Nessuno si rassegni all'apartheid



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NESSUNO SI RASSEGNI ALL'APARTHEID
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Supplemento straordinario de "La nonviolenza e' in cammino" del 18 luglio
2009

1. No al razzismo, no allo squadrismo. Si' alla Costituzione, si'
all'umanita'
2. Da assessori e consiglieri del Comune di Soriano nel Cimino (Vt) un
appello ai Presidenti delle Camere
3. Associazione Annassim: Al Presidente della Repubblica
4. Adriana Chemello: Come educatrice e docente
5. Massimo Cipolla: L'antigiuridicita' del reato di "clandestinita'"
6. Marcella Corsi: Al Presidente della Repubblica
7. Daniele Lugli: Della paura e della nonviolenza
8. Movimento di volontariato italiano (MoVi): Al Presidente della Repubblica
9. Flavia Neri: Esseri umani
10. Annamaria Rivera: Razzismo

1. UNA SOLA UMANITA'. NO AL RAZZISMO, NO ALLO SQUADRISMO. SI' ALLA
COSTITUZIONE, SI' ALL'UMANITA'

Anche il Presidente della Repubblica chiede, con la lettera del 15 luglio
scorso inviata non solo al governo ma anche ai presidenti delle Camere, che
il Parlamento torni a legiferare per cancellare al piu' presto le scellerate
infamie razziste e squadriste contenute nel cosiddetto "pacchetto
sicurezza", le scellerate infamie razziste e squadriste che violano la
Costituzione della Repubblica Italiana e la Dichiarazione universale dei
diritti umani, che violano i fondamenti stessi dello stato di diritto, che
violano i valori e i principi e i criteri su cui si fonda la civilta'
giuridica, e la stessa civilta' umana.
Sosteniamo la richiesta che subito - subito - il Parlamento torni a
legiferare per abolire le misure naziste partorite dal sonno della ragione,
partorite da smascherati eversori e da supini obnubilati pusillanimi
complici loro. Prima ancora che quelle misure scellerate siano pubblicate
sulla Gazzetta ufficiale; prima ancora che quelle misure scellerate
diventino legge dello stato; prima ancora che in Italia entri in vigore
l'abominio dell'apartheid, la vergogna dell'umanita'.
*
Nessuno si arrenda al razzismo.
Nessuno si rassegni all'apartheid.
La nonviolenza e' in cammino.

2. UNA SOLA UMANITA'. DA ASSESSORI E CONSIGLIERI DEL COMUNE DI SORIANO NEL
CIMINO (VT) UN APPELLO AI PRESIDENTI DELLE CAMERE

Su iniziativa del professor Alessandro Pizzi vari assessori e consiglieri
del Comune di Soriano nel Cimino (Viterbo) hanno sottoscritto ed inviato un
appello ai presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei
Deputati con la richiesta che, sulla base della lettera del Presidente della
Repubblica del 15 luglio 2009, sia riportata alle Camere la legge nota come
"pacchetto sicurezza", recante norme palesemente incostituzionali e
violatrici di fondamentali diritti umani, affinche' essa sia modificata
conformemente al dettato della Costituzione della Repubblica Italiana, alle
norme di diritto internazionale recepite nel nostro ordinamento e ai
principi della civilta' giuridica.
*
Il testo integrale dell'appello
Al Presidente del Senato, sen. Renato Schifani
Al Presidente della Camera, on. Gianfranco Fini
I sottoscritti  consiglieri comunali di Soriano nel Cimino,
fedeli alla Costituzione della Repubblica Italiana,
impegnati per la difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani cosi'
come sanciti dalla Dichiarazione universale dei diritti umani approvata
dall'Assemblea generale dell'Onu nel 1948;
vista la lettera del Presidente della Repubblica Napolitano, inviata al
Presidente del Consiglio Berlusconi e ai Ministri Alfano e Maroni;
chiedono ai Presidenti di Camera e Senato di riportare alle Camere la legge
nota come "pacchetto sicurezza", recante norme palesemente incostituzionali
e violatrici di fondamentali diritti umani, affinche' essa sia modificata
conformemente al dettato della Costituzione della Repubblica Italiana, alle
norme di diritto internazionale recepite nel nostro ordinamento e ai
principi della civilta' giuridica.
Soriano nel Cimino, 17 luglio 2009
Sante Alibrandi, assessore
Sandro Bassetta, assessore
Massimo Boccialoni, assessore
Romolo Berti, presidente del Consiglio comunale
Assunta Bici, consigliere delegato alle politiche giovanili
Devid Centofanti, assessore
Eutiziangelo Gentili, consigliere delegato alla cultura e istruzione
Luciano Mei, assessore
Alessandro Pizzi, consigliere

