Ogni vittima ha il volto di Abele. 26



 

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OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100

Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 26 del primo novembre 2011

 

In questo numero:

1. Mao Valpiana: Dire no alla guerra e scegliere la nonviolenza

2. Un appello del Movimento Nonviolento, dell'Associazione per la pace, di Peacelink e del Centro di ricerca per la pace di Viterbo per il 4 novembre: Ogni vittima ha il volto di Abele

3. Comitato Nepi per la Pace: Fare del prossimo 4 novembre un'occasione per opporsi a tutte le guerre e ricordare tutte le vittime

4. Elisabetta Donini: "Que verguenza la guerra"

5. Daniele Gallo: Che questo scempio finisca per sempre

6. Elena Liotta: I morti di tutte le guerre del mondo

7. Marie Claude Pace: Nati da donna

8. Francesca Rigotti: In ricordo delle vittime di tutte le guerre e contro la guerra assassina

9. Carlo Schenone: Morire di guerra

10. Giovanni Enrico Vesco: Alle vittime delle guerre

 

1. EDITORIALE. MAO VALPIANA: DIRE NO ALLA GUERRA E SCEGLIERE LA NONVIOLENZA

[Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org) per questo intervento.

Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle e autorevoli della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive e ha lavorato come assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel sociale"); attualmente e' presidente del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa per la nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del comitato scientifico e di garanzia della Fondazione Alexander Langer Stiftung; fa parte del Comitato per la difesa civile non armata e nonviolenta istituito presso L'Ufficio nazionale del servizio civile; e' socio onorario del Premio nazionale "Cultura della pace e della nonviolenza" della Citta' di Sansepolcro; ha fatto parte del Consiglio della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; nel giugno 2005 ha promosso il digiuno di solidarieta' con Clementina Cantoni, la volontaria italiana rapita in Afghanistan e poi liberata. Con Michele Boato e Maria G. Di Rienzo ha promosso l'appello "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?" da cui e' scaturita l'assemblea di Bologna del 2 marzo 2008 e quindi il manifesto "Una rete di donne e uomini per l'ecologia, il femminismo e la nonviolenza". Un suo profilo autobiografico, scritto con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4 dicembre 2002 de "La nonviolenza e' in cammino"; una sua ampia intervista e' nelle "Notizie minime della nonviolenza in cammino" n. 255 del 27 ottobre 2007; un'altra recente ampia intervista e' in "Coi piedi per terra" n. 295 del 17 luglio 2010]

 

La marcia "per la pace e la fratellanza dei popoli" Perugia-Assisi, e le commemorazioni nonviolente del 4 novembre "Ogni vittima ha il volto di Abele", hanno lo stesso obiettivo: dire no alla guerra e scegliere la nonviolenza.

 

2. INIZIATIVE. UN APPELLO DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO, DELL'ASSOCIAZIONE PER LA PACE, DI PEACELINK E DEL CENTRO DI RICERCA PER LA PACE DI VITERBO PER IL 4 NOVEMBRE: OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE

[Riproponiamo il seguente appello]

 

Intendiamo proporre per il 4 novembre l'iniziativa nonviolenta "Ogni vittima ha il volto di Abele".

Proponiamo che il 4 novembre si realizzino in tutte le citta' d'Italia commemorazioni nonviolente delle vittime di tutte le guerre, commemorazioni che siano anche solenne impegno contro tutte le guerre e le violenze.

Affinche' il 4 novembre, anniversario della fine dell'"inutile strage" della prima guerra mondiale, cessi di essere il giorno in cui i poteri assassini irridono gli assassinati, e diventi invece il giorno in cui nel ricordo degli esseri umani defunti vittime delle guerre gli esseri umani viventi esprimono, rinnovano, inverano l'impegno affinche' non ci siano mai piu' guerre, mai piu' uccisioni, mai piu' persecuzioni.

*

Queste iniziative di commemorazione e di impegno morale e civile devono essere rigorosamente nonviolente. Non devono dar adito ad equivoci o confusioni di sorta; non devono essere in alcun modo ambigue o subalterne; non devono prestare il fianco a fraintendimenti o mistificazioni. Queste iniziative di addolorato omaggio alle vittime della guerra e di azione concreta per promuovere la pace e difendere le vite, devono essere rigorosamente nonviolente.

Occorre quindi che si svolgano in orari distanti e assolutamente distinti dalle ipocrite celebrazioni dei poteri armati, quei poteri che quelle vittime fecero morire.

Ed occorre che si svolgano nel modo piu' austero, severo, solenne: depositando omaggi floreali dinanzi alle lapidi ed ai sacelli delle vittime delle guerre, ed osservando in quel frangente un rigoroso silenzio.

