Coi piedi per terra. 152



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COI PIEDI PER TERRA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 152 del 9 gennaio 2009

In questo numero:
1. Due iniziative per la riduzione del trasporto aereo
2. Giuliano Battiston intervista Vandana Shiva
3. Alcuni estratti da "Tav: i perche' del no" di Virginio Bettini
4. Per contattare il comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo

1. INIZIATIVE. DUE INIZIATIVE PER LA RIDUZIONE DEL TRASPORTO AEREO

Un incontro a Viterbo
Nelle prossime settimane (la data e' in via di definizione) si svolgera' a
Viterbo un incontro con la prestigiosa studiosa ecologista Marinella
Correggia, incontro promossa dal Comitato che si oppone all'aeroporto di
Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, in difesa della
salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti.
Marinella Correggia e' nata a Rocca d'Arazzo in provincia di Asti;
scrittrice e giornalista free lance particolarmente attenta ai temi
dell'ambiente, della pace, dei diritti umani, della solidarieta', della
nonviolenza; e' stata in Iraq, Afghanistan, Pakistan, Serbia, Bosnia,
Bangladesh, Nepal, India, Vietnam, Sri Lanka e Burundi; si e' occupata di
campagne animaliste e vegetariane, di assistenza a prigionieri politici e
condannati a morte, di commercio equo e di azioni contro la guerra; si e'
dedicata allo studio delle disuguaglianze e del "sottosviluppo"; ha scritto
molto articoli e dossier sui modelli agroalimentari nel mondo e sull'uso
delle risorse; ha fatto parte del comitato progetti di Ctm (Commercio Equo e
Solidale); e' stata il focal point per l'Italia delle rete "Global Unger
Alliance"; collabora con diverse testate tra cui "il manifesto", e' autrice
di numerosi libri, e' attivista della campagna europea contro l'impatto
climatico e ambientale dell'aviazione. Tra le opere di Marinella Correggia:
Ago e scalpello: artigiani e materie del mondo, Ctm, 1997; Altroartigianato
in Centroamerica, Sonda, 1997; Altroartigianato in Asia, Sonda, 1998;
Manuale pratico di ecologia quotidiana, Mondadori, 2000; Addio alle carni,
Lav, 2001; Cucina vegetariana dal Sud del mondo, Sonda, 2002; Si ferma una
bomba in volo? L'utopia pacifista a Baghdad, Terre di mezzo, 2003; Diventare
come balsami. Per ridurre la sofferenza del mondo: azioni etiche ed
ecologiche nella vita quotidiana, Sonda, 2004; Vita sobria. Scritti
tolstoiani e consigli pratici, Qualevita, 2004; Il balcone
dell'indipendenza. Un infinito minimo, Nuovi Equilibri, 2006; (a cura di),
Cambieresti? La sfida di mille famiglie alla societa' dei consumi, Altra
Economia, 2006; Week Ender 2. Alla scoperta dell'Italia in un fine settimana
di turismo responsabile, Terre di Mezzo, 2007; La rivoluzione dei dettagli,
Feltrinelli, Milano 2007.
*
Un gruppo di lavoro medico-scientifico a livello nazionale
Dal recente convegno nazionale dell'autorevole Associazione italiana medici
per l'ambiente (International Society of Doctors for the Environment -
Italia) svoltosi a Genova nel dicembre 2008 e' scaturita la costituzione di
un gruppo di lavoro medico-scientifico sul tema del "Trasporto aereo come
fattore d'inquinamento ambientale e danno alla salute".
A coordinare il gruppo di lavoro e' stata chiamata la dottoressa Antonella
Litta, portavoce del comitato di Viterbo, che al convegno di Genova e' stata
relatrice sul tema.
Antonella Litta e' la portavoce del Comitato che si oppone alla
realizzazione dell'aeroporto a Viterbo; svolge l'attivita' di medico di
medicina generale a Nepi (in provincia di Viterbo). E' specialista in
Reumatologia ed ha condotto una intensa attivita' di ricerca scientifica
presso l'Universita' di Roma "la Sapienza" e contribuito alla realizzazione
di uno tra i primi e piu' importanti studi scientifici italiani
sull'interazione tra campi elettromagnetici e sistemi viventi, pubblicato
sulla prestigiosa rivista "Clinical and Esperimental Rheumatology", n. 11,
pp. 41-47, 1993. E' referente locale dell'Associazione italiana medici per
l'ambiente (International Society of Doctors for the Environment - Italia).
Gia' responsabile dell'associazione Aires-onlus (Associazione internazionale
ricerca e salute) e' stata organizzatrice di numerosi convegni
medico-scientifici. Presta attivita' di medico volontario nei paesi
africani. E' stata consigliera comunale. E' partecipe e sostenitrice di
programmi di solidarieta' locali ed internazionali. Presidente del Comitato
"Nepi per la pace", e' impegnata in progetti di educazione alla pace, alla
legalita', alla nonviolenza e al rispetto dell'ambiente.

2. RIFLESSIONE. GIULIANO BATTISTON INTERVISTA VANDANA SHIVA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 6 gennaio 2009 col titolo "Dalla parte
degli ultimi" e il sommario "L'ambientalista Vandana Shiva espone le sue
tesi. Dalla connessione tra sostenibilita' ecologica e giustizia sociale, al
nesso tra riduzionismo scientifico e rimozione di tutti i limiti etici allo
sfruttamento della natura, fino al concetto di 'malsviluppo'"]

I poveri, sostiene Vandana Shiva, non sono coloro che sono "rimasti
indietro" perche' incapaci di giocare le regole del capitalismo, ma quelli
che sono stati esclusi da ogni gioco e a cui e' stato impedito l'accesso
alle proprie risorse da un sistema economico che erode il controllo pubblico
sul patrimonio biologico e culturale. Stare "dalla parte degli ultimi" (come
recita il titolo di un suo recente libro pubblicato dalle Edizioni Slow
Food) non significa dunque dare di piu' a chi ha meno, ma restituire cio'
che e' stato sottratto con la forza di leggi ingiuste, difendere i beni
comuni dall'assalto avanzato dalla globalizzazione neoliberista, impedire la
brevettabilita' delle forme di vita e di conoscenza e costruire una nuova
democrazia ecologica. Una democrazia che difenda la biodiversita' e
riconosca il reciproco condizionamento tra sostenibilita' ecologica e
giustizia sociale.
