La domenica della nonviolenza. 216



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LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 216 del 17 maggio 2009

In questo numero:
1. Poiche' le armi uccidono, tu allora
2. Osvaldo Caffianchi: Dalle parole ai fatti. Si' al referendum brasiliano
per vietare il commercio delle armi
3. Benito D'Ippolito: Sette lapidi per dire un si'
4. Le ragioni del si'. Nei volti di persone assassinate
5. Benito D'Ippolito: Incidente a Kabul
6. Ricciardo Aloisi: Io sono quello
7. Tu
8. Osvaldo Caffianchi: Paesaggio dopo la battaglia
9. "Forum comunitario di lotta alla violenza" di Bahia: Mi hanno ammazzato e
non potro' votare

1. EDITORIALE. POICHE' LE ARMI UCCIDONO, TU ALLORA

Riproponiamo ancora una volta i testi seguenti, che gia' ripubblicammo con
la seguenti parole introduttive.
"Meno armi, meno uccisioni. Il disarmo salva le vite. Nel 2005 si tenne in
Brasile profetico un referendum per l'abolizione del commercio delle armi
assassine. Lo perdemmo, ma gia' il fatto di averlo realizzato indica
all'umanita' una via. Altri, li' e altrove, dovremo farne, finche'
vinceremo. Questo foglio ha l'orgoglio grande di aver compreso quanto
decisiva fosse per l'umanita' intera quella iniziativa, e s'impegno' a
promuovere la solidarieta' dall'Italia con le sorelle e i fratelli
brasiliani. Tra i molti testi che pubblicammo e ripubblicammo allora (tra
cui utilissimi materiali brasiliani che traducemmo allora e che restano
ancora ottimi strumenti di informazione, coscientizzazione e lotta) c'erano
anche i testi che di seguito si ripropongono".

2. OSVALDO CAFFIANCHI: DALLE PAROLE AI FATTI. SI' AL REFERENDUM BRASILIANO
PER VIETARE IL COMMERCIO DELLE ARMI

C'e' gente che di disarmo chiacchiera
chiassosamente nei bar e nei salotti
e nelle conferenze per la pace
elegantissimi, interminabilmente.

E questi sono i complici
degli assassini.

E poi c'e' gente che il disarmo lo fa.

E questi salvano il mondo.

3. BENITO D'IPPOLITO: SETTE LAPIDI PER DIRE UN SI'

Aveva barato e io me n'ero accorto
non era per i soldi, solo non volevo
passare per fesso. Per questo l'ho detto.

Potevo immaginare
che avrebbe estratto il pezzo?

Potevo immaginare che un ferro cosi' piccolo
pungendomi nel cuore in una vampa
mi avrebbe tolto tutto in un momento?

E in quel bar c'ero entrato per bere solo un goccio.

*

D'accordo, si', l'avevo tamponato.
Aveva fretta, e avevo fretta anch'io.
Ma poi strillava la sua bella macchina
che invece era un catorcio e glielo dissi.
Fu allora che mi fulmino'. Ricordo
sopra la fiamma la faccia da gufo.

*

Nel sottoscala c'erano gli indiani
la principessa c'era da salvare
ero nell'ultima trincea, i crucchi
venivano. E soltanto io potevo
salvare tutti, si', come in quel film.
Nei miei dieci anni ero grande ormai
da prender la pistola nel cassetto
quando mi cadde e mi trapasso' il petto
non c'erano piu' indiani o principesse
solo ero in casa e non avevo forza
per dire aiuto, o forse non volevo.

Mi dissanguai in silenzio, per fortuna
ero gia' morto quando torno' a casa
la mamma con la spesa dal mercato.

*

La prima pietra, certo, lo ricordo
ma sono storie di un tempo lontano
o di un mondo ancora da venire.
In questo invece io ero innamorato
e lei mi amava e certo a suo marito
non lo potevo andare a raccontare.
Ci penso' qualcun altro e quando venne
avrei voluto dirgli che poteva
rompermi il naso e che poi mi ascoltasse
ma lui aveva in tasca la 38.

*

Delle due l'una, se si e' una famiglia
uno porta i calzoni e gli altri sotto.

Invece sempre lagne, arrivi a casa
che sei una bestia, che sei stanco morto
e mai una volta che il pranzo sia pronto
e mai una volta che ti si obbedisca.

Insomma, un uomo e' un uomo, le ho sparato.
Poi tutto era cosi' sporco e vuoto
che mi son messo la pistola in bocca
e ho chiuso gli occhi e non li ho piu' riaperti.