Ovviamente prima e dopo e' possibile ed opportuno effettuare letture e proporre meditazioni adeguate, argomentando ampiamente e rigorosamente perche' le persone amiche della nonviolenza rendono omaggio alle vittime della guerra e perche' convocano ogni persona di retto sentire e di volonta' buona all'impegno contro tutte le guerre, e come questo impegno morale e civile possa concretamente limpidamente darsi. Dimostrando che solo opponendosi a tutte le guerre si onora la memoria delle persone che dalle guerre sono state uccise. Affermando il diritto e il dovere di ogni essere umano e la cogente obbligazione di ogni ordinamento giuridico democratico di adoperarsi per salvare le vite, rispettare la dignita' e difendere i diritti di tutti gli esseri umani.

*

A tutte le persone amiche della nonviolenza chiediamo di diffondere questa proposta e contribuire a questa iniziativa.

Contro tutte le guerre, contro tutte le uccisioni, contro tutte le persecuzioni.

Per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

*

Movimento Nonviolento

per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

Associazione per la pace

per contatti: tel. (+39) 348392146, e-mail: luisamorgantini at gmail.com, sito: www.assopace.org

Peacelink

per contatti: e-mail: info at peacelink.it, sito: www.peacelink.it

Centro di ricerca per la pace di Viterbo

per contatti: e-mail: nbawac at tin.it, web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

3. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. COMITATO NEPI PER LA PACE: FARE DEL PROSSIMO 4 NOVEMBRE UN'OCCASIONE PER OPPORSI A TUTTE LE GUERRE E RICORDARE TUTTE LE VITTIME

[Dal comitato "Nepi per la Pace" (per contatti: info at comitatonepiperlapace.it) riceviamo e diffondiamo]

 

Nella lettera del 18 ottobre 1965, scritta da Barbiana ai giudici del processo che lo vedeva imputato per aver sostenuto l'obiezione di coscienza, don Lorenzo Milani, una delle personalita' piu' limpide e coerenti della nonviolenza e figura di primo riferimento per l'intero mondo della scuola italiana, afferma: "Abbiamo dunque preso i nostri libri di storia (umili testi di scuola media, non monografie da specialisti) e siamo riandati a cento anni di storia italiana in cerca d'una guerra giusta. D'una guerra cioe' che fosse in regola con l'articolo 11 della Costituzione. Non e' colpa nostra se non l'abbiamo trovata".

Il prossimo 4 novembre assisteremo invece ancora una volta ai festeggiamenti, mai termine fu piu' improprio, in ricordo della prima guerra mondiale.

Festeggiamenti esaltati dalla retorica militarista e punto di forza della mistificatoria propaganda di quel regime fascista che mentre sopprimeva ogni liberta' in Italia e con le leggi razziali avviava alla deportazione i cittadini ebrei italiani, faceva della guerra di aggressione a nazioni e popoli il punto centrale della sua politica, con le conseguenze che tutti dicono di conoscere ma che spesso dimenticano furbescamente.

La prima guerra mondiale fu infatti una guerra ingiusta, come tutte le guerre, un'inutile strage di esseri umani.

Le vittime italiane furono piu' di 600.000, oltre un milione i feriti e tra questi piu' di 600.000 mutilati.

I morti in totale nei paesi coinvolti nel conflitto furono quasi dieci milioni.

Tutto questo si sarebbe potuto evitare attraverso soluzioni diplomatiche, senza alcun spargimento di sangue, come ormai acquisito e documentato storicamente.

Oggi l'Italia e' ancora una volta un paese in guerra e sembra non aver imparato nulla dalle distruttive lezioni della prima e della seconda guerra mondiale.

Mentre il nostro paese e gli italiani onesti s'impoveriscono sempre di piu', enormi risorse economiche continuano ad essere destinate alle spese per le armi e per il sostegno della partecipazione italiana alla guerra in Afghanistan e Libia, in aperta violazione dell'articolo 11 della nostra Costituzione che afferma: "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla liberta' degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali".

Il comitato Nepi per la Pace in occasione della prossima ricorrenza del 4 novembre chiede alle istituzioni, agli insegnanti, agli studenti, agli organi d'informazione, alle autorita' religiose e a tutti i cittadini un forte impegno perche' il 4 novembre diventi una giornata di studio e di memoria, una giornata di ripudio di tutte le guerre, in ricordo di tutte le vittime e in solidarieta' con tutte le persone e i popoli coinvolti nei conflitti.

Il comitato Nepi per la Pace inoltre sostiene ed invita a sostenere l'appello "Ogni vittima ha il volto di Abele" promosso dal Movimento Nonviolento, dall'Associazione per la Pace, da Peacelink e dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo.

 

4. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. ELISABETTA DONINI: "QUE VERGUENZA LA GUERRA"

[Ringraziamo Elisabetta Donini (per contatti: elisabetta.donini at alice.it) per questo intervento.

