Telegrammi. 711



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 711 del 17 ottobre 2011

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

 

Sommario di questo numero:

1. Solo con la nonviolenza

2. Maria G. Di Rienzo: Ogni vittima ha il volto di Abele, e la maggioranza delle vittime ha un volto di donna

3. Un appello del Movimento Nonviolento, di Peacelink e del Centro di ricerca per la pace di Viterbo per il 4 novembre: Ogni vittima ha il volto di Abele

4. Pasquale De Sole: 4 novembre, in ricordo delle vittime di tutte le guerre

5. Mario Di Marco: Un giorno mio padre mi racconto'...

6. Domenico Gallo: 4 novembre, onorare i caduti, non celebrare la morte

7. Daniele Lugli: "Il rifiuto della guerra e' la condizione preliminare per un nuovo orientamento"

8. Mario Pancera: 4 novembre 1918. Vita e morte contadina

9. Alessandro Pizzi: "Si svuotino gli arsenali, si riempiano i granai"

10. Segnalazioni librarie

11. La "Carta" del Movimento Nonviolento

12. Per saperne di piu'

 

1. EDITORIALE. SOLO CON LA NONVIOLENZA

 

Solo con la nonviolenza puo' vincere la lotta delle oppresse e degli oppressi per la vita, la dignita' e i diritti di ogni essere umano e per la preservazione della biosfera, casa comune dell'umanita' intera. Solo con la nonviolenza.

 

2. EDITORIALE. MARIA G. DI RIENZO: OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE, E LA MAGGIORANZA DELLE VITTIME HA UN VOLTO DI DONNA

[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per questo intervento.

Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005; (a cura di), Voci dalla rete. Come le donne stanno cambiando il mondo, Forum, Udine 2011. Cfr. il suo blog lunanuvola.wordpress.com Un piu' ampio profilo di Maria G. Di Rienzo in forma di intervista e' in "Notizie minime della nonviolenza" n. 81; si veda anche l'intervista in "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 250, e quella nei "Telegrammi" n. 425]

 

Gli attuali conflitti armati producono ormai il 90% di vittime fra i civili (dati delle Nazioni Unite), in maggioranza donne e bambine/i. Donne e bambine negli scenari di guerra sono soggette a svariate forme di violenza sessuale, spesso agite sistematicamente per raggiungere scopi militari o politici. Le donne sono le prime a soffrire per il crollo delle infrastrutture, mentre lottano per aver cura delle loro famiglie e tenerle insieme. Anche quando la guerra e' finita, l'impatto della violenza sessuale persiste: gravidanze indesiderate, malattie a trasmissione sessuale, stigmatizzazione. E le aggressioni sessuali possono continuare o persino aumentare in un dopoguerra, alimentate dall'impunita'. A braccetto con la discriminazione e le leggi che sanciscono diseguaglianza, la violenza sessuale impedisce alle donne di accedere all'istruzione, di diventare economicamente indipendenti e di partecipare alle decisioni collettive.

E sebbene contribuiscano in maniera decisiva alla costruzione di pace - come il conferimento del Premio Nobel per la Pace ha riconosciuto quest'anno - continuano ad essere scarsamente rappresentate nei processi formali: nelle piu' recenti negoziazioni post-conflitto le donne sono state meno dell'8% dei partecipanti e meno del 3% dei firmatari, e nessuna donna e' stata investita del ruolo di mediatrice nei colloqui di pace sponsorizzati dalle Nazioni Unite. Naturalmente questo serve a non rispondere alle loro preoccupazioni: la violenza sessuale e di genere che subiscono, i diritti umani che sono loro negati.

Il militarismo e' un'ideologia che privilegia la risposta violenta alle controversie e la "superiorita'" maschile, e non si limita a sfilare in parata il 4 novembre: influenza il modo in cui vediamo le nostre famiglie, i nostri vicini di casa, le societa' di cui siamo parte, popoli e paesi diversi dai nostri. Influenza persino il modo in cui vogliamo essere pacifisti (o crediamo di esserlo): troppe persone credono ancora che la pace sia qualcosa da ottenere esclusivamente "fuori" e non cominciano mai a costruirla nelle proprie case e nelle proprie relazioni.

Il militarismo diffonde armi "leggere" come droga per la sicurezza, e le donne muoiono di queste armi domestiche; idealizza ed esalta il combattimento come caratteristica degli "uomini veri", e le donne muoiono per mano di questi esemplari di successo della mascolinita'; occupa i territori con le sue infrastrutture, distruggendo tutto cio' che puo' ostacolarlo, e attorno ad esse la violenza sessuale si diffonde a macchia d'olio: il militarismo non puo' riconoscere una donna se non come "riposo del guerriero" o "bottino di guerra".

