Archivi. 158



 

==================================

ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

==================================

Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIV)

Numero 158 del 4 aprile 2013

 

In questo numero:

1. Alcuni testi del mese di agosto 2003 (parte seconda)

2. Il 4 novembre contro guerre, eserciti ed armi

3. Alcuni testi scritti durante un incontro di accostamento alla nonviolenza ad Acquapendente

4. Da Assisi a Gubbio ricordando Darina Silone

5. La speranza e la profezia di padre Balducci

6. Di Averroe', di Cervantes e di noi stessi

7. Darina e Ignazio

8. Il  volto di Abele il 4 novembre

9. Esacordio per Cuba

 

1. MATERIALI. ALCUNI TESTI DEL MESE DI AGOSTO 2003 (PARTE SECONDA)

 

Riproponiamo qui alcuni testi apparsi sul nostro foglio nel mese di agosto 2003.

 

2. IL 4 NOVEMBRE CONTRO GUERRE, ESERCITI ED ARMI

[Riproduciamo un estratto da un nostro comunicato di un anno fa. E' nostra intenzione riproporre ed estendere quest'anno l'iniziativa del 4 novembre di pace, in memoria delle vittime, contro le guerre, le armi e gli eserciti]

 

1. La guerra e' nemica dell'umanita', poiche' essa consiste nell'uccisione di esseri umani. Non solo: nell'epoca aperta dall'orrore di Hiroshima la guerra mette in pericolo la sopravvivenza stessa della civilta' umana.

Cosicche' e' un indispensabile imperativo morale e civile, e un cruciale necessario progresso culturale e politico, il ripudio assoluto della guerra, la sua assoluta e definitiva esclusione dal novero dei mezzi a disposizione dell'umanita' per gestire e risolvere i conflitti.

2. Vanno smascherati e confutati gli speciosi sofismi di quanti la guerra propugnano:

- La guerra non e' efficiente nel contrastare il terrorismo: poiche' essa e' prosecuzione e seminagione di stragi, odio e terrore: essa e' il trionfo del terrorismo; e' terrorismo elevato all'ennesima potenza.

- La guerra non e' efficiente nel contrastare le dittature: poiche' essa le dittature provoca e moltiplica, e poiche' essa stessa riducendo gli esseri umani a nulla e' dittatura e nichilismo nella sua essenza e nel suo farsi.

- La guerra non e' di natura diversa dall'omicidio: solo che essa omicidi esegue su scala di massa. E' quindi ingigantimento dell'omicidio, omicidio in forma di strage. E poiche' giustamente consideriamo un progresso grande e un provvedimento necessario - fortunatamente in Italia gia' inserito nell'ordinamento - l'abolizione dai sistemi penali della cosiddetta "pena di morte" (scilicet: omicidio di eseri umani da parte di ordinamenti giuridici), a maggior ragione dobbiamo estendere tale giudizio e tale interdetto alla guerra, che appunto consiste nell'irrogazione della morte a tanti esseri umani oltretutto senza processo e nella gran parte di essi del tutto innocenti di qualsivoglia crimine. Se prendiamo sul serio la nostra stessa legislazione penale, a maggior ragione la guerra e' incompatibile col nostro stato di diritto, con la nostra democrazia, con la nostra civilta' giuridica, con la nostra civile convivenza.

3. Solo chi ripudia la guerra e' fedele alla Costituzione della Repubblica Italiana e alla Carta delle Nazioni Unite, ovvero alle fondamentali fonti di diritto cui tutti dovremmo ispirarci nel nostro agire. Con riferimento alla Costituzione della Repubblica Italiana, che all'articolo 11 inequivocabilmente ed irrevocabilmente "ripudia la guerra", va sottolineato che siamo in presenza di un obbligo di legge per tutti cogente, non eludibile da parte di alcun cittadino italiano, non eludibile da parte di alcuna istituzione italiana che in tanto e' legittima in quanto fedele alla Costituzione.

4. Ma infine e decisivamente: la guerra consiste nell'uccidere, nega quindi il diritto alla vita. ma se si nega il diritto alla vita, cessa la base materiale di tutti i diritti umani e il primo e fondante di essi diritti; e cessa altresi' la possibilita' della convivenza, della societa', della civilta'; e cessa infine l'umanita' stessa come esistenza concreta degli individui che la compongono, come solidarieta' che tutti gli esseri umani tiene insieme, come impresa ed essenza comune - la cultura umana, la civilta' umana, la condizione umana, l'umana famiglia - di tutti gli esseri umani passati, presenti e futuri; e come sentimento, come concetto, come realta'.

5. Le vittime delle guerre passate devono essere un perenne monito affinche' non abbiano luogo nuove guerre che nuove vittime provocherebbero. Il rispetto alle vittime dovuto deve estrinsecarsi nell'impegno ad impedire che nuove vittime vi siano.

6. Solo chi si oppone a nuove guerre esprime sincero lutto e solidarieta' autentica per le vittime delle guerre passate. Chi invece nuove guerre propugna, prepara, decide, avalla, comanda ed esegue e' indegno di commemorare le vittime delle guerre passate, poiche' col suo agire nuovamente le uccide e le umilia.

