Telegrammi. 679



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 679 del 15 settembre 2011

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

 

Sommario di questo numero:

1. Peppe Sini: La marcia Perugia-Assisi, una mobilitazione popolare contro la guerra

2. Sette domande ad Antonio Lombardi

3. Sergio Paronetto: Un decennio di dolore e di guerre

4. Laura Mora Cabello de Alba: Che cos'ha di femminile il movimento 15M?

5. Maria-Milagros Rivera Garretas: Il movimento 15M, la rivoluzione dei figli delle femministe

6. Lea Melandri: La sessualita', questione in se' politica

7. Si e' svolto il 13 settembre a Viterbo un incontro di studio sulla nonviolenza oggi in Italia

8. Segnalazioni librarie

9. La "Carta" del Movimento Nonviolento

10. Per saperne di piu'

 

1. EDITORIALE. PEPPE SINI: LA MARCIA PERUGIA-ASSISI, UNA MOBILITAZIONE POPOLARE CONTRO LA GUERRA

 

Mentre lo stato italiano scelleratamente partecipa alle carneficine afgana e libica, il popolo italiano con la marcia Perugia-Assisi del 25 settembre puo' e deve esprimere una nitida, corale, persuasa, cogente opposizione alla guerra, che richiami governo e parlamento al rispetto della legalita' costituzionale e quindi all'immediata cessazione della partecipazione italiana a quelle atroci carneficine.

La marcia Perugia-Assisi di quest'anno ha questo e solo questo decisivo significato: l'insurrezione morale del popolo italiano contro tutte le stragi, contro tutti gli omicidi.

Percio' tanti distinguo, pusillanimita', ambiguita' delle piu' variopinte burocrazie nulla rilevano.

La marcia e' questo: opposizione integrale alla guerra, riconquista di legalita' e di umanita'.

Percio' e' necessario promuovere la piu' ampia partecipazione.

La quantita' si converte in qualita': la marcia Perugia-Assisi puo' e deve essere la voce e il volto e il braccio del popolo italiano che si oppone alla guerra ed impone allo Stato italiano di cessare di partecipare alla commissione di massacri, impone allo Stato italiano di tornare al rispetto "sine glossa" della Costituzione della Repubblica Italiana.

Cessi immediatamente la partecipazione italiana alle guerre.

Cessi immediatamente la persecuzione razzista dei migranti.

La nonviolenza e' in cammino.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

2. VERSO LA MARCIA PERUGIA-ASSISI. SETTE DOMANDE AD ANTONIO LOMBARDI

[Ringraziamo Antonio Lombardi (per contatti: lombak at libero.it) per questa intervista.

Antonio Lombardi, pedagogista, mediatore dei conflitti e consulente della comunicazione ad orientamento analitico-transazionale, ha fondato in Campania il Centro per la Nonviolenza nei Conflitti (www.cenocon.it) operante nella formazione, consulenza e mediazione. Da circa trenta anni e' membro del movimento internazionale Pax Christi, del quale e' stato consigliere nazionale per due mandati, negli anni ottanta e duemila. Con Pax Christi si occupa principalmente di educazione alla pace, difesa popolare nonviolenta, smilitarizzazione del territorio. Ha pubblicato il quaderno "Introduzione al Training Nonviolento" (collana I Quaderni di Mosaico di Pace, n. 17), il saggio "Educazione alla nonviolenza e Analisi Transazionale" (in Quaderni Satyagraha, n. 19) e il libro "C'era una volta la guerra... L'educazione alla cittadinanza attiva in prospettiva nonviolenta" (Edizioni La Meridiana, Molfetta 2011)]

 

- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' stato il significato piu' rilevante della marcia Perugia-Assisi in questi cinquanta anni?

- Antonio Lombardi: Come ben rammenta il nome stesso di questa rivista telematica, la nonviolenza e' sempre in cammino ed e' sempre un cammino. Ecco, mi piace sottolineare che la Perugia-Assisi, al di la' dell'essenziale valore politico, ha il pregio di aver ricordato per cinquanta anni al nostro Paese che la nonviolenza e' un processo lungo, faticoso, spesso in salita, che necessita di momenti di ristoro e di una grande forza d'animo. Nonviolenti non ci si improvvisa, ma si cresce giorno dopo giorno, esperienza dopo esperienza, passo dopo passo...

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- "La nonviolenza e' in cammino": E cosa caratterizzera' maggiormente la marcia che si terra' il 25 settembre di quest'anno?

- Antonio Lombardi: Rispondo con un auspicio. Vorrei che quest'anno risaltasse in tutta la sua dirompente rilevanza, l'urgenza di mettere mano seriamente in Italia ad un progetto di difesa diverso da quello militare: che sia disarmato, di tutti i cittadini e nonviolento. Dobbiamo imparare a concentrare le forze sulla costruzione dell'alternativa, ancor piu' che lottare per lo smantellamento degli apparati militari (cosa che, peraltro, resta importantissima). Quando la popolazione avra' un'alternativa credibile ed efficace cui aderire, sottrarra' progressivamente il consenso a quelli che oggi appaiono ancora i monopolisti della difesa.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' lo "stato dell'arte" della nonviolenza oggi in Italia?

- Antonio Lombardi: Lo delineerei con tre parole: dedizione, frammentazione, rischio. La dedizione e' quella che generosamente tante nonviolente e nonviolenti, talora senza riflettori tal'altra su strade e piazze delle citta', esprimono con convinzione, preparazione, inventiva ed una buona dose di sacrificio. Ma purtroppo l'universo nonviolento fa ancora fatica a tenersi unito, ad avere un progetto comune pur rispettando le diversita' di sensibilita' e di formazione: ecco, manca un "programma costruttivo" concreto e unitario, cosa che Gandhi riteneva essere essenziale per il successo di un movimento. Il rischio di marginalizzazione della nonviolenza nella cultura, nella politica e, spesso, nell'educazione, e' una delle conseguenze.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quale ruolo puo' svolgere il Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini, e gli altri movimenti, associazioni e gruppi nonviolenti presenti in Italia?