3. UNA SOLA UMANITA'. ASSOCIAZIONE ANNASSIM: AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Caro Presidente,
le Sue critiche al "pacchetto sicurezza", pur essendo condivisibili, ci
lasciano scontente. La politica di assenza che si porta avanti nel nostro
Paese ci preoccupa e addolora infinitamente. Le speranze che riponevamo in
Lei sono state disattese.
Come donne che vivono in Italia, alcune nate in questo paese, altre nate
altrove, ci uniamo alle donne e agli uomini che Le hanno gia' scritto,
persone autorevoli del mondo intellettuale, giuristi, scrittori, artisti,
professionisti e operatori del volontariato e delle Ong, per informarLa
della nostra delusione per aver ratificato le misure crudelmente
discriminatorie e lesive dei diritti basilari della persona contenute nel
cosiddetto "pacchetto sicurezza" approvato dal Senato in seconda lettura il
2 luglio scorso.
Consideriamo un vero e proprio insulto il fatto che l'unica critica che
sembra essere stata recepita dal governo sia quella riguardante le
cosiddette badanti: noi donne non piu' giovanissime ricordiamo le lotte per
rivendicare il diritto ai servizi per i bambini, gli anziani e i disabili,
l'aver prodotto analisi su analisi relative al carico del lavoro di cura
sulle donne e alla penalizzazione delle stesse all'interno della famiglia e
della societa' - un doppio lavoro.
Accettare che altre donne piu' disagiate e meno garantite di noi vengano a
sostituirci o ad alleviare la nostra fatica non e' per noi soltanto una
sconfitta sul piano delle nostre rivendicazioni e del  processo di
emancipazione ma anche un affronto alle migranti-badanti come donne e come
esseri umani... e' come dire - in un'ottica classista, sessista e razzista -
"ti accetto soltanto se fai la serva".
Noi pensiamo che fino a quando non ci sara' una vera politica
sull'immigrazione che coinvolga almeno i paesi europei e dell'area
mediterranea, con attenzione ai paesi poveri e a quelli in via di sviluppo,
nessun provvedimento al riguardo possa dare validi risultati, mentre si
rischia invece di innescare un irreversibile processo di intolleranza,
conflitti sociali, ulteriori illegalita', sviluppo di criminalita', e atti
anticostituzionali e violazioni dei diritti umani da parte di una repubblica
democratica nata dal sangue e dalle sofferenze di molti.
Confidiamo comunque in Lei perche' aiuti a realizzare una politica attenta
ai bisogni basilari della popolazione, agli ideali che hanno sostenuto la
nostra civile rappresentanza politica, alle donne.
Fiduciose ancora nel Suo lavoro.
Le donne native e migranti dell'associazione Annassim
Bologna

4. UNA SOLA UMANITA'. ADRIANA CHEMELLO: COME EDUCATRICE E DOCENTE
[Da una piu' ampia lettera personale]

Appena ho letto l'appello a scrivere al Presidente della Repubblica e
l'indirizzo mail a cui inviare la lettera, l'ho scritta e spedita subito,
era molto breve e faceva riferimento al mio ruolo istituzionale di
educatrice e docente... mi sembrava una cosa urgente da fare subito.
Adriana Chemello

5. UNA SOLA UMANITA'. MASSIMO CIPOLLA: L'ANTIGIURIDICITA' DEL REATO DI
"CLANDESTINITA'"
[Da "Azione nonviolenta" di luglio 2009 col titolo "Il reato di
clandestinita' colpisce la persona, non il comportamento sociale dannoso".
L'autore e' avvocato]

