Minime. 820



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 820 del 14 maggio 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Peppe Sini: In poche semplici parole
2. Alberto D'Argenzio intervista Thomas Hammarberg
3. Cinzia Gubbini: Le violazioni del ministro Maroni
4. Pax Christi: "Ero straniero e mi avete accolto" (Mt 25,35)
5. Per la solidarieta' con la popolazione colpita dal terremoto
6. Umberto Santino: La Resistenza continua
7. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento
8. La "Carta" del Movimento Nonviolento
9. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. PEPPE SINI: IN POCHE SEMPLICI PAROLE

L'apartheid e le deportazioni sono crimini contro l'umanita'.
I provvedimenti governativi che mirano ad introdurre in Italia il regime
dell'apartheid e delle deportazioni sono un crimine contro l'umanita'.
Al regime dell'apartheid e delle deportazioni e' diritto e dovere di ogni
essere umano e dell'umanita' intera opporsi.
Con la forza della verita', con la scelta della nonviolenza.

2. UNA SOLA UMANITA'. ALBERTO D'ARGENZIO INTERVISTA THOMAS HAMMARBERG
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 12 maggio 2009 col titolo "Delitto
d'asilo" e il sommario "L'Italia viola i diritti. Il Consiglio d'Europa
condanna Roma per i respingimenti. Il commissario ai diritti umani Thomas
Hammarberg: Vengono impedite le richieste di asilo politico, l'Ue
intervenga"]

"Stop ai respingimenti, proteggere i diritti umani e trovare una soluzione
europea" al problema della pressione migratoria e dei richiedenti asilo. Per
Thomas Hammarberg, Commissario ai diritti umani del Consiglio d'Europa la
soluzione al dramma dell'immigrazione non va trovata nei muri alzati in mare
e nelle battute di caccia ai gommoni nelle acque internazionali. L'Italia,
sostiene questo sessantasettenne svedese, un passato come segretario
generale di Amnesty international e di Save the Children, "deve bloccare
quanto prima le azioni di respingimento" delle marina in acque
internazionali, un'iniziativa che considera "molto triste".
La voce del Consiglio d'Europa - istituzione che non ha nulla a che fare con
la Ue, ma che raccoglie 47 paesi del vecchio continente ed ha alcune
competenze proprio su questioni legate ai diritti umani - si sovrappone
cosi' a quella dell'Onu e del Vaticano, il tutto mentre perdura l'ostinato
silenzio dell'altra Europa, quella che conta. Commissione e Consiglio Ue non
si sono infatti ancora espressi su una pratica che di fatto impedisce
l'esercizio di un diritto internazionalmente tutelato.
*
- Alberto D'Argenzio: Bloccare i respingimenti, perche'?
- Thomas Hammarberg: L'Italia, bloccando e respingendo gli immigrati, lede i
loro diritti fondamentali, non permette a chi ha i titoli di farlo di
chiedere lo status di rifugiato. Tutto cio' e' inaccettabile. Il
respingimento e' semplicemente un'iniziativa contraria ai diritti
fondamentali, alle norme previste a livello internazionale, non e' in regola
con le convenzioni sottoscritte dall'Italia. Gli stranieri che raggiungono
l'Italia, fuggendo da repressioni e violenze, devono avere una chanche per
ottenere l'asilo, ma ora in Italia tutto questo diventa impossibile.
*
- Alberto D'Argenzio: Lei ha accusato la Ue di non aiutare Italia e Malta,
cosa dovrebbe e potrebbe fare la Ue?
- Thomas Hammarberg: La Ue deve avere una politica coordinata e determinata
con le stesse regole dappertutto. I paesi che ricevono gli immigrati dal
Nord Africa sono sottoposti ad una pressione enorme e devono essere aiutati
quando aumentano gli sbarchi, anche con una ripartizione dei richiedenti
asilo tra tutti i paesi della Ue. Ma questi paesi che subiscono la pressione
migratoria devono anche accettare e rispettare gli impegni presi a livello
internazionale: i diritti riconosciuti devono essere rispettati.
*
- Alberto D'Argenzio: Fino a questo momento il commissario Ue alla
giustizia, liberta' e sicurezza Jacques Barrot non ha fornito alcun commento
sull'azione del governo italiano. I 27 ne parleranno, forse, solo al
consiglio dei ministri degli interni di inizio giugno. Come giudica questo
silenzio?
- Thomas Hammarberg: Non penso che il silenzio sia buono, sono molto critico
con questo atteggiamento: siamo di fronte ad un problema che va affrontato a
Bruxelles, ai massimi livelli. E' una questione che tocca tutta l'Europa, la
sua politica. Siamo di fronte ad una violazione dei diritti umani, non si
puo' rimanere in silenzio, bisogna aiutare l'Italia.
*
- Alberto D'Argenzio: Berlusconi ha firmato un accordo con Gheddafi, che
viene sventolato come un successo dal governo, nonche' come la base per
poter attuare i respingimenti. La Lega Nord continua a dire che la Libia e'
un paese sicuro, qual e' la sua opinione?
- Thomas Hammarberg: Nessun paese europeo puo' esternalizzare le procedure
di asilo, non si puo' far ricadere su un paese terzo una responsabilita' che
spetta agli stati europei. La Libia ultimamente ha fatto dei progressi sul
terreno dei diritti umani, ma non basta per poter dire che e' in grado di
gestire il problema in maniera consona. Quella dei respingimenti non e' una
soluzione.
*
- Alberto D'Argenzio: Questi respingimenti seguono la crisi vissuta solo
pochi mesi fa a Lampedusa, l'emergenza e' continua, come uscirne?
- Thomas Hammarberg: Il problema a Lampedusa e' figlio di un alto livello di
disattenzione europea, c'e' stato troppo silenzio. La soluzione non e'
quella di rigettare le persone o lasciare quelle che arrivano in situazioni
durissime, la soluzione deve passare per l'Europa, attraverso una
ripartizione dell'onere, del peso dell'immigrazione, nel rispetto dei
diritti. La crisi tra Malta e Italia dimostra come questa soluzione europea
manchi, come si cerchi di risolvere i problemi gettandoli su un altro paese.