Ogni vittima ha il volto di Abele, e la maggioranza delle vittime ha un volto di donna.

 

3. INIZIATIVE. UN APPELLO DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO, DI PEACELINK E DEL CENTRO DI RICERCA PER LA PACE DI VITERBO PER IL 4 NOVEMBRE: OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE

[Riproponiamo il seguente appello]

 

Intendiamo proporre per il 4 novembre l'iniziativa nonviolenta "Ogni vittima ha il volto di Abele".

Proponiamo che il 4 novembre si realizzino in tutte le citta' d'Italia commemorazioni nonviolente delle vittime di tutte le guerre, commemorazioni che siano anche solenne impegno contro tutte le guerre e le violenze.

Affinche' il 4 novembre, anniversario della fine dell'"inutile strage" della prima guerra mondiale, cessi di essere il giorno in cui i poteri assassini irridono gli assassinati, e diventi invece il giorno in cui nel ricordo degli esseri umani defunti vittime delle guerre gli esseri umani viventi esprimono, rinnovano, inverano l'impegno affinche' non ci siano mai piu' guerre, mai piu' uccisioni, mai piu' persecuzioni.

*

Queste iniziative di commemorazione e di impegno morale e civile devono essere rigorosamente nonviolente. Non devono dar adito ad equivoci o confusioni di sorta; non devono essere in alcun modo ambigue o subalterne; non devono prestare il fianco a fraintendimenti o mistificazioni. Queste iniziative di addolorato omaggio alle vittime della guerra e di azione concreta per promuovere la pace e difendere le vite, devono essere rigorosamente nonviolente.

Occorre quindi che si svolgano in orari distanti e assolutamente distinti dalle ipocrite celebrazioni dei poteri armati, quei poteri che quelle vittime fecero morire.

Ed occorre che si svolgano nel modo piu' austero, severo, solenne: depositando omaggi floreali dinanzi alle lapidi ed ai sacelli delle vittime delle guerre, ed osservando in quel frangente un rigoroso silenzio.

Ovviamente prima e dopo e' possibile ed opportuno effettuare letture e proporre meditazioni adeguate, argomentando ampiamente e rigorosamente perche' le persone amiche della nonviolenza rendono omaggio alle vittime della guerra e perche' convocano ogni persona di retto sentire e di volonta' buona all'impegno contro tutte le guerre, e come questo impegno morale e civile possa concretamente limpidamente darsi. Dimostrando che solo opponendosi a tutte le guerre si onora la memoria delle persone che dalle guerre sono state uccise. Affermando il diritto e il dovere di ogni essere umano e la cogente obbligazione di ogni ordinamento giuridico democratico di adoperarsi per salvare le vite, rispettare la dignita' e difendere i diritti di tutti gli esseri umani.

*

A tutte le persone amiche della nonviolenza chiediamo di diffondere questa proposta e contribuire a questa iniziativa.

Contro tutte le guerre, contro tutte le uccisioni, contro tutte le persecuzioni.

Per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

*

Movimento Nonviolento

per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

Peacelink

per contatti: e-mail: info at peacelink.it, sito: www.peacelink.it

Centro di ricerca per la pace di Viterbo

per contatti: e-mail: nbawac at tin.it, web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

4. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. PASQUALE DE SOLE: 4 NOVEMBRE, IN RICORDO DELLE VITTIME DI TUTTE LE GUERRE

[Ringraziamo Pasquale De Sole (per contatti: p.desole at rm.unicatt.it; pasqualedesole at gmail.com) per questo intervento.

Pasquale De Sole (1944) e' professore di Biochimica clinica presso la Facolta' di Medicina e Chirurgia dell'Universita' Cattolica del Sacro Cuore; attualmente in pensione, ha coniugato nel corso di piu' di quaranta anni di attivita' biomedica le ragioni del suo impegno scientifico con quelle dell'impegno sociale in una visione olistica della realta' capace di trovare le giustificazioni dell'impegno sociale-politico in una sorta di "imperativo biochimico" cui non e' estranea la visione religiosa del mondo. Per circa trenta anni ha attivamente sensibilizzato l'ambiente universitario alle drammatiche situazioni di numerosi casi di vittime di tortura costituendo dei gruppi di pressione attiva operanti in loro favore. Negli anni '90 ha guidato un significativo movimento universitario e sanitario impegnato a favore delle popolazioni dei Balcani, vittime di una assurda guerra. Dal 2001 e' presidente dell'Auci (Associazione Universitaria per la Cooperazione Internazionale), Ong attiva in progetti di cooperazione in Africa ed Europa (www.auci.org). Insieme all'impegno sociale ha sviluppato anche quello politico, anche se non in forma partitica; in particolare ha promosso e guidato negli anni '90 un Comitato per la difesa della Costituzione intitolato a Giuseppe Lazzati e da qualche anno e' coordinatore della Sezione romana dell'Associazione "Citta' dell'uomo" (www.cittadelluomo.it)]