Negli ultimi anni se ne e' parlato molto, in un crescendo di slogan e
dichiarazioni politiche, che hanno suscitato a loro volta piu' o meno timide
reazioni della Chiesa, dei movimenti per i diritti civili, di parte
dell'opposizione.
Poi, "finalmente" per qualcuno, il reato di clandestinita' e' arrivato.
Agognato, e' giunto con il secondo "pacchetto sicurezza". Si e' trattato, in
realta', di un percorso di approvazione piuttosto veloce, che ha un
precedente interessante nel decreto legislativo 32 del febbraio 2008, ovvero
in quel testo di legge con il quale il Parlamento voleva dare una risposta
ferma al "bisogno di sicurezza" della popolazione italiana contro la -
totalmente presunta - pervasiva e violenta presenza di "rumeni e zingari".
*
Il primo "pacchetto sicurezza"
La legge 125/2008 (il cosiddetto "primo pacchetto sicurezza") ha introdotto
una mole di disposizioni che amplia fortemente i poteri dei sindaci e della
polizia municipale e che attribuisce all'amministrazione comunale il potere
di segnalare all'Autorita' di Pubblica Sicurezza i cittadini comunitari o
non comunitari soggiornanti irregolarmente sul territorio italiano. La
stessa legge ha inasprito le norme penali generali inerenti la
falsificazione dell'identita' o il rifiuto di fornirla e, come e' noto, ha
introdotto la circostanza aggravante per l'aumento fino a un terzo della
pena se il reato e' commesso da un cittadino non comunitario privo di titolo
di soggiorno. Si e' poi prevista la reclusione da sei mesi a tre anni per
chi ospita o affitta locali, per trarne un ingiusto profitto, a chi sia
privo di autorizzazione al soggiorno al momento della stipula o del rinnovo
del contratto di locazione (tuttavia, cosi' facendo, si e' ottenuto come
immediato effetto solo la demolizione del diritto di ogni persona e della
sua famiglia ad avere una casa).
*
Il secondo "pacchetto sicurezza"
Il secondo "pacchetto sicurezza", riprendendo la Legge 125/2008, con ancora
maggior indole  repressiva, ha fatto rientrare nella espressione "sicurezza"
una ulteriore e ancor piu' invasiva serie di disposizioni inerenti:
l'accesso alla cittadinanza, all'asilo politico, al matrimonio in Italia,
alla verifica delle condizioni igienico-sanitarie dell'immobile ove si
intende risiedere, al trasferimento di somme di denaro nei paesi di origine
dei migranti, al pagamento di un contributo fino a duecento euro per il
rilascio dell'autorizzazione amministrativa al soggiorno, all'obbligo di
esibizione del titolo di soggiorno alla pubblica amministrazione salvo per
prestazioni sanitarie urgenti e compimento dell'obbligo scolastico, al test
di lingua italiana per lungosoggiornanti, alla permanenza fino a centottanta
giorni nei centri di identificazione e espulsione, alle limitazioni
all'unita' familiare anche tra italiani e non comunitari, all'inasprimento
delle misure contro gli autori della tratta di esseri umani e alla
previsione del cosiddetto reato di clandestinita'. Inoltre, per chi abbia i
requisiti di legge, l'autorizzazione al soggiorno avviene previa
sottoscrizione di un accordo di integrazione articolato per crediti, con
obiettivi da raggiungere nel periodo di validita' del titolo stesso, in
mancanza dei quali il medesimo titolo e' revocato.
*
Le conseguenze del reato di clandestinita'
Con questo secondo intervento sembra si sia voluto - non senza ironia -
aggiustare il tiro mirando ancor di piu' e ancor meglio contro il cittadino
non comunitario irregolarmente soggiornante che, vale la pena ricordarlo,
spesso oltrepassa il confine senza autorizzazione amministrativa per
rispondere a necessita' primarie, ovvero rimane senza lavoro per colpe non
proprie. In questo senso il reato di clandestinita' diviene la norma di
chiusura del sistema.
Con una simile disposizione si finisce dunque per colpire non la condotta di
una persona (si puo' cadere in una condizione di irregolarita' anche
indipendentemente dalla propria volonta', a causa di un licenziamento o di
un divorzio, o per il raggiungimento della maggiore eta', ecc.), ma il suo
"essere persona" in determinate circostanze, stabilite di volta in volta
dalla legge. Lo stesso cittadino non comunitario, difatti, puo' veder mutare
il proprio statuto giuridico (da irregolare a regolare, da regolare a
irregolare) per una semplice modifica legislativa, senza dover cambiare
alcunche' nella propria vita o nel proprio lavoro.
Cosa comporta tutto cio'? Evidentemente si e' scelto di attaccare il
migrante rendendolo debole, ricattabile in quanto privo di diritti e
garanzie, ma si e' inteso pure svuotare i processi di integrazione che
pazientemente e faticosamente si sono gia' intrapresi: norme di questo tipo
infatti finiscono per colpire anche quelle persone, quelle famiglie, quelle
comunita' di migranti che da anni sono impegnate onestamente nelle societa'
di accoglienza, impediscono la concretizzazione di molti progetti di
inserimento, esasperano gli animi e le situazioni personali, concorrendo a
riprodurre drammaticamente l'emarginazione.
Per tutti questi motivi questa nuova figura di reato risulta incomprensibile
e irragionevole, tanto piu' che nell'ordinamento esistevano gia' misure
molto incisive contro l'ingresso e la permanenza irregolare in Italia che,
tuttavia, non hanno sortito gli effetti voluti. Il nuovo reato punisce con
un'ammenda tra cinquemila e diecimila euro persone che, in quanto
irregolari, di per se' si vedono negare l'accesso alla proprieta' di mobili
e immobili, al lavoro regolare, ad un conto corrente.
*
Gli effetti sulla giustizia e sulla pubblica amministrazione
Questa norma colpisce, inoltre, duramente il processo penale, gia'
pesantemente affaticato dal crescente ricorso alla sanzione penale da parte
del Legislatore. Ogni udienza richiede la presenza di un giudice, di un
cancelliere verbalizzante, di un addetto alla registrazione fonografica, di
un pubblico ministero, di un avvocato (di ufficio in assenza di quello di
fiducia - quindi anch'egli pagato per forza di cose dall'Amministrazione).
Senza contare che il sistema carcerario sara' ancora una volta costretto a
prendere in consegna e a restituire alla societa' persone la cui volonta'
non e' dolosa, ne' pericolosa.
Infine, va sottolineato il fatto che l'introduzione del reato di
clandestinita' provochera' come effetto perverso la riduzione a delatori di
tutti i pubblici ufficiali o degli incaricati di pubblico servizio (si',
anche insegnanti, medici, presidi, ecc.), poiche' tutti dovranno sempre
appurare che i propri interlocutori, nel caso si tratti di cittadini
stranieri, siano dotati dell'autorizzazione al soggiorno. Diversamente,
incapperebbero nella previsione generale di cui agli artt. 361 e 362 del
codice penale, avendo omesso di denunciare la commissione di un reato.
E chi opera nel mondo dell'immigrazione, a fianco dell'amministrazione, come
si dovra' comportare? Trovandosi quotidianamente di fronte a migranti
irregolari, dovra' denunciarli? Oppure no, confinando il proprio lavoro ai
margini della stessa legalita', come punto di contatto tra la regolarita' e
la irregolarita', come mediatore giuridico, oltre che linguistico e
culturale?
*
E allora "migrante" suona come "delinquente"
Con l'attuale disciplina dell'immigrazione sembra che si voglia spegnere la
sete legando l'assetato, invece che trovando l'acqua. Il reato di
clandestinita' non fa che aggravare la situazione con esiti disumani,
giuridicamente, e simbolicamente.
Non vi e' dubbio che la trasformazione in reato di una irregolarita'
amministrativa traduce, nell'immaginario collettivo, il migrante in un
potenziale delinquente. Qui non si tratta piu' nemmeno di processi di
stigmatizzazione sociale, ma piuttosto dell'istituzione di veri e propri
apartheid giuridici, che utilizzano come criterio di distinzione dei buoni e
dei cattivi il possesso di uno status: la cittadinanza.
Il 9 maggio 2009 la Guardia di finanza italiana ha respinto una carretta del
mare carica di migranti verso le coste libiche. A bordo di quella barca vi
erano 40 donne, di cui tre in stato di gravidanza, e tre bambini. Madri che
scappavano dalla miseria sperando per se' e per i propri figli, a costo
della vita, un futuro migliore, non hanno di certo festeggiato. In nome
della legge italiana.