*

Ci pare a tutti di essere i piu' furbi
cosi' ogni tanto mi ero immaginato
che se venivano a rubarmi a casa
gli davo il fatto loro e buonanotte.
Sai quante volte mi ero esercitato
con la mia torva immagine allo specchio.
Ci pare a tutti di essere il piu' volpe.

Poi son venuti e tutto era confuso
e la pistola era cosi' pesante
che non riuscivo a tener dritto il braccio
ridendo la strappo' dalle mie mani
quasi volevo ringraziarlo, e invece
sentii un botto che sfondava i timpani
e la puzza di fumo e poi piu' niente.

*

E una e due e tre volte ripetei
fermosparo fermosparo fermosparo
poi chiusi gli occhi e strinsi il pugno e dentro
nel pugno strinsi il ferro e parti' il colpo.
Poi vidi Ignazio che gia' rantolava
e non mi resse il cuore e anch'io mi spensi.

4. LE RAGIONI DEL SI'. NEI VOLTI DI PERSONE ASSASSINATE

UNA SERA DI CHICO MENDES

"Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho serbato la
fede"
(2 Tm 4, 7)

La selva e nella selva l'altra selva
quella nei laghi neri del cuore
quella ove incontri lupe, leoni, lonze
e i killer prezzolati dai padroni.

La selva e nella selva vivi gli alberi
e sotto la corteccia il sangue loro
ed e' mestieri di cavarne stille,
fratelli alberi, abbiamo fame anche noi.

La selva e nella selva gli abitanti
della selva. Ed ecco stabiliamo
un patto nuovo tra noi della foresta,
fratelli umani che dopo noi vivrete.

La selva e noi, le donne antiche e gli uomini
antichi e gli uomini e le donne che eccoci.
Stringiamo un patto, sorelle piante, ci diciamo
parole di rispetto e di dolore, fratelli alberi
abbiamo fame anche noi, hanno fame anche altri, tutti
vogliamo vivere.

La selva e nella selva io Chico Mendes
e tre proiettili che passo dopo passo
di ramo in ramo di talento in talento
dal portafogli e dalla scrivania
fino alla tasca e alla cintura e alla fondina
e' tanto che mi cercano, e cercano me
Chico Mendes, il sindacalista
l'amico della foresta, l'amico della nonviolenza.

Ed e' gia' questo ventidue dicembre
del mille novecento ottantotto
questa e' la porta di casa mia, sono
le cinque e tre quarti. E mi sotterreranno
nel giorno di Natale antica festa.
Piangono nella selva lente lacrime
di caucciu' le piante, piange l'indio
piange Ilzamar, Sandino ed Elenira
piangono e piangono i compagni tutti,
il sindacato piange e piange il cielo
in questa sera senza luce e senza scampo.

Mentre mi accascio guardo ancora il mondo
che possa vivere
ho fatto la mia parte.

*

PIPPO FAVA

Degli infiniti mondi questo era
dei ciarlatani il mondo.
E dei mafiosi.

E delle oppresse e degli oppressi in lotta
per il riscatto e per la dignita'.

Ti offrivano casse di vini pregiati e sorridendo
ti dicevano di smettere, ma chi te lo fa fare, pensa
alla salute.

Ministri e cavalieri, stallieri e magnati
ti guardavano come una sfinge, cosa poteva volere
quella faccia di greco antico
che certo amava la vita.

Amava la vita ed amava la Sicilia
che e' la vita quando la vita e' insieme felice e amara.
Amava la Sicilia che e' la Grecia
di Empedocle e il mondo quando tutto
era colmo di dei e di dee. Amava
la Sicilia che non si arrende, la Sicilia
dei contadini e degli zolfatari,
degli emigranti e delle magre donne
forti come la roccia.

Era uno come Diderot: fece piu' che delle opere
fece delle persone.
Trovo' compagni e suscito' la lotta, quando
tutti tacevano e lui levo' la voce, e cosi' quando
sarebbe stato facile cedere in una smorfia,
in un ammiccare ironico e lieve, e invece lui
levo' la voce.

Lo avevano avvisato, non dite di no. Avvisato
lo avevano, ma lui
niente
e con quel sorriso e con quel cercare grane
sempre d'attorno andando col fiuto e con la tigna.
Lo avevano avvisato ma lui niente
testa dura che voleva spianare le montagne.

Poiche' non lo fermarono i sorrisi
poiche' non lo fermavano gli avvisi
poiche' cresceva intorno a lui, tramite lui
quella cosa che si chiama Resistenza
e puoi dirla solamente in lieve soffio,
mandarono a fermarlo infine i killer.

