della Rosa bianca" ed erano diffusi in poche centinaia di copie; gli ultimi due intitolati "Fogli volanti del movimento di Resistenza in Germania" ciclostilati in qualche migliaia di copie. Scoperti, furono condannati a morte e decapitati gli studenti Hans Scholl, Sophie Scholl, Christoph Probst, Willi Graf, Alexander Schmorell ed il professor Kurt Huber.

Tra le opere sulla Rosa Bianca: Inge Scholl, La Rosa Bianca, La Nuova Italia, Firenze, 1966, rist. 1978 (scritto dalla sorella di Hans e Sophie Scholl, il volume - la cui traduzione italiana e' parziale - contiene anche i testi dei volantini diffusi clandestinamente dalla Rosa Bianca); Klaus Vielhaber, Hubert Hanisch, Anneliese Knoop-Graf (a cura di), Violenza e coscienza. Willi Graf e la Rosa Bianca, La nuova Europa, Firenze 1978; Paolo Ghezzi, La Rosa Bianca. Un gruppo di resistenza al nazismo in nome della liberta', Paoline, Cinisello Balsamo (Mi) 1993; Romano Guardini, La Rosa Bianca, Morcelliana, Brescia 1994; Paolo Ghezzi, Sophie Scholl e la Rosa Bianca, Morcelliana, Brescia 2003. Alcune piu' dettagliate notizie biografiche sui principali appartenenti al movimento di resistenza della "Rosa bianca" ed altri materiali sono nel n. 909, 910 e 913 de "La nonviolenza e' in cammino", nelle "Notizie minime della nonviolenza in cammino" nn. 177-179, e passim.

*

Dietrich Bonhoeffer, nato a Breslavia nel 1906, pastore e teologo, fu ucciso dai nazisti il 9 aprile del 1945; non e' solo un eroe della Resistenza, e' uno dei pensatori fondamentali del Novecento.

Tra le opere di Dietrich Bonhoeffer: Resistenza e resa (lettere e scritti dal carcere), Paoline, Cinisello Balsamo (Mi) 1988; Etica, Bompiani, Milano 1969; presso la Queriniana di Brescia sono stati pubblicati molti degli scritti di Bonhoeffer (tra cui ovviamente anche Sanctorum Communio, Atto ed essere, Sequela, La vita comune); e' in corso presso la Queriniana l'edizione italiana dell'edizione critica delle opere di Bonhoeffer.

Tra le opere su Dietrich Bonhoeffer: Eberhard Bethge, Dietrich Bonhoeffer, amicizia e resistenza, Claudiana, Torino 1995; Italo Mancini, Bonhoeffer, Morcelliana, Brescia 1995; AA. VV., Rileggere Bonhoeffer, "Hermeneutica" 1996, Morcelliana, Brescia 1996; Giuseppe Ruggieri (a cura di), Dietrich Bonhoeffer, la fede concreta, Il Mulino, Bologna 1996; AA. VV., Dietrich Bonhoeffer: un pensiero per il futuro, "Testimonianze" n. 443-444, settembre-dicembre 2005; Eric Metaxas, Bonhoeffer. La vita del teologo che sfido' Hitler, Fazi, Roma 2012.

 

6. INCONTRI. RILEGGENDO L'APOKOLOKYNTOSIS. LA SATIRA DI SENECA CONTRO CLAUDIO

 

Si e' svolto la sera di martedi' 16 aprile 2013 a Viterbo presso il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" un nuovo incontro di studio dell'opera di Lucio Anneo Seneca.

Nel corso dell'incontro e' stata letta e commentata integralmente l'Apokolokyntosis, il libello satirico di Seneca contro il defunto imperatore Claudio che lo aveva condannato all'esilio (definita da Concetto Marchesi "una delle piu' originali satire politiche che abbiano le letterature di tutti i paesi... il ridicolo e il patetico, il fantastico e il reale, il serio e il grottesco si combinano in una novita' letteraria che supera ogni genere tradizionale e diviene creazione personale").

 

7. MATERIALI. ALCUNI TESTI DEL MESE DI SETTEMBRE 2003 (PARTE QUARTA E CONCLUSIVA)

 

Riproponiamo qui alcuni testi apparsi sul nostro foglio nel mese di settembre 2003.

 

8. UNA LETTERA APERTA AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

[Riportiamo la lettera aperta inviata l'altroieri dal responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo al capo dello stato e ad altri sogetti istituzionali]

 

Per l'immediato ritiro dei militari italiani dall'Iraq.

Per l'immediato ripristino della legalita' costituzionale.

*

Signor Presidente,

i mezzi d'informazioni diffondono la notizia che ieri alcuni militari italiani presenti nell'Iraq in guerra sarebbero stati coinvolti in un fatto di sangue che avrebbe comportato la morte di un cittadino iracheno.

Lei sa che la presenza in armi di militari italiani in un paese dove e' in corso una guerra illegale, criminale e stragista, ed un'occupazione militare straniera proditoria e inammissibile secondo il diritto internazionale e la coscienza delle genti, costituisce una grave violazione della nostra Costituzione, che all'articolo 11 proibisce esplicitamente tale partecipazione italiana alla guerra.

Lei sa che la partecipazione di militari italiani a fatti di sangue in cui delle persone restano uccise espone i miltari italiani, il nostro paese e la nostra popolazione al pericolo di divenire bersagli di azioni di guerra, come anche di atti di terrorismo.

Lei sa che la vita di quei miltari italiani e' in grave pericolo, ed e' in grave pericolo altresi' la loro coscienza ed il loro stesso status dinanzi alla legge poiche' essi con la sola loro presenza li' sono esposti non solo a enormi pericoli per se stessi, ma anche al rischio di divenire assassini, e sono gia' di fatto resi complici di atti di guerra illegali, criminali e criminogeni.

Lei sa che come supremo garante della Costituzione era suo dovere impedire la partecipazione italiana alla guerra, e che la decisione del governo e del parlamento italiano di inviare militari cola' era in radice illegale e criminale, perche' incostituzionale.

Come incostituzionale e quindi criminale era gia' anche l'avallo morale e politico (ma meglio sarebbe dire: immorale e impolitico) dato allo scatenamento della guerra.

Come incostituzionale e palesemente criminale era gia' il favoreggiamento alla guerra e alle stragi avendo consentito il trasporto attraverso l'Italia degli armamenti della potenza straniera responsabile dell'aggressione bellica stragista, essendo quei trasporti di armi a tal fine ordinati ed efficienti.

Lei sa che protraendosi questa situazione il governo il parlamento e Lei stesso portate la responsabilita' di costringere nel piu' grave dei pericoli il nostro paese e i nostri concittadini, che avete invece l'obbligo di servire.

*

Dal profondo del cuore La prego: assuma piena contezza e coscienza della situazione presente, prenda ed esprima una posizione chiara e necessaria, e lanci un autorevole monito: richiami parlamento e governo al rispetto della Costituzione; si adoperi per salvare tante vite innocenti, irachene e italiane, in pericolo. Chieda il ritiro immediato dei militari italiani illegalmente coinvolti in una guerra e in un'occupazione militare sciagurata e criminale.

Attendere oltre e' aggiungere crimine e follia alla follia e al crimine grandi gia' tragicamente commessi.