- Antonio Lombardi: Rinvio alla risposta precedente, nel senso che il ruolo puo' essere pregnante nella societa' italiana a condizione di lottare insieme. Davvero insieme. I gruppi sono a servizio della nonviolenza, non viceversa.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quali i fatti piu' significativi degli ultimi mesi in Italia e nel mondo dal punto di vista della nonviolenza?

- Antonio Lombardi: Voglio ricordare, tra le tante, queste lotte nonviolente: il movimento degli Indignados in Spagna; il movimento studentesco in Cile, che lotta contro il modello dell'istruzione che e' ancora quello di Pinochet; l'opposizione della popolazione dell'isola di Jeju (Corea del Sud) alla costruzione di una base militare Usa; la resistenza senza armi dei palestinesi di At-Tuwani alle vessazioni di coloni ed esercito israeliani; la vittoria dei quattro referendum in Italia. La nonviolenza e' davvero in cammino sulle strade del mondo!

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- "La nonviolenza e' in cammino": Su quali iniziative concentrare maggiormente l'impegno nei prossimi mesi?

- Antonio Lombardi: Ricerca di un'analisi ed una prospettiva condivisa tra le associazioni nonviolente; attuazione dell'art. 8 c. 2-e della legge 230/98, che impegna lo Stato a promuovere forme di ricerca e sperimentazione in materia di difesa non armata e nonviolenta; opzione fiscale (difesa armata o difesa nonviolenta); contrasto alle attivita' "formative" e promozionali delle Forze armate nelle scuole e in generale coi bambini ed i giovani, che anno dopo anno trovano ancora troppe porte aperte. Vorrei ricordare che persino al Giffoni Film Festival di quest'anno, la cui platea e' notoriamente formata soprattutto da giovanissimi, e' stato realizzato un collegamento con i militari italiani in Afghanistan, per propinare la consueta minestra dei soldati operatori di pace.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Se una persona del tutto ignara le chiedesse "Cosa e' la nonviolenza, e come accostarsi ad essa?", cosa risponderebbe?

- Antonio Lombardi: Risponderei anzitutto che la nonviolenza e' la sfida del cuore, del coraggio e della creativita' umana - che osano sempre cercare strade per nulla scontate - portata ad una cultura della violenza in generale e della guerra in particolare, oramai apertamente sconfitta nelle sue menzogne. A chi volesse accostarvisi, direi di iniziare a cercarne la bellezza nella propria profondita', confrontandola con le tante "ovvieta'" scoraggianti che avvelenano il nostro animo e ci impediscono di pensare e scegliere in piena autonomia. Comunque, anche leggere una seria biografia di Gandhi mi sembra un ottimo inizio...

 

3. VERSO LA MARCIA PERUGIA-ASSISI. SERGIO PARONETTO: UN DECENNIO DI DOLORE E DI GUERRE

[Ringraziamo Sergio Paronetto (per contatti: paxchristi_paronetto at yahoo.com) per questo intervento dal titolo completo "Un decennio di dolore e di guerre. Nonviolenza e' politica. Da Assisi a Perugia e a tante citta'" e con la nota "Verso la marcia Perugia-Assisi per tornare a Perugia e a tante citta'".

Sergio Paronetto insegna presso l'Istituto Tecnico "Luigi Einaudi" di Verona dove coordina alcune attivita' di educazione alla pace e ai diritti umani. Tra il 1971 e il 1973 e' in Ecuador a svolgere il servizio civile alternativo del militare con un gruppo di volontari di Cooperazione internazionale (Coopi). L'obiezione di coscienza al servizio militare gli viene suggerita dalla testimonianza di Primo Mazzolari, di Lorenzo Milani e di Martin Luther King. In Ecuador opera prima nella selva amazzonica presso gli indigeni shuar e poi sulla Cordigliera assieme al vescovo degli idios (quechua) Leonidas Proano con cui collabora in programmi di alfabetizzazione secondo il metodo del pedagogista Paulo Freire. Negli anni '80 e' consigliere comunale a Verona, agisce nel Comitato veronese per la pace e il disarmo e in gruppi promotori delle assemblee in Arena suscitate dall'Appello dei Beati i costruttori di pace. In esse incontra o reincontra Alessandro Zanotelli, Tonino Bello, Ernesto Balducci, David Maria Turoldo, Desmond Tutu, Rigoberta Menchu', Perez Esquivel, Beyers Naude' e tanti testimoni di pace. Negli anni '90 aderisce a Pax Christi (che aveva gia' conosciuto negli anni Sessanta) del cui Consiglio nazionale e del cui Centro studi fa parte e di cui attualmente e' vicepresidente nazionale. E' membro del Gruppo per il pluralismo e il dialogo e del Sinodo diocesano di Verona. Opere di Sergio Paronetto: La nonviolenza dei volti. Forza di liberazione, Editrice Monti, Saronno (Va) 2004. Una recente intervista a Sergio Paronetto e' nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 433]

 

2001-2011. Dopo tante guerre e imprese armate il mondo non e' piu' sicuro ne' meno spaventato. Si puo' continuare cosi'? Quando comincera' una politica di pace?

Dopo l'11 settembre 2001, le azioni militari in nome dell'"antiterrorismo" hanno provocato circa 250.000 vittime in Iraq e Afghanistan e quasi 7 milioni di profughi. In dieci anni gli Stati Uniti hanno speso tremila miliardi di dollari e perso settemila uomini.