Abbiamo chiesto a Vandana Shiva, che da decenni continua a rivendicare il
diritto di ogni essere umano a opporsi e resistere - in senso gandhiano -
alle leggi che lo esautorano dei suoi diritti, di rispondere ad alcune
domande sulla sua pratica di scienziata e attivista.
*
- Giuliano Battiston: Una delle questioni che lei tende a sottolineare con
piu' insistenza e' l'intima connessione tra sostenibilita' ecologica e
giustizia sociale. Come spiegherebbe questa connessione a quanti continuano
a ritenere che si tratta di ambiti del tutto separati e tra loro
impermeabili?
- Vandana Shiva: Per la maggior parte dei poveri la connessione e' evidente,
perche' le risorse naturali ed ecologiche costituiscono la fonte principale
del loro sostentamento, e quando qualcuno se ne appropria indebitamente
questo porta da un lato all'insostenibilita' ecologica e dall'altro
all'ingiustizia sociale ed economica. Mi lasci fare due esempi: se la Coca
Cola estrae giornalmente con i suoi impianti milioni di litri d'acqua di cui
beneficia di solito una certa comunita', cosi' facendo distrugge il sistema
idrico di quella comunita' e allo stesso tempo causa una nuova forma di
ingiustizia sociale ed economica. Oppure prendiamo la questione della terra:
in Bengala, di recente il gruppo Tata ha cercato di appropriarsi della terra
dei contadini, ma la sottomissione agli obiettivi dell'industria
automobilistica di una terra che offre sostentamento a migliaia di persone
non solo toglie fertilita' a quella terra e crea una produttivita'
insostenibile dal punto di vista ecologico, ma determina anche una grave
ingiustizia sociale. Ed e' proprio contro questa ingiustizia che hanno
combattuto, organizzandosi, i contadini del Bengala, impedendo alla Tata di
costruire sulle loro terre. Sono soltanto due tra i numerosi esempi che
dimostrano, tra l'altro, come sostenibilita' ecologica e giustizia sociale
siano connesse alla pace, perche' e' proprio dall'ingiustizia sociale e
dalla crescita della disuguaglianza che trae origine il fondamentalismo.
*
- Giuliano Battiston: Secondo l'analisi che svolge nel Bene comune della
terra, "la globalizzazione economica si configura come una nuova forma di
'enclosure of the commons', la recinzione delle terre comuni britanniche",
ed e' volta a privatizzare ogni aspetto della nostra vita, dall'acqua che
beviamo alla biodiversita', dal sistema educativo al patrimonio culturale.
Ci puo' spiegare in che modo la globalizzazione e' legata alla recinzione
dei beni comuni dell'Inghilterra del XVI secolo e quali sono le sue attuali
manifestazioni?
- Vandana Shiva: In Inghilterra, con le recinzioni dei beni comuni ci si e'
appropriati delle terre dei contadini trasformandole in terreni per la
produzione di materie prime destinate all'arricchimento della borghesia
emergente e al funzionamento dell'industria tessile. Negli ultimi decenni,
attraverso le leggi sulla proprieta' intellettuale promosse dal Wto e grazie
alle condizioni finanziarie imposte dalla Banca Mondiale con i piani di
aggiustamento strutturale e i processi di privatizzazione sono stati inclusi
nelle recinzioni proprietarie dei beni di nuovo tipo. Quelli ai quali ho
rivolto in particolare la mia attenzione sono le risorse viventi: i sistemi
viventi grazie ai quali il pianeta si mantiene vivo e che sono
indispensabili per soddisfare i nostri bisogni fondamentali sono stati
dichiarati proprieta' intellettuale, come fossero una creazione delle
corporation: oggi e' la vita stessa come bene a venire privatizzata;
inoltre, dal momento che i sistemi viventi si accompagnano a particolari
tipi di sapere e conoscenza, e che dunque specifici sistemi di conoscenza
sono associati a specifiche forme di vita, si cominciano a recintare anche
il sapere e i beni intellettuali. E' ormai evidente che siamo di fronte a un
assalto sferrato verso l'atmosfera cosi' come verso l'aria che respiriamo:
le grandi industrie prima recintano l'aria inquinandola e trattandola come
un oggetto gia' morto e di loro proprieta', e poi, una volta che
l'inquinamento raggiunge un livello da caos climatico, pensano di farne
materia di scambio commerciale. La possibilita' di comprare e vendere quote
di emissioni inquinanti dimostra che tutti gli attori coinvolti nelle
discussioni relative ai protocolli sui cambiamenti climatici credono davvero
che sull'atmosfera si possano esercitare diritti di proprieta'. Quella
compiuta da un manipolo di industrie inquinanti e' solo l'ultima, clamorosa
forma di recinzione dei beni comuni.
*
- Giuliano Battiston: Lei e' sempre stata molto critica nei confronti del
riduzionismo della scienza meccanicistica figlia della rivoluzione
scientifica. Ci spiega perche' ritiene che il riduzionismo non sia
"semplicemente un incidente epistemologico, ma la risposta ai bisogni di uno
specifico tipo di organizzazione economica e politica", e perche' crede che
la scienza moderna costituisca "una giustificazione etica e gnoseologica
allo sfruttamento delle risorse" comuni?