Elisabetta Donini, scienziata, punto di riferimento delle Donne in nero di Torino, e' docente di fisica all'Universita' di Torino ed e' da sempre attiva nel movimento femminista e in quello pacifista; si occupa anche in particolare di critica di genere dello sviluppo e di politica delle diversita'. Nata in provincia di Cuneo nel 1942, vive per lo piu' a Torino, con un lungo periodo di lavoro e di esperienza umana e politica nel Meridione; fa parte del Cirsde - Centro Interdipartimentale di Ricerche e Studi delle Donne, e del Centro di Studi per la Pace dell'Universita' di Torino, e del Comitato delle scienziate e degli scienziati contro la guerra; per alcuni anni ha fatto ricerca in teoria delle particelle elementari e poi ha spostato i suoi interessi verso la critica storica delle scienze, la prospettiva ecologica e le culture del femminismo; da anni i suoi interessi di ricerca si sono concentrati anche sul rapporto tra scienza e societa'; man mano che cresceva in lei l'impegno nel movimento delle donne e nell'elaborazione femminista si approfondiva anche il desiderio di interrogare scienza, tecnologia, modelli di sviluppo in relazione al segno di genere che vi hanno impresso secoli di dominanza maschile; il lavoro teorico e l'attivita' di impegno civile sono infatti sempre stati in lei strettamente legati, sia rispetto a questioni come il nucleare negli anni Ottanta sia rispetto alle guerre degli anni Ottanta e Novanta e attuali, con un continuo sforzo di contribuire al consolidamento delle relazioni tra donne di parti in conflitto (dalle esperienze con donne israeliane e palestinesi a quelle con donne dei Balcani); ha pubblicato molti saggi e articoli, e contribuito a numerosi volumi. Tra le opere di Elisabetta Donini: Il caso dei quanti, Clup, 1982; La nube e il limite. Donne, scienza, percorsi nel tempo, Rosenberg & Sellier, Torino 1990; Conversazioni con Evelyn Fox Keller. Una scienziata anomala, Eleuthera, Milano 1991]

 

Nell'agosto di quest'anno si e' tenuto a Bogota' il XV Incontro della rete internazionale delle Donne in nero e ancora una volta mi sono potuta rendere conto di quanto straordinariamente variegati siano i percorsi della nonviolenza e dell'opposizione a guerra e guerre. Il convegno era organizzato dalle Mujeres de Negro colombiane, insieme con l'organizzazione della Ruta Pacifica de las Mujeres e vi hanno partecipato almeno duecento donne da nove regioni della Colombia, oltre che circa cento da paesi di tutto il mondo.

La creatività e la ricchezza dell'uso che la' fanno di un simbolico molto articolato, colorato e complesso, che si nutre delle culture e dell'immaginario delle popolazioni indigene e afrodescendientes, ha generato modi di esprimersi e di manifestare che mi sono parsi capaci di una presa sulle menti e sui cuori molto suggestiva e potente.

Tra le scritte che con piu' frequenza ho letto sulle magliette e sui cartelli di donne di tutte le eta' una in particolare mi ha colpita profondamente, nella sua incisiva e perentoria brevita': "Que verguenza la guerra", sintesi di immediata efficacia che pero' compendia un intero capovolgimento dei modi di pensare e agire correnti, secondo cui da un lato il ricorso alla guerra potrebbe essere necessario e giusto per ragioni di fatto e di principio e dall'altro sarebbe in ogni caso inevitabile perche' inevitabile e' che nell'umanita' (o, piu' correttamente, negli uomini) sia inscritto il gene biologico e il meme culturale della competizione e dell'aggressivita'.

E invece no: la guerra e' una vergogna e come tale va denunciata e esecrata, sino a che appaia interdetta come da un tabu' invalicabile - dicono quelle donne coraggiose che giorno per giorno e con una scelta radicalmente di pace affrontano una realta' durissima di violenza legata tanto al conflitto armato pluridecennale quanto alla brutalita' di rapporti tra i sessi permeati di machismo e sopraffazione patriarcale.

Se siamo convinte che la guerra e' una vergogna, lavorando sulle mentalita' cosi' come sulle relazioni economiche, sociali e politiche possiamo agire perche' diventi impraticabile e venga interiorizzata come incompatibile con gli orizzonti di un senso comune in cui, diversamente da quanto appare prevalente oggi, l'esercizio della violenza risulti ripugnante sin dal profondo dei sentimenti e dei giudizi di ciascuna e ciascuno.

Ingenua utopia? Non lo credo: e' una prospettiva densa di esperienze storiche, di riflessioni, di esplorazione di nuovi spazi di convivenza, ascolto, condivisione, di costruzione tenace di soggettivita' alternative, capaci di uscire dalle dinamiche soffocanti della bellicosita' e del dominio. Le donne che la esprimono sono molto concretamente radicate in un tessuto quotidiano di pratiche di tenace solidarieta' a sostegno della dignita' e dei diritti di quante - vittime di violenza, cacciate dalle loro case e dalle loro terre, emarginate dai tanti razzismi di una societa' piena di squilibri e disuguaglianze - trovano tuttavia  la forza per resistere, vivere e (come loro stesse scrivono e gridano) esigere giustizia.

