Minime. 693



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 693 del 7 gennaio 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Fermare la guerra, fermare le uccisioni
2. Gian Guido Vecchi intervista Tullia Zevi
3. Salimata Badji-Knight: Contro le mutilazioni genitali femminili
4. Maria G. Di Rienzo: Contro le mutilazioni genitali femminili
5. Augusto Cavadi intervista Elisabetta Ribet (1)
6. Augusto Cavadi intervista Elisabetta Ribet (2)
7. Folco Portinari presenta "I poeti della scuola siciliana" a cura di
Roberto Antonelli, Costanzo Di Girolamo e Rosario Coluccia
8. Stella Morra: Alla ricerca
9. Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta"
10. L'agenda "Giorni nonviolenti 2009"
11. L'Agenda dell'antimafia 2009
12. La "Carta" del Movimento Nonviolento
13. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. FERMARE LA GUERRA, FERMARE LE UCCISIONI

Ogni vittima ha il volto di Abele. Ogni guerra e' contro l'umanita'.

2. RIFLESSIONE. GIAN GUIDO VECCHI INTERVISTA TULLIA ZEVI
[Dal "Corriere della sera" del 6 gennaio 2009 col titolo "Tullia Zevi: Due
popoli destinati a convivere, la guerra rischia di annientarli"]

In Israele, professoressa, c'e' chi dice: fermiamoci. "Quanti sono i
morti?". Pare piu' di cinquecento... "Mi pare che possano abbondantemente
bastare. Di lacrime ne abbiamo versate troppe. Non c'e' 'noi' o 'loro'.
Sempre vite umane sono. Abbiamo tutti un sangue rosso che scorre nelle
vene". Tullia Zevi, grande anima dell'ebraismo europeo, per sedici anni
presidente delle comunita' italiane, sospira: "Vede, io sono pacifista per
pessimismo".
*
- Gian Guido Vecchi: Per pessimismo?
- Tullia Zevi: La guerra e' in se' nefasta. Se non sei pacifista finisci per
essere a favore di qualche intervento, "giusto" o "ingiusto" che sia. Ma la
guerra e' una crudele risolutrice di problemi. E sempre i suoi esiti sono
distruttivi.
*
- Gian Guido Vecchi: Ma che si puo' fare, se c'e' Hamas?
- Tullia Zevi: Le armi della logica valgono piu' del fragore delle armi. Qui
ci sono due popoli, c'e' chi sostiene "condannati" ma io preferisco dire
"destinati" a coesistere. E vogliono la stessa cosa: prima ci sara'
l'avvento della pace e meno vite umane andranno sprecate. Sa qual e'
l'alternativa?
*
- Gian Guido Vecchi: Quale?
- Tullia Zevi: Che uno dei due rischi di eliminare l'altro. Esiste anche il
tragico e forse ineluttabile pericolo che si annientino a vicenda. Due
culture antiche che devono congiungere gli sforzi verso una convivenza
possibile e necessaria. L'ora e' gravida di minacce, ma bisogna continuare a
sperare contro lo scetticismo. E aiutarli.
*
- Gian Guido Vecchi: E come?
- Tullia Zevi: Il dramma e' che manca un mediatore vero. Ci vorrebbe un
colpo d'ala dell'Unione Europea. Mi appello alle forze dialoganti delle due
parti e anche alle diaspore perche' collaborino a una iniziativa che metta
uno di fronte all'altro. In tv ho visto immagini tragiche e allarmanti. E
l'odio nutre l'odio.

3. TESTIMONIANZE. SALIMATA BADJI-KNIGHT: CONTRO LE MUTILAZIONI GENITALI
FEMMINILI
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
averci messo a disposizione nella sua traduzione il seguente intervento.
Salimata Badji-Knight, trentasettenne, e' cresciuta in una comunit‡
musulmana senegalese, dove e' stata mutilata all'eta' di cinque anni]