Attendere oltre e' rendersi complici e fautori anche degli ulteriori orrori che prevedibilmente sopravverranno in assenza di scelte di pace, di legalita', di giustizia, di umanita'.

 

9. BALLATA DEI GOVERNI CHE SANNO QUEL CHE FANNO

 

Certe cose, via, le si capisce al volo

che c'e' quello che su teste mette taglie

che c'e' quello che fa stragi e rappresaglie

e c'e' quello che con l'ascia lui non ozia

e c'e' quello che negozia con il mitra e col tritolo.

 

Fece scuola al mondo intero, fece scuola l'imbianchino

fece scuola anche il georgiano, e nel tutto e nella parte,

nei trattati lor di arte di governo

dal profondo dell'inferno dan consigli ardenti ardenti

che statisti, oh, diligenti, han studiato a capo chino.

 

All'armeno, all'indio, al curdo,

nel teatro dell'assurdo che e' il gran mondo in cui viviamo

il munifico statista offre l'una o l'altra pista:

"se il tuo vivere e' si gramo che morire quasi e',

sai che faccio? ti rottamo, e mi godo quel che c'e'".

 

Ah, che mondo affascinante

che il governo l'esaltante fumigar del sangue umano

ogni di' ci garantisce, e ci mena, buon mandriano,

tutti all'abbeveratoio rosso cupo, e ci erudisce

sull'ingenuita' del lupo, e ci spiega che e' fatica

governare, esercitare l'arte sua del mattatoio

e di teschi far gran bica:

si commuove, e di consenso

chiede un cenno, un gran d'incenso,

chiede un cenno, e volentieri noi battiam, battiam le mani.

Cosi' oggi, cosi' ieri, e cosi' anche domani.

 

10. BUONE NOTIZIE DA CANCUN

 

A Cancun, al vertice del Wto (l'organizzazione mondiale del commercio), l'alleanza dei governi di alcuni paesi del sud del mondo, sostenuti anche dal comune sentire di tanta parte delle opinioni pubbliche del sud e del nord, ha sconfitto, almeno per ora, i progetti vampireschi dei poteri la cui egemonia reca all'umanita' intera sfruttamento, inquinamento e guerra.

E' una vittoria grande. Ed indica una via, ed offre un riferimento e un contesto: alla resistenza, e all'alternativa. La via della dignita' e dei diritti umani, la via della pace e della giustizia, la via della solidarieta' e della civilta', la via della nonviolenza.

 

11. ARAFAT OVVERO L'UMANITA'

 

Scrivo queste righe con fatica. Sapendo che possono essere fraintese, sapendo che comunque i ragionamenti qui svolti restano troppo di scorcio e che e' indispensabile che io faccia appello a chi legge perche' sappia collocarli nella riflessione e nelle scelte che di me gia' conosce, in assenza di cui troppo resterebbe oscuro o ambiguo. Ma mi faccio forza e scrivo, con fatica, queste righe.

Dinanzi alle grandi tragedie ed alle palesi aberrazioni, spesso mi chiedo cosa ne avrebbe detto Primo Levi. E cercando di ritrovare cosa nei suoi scritti affermava in relazione a situazioni analoghe trovo un qualche conforto, e per cosi' dire una qualche guida, al mio sentire e meditare.

E sovente rimedito le parole di Martin Buber nel noto drammatico confronto d'idee con Mohandas Gandhi in cui mi pare che Buber su alcuni aspetti sostanziali vedesse piu' chiaro, piu' concretamente, del Mahatma (i materiali sono in "Micromega" n. 2 del 1991, cui va aggiunto il lucido saggio di Giuliano Pontara in Idem, Guerre, disobbedienza civile, nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996).

Che un governo presieduto da un personaggio del quale Primo Levi aveva chiesto l'allontanamento da incarichi ministeriali dopo l'orrore di Sabra e Chatila possa proclamare follemente di voler espellere dalla sua terra il presidente eletto dell'Autorita' nazionale palestinese e - indipendentemente dal giudizio che si puo' dare sull'operato della persona in diversi frangenti - un simbolo vivente della lotta per l'esistenza del popolo palestinese; e che un membro di quel medesimo governo possa dichiarare senza sgomento intenzioni assassine; e che - a fronte non solo dell'istigazione all'omicidio ma alla dichiarazione della volonta' di procedere all'omicidio di un uomo che e' anche un capo di stato eletto dal suo popolo, e dinanzi all'etnocidio di un popolo - la cosiddetta comunita' internazionale sia cosi' sussiegosa ed elusiva; ebbene, tutto cio' e' qualcosa che dovrebbe far tremare il mondo intero di paura, di paura per la sorte dell'umanita' intera (tralasciando il semplice fatto che chi annuncia l'intenzione di farsi mandante di un omicidio dovrebbe essere allontanato da incarichi di governo, messo in condizioni di non nuocere, assicurato alla giustizia e al piu' presto processato da una corte secondo legge).

Poiche' questa politica terroristica che suscita terrorismo, poiche' questa politica che invece di salvare vite umane e' mandante di stragi e stragi favoreggia, poiche' questa politica doppiamente genocida dacche' ogni giorno da anni espone a immani sofferenze e a immensi pericoli il popolo di Palestina ed il popolo di Israele, ebbene, questa politica deve essere respinta e sconfitta, ed i suoi propugnatori messi in condizione di non nuocere: con la forza del diritto, con la forza della democrazia, con la forza della pace e del rispetto per la vita. Per la vita di tutti.

*

Noi non abbiamo alcun dubbio sul fatto che il popolo palestinese abbia diritto al suo stato, uno stato indipendente e sovrano, uno stato democratico, uno stato in cui possa vivere una vita per quanto possibile serena e felice.

Cosi' come non abbiamo alcun dubbio che lo stato di Israele debba esistere, indipendente, sovrano, democratico, e che il popolo che vi vive abbia diritto alla sicurezza, a una vita per quanto possibile serena e felice.

Noi non possiamo dimenticare cio' che e' accaduto in Europa appena alcune decine di anni fa: proprio perche' c'e' stato l'orrore della Shoah e' dovere dell'umanita' intera impedire per sempre che dei gruppi umani siano vittime di tentativi di annientamento.

*

Un amico molto caro, un uomo di straordinaria dirittura morale e profonda cultura, un autentico costruttore di pace come Ali Rashid, ha scritto in questi giorni riflessioni assai preoccupate, un'analisi senza edulcorazioni, parole che forse a qualcuno potranno spiacere nella loro intensita' anche emozionale e nell'esigenza di semplificazione ed enunciazione chiara del punto di vista, parole che sono un invito ancora alla ragione, alla comprensione, alla scelta della pace, della verita', della giustizia; vi vibra un dramma e un appello.

Un'autrice che quantunque di noi piu' giovane sentiamo come maestra, Elena Loewenthal, ha pubblicato mesi fa un suo libro che si ha il dovere di leggere: Lettera agli amici non ebrei, Bompiani, Milano 2003, in cui, da un'altra ma convergente prospettiva, anche lei propone riflessioni assai preoccupate, un'analisi senza edulcorazioni, parole che forse a qualcuno potranno spiacere nella loro intensita' anche emozionale e nell'esigenza di semplificazione ed enunciazione chiara del punto di vista, e avanza urgente un invito ancora alla ragione, alla comprensione, alla scelta della pace, della verita', della giustizia; vi vibra un dramma e un appello.

