Minime. 751



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 751 del 6 marzo 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. E' possibile
2. Giancarla Codrignani: La domanda
3. Annamaria Rivera: Femminismo e pluralita'
4. Giulio Vittorangeli: Per la Giornata internazionale delle donne
5. Bruno Fini: Le mie ronde
6. Massimo Guitarrini: La barbarie
7. Enrico Peyretti: La paura e l'incontro
8. Daniele Piersanti: Una sola Terra patria comune dell'umanita' intera
9. Oggi a Viterbo
10. Il 7 marzo a Viterbo
11. A Firenze il 28-29 marzo
12. La newsletter settimanale del Centro studi "Sereno Regis" di Torino
13. Stella Morra: Memoria e storia della nostra fede
14. La "Carta" del Movimento Nonviolento
15. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. E' POSSIBILE

E' possibile riuscirci a far bocciare dalla Camera dei Deputati le misure
piu' aberrantemente razziste del cosiddetto "pacchetto sicurezza".
E' possibile riuscirci a costringere il governo a recedere dalle intenzioni
piu' biecamente golpiste e razziste.
E' possibile. Ed e' necessario.
Ma per riuscirci occorre uscire dalla subalternita', uscire dall'ambiguita',
uscire dalla rassegnazione.
Occorre che ognuno faccia la sua parte nella difesa della legalita'
costituzionale, nella difesa della civilta' giuridica, nella difesa della
repubblica democratica, nella difesa dei nostri comuni diritti di esseri
umani.
*
Occorre che tutti i cittadini elettori facciano sentire la loro voce ai
parlamentari che il corpo elettorale rappresentano affinche' su questi
provvedimenti razzisti si esprimano in scienza e coscienza e li rigettino,
affinche' impediscano che l'infamia hitleriana divenga legge della
Repubblica nata dalla Resistenza.
Occorre che tutti gli enti locali riaffermino la loro fedelta' alla
Costituzione italiana, e votino ordini del giorno e mozioni con cui chiedano
al governo di recedere da ogni intenzione razzista e golpista, ed esprimano
assoluta indisponibilita' ad esser complici di questi criminali intenti.
Occorre che tutti gli operatori dell'informazione dicano la verita' su
questi orribili piani governativi razzisti e disumani, su queste orribili
proposte governative anomiche e scellerate.
Occorre che tutte le esperienze organizzate della societa' civile, tutte le
agenzie della socializzazione, tutti i luoghi della solidarieta' e della
partecipazione facciano sentire la loro voce e la loro indignazione contro
il razzismo.
Occorre che tutte le istituzioni democratiche, ciascuna nell'ambito delle
proprie specifiche competenze, si impegnino contro il crimine del razzismo,
contro il crimine dell'eversione dall'alto, contro il crimine della
disumanita' che aggredisce la civile convivenza, l'ordinamento giuridico, la
dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.
*
E' possibile riuscirci a contrastare e respingere il razzismo. E' possibile
ed e' necessario.

2. OTTOMARZOTUTTOLANNO. GIANCARLA CODRIGNANI: LA DOMANDA
[Ringraziamo Giancarla Codrignani (per contatti: giancodri at alice.it) per
questo intervento]

Ancora una volta ci chiedono che senso ha questa ricorrenza dell'8 marzo.
Nessuno fa la stessa domanda per il primo maggio, chissa' perche'. Incroci
sbagliati del pensare simbolico? Comunque, rievocando la tradizionale
risposta delle donne che sarebbe carino rovesciare il valore evocativo sugli
altri 364 giorni, invitiamoci a raccogliere le forze perche', appunto, il
resto dell'anno sara' piu' difficile a causa dei pesi che si scaricano sulle
spalle femminili soprattutto nei tempi di crisi: per tutti, perfino per
alcune di noi, le donne sono l'ammortizzatore sociale "naturale". Gia' da
tempo ragazze giovani si licenziano rinunciando a un lavoro precario che
serve spesso a pagare una badante per il nonno con l'Alzheimer, senza sapere
che la frustrazione sara' cosi' grande da mettere a repentaglio gli
equilibri familiari. Anche questa e' violenza, come e' violenza riconoscere
la parita' senza "differenza": ai tempi di Anna Maria Mozzoni si pretendeva
l'uguale pagamento delle tasse senza ritenere uguale il voto; oggi si chiede
il comune pensionamento anche se la carriera femminile e' stata danneggiata
dai ritardi dovuti ai compiti familiari addossati a un solo genere.
Ma in questi mesi del 2009 tutti i media hanno messo in rilievo la violenza
sessuale, con due operazioni di denuncia scorretta: e' ritornata la
"donna-vittima" da tutelare (con le ronde pronte alla difesa delle "nostre"
donne) e si calca la mano sullo straniero, come se non si sapesse che il
maggior numero di violenze - pedofilia compresa - si scatena all'interno
della famiglia. Accade cosi' che la violenza e' diventata il paradosso di
una "violenza sulla violenza". Eppure sono passati davvero molti decenni da
quando Freud ha insegnato la connessione fra le pulsioni di vita e di morte
e le violenze. Perfino le donne che sono impegnate nei movimenti nonviolenti
sanno quanta sia la fatica di trasmettere la testimonianza di genere ai
maschi, capaci di rifiutare la guerra ma indifferenti alla responsabilita'
di rispettare i "no" delle loro compagne. Nella catena dell'evoluzione
l'uomo mantiene legami tutt'altro che deboli con il rapporto predatorio sui
corpi femminili e il diritto patriarcale di proprieta' sulla famiglia: il
controllo sulla liberta' altrui, la mancanza di rispetto per la dignita'
femminile, il sesso espresso come sopraffazione genitale, la reazione
violenta verso chi uno dice di amare non solo sono intollerabili in un
regime di civilta', ma sono un limite a nominare la pace. La pace per porre
termine ai conflitti, la pace sociale, la pace familiare reclamano la
nonviolenza totale, quella che nasce dal sopprimere l'ideologia
dell'"amico/nemico" istintivamente radicata nei rapporti detti d'amore che
possono uccidere nel corpo e, con lo stupro (ripeto: anche domestico e
coniugale), nell'anima.