6. UNA SOLA UMANITA'. MARCELLA CORSI: AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Caro Presidente,
questa lettera e' per chiederle di non promulgare il testo di legge
deliberato in via definitiva dal Senato il 2 luglio 2009, noto come
"pacchetto sicurezza", in quanto recante norme palesemente incostituzionali
e violatrici di fondamentali diritti umani, e di rinviarlo alle Camere con
messaggio motivato affinche' esso sia modificato conformemente al dettato
della Costituzione della Repubblica Italiana, alle norme di diritto
internazionale recepite nel nostro ordinamento e ai principi della civilta'
giuridica.
Le motivazioni di questa richiesta sono ben espresse negli appelli allegati
(Bruno Segre: Lettera al Presidente della Repubblica; Appello degli
intellettuali contro il ritorno delle leggi razziali in Italia; Appello dei
giuristi contro l'introduzione dei reati di ingresso e soggiorno illegale
dei migranti).
Con stima e speranza di accoglimento
Marcella Corsi

7. UNA SOLA UMANITA'. DANIELE LUGLI: DELLA PAURA E DELLA NONVIOLENZA
[Da "Azione nonviolenta" di luglio 2009 col titolo "Due Minuti d'Odio: la
rivincita dei cattivi contro i buonisti...". L'autore e' presidente del
Movimento Nonviolento e Difensore civico dell'Emilia Romagna]