Si', avevo cinque anni quando le donne del villaggio mi dissero che saremmo
andate nella foresta. Con me c'era un intero gruppo di ragazzine, dalla mia
eta' sino ai 16 anni: eravamo tutte felicissime, perche' ci avevano detto
che era un picnic. Ma non lo era. Piu' del dolore e del pianto ricordo lo
shock dell'aver compreso che ci avevano ingannate. Sapevo che avrebbero
tagliato via qualcosa da me, ma non sapevo cosa. Durante il percorso le
donne erano molto gentili, ci regalavano dolci e cosi' via: era il loro modo
di chiedere perdono, ma era anche il loro modo di vendicarsi, il ripetere su
di noi un crimine che loro avevano subito.
Solo piu' tardi, nell'adolescenza, compresi davvero cos'era accaduto.
Eravamo state mutilate in modo che rimanessimo "pulite" e non avessimo
ragazzi. I miei genitori credevano in questo modo di prepararmi al
matrimonio, di aver agito per il mio bene, ed io volevo accettarlo perche'
mi dicevano che le donne mutilate erano maggiormente rispettate. All'eta' di
nove anni, quando ci trasferimmo a Parigi, fu una grande sorpresa per me
scoprire che non accadeva a tutte le donne. E poi fui costretta a vedere
bimbe di origine senegalese a cui veniva detto che sarebbero andate in
vacanza in Africa, ma in effetti vi venivano portate per essere mutilate.
Mia madre, a Parigi, fece mutilare segretamente tre delle mie sorelle.
Ero infuriata per tutto questo e in me crebbe la determinazione di porre
fine a questa pratica brutale. Ho cominciato a parlarne con chiunque volesse
ascoltarmi: i servizi sociali, i medici, la polizia, gli altri africani che
vivevano a Parigi. Per lungo tempo ho provato rancore per le donne che mi
avevano fatto del male, per gli uomini che lo avevano voluto e approvato,
per mia madre che lo aveva permesso, per mio padre che non aveva mai fatto
nulla per fermarlo.
Cominciavo a pensare al suicidio. La mutilazione ti porta via identita' e
dignita'. Solo quando ho smesso di pensare a me stessa come ad una vittima
ho smesso di credermi priva di valore. Dalla rabbia e' uscita la
compassione, e ho capito che la colpa non era di quelle donne o di mia
madre, ho capito che erano semplicemente accecate dal dover seguire una
"tradizione".
Se avessi continuato a vivere di rabbia e rancore sarei di certo morta. Ma
la mia rabbia ha avuto anche risultati positivi, perche' mi ha spinta a
lottare per mettere fine alle mutilazioni. Adesso lavoro in una campagna sul
campo che si chiama "Forward" e parlo nelle scuole, in Francia e in Gran
Bretagna.
Quando ho incontrato l'uomo che sarebbe poi divenuto mio marito, ho dovuto
dirgli di non aspettarsi che io potessi rispondergli sessualmente. "E se
dico no, e' no", ho aggiunto con fermezza. Mio marito e' un uomo che ha un
grande rispetto per me, ed e' molto paziente. Oggi, le mie tre sorelle che
ho citato prima lavorano con me per fermare le mutilazioni. Persino mia
madre adesso ne parla come di una violazione dei diritti umani. E prima che
morisse, sei anni fa, sono riuscita a parlarne bene con mio padre. Ho aperto
il mio cuore per lui, gli ho spiegato cosa le mutilazioni sono davvero, come
ti rovinano fisicamente e mentalmente. Mio padre e' scoppiato in lacrime, e
mi ha detto che nessuna donna gli aveva mai parlato della propria
sofferenza. Poi mi ha chiesto scusa, mi ha pregato di perdonarlo. Il giorno
dopo ha chiamato i nostri parenti in Senegal, e il risultato e' stato che un
"picnic" come quello a cui ho partecipato io a cinque anni e' stato
cancellato, e cinquanta bambine sono state salvate.

4. DIRITTI. MARIA G. DI RIENZO: CONTRO LE MUTILAZIONI GENITALI FEMMINILI
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
questo intervento]

Le bambine cercano di salvarsi anche da sole.
Nello scorso dicembre, nel Kenya del sudovest, sono fuggite da casa in
trecento per non essere sottoposte a mutilazioni.
Le piu' piccole hanno fra i sette e i nove anni. A prendersi cura di loro ci
sono i parrocchiani di due chiese e la Maendeleo Ya Wanawake, un'ong
femminista.
Sara' utile sapere che in Kenya le mutilazioni genitali femminili sono
bandite per legge, e che la maggioranza dei genitori delle bimbe ha
dichiarato di essere contraria alla pratica, ma di esservi spinta dalle
pressioni e dalle rappresaglie altrui...