Sono passati anni e a quella notte
tante altre fredde notti di dolore
si sono aggiunte tale che s'incrina
il mondo sotto il peso della mole.

Sono passati anni e Pippo Fava
e' ancora qui, compagni, e vive ancora
e vivra' ancora finche' tu non cedi.

*

UNA CANZONE PER MARIANELLA GARCIA

Ay Marianella, Marianella Garcia
potevi fare la vita dei signori
i tuoi buoni studi, il tuo seggio in parlamento
ma tu scegliesti di stare con noi poveri.
Ay Marianella che pioggia di sangue.

Era Marianella sorella di noi morti
perche' amava la vita e che la vita
fosse degna di essere vissuta.
Ay Marianella si spensero le stelle.

Era intrepida e vestita di umilta'
sapeva che i fascisti la cercavano
e ti raggiunse la furia dei fascisti.
Ay Marianella la furia dei fascisti.

Parlava la lingua dei contadini e degli angeli
sapeva le parole che guariscono
parole di luce e di pane.
Ay Marianella la terra nera e rossa.

Sapeva tutte le cose e anche le cose
che tutti sanno e e' difficile dire
e lei le diceva con voce di uccellino.
Ay Marianella che fredda e' la notte.

Ti ammazzarono come hanno ammazzato
i morti che cercavi e che il tuo sguardo
resuscitava nel cuore del popolo.
Ay Marianella che pianto infinito.

Cosi' dura e' la nostra dura vita
che anche nella gioia noi piangiamo
ma mentre ti piangiamo ricordiamo
con gioia che sei stata e resti viva.
Ay Marianella, Marianella Garcia.

*

EPIGRAFE PER IL RESISTENTE JOSEF MAYR-NUSSER

Almeno io ti voglio ricordare, e ringraziare ancora,
Josef Mayr-Nusser che fosti arruolato
a forza nelle SS e che dicesti no.

Sul treno per Dachau, nel vagone bestiame
moristi da resistente, non da carnefice.

Avessero molti fatto la tua scelta
non avrebbero inondato il mondo
quanto dolore, quante lacrime, quanto sangue.

Almeno io qui ti ringrazio ancora
Josef Mayr-Nusser che dicesti no.

*

PER OSCAR ROMERO

Prima di essere Romero Romero
non era ancora Romero. Tutti
dobbiamo divenire cio' che siamo
e che non siamo finche' non ci troviamo
a quell'antico bivio della scelta.

Era Romero uomo di fede
ma la sua fede non era ancora
la fede di Romero, prima occorse
che quella fede nella fede lo trovasse
gliela recasse un popolo piagato.

Cosi' dall'astratto al concreto
dicono certi antichi dottori
muovesi il mondo, il mondo vecchio e stanco
cosi' si mosse anche Oscar Romero
muovendo incontro a verita' e martirio.

Dicono: cosa si puo' fare? Nulla.
E dicono anche: cosa
si puo' fare? Tutto.
E non e' vero. Ma quel che e' da fare
tu fallo, e cosi' sia.

Sotto lo sguardo degli assassinati
Oscar Romero incontro' se stesso
sotto lo sguardo degli assassini
incontro' se stesso Oscar Romero.

Viene sempre quell'ora inesorabile
in cui devi levare la tua voce.
Tu non vorresti, vorresti restare
nel silenzio che sa molte lusinghe
molti segreti, e molti pregi reca.
Ma viene sempre l'ora della voce.

Venne quell'ora per Oscar Romero
a rivelargli il volto e il nome suo
venne quell'ora recata dal silenzio
degli assassinati e recata dal silenzio
degli assassini, e giungi al paragone.

Prese ad un tempo la parola e la croce
e messosi alla scuola degli scalzi
ne fu piu' che avvocato, compagno.
Sapeva anche lui dove quella portava
strada, sapeva anche lui quale suono
avrebbe spento un giorno la sua voce.

Come chiodi che secco un martello
nel legno batte e conficca, il colpo
della pallottola irruppe nel suo corpo
fatto legno, fatto vino, fatto croce
fatto pane, fatto luce, per sempre
raggiunse Romero Romero, ormai voce
per sempre dell'intera umanita'.

*

IN MEMORIA DI DIETRICH BONHOEFFER

I.
Quando impiccarono Dietrich Bonhoeffer
dal cielo si senti' come un sospiro
profondo.
Il buon Signore aveva perso un forte
e buon compagno, e ne gemeva triste.