 

Novembre e' il mese in cui lentamente cadono le foglie degli alberi che si preparano ad una nuova vita. E' il mese dei morti tanto caro alla nostra tradizione popolare, un mese nel quale naturalmente, direi quasi per vocazione, siamo chiamati alla riconciliazione tra passato e presente, in un grande abbraccio dell'umanita' tutta.

Cosi' e' e cosi' dovrebbe essere, se non che la scena della nostra vita e' ancora funestata da tante stragi sparse per il mondo che rendono purtroppo vano il sangue versato nel nostro passato.

Percorrendo le strade di ogni paese nei vari continenti si incontrano ovunque monumenti ai caduti; a leggere quei nomi e a riflettere su quelle date di nascita e di morte troppo ravvicinate, siamo scossi da un brivido freddo e oppressi da una profonda amarezza. Quante vite distrutte, ideali delusi, sogni infranti; quante energie sprecate, quanti insegnamenti rimasti inascoltati!

Ascoltiamo i nostri morti, soprattutto le giovani vittime di inutili stragi e allora saremo, forse, capaci di trovare l'energia ed il vigore necessari per costruire un mondo ove trionfi la vita, la giustizia e la pace nella condivisione solidale di tutti i suoi figli.

 

5. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. MARIO DI MARCO: UN GIORNO MIO PADRE MI RACCONTO'...

[Ringraziamo Mario Di Marco (per contatti: mdmsoft at tin.it) per questo intervento.

Mario Di Marco, ingegnere, insegnante, gia' obiettore di coscienza al servizio militare, responsabile delle persone in servizio civile presso la Caritas diocesana di Viterbo, impegnato in molte iniziative di pace, solidarieta', nonviolenza, e' da sempre uno dei fondamentali punti di riferimento a Viterbo per tutte le persone di volonta' buona; si veda anche l'ampia intervista in "Coi piedi per terra" n. 292, che contiene anche la seguente breve notizia autobiografica: "Cinquantenne, sposato, due figli, una madre invalida, insegnante e ingegnere informatico, obiettore di coscienza al servizio militare (e per alcuni anni obiettore alle spese militari), responsabile attuale e formatore nel servizio civile della Caritas di Viterbo. Da sempre inserito e impegnato nel mondo ecclesiale, alcune esperienze politiche nel movimento per la democrazia La Rete e nel comitato per la difesa della Costituzione, ha collaborato con il Centro di ricerca per la pace ad alcune azioni nonviolente. Globalmente una vita povera di fede ed opere"]

 

Il quatto novembre era una giornata di festa, quando, da bambino, mi portavano a visitare le caserme e per la prima volta mi alzavo da terra su un affascinante elicottero militare. Poi un giorno mio padre mi racconto' di quando, partito per la campagna d'Albania, si ritrovo' una notte in mezzo al fango e, alla luce della luna, intravedeva i suoi compagni a terra che, pensando dormissero, inutilmente invitava a rialzarsi. "La guerra e' sempre una brutta bestia" fu la conclusione del suo racconto e di tutti quelli che mi narro' successivamente. Non era antimilitarista o nonviolento, finita la guerra scelse di fare il poliziotto, ma sicuramente i suoi racconti furono importanti nel determinare la mia scelta di obiezione di coscienza di qualche anno dopo. Oggi il 4 novembre non e' piu' per me una festa, ma uno dei giorni che piu' cinicamente e ipocritamente simboleggiano l'assurdita' di un popolo che espone i propri strumenti di morte chiamandoli strumenti di pace, l'assurdita' di un popolo che fa salutare dalle proprie massime istituzioni un esercito che sta oggi calpestando uno dei primi articoli della propria Costituzione. Il 4 novembre dovrebbe ricordare la fine di una guerra e commemorare le vittime di quella e di tutti gli altri conflitti ed invece sara' come sempre un'atroce e stupida manifestazione di forza. Chi, come noi, ha responsabilita' educative, ha il dovere di raccontare un'altra storia, come fece mio padre tanti anni fa.