- Vandana Shiva: Sono molti i modi attraverso i quali l'emergere della
scienza meccanicistica - e della filosofia riduzionista che ne e' alla
base - finisce per integrarsi alla crescita dell'organizzazione economica
che definiamo capitalismo, promuovendone le regole di funzionamento e
favorendone gli interessi. Innanzitutto, l'orientamento riduzionista
consente che vengano rimossi tutti i limiti etici allo sfruttamento della
natura. Nel periodo in cui questa ideologia andava formandosi, gli
scienziati sostenevano che le culture fondate su una visione olistica della
natura e del rapporto tra la natura e l'uomo ne ostacolavano lo
sfruttamento; per questo e' stato necessario un assalto all'idea degli
esseri umani come parte della natura e a quella della natura come organismo
vivente: la natura e' stata uccisa e la terra mater convertita in terra
nullius, una terra vuota, priva di capacita' produttiva e creativa, un mero
amalgama di materie prime. Inoltre, il riduzionismo e la filosofia
meccanicistica permettono di esternalizzare i danni dello sfruttamento: il
riduzionismo prima fa in modo che la vita possa essere sfruttata e
distrutta, e poi, tagliando e sezionando la realta', fa si' che si possano
chiudere gli occhi sulle conseguenze delle nostre azioni. Questo meccanismo
viene adottato anche in altri campi: i sistemi viventi sono sistemi
complessi, altamente differenziati, che si auto-organizzano, ma l'ingegneria
genetica considera le piante come un mero insieme di atomi chiamati geni,
che possono essere sezionati, tagliati e spostati, come pezzi di un "Lego",
senza conseguenze. Ora, se i contadini indiani muoiono a causa dei prodotti
dell'ingegneria genetica, il riduzionismo permettera' di negare che le cause
siano da attribuirsi alla tecnologia in se', attribuendole ad altri fattori.
Il riduzionismo, poi, opera come una vera e propria ideologia perche' si
presenta come l'unica scienza degna di questo nome, assoggettando a se'
tutti gli altri sistemi di conoscenza (che sono altrettanto, se non piu'
complessi), oppure negando che si tratti di vera scienza.
*
- Giuliano Battiston: La degradazione della natura, il passaggio forzato da
terra mater a terra nullius e' stato condotto anche attraverso quel processo
che in Sopravvivere allo sviluppo lei ha illustrato introducendo il termine
di "malsviluppo", con il quale indica "un modo di conoscenza mascolino", "un
modello di sviluppo patriarcale". Ci spiega in che modo "il 'malsviluppo'
confina le donne alla passivita'"?
- Vandana Shiva: Ho adottato il termine "malsviluppo" per indicare uno
sviluppo deforme, un malfunzionamento del sistema, e per tracciarne il
legame con un approccio patriarcale, che combina la dominazione sulle donne
a quella del capitale sulla natura e sugli individui. Il "malsviluppo"
confina le donne nella passivita' innanzitutto trattando la loro conoscenza
come se non esistesse. Negli ultimi trentacinque anni ho lavorato con
tantissime donne e mi sono sempre piu' convinta che siano loro "i veri
esperti", le uniche in grado di conoscere il funzionamento di un sistema e i
modi per proteggerlo, e che il mondo sia in gran parte "prodotto" dalle
donne. Cio' nonostante, il sistema di pensiero riduzionista e
l'organizzazione economica capitalista hanno escluso o sottostimato i
contributi delle donne inducendoci a credere che il lavoro, fondamentale, di
"mantenere la vita" non sia un vero e proprio lavoro, perche' "non
produttivo". Secondo quel sistema di pensiero infatti una donna che mantiene
la propria famiglia non produce nulla, e una comunita' che soddisfa tutti i
propri bisogni alimentari ma non vende o compra alimenti non produce cibo e
non contribuisce alla "crescita" e allo "sviluppo". L'adozione di questo
criterio di misura ha portato al "malsviluppo" e con esso alla distruzione
della natura, allo sfruttamento del "capitale naturale", e, insieme alla
negazione dei bisogni fondamentali, la crescita della poverta'.
*
- Giuliano Battiston: Secondo la sua analisi, dovremmo abbandonare l'attuale
economia suicida e promuovere un atteggiamento culturale che esprima "un
radicamento profondo alla terra e alle specificita' del luogo in cui si
origina, ma anche un sentimento di solidarieta' per tutto il genere umano,
una coscienza universale". Qualcuno potrebbe osservare che, nella pratica,
si tratta di obiettivi opposti, perche' l'ancoraggio alla specificita'
contraddice il richiamo alla solidarieta' universale. Come risponderebbe a
questa obiezione?
- Vandana Shiva: Risponderei che e' molto semplice, direi inevitabile,
conciliare le due dimensioni: abitiamo tutti su un unico pianeta, e questo
significa che la "terra" e' la stessa, ma allo stesso tempo ognuno proviene
da un luogo particolare, da un "terreno" specifico. E' un'eredita' della
filosofia riduzionista l'idea che si diano opposizioni del tipo "questo
oppure quello". Per quanto mi riguarda, la mia formazione nella teoria dei
quanti, che esclude l'idea che ci siano elementi incompatibili e
reciprocamente alternativi in favore di una concezione basato sulla
congiunzione "e", mi porta a credere di poter disporre di un'identita'
profondamente locale, radicata nella valle dell'Himalaya dove sono nata e
cresciuta, e insieme completamente planetaria, e che queste due forme di
identita' si tengano insieme senza contraddizioni. Anche i recenti attentati
terroristici di Mumbai sono frutto dell'erosione delle forme di identita'
multiple a cui mi riferisco. Coloro che sono vulnerabili e "disponibili" a
essere arruolati, pagati o sfruttati dagli estremisti di turno per compiere
azioni di terrorismo sono quelli che sono stati allontanati a forza dalla
loro terra, che sono stati resi superflui ed "eccedenti" rispetto alle
proprie societa'; oppure quelli che vengono mobilitati e reclutati
attraverso la costruzione fittizia di identita' che si escludono a vicenda
sulla base dell'opposizione "o questo o quello". In realta', non si da' mai
solo "o questo o quello", ma sempre un "questo e quello": riusciremo a
svincolarci dall'eredita' delle identita' incompatibili solo coltivando la
nostra responsabilita' verso il luogo particolare da cui proveniamo e
insieme la consapevolezza che siamo parte di un'umanita' comune, che
condivide lo stesso pianeta.