All'ora nona si rirallegrava
il cielo tutto
che' Dietrich Bonhoeffer
compiuta la sua corsa era tornato
infine a casa.

II.
E voi miei cari a cui qui intorno al fuoco
in questa veglia io riracconto ancora
la storia vera e la vera leggenda
del buon Dietrich Bonhoeffer, resistete
come lui resistette.

E non crediate
che non ha senso questo nostro esistere
resistere, cercare, accarezzare
lottare per la vita e la giustizia.

*

L'INTERPRETE

Mi informa compunta la televisione
che sulla strada tra Mossul e Tikrit
dei soldati americani hanno sparato
all'automobile di un diplomatico italiano
membro del governo di occupazione,
che si erano sbagliati e si sono dispiaciuti,
gli italiani sono buoni amici,
gli americani ragazzi un po' irruenti.

Dell'interprete iracheno assassinato
perche' parlarne? perche' scusarsi?
Il suo volto e il suo nome non contano,
la sua vita neppure.

Messo in abisso
qualcosa di distorto e di profondo
vi e' qui da interpretare, ma l'interprete
e' per l'appunto morto.

*

BLUES DEL NOSTRO FRATELLO DOTTOR KING

Era poco piu' che un ragazzo, il nostro fratello dottor King
la storia lo aspettava a una fermata d'autobus
e la storia quel giorno
aveva il volto stanco e i piedi gonfi
di nostra sorella Rosa Parks, che sempre sia lodata.

Era poco piu' che un ragazzo, il nostro fratello dottor King
ma aveva un sogno e quando sogni forte
non c'e' muraglia che possa resistere
ed e' quel sogno che mette in cammino
la carovana umana, che sempre sia lodata.

Era poco piu' che un ragazzo, il nostro fratello dottor King
paziente lo attendeva il suo sicario
e quelli che pagarono il sicario
ancora comandano, certo
ma l'anima di King non l'hanno infranta, che sempre sia lodata.

Ancora comandano, e' vero, gli oppressori
ma la marcia di Martin Luther King,
poco piu' che un ragazzo, non l'hanno fermata
essa continua con le nostre gambe
coi nostri sogni, e vinceremo noi. Che sia lodato il cielo e anche la terra.

*

UNA LEGGENDA APOCRIFA OVVERO EULOGIA DI MASSIMILIANO DI CARTAGINE

I.
Solo questo so di te, che nell'anno
195 ti fucilarono
perche' obiettore al servizio militare.

Immagino che venne un centurione
coi suoi esperti di pubbliche relazioni,
psicologi, pubblicitari, sceneggiatori di telenovelas,
a dirti mentre eri in galera
sei un bravo giovane, chi te lo fa fare
vieni con noi, imparerai un mestiere.
E Massimiliano rispose di no.

Mandarono da lui certi suoi parenti, certi prominenti
concittadini, a dirgli
lo sai che noi cartaginesi
siamo gia' guardati con sospetto
per certe vecchie storie di Alpi e di elefanti
di annibali e di asdrubali e scipioni
non metterti a fare casino
vesti la giubba, non c'e' altro da fare
e combattere per l'impero ha pure i suoi vantaggi.
Ma Massimiliano rispose di no.

E vennero allora a persuaderlo
certi amici di quando al campetto
giocavano insieme a pallone, gli amici
del bar: Massimilia' falla finita
da quando ti sei messo con quei tizi
del galileo morto ammazzato
ti stai mettendo in un mare di guai.
Che diamine mai hai contro i marines?
Falla finita con quei beduini
da' retta al nostro buon signor Belcore
la paga e' buona ed il lavoro e' poco.
E quello cocciuto, come un mulo a dire no.

II.
Dicono male delle corti marziali
dicono male dei plotoni d'esecuzione
forse che e' meglio farlo col coltello
in un vicolo buio di notte?

Dicono che siamo repressori
e genocidi addirittura; e andiamo!
forse che non ci vuole anche un po' d'ordine
in questo letamaio di colonie?
e il roman way of life non costa niente?
Eppure la volete, la televisione
il telefonino.

E allora poche storie, lo ammazzammo
perche' dovemmo, mica potevamo
lasciarlo andare il vile disertore
oltretutto terrone, anzi affricano.

La civilta', insomma, va difesa.

III.
Quante incertezze, quanta paura certo durasti.
Solo i babbei
pensano che gli eroi sono una specie
di nazisti spretati. E invece i martiri
hanno paura come noi, e tremano
come noi, come noi dubitano
di star tutto sbagliando, di sprecare per nulla la vita.