 

5. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. DANIELE GALLO: CHE QUESTO SCEMPIO FINISCA PER SEMPRE

[Ringraziamo Daniele Gallo (per contatti: d.gallo at viator.it) per questo intervento.

Daniele Gallo (Milano, 21 novembre 1954) e' laureato in scienze politiche con specializzazione e master in sociologia del lavoro (con la professoressa Bianca Beccalli) all'Universita' Statale di Milano; corsista in giurisprudenza all'Universita' Statale di Milano, ha maturato, anche attraverso esperienze seminariali, competenze certificate nelle scienze criminologiche (con il professor Gian Luigi Ponti), nelle tematiche relative alla sociologia e filosofia del diritto (con il professor Renato Treves) e in quelle della teoria generale del diritto; master in diritto sportivo con il professor Carlo Masera; uditore alla facolta' di Teologia dell'Italia Settentrionale di Milano; giornalista e saggista, e' direttore responsabile delle pubblicazioni "Viator" e "Quaderni di ricerca spirituale" e direttore editoriale del Gruppo Editoriale Viator (Milano) che gestisce la casa editrice Servitium, dei frati Servi di Maria di Sotto il Monte (Bg), e docente di lingua e letteratura italiana e di teoria e tecnica della traduzione presso la Scuola Universitaria Superiore per Mediatori Linguistici Ciels di Padova. Fra le opere pubblicate: Studio critico sulla funzione del sindacato in Eduard Bernstein (Edizioni Universitarie, Milano, 1991); Legge 903/1977: storia di una parita'. Diritto e realta' (Edizioni Universitarie, Milano,1992); Commento tecnico al primo convegno sul tema "Evoluzione e sviluppo del diritto sportivo" (Milano 1997); Toto', vita e arte di un genio (Gruppo Editoriale Viator-Fondazione Ente dello spettacolo, Milano, 2008); Fare anima con le cose (Gruppo Editoriale Viator, 2009); Eduardo, la magia del teatro (Gruppo Editoriale Viator - Fondazione Ente dello spettacolo, Milano 2010). Opere in uscita: Informazione e verita'. Far conoscere per riconoscere (Gruppo Editoriale Viator, 2011); Teologia della gratuita' (Servitium, Sotto il Monte 2011). E' socio fondatore e consigliere del centro "Riabitare la terra e la citta'" (Pavia), e dell'associazione "Etica, Sviluppo, Ambiente Adriano Olivetti". E' consigliere delle associazioni: Societa' Umanizzata (Milano), Arco Consumatori (Pescara); ed e' componente del comitato tecnico-scientifico dell'Istituto nazionale di ricerca delle scienze criminali e della sicurezza (Padova), e della giuria del premio istituito dalla fondazione don Carlo Gnocchi e dalla Biennale di Venezia alla Mostra internazionale di Arte cinematografica sulle opere di valore sociale. Cfr. anche l'intervista nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 354]

 

Ci sono ricorrenze e ricorrenze: tra queste il 4 novembre e' una di quelle che piu' incidono la memoria e ti entrano nel cuore. In casa mia era una doppia celebrazione, chiamandosi mio padre Carlo. Si festeggiava l'onomastico e si rifletteva, visto che la sua famiglia e soprattutto alcuni suoi fratelli maggiori erano stati coinvolti direttamente nella guerra. Il profumo avvertito in casa era quello delle giornate di festa per il dolce che lentamente lievitava nel forno, ma non si poteva non scivolare con il pensiero alle tante vittime, moltissime delle quali troppo giovani.

Una guerra inutile, assurda, combattuta sul fronte da gente che non la voleva e non la capiva e drammaticamente subita nelle povere case dove era l'ultima cosa di cui si sarebbe sentito il bisogno, stante una strutturale miseria che attanagliava quasi tutto il Meridione.

Una guerra che purtroppo non sarebbe servita a far capire la sua assurdita', considerato che nel corso del secolo sarebbe stata duplicata molte, troppe volte.

Sembra incredibile che l'uomo non riesca a debellare il vulnus della guerra e non si renda conto che violenza e guerra gli tolgono la dignita' di essere umano e il diritto di partecipare al progetto divino.

Non mi uniro' alle celebrazioni dei militari, nell'assurda e miope sottolineatura della divisione tra vinti e vincitori, perche' quando scoppia una guerra non esistono vincitori: esiste solo la sconfitta del genere umano, ancor piu' rappresentata proprio dal vincitore.