*

L'occupazione militare dei territori palestinesi, e le devastazioni e gli omicidi commessi dall'esercito occupante, devono cessare: ed e' responsabilita' di un governo legittimamente costituito e democraticamente eletto farli cessare, e potrebbe farlo con una semplice deliberazione che sarebbe accolta dal plauso del mondo intero, dal plauso del mondo intero, lo ripeto: dal plauso del mondo intero; invece quel governo purtroppo continua in una politica che e' legittimo definire colonialista e stragista, una politica terroristica che altro terrorismo specularmente riproduce.

*

Devono cessare, e' ovvio, gli attentati terroristici e stragisti contro la popolazione israeliana. E questo e' certo piu' difficile poiche' i soggetti che li promuovono non sono di tipo statuale, non agiscono in forma di esercito regolare, sono per l'appunto piu' idealtipicamente terroristi, e nessun potere di tipo statale - specialmente se reso cosi' fragile e pervicacemente delegittimato come quello dell'Anp - riesce agevolmente a contrastare il terrorismo (ne sappiamo qualcosa qui in Italia, dove di terrorismi ne abbiam conosciuti tanti, compreso quello di stato, e per sconfiggerne alcuni tanta fatica e' occorsa e tanto tempo, mentre tanto sangue innocente veniva versato). Attentati la cui responsabilita' diretta e' innanzitutto di organizzazioni che si sono profondamente radicate nella societa' palestinese e che sovente non sono esclusivamente terroristiche e criminali, ma svolgono anche altre funzioni, e funzioni rilevanti, nella societa', nella cultura. Gli attentati devono cessare: quelle organizzazioni che li promuovono e che si ispirano a grande tradizioni religiose o laiche approfondiscano il senso del messaggio universalistico di verita' e di giustizia cui dicono di far riferimento, sappiano leggere le scritture e le storie nel senso forte che ha alla sua base la scelta della fraternita', della convivenza, della dignita' umana, e ripudiando definitivamente il terrorismo tornino al rispetto di quell'antico e decisivo interdetto che e' a fondamento di tutte le grandi tradizioni di pensiero dell'umanita': "Tu non uccidere". Ed i pubblici poteri palestinesi, gia' cosi' vulnerati e indeboliti dall'occupazione ma non solo da essa, abbiano la forza comunque di fare il possibile per contrastare la deriva nella barbarie terroristica che nella sua spirale efferata trucida donne e uomini innocenti sia israeliani che palestinesi, e denega l'unica possibile via alla convivenza, cioe' al vivere tutti, al vivere insieme: la via del dialogo, della comprensione, della comune elaborazione del lutto, della comune ricerca di pace.

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Occorre fermare tutte le stragi, tutti gli omicidi, tutte le devastazioni che stanno portando alla disperazione e alla follia il cuore del mondo.

Occorrono dei passi unilaterali: di pace, di giustizia e di riconciliazione.

Occorrono dei passi unilaterali di pace: urgenti, immediati.

La comunita' internazionale deve intervenire con un piano di proporzioni adeguate di aiuti umanitari e di interposizione nonviolenta, di aiuti sia alla Palestina che a Israele; e deve immediatamente riconoscere l'esistenza dello stato di Palestina; e deve garantire l'esistenza e il diritto alla vita di due popoli e due stati.

L'Europa in particolare, responsabile della Shoah e del colonialismo, deve risarcire i due popoli e i due stati per le immense sofferenze provocate loro sia nel corso dell'ultimo secolo, sia nel corso degli ultimi due millenni.

La societa' civile internazionale deve riuscire a far andare non decine, ma milioni di persone a fare interposizione nonviolenta, a difesa della vita e dei diritti dei palestinesi e degli israeliani. E deve contrastare con la massima energia ogni forma di razzismo, ogni rigurgito nazista.

Il governo di Israele deve decidere subito la fine dell'occupazione militare e lo smantellamento degli insediamenti nei territori occupati.

Le istituzioni e le organizzazioni palestinesi devono fare il possibile per disarmare i gruppi armati, contrastare la produzione e il traffico d'armi, e chiamare tutti a scegliere la vita anziche' la morte, a scegliere la lotta nonviolenta anziche' il suicidio e l'omicidio.

I governi dei paesi arabi, da cui Israele e' attorniato e si percepisce circondato e minacciato (e da cui e' stato ripetutamente aggredito nel corso della sua breve storia), devono cessare e far cessare ogni forma di propaganda antiebraica e di minaccia a Israele, devono cessare di strumentalizzare il dramma palestinese, e devono invece dare garanzie ad Israele quanto aiuti allo stato e al popolo palestinese senza ambiguita' e senza ricatti.

Ma anche le agenzie educative e della socializzazione, i leader religiosi, le organizzazioni di massa e i gestori dei mezzi di comunicazione dei paesi arabi devono dismettere l'ignobile crimine e la scellerata idiozia del razzismo antiebraico, e l'infame propaganda nazista contro Israele e la sua popolazione: per ottenere questo, e non sara' facile, occorre che la comunita' internazionale sostenga gli operatori di pace ed i promotori del dialogo e del rispetto dell'altro, sia nelle relazioni intergovernative, sia nel sostegno alle esperienze delle amministrazioni locali e della societa' civile che nell'area lavorano nella direzione della pace, della verita', della giustizia, della solidarieta', della comprensione, della percezione della comune umanita'.

Tutti devono contrastare il terrorismo, quello di stato, quello dei gruppi armati, quello dei singoli.

Atti unilaterali di pace occorrono, e la scelta della nonviolenza. E nessuno puo' chiedere all'altro di far qualcosa se lui stesso non comincia a fare qualcosa: atti di pace, di verita' e giustizia, di solidarieta', di nonviolenza.

Solo con il rispetto della vita altrui e propria, solo con il dialogo, solo con la scelta della pace e' possibile fermare la catastrofe. In quel fazzoletto di terra non e' in gioco solo la vita di due popoli e due stati, e' in gioco il senso e il futuro dell'intera vicenda umana, la sorte dell'intera umana famiglia.

E solo la scelta della nonviolenza, la scelta concreta, realistica, audace, necessaria, della nonviolenza - solo essa puo' salvarci tutti.

 

12. SULLA PROPOSTA DI LIDIA MENAPACE PER "UN'EUROPA NEUTRALE"

 

Da tempo Lidia Menapace, una delle piu' autorevoli figure della cultura e della vita civile del nostro paese, propone una riflessione e un'azione "per un'Europa neutrale", ovvero perche' il processo di unificazione politica europea si caratterizzi per la scelta dell'opposizione alla guerra come modalita' di gestione delle relazioni internazionali, perche' la cosiddetta "Costituzione europea" contenga un articolo che esplicitamente riprenda il concetto espresso nell'articolo 11 della Costituzione italiana, ovvero l'enunciazione del ripudio della guerra; ed insomma affinche' si realizzi un'Europa che faccia la scelta - naturalmente in progress - del disarmo, della smilitarizzazione, della difesa popolare nonviolenta, dei corpi civili di pace, e della nonviolenza come principio giuriscostituente; un'Europa che svolga nelle sue implicite ma necessarie, cogenti conseguenze la scelta dei diritti umani, l'opposizione alla pena di morte, la cutura dello stato di diritto, il progetto politico della democrazia.