7. Solo se si e' costruttori di pace si e' avversari della guerra. E solo se si e' avversari della guerra si raccoglie il muto messaggio delle vittime della guerra, l'appello che dal loro volto, dalla loro vicenda promana. E per essere costruttori di pace occorre fare la scelta teoretica e pratica, morale e civile, della nonviolenza. La nonviolenza e' la scelta dell'opposizione integrale, la piu' nitida e la piu' intransigente, alla violenza in tutte la sue forme: alle oppressioni, come alle dittature, come al terrorismo, come alle guerre. La nonviolenza, come ebbe a scrivere Aldo Capitini, e' il varco attuale della storia.

 

3. ALCUNI TESTI SCRITTI DURANTE UN INCONTRO DI ACCOSTAMENTO ALLA NONVIOLENZA AD ACQUAPENDENTE

[Riportiamo le poesie scritte collettivamente da tutti i partecipanti col metodo surrealista del "cadavere squisito" ad Acquapendente, presso la "casa di Lazzaro", la sera del 13 agosto 2003, al termine di una intensa giornata di condivisione e di riflessione dedicata all'accostamento alla nonviolenza; nel corso della giornata, dopo una presentazione reciproca dei partecipanti, si e' letta la Oracion por Marilyn Monroe di Ernesto Cardenal; si e' riflettuto sulla storia politica, delle istituzioni e dei partiti politici in Italia nel Novecento; sono stati letti alcuni testi di Primo Levi; si e' letto integralmente L'obbedienza non e' piu' una virtu' (la raccolta degli atti del processo a don Lorenzo Milani); si sono condivise le riflessioni e le emozioni di ciascuna e ciascuno sull'esperienza condotta; oltre, naturalmente, alla consumazione dei pasti in comune, ed alla condivisione dei momenti di cura reciproca, di affidamento, e di contemplazione e meditazione. La giornata e' stata parte di una esperienza di una settimana di attivita' formative e di servizio di un gruppo scout di Bracciano. Persone - se io che scrivo queste scarne note di presentazione posso permettermi costi' di esprimere un parere - dolcissime e meravigliose]

 

L'anima

la solitudine e la felicita' sono due lati della stessa moneta

nebbia come polvere sulla pelle

la mia unica certezza sono i miei amici.

*

Il bicchiere cristallino emanava la sua luce

la voglia di aiutare il prossimo

marrone del nodo giu' in gola

avere pieta' e' tutto.

*

Finche' esistera' la speranza nel mondo le cose potranno cambiare

verita' e bugie

la nostra vita e' solo un attimo

malinconia di un giorno gia' vissuto.

*

Rosso di natura verde foglia

veniva sera, eravamo piu' amici

crack! una persiana che cade

vivere per il bene.

*

Avevo paura e vi incontrai

serenita', buio, paura!

il desiderio di un mondo migliore

beve, e non chiede altra felicita'.

*

Siamo come un granello di sabbia

il ricordo mi chiama

sorridere e' contagioso. Cerchiamo di farlo piu' spesso

forse solo ricordarsi di vivere.

*

Sognare

ricorda il cuore gli occhi

se tu lo vuoi, sara'

e il cuore si gela.

*

L'odore si confonde nella notte

sacrificandosi per gli altri si raggiunge la vera felicita'

cadere, volare o forse fuggire

la verita' e' come un sottile muro di nebbia

che divide la realta' dall'illusione.

 

4. DA ASSISI A GUBBIO RICORDANDO DARINA SILONE

[Si svolgera' dal 4 al 7 settembre la camminata per la nonviolenza da Assisi a Gubbio (il 4 e il 5 la camminata vera e propria lungo il tradizionale sentiero francescano; il 6 e il 7 a Gubbio si terra' un impegnativo convegno) promossa dal Movimento Nonviolento; a sostegno della partecipazione il nostro amico Luciano Bonfrate ha voluto scrivere queste righe in cui si ricorda altresi' Darina Silone, scomparsa alcune settimane fa, indimenticabile e tenerissima lottatrice per la dignita' umana, la verita' e la nonviolenza; Darina Laracy Silone era nata a Dublino il 30 marzo 1917, laureata in letteratura francese alla Sorbona di Parigi, conobbe Silone tra gli esuli antifascisti a Zurigo durante la guerra e ne divenne compagna, interlocutrice e collaboratrice preziosa, e traduttrice in inglese e in francese; viveva a Roma nella casa in cui aveva abitato con Silone fino alla sua scomparsa nel 1978; e' deceduta il 25 luglio 2003; curatrice del lascito siloniano, alle sue cure si deve la pubblicazione postuma dell'ultimo e incompiuto capolavoro siloniano, Severina, presso Mondadori]

 

Lungo la strada che da Assisi giunge

a Gubbio dove il povero persuase

il lupo ad altre imprese

nella coscienza della stessa fame

che si raddoppia in scienza dell'insieme

ed opera da farsi, condiviso

bene donato dalla compresenza,

anche sara' Darina nel ricordo.