Il tormentone della sicurezza: il diritto alla paura
Mentre diritti fondamentali vengono negati, un nuovo diritto si afferma, e'
di ultima generazione, il diritto alla paura. Lo promuovono demagogia
securitaria e fabbrica dell'odio. E' un crescendo trentennale che Deaglio
bene documenta nel suo libro Patria, 1978-2008 (Laterza). Non e' esclusivo
del nostro paese ma ha qui importanti espressioni. Si traduce in una voglia
crescente di punire non tanto la criminalita' che soffoca il paese, ma
immigrati e tossicodipendenti che generano insicurezza.
Si assiste alla inversione nel perseguimento dei crimini rispetto alla scala
di gravita', oltre due secoli fa gia' chiara a Beccaria: lesa maesta', vita
e beni, turbamento alla vita sociale. Quelli piu' perseguiti sono infatti i
terzi. Potentati economici e criminali, che distruggono vite e beni,
prosperano tranquillamente. E' quasi quotidiano l'attentato alla
Costituzione, cioe' alla maesta' del popolo sovrano.
"Le nostre paure sono liquide, si attaccano e si staccano a seconda di chi
le vende: politica ed economia", dice Zygmunt Bauman. "La paura e' un
guadagno perenne per i politici che sembrano accollarsi il compito di porre
rimedio alla paura. Stessa cosa vale per le societa' commerciali che ci
offrono un'auto blindata o una casa-fortezza. Entrambi i poteri sarebbero
riluttanti a risolvere le nostre paure perche' ogni paura genera nuovo
reddito: la paura e' un capitale".
*
L'amico della nonviolenza rassicura, non fa violenza e anzi prospetta
apertura
Ci sono motivi per avere paura. Paura di una violenza che in modi e in forme
diverse puo' colpirci. Questo aspetto e' al centro della riflessione e
dell'azione nonviolenta. Dice Capitini che la nonviolenza e' "apertura
all'esistenza, alla liberta', allo sviluppo del vivente". In questa
definizione c'e' il rifiuto della violenza diretta, quella che attenta
addirittura all'esistenza dell'altro, e in ogni caso ne nega la liberta' e
condiziona lo sviluppo. E' anche contro la violenza strutturale, che Galtung
radica nella differenza tra il potenziale di un individuo e la possibilita'
di realizzare tale potenziale. Per la cultura che promuove e',
evidentemente, contro la violenza culturale, che legittima la violenza
diretta e strutturale.
L'amico della nonviolenza conosce la violenza per poterla rifiutare e il
conflitto per poterlo affrontare. Considera il conflitto inevitabile nelle
relazioni tra le persone. Sa che la regola "occhio per occhio" ci rende
tutti ciechi. Nel conflitto opera per trasformarlo positivamente verso una
condizione migliore con mezzi coerenti, ispirati cioe' alla nonviolenza:
identifica i soggetti coinvolti, fa una ricognizione dei loro obiettivi,
trova le loro contraddizioni; costruisce ponti fra le rispettive posizioni.
E' la costruzione di ponti a guidare l'attivita'. Piu' facile a dirsi che a
farsi, ma e' la strada che esigue minoranze e positive esperienze indicano
come necessaria.
*
Sa che la persecuzione non e' una risposta, ma un'aggravante: capri
espiatori
In ogni caso bisogna guardarsi da false soluzioni. Ci aiuta Rene' Girard.
L'opinione pubblica isterica, in attesa di farsi folla violenta, inverte il
rapporto tra la situazione globale della societa' e la trasgressione
individuale. Invece di vedere nel comportamento individuale un riflesso del
livello globale, cerca nell'individuo la causa e l'origine di tutto cio' che
la ferisce (una semplificazione che andrebbe evitata, senza per questo
negare la responsabilita' individuale).
Crolla un fondamento del diritto: non importa che le persone accusate
abbiano realmente commesso il crimine, importa la credenza nei loro
confronti. Non e' necessario fornire la prova. E' vero che non c'e' quasi
societa' che non sottometta le proprie minoranze, i propri gruppi mal
integrati, o anche semplicemente distinti, a forme di discriminazione se non
di persecuzione. Le persecuzioni servono a chi le mette in atto, anche solo
verbalmente, per rassicurarsi ed aggregarsi come gruppo di fronte alla
minaccia.
Questo comportamento, ben presente in ciascuno, si accentua di fronte alla
crisi che stiamo attraversando, per cui imprenditori della paura e forze
politiche, quando cala la Farina, incrementano Festa e Forca.
E' Bauman a notare che si cercano protezioni contro i clandestini, contro