3. UNA SOLA UMANITA'. CINZIA GUBBINI: LE VIOLAZIONI DEL MINISTRO MARONI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 12 maggio 2009 col titolo "Violazioni" e
il sommario "Dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo alla
Convenzione di Ginevra. Ecco i reati commessi dal governo italiano. Il
ministro Maroni verso una denuncia nelle sedi nazionali e internazionali"]

La domanda e': ma cosa ha fatto lo Stato italiano con i quasi 400 migranti
(considerando soltanto la "cacciata" dei due barconi soccorsi in acque
internazionali) che sono stati riportati in Libia? Parlare di respingimento,
in punta di diritto, non e' esatto. Come, d'altronde, non si e' trattato di
un'espulsione. La "cosa" decisa dal ministro dell'Interno Roberto Maroni,
"non ha alcuna codificazione normativa", fa notare Gianfranco Schiavone
dell'Associazione studi giuridici sull'immigrazione. E l'Asgi, non a caso,
sta preparando le carte per denunciare il ministro in tutte le sedi
competenti, nazionali e internazionali. Non sono soli. Ieri anche
l'Associazione papa Giovanni XXIII ha annunciato l'intenzione di "adire le
vie legali idonee per contrastare le misure di respingimento".
A elencare le violazioni di norme internazionali e nazionali messe insieme
dal governo italiano in un colpo solo c'e' da non crederci: articolo 33
della Convenzione di Ginevra, articolo 3 della Convenzione europea dei
diritti dell'uomo, articolo 4 Protocollo Iv della stessa convenzione,
articolo 19 della Carta dei diritti fondamentali. Ma anche l'articolo 12 del
Testo unico sull'immigrazione italiano (quello integrato e modficato dalla
legge "Bossi-Fini", per intenderci): "La legge italiana - spiega ancora
Schiavone - prevede soltanto due tipi di respingimenti. Il primo e' quello
diretto: ti trovo alla frontiera, ti dico che non puoi entrare, te ne rivai
come sei venuto. Il secondo e' quello differito. La legge stabilisce, non a
caso, che per esigenze di pubblico soccorso, ed e' il caso dei due barconi,
la persona e' temporaneamente ammessa sul territorio dello Stato per
valutarne la situazione. Poi, puo' essere respinta, con un provvedimento
individuale e motivato, e riaccompagnata alla frontiera. Ma visto che questa
azione prevede una momentanea compressione della liberta' personale, e'
previsto anche un vaglio del giudice".
Al vaglio giurisdizionale nessuno ha nemmeno pensato. Per quanto 400 persone
siano state prese, caricate su navi italiane, in un caso su una nave
militare, e riportate verso un paese che avevano deciso di lasciare. I
termini per utilizzare l'espressione "repressione della liberta' personale"
sembrano esserci tutti.
Ma il punto focale e' un altro. Quelle persone, una volta salite su una nave
italiana erano sotto la nostra giurisdizione. Avremmo dovuto rispettare sia
la Convenzione europea dei diritti dell'uomo che la Carta di Nizza in cui si
vietano le "espulsioni collettive". Non solo. La direttiva europea 85 del
2005 stabilisce che chiunque deve essere posto in condizione di presentare
richiesta di asilo. Tanto il Testo unico sull'immigrazione italiano che le
Convenzioni internazionali, inoltre, tutelano i minori e le donne incinte.
Noi abbiamo rimandato indietro tre donne incinte, due madri con due bambini
neonati e presumibilmente qualche minore visto che, come ricordava anche
ieri Save the Children, statisticamente sui barconi arrivati a Lampedusa si
conta una media di 6 minori. Di cosa parlano allora Maroni, Frattini e pure
i leader dell'opposizione Rutelli e Fassino quando sostengono che "tutto e'
nella regola"? Spesso usano riferirsi al regolamento Frontex. "Ma quel
regolamento prevede pattugliamenti congiunti degli Stati europei e
l'impedimento per i barconi di entrare nelle acque nazionali. Altra cosa e'
caricare queste persone a bordo, e poi riportarle in Libia - dice un altro
membro dell'Asgi, Fulvio Vassallo Paleologo -. La domanda da porre a Maroni
e' una: vale piu' il diritto alla vita o il controllo delle frontiere?". E a
molte altre domande dovra' rispondere di fronte a un giudice.