Ad essi bisogna aggiungere quelli della coalizione e tutte le vittime sconosciute di cui nessuno e' mai riuscito a conoscere i nomi o a ricostruire le storie. Quanti morti per "non vincere" il terrorismo, perdere prestigio e aggravare la voragine finanziaria! Che spreco criminale di risorse! Negli Stati Uniti si e' speso il 50% in piu' della guerra vietnamita. Il debito pubblico e' triplicato salendo a 14.000 miliardi di dollari. Per questo Obama ha ingiunto al Pentagono di risparmiare almeno 78 miliardi di dollari entro 15 anni.

Da parte sua l'Italia spende in Afghanistan 700 milioni di euro ogni anno. In Libia, nei primi tre mesi di guerra, ne ha speso altrettanti. Nel frattempo continua il progetto dei cacciabombardieri F 35 (in assemblaggio presso Novara) che ha un costo globale di 15 miliardi di euro.

E' realistico, e' ragionevole, e' umano cambiare logica! Alcuni esperti dicono che l'uso prioritario delle operazioni belliche ha messo in crisi proprio il tradizionale concetto di potenza militare, ritenuta decisiva e risolutiva. In realta' essa non serve a combattere il terrorismo, a prevenire o fermare le guerre che sono a loro volta una forma di terrorismo, colpiscono civili innocenti, alimentano rivendicazioni, frustrazioni e nuove guerre. Occorre uscire dalla spirale della follia!

Molto saggio e' stato ed e' il movimento Peaceful Tomorrows (parte dei genitori delle vittime dell'11 settembre) che si e' sempre opposto alla vendetta e ha costruito una rete di parenti delle vittime di varie stragi e conflitti per affermare la logica della pace da costruire ogni giorno con mezzi di pace, moltiplicando iniziative di riconciliazione nella verita' e nella giustizia. Significativo il suo viaggio in Afghanistan con Tavola della pace e Pax Christi che hanno offerto una meditazione di alto profilo ("Famiglia cristiana", 11 settembre 2011). E' il modo migliore per aiutare i giovani della "primavera araba" in rete ideale con quelli di Gaza e Tel Aviv, di Madrid e di Santiago, di tante citta' dove torneremo scendendo da Assisi per costruire la convivenza umana.

Qualcuno sta ricordando il monito lungimirante di Giovanni Paolo II contro la guerra "avventura senza ritorno", che ha evitato il peggio e che ha additato nelle Assemblee religiose di Assisi un momento di riconciliazione.

Quando in Italia la nonviolenza diventera' efficace politica di pace? Quei politici che verranno alla marcia Perugia-Assisi del 25 settembre sapranno fare una seria e umile analisi sul vuoto della loro politica e convertirsi, oltre ogni retorica superficiale o strumentale, all'arte della pace come politica che promuove il bene comune?

 

4. SPAGNA. LAURA MORA CABELLO DE ALBA: CHE COS'HA DI FEMMINILE IL MOVIMENTO 15M?

[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo il seguente testo apparso su "Diagonal web", n. 153 del 27 giugno 2011 (traduzione dallo spagnolo di Clara Jourdan).

Laura Mora Cabello de Alba e' docente di Diritto del lavoro e della sicurezza sociale presso l'Universita' di Castilla La Mancha]

 

Comincero' dal principio. Dalla sorpresa mia e di tanta gente il 15 maggio 2011 quando abbiamo visto che la manifestazione era una moltitudine giovane, che aveva un'altra aria, altre forme... Qualcosa che in quel momento non sapevo decifrare molto bene, ma che mi fece tornare a casa con una profonda emozione. E, poi, il Movimento 15M, che molta gente sta vivendo con grande gioia, con piu' o meno impegno, in maniera piu' o meno sensata, ma sempre con la consapevolezza che qualcosa di radicale sta succedendo. Nei primi giorni dell'Accampata a Madrid accadde un fatto assai spiacevole per molte donne. Alcune femministe appesero un cartello che diceva: "Questa rivoluzione sara' femminista o non sara'". Subito un uomo si batte' ripetutamente il petto - rendendo onore, suppongo, alla sua genealogia pre-ominide - e tiro' giu' il cartellone, e ricevette anche qualche applauso da gente che passava di li'. Come sempre, la contraddizione puo' essere una possibilita' di fare politica, quella politica che ci aiuta a evitare la violenza per cercare di vivere meglio, e cosi' si e' fatto un tentativo importantissimo da parte della Commissione dei Femminismi di Sol per mettere in parola e far luce sui complicati rapporti tra i sessi e di ciascun sesso con se stesso nel presente. E, naturalmente, spiegare perche' questa rivoluzione "sarebbe femminista o non sarebbe".

Scrivo queste righe per dire che questa rivoluzione continua a essere femminile. E' necessario perche' il comune dei mortali si renda conto che alcune cose non succedono in modo "improvvisato" ne' nascono esclusivamente dalla "indignazione", una lettura abbastanza corrente rispetto al 15-M. La rabbia e' si' una fonte di energia, ma non e' uno strumento automaticamente politico. Di piu', lo sdegno senza canali di espressione costruttivi cagiona maggiore violenza e l'approfondirsi dei conflitti. Tutto cio' ha poco a che vedere con quanto sta succedendo a Madrid e in centinaia di altre citta' dello Stato spagnolo e del mondo.

Percio', che cos'ha di femminile il 15M?