3. OTTOMARZOTUTTOLANNO. ANNAMARIA RIVERA: FEMMINISMO E PLURALITA'
[Ringraziamo Annamaria Rivera (per contatti: annamariarivera at libero.it) per
averci messo a disposizione il seguente articolo apparso sul quotidiano
"Liberazione" del 29 dicembre 2007 col titolo "Modernita' e patriarcato: due
mondi che vanno a braccetto"]

Qualunque cosa si pensi del pensiero femminista, non si puo' dire che sia
riducibile a cio' che in anni lontani definimmo emancipazionismo. Il suo
nucleo centrale risiede, invece, nell'aver mostrato che l'intero ordine
sociale funziona, per dirla con Bourdieu, "come un'immensa macchina
simbolica tendente a ratificare il dominio maschile su cui e' fondato". Una
macchina che si basa su due dispositivi principali: la naturalizzazione
delle donne e la neutralizzazione della visione androcentrica. Ed e' per
cio' che il femminismo e' stato ed e' dirompente critica del modello
liberale, denuncia del suo falso universalismo, dell'universalismo astratto
e particolare, fondato su una monocultura per la quale l'umanita' e' bianca,
maschile, occidentale.
Di fronte alle sfide del pluralismo culturale che, piaccia o no,
caratterizza le societa' europee, non poche componenti del femminismo hanno
saputo sottrarsi alla vulgata che vede nella cosiddetta alterita'
nient'altro che un'indistinta congerie di arcaismi, integralismi,
oppressione femminile. Ed hanno saputo cogliere con lucidita' il rischio di
indulgere alla razzializzazione del sessismo: cioe' a quella retorica che
attribuisce alla componente maschile dell'immigrazione, soprattutto
musulmana, il monopolio della dominazione e della violenza sessista e alla
sua componente femminile la prerogativa della sottomissione e
dell'oppressione di genere. La recente, grande manifestazione romana contro
la violenza sessista lo ha riaffermato in modo inequivocabile: stupri e
femminicidi sono trasversali alle classi, agli ambienti sociali, alle
culture, alle origini nazionali; la strategia che dei crimini contro le
donne mediatizza ed enfatizza solo quelli compiuti dagli "altri" finisce per
occultare e assolvere la violenza sessista che alligna nelle societa'
"liberali"; infine, la famiglia e le relazioni di genere rappresentano le
aree critiche e retrograde anche delle culture maggioritarie.
Lo abbiamo gia' scritto, ma conviene ribadirlo: oppressione e violenza
contro le donne provengono non da oscure viscere primordiali e arcaiche, ma
da un ben definito sistema di dominio patriarcale che perdura, si adatta e
si conforma alla modernita' piu' avanzata. Lo confermano i dati sconcertanti
sulla dimensione ipertrofica del fenomeno della violenza sessista in Italia,
nonche' il rapporto del 2007 del World Economic Forum sul Gender Gap, che
colloca il nostro paese  all'ottantaquattresimo posto su 128: clamorosamente
in basso rispetto alle Filippine (sesto), allo Sri Lanka (quindicesimo), al
Sudafrica (ventesimo)... Del resto, vi sono paesi musulmani che conoscono un
protagonismo femminile nella vita politica che giunge fino ai massimi
livelli delle cariche istituzionali e partitiche, cosa del tutto impensabile
in certi paesi europei, in Italia in particolare. E anche paesi non
occidentali caratterizzati da una condizione femminile assai deplorevole
comunque hanno tradizioni di protesta e movimenti femministi talvolta assai
vivaci.
E' una puntualizzazione opportuna: per articolare il tema dei diritti delle
donne con quello del pluralismo culturale, occorre un pensiero critico
complesso, affrancato da semplificazioni, cliche', luoghi comuni; critico
anche nei confronti della tradizione cui si appartiene. Un pensiero critico
che poco esercitano certe altre, forse marginali, tendenze femministe,