4. UNA SOLA UMANITA'. PAX CHRISTI: "ERO STRANIERO E MI AVETE ACCOLTO" (MT,
25,35)
[Attraverso Sergio Paronetto (per contatti: paxchristi_paronetto at yahoo.com)
riceviamo e  diffondiamo il seguente documento di Pax Christi]

"Ero straniero e mi avete accolto" (Mt 25,35). La Parola di Cristo porta a
compimento la logica conviviale della Scrittura dal Levitico 19,33-34 -
"Tratterete lo straniero che risiede fra voi come colui che e' nato fra voi;
tu l'amerai come te stesso", al Deutoronomio 10,19 - "Amate lo straniero
perche' anche voi foste stranieri nel paese d'Egitto", alla Lettera agli
Ebrei 13,2 - "Non dimenticate l'ospitalita', perche' alcuni, praticandola,
hanno ospitato senza saperlo degli angeli".
Alcuni eventi drammatici concomitanti interpellano fortemente la nostra fede
cristiana e il nostro laico civile impegno:
- il ripetuto "respingimento" di migranti intercettati nel canale di Sicilia
e rispediti alla Libia, che non aderisce alla Convenzione internazionale dei
diritti umani, presentato come "svolta storica" dal Ministro dell'Interno ma
respinto come preoccupante da organismi dell'Onu e gia' sanzionato dalla
Corte europea nel 2005;
- il suicidio di Mabrouka Mimoni nel Centro di identificazione e di
espulsione di Ponte Galeria a Roma, sconvolta per il rimpatrio in Tunisia;
- il decreto sicurezza, ritoccato rispetto alla stesura originale, ma
pesantemente inquinato dal reato di clandestinita', quindi dall'idea del
povero come delinquente e dalla poverta' come delitto, con ricadute pesanti,
anche mortali, su molte famiglie e sui loro bambini;
- la tragicomica proposta di uno dei capolista della Lega Nord alle elezioni
europee, noto per aver paragonato i rom ai topi da "derattizzare" e per
l'attacco costante alla logica del dialogo promossa dall'arcivescovo di
Milano, di carrozze della metropolitana riservate solo ai milanesi;
- in generale, il linguaggio aggressivo, violento e volgare presente in
questo e in altri campi della vita politica e sociale.
Siamo alle prove di apartheid. Non possiamo tollerare l'idea che esistano
esseri umani di seconda e terza serie e che dentro e fuori l'Italia si formi
un popolo di "non-persone". Per noi le normative in atto e allo studio
violano la Dichiarazione universale dei diritti umani basata sul principio
non negoziabile della dignita' umana e sulla prospettiva della fratellanza
(art. 1), cosi' come la Costituzione italiana, gli articoli 2, 3, 4, 10, 11,
soprattutto quelli che prevedono il nostro conformarci alle norme del
diritto internazionale e la promozione delle organizzazioni internazionali
dei diritti umani. Disposizioni cosi' cattive e incivili, oltre che
controproducenti ai fini della pace e della sicurezza, hanno a che fare con
il nostro essere credenti e cittadini.
Il Concilio Vaticano II ci invita a esercitare la nostra funzione profetica,
sacerdotale e regale ("Lumen gentium" 31-36), ad affermare "la dignita' e la
liberta' dei figli di Dio, nel cuore dei quali dimora lo spirito Santo come
in un tempio" ("Lumen gentium" 9).
Parlando della "grande responsabilita' della comunita' ecclesiale, chiamata
ad essere casa ospitale per tutti, segno e strumento di comunione per
l'intera famiglia umana", il  papa Benedetto XVI ritiene importante che ogni
comunita' cristiana intervenga per "aiutare anche la societa' civile a
superare ogni possibile tentazione di razzismo, di intolleranza e di
esclusione" e per "organizzarsi con scelte rispettose della dignita' di ogni
essere umano. Una delle grandi conquiste dell'umanita' e', infatti, proprio
il superamento del razzismo [...]. Solo nella reciproca accoglienza di tutti
e' possibile costruire un mondo segnato da autentica giustizia e pace vera"
(angelus 17 agosto 2008).
A tal fine, riteniamo utile riprendere le indicazioni episcopali degli anni
'90 sulla cittadinanza responsabile ("Educare alla legalita'", "Educare alla
socialita'", "Educare alla pace") sviluppando con coerente determinazione i