Ma infine ristette fermo nel suo no
Massimiliano di Cartagine. E fu fucilato.

IV.
Ecco, io mi alzo in piedi nell'assemblea
e prendo la parola, e dico:
obietta alla guerra e alle uccisioni
combatti contro gli eserciti e le armi
scegli la nonviolenza.

Ecco, io prendo la parola in assemblea,
mi alzo in piedi e dico:
fermiamo le fabbriche di armi
assediamo le basi militari
impediamo i decolli dei bombardieri
strappiamo gli artigli alle macchine assassine.

Ecco, io dico al soldato: diserta
io dico al ferroviere: ferma il convoglio
io dico al vivandiere: non preparare
di carne umana il pranzo al generale.

Ecco, io dico, la guerra
puo' essere, deve essere fermata.
Con l'azione diretta nonviolenta.
Con il gesto del buon Massimiliano
cartaginese, che i romani fucilarono.

*

RACHEL CORRIE

Quelli di noi che hanno passato notti
al freddo e al gelo sanno che vuol dire
non avere una casa.

E quelli di noi che hanno avuto paura
subendo minacce e percosse, di essere uccisi
sanno cos'e' la paura.

E quelli di noi che ai padri hanno chiuso
sul letto di morte gli occhi, sanno sanno
sanno la morte che orrendo nemico e' di tutti.

E quelli di noi che hanno avuto lo strazio
di vedere morire gli amici e di vedere
eserciti muovere alla caccia
di carne umana, come possono, come possiamo
tacere, restare nelle tiepide case
col cibo caldo tra i visi amici.

Cosi' Rachele mosse di lontano
verso quel cuore del mondo che ha nome Palestina.

Cosi' Rachele mise l'anima sua e il suo corpo
tra l'esercito e le vittime
tra le ruspe che demoliscono
e le case in cui poter vivere ancora.

Cosi' Rachele la molto amata
torno' in Palestina.
Lo dico a te Labano, lo dico a te Giacobbe.

Cosi' Rachele fu uccisa e questa morte
e' la morte di tutte le donne che portano vita
lungo i tornanti di questa preistoria
di Margarete dai capelli d'oro
di Sulamith dai capelli di cenere.

Non ho parole, ho solo greve un pianto
e molte amare memorie e una speranza sola:
che resusciti Rachele
nella pace tra i popoli, nel ricordo
dell'orrore, nell'alleanza nuova
che a tutte e tutti riconosca vita,
che a tutte e tutti riconosca dignita'.

E' questa resurrezione
questa compresenza dei morti e dei viventi
nella comune lotta per l'umano
cio' che qui chiamo ancora nonviolenza.

E' la lotta di Rachele
la nonviolenza in cammino.

*

ETTY HILLESUM, O LA FORZA DELLA VERITA'

Scegliere il bene, pensare col cuore,
condividere il dolore, avere cura
degli afflitti, totalmente ripudiare
la violenza, rifiutare
la salvezza per se' che affoga gli altri.

Fare la scelta della compassione
in nulla cedere al male
salvare tutti dinanzi all'orrore
salvare almeno l'umanita' futura.

*

ROSA LUXEMBURG

Quando e' normale prendere il fucile
e strappare la vita alla gente
allora la galera e' il posto giusto
per le persone giuste, e li' era Rosa.

Quando e' normale che la gente buona
per prima venga presa e assassinata
per prima Rosa viene data ai pesci.

Ma questa norma dei vampiri Rosa
insegno' a smascherare, a contrastare,
per costruire un mondo non piu' barbaro
in cui normale sia esser d'aiuto.

*

EDITH STEIN, DELLA COSCIENZA

Tutto e' pensiero e storia e tutto si rovescia
nella coscienza, e tutto vi si specchia.

Sta a te tenere limpido lo specchio
vedervi riflessa la via
tendere le braccia
salvare in te il mondo, aprire
porta dopo porta il varco
alla liberazione di tutti.

*

MILENA JESENSKA'

Vi e' una prima Milena, l'amica di Kafka
che e' il pozzo silenzioso che il praghese
colma delle parole in cui cerca di sciogliere
l'infinito auscultarsi nella notte: acque,
e delle acque la rottura che non viene
e il mistero che non affiora, e la luna,
la luna nel pozzo.

E vi e' una seconda Milena, la Milena restituita
da Margarete che la incontro' nel lager.
Oscuro mistero, che la sua vita
sia stata salvata dalla memoria
di chi la incontro' nell'inferno nazista.