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Su questa proposta che Lidia Menapace ha formulato con piu' chiarezza e rigore di altri, da tempo vari altri soggetti hanno iniziato a riflettere e a lavorare: alcuni network pacifisti, alcune ong, alcune aree intellettuali e militanti; ma ci sembra che non sempre venga colta la peculiarita' e la crucialita' di essa, cosicche' in alcuni casi viene assunta come una delle tante parole d'ordine di un gia' logorroico elenco di cose da dire e da fare che quanto piu' si allunga tanto piu' sbiadisce e si fa vano; in altri casi essa viene indebolita per successive sussunzioni o complementarita' fino al punto che la sua nitida radicalita' ne resta vulnerata; in altri casi ancora si fa questione di terminologia ove invece occorre intendersi sulla sostanza.

Proviamo ad allineare qualche considerazione nella speranza che altre persone vogliano intervenire.

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Innanzitutto sull'aggettivo "neutrale": esso richiama la tradizione storico-politica del neutralismo, ed il concetto giuridico, filosofico e politologico della neutralita'; ed e' in questa luce che va considerato.

Tuttavia un margine di inadeguatezza pare anche a me che resti anche ove lo si prenda nell'accezione che Lidia propone; poiche' non solo nel linguaggio comune, ma anche nella tradizione e nel campo semantico citati, la nozione di neutralita' ha un che di insufficiente, che si presta ad essere confusa con una sorta di avalutativita' che se puo' essere utile principio metodologico-epistemologico (Weber, certo) non e' certo possibile collocazione morale e politica; ovvero, detto in altri termini, si presta ad essere confusa con un atteggiamento e una condotta che potrebbero dar luogo al rischio di una decontestualizzazione e adialetticita' che nell'ambito storico-concreto e politico-istituzionale puo' degenerare in una specie di ignavia o fin solipsismo che naturalmente e' peggio che meschinamente adiaforico e atarassico, e' complice delle violenza da altri compiute.

Dal punto di vista che e' di Lidia e mio s'intende che cio' che si propone e' non il ritrarsi, ma l'attivo intervento per cosi' dire "produttore di pace con mezzi di pace"; non so se "Europa neutrale" sia formula sufficientemente inequivoca, ma in mancanza di una migliore mi pare che questo sia il senso da attribuirle (poi, se Lidia o altri escogitassero una formula piu' efficace ne sarei invero ben lieto).

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Che l'idea di Lidia sia una proposta di azione, e che quindi necessariamente preveda un programma chiaro e un obiettivo definito, ma anche un percorso non velleitario ed insieme non subalterno, a me sembra evidente.

Ma in questo ambito di riflessione occorrera' allora uscire dal generico ripetere uno slogan ed entrare nel vivo del come questa strada si avvia.

Su questo mi pare che ben pochi contributi siano fin qui pervenuti: vi hanno lavorato i movimenti nonviolenti (e talvolta anch'essi con un approccio parziale e insufficiente, quasi "di nicchia"); vi hanno ragionato alcune giuriste ed alcuni giuristi impegnati nel movimento per la pace; si sono fatte alcune raccolte di firme piuttosto affrettate ed estemporanee, e dall'esito fin qui a me ignoto; e ben poco di piu'.

Ed invece occorre definire una intera strategia che si organizzi in campagna, che trovi interlocutori, che si espanda a livello europeo, che convochi tutte le culture e le rappresentanze politiche ed istituzionali democratiche al confronto e all'impegno.

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Infine e' necessario fare un ragionamento di priorita': questa proposta ha rispetto a molte altre alcune caratteristiche sue peculiari che molto ci persuadono:

- la sua chiarezza nell'obiettivo: muovere verso una politica europea di pace che faccia a tal fine scelte coerenti e impegnative (disarmo, smilitarizzazione, difesa popolare nonviolenta, corpi civili di pace, nonviolenza giuriscostituente);

- la sua tempestivita' in una fase in cui si gioca una partita decisiva su quale Europa e sulla base di quale corpus giuridico ed istituzionale;

- la possibilita' che essa reca di incidere praticamente se riesce a convocare al confronto, all'elaborazione comune e al pronunciamento esplicito e leale le diverse aree democratiche della politica organizzata, delle istituzioni e delle societa' del continente.

Invece di perdere tempo con gli sproloqui (e talora con i deliri) anti o filo-americani, e con modalita' di ragionamento e di azione subalterne e talora persino irresponsabili (che non a caso danno spazio a provocatori e goliardi ed invece di aiutare la crescita della coscienza e la partecipazione popolare aiutano i poteri violenti e menzogneri a mistificare e corrompere), sarebbe bene che il movimento per la pace e la giustizia europeo intensamente lavorasse su questo, anche in considerazione del fatto che e' adesso che si discute la cosiddetta "Costituzione europea" e che tra qualche mese si andra' alle elezioni per il rinnovo del parlamento europeo.

Porre al centro della discussione pubblica la proposta che nella Costituzione europea vi sia l'equivalente dell'articolo 11 della Costituzione italiana, e che la, diciamo cosi', politica internazionale e la politica della difesa e della sicurezza europea si caratterizzi come scelta di pace con mezzi di pace, con l'avvio di processi di disarmo, smilitarizzazione, difesa popolare nonviolenta, corpi civili di pace, ebbene, tutto cio', che Lidia Menapace compendia nella formula dell'"Europa neutrale", ci pare che sia l'urgenza delle urgenze e il cuore dell'azione da condurre qui e adesso.

*

Vorremmo che se ne discutesse, vorremmo che ci si lavorasse con maggior chiarezza e intensita' e partecipazione di quanto non si sia fatto finora.

 

13. LA SCOMPARSA DI SERGIO ORTEGA

 

C'e' una generazione, la mia, che ha conosciuto l'America Latina e se ne e' innamorata attraverso il Canto general di Pablo Neruda; c'e' una generazione, la mia, che senti' il golpe cileno come una ferita al nostro cuore, una ferita non piu' rimarginata. C'e' una generazione, la mia, che ancora piange ogni volta che intona la Marsigliese o l'Internazionale o El pueblo unido jamas sera' vencido. C'e' una generazione, la mia, che apri' le sue case agli esuli cileni cosi' come quegli stessi esuli e i loro genitori a suo tempo aprirono le case agli esuli di Spagna: Ma non e' della nostra infranta gioventu' che vogliamo qui parlare.

E' della scomparsa di Sergio Ortega, l'autore appunto di quel "pueblo unido" che "jamas sera' vencido", una delle voci della nueva cancion chilena che con Violeta Parra e Victor Jara seppe portare quel sud dolente e coltissimo, festoso ed austero, in tutto il mondo, all'orecchio ed al cuore dell'umanita' intera.

Della scomparsa di Sergio Ortega, ma anche della gratitudine per le magnifiche sue canzoni qui diciamo. Della scomparsa, ma anche della presenza. E, verrebbe quasi da aggiungere con linguaggio capitiniano: della compresenza.

Hasta siempre, Sergio.

 

14. L'INTERPRETE

 

Mi informa compunta la televisione

che sulla strada tra Mossul e Tikrit

dei soldati americani hanno sparato

all'automobile di un diplomatico italiano

membro del governo di occupazione,

che si erano sbagliati e si sono dispiaciuti,

gli italiani sono buoni amici,

gli americani ragazzi un po' irruenti.

 

Dell'interprete iracheno assassinato

perche' parlarne? perche' scusarsi?