quelle che sembrano ritenere che la liberazione femminile si esaurisca
nell'applicazione ed estensione del modello liberale a tutte le donne,
native e migranti; che percio' pensano che il pluralismo culturale,
insidiando quel modello, sia inconciliabile con il femminismo. L'acceso
dibattito francese sul cosiddetto velo islamico - che ha condotto ad una
legge proibizionista - ha mostrato che tali tendenze sono, almeno in
Francia, se non rilevanti, certo assai rumorose. E che esse finiscono per
condividere quel pensiero grossolano che misura la liberta' femminile col
criterio dei centimetri di nudita' esposti allo sguardo altrui (come se una
testa femminile coperta da un pezzo di stoffa appartenga sempre ad un corpo
umiliato e oppresso, mentre l'esibizione della nudita' di un ventre
femminile sia sempre indizio di liberta').
Anche in Italia, sia pur marginalmente, esiste una tendenza simile, che
considera - maternalisticamente, si potrebbe dire - le donne migranti solo
come vittime degli uomini della loro cerchia e delle culture di
appartenenza; e che dunque in tal modo finisce per aderire alla vulgata che
razzializza il sessismo.
Ora, non si tratta di accogliere e difendere il modello multiculturalista
(quello all'anglosassone, per intenderci) e neppure il modello, detto
universalista, alla francese. Se il primo chiede il rispetto per tutte le
tradizioni culturali e il secondo ne ammette una sola, quella
"repubblicana", il femminismo dovrebbe interrogarle e metterle in
discussione tutte, compresa la tradizione occidentale. Sarebbe dunque
necessario articolare diversamente il polo dell'uguaglianza con quello della
differenza, evitando di declinare la questione in termini convenzionali.
Sarebbe auspicabile altresi' un uso critico di termini e categorie. Per
esempio, spesso, quando si dice "multiculturalismo", non si sa di cosa si
stia parlando: di un modello normativo, quello all'anglosassone, o di un
modello descrittivo, cioe' del pluralismo culturale? E, quando si partecipa
alla corale condanna del "relativismo" (anche questo termine usato a
vanvera), non ci si rende conto di difendere implicitamente l'assolutismo e
il primatismo occidentali, ammettendo come sola identita' legittima quella
del gruppo dominante. Prendere sul serio le societa' plurali in cui ci e'
dato vivere implica, fra l'altro, proprio la capacita' di assumere una
postura relativista. La strumentale e retorica deprecazione del
relativismo - cosi' in voga nel nostro paese e cosi' condivisa a destra, a
sinistra, perfino in ambienti femministi - impedisce di concepire l'idea che
si possa, reciprocamente, comprendere, confrontarsi e negoziare con culture,
modi di vita, sistemi di valori altrui solo rielaborando i propri.
Chi e' maggioritario considera sempre se stesso come generale e istituisce
gli altri/le altre sempre come particolari. La sfida che impongono tanto il
femminismo quanto il pluralismo culturale e' come trovare terreni nuovi di
traduzione e di mediazione. Per superare l'universalismo astratto e
particolare, occorre immaginare un modello di universalita' concreta: esso
puo' nascere solo dalla pluralita' dei "particolari", anche se deve
trascenderli, e dall'integrazione del punto di vista, dei bisogni e dei
diritti delle donne. E' questo modello ideale che puo' permettere di
coniugare l'universale con il singolare e il particolare, fondando il
diritto di ogni donna (e di ogni uomo) a costruire la propria personale
identita' e a scegliere la propria appartenenza. Un tale modello non puo'
nascere solo in virtu' di qualche mente illuminata, ma da pratiche sociali e
conflitti che vedano l'alleanza e la solidarieta' attiva fra native e
migranti.