percorsi aperti dalla dottrina sociale della Chiesa.
Oggi per noi si pone seriamente la questione se la comunita' cristiana non
debba sfidare le diffuse tendenze xenofobe e razziste con la disobbedienza
civile.
Il cristiano rispetta la legge ma sa che la pienezza della legge e' l'amore
(Rom 13,1-10), pensa quindi che debba opporsi a leggi ingiuste e a sistemi
che opprimono l'essere umano, fatto a immagine di Dio, e che colpiscono i
piu' deboli (Is 10,1-4 e Ger 7,1-7).
E' necessario reinventare o aggiornare la tradizione biblico-cristiana del
diritto d'asilo, di essere cioe' "santuario di protezione e difesa"
(movimento presente negli Stati Uniti e in altri paesi) per i poveri e i
deboli sottoposti ad abusi o che rischierebbero la vita se rimandati in
alcuni paesi d'origine. Secondo il diritto internazionale nessun
respingimento e' possibile prima di valutare le singole situazioni dei
migranti.
Come credenti cittadini del mondo, dell'Europa e dell'Italia, intendiamo
riaffermare la civilta' del diritto tramite il fare creativo della
nonviolenza. E' urgente realizzare l'articolo 10 della Costituzione
riguardante la legge sul diritto d'asilo e istituire finalmente la
Commissione nazionale indipendente per la promozione e la protezione dei
diritti umani che puo' essere sostenuta e accompagnata da realta' associate
nei modi previsti dalla Dichiarazione delle Nazioni Unite sui difensori dei
diritti umani (risoluzione 53/144 dell'8 marzo 1999), il cui articolo 1 dice
che "tutti hanno il diritto, individualmente ed in associazione con altri,
di promuovere e lottare per la protezione e la realizzazione dei diritti
umani e delle liberta' fondamentali a livello nazionale ed internazionale".
Utile strumento puo' diventare al riguardo il progetto delle Citta' dei
diritti umani in un mondo libero promosso, tra gli altri, dalla Tavola della
pace, dal Coordinamento degli enti locali per la pace e i diritti e da
Libera, realta' dove Pax Christi e' variamente presente. In tal modo puo'
anche camminare il progetto dell'"Onu dei popoli" e molte scuole, fin dal
prossimo anno scolastico, con la definizione delle attivita' di
"Cittadinanza e Costituzione", potrebbero chiamarsi Scuole delle Nazioni
Unite, promotrici di diritti umani nelle loro citta'.
Invitiamo, quindi, tutti gli operatori di pace, cominciando da noi stessi,
dagli aderenti ai punti pace di Pax Christi, a mobilitarsi per costruire la
pace nella vita quotidiana e nelle nostre citta' spesso prigioniere di
solitudini, governate dalla paura e coinvolte in progetti tribali e
autoritari dove si gioca il futuro della cittadinanza. Nessuna cultura della
pace e' possibile se non si realizzano il disarmo delle menti, la
smilitarizzazione dei cuori e dei territori, se non si promuove il cantiere
della cittadinanza attiva che e' fatto di buone pratiche sociali e
amministrative orientate al bene comune e alla sicurezza comune, alla
liberazione dalle paure, all'educazione ai conflitti per una positiva loro
gestione, al fiorire di spazi e momenti di riconoscimento reciproco, di
integrazione-interazione, di contemplazione e di preghiera.
Nessuno ci e' straniero anche perche' la distanza che ci separa dallo
straniero e' quella stessa che ci separa da noi stessi e la nostra
responsabilita' di fronte a lui e' quella che abbiamo verso la famiglia
umana amata da Dio, verso di noi, pronti a testimoniare la profezia del
Risorto che annuncia la pace e ci dice di non temere perche' sara' con noi
"tutti i giorni, sino alla fine del mondo" (Mt 28,20).
Pescara 10 maggio 2009
Consiglio nazionale di Pax Christi

5. RIFERIMENTI. PER LA SOLIDARIETA' CON LA POPOLAZIONE COLPITA DAL TERREMOTO

Per la solidarieta' con la popolazione colpita dal sisma segnaliamo
particolarmente il sito della Caritas italiana: www.caritasitaliana.it e il
sito della Protezione civile: www.protezionecivile.it, che contengono utili
informazioni e proposte.