*
Postilla. Tra i suoi titoli l'ultimo e' L'India spezzata
Nata a Dehra Dun, alle pendici dell'Himalaya, nel 1952, formatasi con la
teoria dei quanti, nel 1982 Vandana Shiva ha fondato la Research Foundation
for Science, Technology and Natural Resource Policy e nel '91 ha dato vita
al movimento Navdanya (Nove semi), che protegge la biodiversita'. Premiata
nel '93 con il Right Livelihood Award, Shiva e' autrice di molti libri. Tra
quelli tradotti: Monoculture della mente (Bollati Boringhieri 1995), Vacche
sacre e mucche pazze (DeriveApprodi 2001), Il mondo sotto brevetto
(Feltrinelli 2002), Terra madre (Utet 2002), Le guerre dell'acqua
(Feltrinelli 2003). Gli ultimi libri usciti sono Dalla parte degli ultimi
(Slow Food) e India spezzata (Il Saggiatore), in cui ricorda che il miracolo
economico della "shining India" riguarda il 5% del paese ed "e' costruito
sull'esclusione e lo sfruttamento del 95% dell'India".

3. LIBRI. ALCUNI ESTRATTI DA "TAV: I PERCHE' DEL NO" DI VIRGINIO BETTINI
[Dal sito www.tecalibri.it riprendiamo i seguenti estratti dal libro di
Virginio Bettini, Tav: i perche' del no, Utet Libreria, Torino 2006]

Indice del volume
Introduzione; 1. La Commissione Intergovernativa (Cig) (Bibliografia;
Allegato 1: Alla Commissione Intergovernativa per la realizzazione della
nuova linea ferroviaria tra Torino e Lione; Allegato 2; Allegato 3:
Relazione finale - agosto 2000; Allegato 4: Osservazioni alla relazione
finale del gruppo "Ambiente e Territorio" presentate dal prof. Virginio
Bettini); 2. Hotspot Val di Susa (Bibliografia; Allegato 1 di Dario Bozzolo:
L'inquinamento acustico della linea AlpTransit in Ticino); 3. Un metodo per
la valutazione dell'attraversamento della Val Cenischia (di Virginio
Bettini, Leonardo Marotta, Marko Sosic, Enrico Tommasel) (Bibliografia;
Allegato 1 di Leonardo Marotta: Metodi per la valutazione di impatto
ambientale del Tav/Tac); 4. Il no alla Tav e' di tutto il paese
(Bibliografia; Allegato 1: "Ma il Brennero e' molto piu' urgente"; Allegato
2: Screening preliminare dei possibili impatti del tracciato della linea
Torino-Lione proposto dalla Provincia di Torino).
*
Da pagina VII
Introduzione, di Virginio Bettini
La Val di Susa e' famosa per il "trou di Thullie", sul versante sinistro
della Valle, di fronte a Chiomonte, ad oltre 2.000 metri di quota, sotto i
Quattro Denti: lungo oltre 500 metri, largo 80 centimetri, alto quasi 2
metri, fu scavato, sottraendo oltre 850 metri cubi di roccia, a colpi di
piccone, da un solo uomo, di nome Colombano Romean, in otto anni di lavoro,
tra il 1526 ed il 1533, per portare l'acqua di un ruscello, che si formava a
seguito dello scioglimento delle nevi sul versante nord, sui prati di Ramats
che, altrimenti, sarebbero stati sterili.
Che la storia sia quella raccontata in maniera indubbiamente avvincente nel
romanzo La canzone di Colombano di Alessandro Perissinotto o che la galleria
sia stata scavata nel 1300, a spese della comunita' di Chiomonte, come
risulterebbe da documenti conservati nell'archivio comunale e Colombano
Romean si sia limitato a rimettere in efficienza e ad allargare la galleria
ostruita dalle frane, non ha molta importanza.
Le gallerie fanno parte della storia della Val di Susa e mi pare giusto che
a Colombano Romean sia stato dedicato l'ecomuseo di Salbertrand, perche'
indubbiamente il personaggio ha assunto la figura del mito: l'uomo degli
alti pascoli e dei secoli passati che sa dominare le acque, che scava
gallerie.
Oggi non si tratta pero' piu' di scavare per portare acqua ai pascoli, ma di
riempire i bacini di nuove centrali idroelettriche o di estrarre 16 milioni
di metri cubi di materiale lapideo per un tunnel ferroviario, destinato
all'alta velocita', che difficilmente risolvera' il problema del transito di
uomini e merci attraverso le Alpi.
I recenti fatti in Val di Susa, dell'ottobre-dicembre 2005, il no deciso da
parte della popolazione residente al progetto della linea ferroviaria ad
alta velocita' Tav, testimoniano come il concetto win-win, (tutti vincono,
nessuno perde) e la retorica della sostenibilita', abbiano fatto il loro
tempo.
I cittadini della Val di Susa, che si sono opposti all'avvio delle opere per
la realizzazione dell'infrastruttura ferroviaria che colleghera' Torino a
Lione con un treno ad alta velocita', nell'ambito di quello che l'Unione
Europea definisce corridoio numero 5, hanno chiarito come non si possa
pianificare una nuova infrastruttura prescindendo dalla partecipazione delle
popolazioni interessate e da complessive analisi ambientali che tengano
conto di tutti i parametri in gioco.
La popolazione della Val di Susa ha suggerito a politici refrattari e
retorici, ad universitari chiusi nel loro sacro ed in parte dissacrato
recinto, ad amministratori opportunisti, che la sostenibilita' di una grande
opera infrastrutturale puo' essere solo equilibrio, non scompenso, tra
ecologia, economia e societa'.