4. OTTOMARZOTUTTOLANNO. GIULIO VITTORANGELI: PER LA GIORNATA INTERNAZIONALE
DELLE DONNE
[Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per
questo intervento]

Nella storiografia c'e' chi ricollega l'origine di questa commemorazione
all'8 marzo del 1908 e all'incendio di una fabbrica tessile di New York,
occupata dalle lavoratrici tessili in lotta. Altre fonti la collegano ad
altri analoghi eventi.
Fu comunque successivamente che l'8 marzo divenne simbolo della lotta delle
donne.
Ancora successivamente, a livello internazionale le Nazioni Unite invitarono
ufficialmente, nel 1977, tutti i Paesi a scegliere un giorno in cui si
facesse annualmente il punto della condizione delle donne. Si riconfermo'
l'8 marzo come Giornata internazionale della donna e si scelse un simbolo
preso dalla tradizione del movimento dei lavoratori dell'inizio del
Novecento: "Bread and roses".
"Il pane" per rappresentare la lotta per il miglioramento delle condizioni
economiche e "le rose" per rappresentare i continui sforzi per una migliore
qualita' della vita.
Quello che nessuno puo' mettere in discussione, quindi, e' che questo giorno
e' intimamente legato alle lotte delle donne lavoratrici. Col trascorrere
degli anni, pero', si e' assistito (in particolare proprio in Italia), ad
una deformazione dell'8 marzo in occasione di mero ribaltamento dei ruoli
nell'osceno carnevale del voyeurismo sessista.
*
Quest'anno, con l'invenzione dell'"emergenza" stupri crediamo che la
giornata internazionale della donna torni a rivestire tutta la sua valenza
politica.
Sappiamo che non c'e' nessuna emergenza, lo stupro e' un fenomeno endemico,
trasversale alle nazionalita' e agli ambienti sociali; non e' un problema
delle donne, ma degli uomini di ogni nazionalita'.
Sappiamo che esiste lo stupro di strada, ma questa violenza e' staticamente
minoritaria rispetto alla violenza maschile domestica sulle donne.
Sappiamo che il punto e' l'inviolabilita' del corpo e della mente delle
donne (non si puo' continuare a considerare la donna un oggetto, o comunque
soggetto di diritti inferiori), e non la nazionalita' dello stupratore:
rumeno? albanese? marocchino? Maschio!
Sappiamo che la violenza dei corpi femminili violati non ha nazione e
l'accanimento contro qualsiasi gruppo etnico sempre di piu' evoca gli orrori
del nazifascismo e del mito della razza.
Sappiamo che la tanto sbandierata "emergenza-stupri" e' stata creata e messa
al servizio di una campagna dai toni forcaioli contro gli stranieri; e'
servita a giustificare un decreto d'emergenza che nulla ha a che vedere con
la liberta' femminile, ma strumentalizza i corpi violati delle donne per
compiere un ulteriore passo verso la barbarie istituzionale e legislativa:
dalle ronde private al prolungando fino a sei mesi della detenzione per i
migranti nei campi di concentramento.
Sappiamo che il livello di civilta' si misura col termometro dei rapporti
fra i sessi, per questo la civilta' del nostro paese e' scesa a un livello
alquanto basso; impoverita ed incarognita dalla spaventosa distruzione
dell'alfabeto sentimentale.
Sappiamo che la pericolosita' della violenza di genere sta anche in questo:
nell'essere radicata in una societa' che non e' disposta a guardarsi allo
specchio.
Ha scritto Ida Domininjanni: "Ci servono armi nuove per contrastare un
delitto antico che si presenta in forme nuove. Ci serve sapere che cosa
autorizzi e legittimi, nella mente maschile 'straniera' e 'nazionale', una
pulsione di asservimento, distruzione e revanche che si scarica nella
violenza sessuale. Quale cultura nazional-popolare trasmessa ogni sera in
tv, e quali attriti culturali transnazionali acuiti da fili spinati, centri
di permanenza e barriere simboliche. Quale mito dell'uomo forte, del ruolo
dello stupratore e in quello dell'angelo, in combutta con quale mito della
donna a corrente alternata, velina oggi vittima domani. Il resto e'
propaganda. Per decreto".
*
In conclusione, che questo 8 marzo 2009 serva a ricordare al mondo quanta
strada c'e' ancora da fare e quante sfide vanno ancora affrontate per
raggiungere una reale uguaglianza di genere, riaffermando una semplice idea:
"I diritti universali sono diritti delle donne. I diritti delle donne sono
diritti universali. La liberta' femminile e' la misura della liberta' di
tutti".

5. UNA SOLA UMANITA'. BRUNO FINI: LE MIE RONDE
[Ringraziamo Bruno Fini (per contatti: bruno.fini at alice.it) per questo
intervento]