6. LIBRI. UMBERTO SANTINO: LA RESISTENZA CONTINUA
[Ringraziamo di cuore Umberto Santino (per contatti: csdgi at tin.it) per
averci messo a disposizione la sua prefazione al libro di Giovanni
Impastato, con Franco Vassia, Resistere a Mafiopoli. La storia di mio
fratello Peppino Impastato, Stampa Alternativa, Viterbo 2009, pp. 127 con
album fotografico, euro 14]

Ho incontrato Giovanni Impastato per la prima volta alcuni giorni dopo
l'assassinio di suo fratello. Il 10 maggio, al funerale, l'avevo visto
alzare il pugno come a rispondere al coro dei compagni, quasi tutti accorsi
dai paesi vicini e da Palermo, che accompagnavano la bara con i frammenti
del corpo di Peppino. Piu' che un funerale era una manifestazione, un corteo
in cui il dolore si animava di rabbia e di voglia di continuare, nonostante
tutto. Il 1978 veniva dopo un '77 in cui si erano incrociate varie anime:
creative, trasgressive, dissacranti. Un anno durissimo, con i morti come
Francesco Lorusso a Bologna, Giorgiana Masi e Walter Rossi a Roma, le
cariche della polizia, le vittime sempre piu' numerose delle Brigate rosse.
A qualcuno sembrava un nuovo inizio, ma per molti era l'inizio della fine
della stagione apertasi nel '68. Gridare "Peppino e' vivo e lotta insieme a
noi" era insieme un atto di fede di una religione laica, la condivisione di
un dolore e la profezia di una resistenza. Giovanni, accanto alla fidanzata
Felicetta, alla madre Felicia e alla zia Fara, rispondeva con il pugno
alzato, a manifestare un assenso, una sintonia.
Il giorno dopo c'e' stata l'assemblea a Palermo con il docente di medicina
legale Ideale Del Carpio che ha dimostrato che non poteva trattarsi di
suicidio, la presentazione di un esposto alla Procura da parte del Centro
siciliano di documentazione, nato l'anno prima, e di altri e nel pomeriggio
c'e' stato il comizio a Cinisi, che doveva concludere la campagna
elettorale. Il comizio di Peppino con un dirigente nazionale di Democrazia
proletaria. Ricordo che a Palermo qualche compagno disse che non era il caso
di andarci. La cosiddetta Nuova sinistra era agli sgoccioli, ma certi vizi
non avevano nessuna voglia di morire. Era bastato andare al funerale,
condividere un lutto, il comizio invece era un fatto interno a Dp. Anna e io
abbiamo deciso di andare, proprio per quello che qualcuno del luogo ci aveva
fatto notare durante il funerale: la scarsa presenza di persone di Cinisi e
del paese vicino, Terrasini. Pensavamo: se al funerale erano cosi' pochi, al
comizio saranno ancora meno. Almeno saremo due in piu'. E infatti, sotto il
palchetto sul corso c'erano pochissime persone. Sul marciapiede di fronte,
davanti al bar, c'era un altro gruppetto. Seduti o in piedi, curiosi o
soltanto gli sfaccendati del paese che guardavano il passeggio.
*
Un comizio alle finestre chiuse
Chi fara' il comizio? Un compagno di Peppino dira' qualche parola, il
compagno di Milano, Franco Calamida, che la mattina aveva partecipato
all'assemblea di Palermo, parlera' della situazione politica. Ma chi
parlera' di mafia? Mi si avvicina una compagna, anche lei milanese ma da
anni in Sicilia, assieme al marito, il perugino Carlo Baioletti, che avevo
conosciuto nel mio anno di militanza ad Avanguardia operaia. Si chiama
Maria, e solo da poco qualcuno mi ha ricordato il suo cognome, Cuomo. Sa che
da anni mi occupo di mafia, che il Centro appena nato vuole occuparsi in
particolare di mafia e mi chiede se posso parlare. Dico di si', mi avvicino
ad alcuni compagni di Peppino, chiedo loro cosa pensano che debba dire del
delitto. Mi dicono: e' un omicidio, e' stata la mafia, i mafiosi di Cinisi
sono arcinoti, il loro capo e' Badalamenti, e' lui che Peppino attaccava nei
comizi, nei volantini, a Radio Aut.
Sono le cose che diro' nel comizio, rivolgendomi a una fila interminabile di
finestre chiuse allineate sul lunghissimo corso del paese. E rivolgendomi
alle persone che, essendo nato anch'io in un paese siciliano, immagino che
siano presenti dietro le imposte sbarrate, dico: se queste finestre non si
apriranno, tutta l'attivita' di Peppino, che avete sentito parlare cento
volte da questo palchetto, rischia di essere inutile. Le finestre non si
sono aperte. Ma da quel comizio, non previsto, nascera' una storia che ha
una parte decisiva nella vita mia, di Anna, del Centro.
Il 16 maggio la madre di Peppino e il fratello Giovanni presentano un loro
esposto alla procura in cui dicono che si tratta di un omicidio e fanno il
nome di Badalamenti. La madre l'hanno convinta due avvocati e fino ad allora
non avevo incontrato ne' lei ne' Giovanni. Tutto comincia da quella scelta
di rottura con la parentela mafiosa (lo scoprivo solo allora che Peppino era
di famiglia mafiosa) e da quel giorno a batterci per salvare la memoria di
Peppino dalla montatura che lo voleva terrorista e suicida, per ottenere
giustizia, saremo in tre: i familiari, i compagni di Peppino, noi di
Palermo. Ai primi di luglio il Comitato di controinformazione costituitosi
presso il Centro pubblica il bollettino 10 anni di lotta contro la mafia, in
cui ricostruiamo la vicenda umana e politica di Peppino, riproduciamo la
seconda stesura della lettera in cui manifesta la sua disperazione e dice di
voler abbandonare la politica (stralci della prima stesura li aveva
pubblicati il "Giornale di Sicilia" e le espressioni, impietosamente crude,