 

6. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. DOMENICO GALLO: 4 NOVEMBRE, ONORARE LE VITTIME, NON CELEBRARE LA MORTE

[Ringraziamo Domenico Gallo (per contatti: domenico.gallo at gmail.com) per questo intervento.

Domenico Gallo, illustre giurista, e' nato ad Avellino nel 1952, magistrato ed acuto saggista, gia' parlamentare, tra gli animatore dell'Associazione nazionale giuristi democratici; tra i suoi scritti segnaliamo particolarmente: Dal dovere di obbedienza al diritto di resistenza, Edizioni del Movimento Nonviolento, Perugia 1985; Millenovecentonovantacinque, Edizioni Associate, Roma 1999; (a cura di, con Corrado Veneziano), Se dici guerra umanitaria. Guerra e informazione. Guerra all'informazione, Besa, 2005; (a cura di, con Franco Ippolito), Salviamo la Costituzione, Chimienti, Taranto 2006. Vari suoi scritti sono disponibili nel sito www.domenicogallo.it]

 

Come tutti sanno il 4 novembre, anniversario della fine della prima guerra mondiale, ricorre la festa delle forze armate e dell'unita' nazionale.

In linea di principio non c'e' niente di strano che un paese celebri una festa delle proprie forze armate per ricordare i caduti di tutte le guerre e non c'e' niente di strano che in Italia questa data venga fissata proprio il 4 novembre, anniversario della resa dell'esercito austriaco e quindi della fine della prima guerra mondiale.

Tuttavia e' innegabile che, in Italia, questa festa sconta un peccato originale. Essa e' stata istituita, all'indomani della guerra, per celebrare la cosiddetta "vittoria" di Vittorio Veneto, sotto la spinta dell'esigenza di elaborare il lutto, secondo il vecchio schema della retorica patriottica, trasformando la morte in "sacrificio", in offerta generosa delle vita per la salute della collettivita'. Per questo e' stato inventato il rito del "milite ignoto", che e' stato tumulato nel sacello dell'Altare della Patria il 4 novembre 1921.

Nella prima meta' del secolo scorso le nostre piazze e le nostre chiese, i nostri municipi si sono ammantati di lapidi che "celebravano" il sacrificio dei nostri combattenti, caduti per la Patria. Nello stesso tempo quelle lapidi, chiudevano la bocca ad ogni dissenso che potesse mettere in discussione i meccanismi della politica e del potere che quelle morti avevano prodotto.

Morire per la Patria era un evento sacro e generoso: solo con questa trasfigurazione ideologica della morte si poteva rendere accettabile alla coscienza collettiva il peso insostenibile del dolore che aveva devastato la vita di quasi tutte le famiglie italiane (dal momento che la grande guerra aveva prodotto circa 750.000 morti, il doppio dei caduti che si sarebbero avuti con la seconda guerra mondiale).

Se nella seconda meta' del secolo scorso quelle lapidi non sono state piu' erette, ed il culto della morte non e' stato piu' celebrato, cio' e' avvenuto perche' la politica (e la Costituzione) lo ha impedito. Proprio questo vuol dire il ripudio della guerra: che la morte e' stata tolta dagli utensili della politica, che deve perseguire i propri legittimi obiettivi con mezzi diversi dalla violenza bellica.

Sotto l'egida della Costituzione repubblicana, il mutato clima culturale, politico ed istituzionale ha trasformato il senso delle celebrazioni del 4 novembre rispetto all'impostazione originaria.

Senonche' da alcuni anni la situazione e' cambiata, con l'avvento al Governo di un ceto dirigente portatore di una cultura politica apertamente confliggente con i valori costituzionali, ivi compreso il piu' importante, il ripudio della guerra.

E' quindi diventato concreto il rischio di tornare alle origini e di trasformare nuovamente il 4 novembre in un momento di celebrazione della morte e di glorificazione della guerra: insomma una festa anti-ripudio della guerra.

Il 4 novembre bisogna reagire alla fanfara suonata dai pifferai del nichilismo oggi al potere, confrontandosi con la memoria storica e mettendo a nudo la falsita' dei miti con i quali si e' corrotta in passato e, oggi, si sta tentando di nuovo di corrompere la coscienza collettiva.

Bisogna ricordare che quella guerra e' uscita fuori da ogni schema razionale e che il progresso scientifico applicato all'arte della guerra ha trasformato il conflitto bellico in sterminio di massa ed ha aperto la strada ai fascismi del XX secolo, ad ulteriori barbarie e ad altri olocausti.

Non si deve dimenticare, ma bisogna di nuovo fare lezione dalle tragedie del passato per evitare che si ripetano nel nostro futuro.