Anch'io ho le mie ronde.
Le ronde che immagino
son fatte non di esseri
nerboruti incattiviti
ma di spiritelli
miti e giusti.
Le ronde che immagino
scrostano la nostra memoria collettiva
e ci ricordano cosa vuol dire
esser poveri
essere migranti
essere respinti e rifiutati
e finalmente riconosceremo
che stiamo diventando
violenti e razzisti.
Le ronde degli spiritelli
voleranno nelle banche
a far finalmente pentire
banchieri senza scrupoli
che rovinano
i pochi risparmi degli indifesi.
Le ronde che immagino
voleranno nelle fabbriche e nei cantieri
perche' la vera sicurezza
e' non morire di lavoro.
Le ronde degli spiritelli
manderanno a casa
gli amministratori incapaci di eliminare
tutti gli ostacoli che complicano
la non facile vita degli invalidi.
Le ronde che immagino
voleranno in parlamento
perche' non se ne puo' piu' di politica urlata,
di comitati d'affari, di collusi coi criminali.
Le ronde degli spiritelli
si presenteranno al governo
e riusciranno,
si', loro ci riusciranno,
a far dimettere il capo,
perche' un paese democratico
non puo' essere governato
da un faraone straricco
attento solo ai propri interessi.
Le ronde che immagino
potranno vedere
tutte le violenze
di cui la terra soffre
per mano dell'uomo inquinante
e la cureranno
come una madre malata,
e sapranno trovare i responsabili
di tanti disastri
e farli lavorare
con stipendio minimo sindacale
per ripulire tutto.

Coraggio spiritelli,
molto miti e molto giusti,
quanto lavoro...

6. UNA SOLA UMANITA'. MASSIMO GUITARRINI: LA BARBARIE
[Ringraziamo Massimo Guitarrini (per contatti: fenoglio2000 at yahoo.it) per
questo intervento]

E' qui... per chi non l'avesse gia' riconosciuta, e' qui tra noi. Eppure
gia' da diverso tempo erano arrivati chiari segnali del suo imminente
arrivo.
Ricordate quei mugugni di razzismo strisciante che sentivamo in autobus o al
bar?
Quelle guerre combattute con le armi piu' o meno sofisticate prodotte nel
nostro bel paese?
Quel modo di fare business nel mondo depredandolo, compromettendolo
irreversibilmente e prescindendo dai piu' elementari diritti degli uomini e
delle donne?
Lo stile di vita del "produci-consuma-crepa" e il conseguente accanimento
contro chi e' fuori da questa dinamica: i "diversi", che siano "barboni",
stranieri, donne, persone con disabilita', omosessuali. Stupri individuali e
di gruppo, la caccia ai nuovi mostri, le donne come proprieta' e bottino di
scontri tra tribu'.
E mentre accade tutto questo... il silenzio. Il silenzio di tante persone
oneste (Martin Luther King questo proprio temeva piu' delle urla dei
violenti).
Ed oggi e' qui tra noi ed e' piu' terribile che mai, e' questa rinnovata
barbarie.
*
Il disegno di legge che il governo si appresta a far approvare alimenta
questa spirale di violenza. Per molti e per me e' contro la nostra Carta
Costituzionale che riconosce il diritto alla salute dell'individuo, e di
conseguenza e' un diritto che prescinde dallo status di cittadino. Inoltre
avremo una lista dei buoni e dei cattivi, le schedature dei "diversi" che
evocano ricordi terribili.
A questo governo della sicurezza di noi cittadini non interessa proprio
niente. Se gli interessasse realmente la salute e la protezione dei piu'
deboli farebbe tutt'altro. Permetterebbe agli immigrati di regolarizzarsi
piu' facilmente in modo da offrire diritti e l'opportunita' di assolvere ai
doveri. Rispettando il principio di sussidiarieta', invece di dar spazio
alle ronde padane, valorizzerebbe le esperienze di mediazione urbana da
parte delle associazioni. Se a questo governo importasse realmente della
legalita' darebbe piu' risorse alla giustizia in modo da ridurre i tempi dei
processi e permetterebbe la certezza del diritto. E contro le morti e le
violenze nella nostra societa' e nel mondo opporrebbe con forza il valore e
il rispetto assoluto di ogni vita e della dignita' umana.

7. UNA SOLA UMANITA'. ENRICO PEYRETTI: LA PAURA E L'INCONTRO
[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per questo
intervento]

E' importante notare quanto spesso le notizie di cronaca nera siano la
notizia di apertura del telegiornale. Ecco quante volte la cronaca nera e'
stata la prima notizia nel 2007: Tg1 36, Tg2 62, Tg3 32, Tg4 70, Tg5 64,
Studio Aperto 197, Tg La7 44 (questi dati si trovano nel sito
www.centrodiascolto.it). Mi sembra evidente che l'uso politico della paura
avviene in buona parte tramite i media piu' facilmente influenti sulla
impressionabilita' delle persone.
Indifesi sono gli immigrati, indifesi sono gli spaventati ad arte. Chi
approfitta degli uni e degli altri?
Senza negare i problemi reali, le difficolta' e gli attriti naturali
nell'incontro tra i popoli in movimento, la giusta esigenza di giustizia
certa e di ordine, e' compito di chiunque osserva con onesta' e verita' la
realta' delle cose, non enfatizzare il negativo, e semmai sviluppare le
risorse morali, civili, sociali che possono restituire al nostro popolo la
capacita' di affrontare in modo umano, non disumano, questi problemi.
Voglio avere fiducia che l'etica popolare, se non si lascia ingannare, se
ricuperiamo la dignita' del rapporto umano con l'altro, con lo straniero,
possa procedere nel civilizzare questo incontro storicamente inevitabile e
arricchente.