5. ITALIA. AUGUSTO CAVADI INTERVISTA ELISABETTA RIBET (1)
[Ringraziamo Augusto Cavadi (per contatti: acavadi at lycos.com) per averci
messo a disposizione la seguente intervista apparsa sul periodico
"Centonove" il 24 dicembre 2008 col titolo "Donna e protestante? Allora esca
fuori dall'ospedale"]

Elisabetta Ribet, 35 anni, piemontese, da cinque anni pastora della chiesa
valdese-metodista della Noce a Palermo. E' una donna dai modi aggraziati, lo
sguardo attento, il sorriso acceso da un vivo senso dell'humour. Le cronache
raccontano di un grave episodio di cui e' stata vittima in questi giorni
presso una struttura sanitaria pubblica del capoluogo siciliano.
*
- Augusto Cavadi: Cosa le e' capitato, di preciso, pastora?
- Elisabetta Ribet: Mi sono recata a trovare, presso il reparto di
traumatologia e ortopedia dell'Ospedale "Cervello", un'anziana signora della
mia comunita'. E' un mio dovere pastorale, e prima ancora un suo diritto di
cittadina ricevere assistenza spirituale. Ero in anticipo rispetto
all'orario delle visite e un'infermiera mi ha gentilmente bloccato,
chiedendomi di attendere. Ho esitato un momento e poi, visto che alcune
altre persone sono entrate in reparto, sono entrata anche io senza ulteriori
problemi. Il giorno dopo sono tornata insieme a due altre sorelle di chiesa.
Siamo entrate in tre mezz'ora prima dell'orario di visita. Quando ci hanno
chiesto di uscire le due hanno immediatamente chiesto scusa e sono uscite,
ma io, in quanto pastora, potevo rimanere. L'infermiera era accompagnata dal
primario, che non ha voluto sentire ragioni: nonostante gli abbia mostrato
il tesserino che certifica che io sono un ministro di culto, documento
riconosciuto dallo Stato italiano nei termini dell'Intesa con le nostre
chiese, mi ha buttato fuori. Peraltro, in reparto e in particolare nella
stanza della persona che mi aspettava non c'era nessuna situazione che
potesse far dire che era meglio non entrare immediatamente.
*
- Augusto Cavadi: Ma esiste una normativa che le garantisce il diritto di
visita di una fedele fuori orario?
- Elisabetta Ribet: Si', certo. E' la normativa garantita dall'Intesa
tramite la legge 449 dell'84 che non vale solo per i preti in clergyman, ma
anche per chi come me e' una giovane donna con la gonna un po' sopra le
ginocchia.
*
- Augusto Cavadi: E cosa l'ha ferita in questo episodio?
- Elisabetta Ribet: Innanzitutto, sul piano piu' immediato delle relazioni
umane, l'assoluta mancanza di ascolto da parte del primario. In secondo
luogo, la palese violazione del diritto della sorella ricoverata e della sua
liberta' di religione. Come se soltanto i cattolici romani avessero diritto
alla visita del loro parroco... Inoltre sono stata amaramente colpita nella
mia coscienza di cittadina di uno Stato laico che non riesce a garantire
parita' di diritti. Sia chiaro: sarei stata altrettanto turbata se ad essere
bloccato fosse stato un rabbino ebreo o un imam islamico, e mi chiedo come
funzioni con i pastori pentecostali. E' una questione di genere, di abito
talare, qual e' il problema?
*
- Augusto Cavadi: Se poi si considera che tutto questo avviene in una
regione in cui un governo di centrodestra ha assunto negli organici
amministrativi gli assistenti religiosi cattolici, costringendo tutti i
contribuenti a pagare un servizio di cui godono solo i pazienti cattolici,
c'e' davvero da rimanere esterrefatti. Dopo la sua protesta sull'edizione
palermitana di un quotidiano nazionale e' mutato qualcosa?
- Elisabetta Ribet: Corrado Augias ha ripreso la lettera sull'edizione
nazionale di "Repubblica". Nel frattempo, la Tavola Valdese si e' mobilitata
per chiedere chiarimenti e per denunciare questo episodio. Non e' una cosa
che tocca me personalmente, ma piuttosto un preoccupante segnale di quella
che nel migliore dei casi possiamo chiamare imperdonabile superficialita',
se non violazione di diritti di base. La cosa che piu' mi rattrista e'
sentire che attorno a questo episodio si sta formando, a fianco della giusta
attenzione e volonta' di chiarire i fatti ed evitare che si ripetano simili
situazioni, anche una leggera bruma di spettacolarizzazione da reality show.
Non denuncio questo episodio per fare audience, ma perche' e' uno dei tanti
sintomi di qualcosa di molto grave che riguarda il nostro modo di vivere qui
in Italia, il nostro senso civico e di cittadinanza, in particolare su tutto
cio' che ha a che fare con la liberta' di religione nel paese.