La ricorrenza del 4 novembre deve essere utilizzata, non per glorificare la guerra "per la Patria", ma per celebrare la fine dell'orrendo massacro che ha insanguinato l'Europa e per riproporre l'impegno a salvare le generazioni future dal flagello della guerra che, nel secolo scorso, come recita il preambolo della Carta delle Nazioni Unite, per ben due volte, nel corso della stessa generazione ha causato sofferenze indicibili all'umanita'.

 

7. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. DANIELE LUGLI: "IL RIFIUTO DELLA GUERRA E' LA CONDIZIONE PRELIMINARE PER UN NUOVO ORIENTAMENTO"

[Ringraziamo Daniele Lugli (per contatti: daniele.lugli at libero.it, d.lugli at alice.it) per questo intervento.

Daniele Lugli, nato a Suzzara (Mn) nel 1941, risiede a Ferrara; laureato in giurisprudenza, e' Difensore civico della Regione Emilia Romagna. Presidente emerito del Movimento Nonviolento, figura storica della nonviolenza, unisce a una lunga e limpida esperienza di impegno sociale e politico anche una profonda e sottile competenza in ambito giuridico ed amministrativo, ed e' persona di squisita gentilezza e saggezza grande. "Ho conosciuto Aldo Capitini all'indomani della Marcia del '61. Ero un lettore dei suoi scritti fin dal Ginnasio per indicazione di un compagno di studi figlio di un professore, amico di Capitini e di Baglietto, studente alla Normale di Pisa quando Capitini ne era segretario. Da allora mi sono impegnato nel Gruppo di Azione Nonviolenta che, guidato e spronato da Piero Pinna, ha dato impulso all'azione per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e in altre attivita' del Movimento. Come Difensore civico, come si potrebbe vedere anche dal mio sito, mi occupo dei diritti dei cittadini e in particolare di chi ne ha piu' bisogno: minori, immigrati, privati della liberta', disabili... Aldo diceva che il cittadino a contatto con le istituzioni era rimandato da Erode a Pilato. Come Difensore mi sforzo di evitarlo". Per una piu' ampia informazione riportiamo la seguente scheda: "Daniele Lugli, nato a Suzzara (Mn) il primo settembre 1941. Residente a Ferrara. Laureato in Giurisprudenza, con lode, presso l'Universita' degli studi di Ferrara, nel 1964. Abilitato all'insegnamento di materie giuridiche ed economiche. Avvocato. Difensore Civico della Regione Emilia-Romagna dal maggio 2008. Gia' presidente nazionale del Movimento Nonviolento, fondato da Aldo Capitini nel 1961. Si occupa, operando in Associazioni senza fini di lucro, particolarmente di questioni inerenti i diritti umani, la pace, la trasformazione dei conflitti, la partecipazione, l'ambiente, la qualita' della vita. E' stato portavoce del Forum del III Settore della provincia di Ferrara tra associazioni, cooperative sociali e volontariato. E' stato componente del Comitato regionale di indirizzo dell'Azienda ospedaliera-universitaria S. Anna di Ferrara. E' stato componente del Comitato etico dell'Arcispedale S. Anna. E' stato componente del Collegio dei Garanti del Comune di Ferrara. Ha svolto attivita' di consulenza giuridica ed organizzativa nei confronti prevalentemente di Enti locali e gestori di Servizi pubblici. Ha prestato attivita' di docenza in materie giuridiche, organizzative e sociali in generale in vari corsi, di differenti istituzioni, indirizzati a diverse tipologie di utenti, particolarmente operatori. Ha svolto attivita' di formazione rivolta agli obiettori e successivamente ai volontari del Servizio Civile Volontario, nonche' agli Olp del medesimo Servizio Civile Volontario. Gia' Dirigente dell'Amministrazione provinciale di Ferrara, presso la quale ha lavorato per oltre un trentennio. Ha collaborato per un decennio negli anni '70 alla cattedra di Sociologia dell'Educazione della Facolta' di Magistero (ora Lettere e Filosofia) dell'Universita' degli Studi di Ferrara. Ha ricoperto incarichi amministrativi, in particolare come Assessore alla Pubblica Istruzione nei Comuni di Codigoro e Ferrara. Ha presieduto la Commissione per l'ammissione dei quesiti referendari presso il Comune di Comacchio; il Collegio arbitrale per le questioni attinenti la disciplina del personale del Comune e della Provincia di Ferrara; la Commissione Mista Conciliativa dell'Ausl e dell'Azienda ospedaliera di Ferrara; la Commissione, formata da Comune, Universita', Azienda ospedaliera-universitaria, Azienda Unita' sanitaria locale di Ferrara, sulla realizzazione della struttura Ospedaliera-Universitaria, nuovo S. Anna, a Cona. Ha predisposto il primo testo di Statuto del Comune di Comacchio e dei Regolamenti di Contabilita' e Contratti. E' stato insignito, dal Presidente Sandro Pertini, del titolo di Ufficiale della Repubblica". Cfr. anche la recente ampia intervista nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 278]