Ed e' la Milena delle rotture
e del coraggio, la donna
che sa dire di no e di si',
che lotta inesausta, che e' uno
dei volti piu' belli della Resistenza.

*

OLYMPE DE GOUGES, O LA FORZA DELLA VERITA'

Credette Olympe che la rivoluzione
fosse fatta per liberare tutti
- e dunque tutte -
e fosse fatta perche' le uccisioni
cessassero - ed a tutti
e tutte fosse la vita fatta salva.

Tratta al patibolo perche' affermava
sia l'uguaglianza che la differenza
tratta al patibolo perche' affermava
che e' delitto uccidere, e demenza.

*

RUTH FIRST, O DEL POTERE DI TUTTI

Convincerla  a piantarla di pensare, di parlare, di opporsi al razzismo
non era possibile.
Cosi' la spensero con un pacco bomba
un pomeriggio dell'ottantadue.

Era stato spedito quel pacco molti anni
prima, era l'anno sessantatre, fu allora
che non bastando quei centodiciassette
giorni di carcere il regime razzista
spedi' quel pacco che vent'anni dopo
la raggiunse a Maputo. Le poste
sudafricane erano forse lente
ma inesorabili. Lei
non aveva cessato un solo giorno
di lottare contro l'apartheid
di costruire il potere di tutti
di resistere ad ogni razzismo.

Non era possibile farla tacere
cosi' la spensero con un pacco bomba.
Ma ancora lotta, ancora parla, ancora pensa
Ruth ogni volta che qualcuno ovunque
nel mondo si ribella alla menzogna
alla violenza all'ingiustizia all'odio
ogni volta che ovunque qualcuno
afferma il potere di tutti, l'umanita' comune,
li' Ruth First e' stata ascoltata
e quindi il pacco bomba non riusci'
a raggiungere l'intento, nel tragitto
si perse, e Ruth First l'assassinata
e' ancora qui, ed e' invece crollato
il regime che pensava di annientarla.

*

LITANIA DEI MORTI IN PREGHIERA

Leggo sul giornale la notizia assente
lungo una strada una discarica abusiva
sulla discarica deposti, scaricati
morti asfissiati sei giovani migranti:
sei clandestini, leggo sul giornale
che aggiunge: il tir
partendo in fretta e furia
con una ruota ha calcato il capo spento
di uno dei morti, schiacciandolo
facendone scempio.

Vedo
la scena tutta: la strada, il grande camion
il cumulo maleodorante dei rifiuti
la fretta di sgravare a terra il carico
inerte, lo sguardo da lupo il fiato affannoso
le bestemmie masticate in gola
di chi scaglia tra i residui i residui
corpi. Vedo
il camion pesante macigno, il fumo
dei gas di scappamento, il crocchiare
orribile che non posso, non posso dire.
E vedo ancora
come sacchi quei corpi rotti
che attendono l'alba, il giorno, il passaggio
delle automobili, il sole
che alto si leva, il tempo
che passa e che fermenta, finche' viene
qualcuno e si ferma
ed e' tardi.
Poi vedo che arrivano uomini molti,
si fermano auto e furgoni, ed e' tardi.
Vengono le telecamere, le macchine
fotografiche, un momento ancora,
ancora un momento prima di gettare
un velo pietoso, il pubblico cannibale
vuole vedere il sangue, lo scempio.
Poi tutto si avvolge. Tutto torna nero.
Tutto resta nero, e nel nero un piu' cupo
nero che sembra quasi rosso. E un silenzio
tumescente.

Leggo il giornale, uno dei poveri
cristi ammazzati cosi' dalle leggi di Schengen e dalle mafie
transnazionali cui lo stato ha appaltato
il mercato del diritto a fuggire
dalla morte altra morte trovando,
leggo il giornale uno dei cristi poveri
stringeva ancora in mano una piccola, una piccola coroncina
da preghiera.

Mentre affogavano tra le balle di cotone
pregavano, pregavano i miseri clandestini.

Ascoltala tu la loro pia preghiera.
Ascoltala tu, che leggi queste righe.
Tu poni mano a far cessar la strage.

Ipocrita lettore, mio simile, mio frate.
Ascoltala tu la voce dei morti
e poni mano tu, poniamo mano insieme, a far cessar la strage.

*

BALLATA PER UNA REGINA

Ci sono cose che non sai come dirle
e allora le scrivi a righe interrotte.