6. ITALIA. AUGUSTO CAVADI INTERVISTA ELISABETTA RIBET (2)
[Ringraziamo Augusto Cavadi (per contatti: acavadi at lycos.com) per averci
messo a disposizione la seguente intervista apparsa nella cronaca di Palermo
del quotidiano "La Repubblica" del 24 dicembre 2008 col titolo "La pastora
che celebra alla Noce"]

Perche' una ragazza "normale" decide di diventare pastora? L'esordio
dell'intervista con Elisabetta Ribet viene disturbato dalla voce del suo
collega catanese Francesco che sta preparando il caffe' nella cucina dove
avviene l'incontro: "Dovresti chiedere ad una ragazza 'normale'...".
*
Sorridiamo divertiti e la guida spirituale della chiesa valdese-metodista
della Noce prova a rispondere, non senza imbarazzo: "Intanto c'e' da
considerare che la scelta iniziale e' stata per la teologia: volevo indagare
l'ambito umanistico, piu' precisamente storico-sociale, e la teologia per me
e' anche studio di come l'uomo vive il rapporto con il Trascendente. In
particolare - quando ho lasciato il liceo e dovevo optare per una facolta'
universitaria era l'anno della Pantera - mi avvertivo fortemente motivata a
capire come mai l'Occidente abbia potuto creare tanti disastri planetari nel
nome di Gesu' Cristo. Poi, quando ho accettato la proposta di essere
'pastorizzata'" (sorride nuovamente divertita) "avra' certamente pesato
l'ambiente di provenienza: nella mia famiglia c'e' stato da secoli un
pastore almeno ogni due generazioni".
Ma perche' pastora a Palermo una piemontese che ha completato gli studi a
Parigi? "Sembrera' strano, ma a Parigi ho trovato un ambiente internazionale
vivace sul piano culturale come Palermo lo e' sul piano delle presenze
sociali. La' conoscevo teologi polinesiani, africani, asiatici che sfidavano
le mie conoscenze dottrinarie: qui ho conosciuto immigrati, sbarcati
clandestinamente, che vengono da quelle stesse terre in cerca di pane e
dignita'. Poche settimane fa, colloquiando con alcuni ragazzi a cui il
nostro centro di accoglienza ha prestato i primi soccorsi, sono stata
spiazzata dalla risposta di uno di loro alla domanda se nel suo lungo
viaggio dall'Africa centrale, attraverso il deserto e poi il canale di
Sicilia, fosse stato sostenuto da un brano biblico: 'Si', il salmo dove si
legge che anche se il padre e la madre dovessero dimenticarsi del figlio,
Dio non si dimenticherebbe di lui'. Ho sperimentato come Dio puo'
ammaestrare i teologi attraverso le vie piu' impensate".
A Palermo un forestiero trova qualcosa di particolarmente bello o di
particolarmente brutto? "Direi entrambe le sorprese. Intanto il calore con
cui la citta' - o, per lo meno, quel pezzo di citta' che costituisce la mia
piccola chiesa protestante - sa accogliere. E non soltanto i bianchi,
istruiti, che come me vengono a svolgere un ruolo di responsabilita'
sociale, ma anche i neri, che non sanno una parola di italiano e che hanno
bisogno di tutto per sopravvivere. Ho vissuto in altre zone d'Italia, per
esempio in Val d'Aosta, e ho potuto misurare la differenza abissale a favore
di Palermo. Di negativo, invece, ho trovato una certa acquiescenza ad un
sistema relazionale di tipo mafioso che mi sembra venga accettato quasi come
inevitabile: troppo pochi i cittadini con la schiena dritta, troppi i