usate da Peppino che scriveva di volere abbandonare la politica e la vita,
hanno avallato la tesi ufficiale del suicidio), apriamo il dibattito sulla
mafia, piu' concretamente sulla borghesia mafiosa, finora poco frequentato
dalla Nuova sinistra, se si tolgono noi del circolo Lenin prima e del
Manifesto dopo, cresciuti alla scuola di Mario Mineo. Lanciamo l'idea di una
manifestazione nazionale contro la mafia, che si terra' il 9 maggio del
1979, nel primo anniversario dell'assassinio di Peppino. Andiamo in giro per
l'Italia per prepararla, con il solo sostegno di Democrazia proletaria, e
piu' volte abbiamo incontrato facce che esprimevano insieme solidarieta'
umana e incomprensione culturale e politica: la mafia, ma c'e' ancora, e non
e' solo un fatto vostro, siciliano, perche' una manifestazione nazionale?
Comunque vennero in duemila e per noi fu un successo, anche se non ne parlo'
la televisione (la mafia fara' notizia solo dopo il delitto Dalla Chiesa e
le stragi in cui sono morti Falcone e Borsellino) e non ne parlarono neppure
"L'Unita'" e "Il manifesto".
*
Una battaglia vinta
Nel frattempo con Felicia, con Giovanni, con Felicetta sua moglie, con i
compagni di Peppino, quelli rimasti in piedi e sul posto (altri presero la
via dell'emigrazione, come Vito Lo Duca, il compagno edile che ci ha
lasciato da alcuni anni, come pure ci ha lasciato Fanny Vitale; altri
scelsero altre strade, qualcuno adesso e' a Forza Italia) si era stabilito
un rapporto quasi quotidiano. E sara' un rapporto fruttuoso, anche se i
frutti tarderanno a venire. Per anni a ricordare Peppino saremo in
pochissimi, ma la sua memoria sara' salvata e sara' collegata all'attivita'
di analisi e di ricerca del Centro, che scava dentro il fenomeno mafioso e
ricostruisce una storia dell'antimafia sconosciuta e dimenticata. Nel 1986
pubblicheremo la storia di vita di Felicia nel libro La mafia in casa mia,
che fara' riaprire l'inchiesta; Salvo Vitale scrivera' una biografia di
Peppino che e' storia di quella stagione, riusciremo a portare Badalamenti e
il suo vice al processo e saranno condannati. E quello che non siamo
riusciti ad ottenere in sede giudiziaria, lo otterremo con una relazione
della Commissione parlamentare antimafia che e' un fatto storico: per la
prima volta si dice che rappresentanti delle forze dell'ordine e della
magistratura hanno depistato le indagini e coperto i mafiosi. Non era mai
accaduto. Proporremo che si faccia la stessa cosa per le stragi impunite, da
Portella della Ginestra a Piazza Fontana e alla stazione di Bologna, ma la
proposta non sara' accolta. E su questa strada incontreremo magistrati come
Rocco Chinnici, Antonino Caponnetto, Gian  Carlo Caselli, Franca Imbergamo.
Politici come Giovanni Russo Spena che ha presieduto il Comitato sul caso
Impastato, come Beppe Lumia che presiedeva la Commissione antimafia, e pochi
altri. Oggi possiamo dirlo: quella per Peppino Impastato e' una battaglia
vinta, un caso piu' unico che raro per quei tempi e per come si erano messe
le cose poche ore dopo il delitto.
Ora Giovanni racconta in questo libro la sua storia e ripercorro con lui
strade gia' frequentate ma ci sono anche cose che apprendo per la prima
volta. Come per esempio il racconto del  funerale del padre, con i mafiosi
che si presentano a fare le condoglianze e Peppino che si nega alla loro
stretta di mano. Giovanni e Felicia invece stringono la mano dei mafiosi e
isolano Peppino. Giovanni dice che ne porta ancora la ferita e il rossore.
Il tempo dell'impegno, della sfida aperta ai mafiosi, verra' solo dopo
l'assassinio di Peppino.
Ma com'e' morto Luigi Impastato, il padre di Peppino? E' stato un incidente
o un omicidio di mafia? Peppino pensava che si trattasse di un omicidio,
anche Felicia e Giovanni lo hanno sospettato e ora Giovanni ritorna su
quell'evento e propende decisamente per l'omicidio. Che fare? Chiedere che
venga aperta un'inchiesta che non si e' mai fatta, o contentarsi di
ricostruire una verita' storica? La decisione spetta in primo luogo ai
familiari.
Quel che e' certo e' che solo dopo otto anni dall'assassinio di Peppino,
Felicia ha raccontato ad Anna e a me che raccoglievamo la sua storia di vita
un episodio che si e' rivelato decisivo ai fini dell'inchiesta: il viaggio
di Luigi negli Stati Uniti, dopo una convocazione di Badalamenti in seguito
a un volantino di Peppino piu' esplicito del solito. E negli Stati Uniti
parlando a una parente, Luigi ha detto: prima di uccidere Peppino debbono
uccidere me. A suo tempo abbiamo chiesto a quella parente di mettere per
iscritto le parole di Luigi e lei non ha avuto problemi a farci avere un
biglietto che abbiamo presentato alla procura. Che significa quel viaggio
negli Stati Uniti? Giovanni conferma quello che abbiamo sempre detto:
l'incontro con i parenti mafiosi per cercare di coprire le spalle a Peppino,
ma pure a se stesso, e con altri parenti per dare sfogo a un'emozione che
non si sentiva di esprimere in famiglia dove ormai i rapporti erano
diventati impossibili. Incidente o delitto che sia, la morte di Luigi e'
giunta a proposito per sgombrare la strada all'eliminazione di Peppino,
camuffata a quel modo per evitare uno "sgarbo" a una famiglia di storica
mafiosita'. Finezze della transcultura mafiosa, che aggiunge crudelta' a
crudelta', ferocia a ferocia.
Giovanni parla del suo rapporto con Peppino, un fratello maggiore di cui