Mi uniro' insieme a chi prega per i morti e per i loro parenti e a chi vuole che questo scempio finisca. Per sempre.

 

6. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. ELENA LIOTTA: I MORTI DI TUTTE LE GUERRE DEL MONDO

[Ringraziamo Elena Liotta (per contatti: e_liotta at yahoo.it) per questo intervento.

"Elena Liotta, nata a Buenos Aires, ha studiato e vissuto all'estero e in Italia. Si e' laureata prima in Lettere (orientalistica) svolgendo per un periodo lavoro editoriale (Espresso, Treccani) e poi in Psicologia, specializzandosi in psicoterapia e psicoanalisi junghiana. Ha svolto in parallelo attivita' clinica, didattico-formativa e culturale in ambito psicologico, per quasi 30 anni e da piu' di 15 in ambito educativo e sociale, prevalentemente per istituzioni pubbliche in tutta Italia. A Orvieto dove risiede e dove ha ricoperto, in passato, anche un ruolo politico e amministrativo, e' stata fino al 2010 coordinatrice pedagogica e consulente (Sportelli ascolto nelle scuole, Centro di aggregazione giovanile e altro). Ha supervisionato il servizio per i Rifugiati politici e umanitari del Comune di Viterbo e la Casa della donna del Comune di Pisa. Partecipa a movimenti di riflessione e critica sociale come la Decrescita, il Localismo (www.localismus.org) e la Nonviolenza, portando l'attenzione sulla dimensione psicologica che influenza gli stili di vita. E' membro di varie associazioni tra cui la Population and Environmental Psychology (Apa, Div 34) che si occupa del rapporto tra gli esseri umani e il loro ambiente naturale e culturale. Ha scritto articoli, saggi e libri tra cui: L'Alba del gioco. Psicologia della prima infanzia e il Sandplay di Dora Kalff, Edizioni Magi, Roma, 2011; A modo mio. Donne tra potere e creativita' (2007) Edizioni Magi; Su Anima e Terra, il valore psichico del luogo (2005) Edizioni Magi (tradotto in inglese dall'editore Routledge); La Maschera trasparente. Apparire o Essere? (2006) La Piccola editrice; Le solitudini nella societa' globale (2003) La Piccola Editrice; Educare al Se' (2001) Edizioni Magi. Vuoti d'aria. Poesie, Ripostes". Cfr. anche l'ampia intervista apparsa nei nn. 241-242 dei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" e l'altra ampia intervista apparsa nei "Telegrammi" n. 347]

 

Piu' di altri anni mi colpiscono in questo periodo le incongruenze tra eventi collettivi. Si tratterebbe di un momento comune di riflessione e ripiegamento interiore, ben accolto dall'Autunno intenso e contenuto che va a spegnersi nell'Inverno. Le ricorrenze sacre e intonate al lutto, fino a quello per i soldati morti nelle guerre, potrebbero decantarsi dolcemente lasciando che nel tempo necessario si riaccenda la festosa luminosita' natalizia. E invece no, troppo lungo questo arco di tempo - circa tre mesi! - ci voleva immediatamente un'altra Festa. Cosi' deve aver pensato il globale mercato economico e mediatico. Ma non abbiamo forse le nostre feste popolari, stagionali, localissime, a tenerci compagnia, quelle che continuano a svolgersi piu' o meno nel solco della tradizione? No, si vede che non bastavano. Ecco allora arrivare Halloween che invade negozi, super iper mega mercati, case, scuole addirittura, che invade le menti dei bambini i quali chiedono alle madri: "Ma com'era Halloween quando tu eri piccola?". Semplicemente non c'era. Ormai e' diventata una festa che c'e' sempre stata. Ebbene, io la trovo disturbante, "fuori luogo" soprattutto se nel frattempo la mia mente cammina verso miei morti, quelli altrui, quelli di tutte le guerre del mondo. Chissa' in quanti devono la morte a interessi di poteri, finanze e commerci vari. Io voglio essere e rimanere un po' triste, voglio permettermi una lacrima, sentendomi vicina ad altri come me, che volentieri eviterebbero le morti inutili. E mi ritrovo impotente, un po' delusa, sempre stupita di fronte alla umana miseria e arrabbiata per la stupidita' che si fa intenzione maligna e distruzione gratuita. E penso come quando ero ragazza aggiungendo altri punti interrogativi: "Ma perche' non preferiscono fare l'amore invece della guerra?!".  Alla fine apro un libro a cercare consolazione.