 

Sara' Darina, poiche' quel cammino

prosegue di Darina e Secondino

il viaggio lungo e la memoria bella,

face e favella, e aprire strada andando.

 

Poiche' la nonviolenza e' questo: il varco

- diceva Capitini - attuale

si' della storia, che al gorgo del male

oppone comprensione e dignita',

e resistenza che fa forte il frale

e solidarieta' che non si estingue

e riconosce umanita' ed invera.

 

5. LA SPERANZA E LA PROFEZIA DI PADRE BALDUCCI

[Riproduciamo un estratto da un nostro comunicato di un anno fa. E' nostra intenzione riproporre ed estendere quest'anno l'iniziativa del 4 novembre di pace, in memoria delle vittime, contro le guerre, le armi e gli eserciti...]

 

Possa venire presto un tempo in cui non si permettera' piu' di insultare la memoria delle vittime della guerra; possa venire presto un tempo in cui sara' proibito di oscenamente festeggiare la guerra, l'uccidere, gli apparati di morte; possa venire un tempo in cui si adempia la speranza e la profezia del compianto padre Ernesto Balducci: che la guerra, uscita per sempre dalla sfera della razionalita', sia infine cancellata dalla storia umana.

 

6. DI AVERROE', DI CERVANTES E DI NOI STESSI

 

1. Alcuni libri: Averroe', Il trattato decisivo, Rizzoli, Milano 1994; (a cura di Augusto Illuminati), Averroe' e l'intelletto pubblico, Manifestolibri, Roma 1996; Guido Cavalcanti, Rime, (edizione critica a cura di Letterio Cassata), De Rubeis, Anzio 1993; Miguel Asin Palacios, Dante e l'islam, Pratiche, Parma 1994, Est, Milano 1997; Giuliana Di Febo, Rosa Rossi (a cura di), Interpretazioni di Cervantes, Savelli, Roma 1976; Miguel de Cervantes Saavedra, Tutte le opere, due volumi, Mursia, Milano 1972, 1978; Rosa Rossi, Ascoltare Cervantes, Editori Riuniti, Roma 1987; Franco Meregalli, Introduzione a Cervantes, Laterza, Roma-Bari 1991; Antonio Rey Hazas, Florencio Sevilla Arroyo, Cervantes. Vida y literatura, Alianza, Madrid 1995; Gotthold Ephraim Lessing, Nathan il saggio, Garzanti, Milano 1992; Primo Levi, Opere, due volumi, Einaudi, Torino 1997.

2. E' probabile che per molti dei lettori di questo foglio Averroe' oltre ad essere un nome incontrato di sfuggita a scuola sia solo l'eroe di un film (magnifico, e forse talvolta anche un film puo' bastare per accostarsi a cogliere la sostanza di un lungo discorso e di una vasta eredita') di Youssef Chahine, Il destino, che ce lo presenta magistrato equanime, teologo e filosofo e scienziato musulmano acutissimo, studioso di Aristotele e tramandatore grande dell'opera sua, nemico di ogni fanatismo e di ogni violenza, figura tra le piu' grandi della cultura europea (e mediterranea, ed araba; e classica, e medioevale; e musulmana, e cristiana; e insomma umana). O anche solo il protagonista di un folgorante racconto di Borges, che ci rivela molto dello statuto della nostra capacita' conoscitiva, della nostra storia e storicita', e del nostro in-der-welt-sein, delle lacerazioni e dei compiti e della dignita' che ad ogni essere umano, e all'umanita' intera, sono dati, nostra stoffa, nostro travaglio, nostro tragitto comuni.

3. E tramite Guido Cavalcanti e Dante Averroe' e' anche una delle radici della poesia italiana, e quindi della cultura italiana tout court: poiche' di questa cultura la poesia e', se non tutto, quasi. E con e come Averroe' anche l'islam e' una presenza segreta e forte nella cultura e la storia del nostro paese: per vari e contraddittori tramiti, certo, e nel gorgo di una vicenda storica di intrecci e cozzi drammatica e vitalissima, tutti sappiamo. Il libro di Asin Palacios e' una pista; leggendo Dante al centro sociale occupato di Viterbo qualche anno fa su questo tema riflettemmo a lungo. E decisiva (e' ovvio dirlo) e' la presenza dell'ebraismo, e finanche segnatamente della qabbalah, senza di cui tanta parte del Rinascimento italiano (e del Rinascimento europeo, e della modernita') non avrebbe avuto una delle piu' ricche e nutrienti radici, uno degli stimoli vitali. Nel nostro meticciato e' il meglio della nostra tradizione, nel nostro collocarci all'incrocio e nel vivo del conflitto e dell'incontro di grandi diverse culture, del loro convivio - e drammatico, sovente, convivio - beneficiari.