Se ecologia e societa' sono negate o sottovalutate ed i parametri economici
proposti con forza, i disegni infrastrutturali ed insediativi non risultano
giustificati agli occhi dei cittadini, in qualsiasi ambito territoriale e
sociale vengano calati.
La popolazione della Val di Susa ha dato una sonora lezione alla cultura
pseudo-scientifica che non colloca l'ambiente naturale in una dimensione
complessiva, facendolo dipendere da alcuni aggiustamenti opportuni della
tecnologia, della ricerca applicata e della progettazione del paesaggio.
Per questa ragione la Val di Susa e' diventata hotspot, ovvero luogo di
profondi conflitti tra progetto, societa' ed ambiente, hotspot la cui
dimensione deve essere valutata sulla base di eventi che molto possono
insegnare a quanti ancora credono che esista e possa rafforzarsi la
procedura partecipata di valutazione dell'impatto ambientale e che la stessa
non si configuri sulla base di voli pindarici e modelli applicati solo se ad
uscita obbligata, ovvero la giustificazione dell'opera sulla base di una
quantomai opportuna approssimazione scientifica.
Ho deciso di scrivere questo instant book non per obbedire al mio innato
istinto polemico o per ulteriormente ribadire il concetto che ho
dell'Universita' (luogo di ricerca del non consenso in ambito culturale e
scientifico, al di fuori del quale non ha ragione d'essere alcun impegno
politico e culturale nei confronti della societa'), ma perche' ho trascorso
gli ultimi 15 anni della mia vita ad occuparmi di tracciati e di ipotesi
dell'alta velocita'.
*
Da pagina 45
Gli analoghi
Fra le procedure di valutazione ambientale di un progetto, quella che si
ritiene sia la piu' efficace ed adeguata nella fase preliminare di
screening, e' la ricerca dell'analogo o di analoghi in grado di consentire
l'individuazione di una serie di problemi dal punto di vista ambientale,
sociale e sanitario.
Nel nostro caso specifico disponevamo di alcune possibilita' analogiche
dalle quali Cig, Alpetunnel ed Ltf hanno mantenuto una certa distanza,
rifuggendo da un impegno che avrebbe potuto modificare in maniera positiva
le procedure, portando, attraverso l'analisi dell'analogo, ad un effettivo
coinvolgimento della popolazione, la quale non si sarebbe sentita ignorata e
sbeffeggiata.
I piu' significativi casi analogici che avevamo individuato erano tre e
riguardavano:
1. un'indicazione che emerge dalla letteratura scientifica e dagli
orientamenti in ambito Iaia, (International Association for Impact
Assessment);
2. la galleria, al tempo in fase di realizzazione, del Pont Ventoux-Susa,
centrale di Giaglione dell'Aem di Torino;
3. il progetto AlpTransit in fase esecutiva per la nuova galleria
ferroviaria del san Gottardo tra l'Alto Ticono (Valle Leventina) ed il
Canton Uri, nella Confederazione Svizzera.
*
I suggerimenti della Iaia
La International Association for Impact Assessment pone sempre il problema
della individuazione di un analogo nella procedura di valutazione
dell'impatto ambientale quale modello per la soluzione a priori di una serie
di incognite legate ad un corretto approccio procedurale.
Nel corso del XXII Congresso Annuale, svoltosi nel 2002 a La Hague in
Olanda, dal 15 al 21 giugno, abbiamo avuto modo di verificare il progetto di
valutazione dell'impatto ambientale dei tracciati dell'Alta Velocita' nel
Sud-Est dell'Australia, basato su di una metodologia che ha tenuto conto
dell'esperienza europea.
Il progetto di collegamento tra Melbourne e Brisbane, via Camberra e Sidney,
e' stato poi abbandonato dal governo australiano a seguito di un'analisi
costi-benefici anche basata sui valori ambientali, considerati i costi dei
circa 2000 km di VHST (Very High Speed Train), tra 33 e 59 miliardi di
dollari australiani, pari a 20-35 miliardi di euro ed una ratio tra benefici
pubblici e costi pubblici molto bassa, compresa tra 0,12 e 0,25, tenendo
conto che l'80% del costo dell'infrastruttura sarebbe stato coperto con
fondi pubblici (Weston, 2002).
Altri contributi sono venuti, nel corso della Iaia 2002 di La Hague in
termini di valutazione degli impatti da parte di progetti significativi
(Roseboom G., 2002), in relazione agli impatti sulla societa', sull'ambiente
e sulla salute.
Se poi si volevano veramente valutare gli impatti ambientali a livello
d'integrazione delle infrastrutture di trasporto, nella stessa occasione, si
poteva attingere in maniera copiosa e decentemente generalista
dall'esperienza svedese (Larsson, 2002).
Analisi e procedure ulteriormente avvalorate nel corso del XXIII Congresso
Iaia, che si svolse nel 2003 in Marocco, grazie al rapporto presentato da un
gruppo di ricercatori dell'Universita' Tecnica di Delf, il quale rispondeva
in maniera adeguata alla domanda: "How do Cultural and Institutional Factors
matter in drawing Lessons in Transport Infrastructure Planning from Other
Countries?" (TU-Delft, 2003).
Dal rapporto emergeva chiaramente il livello di ambiguita' di molte proposte
di valutazione a causa dei diversi interessi settoriali in gioco, quindi la
necessita' di mantenere un alto livello di studi ed analisi in funzione
interattiva ed in fase di valutazione degli impatti cumulativi, come
proposto anche da Larry Canter (Canter, 2001).
Il rapporto dell'Universita' Tecnica di Delft portava molta attenzione ad un
aspetto che era definito "desired level of citizen acceptance", un livello
dal quale tutta la procedura di valutazione e di partecipazione sul
tracciato della Tav Torino-Lione si e' tenuta molto lontana.