8. UNA SOLA UMANITA'. DANIELE PIERSANTI: UN SOLA TERRA PATRIA COMUNE
DELL'UMANITA' INTERA
[Ringraziamo Daniele Piersanti (per contatti: daniele.piersanti at gmail.com)
per questo intervento]

Nella ricerca per la mia tesi di maturita' liceale sulla nonviolenza
cominciai a scoprire libri, storie e persone di cui non avevo mai sentito
parlare poiche' ignorate dai mass-media o dai giornali.
Una delle figure del passato che mi ha colpito di piu' e' stato sicuramente
Tolstoj, che e' stato uno dei primi teorici della nonviolenza ma soprattutto
ha cercato di mettere in pratica le sue idee... una figura che ha compreso
in pieno anche il senso profondo del Vangelo, abbandonando gran parte dei
suoi beni per aiutare concretamente gli ultimi.
Per questo penso piu' che mai che le parole di Alex Zanotelli sono
profondamente attuali: "ogni volta che entriamo in un negozio 'votiamo'...".
Possiamo aiutare veramente le persone piu' svantaggiate anche facendo degli
"acquisti critici".
Infine una occasione di accostamento alla nonviolenza e' stato un incontro
svolto alla bottega equosolidale a Ladispoli. Una delle frasi che mi sono
rimaste impresse e' stata la citazione della Ginestra di Giacomo Leopardi,
in cui si propone l'unione degli esseri umani per superare insieme le
difficolta': solo se modifichiamo tutti insieme alcuni nostri comportamenti
verso la nostra Terra-patria (come la chiama Edgar Morin) lasceremo un
futuro migliore alle prossime generazioni.

9. INCONTRI. OGGI A VITERBO
[Da varie persone amiche riceviamo e diffondiamo]

L'associazione di volontariato "Viterbo con amore" ha organizzato per
venerdi' 6 marzo un seminario sul tema della cittadinanza con la
partecipazione di Bruna Peyrot, autrice del libro La cittadinanza interiore.
L'incontro, organizzato in collaborazione con vari soggetti associativi ed
istituzionali, si terra' nella sala conferenze della Camera di Commercio, in
via Fratelli Rosselli, a Viterbo, con inizio alle ore 17.

10. INCONTRI. IL 7 MARZO A VITERBO
[Da Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) riceviamo e
diffondiamo]

Sabato 7 marzo alle ore 16,30 presso la Sala conferenze della Provincia di
Viterbo in via Saffi 49, in occasione della Giornata Internazionale della
Donna (8 marzo), avra' luogo la presentazione del libro "Nicaragua: noi
donne, le invisibili" a cura dell'Associazione di amicizia e solidarieta'
Italia-Nicaragua.
Il volume, pubblicato dalla Casa Editrice Davide Ghaleb, e' stato realizzato
grazie al contributo della Provincia di Viterbo.
Il ricavato delle vendite e' destinato a sostenere i progetti
dell'Associazione Italia-Nicaragua con il popolo e le donne del Nicaragua.
Per richieste: Associazione Italia-Nicaragua, via Petrella 18, 01017
Tuscania (VT); o anche: Casa Editrice Davide Ghaleb, www.ghaleb.it

11. INCONTRI. A FIRENZE IL 28-29 MARZO
[Da varie persone amiche riceviamo e diffondiamo]

L'assemblea nazionale della Campagna di obiezione di coscienza alle spese
militari per la difesa popolare nonviolenta si terra' sabato 28 e domenica
29 marzo 2009 a Firenze presso la Comunita' di base delle Piagge, Centro
sociale "Il Pozzo", via Lombardia 1/p Firenze.
Per informazioni e contatti: tel. 055373737, e-mail: ilmuretto at libero.it,
sito: www.altracitta.org o anche www.edizionipiagge.it
*
Il Centro coordinatore nazionale della Campagna di obiezione di coscienza
alle spese militari per la difesa popolare nonviolenta e' presso la Loc, via
M. Pichi 1, 20143 Milano, tel. e fax: 0258101226, e-mail: locosm at tin.it
L'assemblea e' promossa da promossa da: Associazione per la Pace,
Associazione Papa Giovanni XXIII, Lega Disarmo Unilaterale, Lega Obiettori
di Coscienza, Pax Christi, Berretti Bianchi, Gavci; prime adesioni: Rete
Lilliput, Casa per la Pace di Milano, Donne in Nero di Como, Un Ponte
per..., Coordinamento Comasco per la Pace, Coop. Chico Mendes, Coordinamento
lombardo Nord/Sud, Centro Gandhi di Pisa, Comunita' dell'Arca, Centro di
Documentazione del Manifesto Pacifista Internazionale di Bologna, Solidaunia
di Foggia, Rete Radie' Resch di Foggia, Caritas di Foggia.