Il suo volto e il suo nome non contano,

la sua vita neppure.

 

Messo in abisso

qualcosa di distorto e di profondo

vi e' qui da interpretare, ma l'interprete

e' per l'appunto morto.

 

15. IO DICO SEGUITANDO (SULLA PROPOSTA DI LIDIA MENAPACE)

 

Mi sembra che ampie convergenze nei movimenti per la pace e i diritti potrebbero raggiungersi - e in qualche misura in non piccole aree sono gia' raggiunte - sia sulla Difesa popolare nonviolenta, sia sui Corpi civili di pace, sia sulla proposta di codificazione dell'equivalente dell'articolo 11 nella cosiddetta Costituzione europea di cui - come al solito acutamente - dice Lidia qui sopra, ma anche su altro ancora, e vorrei provare a formulare un piccolo elenco parziale e provvisorio, forse non disutile.

a) Politiche e pratiche di disarmo e di riconversione dell'industria bellica; ed in questo ambito occorrono sia scelte istituzionali, sia scelte politiche, sia scelte legislative, sia scelte economiche ed ecologiche, sia scelte sociali e culturali; sia anche, infine e decisivamente, campagne che queste scelte definiscano con chiarezza e promuovano e sostengano, ed inverino almeno parzialmente - come dire: in figura e in concreto ad un tempo -, campagne comprensive di un ampio e variegato ventaglio di iniziative inclusive anche di azioni dirette nonviolente, poiche' se si aspetta che sua sponte il potere dominante si orienti in questa direzione non se ne fara' mai nulla essendo la tendenza piuttosto orientata in senso inverso; esperienze significative ce ne sono gia', si tratta di rivisitarle criticamente, illimpidirle ove occorra e potenziarle, estenderle;

b) scelte di smilitarizzazione e di passaggio a forme di difesa civile, protezione civile, ma meglio e decisivamente: di difesa popolare nonviolenta; ed al riguardo valorizzare anche quanto gia' e' finanche nel corpus legislativo italiano;

c) sostegno alle pratiche di obiezione alla guerra e ai suoi strumenti e apparati; fondando queste pratiche anche precisamente sul rispetto di leggi fondamentali e imperative, come il preambolo della carta delle Nazioni Unite, come la Dichiarazione dei diritti umani del '48, come l'opposizione alla pena di morte (che e' posizione condivisa e qualificante nella e della Unione europea: e la guerra consistendo nell'uccidere, ne consegue che il rifiuto della pena di morte implica l'impegno al ripudio della guerra e quindi anche dei suoi strumenti, apparati e logiche), come anche - nello specifico delle legislazioni nazionali - nel caso dell'Italia l'art. 11 della Costituzione;

d) collegamento e svolgimento delle pratiche di obiezione alla guerra - e a i suoi strumenti e apparati -, con programmi costruttivi in termini di servizio civile locale e internazionale, di welfare state e welfare community, di pratica della cittadinanza attiva e della solidarieta' inveratrice di diritti in loco ed internazionale;

e) un programma costruttivo di alternative fin d'ora praticabili: in primo luogo i Corpi cvili di pace, valorizzando quanto gia' a suo tempo assunto come impegno dal Parlamento europeo su impulso di Alex Langer e gia' praticato da molte esperienze di volontariato;

f) adottando la terminologia in uso nella specifica giurisprudenza, tra posibilita' di belligeranza e scelta del suo opposto, la neutralita' (e, come e' noto, tertium non datur, checche' ne dicano certi ipocriti ciarlatani complici delle guerre), promuovere un'iniziativa perche' la scelta della neutralita' (nel senso forte definito da Lidia, cioe' gramscianamente "attiva e operante" come e' stato ricordato; e che poi effettualmente in gran parte coincide con il significato tecnico del termine giuridico nella sua opposizione polare al termine inverso) non solo venga salvaguardata per gli stati europei che l'hanno gia' fatta, ma diventi principio costituente dell"assetto giuridico ed istituzionale europeo;

g) ma ancor piu' decisivo a me pare quanto segue: che diventi giuriscostituente la scelta della nonviolenza nella pienezza e dirompenza della sua proposizione come ipotesi non solo metodologica ed organizzativa, assiologica ed ermeneutica, ma anche politica, giuridica, istitutrice d'istituzioni oltre che di costumi e condotte;

h) naturalmente questo impegno per un'Europa neutrale e attiva, disarmata e disarmista, smilitarizzata e antibellica, solidale e nonviolenta, richiede altresi' un collegamento forte a scelte di giustizia, ecologicamente sostenibili, socialmente orientate al riconoscimento e alla promozione dei diritti umani per tutti gli esseri umani; poiche' e' ovvio che il potere e l'attivita' miltare sono connessi al potere economico, e a quello politico e a quello ideologico - oggi si ama dire mediatico, ma ideologico e' piu' preciso e piu' ampio poiche' in estensione include anche gli "apparati ideologici di stato" e in profondita' apre al tema decisivo e concreto quant'altri mai dell'alienazione;

i) ed ovviamente occorrera' altresi' un lavoro educativo, dentro e fuori le istituzioni e le agenzie della socializzazione, dell'educazione, della cultura, della ricerca: ed anche in questo ambito proprio all'anno zero non siamo;

l) occorrera' ovviamente anche ragionare sull'approntamento delle risorse finanziarie necessarie ed efficienti ad avviare questo processo: cose ragionevoli hanno scritto gia' altri intervenuti e ad esse rinvio (in particolare a questo passo dell'intervento di Nanni Salio riportato nel notiziario di ieri: "poiche' senza un finanziamento serio ogni progetto rimane lettera morta, una proposta concreta puo' essere quella del 5%: cerchiamo e/o costruiamo una forza politica che inserisca nel suo programma, per la prossima legislatura, una riduzione annuale del 5% delle spese militari per impiegare gli stessi fondi nella costruzione di una forza nonviolenta di pace, sulla scia di quanto gia' e' stato realizzato: Corpi civili di pace,  Caschi e  Berretti Bianchi, Operazione Colomba, PBI, Donne in Nero. Infine, lanciamo una poderosa campagna di contribuzione fiscale: 'Se vuoi la pace, paga per la pace', ovvero finanzia, dal basso, la forza nonviolenta di pace").

Aggiungerei solo che delle due articolazioni dell'approntamento di tali risorse (i finanziamenti pubblici, i finanziamenti volontari), ebbene, sul versante dell'impegno finanziario volontario abbiamo gia' esperienze significative: dalla campagna di obiezione di coscienza alle spese militari (e - appunto - per la difesa popolare nonviolenta), alle competenze acquisite con l'avvio dell'esperienza della banca etica; ergo sul lato dell'impegno della societa' civile vi e' gia' un patrimonio conoscitivo ed esperienziale che potra' dare buoni frutti.

Invece sul versante dei finanziamento pubblico credo che dovremmo anche, in primo luogo, andare a una verifica sia di quanto chiesto, ottenuto, realizzato e rendicontato da ong, onlus ed altri soggetti ancora che da lungo tempo per ativita' di pace e solidarieta' attingono variamente e consistentemente a fondi pubblici (per quanto amaro possa essere fare una ricognizione critica in tale ambito, cio' e' necessario e propedeutico), sia delle scelte degli organismi internazionali, dei governi e degli enti locali; ma occorrera' anche coinvolgere piu' intensamente le grandi strutture associative, le organizzazioni sindacali, le chiese, e le fondazioni e le agenzie della ricerca e della cultura.