Questo movimento, che fa uno scarto rispetto al potere al punto che ormai non si potra' raccontare la storia della crisi del patriarcato capitalista del secolo XXI senza tenerne conto, si sta caratterizzando con aspetti legati alla politica delle donne. Cio' che secondo me emerge e' che il 15M ha messo al centro del suo agire e del suo sguardo sul mondo la politica, attraverso modi di stare nel mondo tipicamente femminili:

1. Il Movimento 15M e' pacifico. Non considera la violenza una maniera di soluzione dei conflitti ne' fuori ne' dentro il Movimento.

2. Tale pace si basa fondamentalmente sul ruolo principe della parola, del dialogo, dell'impegno a trovare nuove idee per nominare la realta' e i nostri desideri di trasformarla, collocandoci in una nuova dimensione, oltre la contrapposizione di argomenti o il dualismo ideologico e culturale proprio del potere (buono o cattivo; privato o pubblico; con me o contro di me; resistere o combattere; lottare o creare).

3. La parola si regola sui corpi di uomo e di donna che sono li', cioe' la cosa collettiva si costruisce sulla base del dare il suo posto alla voce di ciascuna/o. E' importante lo sforzo sincero che si sta facendo a Madrid per utilizzare un linguaggio "inclusivo", nella consapevolezza dell'abisso in agguato del politicamente corretto o di modelli egualitari che possono annullare la modificazione singolare dell'uomo o della donna che parla.

4. La pace, la parola e i corpi cercano di muoversi nel terreno della cura. Cioe', la possibilita' di espressione libera e di costruzione collettiva nonviolenta esiste se si ha cura dei corpi e delle parole, se lo spazio e' pulito e in ordine, se c'e' un'apertura vigile a quello che sta accadendo o sta per succedere.

5. L'accampata e' un'invenzione politica - gia' utilizzata dai lavoratori della Sintel nel 2001- che emula la costruzione di una grande casa, un luogo in cui vivere nell'epicentro stesso dell'invivibile sistema. Una casa grande e democratica in mezzo alla pubblica piazza, che negli ultimi decenni si tentava di far diventare solo "mercato".

6. L'importanza del momento presente per fare futuro. L'andar facendo con cautela e senza prepotenza perche' il futuro si tesse in ogni momento e le idee si costruiscono a partire dall'esperienza. Come diceva un bel cartello portato da una donna: "Oggi e' tutta la vita".

La conferma dell'eredita' femminile di cui parlo in mano a questa gioventu' - con futuro - e' scritta su un grande cartellone appeso in una delle bocche del metro' di Sol, come se cercasse di uscire dall'oscurita' sotterranea: "Grazie mamma, questo e' tutto cio' che mi avevi insegnato". Credo che molti e molte tra questi giovani non riconoscano tale eredita' femminile perche' non lo sanno, perche' l'hanno ricevuta inoculata dalle loro madri - reali o simboliche - e la vivono con la naturalezza del dono materno ricevuto, che non chiede quasi mai qualcosa in cambio. In piena caduta del patriarcato, esso si ostina con fierezza a occultare la politica delle donne che l'ha fatto cadere. La liberta' femminile fatta massa - occultata dai mezzi di comunicazione e dai potenti strumenti del potere attraverso l'esclusiva vittimizzazione delle donne -, ha tuttavia trasmesso alla gioventu' per via sanguinea che un altro mondo e' ormai possibile. Alle giovani, che e' ormai tempo di occupare il mondo intero e perseguire i loro desideri; ai giovani, che possono essere uomini al margine del mandato patriarcale. E questo sta succedendo intorno al 15M.

Stiamo vedendo donne molto giovani dirigere o partecipare ad assemblee con una signoria, un'efficacia politica e uno spirito democratico incommensurabile; a Barcellona una donna coraggiosa fermare di colpo ai suoi piedi una camionetta della polizia antisommossa che stava lanciandosi contro gli accampati; a Madrid una madre e suo figlio piccolo distribuire fiori alla polizia; mi sono vista essere una donna felice e che si sente parte dell'umanita'. Stiamo vedendo uomini che guardano, vedono e ascoltano le donne; uomini che si fanno indietro e tacciono; uomini violenti che vengono censurati; uomini che curano e si prendono cura di bebe'; uomini che onorano le loro madri pur senza saperlo. Vediamo madri di tutto rispetto, orgogliose come non mai delle proprie creature o delle creature di altre.

Tuttavia, mi pare imprescindibile dare visibilita' perche' questo perduri, perche' possiamo fare una politica di origine sicura. Riconoscere la politica delle donne e, pertanto, il luogo della donna come fonte di vita e parola - di politica -, e' rompere definitivamente con la ri-produzione dell'ordine patriarcale e capitalista. E' il luogo da cui esprimere la cura per la singolarita' sostenibile di ogni essere vivente che abita il mondo, e' l'essenza di una voce autonoma delle donne, e' il cammino per una voce autonoma degli uomini. Autonome dal potere, ma dipendenti dalle relazioni, perche' ormai sappiamo la necessita' e la potenza delle relazioni.

Questa Rivoluzione e' erede anche del Maggio '68, poiche' porta avanti una parte di cio' che li' rimase in sospeso. Molte donne dovettero allora smarcarsi dal movimento o vennero assimilate dai loro compagni maschi. E, davvero, l'immaginazione non arrivo' ne' al potere ne' a molti altri posti precisamente per quello. Oggi noi donne - con molti sforzi, si' - siamo gia' da un'altra parte e siamo riuscite a far diventare patrimonio comune che "il personale e' politico", che la violenza non vale nemmeno come difesa collettiva, che la casa comune e la cura sono al centro della politica. Ci rimane - a noi e a voi - di rapportarci amorosamente, ri-costruire la collettivita', tessere altre parole libere, lottare contro la nostra stessa violenza ereditata, e rendere visibile e nominabile la Politica.