12. STRUMENTI. LA NEWSLETTER SETTIMANALE DEL CENTRO STUDI "SERENO REGIS" DI
TORINO

Segnaliamo la newsletter settimanale del Centro studi "Sereno Regis" di
Torino, un utile strumeno di informazione, documentazione, approfondimento
curato da uno dei piu' importanti e piu' attivi centri studi di area
nonviolenta in Italia.
Per contatti e richieste: Centro Studi "Sereno Regis", via Garibaldi 13,
10122 Torino, tel. 011532824 e 011549004, fax: 0115158000, e-mail:
info at serenoregis.org, sito: www.serenoregis.org

13. LIBRI. STELLA MORRA: MEMORIA E STORIA DELLA NOSTRA FEDE
[Da "Letture" n. 655 del marzo 2009 col titolo "Memoria e storia della
nostra fede"]

"E' la memoria una distesa di campi assopiti e i ricordi in essa chiomati di
nebbia e di sole. Respira una pianura rotta solo dagli eguali ciuffi di
sterpi: in essa unico albero verde la mia serenita'" (David Maria Turoldo,
Io non ho mani)
*
Strana capacita' la memoria: consente di ricordare, ma anche sceglie e
dimentica, ci lascia rasserenati come un unico albero verde in una piana
nebbiosa, ma a volte ci inquieta e ci agita rendendoci incapaci di lasciar
cadere, di liberarci. Ci offre distanza, e dunque calma gli ardori, ma a
volte ci offre anche rimpianto o rancore, che nutrono le braci e non
lasciano che il fuoco si spenga. Per questo non possiamo ignorare la
memoria, ci tocca guardarla in volto, quando e' dolorosa come quando e'
quieta; infatti, cio' che non e' ricordato e' destinato a essere ripetuto.
Per questo vorremmo proporre diversi esercizi di memoria intorno alla nostra
fede, dolorosi o lievi, che ci indichino i tanti metodi con cui e' possibile
ricordare e dimenticare, ma soprattutto pacificare.
Il primo e' un testo che va direttamente ed esplicitamente alla questione:
Giuseppe Platone (a cura di), Roghi della fede. Verso una riconciliazione
delle memorie, Claudiana, 2008, pp. 224, euro 17. Nel 1397, nella cittadina
di Steyr, in Austria, l'Inquisizione condanno' al rogo un centinaio di
valdesi che avevano rifiutato di abiurare la loro fede; seicento anni dopo
un monumento ricorda l'eccidio e, nel 2005, un analogo monumento viene
inaugurato in Piemonte a cura di un gruppo ecumenico per riconciliare la
memoria di quell'evento. Il libro raccoglie la storia e le riflessioni
teologiche sui due fatti: sul rogo e sul gesto riconciliatore, una storia
dalla parte di coloro che la Storia ha considerato vinti e sconfitti, ma che
una volta tanto sono stati riconosciuti e onorati seppure secoli dopo.
*
Saperi e poteri
Il secondo libro di cui vorremmo parlare e': Sofia Boesch Gajano ed Enzo
Pace, Donne tra saperi e poteri nella storia delle religioni, Morcelliana,
2008, pp. 512, euro 32. A partire dalla relazione maschile-femminile nel
confronto fra religioni, il libro sceglie un campo di indagine specifico (e
doloroso!), quello della correlazione tra poteri e saperi; il metodo compara
e utilizza diverse discipline: ci viene mostrato come si sperimenti una
diversa trasmissione dei saperi tra uomini e donne, e dunque come si giunga
a una diversa conoscenza della realta' e a un diverso esercizio dei poteri,
ma anche a diverse pratiche spirituali e comportamenti, all'interno come
all'esterno delle istituzioni ufficiali sia delle religioni monoteiste come
delle religioni antiche, orientali, africane e afroamericane.
Un esercizio di storia delle donne, memoria di genere, che si fa e diventa
storia degli uomini e delle donne e delle loro relazioni, un esercizio che
dal ricordo di complementarieta' e conflitti, esposti senza partigianeria,
ma nella chiara consapevolezza di una parzialita', offre una base per la
odierna consapevolezza delle religioni.
*
Doppio Rahner
Il terzo testo, come anche il quarto, si presentano come un esercizio di
memoria perche' ci ripropongono due testi (uno alla sua quarta edizione
rivista, l'altro mai tradotto prima in italiano, sebbene scritto nel 1967)
che possono gia' essere considerati dei piccoli "classici" della migliore
teologia degli anni conciliari. Va segnalato che fanno parte, come anche
l'ultimo libro di cui parleremo, di una pregevole collana dell'editrice
Morcelliana ("Teologia. Nuova serie") che ripropone testi e saggi brevi, in
versione economica, che solo la loro vicinanza storica ci trattiene dal