4. Cervantes, l'eroe di Lepanto, il prigioniero ad Algeri, il conoscitore per esperienza di tutti i mondi possibili e di quelli solo immaginati (e degli altri non meno veri, talora forse anzi piu' autentici), l'autore di opere che sempre alludono alla scissura e all'interpretazione come sostanza del nostro friabile e sfuggente, eppur denso e prezioso ed ineludibile, esistere ed incontrarci ed incontrare il mondo, non esitiamo a dirlo, e' con Kafka, Leopardi e Marx l'autore che piu' ha influenzato la visione del mondo di chi scrive queste righe. Cervantes tutto, poiche' come ebbe a scrivere Friedrich Schlegel, e Meregalli ricorda (a incipit e chiave), "di Cervantes bisogna aver letto tutto o niente".

5. Perche' in questa sorta di genealogia non poteva non essere Nathan il saggio, e' talmente evidente che non occorre scriverne. E perche' culmine ne sia Primo Levi - maestro dei maestri e testimone dell'orrore cui ancora e sempre e' da resistere - non posso dire in breve, le lacrime me ne impedirebbero.

Ma che genealogia e' questa? Di cosa stiamo veramente parlando?

6. E' che stiamo parlando di noi, dell'ora presente, dei compiti nostri: fermare la guerra, costruire ponti, ascoltare voci, riconoscere umanita', agire benevolenza; resistere alla barbarie, ad ogni fanatismo opporre apertura, contrastare ogni sopruso, con la mitezza e la misericordia combattere il fascismo altrui e nostro. Fare la cosa giusta, cercare, amare, dire, afferrarsi alla verita' - l'atteggiamento e la prassi umile e tenace, intima e condivisa, che Gandhi chiama satyagraha -, rispondere al volto dell'altro, scegliere la nonviolenza. Questo imparammo da Eschilo e da Swift, da Averroe' e Cervantes, da Primo Levi e Hannah Arendt, da Virginia Woolf e Simone Weil, e non abbiamo piu' dimenticato.

 

7. DARINA E IGNAZIO

 

1. Mi ha profondamente commosso nel corso degli anni leggere di tanto in tanto dell'impegno grande di Darina in difesa della memoria del suo compagno di una vita, ed insieme in difesa della verita', che e' la stessa cosa della dignita' umana poiche' e' nella verita' che la dignita' umana di ognuna ed ognuno si manifesta, splendente, in dramma e grandezza.

2. Invece non mi sono mai appassionato, confesso questo mio limite, per le polemiche giornalistiche (ho smesso da anni di leggere i giornali, di guardare i telegiornali, e cosi' via: se voglio aver tempo per poter ascoltare le persone che mi capita di incontrare e che chiedono che porga orecchio, e se voglio poter continuare a leggere libri, e' necessario non perdere tempo col giornalismo, che per il novanta per cento e' fatto di menzogne e per il restante di stupidita' - ed e' sintomatico della catastrofe morale e intellettuale del movimento per la pace e la giustizia odierno il fatto che esso alla cultura - scilicet: alla barbarie - giornalistica tutto si affidi). E quindi neppure per le rumorose polemiche sul Silone degli anni trenta.

3. Poiche' Ignazio Silone, il Silone che conta, e' quello della grande opera scritta, dalla monografia sul fascismo e da Fontamara fino a Severina; ed e' la persona che attraversa l'epoca dei totalitarismi (il secolo su cui una parola decisiva l'ha scritta Tzvetan Todorov in una delle migliori opere di sintesi sul Novecento, Memoria del male, tentazione del bene) i totalitarismi denunciando e combattendo con la forza della coscienza, con la scelta della nonviolenza. Che Silone - come tutte le persone di cuore, come tutte le persone da se stesse esigenti amore al vero e al giusto - abbia molto sofferto e sentito tormentosi in se' il conflitto e i limiti e gli errori, e l'irreversibilita' del passato e del presente ancora le tragedie, solo gli stolti giulivi seguaci di tutti i totalitarismi e di tutte le narcosi possono stupirsene. Tutti i maestri grandi che ho avuto venivano da sofferenze immani e la sofferenza recavano e dicevano, da Primo Levi a Franco Fortini, e ancor piu' indietro da Eschilo a Leopardi a Virginia.

4. Tutto cio' che e' verita' storica ci aiuta ad umanizzare ancor piu' le persone, e soprattutto le persone che ci sono care, e massime coloro che ci hanno insegnato la via della lotta contro l'iniquita' e la menzogna. Ma tutto cio' che e' narcosi e grancassa, non altro che grancassa e narcosi e', e non ci interessa ne' ci riguarda. Cosi' Ignazio Silone resta Ignazio Silone, e Fontamara e' l'antifascismo in atto; cosi' il diuturno impegno per i diritti umani e per la verita' - che noi chiamiamo nonviolenza poiche' nonviolenza questo traduce: ahimsa e satyagraha - che costantemente fu della coppia di Ignazio e Darina e' eredita' feconda e impegno nostro ancora.

5. Certo, anche quella coppia puo' esser stata attraversata dalla contraddizione che ogni coppia e ciascuna persona lacera, in un'umanita' che non e' unificabile se non nel riconoscimento del suo statuto di specie bisessuata. E puo' darsi che anche cola' si desse un atteggiamento maschile ancor servo di antichi retaggi ideologici e pratici che cosi' sovente rendono inadeguati gli esseri umani di sesso maschile ad essere integralmente umani come vorrebbero e sanno talora dire.