E mi fermo qui perche' questa schidionata non diventi infinita e ancor piu' abborracciata di quanto gia' non sia.

Credo che quanto emerso dal convegno di Gubbio, come dalla elaborazione del movimento delle donne (ed in particolare dalla Convenzione permanente di donne contro le guerre, nel cui ambito da tempo la proposta di Lidia e' divenuta riflessione condivisa e ricerca collettiva) e degli altri movimenti pacifisti e nonviolenti (e decisivo il lavoro della rete impegnata da tempo per i Corpi civili di pace), e anche dagli interventi apparsi su questo foglio, di Lidia Menapace, di Enrico Peyretti, di Nanni Salio, e altri spero seguiranno; cosi' come quanto emergera' dall'assemblea dell'Onu dei popoli che si svolgera' per iniziativa della Tavola della pace nei giorni precedenti l'edizione del prossimo 12 ottobre della marcia Perugia-Assisi, ebbene, offrano ed offriranno utili contributi a una riflessione e a un'iniziativa indifferibili.

Di mio, per cosi' dire, aggiungerei costi' soltanto una duplice urgenza e un "pensiero dominante":

- la prima urgenza: non lasciare che nel dibattito sulla cosiddetta Costituzione europea sia cancellata la voce antimilitarista, disarmista e nonviolenta delle donne, dei movimenti di solidarieta', pacifisti e nonviolenti, del sud del mondo martoriato dalle guerre del mercato e dal mercato delle guerre, del  cosiddetto popolo della pace (trovo peggio che ambigua la formula della "societa' civile organizzata mondiale", ed altre similari e correnti, mi si dispensera' dall'usarle); condivido infatti con Lidia la persuasione che se non riusciamo ad influire sul testo del trattato ora in discussione poi ci troveremo tutti in condizioni di gran lunga peggiori;

- la seconda urgenza: non permettere che si arrivi alle elezioni per il rinnovo del parlamento europeo senza che il tema e la proposta dell'Europa neutrale (disarmata, smilitarizzata, nonviolenta, costruttrice di pace con mezzi di pace) e le sue applicazioni (Difesa popolare nonviooenta, Corpi civili di pace, "articolo 11" nella Costituzione europea, etc.), divengano, come e' necessario, un elemento centrale del dibattito, dei programmi e delle scelte delle forze politiche e dei candidati, con esiti impegnativi per esse ed essi;

- il pensiero dominante: che la nonviolenza sappia divenire principio giuriscostituente, riconosciutamente fondatrice di convivenza civile, legislazione ed istituzioni, come e' accaduto ad esempio in Sudafrica - e in un ambito, il diritto penale, che parrebbe quanto di puo' estraneo alla nonviolenza come principio giuriscostituente; anche qui esperienze e riflessioni vi sono, vanno riconosciute, valorizzate, praticate, estese.

 

16. LA SCOMPARSA DI EDWARD SAID

 

Ci giunge adesso, come una frustata, la notizia della scomparsa, il 25 settembre a New York, di Edward Said, il grande intellettuale palestinese, nato a Gerusalemme nel 1935, docente di letteratura comparata alla Columbia University, autore di opere indimenticabili, da tempo colpito da leucemia, voce dell'umanita' dolente e coraggiosa.

Un grande umanista, uno strenuo difensore della dignita' umana. Per rendergli omaggio ed ancora una volta nutrirci della sua lezione di rigore morale e intellettuale, di acutezza e generosita', pubblicheremo domani su questo foglio uno dei suoi piu' recenti saggi in cui ancora una volta difende l'umanita', la comprensione tra i popoli, la dignita' di ogni persona.

Percossi e attoniti, ma grati, ma fedeli, qui lo salutiamo, uomo di pace, maestro per sempre.

 

17. IN MEMORIA DI FRANCO MODIGLIANI

 

Ci mancheranno le sue rampogne, ci manchera' la sua generosita', resta - grande, immensa - la sua lezione di vita e di pensiero.

Non era solo un grande economista, con le cui proposte contingenti si poteva anche essere in disaccordo (e noi piu' volte lo siamo stati) ma la cui dottrina e la cui dirittura erano indiscutibili; non era solo un intellettuale che sapeva pensare con chiarezza e parlare con chiarezza, anche in faccia ai potenti e contro di essi.

Perseguitato dal fascismo, uomo ad un tempo del vecchio e del nuovo mondo, premio Nobel, erede e figura di un'umanita' migliore, piu' cosciente, piu' critica, piu' solidale.

Fermo oppositore del liberismo che tutto divora e travolge; fermo oppositore del totaliarismo che tutto riduce a bolo e deiezione; fermo oppostore della cialtronaggine che degrada e infine annienta le istituzioni democratiche e la civile convivenza.

Non era solo un grande economista, era un uomo onesto e valoroso.

 

18. UN APPELLO PER IL 4 OTTOBRE

 

Siamo alle solite.

Puntuali i soliti provocatori annunciano che in vista e a ridosso dell'iniziativa del movimento per la pace e la giustizia del 4 ottobre organizzeranno a Roma le loro solite provocazioni, con l'intento di suscitare l'altrui violenza, esponendo ancora una volta al rischio di lesioni e di morte se' ed altri.

Ancora una volta riproducendo subalternita' ai potenti, ai mass-media della societa' dello spettacolo, alla violenza di cui si presentano come effettuali stupidi adoratori, in veste di apprendisti stregoni. Ancora una volta riproducendo un'ideologia e una strategia criminale e sacrificale.

Ancora una volta riproducendo una cultura fascista e militarista, di guerra e di morte, viriloide e totalitaria.

Ancora una volta puntando allo scatenamento dell'altrui violenza e stoltezza; ancora una volta giocando al macabro gioco della simulazione della guerra; ancora una volta innescando l'escalation della devastazione, della rissa, del pestaggio e delle torture; ancora una volta distogliendo l'attenzione da cio' che conta per collocare se' e le proprie solipsistiche rappresentazioni al centro della pubblica attenzione; ancora una volta strumentalizzando l'impegno e la presenza altrui per mettere in scena la nequizia e la presunzione propria; ancora una volta rivelandosi stoltamente funzionali o consapevolmente complici della menzogna e della violenza dei potenti, della loro cultura ancora una volta dimostrandosi filiazione e allievi.

*

E' responsabilita' grave e patente infamia di tanta parte delle autoproclamate leadership del movimento che nei ceti privilegiati del nord ricco del mondo si oppone alla guerra e alle ingiustizie globali il fatto di non aver sempre saputo opporsi decisamente fin qui alle intraprese dei provocatori ed anzi essersene fatta in alcune fatali circostanze addirittura egemonizzare con esiti nefasti.

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Almeno le persone amiche della nonviolenza hanno il dovere di opporsi ai provocatori e porre netta e ineludibile un'esigenza: che il movimento che vuole impegnarsi contro la menzogna e la violenza dei potenti assuma condotte limpide e coerenti con i fini che vuole perseguire, e quindi respinga le ideologie e le pratiche degli adoratori della violenza e della menzogna; che il movimento che vuole costruire pace e giustizia ed affermare verita' e dignita' umana si impegni affinche' le sue finalita' siano perseguire con mezzi coerenti con esse e non con mezzi che quelle finalita' contraddicono e quindi vanificano in radice.