definire, appunto, classici; testi che hanno autorevolmente qualificato il
dibattito trenta o quaranta anni fa e che sembravano spariti, come testi e
come temi. Ci sembra invece davvero fecondo rileggerli oggi, nella loro
pacata serieta' e semplicita', se non altro per misurarne la distanza dai
dibattiti odierni (curioso davvero rileggere il testo a due mani, Karl
Rahner e Joseph Ratzinger, sul problema del rapporto tra episcopato e
primato! Vedi: Episcopato e primato, Morcelliana, 2007, pp. 192, euro 14).
Ma torniamo al testo: Karl Rahner, Sulla teologia della morte, traduzione di
Lydia Marinconz, Morcelliana, 2008, pp. 144, euro 12; si tratta di una nuova
edizione dell'opera uscita in prima edizione tedesca nel 1958, con
l'aggiunta di un piccolo inedito di Rahner che rilegge e commenta se stesso.
Considerando la morte nella sua realta' dialettica e nella sua natura
"velata", egli pone radicalmente in discussione la definizione usuale della
morte come "separazione dell'anima dal corpo" e, per superarne
l'inaccettabile dualismo, propone la tesi della "pancosmicita' dell'anima".
Originali sono le sue considerazioni sull'aspetto personale della morte come
fine dello status viatoris, come unita' dialettica di azione e passione,
come realta' che pone in relazione tempo ed eternita' e finisce con
riflessioni di sorprendente finezza sul rapporto tra morte e peccato e sulla
possibilita' del "con-morire con Cristo".
L'altro testo, per la prima volta presentato in italiano, e': Karl Rahner,
La gerarchia nella Chiesa. Commento al capitolo III di Lumen Gentium, a cura
e con introduzione di Giacomo Canobbio, traduzione di Giulio Colombi,
Morcelliana, 2008, pp. 96, euro 10. Si tratta di un commento scritto da uno
dei protagonisti stessi della discussione che ha prodotto la Lumen Gentium:
Karl Rahner era infatti uno dei periti maggiormente influenti al Concilio,
attraverso i suggerimenti che forniva ai vescovi tedeschi. Nel fervido clima
della discussione postconciliare circa l'episcopato, Ranher commenta
puntualmente il testo con un'attenzione precisa al dettato materiale della
Costituzione: ci viene cosi' offerto (con il testo latino e la versione
italiana a fronte) un apparato di note meticolose che ci ricordano (ancora
la memoria!) quanto sia importante capire, a fondo, fino alle sfumature, un
testo frutto di un faticoso e fecondo lavorio di redazione.
*
Una preziosa sintesi
L'ultimo libro di cui vogliamo parlare, sempre dalla stessa collana, e':
Rosino Gibellini, Breve storia della teologia del XX secolo, Morcelliana,
2008, pp. 184, euro 14. Si tratta di una piccola opera davvero preziosa:
l'autore e' noto in Italia per aver curato alcuni degli sguardi sintetici
sulla storia e sulle figure della teologia contemporanea, sui nodi
problematici e sulle voci piu' significative, tra i piu' completi, curati e
utili; nel corso della sua vita ha incontrato e intervistato quasi tutti
maggiori protagonisti del panorama contemporaneo e ha saputo presentarli al
pubblico italiano, spesso non troppo preparato a comprendere questi
dibattiti. Ora, in questo libro, ci viene offerta una sintesi alla portata
davvero di tutti, anche per la sua brevita', che ci offre una ricostruzione
chiara ed essenziale del pensiero cristiano nei suoi molteplici volti,
attenta a far emergere le continuita' di lungo periodo e le fratture che ne
hanno segnato la storia nel '900.
Di fronte a quello che oggi si chiama "il conflitto delle interpretazioni",
conflitto che rischia di scandalizzarci, siamo chiamati a guardare la storia
della teologia con la distanza che ci fa ricordare che la comunita'
cristiana, diffusa nel mondo, e' una comunita' che pensa, per capire e per
interpretare la vita, per comunicare e per agire, per farsi solidale con il
proprio tempo, e questo necessita che nessuno si sottragga alla fatica della
propria parzialita'. Ancora un esercizio di memoria dunque.
Forme e luoghi diversi con cui ricordare, per non essere condannati a
ripetere semplicemente se stessi.

14. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

15. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 751 del 6 marzo 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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