Ha scritto una volta Tolstoj, cito a memoria, che "non credero' mai alla buona fede rivoluzionaria di chi si fa pulire il vaso da notte da un'altra persona": quanti maschi - compreso io che qui parlo - possono leggere queste parole senza tremare?

Ma che potessero esservi tratti di carattere in Silone aspri e dolenti, o cupi e in se' precipiti, e fors'anche talora atteggiamenti omologhi a quelli di tanti, quasi tutti i maschi nella storia del mondo, cio' non vanifica il valore di quanto di buono e di giusto ha saputo e voluto essere e fare, in timore e tremore, in passione e pensiero.

E piuttosto ancor piu' mette in luce la grandezza di Darina, che ne fu non solo compagna e lettrice e traduttrice, ma consigliera ed interlocutrice, colta ed autonoma, che ne illumino' la vita, e il pensiero e l'opera infine.

Lo scrivono cosi' bene Margherita Pieracci Harwell e Yukari Saito che qualunque cosa io aggiungessi qui sarebbe peggio che superflua.

E cosi' Darina, figlia d'Irlanda, antifascista nitida e luminosa, di Silone collaboratrice e del suo lascito garante, Darina che ora ci ha lasciato, resta anche per noi un esempio e un'amica. Le sue ceneri - a quanto ci e' parso di leggere da qualche parte, forse sul sito telematico di chi prosegue il lavoro di don Orione - sono state disperse sul mare d'Irlanda, la sua persona essa resta nel cuore di molti, sara' anche lei una presenza viva per quanti dal 4 al 7 settembre s'incammineranno da Assisi  a Gubbio, contro tutte le guerre e le armi e gli eserciti nel nome della nonviolenza, nel nome dell'umanita'.

 

8. IL VOLTO DI ABELE IL 4 NOVEMBRE

[Riproduciamo un estratto da un nostro comunicato di un anno fa. E' nostra intenzione riproporre ed estendere quest'anno l'iniziativa del 4 novembre di pace, in memoria delle vittime, contro le guerre, le armi e gli eserciti]

 

Il 4 novembre il Centro di ricerca per la pace di Viterbo, in dolore e silenzio, commemora tutte le vittime di tutte le guerre, dichiara il diritto e il dovere di ogni essere umano come delle istituzioni di operare affinche' mai piu' si facciano guerre, denuncia l'oscenita' dei festeggiamenti della guerra e dei suoi apparati da parte dei poteri militari e politici che nuove guerre e nuove stragi preparano.

*

"Ogni vittima ha il volto di Abele" (Heinrich Boell).

"L'Italia ripudia la guerra" (art. 11 della Costituzione della Repubblica Italiana).

Il 4 novembre, anniversario della conclusione per l'Italia della "inutile strage" della prima guerra mondiale, il Centro di ricerca per la pace di Viterbo commemorera' tutte le vittime di tutte le guerre a Viterbo, in piazza del sacrario.

La cerimonia sara' austera, composta, meditativa, silenziosa: come e' giusto quando si rivolge il pensiero ad esseri umani defunti, e massime quando si rivolge il pensiero ad esseri umani assassinati.

Essa consistera' nella deposizione di un omaggio floreale e in una meditazione silenziosa.

Essa attestera' l'impegno morale e civile di opporsi a tutte le guerre, che - come disse con espressione indimenticabile Mohandas Gandhi - sono sempre omicidi di massa.

La cerimonia si svolgera' in un orario scelto anche per demarcare la distanza temporale e morale dalla oscena festa di esaltazione della guerra e dei suoi apparati che alcune ore dopo, in guisa di effettuale profanazione del riposo delle vittime, si terra' da parte dei comandi militari e politici.

La cerimonia austera e silenziosa delle persone amanti della pace e addolorate per tutte le vittime delle guerre, contrapporra' visibilmente il silenzio del lutto e della fraternita' e sororita' umana, alla retorica e al frastuono degli osceni festeggiamenti "necrofili e insensati" (per usare le parole di Miguel de Unamuno) che poche ore dopo saranno esibiti da quegli stessi comandi politici e militari che la morte delle vittime di tutte le guerre festeggiano con l'esaltare la guerra ed i suoi esiti e i suoi apparati, e che prolungano il  crimine della guerra preparando, promuovendo, avallando ed eseguendo nuove guerre omicide e onnicide.

Il Centro di ricerca per la pace non partecipera' ai cinici ed offensivi festeggiamenti della morte e delle stragi organizzati dai comandi militari e politici, e denuncia con cio' come quelle lugubri e irresponsabili parate siano scherno malvagio e orribile umiliazione per le vittime della guerra, simbolico ucciderle ancora una volta.