avrebbe avuto bisogno ma che gli e' stato negato dalle vicende che si
susseguivano in casa Impastato e nella comunita' piu' ampia del paese. Si
puo' dire che il colloquio piu' intenso con il fratello cominci dopo la sua
morte, quando assieme a Felicia e alla moglie decide che casa Impastato
diventi una casa aperta, spalancata a chi vuole conoscere Peppino, sbarrata
alla parentela mafiosa. E da li' si snoda una storia che e' insieme
personale e condivisa da chi si e' battuto per salvare una memoria e per
pretendere giustizia.
Non ho nessuna inclinazione alle agiografie. Il rapporto tra i familiari, i
compagni di Peppino e il Centro e' stato intenso e proficuo, ma non sono
mancati problemi (da un certo punto in poi a firmare gli esposti siamo stati
soltanto in due: i familiari e noi del Centro), come tanti ce n'erano ai
tempi di Peppino, e hanno inciso sulla sua sensibilita' a nervi scoperti.
Possiamo dire che finora ha prevalso un legame che e' nato da un impegno
comune, rafforzato dai pericoli corsi in piena consapevolezza e anche dai
risultati che si sono ottenuti. Il libro in cui Giovanni si racconta ne e'
prova e testimonianza.
*
Oggi, a Cinisi e dintorni
Giovanni parla di Cinisi degli ultimi anni e parla di mafia. Non sono piu' i
tempi d'oro del traffico di droga diretto da Badalamenti ma non e' affatto
vero che a Cinisi e dintorni la mafia non ci sia piu' e si sia imboccata la
strada della legalita'. (A proposito: legalita' e' un termine ampiamente
abusato, non solo nelle attivita' all'interno delle scuole, e che rischia di
essere un alibi e un bluff se ci si ferma al solo aspetto formale: anche le
leggi razziste di Hitler e Mussolini erano legalita' e lo sono anche le
leggi ad personam di Berlusconi. Se proprio non si vuole cambiar termine
bisognerebbe almeno aggiungervi "democratica", a sottolineare la prevalenza
dei contenuti sulle forme, la rispondenza delle leggi ai principi
fondamentali della Costituzione, a cominciare dall'uguaglianza di tutti i
cittadini davanti alla legge).
Dopo gli arresti dei Lo Piccolo e le dichiarazioni di alcuni collaboratori
di giustizia il quadro risulta chiaro: la mafia da quelle parti c'e' sempre
e la rete di collusioni e di complicita' e' abbastanza fitta ed estesa. E ci
sono nomi nuovi ma pure vecchi, come i Lipari di cui parlava Peppino. Il
guaio e' che con la morte di Peppino e le riflessioni di alcuni compagni
subito dopo, l'attivita' che una volta si diceva di "controinformazione" si
e' data alla latitanza. Li', come altrove.
Fa bene Giovanni a riprendere un discorso in larga parte interrotto, ma il
quadro in questi trent'anni e' profondamente mutato. Se Cosa nostra, l'ala
propriamente criminale della mafia, dopo il delitto Dalla Chiesa e dopo le
stragi del '92 e '93, ha ricevuto dei colpi abbastanza duri, il modello
mafioso che lega crimine, accumulazione e potere, il sistema di rapporti, su
cui si fonda un blocco sociale egemonizzato dai soggetti illegali e legali
che formano la borghesia mafiosa, gode di ampio consenso. Il voto per
personaggi come Cuffaro e dell'Utri, nonostante le condanne che hanno avuto
anche se solo in primo grado, lo dimostra e getta un ponte dalla Sicilia
alla Lombardia. La responsabilita' politica di cui parlava una relazione
della Commissione antimafia del 1993, a ridosso delle stragi, e' rimasta
sulla carta e le forze politiche si sono ben guardate dal darsi dei codici
di autoregolamentazione. Da anni la Democrazia cristiana, che Peppino e noi
con lui indicavamo come il partito piu' compromesso con la mafia, ha ceduto
il passo a Berlusconi che ha introdotto un sistema di potere fondato sulla
legalizzazione dell'illegalita' e sulla garanzia dell'impunita'. Il
programma della P2 si e' realizzato, anzi e' stato scavalcato. E nonostante
l'evidente appropriazione del potere a fini di interesse personale il
consenso non e' mancato, e continua a crescere. Evidentemente la maggioranza
degli elettori si specchia in quel modello e considera le regole un
intralcio e la Costituzione un ferrovecchio.
Le destre italiane mancano della piu' elementare cultura
liberal-democratica, la Lega e' una centrale di barbarie razzista e a
sinistra c'e' aria di smobilitazione e di svendita. Le grandi narrazioni
hanno lasciato solo macerie. Il movimento no-global raccoglie un dissenso
diffuso ma non riesce a spostare di un millimetro le politiche dominanti che
hanno diviso il pianeta in due: un supermercato di iperconsumo per pochi,
una fabbrica di emarginazione per tutto il resto. In questo contesto
proliferano le mafie e guerre e terrorismi si fronteggiano come facce di
un'unica medaglia coniata dal fanatismo identitario e dalla violenza. La
crisi finanziaria ha svelato tutti i vizi del mercato e fatto riscoprire lo
Stato. Cioe': i profitti sono privati e le perdite si socializzano.
Oggi un personaggio come Peppino si troverebbe ancora piu' spaesato di
quanto lo era al suo tempo, in cui c'erano ancora scampoli di certezze e si
progettavano strategie di mutamento. Quel che ci rimane e' la sua volonta'
di farcela anche quando le difficolta' rischiano di sommergerci. E
l'interesse che suscita la sua storia, che e' la storia di Giovanni, di sua
madre, dei suoi compagni, la nostra storia, sta a dimostrare che la
lucidita' dell'analisi puo' andare a braccetto con la pratica quotidiana in
una prospettiva di resistenza.