potenziali terroristi e attentati kamikaze. Far passare il governo come
quello che sa riconoscere un kamikaze e' una grande opportunita' per
ristabilire la sua credibilita' e ripristinare la disciplina.
*
L'amico della nonviolenza non vuole essere vittima, ma peggio e' essere
carnefice
L'assuefazione e fin l'approvazione di azioni crudeli nei confronti dei
cosiddetti clandestini perche' non arrivino, e arrivando siano in ogni modo
perseguitati, costituisce un addestramento per tutta la popolazione. Non ci
e' facile essere buoni, ma neppure essere perfidi. Bisogna lavorarci e da
tempo ci si lavora. Finalmente ci si puo' proclamare con orgoglio "cattivi",
di contro agli imbelli buonisti. La costruzione della opinione pubblica
isterica, che puo' preludere alla folla violenta, e' a buon punto. Difficile
sopravvalutare il ruolo dei mass media in questo risultato. Si e' compiuta
molta strada rispetto al 1984 di George Orwell che, quando apparve, sembro'
esagerato: "In un momento d'improvvisa lucidita', Winston si accorse che
anche lui stava strillando come tutti gli altri, e batteva furiosamente i
tacchi contro il piolo della sedia. La cosa piu' terribile dei Due Minuti
d'Odio non consisteva tanto nel fatto che bisognava prendervi parte, ma, al
contrario, proprio nel fatto che non si poteva trovar modo di evitare di
unirsi al coro delle esecrazioni. In trenta secondi, ogni tentativo di
resistere andava all'aria. Una fastidiosa estasi mista di paura e di istinti
vendicativi, un folle desiderio d'uccidere, di torturare, di rompere facce a
colpi di martello percorreva l'intero gruppo degli astanti come una sorta di
corrente elettrica, tramutando ognuno, anche contro la sua stessa volonta',
in un paranoico urlante e sghignazzante".
*
La sicurezza e' buona salute: riparazione, ritessitura del tessuto sociale
strappato. La spilla
Un appello alla ragionevolezza nei confronti di un "paranoico urlante e
sghignazzante" non ha molte possibilita' di essere accolto, e d'altra parte
e' necessario. Occorre ripetere che nessun contributo alla sicurezza puo'
venire dalla persecuzione dei poveracci, dei senza dimora, dei baraccati,
degli emarginati, dei clandestini. Trattarli da pericolosi e ulteriormente
ferirli nella loro dignita' ed escluderli dai diritti e' una buona premessa
per renderli capri espiatori e, in alcuni casi, anche pericolosi.
Occorre far sapere all'opinione pubblica che forme alternative al carcere,
oltre ad essere piu' aderenti alla nostra Costituzione e alla civilta',
hanno anche l'effetto di diminuire clamorosamente la recidiva, mentre la
detenzione la eleva. In queste misure occorre investire. Ma non si vuole,
come dimostra la costruzione di nuove carceri.
I cittadini devono sapere che a loro e' possibile dare un contributo
decisivo alla sicurezza non in qualita' di vigilanti e vicesceriffi,
apprendendo e praticando la necessaria convivenza. Per quello che riguarda
in particolare la presenza crescente di cittadini non italiani, sono
profetiche e preziose le indicazioni di Alexander Langer (Tentativo di
decalogo per una convivenza interetnica, 1994; consultabile nel sito della
Fondazione Langer www.alexanderlanger.org).
C'e' da imparare che sicurezza e' "buona salute" del tessuto sociale, dei
rapporti e della comunicazione tra le persone, presupposto della
solidarieta'. La capacita' di prevenzione e riparazione di una comunita' da
questa dipendono. Leggi, azioni delle istituzioni, dei cittadini singoli e
associati hanno possibilita' di efficacia se a questa finalita' sono
orientate, sperimentando e facendo crescere consapevolezza e competenza.
Ho appreso da una buona esperienza ferrarese a rappresentare la sicurezza
come una spilla da balia. Puo' essere necessario usarla per impedire che uno
strappo del tessuto si estenda oppure per fermare dei lembi in attesa di
cucirli assieme, o perche' va tenuto assieme qualcosa che poi verra'
separato. Fa fronte a un'emergenza ma non e' la soluzione. Pensare che, di
fronte a tensioni, strappi, lacerazioni del tessuto sociale si possa agire
conficcandovi spilloni, spille sempre piu' grosse senza procedere a
ricucire, ritessere in taluni casi, vuol dire solo aggiungere ulteriori
ferite, perche' siamo noi a costituire quel tessuto.