P.s.: Per me, il femminile accoglie in se' il movimento femminista - di cui faccio parte -, senza il quale il femminile non sarebbe mai stato libero.

 

5. SPAGNA. MARIA-MILAGROS RIVERA GARRETAS: IL MOVIMENTO 15M, LA RIVOLUZIONE DEI FIGLI DELLE FEMMINISTE

[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo il seguente testo del 3 giugno 2011 apparso su "Duoda web" di Barcellona (traduzione dallo spagnolo di Clara Jourdan).

Maria-Milagros Rivera Garretas, pensatrice femminista, storica, docente universitaria di Storia medioevale a Barcellona, animatrice del Centre de recerca de dones e della rivista "Duoda", da anni collabora con la rivista italiana "Via Dogana" e con la comunita' filosofica femminile Diotima. Dalla rivista "Via Dogana" riprendiamo la seguente scheda di presentazione (risalente a qualche anno fa): "Maria-Milagros Rivera Garretas vive a Barcellona, dove insegna Storia medievale all'Universita', portando la sua passione ben oltre le mura dell'istituzione. La rete di relazioni che ha saputo creare con il Centre de recerca de dones e con la rivista 'Duoda' si e' allargata alla Rete mondiale con un master on line e con un cd-rom sulle memorie di Leonor Lopez de Cordoba, la prima autobiografia conosciuta in lingua spagnola di una donna vicina alla regina di Castiglia tra il 1404 e il 1412. In italiano possiamo leggere Nominare il mondo al femminile (trad. di Emma Scaramuzza, Editori Riuniti 1998). Da anni ha un intenso rapporto di scambio con 'Via Dogana' e con [la comunita' filosofica femminile] Diotima, anche come traduttrice: e' in gran parte a lei che dobbiamo la conoscenza nei paesi di lingua spagnola del pensiero italiano della differenza sessuale". Tra le opere di Maria-Milagros Rivera Garretas: Nominare il mondo al femminile, Editori Riuniti, Roma 1998; Mujeres en relacion. Feminismo 1970-2000, Icaria Editorial, 2003, edizione italiana Donne in relazione. La rivoluzione del femminismo, Liguori, Napoli 2007; La diferencia sexual en la historia, Universitat de Valencia, 2005]

 

La rivoluzione messa al mondo dal femminismo - l'unica rivoluzione senza spargimento di sangue tra le molte sanguinose del XX secolo - e' consistita nel mettere al mondo la fine del patriarcato in ogni tipo di case: correnti, povere, eccentriche, ricche, di svariatissime lingue... Nelle ultime settimane, questa rivoluzione e' uscita in strada e in piazza. In questa maniera, ha fatto qualcosa che contraddistingue le rivoluzioni politiche delle donne: migliorare il pubblico apportandogli gratis et amore qualcosa della ricchezza del personale. Lo vediamo nella cura per i dettagli, nel rispetto per cio' che e' altro e nella perseveranza nella pace, caratteristiche presenti in ogni tipo di incontri del movimento 15M.

Tuttavia, questa grande rivoluzione non e' una rivoluzione delle figlie delle femministe ma dei figli. Sono i figli delle femministe a portare al pubblico l'arricchimento personale e la sapienza politica appresa in casa dalle loro madri e nonne e a scuola dalle compagne e dalle maestre, femministe o no. Per questo e' una rivoluzione che riempie di speranza quasi tutto il mondo. Perche' quando molti ragazzi o uomini propendono per la nonviolenza e per la cura e l'attenzione a cio' che e' altro, la societa' respira e, respirando, da' speranza. Molte donne e ragazze li accompagnano, senza dubbio, perche' riconosciamo in loro pratiche che facciamo e amiamo, ma il riconoscimento e' tale se si dirige a qualcosa di altro, non a uno specchio in cui io mi guardo, perdendo cosi' il senso dell'alterita', che e' - il senso dell'alterita', di cio' che e' altro - l'unica cosa che fa si' che una rivoluzione non sia sanguinosa.

Perche' il 15M e' una rivoluzione dei figli delle femministe, e non delle figlie? Perche' non ha preso coscienza della sessuazione umana, anche se alcuni stanno cominciando. La presa di coscienza della sessuazione umana e' una fonte di ricchezza politica che questa rivoluzione non conosce. Percio' si esprime, quasi sempre, in un linguaggio considerato neutro, considerato universale, che guarda caso coincide con il linguaggio maschile ed e' il linguaggio storicamente maschile. Se nelle strade e nelle piazze ci sono - e solo ci sono - donne e uomini, bambine e bambini, ragazze e ragazzi, perche' parlare al maschile? Perche' non c'e' stata presa di coscienza della sessuazione umana e della sua ricchezza. Questa alterita', la grande alterita' che e' l'altro sesso (che nel patriarcato era il sesso opposto, ma oggi no, tranne che in residui del patriarcato) e' assente dal movimento 15M. Percio', il contrappunto del 15M lo fanno gli assassinii, che continuano sempre di piu', di donne da parte del loro compagno o ex compagno uomo, assassinii di fronte ai quali la gente resta senza parola. Qusto orrore ne e' il contrappunto perche' la disperazione di chi uccide colei che ha amato e' il segno (il grido d'aiuto) che qualcosa di fondamentale manca nelle coscienze maschili del nostro tempo, qualcosa che, secondo me, e' la politica del simbolico, cioe' del senso libero della vita e delle relazioni. Manca la presa di coscienza che tutto nella vita e' sessuato, anche la rivoluzione e, pertanto, anche il suo linguaggio. Se si esprimono al maschile, e' perche' parlano di una rivoluzione maschile, ora meravigliosamente postpatriarcale, che alcune donne stiamo accompagnando e che puo' aggiornare la mascolinita' e la sua politica.