Da Vimala Thakar, Pace radicale: "Mi domando se voi abbiate notato che la guerra non ha mai risolto i problemi. Chiariamo bene questo punto. Siamo ricorsi alle guerre, abbiamo accettato il destino di educare i nostri figli a essere massacratori o massacrati. Ci siamo rassegnati a quel degrado culturale che e' il cedere alla guerra. Ma nonostante la nostra rassegnazione al prezzo che abbiamo dovuto pagare in termine di sangue e vite umane, le guerre non ci hanno aiutato. Percio' e' veramente ora di usare le nostre energie per scoprire, per esplorare un modo alternativo di risolvere i problemi dell'essere umano. L'assenza di una guerra vera e propria non equivale alla pace. Il continuo prepararsi a guerre sulla terra, e addirittura a guerre spaziali, indica che esiste una psicologia da guerrafondai, da mercanti di guerra e di violenza... noi cittadini del mondo abbiamo pagato tasse perche' gli eserciti fossero mantenuti e addestrati, abbiamo sacrificato strutture, servizi sociali per amore degli eserciti del nostro paese... La guerra non e' un evento determinato, la guerra e' una psicologia, una maniera di porsi di fronte alla vita... Abbiamo davvero compreso, osservato, sul piano individuale, anche nella vita personale, come la violenza non risolva alcun problema? Non mi aiutano in nessun modo ne' la rabbia ne' l'odio, la gelosia, l'aggressivita', l'imporsi sugli altri... Se non lo comprendiamo, la nostra ricerca della pace mondiale sara' solo un esercizio intellettuale, un discorso teorico o accademico, perche' non abbiamo visto realmente l'orrore della violenza".

La mia parte, a capire la violenza che e' in me, la sto facendo da varie decine di anni. Almeno questa. Dedico i miei sforzi a tutti coloro che sono morti in guerra, soldati e civili, di tutte le nazionalita' e di tutti i tempi, e a coloro che oggi muoiono nella varie guerre ancora convenzionali e non, che il mondo imperterrito continua a regalarci.

 

7. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. MARIE CLAUDE PACE: NATI DA DONNA

[Ringraziamo Marie Claude Pace (per contatti: mcpace at libero.it) per questo intervento.

Marie Claude Pace e' stata attiva promotrice del gruppo nonviolento "Gubbio per la Pace" e ha fatto parte per anni di un gruppo di "Donne in Nero" nella stessa citta' di Gubbio]

 

Il 4 novembre e' stato scelto dalle persone amiche della nonviolenza per ricordare le vittime delle guerre e dei conflitti, tutte le vittime, senza fare riferimento alla loro appartenenza a una fazione o a un'altra, a un gruppo etnico o a un altro, a una fede (religiosa o politica) o a un'altra, ma semplicemente come persone prese nella tormenta della storia.

La prima cosa da capire e da tenere presente e' che queste vittime, man mano che avanzava il secolo scorso con il suo corteo di orrori piu' o meno visibili e piu' o meno "giustificati" da ragioni di realpolitik, sono state sempre di piu' vittime civili, che con queste ragioni non c'entravano assolutamente niente, ma che si sono trovate nel posto sbagliato nel momento sbagliato.

Ricordiamoci, ma senza mai perdere di vista questa particolarita', sempre piu' ovvia col tempo che passa, ma spesso dimenticata. Questo fatto va sottolineato anche se il ricordo silenzioso e rispettoso include pure quello di soldati e militari vari, vittime di un altro genere, ma comunque esseri viventi in carne e ossa, nati da donna e destinati a tornare ad essere polvere.

E poi ricordiamoci della santita' della vita e di tutte le giovani vite che si sono offerte con ardore per cause che l'indomani si rivelarono false e non piu' accettabili. Come dice il cantautore francese Georges Brassens, poeta e filosofo senza pretese: "Moriamo per delle idee, d'accordo, ma di morte lenta".

 

8. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. FRANCESCA RIGOTTI: IN RICORDO DELLE VITTIME DI TUTTE LE GUERRE E CONTRO LA GUERRA ASSASSINA

[Ringraziamo Francesca Rigotti (per contatti: francesca.rigotti at usi.ch) per questo intervento.