8. UNA SOLA UMANITA'. MOVIMENTO DI VOLONTARIATO ITALIANO (MOVI): AL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Spettabile Presidente,
la nostra rete di volontariato federa e collega diverse centinaia di
associazioni di volontariato in tutta Italia. Fondata da Mons. Giovanni
Nervo e Luciano Tavazza, e' impegnata da oltre trenta anni nella promozione
e sviluppo di legami di solidarieta' e di impegno per il bene comune.
Le chiediamo di verificare attentamente la possibilita' di rinviare alle
Camere il Decreto sulla Sicurezza che rappresenta un grave strappo alla
cultura democratica e ai fondamenti delle nostre istituzioni.
Le trasmettiamo di seguito il comunicato da noi trasmesso alla stampa in
data odierna.
Con profonda stima le porgiamo i nostri piu' distinti saluti
per il MoVI nazionale
Giorgio Volpe
*
Allegato: Comunicato stampa
La Federazione Nazionale del Movimento di Volontariato Italiano esprime
profonda preoccupazione in seguito all'approvazione del ddl sulla sicurezza.
La nuova legge intraprende infatti una strada pericolosa per la convivenza
civile e per la salvaguardia dei diritti degli esseri umani.
Introdurre il reato di clandestinita' creera' enormi problemi
particolarmente agli immigrati che per qualunque ragione vorranno rivolgersi
ai servizi sociali o alle strutture sanitarie e scolastiche. In questo
momento triste e problematico per la storia del Paese, la speciale
attenzione delle nostre organizzazioni e dei nostri volontari e' tutta
rivolta ai tanti minori immigrati che insieme alle loro famiglie
rischieranno di infoltire la schiera dei molti invisibili che vivono nelle
nostre citta'.
Ci preoccupa inoltre l'istituzione delle cosiddette "ronde" di volontari per
la sicurezza, che introducono un'idea del volontariato molto lontana dallo
spirito di solidarieta' e apertura che caratterizza la nostra storia e che
rischiano di innescare al contrario meccanismi incontrollati di intolleranza
e aumento delle tensioni sociali.
Vogliamo affermare con forza che solidarieta' e sicurezza possono e debbono
convivere: e lo affermiamo con forza perche' sappiamo che il nostro lavoro
quotidiano e silenzioso ne e' la prova.
Questo provvedimento, fortemente criticato da ambienti laici e religiosi
italiani e da partiti di maggioranza ed opposizione, oltre a disconoscere
gli sforzi di tanti per una positiva accoglienza e integrazione degli
immigrati, contraddice le convenzioni internazionali sottoscritte
dall'Italia e i principi stessi del nostro ordinamento. Non vogliamo che
venga cancellata l'attenzione all'accoglienza e alla solidarieta': sono i
principi alla base della nostra Carta Costituzionale e i soli valori su cui
fondare un futuro di pace e prosperita' per tutta l'umanita'.
Movimento di volontariato italiano (MoVi)