 

La data del 4 novembre ha senso solo se vista in prosecuzione del 2 novembre, quando riportiamo mente e cuori ai morti, anche visitando i cimiteri; solo se sentiamo vicinanza alle innumerevoli vittime dell'atrocita' della guerra; solo se ricordiamo la data come conclusione di una strage piu' che "inutile": distruttiva e foriera di ulteriori distruzioni; solo se la sottraiamo alla insopportabile retorica, che nel 1965 - era il cinquantesimo - giunse fino alla celebrazione del 24 maggio (poiche' si amano gli anniversari tondi nel 2015 il rischio potrebbe riproporsi); solo se ci impegna a operare contro la guerra e la sua preparazione.

Prenderei sul serio l'ammonimento di Aldo Capitini: "Il rifiuto della guerra e' la condizione preliminare per un nuovo orientamento".

Bisogna andare indietro nel tempo per cogliere una consapevolezza di questa "condizione preliminare". Sta nel preambolo della Carta dell'Onu: "Noi popoli delle Nazioni Unite, decisi  a salvare le future generazioni dal flagello della guerra, che per due volte nel corso di questa generazione ha portato indicibili afflizioni all'umanita'...". Sta nell'art. 11 della nostra Costituzione, che non ci stanchiamo di rileggere: "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla liberta' degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parita' con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranita' necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo".

Dice Ernesto Rossi alla Marcia Perugia-Assisi del '61 nel modo incisivo e diretto che gli era proprio: "Avverto, amici, che io non parlo come uomo rappresentante di alcuna parte politica. Parlo solamente nella mia qualita' di uomo, uomo che ha fatto l'esperienza della prima guerra mondiale e ha perso il suo fratello maggiore in trincea durante la prima guerra mondiale e i suoi migliori amici. Ho combattuto come volontario nella prima guerra mondiale, perche' volevo contribuire ad abbattere il militarismo tedesco... Riconosco che questa e' stata una mia illusione, che non si puo', come e' stato detto giustamente qui, combattere l'odio con l'odio. Dalla prima guerra mondiale, invece di una pace che mettesse fine a tutte le guerre, e' uscita la Societa' della Nazioni che e' stata una truffa per tutti coloro che aspettavano un organismo capace di allontanare le guerre dall'orizzonte dell'umanita'...".

Ritroviamo questa consapevolezza e questo impegno per la pace e la fratellanza tra i popoli nell'intervento di Mao Valpiana, presidente del Movimento Nonviolento, conclusivo della Marcia Perugia-Assisi del 2011 (video in http://www.youtube.com/watch?v=eEpUxwlLFvs ).

Cosi' potremo con Capitini dire: "Ritorno dalle tombe nel novembre, consapevole".

 

8. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. MARIO PANCERA: 4 NOVEMBRE 1918. VITA E MORTE CONTADINA

[Ringraziamo Mario Pancera (per contatti: mariopancera at interfree.it) per questo intervento.

Mario Pancera si e' occupato di arte e letteratura per numerose testate tra cui "Oggi", "Domenica del Corriere", "la Repubblica", "La Stampa" e il mensile "Arte", di cui e' stato direttore. Ha collaborato al quindicinale "Adesso" di Primo Mazzolari. Ha insegnato nella Scuola di specializzazione in comunicazioni sociali dell'Universita' Cattolica di Milano. Ha pubblicato tra l'altro La guerra e' schiavitu', La Locusta, 1966; I nuovi preti, Sperling e Kupfer, 1976; Conversazioni con Bettazzi, La Locusta, 1978; Tra fede e rivoluzione, Rusconi, 1981; San Pietro, Rusconi, 1981; Lorenzo Milani, Edizioni Paoline, 1987; Il design oggi, con M. C. Tommasini, Edizioni Giorgio Mondadori, 1993; Vite scolpite, Simonelli, 1999; La morte assurda di Ottone Rosai, Acquaviva, 2003; Primo Mazzolari e "Adesso" 1949-1951, Edizioni Messaggero di Padova, 2005; Le donne di Marx, Rubbettino, 2007. Ha tradotto Lettera a un giovane cattolico di Heinrich Boell, La Locusta, 1968]