Francesca Rigotti (Milano 1951), laureata in Filosofia (Milano 1974), Dr. rer. pol. (I.U.E. 1984), Dr. habil. (Gottingen 1991), e' stata docente alla Facolta' di Scienze politiche dell'Universita' di Gottingen come titolare di un "Heisenberg Stipendium" della Deutsche Forschungsgemeinschaft e visiting fellow al Department of Politics dell'Universita' di Princeton e docente all'UZH, e' attualmente docente di dottrine e istituzioni politiche presso la facolta' di Scienze della comunicazione dell'Universita' di Lugano. Tra le sue pubblicazioni si segnalano una dozzina di monografie edite da Bibliopolis (1981), Il Mulino (1989, 2000, 2002, 2006 e 2008), Feltrinelli (1992, 1995 e 1998), Interlinea (2004 e 2008), tradotte in sette lingue, tutti pertinenti ad argomenti di storia del pensiero politico-filosofico, di metaforologia e di comunicazione politica, oltre a numerosi articoli, e saggi su riviste specializzate internazionali. Svolge un'intensa attività di critica libraria in riviste e quotidiani. Tra le opere di Francesca Rigotti: L'umana perfezione. Saggio sulla circolazione e diffusione dell'idea di progresso nell'Italia del primo Ottocento, Bibliopolis, Napoli 1981; Metafore della politica, Il Mulino, Bologna 1989; Il potere e le sue metafore, Feltrinelli, Milano 1992; La verita' retorica. Etica, conoscenza e persuasione, Feltrinelli, Milano 1995; L'onore degli onesti, Feltrinelli, Milano 1998; La filosofia in cucina. Piccola critica della ragion culinaria, Il Mulino, Bologna 1999, 2002; Il filo del pensiero, Il Mulino, Bologna 2002; La filosofia delle piccole cose, Novara, Interlinea, 2004, 2005; con Giuseppe Ferraro, Agli estremi della filosofia, Tre Lune, Mantova 2005; Il pensiero pendolare, Il Mulino, Bologna 2006; Il pensiero delle cose, Apogeo, Milano 2007; Gola. La passione dell'ingordigia, Il Mulino, Bologna 2008; Le piccole cose di Natale, Novara, Interlinea, 2008]

 

Uno dei massimi segnali di ipocrisia che si possano vedere al mondo sono i "monumenti ai caduti" (della tale o talaltra guerra, talvolta "di tutte le guerre"). Ipocriti perche' i governanti di tutti i tempi e di tutti i paesi prima dichiarano le guerre e le fanno combattere, organizzando al tavolino i massacri, e poi piangono i morti, di ognuno dei quali si dice che ha lottato per il suo paese. Nelle guerre i "caduti" sono sempre militari; quelli che cadono ma non portano la divisa si chiamano vittime "civili". L'assurdo e' poi che le vittime civili sono "innocenti", quindi quelle militari sono presumibilmente "colpevoli" oltre che incivili: eppure e' a queste ultime che si elevano i monumenti.

Il fatto e' che questa distinzione tra militari e civili nel senso di colpevoli e innocenti non funziona; ma non perche' anche gli innocenti meritino il loro monumento (del quale farebbero volentieri a meno) ma semplicemente perche' in guerra non ci sono colpevoli e innocenti, ci sono solo vittime, e se colpevoli ci sono non sono i soldati (quelli di leva; per i mercenari il discorso e' diverso), e nemmeno i loro graduati, bensi' i politici che per pretesti vari decidono di ricorrere alla violenza delle armi detta anche assassinio legale.

Tutto questo, si dice oggi orgogliosamente, non vale per le democrazie; le democrazie non si fanno la guerra tra di loro perche' sono in grado di risolvere conflitti e incomprensioni a livello parlamentare e diplomatico. Questo e' abbastanza vero (nel secondo dopoguerra uno dei rari casi di guerra tra democrazie fu quella tra il Regno Unito e l'Argentina per la sovranita' sulle isole Falkland/Malvinas, sempre che l'Argentina del 1982 potesse essere considerata democrazia). Ma attenzione: le democrazie non si fanno la guerra tra di loro ma non e' che non fanno proprio nessuna guerra: si accaniscono appassionatamente contro gli stati non democratici perche' con quelli, dicono, non si puo' trattare ne' accordarsi a livello diplomatico. Un bel bombardamento, e via da un paese (non democratico) per dedicarsi al prossimo. In questo modo si investe in armamenti e si risparmia in monumenti.

 

9. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. CARLO SCHENONE: MORIRE DI GUERRA

[Ringraziamo Carlo Schenone (per contatti: schenone at email.it) per questo intervento.

Carlo Schenone e' da molti anni a Genova una delle figure piu' impegnate nella riflessione sulla nonviolenza e nella pratica di essa nei movimenti e nei conflitti sociali, particolarmente attivo nella formazione; con una lunga, ampia e qualificata esperienza sia di impegno politico e sociale di base, sia di rappresentanza nelle istituzioni, sia di intervento meditato e propositivo nelle sedi organizzative e di coordinamento, di dibattito e decisionali, dei movimenti per i diritti; ha partecipato attivamente al Comitato contro la Mostra navale bellica che nel giro di alcuni anni ha fatto si' che la citta' di Genova rifiutasse il ripetersi biennale della Mostra navale italiana; e' stato incaricato nazionale del settore "pace, nonviolenza e solidarieta'" degli scout dell'Agesci, capogruppo di "Democrazia e partecipazione" nel consiglio comunale di Genova, gia' segretario nazionale delle Forze nonviolente di pace, docente al master "Gestione dei conflitti interculturali ed interreligiosi" dell'Universita' di Pisa, docente al corso di laurea specialistica in Scienze della pace dell'Universita' di Pisa. Cfr. anche l'intervista nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 249]

 

La tua mano esce dal fango

come ramo secco d'inverno

e' il tuo corpo freddo che piango

un richiamo sordo in eterno.