Il Centro di ricerca per la pace chiama tutte le persone di volonta' buona ad essere costruttrici di pace, ed in particolare chiama tutti i cittadini italiani, e quindi anche tutte le istituzioni italiane, al rispetto piu' rigoroso della legalita' costituzionale, fondamento del nostro ordinamento giuridico e presidio delle nostre comuni liberta' e dei diritti di tutti quanti nel nostro territorio si trovino. E' la Costituzione della Repubblica Italiana che reca all'art. 11 il principio fondamentale, e il valore supremo, espresso con le lapidarie parole "L'Italia ripudia la guerra".

"Ogni vittima ha il volto di Abele" (Heinrich Boell).

"L'Italia ripudia la guerra" (art. 11 della Costituzione della Repubblica Italiana).

*

Mai piu' si faccia guerra: solo questo impegno rende lecito accostarsi alle vittime delle guerre in dolore e in solidarieta'. Chi ancora la guerra permette, promuove e propugna, le vittime offende e schernisce, ed aggredisce e disonora l'umanita' intera.

 

9. ESACORDIO PER CUBA

 

In un recente articolo (La difficile anomalia di essere Cuba, sul quotidiano "Il manifesto" del 20 luglio 2003, anticipazione di un editoriale del n. 83/84 della rivista "Latinoamerica" in uscita il primo agosto), il giornalista Gianni Mina' (per contatti: g.mina at giannimina.it), che del popolo cubano e' sincero e devoto amico, ed il cui impegno per la democrazia e i diritti umani e' tenace e notissimo, ha scritto giustamente: "Se [Cuba] perde la sua indipendenza, la sua decorosa poverta', il domani della stessa isola potra' solo avvicinarsi o alla disperazione del Guatemala, o alla violenza della Colombia (dove il presidente Uribe governa concedendo mano libera ai paramilitari che hanno trucidato mille persone in sei mesi) o alla tragedia del Peru' ... Ai cubani, insomma, nell'era di Bush jr (che deve pagare il debito elettorale agli anticastristi della Florida che gli hanno fatto vincere in modo rocambolesco le elezioni) tocchera' la vita miseranda che le multinazionali e la finanza speculativa degli Stati Uniti (e anche dell'Unione Europea?) sceglieranno per loro...

"Per questo se non si e' ipocriti non e' fuori luogo ricordare la quotidianita' del Guatemala oggi parlando di Cuba. Magari per cercare di capire cosa sta accadendo nell'Isola dove la sindrome dell'assedio Usa ha portato purtroppo il governo a scegliere scorciatoie brutali invece di aperture democratiche...

"'Come faccio a parlare di diritti umani a Cuba - ha dichiarato una volta Frei Betto, teologo della liberazione - quando in America latina milioni di persone non hanno conquistato ancora i diritti animali, quelli di avere un tetto, uno straccio per ripararsi dalla pioggia o dal sole, il cibo di tutti i giorni da dare ai propri figli e ai piu' deboli?'.

"E allora, come mi ha chiesto Maria Suino, consigliere regionale Ds del Piemonte, sconcertata dall'iniziativa del suo partito, 'e' legittimo giudicare un paese non per cio' che ha conquistato (educazione, sanita', tutele sociali, cultura, pratica sportiva) ma per cio' che ha fallito (diritti politici, liberta' di informazione)?'.

"Io dico che e' legittimo perche' ogni coercizione va respinta.

"Quello che non e' accettabile e' favorire con le proprie azioni chi ha deciso di cancellare a qualunque costo, anche con la provocazione e il terrorismo, uno straordinario momento di emancipazione collettiva come e' stata la rivoluzione cubana, pur fra tante contraddizioni, errori, miopie, durezze".

Cosi' Gianni Mina'. E due cose vorremmo sottolineare di questo intervento (che vorremmo invitare i lettori a leggere integralmente, ed integralmente merita di essere letta altresi' la bella rivista da Mina' diretta, "Latinoamerica"): che "ogni coercizione va respinta" (ovvero che occorre opporsi intransigentemente alle violazioni dei diritti umani commesse dal regime cubano), e che alle manovre statunitensi per riasservire a se' l'isola e condannare alla violenza e alla fame e alla morte il popolo cubano occorre opporsi ugualmente.

Ma detto questo qualche considerazione ancora vorremmo aggiungere.

*

1. Parlare di Cuba vuol dire parlare di due cose distinte: in concreto (ma quasi a nessuno di coloro che contano, e di coloro che le fandonie di coloro che contano si bevono, interessa granche' la realta' concreta dell'esistenza altrui e quella cosa preziosa e difficile che ha nome verita') vuol dire parlare di un popolo e un'isola, di una storia, una societa' e uno stato; per metafora, invece, vuol dire parlare della vicenda del movimento comunista del Novecento; vuol dire parlare della lotta del sud del mondo contro la plurisecolare e persistente conquista e rapina, il colonialismo e l'imperialismo del nord del mondo; vuol dire parlare dei fini e dei mezzi dei movimenti di liberazione.

*

2. Che a Cuba, nella Cuba rivoluzionaria, si commettano gravi violazioni dei diritti umani e' una verita' indiscutibile. A cominciare dai plotoni di esecuzione comandati da Che Guevara subito dopo la vittoria della rivoluzione. Quello che c'era prima era molto peggio, tutti lo sappiamo e nessuno e' autorizzato a dimenticarlo: ma questa non e' una giustificazione per gli errori e gli orrori compiuti dalla rivoluzione, che pur tanti meriti ha avuto ed ha.