 

6. RIFLESSIONE. LEA MELANDRI: LA SESSUALITA', QUESTIONE IN SE' POLITICA

[Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano (www.universitadelledonne.it) riprendiamo il seguente intervento del 13 settembre 2011 dal titolo "Perche' Marrazzo si scusa tanto?".

Lea Melandri, nata nel 1941, acutissima intellettuale, fine saggista, redattrice della rivista "L'erba voglio" (1971-1975), direttrice della rivista "Lapis", e' impegnata nel movimento femminista e nella riflessione teorica delle donne. Tra le opere di Lea Melandri segnaliamo particolarmente L'infamia originaria, L'erba voglio, Milano 1977, Manifestolibri, Roma 1997; Come nasce il sogno d'amore, Rizzoli, Milano 1988, Bollati Boringhieri, Torino 2002; Lo strabismo della memoria, La Tartaruga, Milano 1991; La mappa del cuore, Rubbettino, Soveria Mannelli 1992; Migliaia di foglietti, Moby Dick 1996; Una visceralita' indicibile, Franco Angeli, Milano 2000; Le passioni del corpo, Bollati Boringhieri, Torino 2001; Amore e violenza, Bollati Boringhieri, Torino 2011. Dal sito www.universitadelledonne.it riprendiamo la seguente scheda: "Lea Melandri ha insegnato in vari ordini di scuole e nei corsi per adulti. Attualmente tiene corsi presso l'Associazione per una Libera Universita' delle Donne di Milano, di cui e' stata promotrice insieme ad altre fin dal 1987. E' stata redattrice, insieme allo psicanalista Elvio Fachinelli, della rivista L'erba voglio (1971-1978), di cui ha curato l'antologia: L'erba voglio. Il desiderio dissidente, Baldini & Castoldi 1998. Ha preso parte attiva al movimento delle donne negli anni '70 e di questa ricerca sulla problematica dei sessi, che continua fino ad oggi, sono testimonianza le pubblicazioni: L'infamia originaria, edizioni L'erba voglio 1977 (Manifestolibri 1997); Come nasce il sogno d'amore, Rizzoli 1988 ( ristampato da Bollati Boringhieri, 2002); Lo strabismo della memoria, La Tartaruga edizioni 1991; La mappa del cuore, Rubbettino 1992; Migliaia di foglietti, Moby Dick 1996; Una visceralita' indicibile. La pratica dell'inconscio nel movimento delle donne degli anni Settanta, Fondazione Badaracco, Franco Angeli editore 2000; Le passioni del corpo. La vicenda dei sessi tra origine e storia, Bollati Boringhieri 2001. Ha tenuto rubriche di posta su diversi giornali: 'Ragazza In', 'Noi donne', 'Extra Manifesto', 'L'Unita''. Collaboratrice della rivista 'Carnet' e di altre testate, ha diretto, dal 1987 al 1997, la rivista 'Lapis. Percorsi della riflessione femminile', di cui ha curato, insieme ad altre, l'antologia Lapis. Sezione aurea di una rivista, Manifestolibri 1998. Nel sito dell'Universita' delle donne scrive per le rubriche 'Pensiamoci' e 'Femminismi'"]

 

Quando la vita privata con il suo carico di bisogni, desideri, sentimenti, emozioni e fantasie fa la sua comparsa nella sfera pubblica, da cui e' stata storicamente estromessa, e' inevitabile che sia fatta oggetto di un'attenzione particolare. A maggior ragione se a portarla allo scoperto e' persona nota e responsabile di un ruolo istituzionale di rilievo. Non stupisce percio' che l'intervista, rilasciata da Piero Marrazzo a Concita De Gregorio ("Repubblica", 15 agosto 2011), a due anni dallo "scandalo" che lo indusse, nell'ottobre 2009, a dare le dimissioni da Presidente della Regione Lazio, abbia aperto il varco a uno di quei discorsi sul rapporto tra i sessi che da alcuni anni attraversano inaspettati la politica, senza peraltro modificarla quanto ci si aspetterebbe.

E' difficile, innanzi tutto, parlare della sessualita' e delle relazioni "intime" senza che prevalga, in modo talvolta esclusivo, il giudizio morale. Forte della sua innocenza - per non aver violato alcuna legge ed essere stato, al contrario, vittima di un reato -, Marrazzo sottolinea tuttavia a piu' riprese la sua "debolezza", la sua "fragilita'", il suo errore umano e l'ardire stesso della sua confessione. Di questi aspetti "moralmente condannabili" si scusa con la sua famiglia, ma anche coi suoi elettori e con la comunita' che era stato chiamato a governare. E aggiunge, come considerazione generale: "un uomo che assume un incarico pubblico non puo' avere debolezze".

Maria Luisa Agnese ("Corriere della sera", 17 agosto 2011) fa notare giustamente che Marrazzo sta parlando ai maschi, con una "autodifesa" volta a "riconquistare il loro rispetto". E lo fa, viene da aggiungere, seguendo il modello di una virilita' corredata dei tratti piu' noti della cultura politica e della morale cattolica: separazione tra privato e pubblico, tra pulsioni e controllo razionale, pentimento e sconto della pena, confessione e redenzione. Ma nel dare voce al vissuto personale, l'intervista si trasforma in una sorta di autocoscienza, dove diventa possibile nominare anche cio' "che non e' bello a sentirsi" ne' "facile da dirsi". E' qui che la captatio benevolentiae o la scusa non richiesta, rivolta ai propri simili, diventa al contrario la descrizione rivelatrice di quello che e' stato finora il desiderio e l'immaginario sessuale maschile.