 

Un giorno trovai in un vecchio mobile di casa una borraccia militare, ovoidale, rivestita da un panno grigioverde. Avevo cinque o sei anni e mio padre mi spiego' che serviva per contenere acqua, e il panno bagnato per mantenerla fresca piu' a lungo. Anni dopo, avevo tredici anni, era il 1943, scoprii in un altro mobile, in mezzo alle lenzuola pulite e ben piegate, una pistola Luger, tedesca, lunga e pesante: non dissi niente, la rimisi al suo posto, ma tenni sempre in me la paura che fosse scoperta, fino al 25 aprile 1945. La nostra casa, in paese, infatti, era stata parzialmente requisita dai fascisti: ci furono imposti prima un ufficiale repubblichino, poi un soldato tedesco, il quale aveva l'eta' di mio padre e ci mostrava con nostalgia le foto della sua famiglia contadina in Pomerania.

La borraccia e la Luger le aveva portate a casa mio padre dal servizio militare durante la prima guerra mondiale, finita il 4 novembre 1918, quando lui aveva da poco compiuto 21 anni. Aveva fatto l'autiere in montagna - mi diceva sorridendo in uno strampalato francese: "Attention viras" - cioe' guidava i camion che portavano i soldati al fronte e riportava indietro quelli che restavano. Aveva fatto cosi' per circa tre anni. Con lui erano stati chiamati a fare la guerra in trincea i suoi due fratelli maggiori; la loro sorella era rimasta a casa, lavorava in filanda. Mio nonno paterno faceva il falegname.

Mio nonno materno e' ricordato su una piccola stele in pietra rossa accanto alla chiesa di un piccolissimo paese: su tre lati ci sono i nomi dei caduti nelle varie guerre. Sul quarto, il suo nome e' l'unico sotto la voce "Dispersi" della prima guerra mondiale. Lavorava per un proprietario terriero, un marchese, che d'inverno viveva in citta' e d'estate aveva un palazzo in campagna. Mio nonno era il suo fattore e aveva sposato la cuoca. Lui aveva i baffi, lei i capelli nerissimi ed era una grande ballerina di mazurka.

Dal matrimonio erano nate due bambine; erano ancora alle elementari quando il loro padre fu richiamato alle armi. Consegno' i conti al padrone, saluto' gli altri contadini, bacio' la moglie e le figlie e, presa la tradotta, arrivo' in Puglia, fu spedito in Albania e fini' nel Montenegro. Li' si dovevano difendere, non la patria e gli italiani, come credeva lui, ma gli interessi delle manifatture private dei tabacchi. C'erano anche soldati francesi, nostri alleati. Una loro cannonata disperse mio nonno: fuoco amico. Succede. La vedova e le orfane ricevettero un foglio dal Comando supremo e una medaglia di bronzo. Piu' tardi, mia nonna ebbe come risarcimento dalla patria la gestione di una rivendita di sali e tabacchi. Succede.

La prima delle due bambine fu accolta in un istituto di suore, che sorgeva in un paese vicino, a due passi dal luogo di lavoro di mio padre. Due volte al giorno le orfanelle, in fila, vestite di blu, accompagnate da due suore vestite di nero, andavano alla scuola pubblica e passavano sul marciapiede davanti al negozio del fornaio. Erano gli anni Venti. Un giorno, l'orfana e il fornaio si innamorarono, si sposarono, ebbero quattro figli. Tre di questi sono i miei fratelli. Questo e' cio' che posso dire della vita e della morte del 4 novembre 1918.

 

9. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. ALESSANDRO PIZZI: "SI SVUOTINO GLI ARSENALI, SI RIEMPIANO I GRANAI"

[Ringraziamo Alessandro Pizzi (per contatti: alexpizzi at virgilio.it) per questo intervento.