*
L'analogo di Pont Ventoux
Ero ancora membro del Parlamento Europeo, era il 1993, quando ricevetti lo
studio di valutazione dell'impatto ambientale dell'impianto idroelettrico di
Pont Ventoux-Susa (Aem Torino, 1993). Nell'introduzione del volume, curata
da Carlo Socco, si approfondivano i concetti di conservazione dello stock
del capitale naturale e quelli relativi alla compatibilita' bioeconomica
(Clark, 1976).
Non ricordo piu' quanti appelli, inutili ed inascoltati, ho rivolto ai
componenti della Commissione Intergovernativa, Cig, perche' anche questi
parametri fossero adeguatamente valutati.
Nel loro insieme, gli insegnamenti che si sarebbero potuti trarre dal caso
Pont Ventoux erano assolutamente chiari.
L'opera di derivazione principale e' costituita dallo sbarramento della Dora
a Pont Ventoux: le acque della Dora sono immesse in un canale derivatore, in
galleria, a pelo libero, dimensionato per una portata di 33 metri cubi al
secondo. Il canale si sviluppa in sinistra Dora Riparia per circa 14 km fino
al serbatoio in Val Clarea.
In effetti una qualche attenzione da parte di Alpetunnel era stata rivolta
al caso Pont Ventoux, anche se i riferimenti avevano tenuto conto solo della
Via del 1993, cui abbiamo fatto riferimento.
Gli elementi analogici sono individuati nei cantieri esterni,
nell'estrazione e nel trasporto dello smarino, nel reperimento di materiali,
ma i temi non sono approfonditi e la problemativa liquidata in poche righe:
"Tuttavia se da una parte possono, nel dettaglio, analizzarsi fenomeni di
continuita' temporale e/o di somma di impatti per casi specifici, il
cantiere stesso della galleria geognostica di Venaus, per la sua dimensione
e collocazione, si ritiene eserciti sull'ecologia e l'economia locale, nello
stato attuale, perturbazioni attenuabili e/o compensabili con l'applicazione
di criteri di progettazione dell'opera e della sua fase realizzativa,
corretti" (Alpetunnel-Geie, 1999).
Al di la' dell'italiano un po' contorto, la linea e' sempre la stessa: si
puo' fare.
*
Da pagina 121
Il no alla Tav e' di tutto il paese
Gli abitanti della Val di Susa oggi forse maledicono il mito di Colombano
Romean.
Potevano forse anche sopportare che la valle fosse un passaggio alpino
obbligato dai tempi della guerra tra Roma e Cartagine, ma non possono oggi
accettare di essere il cantiere in divenire delle Alpi.
Lo sono stati a partire dalla meta' del XIX secolo, quando, in piena epoca
vittoriana, s'impose la saldatura ferroviaria, attraverso il Colle del
Moncenisio, 2080 metri sul livello del mare, tra la Val di Susa e la valle
della Moriana (Maurienne), dove le linee ferroviarie si erano arrestate,
rispettivamente, sul versante italiano, nel 1854 a Susa e, sul versante
francese, nel 1856 a St. Jean de Maurienne.
I lavori di scavo per la costruzione del tunnel del Frejus iniziarono nel
1857, proseguendo molto lentamente. Si ipotizzo' allora, da parte della
compagnia ferroviaria inglese Brassey-Fell, una linea temporanea a
scartamento ridotto che, valicando in superficie il Moncenisio, sarebbe
stata mantenuta in esercizio fino alla definitiva realizzazione del tunnel,
anche se molti ne ipotizzarono una vita molto piu' lunga.
La linea fu aperta al pubblico il 15 giugno 1868 e quello che fu chiamato il
treno Fell opero' fino al 17 settembre 1871, per poco piu' di tre anni, fino
all'apertura del tunnel del Frejus (Belloni, 2005).
Gli abitanti della Val di Susa sono coscienti di abitare un corridoio
nevralgico, ma non si sono mai arresi ad un ruolo che sembra molto simile a
quello che l'avanzare delle infrastrutture e degli interessi commerciali
aveva assegnato ai nativi americani.
Negli ultimi 50 anni si sono trovati a dover far fronte ai problemi del
raddoppio della ferrovia del Frejus, terminato nel 1977, motivato da un
incremento possibile del traffico merci, fino a 15 milioni di tonnellate.
Una vera utopia.
Hanno visto il loro fiume, la Dora, cedere il proprio dominio, in valle,
all'invadenza di quell'autostrada che e' stata aperta al traffico nel 1992,
con la conseguente ribellione del fiume nel 1994 e nel 2000.
Hanno assistito impotenti ai lavori ed agli sbancamenti della galleria e
della diga del Pont Ventoux, alla costruzione dell'elettrodotto di Venaus.
Oggi non solo si trovano di fronte ad un tracciato ferroviario dell'alta
velocita', inspiegato ed inspiegabile, ma anche alla sua coniugazione con
fatti e problemi che sono da anni il cruccio della valle, come la fonderia
Beltrame, situata tra l'area di Borgone e Bussoleno, un'acciaieria di
seconda fusione; come l'uranio che sarebbe estratto dal cuore della montagna
nel corso dei lavori del tunnel principale e l'amianto, testimoniato anche
dalla cava di Balangero, la cava d'amianto a cielo aperto piu' grande
d'Europa.
Non si tratta certo di portare il caso della Val di Susa al livello di
tragedia annunciata in cui si trova ora la Valle della Vere, nel Calvados,
dove la gente e' stata intossicata dall'amianto, tra incoscienza, bugie e
rassegnazione, al punto da richiamare anche una famosa frase di Albert
Camus: "L'angoisse de la mort est un luxe qui touche plus l'oisif que le
travailleur asphyxie' par sa propre tache", scolpita sul monumento ai morti
dell'amianto, inaugurato il primo ottobre 2005, a Conde'-sur-Noireau, nel
Calvados (Prieur, 2005).