A differenza di Maria Luisa Agnese, che vede nell'esaltazione che Marrazzo fa della femminilita' dei trans "quasi una provocazione per tante donne", mi sembra che raramente sia parso cosi' chiaro che il femminile-materno-accogliente e' una costruzione dell'uomo, complemento indispensabile - e per questo attribuito come vocazione "naturale" alla donna - di un ideale virile dove si sono mescolati e confusi perversamente il dominio del padre e la tenerezza o la nostalgia amorosa del figlio. Chi abbia avuto modo di vedere lo splendido reportage fotografico di Lisetta Carmi, I Travestiti (Edizioni Essedi', Roma), non avrebbe dubbi che in quella galleria di figure femminili c'e' l'incarnazione di tutto cio' che di piu' desiderabile e temibile l'uomo ha visto nel sesso diverso dal suo. Perche' le donne, che hanno cominciato ormai a liberarsi dei modelli imposti e che conoscono il peso della "cura", della dedizione all'altro, diventata per loro un "destino", dovrebbero sentirsi "umiliate" e "scavalcate" dall'affermazione che i transessuali esercitano una capacita' di accadimento straordinaria? Nella confessione di Marrazzo, la famiglia, la coppia eterosessuale, rimangono sullo sfondo come richiamo colpevolizzante, mentre prendono centralita' il corpo mercenario transessuale, i bisogni, le fantasie e i desideri che in esso trovano la loro incarnazione.

Che la prostituzione, qualunque sia il sesso dei protagonisti, risulti piu' "rassicurante" per l'uomo, e' tanto piu' vero quanto piu' si e' andata affermando la liberta' e l'autonomia delle donne, la consapevolezza dei loro desideri, il rifiuto di essere oggetto di consumo, sfruttamento, o materno luogo di sostegno materiale e psicologico di mariti, figli, amanti. Marrazzo non fa che riportare su di se', con vergogna e scuse, un comportamento maschile diffuso, e che oggi comincia a essere oggetto di analisi e di possibili cambiamenti da parte degli uomini stessi, consapevoli di quanto il loro immaginario sessuale abbia dato forma sia all'amore che ai rapporti di potere tra un sesso e l'altro.

Scrive Stefano Ciccone nel suo libro Essere maschi (Rosenberg & Sellier 2009): "La prostituzione rappresenta l'occasione di sfogo di pulsioni maschili. Con una prostituta paghi e decidi tu: vivi l'illusione di una relazione in cui il tuo potere determina i ruoli, i limiti e le forme del rapporto. Clienti o sfruttatori, oppure salvatori e tutori delle donne: donne da consumare, sfruttare o proteggere". Ma nella vicenda Marrazzo c'e' qualcosa di piu' e di nuovo che si esprime nell'immagine piu' volte ripetuta del "riposo" e dell'"accoglimento", della porta che si apre a ogni richiesta. E' questo spostamento della cura materna, ritrovata alla massima potenza in un transessuale, che dovrebbe far riflettere sul rapporto ambiguo tra maternita' e sessualita'. Se la cultura, il sapere, le istituzioni della vita pubblica, le molteplici forme di controllo, hanno potuto fare da argine alla potenza generativa e accuditrice della donna-madre, con la sessualita' si ripresenta all'uomo un corpo femminile aperto, inglobante e minaccioso come all'origine, quando era ancora tutt'uno, indistinguibile, col suo. Rispetto alla figura della madre fallica, innesto immaginario di maschio e femmina, la femminilita' trasferita su un corpo maschile non puo' che essere piu' rassicurante. Il denaro, che da' forma alla relazione mercenaria, contribuisce sicuramente ad allentare timori ancestrali e dipendenza, ma sarebbe riduttivo interpretarne l'aspetto "rilassante" solo da questo punto di vista. Altrettanto riduttivo e' leggere l'insistenza sul tratto materno della relazione come resa al tabu' dell'omosessualita', tentativo di rimuovere cio' che sarebbe difficile da far accettare ai propri simili.

La desessualizzazione - cancellazione della sessualita' e della individualita' femminile -, mentre riduce la madre a funzione di cura e conservazione della vita, permette all'uomo di sentirsi soggetto unico, libero dai bisogni primari, protagonista privilegiato della sfera pubblica. La relazione consumata fuori dalla "normalita'" famigliare, eterosessuale, sembra aver costretto Marrazzo a riconoscere che potere e fragilita' maschile, desideri sessuali e bisogni affettivi, responsabilita' pubbliche ed esperienze personali, sono meno separate di quanto si creda e si preferisca pensare.

Perche' allora parlare di "scandalo", di "privato" innominabile? Perche' scusarsi tanto? Se c'e' un errore in tutta questa vicenda e' non avere avuto il coraggio di porre la sessualita' - rapporto tra i sessi, orientamento sessuale - come questione in se' politica. Non e' questo che fanno, inascoltati, da anni il femminismo e il movimento lgbtq?

 

7. INCONTRI. SI E' SVOLTO IL 13 SETTEMBRE A VITERBO UN INCONTRO DI STUDIO SULLA NONVIOLENZA OGGI IN ITALIA

 

Martedi' 13 settembre 2011 si e' svolto a Viterbo presso il "Centro di ricerca per la pace" un nuovo incontro di studio sulla nonviolenza oggi in Italia.

L'incontro ha fatto seguito ai precedenti dedicati allo stesso tema del 29 luglio e del 2, 7, 12, 16 e 30 agosto e vi ha preso parte il gruppo di lavoro che nel secondo semestre del 2010 ha condotto un'ampia inchiesta sull'argomento realizzando centinaia di interviste.