A chi ci chiede cosa pensiamo del regime cubano non abbiamo mai avuto esitazioni a rispondere che esso e' illiberale e autocratico, e che ha commesso crimini assai gravi. Ma a chi ci chiedesse cosa pensiamo del governo statunitense non avremmo esitazioni a dire che si tratta della piu' mostruosa macchina criminale dei nostri giorni. E che se a Cuba violazioni ai diritti umani si danno di gran lunga le piu' aberranti son quelle che si consumano nella base militare statunitense di Guantanamo.

Non solo: che Cuba, la Cuba rivoluzionaria, ovvero la sua leadership, abbia per decenni pensato ed agito nel continente e altrove la strategia fochista e guerrigliera, strategia militarista i cui esiti a noi sembrano oggi a un giudizio d'insieme nefasti (ma ancora una volta il giudizio storico deve essere complesso e dialettico e contestuale, qui noi parliamo ovviamente dal nostro punto di vista, che e' il punto di vista della nonviolenza, e intransigentemente antimilitarista, che anche nella critica piu' dura alle scelte e alle azioni salva la dignita' delle persone e ne comprende le ragioni e le tensioni anche laddove non le giustifica e fin le contrasta), e' un dato di fatto. Drammatico, roccioso, ineludibile. Ma insieme: che il popolo cubano abbia - anche negli errori ed orrori della sua leadership, e comunque anche sull'impulso di quella leadership - dato prova di una generosita' internazionalista luminosa e magnanima, neppur questo puo' essere contestato, ed e' merito storico che non ha eguali (puo' avvicinarvisi forse il moto che si ebbe nella coscienza europea quando Franco aggredi' la repubblica spagnola, e da Rosselli a Orwell, da Simone Weil a Tomaso Serra, tutta l'Europa civile accorse a difesa della terra e del popolo di Cervantes, e di Federico).

Leggendo Marx e Brecht apprendemmo la necessita' di uno sguardo contestuale, di un approccio dialettico. Ma leggendo Serge e Solzenicyn apprendemmo la necessita' di uno sguardo concreto, di una visione che ritenga come fondamento e parametro il diritto alla vita e alla dignita' di ogni essere umano. Cosi' Cuba ci sta a cuore una volta di piu' perche', nel mare di sangue dell'America Latina dominata dalle oligarchie e dalle multinazionali e dalle mafie e dal fascismo autoctoni e da quelli globali e globalizzati, essa e' nel suo popolo ancora una resistenza e una speranza e un esempio della e per l'umanita'; e una volta di piu' ci sta a cuore perche' quanto vi e' negli assetti di potere e nei modelli organizzativi e nei macchinismi ideologici in essa dominanti di liberticida e di disumanato abolito ha da essere.

*

3. Non vale per me l'argomento che il resto dell'America latina e' assai peggio. Lo so. E' vero. Ed e' un merito grande di Cuba. Ma questo non giustifica ingiustizie e crimini. E non vale per me l'argomento che Cuba e' un paese assediato, sotto embargo, con un pezzo di territorio in cui la potenza giugulatrice tiene una base militare che e' gia' una testa di ponte e una camera di tortura. Lo so. E' vero. Ed e' un merito grande di Cuba aver resistito. Ma questo non giustifica ingiustizie e crimini.

*

4. E quindi non ho esitazioni nel dire che occorre sostenere l'impegno affinche' i diritti politici e civili a Cuba siano finalmente rispettati.

Cosi' come non ho esitazioni nel dire che oltre i diritti civili e politici vi sono anche quelli sociali e che a questo riguardo per molti aspetti Cuba e' superiore di gran lunga agli Stati Uniti e all'Europa.

*

5. Ma detto questo ancora non e' detto nulla. Perche' il nocciolo della questione e' che Cuba deve essere aiutata e difesa. La popolazione cubana, la dignita' di Cuba, la sua indipendenza. Perche' Cuba non deve tornare ad essere un gigantesco postribolo nelle citta' e un regime schiavista nelle campagne; perche' Cuba non deve tornare ad essere il retrobottega e la bisca dei mafiosi americani; perche' Cuba non deve piu' essere teatro di uno sterminio come gia' al tempo della Conquista.