Almeno le persone amiche della nonviolenza si battano perche' cessino le provocazioni; perche' si rigettino le condotte mirate a provocare lo scatenamento della violenza; perche' non si espongano stoltamente e scelleratamente al rischio di lesioni e di morte le tante persone che vogliono manifestare in modo pacifico e democratico una volonta' di pace e di giustizia nel rispetto della vita e della dignita' di tutti gli esseri umani.

Almeno le persone amiche della nonviolenza dicano chiaro e forte che le iniziative del movimento per la pace e la giustizia anche il 4 ottobre devono essere caratterizzate dalla scelta della nonviolenza; e chi vuole ottenere altro che pace e giustizia - e magari per un po' di visibilita' sui mass-media e' disposto a far scorrere il sangue - non e' affatto parte del movimento per la pace e la giustizia, ma solo uno sciocco e un mascalzone che idolatra la violenza e la menzogna e che riproduce in scala la menzogna e la violenza di potenti cui proclama di opporsi ma che in realta' sciaguratamente imita e favoreggia.

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Solo la scelta della nonviolenza puo' far si' che il movimento che vuole opporsi alle guerre e e alle ingiustizie diventi un movimento che costruisce la pace e la giustizia; solo la scelta della nonviolenza puo' rendere concreto ed efficace questo impegno.

Solo la scelta della nonviolenza eredita e invera qui e adesso le tradizioni grandi delle lotte del movimento delle donne, del movimento dei lavoratori, delle Resistenze alle dittature, dei movimenti anticolonialisti e antirazzisti, per la democrazia e i diritti umani.

Uscire dalle ambiguita' e necessario e urgente; isolare e respingere i progetti e le condotte dei provocatori e' necessario e urgente; chiedere a tutti una condotta limpida e coerente con i valori concreti e le concrete pratiche della pace e della giustizia e' necessario e urgente: solo con la nonviolenza si puo' contrastare la menzogna e la violenza dei potenti, ed anche la menzogna e la violenza che sono dentro ciascuno di noi.

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Solo la scelta della nonviolenza si oppone concretamente alla violenza, all'ingiustizia, alla guerra.

I movimenti promotori della manifestazione del 4 ottobre dicano finalmente una parola chiara su questo.

Le tante persone amiche della nonviolenza escano dalla subalternita' e dall'ambiguita'.

I provocatori rinuncino ai loro progetti.

Nessuno si illuda che i fini giustifichino i mezzi, in verita' - come e' chiaro ad ognuno - i mezzi pregiudicano i fini.

Solo la scelta della nonviolenza si oppone concretamente alla violenza, all'ingiustizia, alla guerra.

 

19. UNA LETTERA AD ALCUNI PARLAMENTARI (SULLA PROPOSTA DI LIDIA MENAPACE)

[Il "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo ha inviato la seguente lettera ad alcuni parlamentari italiani ed europei invitandoli ad intervenire sulla proposta di Lidia Menapace "per un'Europa neutrale e attiva"]

 

Egregi signori,

vorremmo segnalarvi la proposta avanzata da tempo da Lidia Menapace, prestigiosa figura della cultura e della vita civile italiana (gia' impegnata nella Resistenza, autorevole rappresentante dei movimenti delle donne, per la pace e per la nonviolenza), per una "Europa neutrale" che si impegni attivamente per la pace con mezzi di pace.

Vorremmo chiedere un vostro intervento nella riflessione che sulla proposta di Lidia Menapace si sta svolgendo, oltre che in molte altre sedi, anche sul notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino"...

*

In particolare vorremmo sollecitare la vostra attenzione sui seguenti temi:

a) l'opportunita' che nel trattato noto come "Costituzione europea" in via di definizione sia inserita una formula equivalente all'articolo 11 della Costituzione italiana;

b) l'opportunita' di un impegno europeo a promozione e sostegno della Difesa popolare nonviolenta (impegno gia' entrato nella legislazione italiana con la legge di riforma del servizio civile del 1998);

c) l'opportunita' di un impegno europeo per una adeguata realizzazione dei Corpi civili di pace (impegno gia' assunto dal Parlamento europeo molti anni fa per impulso del compianto Alexander Langer, ma che fin qui e' restato perlopiu' affidato ad alcune esperienze di volontariato internazionale di ong ed onlus - Berretti bianchi, Caschi bianchi, Donne in nero, Operazione Colomba, etc.);

d) l'opportunita' della valorizzazione ed estensione delle esperienze dei Paesi che gia' da tempo hanno assunto la neutralita' come scelta di valore e posizione politica e giuridico-istituzionale opposta alla possibilita' della belligeranza, naturalmente una neutralita' attiva che sia impegnata per la gestione e risoluzione diplomatica, nonarmata e nonviolenta, dei conflitti e delle controversie internazionali.

*

Vorremmo inoltre sollecitare la vostra attenzione sulle seguenti riflessioni:

a) la scelta dell'Unione europea di impegnarsi contro la pena di morte, fino a farne un vero e proprio criterio per l'adesione ad essa Unione, richiede che coerentemente a tale principio ci si impegni nelle relazioni internazionali al ripudio della guerra che, come nitidamente osservava Mohandas Gandhi, consiste nell'esecuzione di omicidi di massa;

b) la scelta dell'Unione europea di impegnarsi per l'inveramento della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948, con la consapevolezza che uno dei grandi contributi storici della cultura giuridica europea alla civlta' mondiale e' proprio l'impegno per i diritti umani, richiede che coerentemente ci si adoperi per garantire il primo e fondamentale di quei diritti: il diritto di ogni essere umano a vivere, e quindi a non essere ucciso;

c) la scelta dell'Unione europea di trovare nell'Onu un riferimento fondamentale, infine, richiede che ci si adoperi per rendere cogente e giuriscostituente l'opposizione al "flagello della guerra", sulla cui base i "popoli delle Nazioni Unite" - come recita il preambolo della Carta dell'Onu fondativa - hanno trovato la ragione dell'incontro e dell'unita', dell'impegno comune per la pace e la civile convivenza.

*

Vorremmo inoltre sottoporvi le seguenti osservazioni:

a) la necessita', a nostro avviso, di scelte politiche di disarmo e smilitarizzazione, poiche' "da se stesse le armi tentano gli uomini" (Omero, Odissea, XIX, 13), ovvero il loro uso e la loro stessa presenza in quanto tale sempre minaccia e umilia e vulnera esseri umani, e la loro stessa produzione e disponibilita' implica la sottrazione di risorse necessarie al benessere dell'umanita', cosi' come il loro uso implica sempre oltre a sofferenze e morte di esseri umani, altresi' distruzione di risorse, e devastazioni dell'unica terra che abbiamo come casa comune per vivere;

b) la necessita', a nostro avviso, di costantemente e adeguatamente affermare e consolidare il legame che unisce pace, stato di diritto, democrazia, incontro e cooperazione tra i popoli e le istituzioni, diritti umani;

c) la necessita', a nostro avviso, di promuovere la democrazia con la democrazia e non con il suo opposto, l'oppressione; di promuovere la sicurezza con la sicurezza e non con il suo opposto, la minaccia; di promuovere il diritto con il diritto e non con il suo opposto, l'arbitrio; di promuovere la convivenza con la convivenza e non con il suo opposto, la dominazione, la cacciata, l'annientamento dell'altro; di promuovere l'umanita' con l'umanita' e non con il suo opposto, la disumanizzazione altrui e propria;

d) la necessita', a nostro avviso, che la nonviolenza diventi sempre di piu' principio giuriscostituente, ispirazione e scelta fondamentale e fondativa per l'Unione europea come soggetto che voglia impegnarsi a promuovere la vita, la qualita' della vita e i diritti dei suoi cittadini e di tutti gli esseri umani, la pace nel mondo, relazioni internazionali fondate sulla comprensione e la cooperazione tra i popoli, la difesa dell'ambiente, i diritti umani delle presenti e delle future generazioni.