9. UNA SOLA UMANITA'. FLAVIA NERI: ESSERI UMANI
[Da una piu' ampia lettera personale]

... Mi sono attivata immediatamente, per scrivere al Presidente e per
diffondere l'appello in difesa della Costituzione e dei diritti umani di
tutti gli esseri umani.

10. UNA SOLA UMANITA'. ANNAMARIA RIVERA: RAZZISMO
[Dal quotidiano "Liberazione" del 16 luglio 2009 col titolo "A pezzi la
patria dei buoni sentimenti" un estratto dall'ultimo libro di Annamaria
Rivera, Regole e roghi. Metamorfosi del razzismo, Dedalo, Bari 2009]

Un'affermazione corrente vuole che a muovere il razzismo ordinario sia la
paura (...) e che la strategia degli imprenditori politici e mediatici del
razzismo miri a sollecitarla e nel contempo a placarla illusoriamente.
Quest'ipotesi, pur essendo fondata, ha finito per diventare un luogo comune,
talvolta messo al servizio di retoriche, anche benintenzionate, dietro le
quali si puo' leggere un'interpretazione frusta - e all'acqua di rose, si
potrebbe aggiungere - del razzismo, ridotto al pregiudizio, all'ignoranza,
al sentimento di paura che sempre susciterebbe l'"Altro". In una delle
varianti di questo genere di retoriche, il pregiudizio, attribuito per lo
piu' alla "gente comune", italiana e straniera, e' rappresentato come una
proprieta' transitiva che andrebbe dal cittadino italiano del Nord fino al
piu' reietto dei minoritari e viceversa, senza distinzione di potere, di
ruoli, di status. La chiave per superarlo - si afferma inoltre con un
eccesso di ottimismo - sarebbe "rompere la gabbia", "aprirsi agli altri",
farsi guidare dalla curiosita' "verso i diversi".
Benche' colga uno dei caratteri del razzismo - cioe' l'essere un fenomeno a
geometria variabile, nel quale le vittime di ieri possono divenire i
carnefici di oggi e le vittime di oggi possono condividere pregiudizi verso
chi e' ancora piu' in basso di loro nella scala del disprezzo - questa
teoria spontanea e' riduzionista: trascura le dimensioni economica,
istituzionale, politica, mediatica del razzismo e sembra ignorare che esso
e' un sistema complesso, spesso subdolo, di disuguaglianze sociali,
caratterizzato da forti scarti di potere fra i gruppi sociali coinvolti. Non
escludo che l'ignoranza sia un fattore da prendere in considerazione, ma in
un senso ben diverso: se interpretata come non-possesso di strumenti e
competenze per cogliere, decifrare e nominare correttamente fenomeni e fatti
non contemplati dalla propria educazione e socializzazione, se intesa come
convinzione di sapere, quando invece si sa nella forma del pre-giudizio,
l'ignoranza puo' essere considerata una delle tante ragioni che
contribuiscono a costituire una "comunita' razzista" (...).
In Italia, cinque italiani su cento sono analfabeti totali; trentotto su
cento riescono a leggere con difficolta' una scritta semplice, solo il venti
per cento della popolazione adulta possiede gli strumenti indispensabili per
la lettura, la scrittura e il calcolo. Ma, poiche' nel mondo vi sono
popolazioni che non conoscono il razzismo pur essendo analfabete - e
nondimeno dotate di competenze culturali, anche ricche, di altro genere - si
puo' ipotizzare che l'illettrisme da solo non costituisca una causalita'.
Nel caso della popolazione italiana esso si sposa con processi di
deculturazione (...) e con la tendenza al consumo vorace di cattivo cibo
televisivo, dunque con una particolare esposizione all'avvelenamento da
messaggi mediatici e da campagne razziste veicolate o sostenute dai media.
Oltre tutto, questa esposizione non e' attenuata o compensata dall'abitudine
alla lettura dei quotidiani, dunque dall'opportunita' di mettere a confronto
piu' media e piu' messaggi, ne' dalla possibilita' di accedere agli
strumenti dell'educazione democratica, anzitutto la conoscenza della storia,
della Costituzione, del diritto, delle carte internazionali.
Ma, ripeto, ne' l'ignoranza ne' il pregiudizio sono sufficienti a spiegare
il razzismo. E quanto alla paura, a me sembra che i sentimenti prevalenti
nella "comunita' razzista" siano piuttosto la frustrazione, il risentimento,
il rancore, la rabbia, alimentati dal senso d'incertezza e di frustrazione,
d'impotenza e di perdita di fronte alle trasformazioni della societa' e alla
crisi economica, sociale e identitaria. Se questo e' vero, il circolo
vizioso favorito dagli imprenditori politici e mediatici del razzismo
produce cio' che, parafrasando Enzensberger, potrebbe definirsi come
socializzazione del rancore. E questo si indirizza verso chi, non previsto e
non desiderato, e' considerato come occupante abusivo del nostro territorio
e della nostra nazione, entrambi (...) sempre piu' evanescenti. "Padroni a
casa nostra" e' lo slogan leghista che raccoglie, riassume e legittima
questo sentimento.
La paura, del resto, non spiegherebbe l'indifferenza sociale - il lasciar
morire - di fronte allo straniero inerme, bisognoso o vittima: un
atteggiamento tutt'altro che raro, che sembra smentire un tratto ritenuto
tipico del carattere nazionale, cioe' l'inclinazione alla pieta', alla
compassione, alla solidarieta'. Di sicuro non sono compassionevoli - e
neppure rispettose dei diritti umani - quelle norme, contenute nel disegno
di legge recentemente approvato dai due rami del Parlamento, che interdicono
agli "irregolari" d'inviare denaro a casa, di sposarsi, di registrare la
nascita dei figli, di riconoscere i figli naturali, di registrare il decesso
dei familiari: lo stereotipo che rappresenta l'Italia come la patria del
mammismo, del sentimentalismo e del buon cuore ne esce a pezzi.

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NESSUNO SI RASSEGNI ALL'APARTHEID
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Supplemento straordinario de "La nonviolenza e' in cammino" del 18 luglio
2009
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