Si tratta di tener conto di alcuni segnali, come quello a proposito
dell'amianto, sulla base della ricerca del Centro di Geotecnologie
dell'Universita' di Siena dal 2003, che val la pena di considerare (vedi
l'appendice di questo capitolo), in un contesto di seria e specifica
valutazione degli impatti cumulativi, sulla base delle conclusioni: "Durante
il lavoro di campagna e' stato riconosciuta la presenza di amianto fibroso
entro all'unita' distinta nella carta geologica come: Complesso oceanico
Liguro-piemontese, e in particolare entro la formazione delle Peridotiti
serpentinizzate.
"Il minerale e' sempre concentrato in fratture di taglio e in vene
d'estensione. Gli spessori dei riempimenti di fibre di amianto verificate
raramente arrivano a 5-6 cm, generalmente hanno spessore millimetrico. La
persistenza dei riempimenti verificata e' generalmente metrica, raramente
decametrica.
"Quanto rilevato in campagna e' stato confermato dalle analisi in
laboratorio.
"Le analisi ai RX di otto campioni hanno confermato che il riempimento delle
vene e delle fratture di taglio e' costituito da tremolite nella varieta'
fibrosa (amianto regolamentato) e piu' raramente da serpentino fibroso
(crisotilo, amianto regolamentato).
"Le sezioni sottili analizzate hanno anche confermato l'assenza di amianto
nella roccia incassante le vene di fibre di amianto, solo due sezioni
sottili di serpentina hanno rivelato piccole quantita' di fibra anche entro
alla roccia.
"L'indagine eseguita porta alle seguenti conclusioni rilevanti per la
progettata galleria ferroviaria del tracciato Torino-Modane: la presenza di
tremolite varieta' fibrosa (amianto) e' stata confermata con analisi a RX, e
SEM.
"Vene a fibra di amianto sono state riconosciute in campagna, e confermate
con analisi, unicamente nella formazione delle Peridotiti serpentinizzate,
ulteriori indagini riteniamo che dovrebbero essere eseguite.
"L'amianto e' quasi esclusivamente presente in vene con spessori
millimetrici e centimetrici, la spaziatura dei sistemi di vene e' molto
variabile e percio' non e' possibile con i dati attualmente disponibili
valutare le quantita' di fibra di amianto contenute nell'ammasso roccioso.
"Anche se una valutazione complessiva dei tenori in fibra, in base ai dati
attualmente a nostra disposizione, non e' possibile, possiamo confermare che
localmente sono riconoscibili porzioni metriche dell'ammasso rocciose in cui
il tenore di fibra di amianto e' sicuramente superiore a qualche per cento.
"Una valutazione attendibile dei volumi di roccia portatrice di amianto,
attraversata dalla galleria, richiede delle sezioni geologiche lungo il
tracciato su cui sia distinta anche la formazione delle Peridotiti
serpentinizzate.
"L'entita' di questa formazione che sara' attraversata dalla galleria sembra
comunque rilevante in base alla considerazione che circa la meta' degli
affioramenti di metabasiti della bassa Val di Susa e' costituita da
peridotiti serpentinizzate piu' o meno mineralizzate con tremolite nella
varieta' fibrosa (amianto)".
L'amministratore della Rfi, Mauro Moretti ha affermato: "Si', in Val di Susa
c'e' amianto, ma sappiamo come trattarlo" (Strippoli, 2005).
Beh, ce lo faccia sapere e si ricordi che le tecniche di scavo di cui ora
disponiamo e che ben conosciamo non bastano da sole in una condizione di
impatti cumulativi.
La situazione e' completamente nuova e deve essere valutata in una diversa,
piu' complessa analisi prospettica, in rapporto a quanto, non credo
assolutamente in malafede, fino ad ora e' stato fatto.
Gli abitanti della Val di Susa pongono all'intera Europa, ed al nostro paese
in particolare, un problema non irrilevante che non puo' essere affrontato
se non in termini politici specifici: il problema di un territorio abitato
da millenni, come le valli alpine, che oggi rischia di essere trasformato da
un complesso fenomeno di urbanizzazione ed infrastrutturazione, mentre gli
spazi residui, sottratti alla naturale configurazione, si trasformano in
parco di divertimento temporaneo o stabile.
Qualcuno si e' chiesto se questo significa la prossima scomparsa delle Alpi
(Baetzing, 2005).
Non scompariranno certo le vette, ma quello che presto potrebbe scomparire
e' la specifica organizzazione alpina dell'economia, della cultura e
dell'ambiente, come si era storicamente configurata, stravolta da uno
sfruttamento intensivo delle aree turistiche piu' ricche, da
un'infrastrutturazione implacabile (si veda anche il recente esempio della
tangenziale di Cortina d'Ampezzo) e dall'abbandono delle aree residue.
Con la crisi dell'agricoltura tradizionale, in atto da decenni, e ora anche
delle attivita' industriali, le valli rischiano di ridursi ad appendice
economica del sistema metropolitano.
La Val di Susa in parte gia' lo e'. Molti dei dimostranti sono valsusini da
poco acquisiti, in fuga dall'area metropolitana di Torino, che si
troverebbero nuovamente urbanizzati.
La valle rischia ormai di trasformarsi in un parco di divertimenti per
gitanti e sciatori, un parco consacrato dall'evento olimpico del 2006, ed in
un'area di transito per passeggeri e merci.
Chi ha il coraggio di porre questi problemi, o semplicemente di accennarne,
alle volte non riesce a comprendere ed acquisire ragioni che pongano in
dubbio un modello di crescita basato su di un'inesorabile urbanizzazione,
con il suo carico di infrastrutture: "Gli abitanti della Valle di Susa, che
si oppongono in questi giorni ai lavori per l'alta velocita' ferroviaria,
sembrano temere proprio questo. Difficilmente pero' la loro opposizione
frontale potra' avere successo.