Vi saremmo assai grati di un vostro intervento...

 

20. I PIEDI NEL PIATTO E IL CAMMINO DA FARE (SULLA PROPOSTA DI LIDIA E SULLE RIFLESSIONI DI NORMANNA)

 

L'intervento di Normanna pone con lucidita' e commozione, con dolore e tenerezza, ed insieme con fermezza di sguardo e di dettato, alcune questioni di fondo ed una esigenza fondamentale. Che sono al cuore della proposta di Lidia e sulle quali tutti, Lidia, Normanna, Luciano, Nanni, Angela, Daniele, Enrico, Fausto, e tanti altri ancora, stiamo lavorando - ciascuna e ciascuno coi propri limiti, le proprie contraddizioni, la propria fatica - sovente da molti anni.

Gia' altre ed altri lo hanno sottolineato: per costruire la pace occorrono scelte di giustizia e di modello di sviluppo adeguate e coerenti, ed a tutti i livelli: internazionale, degli stati, locali, tanto delle istituzioni quanto della societa' civile, delle comunita' e delle persone.

E vi sono nodi che non si possono eludere e che e' bene vengano indicati per quello che sono: ad esempio la Nato, la cui abolizione e' fin dalla sua imposizione una necessita' impellente; e a maggior ragione dopo l''89; e a maggior ragione ancora dopo quel catastrofico '99.

*

Io, come Normanna, come Lidia, come le altre e gli altri che su questo foglio dicono la loro, condivido quell'opinione di Gianni Rodari: che fatta la diagnosi dei mali del mondo da qualche parte dobbiamo cominciare a riparare.

Molte sono le cose che a vari livelli ed in ambiti diversi si possono fare e che molti gia' fanno; e potrei fare un elenco infinito del frugifero e luminoso lavoro di Lidia, di Normanna, di Enrico, di Angela eccetera; pur sapendo quella verita' che appresi da Primo Levi: che la lotta contro il male e' una lotta infinita; ma proprio perche' e' infinita tu arrenderti non devi giammai, e nulla e' inutile di quanto di buono e' fatto.

Tra le molte cose mi pare che la proposta di Lidia sia un ottimo punto d'inizio (o di presa, o di attacco, per usare un gergo che m'immagino alpinistico).

*

Poiche' lo spazio sociale e civile e politico ed istituzionale europeo, ed in esso quell'oggetto per piu' versi ancor misterioso e ameboide ed in fieri che e' l'Unione Europea, e' un contesto dinamico e contraddittorio, e presenta molteplici aspetti favorevoli alla promozione della pace, dei diritti umani, della nonviolenza: come ad esempio il fatto, cruciale, che rispetto ad altre aree del mondo - e certo anche grazie a un privilegio che abbiamo e che non e' innocente ma frutto di quella plurisecolare e attuale rapina che Normanna denuncia - abbia sistemi politici democratici, ordinamenti giuridici statuali fondati sul principio dello stato di diritto, relativamente notevolissime garanzie e immensi spazi espressivi ed operativi per chi gode del beneficio della cittadinanza (una persona come me, per esempio, credo che difficilmente in un luogo non europeo sarebbe ancora vivo e libero e avrebbe a disposizione tutti i vantaggi e i conforti di cui beneficio).

Quindi l'Europa puo' essere ed e' un luogo in cui piu' agevolmente che altrove si puo' lavorare a costruire un processo che inveri un'alternativa fondata sulla democrazia e sulla giustizia, sul rispetto e la promozione dei diritti, sulla solidarieta' e la cooperazione internazionale, e - mi si passi il termine confuciano - sulla benevolenza. Non mi si fraintenda: non ho mai creduto ad una pretesa e razzista "superiorita'" europea; e ritengo e sostengo da sempre che molte delle cose che piu' contano (e alla cui scuola e sequela mi sono messo fin dalla mia lontana gioventu') vengono pensate e sperimentate nel sud del mondo, negli infiniti e infinitamente diversi sud del mondo; sto semplicemente constatando un dato di fatto: che l'Europa e' un contesto favorevole per un'azione di pace e per i diritti umani, per l'inveramento della nonviolenza nei rapporti sociali e politici e nella loro codificazione giuridica; e che essa Europa puo' divenire anche nella sua organizzazione istituzionale e politica - oltre che nella sua complessita' culturale e vivacita' civile - un soggetto attivo di tale azione e di tale inveramento.

Ed e' urgente qui e adesso iniziare dal punto piu' critico: le politiche della difesa e della sicurezza, l'opposizione alla guerra, la costruzione della scelta di pace con mezzi di pace, il disarmo e la smilitarizzazione, la scelta della nonviolenza proprio nell'ambito in cui si annida il rischio dell'apocalisse per tutti.

*

"Neutralita' attiva e operante": cioe' disarmo, smilitarizzazione, difesa popolare nonviolenta, corpi civili di pace, "articolo 11" nella Costituzione europea, nonviolenza giuriscostituente, una politica internazionale di cooperazione e di giustizia, di "produzione di pace a mezzo di pace", raccogliendo e inverando l'eredita' feconda del movimento delle donne, del movimento operaio, delle esperienze di Resistenza all'inumano e di liberazione dell'umano, antirazziste ed anticolonialiste, antimperialiste ed ecologiste, di uguaglianza nel riconoscimento delle differenze e di solidarieta' nell'affermazione di tutti i diritti umani per tutte e tutti.

Molto c'e' da fare e molto possiamo fare, qui e adesso.

Consapevoli certo di tutte le difficolta', di tutte le contraddizioni, di quanto arduo - e ad un tempo urgente - sia il compito, delle profonde trasformazioni che esso implica e con cui deve intrecciarsi e interagire o che deve innescare. Rifiutando ugualmente gli atteggiamenti velleitari e quelli rassegnati, il fatalismo e il fanatismo, l'abulia e l'epilessia che sovente affliggono i movimenti sociali e le persone di volonta' buona, e non di rado li travolgono nell'inane e nel corrotto.

Si tratta, quindi, di mettersi in cammino, di non lasciarsi paralizzare, di uscire dalla subalternita'. Con quel pessimismo e quell'ottimismo di cui diceva anche il prigioniero di Turi.

Con la saggezza luminosa e la fervida tenacia di Lidia, con la lucidita' di sguardo e l'acuta scienza del cuore di Normanna, con il rigore logico e morale e le ipotesi di lavoro di Nanni (penso anche ad esempio al suo piccolo ma prezioso libro sugli Elementi di economia nonviolenta), e cosi' via.

E cosi' via, direbbe Kilgore Trout.

 

21. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

22. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 1247 del 17 aprile 2013

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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