*

6. Ma non voglio eludere l'altro aspetto - quello simbolico - della questione, e mi perdoneranno i ventiquattro lettori se me la sbrigo di fretta in pochissime righe: d'altronde chi mi conosce da qualche decennio sa quanto complesso sia cio' che mi capita di pensare in questo ambito, e chi non mi conosce non ci perde niente a risparmiarsi il mio lungo e fors'anche labirintico argomentare. E quindi:

a) troppo frettolosamente mi pare si liquidi la vicenda del movimento comunista del Novecento, che e' ancora, per dirla con Sartre, il nostro "affaire", la cosa che ci riguarda: nelle sue tragedie e nella sua ricerca, in cio' che di falso e di atroce ha implicato ed in cio' che di giusto e di vero ha inverato. Chi scotomizza il proprio passato e' condannato a ripeterlo: per questo mi sembra cosi' necessario replicare e finanche dar sulla voce a chi preferirebbe non parlarne piu', a chi mitologizza nel demonico o nell'angelicato, a chi troppo facilmente storicizza ed archivia, insomma a tutti gli immemori e i pusillanimi, agli ignoranti e agli astuti. Ancora occorre farci i conti con quella vicenda che tutti vivamente ci tocca, e cavarne il nocciolo razionale e radicalmente ripudiare quel che di osceno e infero in essa e' stato, schierandosi sempre, e sempre e solo, dalla parte delle vittime, e dal punto di vista delle vittime anche quella storia leggendo. in dolore e rigore. Vi sono stati due comunismi nel Novecento: da un lato quello di chi ha eretto campi di concentramento e organizzato plotoni d'esecuzione, e dall'altro lato quello di chi nei campi di concentramento ha sofferto e di fronte ai plotoni di esecuzione si e' trovato, e per abolirli per sempre e subito sempre e per sempre si e' battuto. E questo secondo comunismo, sogno di una cosa e uscita dalla preistoria, scelta morale e agire quotidiano, deliberare in comune e condividere il pane, se cosi' posso dire, e' ancora il nostro.

b) E piu' in generale tutte le vicende dei movimenti novecenteschi di resistenza e di liberazione, di rivendicazione della dignita' umana, di eguaglianza e di riconoscimento di umanita', di promozione comune e di universale solidarieta', vanno ereditate, criticate e - con un unico movimento di distanziamento e recupero a un tempo - superate (se questo vecchio linguaggio della filosofia classica tedesca piu' essere ancora utilizzato): cogliendone e combattendone limiti ed errori ed orrori, certo, ed insieme cogliendone e accogliendone tensione e attenzione, passione e idealita', anelito e calore, quanto in esse vi e' di aggettante e sorgivo, di liberante e fraterno e sororale, tutto quel che e' implicato nell'emblema da antico bestiario (e moderna esperienza) della talpa, la vecchia talpa ancora.

c) E per concludere: sul rapporto tra i fini e i mezzi si gioca tutto il futuro dell'umanita': o il movimento di quante e quanti si battono per il diritto e la liberazione dei popoli e delle persone, per la solidarieta' internazionale e la dignita' umana, per la verita' e la giustizia, per la pace e la convivenza, avra' la capacita' di scegliere la nonviolenza, ovvero quella teoria-prassi esistenziale, sociale e politica, quella riforma morale e intellettuale, che afferma la necessita' della coerenza tra mezzi e fini nell'agire nel mondo e sul mondo, con e tra le persone ed i popoli (quel sinolo che Gandhi affermava con la splendida equazione e metafora del seme e della pianta come chiave ed emblema del rapporto che i mezzi e i fini lega) - oppure vincera' la catastrofe - che sta gia' vincendo del resto - e l'umanita' sara' annientata. Decidersi occorre, e il tempo stringe. Stringe come un cappio.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

*

In guisa di postilla ricordar vorremmo anzitutto alcune buone letture: quella sintesi ottima di Giuliano Pontara che e' nelle voci da lui compilate - e particolarmente quelle su Gandhismo e  Nonviolenza - nel Dizionario di politica diretto da Bobbio, Matteucci e Pasquino (Utet, poi Tea); di Tzvetan Todorov, Memoria del male, tentazione del bene, edito da Garzanti; di Franco Fortini le voci Comunismo e Marxismo (nate come articoli di giornale, poi riprese in volume rispettivamente in Extrema ratio, Garzanti e in Non solo oggi, Editori Riuniti; riprodotte l'una e l'altra anche su questo notiziario); di Guenther Anders le Tesi sull'eta' atomica (piu' volte riprodotte su questo foglio nella traduzione di Renato Solmi per Einaudi); la grande Memoria del fuoco di Eduardo Galeano (Sansoni); vari libri di Giulio Girardi; e come sempre I sommersi e i salvati di Primo Levi (presso Einaudi, naturalmente). Su Cuba in particolare vorremmo segnalare anche almeno: Carlos Franqui, Diario della rivoluzione cubana, Alfani; Janette Habel, Cuba fra continuita' e rottura, Erre emme (ora Massari Editore); Aldo Garzia, C come Cuba, Elleu Multimedia. Ed oltre alle buone e utili letture anche quest'altra - se ci e' concesso: un articolo a firma del direttore responsabile di questo foglio, Tre tesi per una riflessione necessaria, apparso nel volume terzo dei sempre utilissimi "Quaderni della fondazione Che Guevara", Massari Editore, Bolsena (Vt) 2000 (e riprodotto qualche anno fa anche su questo notiziario).

 

==================================

ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

==================================

Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIV)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 158 del 4 aprile 2013

 

Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:

nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe

 

Per non riceverlo piu':

nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe

In alternativa e' possibile andare sulla pagina web

http://web.peacelink.it/mailing_admin.html

quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).

 

L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web:

http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html

 

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it