 

Hai lasciato strapparti ai bambini

da chi ruba la vita di tanti

raccontando di patrie e confini

seminando terrore e rimpianti.

 

Il tuo amore ancora ti aspetta

la tua morte ancora non sa

i tuoi figli le devon dar retta

fino a quando non torna papa'.

 

Quanta assurda Storia contiene

chi sacrifica cio' che piu' vale

ingannando chi crede nel bene

costringendolo a fare del male.

 

10. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. GIOVANNI ENRICO VESCO: ALLE VITTIME DELLE GUERRE

[Ringraziamo Giovanni Enrico Vesco (per contatti: Ass.Lavoro at regione.liguria.it) per questo intervento.

Giovanni Enrico Vesco e' assessore della Regione Liguria. "Sono nato nel 1965 ad Arcola (La Spezia) e sono entrato giovanissimo nella Fgci iniziando cosi' la militanza nel Partito Comunista Italiano. Dopo la Bolognina, contrario allo scioglimento del Pci, mi sono iscritto a Rifondazione. Dal 1996 al 2001 sono stato segretario particolare dell'onorevole Nerio Nesi prima alla presidenza della Commissione Attivita' Produttive della Camera dei Deputati e successivamente al Ministero dei Lavori Pubblici. Nel 1998, in disaccordo con la rottura del centrosinistra, ho aderito al Partito dei Comunisti Italiani e dal gennaio 2004 ne sono segretario regionale in Liguria. Nel 2005 sono diventato assessore regionale alle Politiche attive del Lavoro e alle Politiche dell'Immigrazione, deleghe alle quali si e' aggiunta quella ai Trasporti nel 2008. Dopo la vittoria elettorale alle regionali del 2010 sono stato confermato in questo ruolo"]

 

Il quattro novembre il nostro Paese celebra la Giornata dell'Unita' Nazionale e delle Forze Armate in ricordo dell'Armistizio che pose fine alla prima guerra mondiale.

Eppure, a giudicare dalle sfilate delle divise in Via dei Fori Imperiali, cio' che si festeggia non e' la fine di un evento che, secondo le stime piu' accreditate, e' costato 650.000 morti e un milione di feriti soltanto al nostro Paese.

Sarebbe semplice ragionare sul fatto che le parate militariste non possono rendere onore ne' giustizia ai cittadini italiani mandati a morire al fronte come carne da macello per le brame territoriali dei Savoia e per colpa di una classe politica sostanzialmente insensibile rispetto ai bisogni della popolazione ma pronta a servirsi dei "figli della Patria" per sacrificarli alla gloria delle frontiere.

Basta vedere, anche nei paesi piu' piccoli, i monumenti ai caduti con il loro elenco impressionante di nomi per renderci conto del tributo di sangue che e' stato versato. I pochi che hanno dato la vita per loro scelta non possono oscurare il sacrificio dei molti, dei troppi, che non potevano decidere alcunche'. Ma soprattutto non possono essere utilizzati per avvalorare il tentativo, piu' o meno cosciente, di espungere l'opposizione alla guerra dalla memoria collettiva.

Una celebre canzone del 1916, entrata a pieno titolo nella nostra tradizione popolare, ci ricorda meglio di molti saggi storici come nella prima guerra mondiale "si muore gridando assassini" per un maledetto lembo di terra e, quindi, come la coscienza antimilitarista fosse gia' allora diffusa al fronte e tra le classi popolari.

Eppure esiste una retorica che ha trasformato in eroi i soldati costretti nelle trincee, privati della loro umanita' e spinti a combattere con i fucili degli ufficiali puntati alla schiena. Probabilmente la stessa che oggi propaganda come "missioni di pace" alcuni conflitti internazionali.

Oggi la giornata el 4 novembre puo' avere un senso solo se ci aiuta a ricordare i soldati caduti e mutilati, i nomi incisi nei cippi e nelle lapidi delle nostre citta', i corpi che affollano i sacrari militari e ci ammoniscono continuamente sul reale significato della guerra. E il modo migliore per onorare quelle persone e' l'impegno a evitare altri conflitti, a non spendere miliardi per nuovi armamenti in un momento in cui per gran parte della popolazione mondiale i bisogni vitali non sono soddisfatti e in Italia ci vengono vergognosamente prospettati come inevitabili i tagli allo stato sociale, lo smantellamento dei servizi pubblici e la svendita del patrimonio statale.

Il 4 novembre va dedicato alle vittime delle guerre, ai civili massacrati, ai morti inconsapevoli e a quanti combatterono pensando: "dolorosa ci fu la partenza e il ritorno per molti non fu".

 

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OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE

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Numero 26 del primo novembre 2011

 

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