Nel corso dell'incontro ovviamente si e' anche fatto riferimento alla ormai imminente marcia della pace Perugia-Assisi del 25 settembre che assume un particolare significato ricorrendo il cinquantesimo anniversario della prima marcia, ideata ed organizzata nel 1961 da Aldo Capitini (1899-1968), l'illustre filosofo fondatore del Movimento Nonviolento.

 

8. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Riletture

- AA. VV., Dialogo su Malcolm X, Manifestolibri, Roma 1994, pp. 120.

- AA. VV., Mumia Abu-Jamal. L'America dal braccio della morte, Libera Informazione editrice, Roma 1995, pp. 96.

- Mumia Abu-Jamal, Death Blossoms. Riflessioni di un prigioniero di coscienza, Edizioni della Battaglia - Massari editore, Palermo-Bolsena (Vt) 1999, pp. 160.

- A cura di Michel Foucault, Gilles Deleuze e del Groupe d'Information sur les Prisons, L'assassinio di George Jackson, Feltrinelli, Milano 1971, 1972, pp. 56.

- James Baldwin, Dimmi da quanto e' partito il treno, Feltrinelli, Milano 1968, 1981, pp. 434.

- James Baldwin, La prossima volta, il fuoco, Feltrinelli, Milano 1964, 1968, pp. 128.

- Amiri Baraka (LeRoi Jones), Il popolo del blues, Shake edizioni, Milano 1994, 2007, pp. 256.

- James Boggs, Lotta di classe e razzismo, Laterza, Bari 1968, pp. 184.

- George Breitman, Malcolm X. L'uomo e le idee, Erre emme edizioni, Roma 1992, pp. 128.

- Antonio Massimo Calderazzi, La rivoluzione negra negli Stati Uniti, Dall'Oglio, Milano 1968, pp. 360.

- Stokely Carmichael, Charles V. Hamilton, Strategia del Potere Negro, Laterza, Bari 1968, pp. 248.

- Eldridge Cleaver, Dopo la prigione, Rizzoli, Milano 1971, pp. 192.

- James H. Cone, Teologia nera della liberazione e Black Power, Claudiana, Torino 1973, pp. 224.

- Angela Davis, Autobiografia di una rivoluzionaria, Garzanti, Milano 1975, pp. 416.

- Ralph Ellison, Invisible Man, 1952, Penguin Books, 1965, 1982, pp. 478.

- Langston Hughes, Mulatto, Mondadori, Milano 1949, pp. 160. Segnaliamo che alle pp. 77-159 il volume contiene un'ampia antologia di poesia afroamericana con due saggi introduttivi.

- George L. Jackson, Col sangue agli occhi, Einaudi, Torino 1972, pp. 198.

- George Jackson, I fratelli di Soledad. Lettere dal carcere di George Jackson, Einaudi, Torino 1971, 1977, pp. XVI + 270.

- Lewis M. Killian, Una rivoluzione impossibile? Black Power, Il Saggiatore, Milano 1969, pp. 208.

- Etheridge Knight (a cura di), Voci negre dal carcere, raccolte da Etheridge Knight, Laterza, Bari 1968, pp. 208.

- LeRoy Jones, Quattro commedie per la rivoluzione nera, Einaudi, Torino 1971, pp. 120.

- Malcolm X, Autobiografia di Malcolm X. Redatta con la collaborazione di Alex Haley, Einaudi, Torino 1967, 1978, pp. XII + 516.

- Malcolm X, Con ogni mezzo. Discorsi e interviste, Einaudi, Torino 1973, pp. X + 192.

- Malcolm X, Con ogni mezzo necessario, Shake edizioni, Milano 1993, pp. XXXVI + 186.

- Walter Mauro, Storia dei neri d'America, Newton Compton, Roma 1997, pp. 98.

- Gianni Menarini (a cura di), Negri U.S.A. Nuove poesie e canti della contestazione negro-americana, Sansoni Accademia, Milano 1969, pp. 276.

- Alberto Placucci, Chiese bianche schiavi neri. Cristianesimo e schiavitu' negra negli Stati Uniti d'America (1619-1865), Piero Gribaudi Editore, Torino 1990, pp. 302.

- Edgardo Pellegrini, Un uomo da salvare. La vita di Mumia Abu-Jamal, il giornalista condannato a morte in Pennsylvania, Libera Informazione Editrice, Roma 1995, pp. 32.

- Alessandro Portelli (a cura di), Veleno di piombo sul muro. Le canzoni del Black Power, Laterza, Bari 1969, pp. 296.

- Michele Salerno, America nera. La rivolta degli esclusi, Tindalo, Roma 1970, pp. 168.

- Bobby Seale, Cogliere l'occasione! La storia del Black Panther Party e di Huey P. Newton, Einaudi, Torino 1971, pp. 344.

- Assata Shakur, Assata. Un'autobiografia, Erre emme edizioni, Roma 1992, pp. 448.

- Mary-Alice Waters, Maoismo e potere negro, Samona' e Savelli, Roma 1970, pp. 96.

- Sidney M. Willhelm, Uomo rosso uomo nero bianca America, Lampugnani Nigri, Milano 1971, pp. 128.

- Richard Wright, Ghetto negro, Rizzoli, Milano 1980, pp. 288.

- Richard Wright, Potenza nera, Mondadori, Milano 1957, pp. 400.

- Richard Wright, Ragazzo negro, Einaudi, Torino 1947, 1972, pp. 380.

- Richard Wright, Razza: umana, Il Saggiatore, Milano 1959, pp. 64.

- Lauso Zagato, Du Bois e la Black Reconstruction, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma 1975, pp. IV + 148.

 

9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

10. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 679 del 15 settembre 2011

 

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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