Alessandro Pizzi, professore di matematica e fisica, gia' apprezzatissimo sindaco di Soriano nel Cimino (Vt), citta' in cui il suo rigore morale e la sua competenza amministrativa sono diventati proverbiali, e' fortemente impegnato in campo educativo e nel volontariato, ha preso parte a molte iniziative di pace, di solidarieta', ambientaliste, per i diritti umani e la nonviolenza. Ha promosso l'esperienza del corso di educazione alla pace presso il liceo scientifico di Orte. Ha partecipato nel 2001 con i Beati i Costruttori di Pace ad una azione nonviolenta nel Kivu nella Repubblica Democratica del Congo. Ha partecipato all'azione nonviolenta delle "mongolfiere della pace" ideata e organizzata dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo in occasione della guerra nella ex Jugoslavia. Dal 2005 e' assistente volontario nel carcere di Viterbo. Dal 2007 e' uno dei principali animatori del comitato che si oppone al mega-aeroporto a Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo; su sua iniziativa nel 2007 il congresso nazionale del Movimento Nonviolento ha approvato all'unanimita' una mozione per la riduzione del trasporto aereo. Sul tema del trasporto aereo, del suo impatto sugli ecosistemi locali e sull'ecosistema globale, e sui modelli di mobilita' in relazione ai modelli di sviluppo e ai diritti umani, ha tenuto rilevanti relazioni a vari convegni di studio; e rilevanti relazioni ha tenuto in vari convegni scientifici sui temi della sostenibilita' ambientale, delle scelte economiche ecocompatibili, dell'energia, della giustizia globale. Si veda anche una recente intervista in "Coi piedi per terra" n. 340]

 

Aderisco con convinzione alla campagna del Movimento Nonviolento, di Peacelink e del Centro per la ricerca della Pace di Viterbo per il 4 novembre: Ogni vittima ha il volto di Abele.

Ha ragione chi gia' e' intervenuto su questo tema nell'affermare che la guerra deve diventare un tabu'. Dovremmo arrivare al momento in cui la parola "guerra" suscita vergogna.

Sono nato pochi anni dopo la fine della seconda guerra mondiale e sono cresciuto ascoltando i ricordi dei genitori e delle persone piu' grandi. La vita di profughi, i giorni passati nei rifugi. I bombardamenti con i carichi di morte e dolore. Anche a me sembrava di sentire l'odore acre delle bombe esplose miste al sangue. Dai racconti dei piu' grandi emergeva l'assurdita' della guerra, portatrice solo di morte, distruzione, odio e dolore.

Per rispettare la memoria delle vittime dobbiamo capire e riconoscere i meccanismi che portano ai conflitti armati, come l'ideologia nazifascista per l'ultima guerra mondiale, ma anche l'intolleranza verso il diverso, i razzismi, l'insicurezza e la sensazione di mancanza di futuro, l'economia violenta dominante che genera miseria, sterminio per fame e distrugge la biosfera.

La guerra e' un crimine contro l'umanita'. Nella nostra Costituzione il concetto e' chiaro, inequivocabile: "L'Italia ripudia la guerra...".

Sia allora il 4 novembre occasione per ricordare tutte le vittime delle guerre e sia, anche, occasione per iniziare o continuare le iniziative nonviolente per evitare le guerre future, guerre necessarie al mantenimento del dominio dei piu' ricchi sul resto dell'umanita' e necessarie al controllo delle risorse energetiche e materiali.

Dobbiamo chiedere con urgenza a questo governo e alle forze di opposizione un taglio drastico alle spese militari e il ritiro immediato dell'esercito dalle guerre in atto, in Afghanistan e Libia. L'augurio e' che ritorni a levarsi alto e possente il grido "si svuotino gli arsenali, si riempiano i granai".

 

10. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Riletture

- Edgar Morin, Il paradigma perduto. Che cos'e' la natura umana?, Bompiani, Milano 1974, Feltrinelli, Milano 1994, pp. 224.

- Edgar Morin, Indagine sulla metamorfosi di Plodemet, Il Saggiatore, Milano 1969, pp. 334.

- Edgar Morin, I sette saperi necessari all'educazione del futuro, Raffaello Cortina Editore, Milano 2001, 2004, pp. 128.

- Edgar Morin, La testa ben fatta, Raffaello Cortina Editore, Milano 2000, 2004, pp. VIII + 142.

- Edgar Morin, L'uomo e la morte, Newton Compton, Roma 1980, pp. 318.

*

Riedizioni

- Sigmund Freud, L'interpretazione dei sogni, Newton Compton, Roma 1970, 2006, Il sole 24 ore, Milano 2011, pp. 478, euro 4,90 (in supplemento al quotidiano "Il sole 24 ore").

- Domenico Starnone, Via Gemito, Feltrinelli, Milano 2000, Il sole 24 ore, Milano 2011, pp. XVIII + 50, euro 9,90 (in supplemento al quotidiano "Il sole 24 ore").

- Donald W. Winnicott, La famiglia e lo sviluppo dell'individuo, Armando, Roma 1968, Rcs, Milano 2011, pp. XXIV + 262, euro 9,90 (in supplemento al "Corriere della sera").

 

11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

12. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 711 del 17 ottobre 2011

 

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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