Dilaniata dai randagi la salma
e' stata scoperta giorni addietro
di una giovane donna nigeriana
resa schiava in Italia e venduta
come carne e cavita' sulla strada
tra Tuscania e Tarquinia, tra le tombe
etrusche, le romaniche chiese, le ubertose
campagne che vanno alla maremma.

Leggo sui giornali gli impietosi
dettagli di cronaca nera, gli empi
segni di sempre da quando Caino
al campo invito' suo fratello.

Leggo sui giornali, i giornali locali
(non e' notizia da cronaca italiana
una persona annientata e abbandonata ai cani:
e' invece fatto
che sconvolge l'ordine del mondo, ma di questo
sapevano dire Eschilo e Mimnermo, non le aulenti
di petrolio pagine quotidiane).

E dunque leggo sui giornali locali:
dicono che si chiamasse Regina, venisse
dalla Nigeria, presa e recata
schiava in italia, dicono
chi l'abbia uccisa non sapersi.

E invece io so chi l'ha uccisa:
anche se non l'ho mai vista ne' da viva ne' ormai resa cosa
immota e deturpata. Io so
chi l'ha uccisa, e lo sappiamo tutti.

E non solo l'eventuale fruitore di servigi
che in un raptus puo' averle torto il collo
a quel piccolo giocattolo che costava quattro soldi

e non solo il racket che fornisce
carne giovane e fresca di fanciulle ai lupi
che usciti di scuola o dall'ufficio
sulle loro carcasse di ferro perlustrano
i fiumi d'asfalto alla caccia di prede

e non solo lo stato italiano che vede
tanto orrore per le sue strade
e non agisce per salvare le vite
concrete di esseri umani, non agisce
per far valere quella legge che vieta
nel nostro paese la schiavitu'

e non solo.
Io stesso mi sento le mani
sporche di sangue, io stesso che so
che a questo orrore resistere occorre
e che da anni non so fare altro
che spiegare come applicare
quell'articolo della legge 40
combinato con quell'altro articolo
del codice penale e come e qualmente
le istituzioni potrebbero salvare
la vita di tante Regine assassinate.
E nulla di piu' ho saputo fare.

E queste parole che ho aggiunto
avrei voluto tacerle.

*

ALCUNI ALTRI OMISSIS DA UN RAPPORTO

La notte era assai buia
l'auto aveva quattro ruote
i nostri ragazzi sono impetuosi
gli italiani e' difficile distinguerli
dagli arabi, dai terroristi, dai cani.

La notte era assai buia
sparano i mitra, servono a questo
ve lo avevamo detto mille volte
di starci dietro, dietro e non di fronte
di starvene accucciati, come tutti.

La notte era assai buia
per questo mancammo gli altri due.

*

ANCORA UNA CANTATA DEI MORTI INVANO

E noi siamo i soliti morti
i soliti morti invano
quelli come sempre poco furbi
che non sapevano guardar lontano
e quelli come sempre troppo furbi
che non sapevano guardar vicino.
Adesso siamo qui, presi all'uncino
nello sheol infrante estinte spoglie
morti per sempre come tutti i morti,
e come tutti i morti morti invano.

E noi anche avevamo attese e voglie
e vite personali e aspetto umano
di femmine e di maschi, e come foglie
discerpaci ed invola un vento vano.
E i sogni alati e le gioie e le doglie
tutto disparve qual miraggio arcano
quando al lume dei giorni e al buon cammino
per sempre ci strappo' il colpo assassino.

E voi che questa voce che si spegne
avete cuore di ascoltare ancora
sappiate che anche le nostre eran degne
di essere vissute vite, e l'ora
che ce le tolse - ed erano ancor pregne
di luce e di belta' che t'innamora -
non fu di caso o fato il cupo frutto:
furono uomini a rapirci tutto.

E tu che ancora senti e ancora vedi
a te affidiamo un'ultima parola:
ferma la guerra, con le mani e i piedi;
ferma la guerra e bruciati la gola
a forza di gridarlo; e se non cedi
vi e' speme che s'inceppi questa mola
e cessi questa storia di orchi e brace
e possa venir l'ora della pace.

Ma noi siamo solo i soliti morti
i soliti morti invano
quelli come sempre poco furbi
che non sapevano guardar lontano
e quelli come sempre troppo furbi
che non sapevano guardar vicino.
Adesso siamo qui, presi all'uncino
nello sheol infrante estinte spoglie
morti per sempre come tutti i morti,
e come tutti i morti morti invano.

5 BENITO D'IPPOLITO: INCIDENTE A KABUL

Uccidono, le armi. E le persone
muoiono. Quanti
dovranno ancora morire
prima di capire,
prima di capire.