"Anche se non e' giusto continuare a far pagare ai valligiani il costo del
progresso, le Alpi, oltre che un patrimonio naturale da proteggere, sono un
crocevia al centro dell'Europa: non sono mai state, nel corso dei secoli,
una barriera e sarebbe paradossale che lo diventassero oggi.
"Gli abitanti delle Alpi possono, anzi devono, unirsi per controllare i
processi economici distruttivi provenienti dall'esterno. Ma non possono
illudersi di escluderli del tutto" (Casalegno, 2005).
La domanda da porsi e' se avevano ragione le mille persone che, il 6 ottobre
2005, attesero l'arrivo dei reparti antisommossa dei carabinieri e che, con
sindaci e presidenti delle comunita' montane, condivisero la resistenza
passiva alle ruspe che avrebbero invaso i prati di Venaus.
*
[...] Si tratta di una soluzione, di un approccio asssolutamente parziale e
non accettabile.
La gente lo ha capito e sabato 17 dicembre ha invaso Torino per dire
nuovamente no alla Tav.
C'erano gli abitanti della Valle di Susa, ma anche centri sociali,
ex-disobbedienti ed antagonisti, sindacati di base Cobas e Cub, comitati
anti-Tav di tutta la linea che va da Torino a Venezia, la Rete Lilliput,
semplici cittadini, Dario Fo e Beppe Grillo, il quale ha rilevato la vera,
unica ragione di quella giornata e, rivolgendosi dal palco alla gente, ha
detto: "Non sapete cos'avete fatto, perche' siete proprio dei valligiani e
non capite un bel niente. Adesso il movimento no Tav non e' piu' solo
vostro, e' diventato un movimento nazionale".
Nel corso della manifestazione lo slogan piu' azzeccato e' stato "sara'
dura", un "no pasaran" alla piemontese (Ragozzino, 2005).
*
Sara' dura
Si', certo, sara' dura, ma una cosa si deve ottenere: che la valutazione di
impatto ambientale sia condotta sulla base di una corretta impostazione
scientifica e metodologica.
Le premesse non sono confortanti, a partire dall'ultimo documento ufficiale
della Commissione Intergovernativa che ho avuto occasione di esaminare (Cig,
2004).
Il Ministero propone al Cipe l'approvazione del progetto preliminare con una
serie di prescrizioni che riguardano i cantieri, il rumore e l'inquinamento
atmosferico, le acque ed i corsi d'acqua, le cave, i depositi ed i siti di
riqualificazione, gli interventi di mitigazione ambientale, il monitoraggio
ambientale, i beni archeologici ed architettonici.
Tutto cio' che doveva essere approfondito in fase preliminare e' rinviato al
progetto esecutivo, non sono affatto considerati i numerosi impatti
irreversibili, cui sarebbe difficile trovare una compensazione e tutto e'
risolto sulla base delle solite, approssimative mitigazioni.
Si conclude con le seguenti raccomandazioni: "Si raccomanda infine che il
realizzatore dell'infrastruttura acquisisca, per le attivita' di cantiere,
dopo la consegna dei lavori, la Certificazione Ambientale ISO 1401 o la
Registrazione di cui al Regolamento CE 761/2001 (Emas).
"Relativamente agli interventi di ottimizzazione dell'inserimento nel
territorio e nell'ambiente, si adottino le migliori tecniche disponibili per
assicurare sempre l'ottimizzazione degli interventi di recupero delle aree
di cantiere.
"Si preveda, per quanto riguarda il ripristino della vegetazione, l'impiego
di specie appartenenti alle serie autoctone...
"Si preveda, per le aree di cantiere poste in zone esondabili (pur se in
categoria C: piena catastrofica) la verifica e la predisposizione di
provvedimenti e procedure di sicurezza...
"Si scelgano le caratteristiche di ciascuna misura di mitigazione
dell'impatto ambientale coordinando la tutela della componente ambientale
cui essa e' prioritariamente destinata, con la tutela delle altre componenti
ambientali".
Come si evince ci muoviamo in un ambito di completa fase di mitigazione in
funzione della giustificazione dell'opera come da progetto, giocando su best
practices, provvedimenti e procedure.
Sara' quindi dura, nella realta' di quello che potrebbe essere la verifica
della valutazione d'impatto ambientale, imporre una linea procedurale che
abbia un senso.
Tuttavia lo dobbiamo fare, chiedendo alcune cose precise.
1. Approfondire la priorita' di realizzazione tra la linea del Frejus e la
linea del Brennero, in quanto nessuno ha mai detto che la struttura del
corridoio numero 5 tra Lisbona e Kiev debba essere basata sull'alta
velocita'.
2. Procedere alla valutazione dell'impatto ambientale nel corso del
2006-2007, sulla base dei quattro scenari:
2.1. valutazione complessiva del progetto Ltf;
2.2. valutazione del progetto di miglioramento dell'esistente linea
ferroviaria;
2.3. valutazione del tracciato alternativo proposto dalla Provincia di
Torino, come da schema (allegato 3);
2.4. non fare/do nothing.
3. Discussione dei risultati sulla base della specifica procedura di
partecipazione da parte della popolazione interessata nei "focus groups".
4. Consultazione finale, referendaria, in valle, interessando gli abitanti
delle due Comunita' Montane.

4. RIFERIMENTI. PER CONTATTARE IL COMITATO CHE SI OPPONE ALL'AEROPORTO DI
VITERBO

Per informazioni e contatti: Comitato contro l'aeroporto di Viterbo e per la
riduzione del trasporto aereo: e-mail: info at coipiediperterra.org , sito:
www.coipiediperterra.org
Per contattare direttamente la portavoce del comitato, la dottoressa
Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail: antonella.litta at libero.it
Per ricevere questo notiziario: nbawac at tin.it

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Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 152 del 9 gennaio 2009

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