7. APPELLI. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
[Dal sito del Movimento Nonviolento (www.nonviolenti.org) riprendiamo il
seguente appello]

Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile
sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di
promozione sociale).
Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente
soldi gia' destinati allo Stato.
Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e'
facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il
numero di codice fiscale dell'associazione.
Il Codice Fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235.
Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 per mille.
Per molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non
fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola
quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato,
la gratuita', le donazioni.
I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del
Movimento Nonviolento e in particolare per rendere operativa la "Casa per la
Pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la
generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la
promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi
estivi, eccetera).
Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre
quarant'anni, con coerenza, lavora per la crescita e la diffusione della
nonviolenza. Grazie.
Il Movimento Nonviolento
*
Post scriptum: se non fate la dichiarazione in proprio, ma vi avvalete del
commercialista o di un Caf, consegnate il numero di Condice Fiscale e dite
chiaramente che volete destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento.
Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261
(corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle
Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a
tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno.
*
Per contattare il Movimento Nonviolento: via Spagna 8, 37123 Verona, tel.
0458009803, fax: 0458009212, e-mail: redazione at nonviolenti.org, sito:
www.nonviolenti.org

8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

9. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 820 del 14 maggio 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe

Per non riceverlo piu':
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe

In alternativa e' possibile andare sulla pagina web
http://web.peacelink.it/mailing_admin.html
quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su
"subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).

L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196
("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing
list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica
alla pagina web:
http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004
possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web:
http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la
redazione e': nbawac at tin.it