6. RICCIARDO ALOISI: IO SONO QUELLO

Io sono quello che raccoglie la gente
morta ammazzata in mezzo alla strada.
Certo fuggi' da quegli squarci l'anima
e tutto il resto e' come fosse nulla.

Io sono quello che chiude gli occhi ai morti
perche' non vedano per sempre questo orrore.
L'urlo dell'orco spensa la fiamma
tenebre vennero di eterna solitudine.

Povera gente che si tuffa a pesce
nella saracinesca della morte.
Per ogni buco inchiodato nella carne
un altro tallero ingurgita lo scrigno.

E io sono quello che lava del sangue
le strade dell'alba, le strade dei sogni.
Mi turo il naso, mi tappo le orecchie
vedo passare l'orchestra dei diavoli.

Poi viene il giorno che non ce la fai piu'
non reggi piu' che si ammazzi la gente
piu' non sopporti chi lavora per la morte
e ti disgusta questo mondo rovesciato.

Io sono quello che vota si' al disarmo.

7. TU

La mano assassina fermala tu.
Solo il disarmo salva la vita.

8. OSVALDO CAFFIANCHI: PAESAGGIO DOPO LA BATTAGLIA

Nei siti della stampa brasiliana
le ultime condanne a morte leggo.

Ai miei studenti sempre dico: e' questo
il limite della democrazia
che anche scelte scellerate possono
essere assunte, e allora e' saggia cosa
che prima di votare tutti sappiano
quello che e' in gioco: e in gioco qui e' la vita
di innumeri concreti cristi e criste.

Ai miei studenti sempre dico: tu
tu non uccidere, salva le vite.
Ai miei studenti sempre solo dico:
pensa a fermare la mano assassina
e tutto il resto verra' poi in dono.

Io sono grato a voi, amiche e amici
che dal Brasile avete questa lotta
condotto per salvare vite umane
e umana dignita', per tutto il mondo.

E vi chiedo perdono per non essere
riuscito a dare anch'io una mano ancora.

Ci fossimo a voi stretti tutte e tutti
altro sarebbe stato il risultato
e il mondo oggi sarebbe piu' abitabile
l'umanita' sarebbe piu' felice.

Ma anche questo so, che a contrastare
la morte severina ancora e ancora
continueremo insieme, che la lotta
per il disarmo, per la nonviolenza
per l'internazionale umanita'
di eguali e libere persone ancora
continua. E che la verita' e' in marcia.
Ed e' coi nostri piedi che cammina.

Solo il disarmo ferma le uccisioni
solo la nonviolenza salva tutti.

9. "FORUM COMUNITARIO DI LOTTA ALLA VIOLENZA" DI BAHIA: MI HANNO AMMAZZATO E
NON POTRO' VOTARE
[Da "La domenica della nonviolenza" n. 40 del 25 settembre 2005 riprendiamo
ancora il seguente testo preceduto dalla nota introduttiva: "Ringraziamo
Maria Eunice Kalil (per contatti: mabice at terra.com.br) per averci inviato
questo appello per il si' al referendum del 23 ottobre per la proibizione
del commercio delle armi diffuso dal 'Forum comunitario di lotta alla
violenza' di Bahia. Maria Eunice Kalil e' responsabile del 'Forum
comunitario di lotta alla violenza' di Bahia, Brasile (per contatti:
fccv at ufba.br). La traduzione italiana, non del tutto letterale, e' di Benito
D'Ippolito"]

Mi hanno ammazzato. E non potro' votare
per il disarmo che salva la gente.
Rubato mi hanno i miei anni e la vita.

Mi hanno ammazzato a quindici, a vent'anni
ho perso il conto di quante pallottole
hanno ficcato a forza dentro me.

Pallottole vaganti, casuali,
sparate tra le risa, a passatempo,
le carni mi trafissero ugualmente
quelle per caso e quelle d'improvviso
nell'attimo rabbioso, o con la mente
gelida. Un lampo, e tu non sei piu' niente.

Per futili motivi mi ammazzarono
per un sorpasso e per una frenata
per uno sguardo, un capogiro, un bacio.

Mi hanno ammazzato perche' c'era un'arma.

E non potro' votare piu'. Sarete
voi a votare anche per me, votando
quel si' che altre salvera' persone.

Quel si' che e' il modo di fare felice
ed onorare me, e molti, e tutta
l'umanita'. Il disarmo dona vita.

Il 23 ottobre vota si'.

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LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 216 del 17 maggio 2009

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