'clienti'. Da cinque anni ad oggi mi pare che, addirittura, la citta' su
questo fronte si stia addormentando".
*
Le prometto che non faro' ricorso a formule volutamente ad effetto, ma
erronee, come "donna-prete" o "sacerdotessa": per i protestanti il "pastore"
non appartiene ad un "ordine" speciale di cristiani ne' gli viene impresso
un carattere "ontologico" indelebile, ma e' un laico che - per un periodo
piu' o meno lungo della sua vita - e' chiamato dalla comunita' a svolgere un
servizio di predicazione e di assistenza spirituale. In cambio della mia
sobrieta' espressiva, pero', le chiedo qualche indiscrezione privata. Per
molti cattolici e' bene mantenere obbligatoria per i preti la castita'
celibataria perche' - si dice - la gente si scandalizzerebbe se sapesse che
il parroco e' sposato o, peggio ancora, convivente: come vedono i fedeli di
questa chiesa, qui a Palermo, il fatto che la pastora viva con un ragazzo
senza essergli unita da un vincolo matrimoniale? "Non so in altre chiese
siciliane che cosa sarebbe successo. Qui ho trovato una grande discrezione:
non ho ricevuto domande riguardanti la mia sfera privata ne' io ho fatto
niente per sbandierare il mio legame sentimentale con una persona di origine
africana che, tra l'altro, non appartiene alla mia chiesa e lavora in
tutt'altro ambito. Quanti, poi, vengono ad apprendere piu' o meno
casualmente del mio legame - e magari poi ci invitano a cena o ad una festa
in quanto coppia - non sembrano dare alcun peso a questo elemento. Che io
sia single o in coppia li tocca quanto a me puo' importare che il dentista a
cui mi rivolgo sia single o in coppia. L'essenziale e' che sia un dentista
professionalmente valido".
Che Elisabetta sappia fare la pastora con sobria efficacia lo testimonia
l'affetto con cui donne e uomini, adulti e giovani, la circondano e la
sostengono. Chi ha curiosita' lo potrebbe verificare partecipando una
domenica al culto che lei presiede alle undici nella sala di via Noce. Una
liturgia in cui la pastora Ribet trova quasi sempre parole stimolanti di
commento alla Bibbia, per nulla soporifere. E una liturgia vivacizzata dalla
presenza di fedeli non certo freddi, ingessati: in misura ormai
preponderante immigrati da tutto il mondo che suonano e cantano e ballano e
battono ritmicamente le mani come si usa nei loro Paesi di provenienza.
Prima di lasciarci le chiedo un'opinione sul rapporto con i cattolici, ma
ecco che il volto le diventa piu' serio: "A Palermo, ma non solo, il dialogo
ecumenico a livello di istituzioni e' bloccato da anni. Per grazia di Dio,
qui come altrove, ci sono pero' persone meravigliose, anche cattoliche, che
non si arrendono ad un cristianesimo provinciale, confessionale. La piu'
grande speranza di un cristianesimo dagli orizzonti vasti come il pianeta
sono gli immigrati e i giovani".

7. LIBRI. FOLCO PORTINARI PRESENTA "I POETI DELLA SCUOLA SICILIANA" A CURA
DI ROBERTO ANTONELLI, COSTANZO DI GIROLAMO E ROSARIO COLUCCIA
[Dal quotidiano "L'Unita'" del 15 agosto 2008 col titolo "Dalla Sicilia con
amore nasce la poesia italiana" e il sommario "Nei Meridiani la prima
edizione completa del corpus dei poeti siciliani e siculo-toscani: siamo
nella prima meta' del XIII secolo, nel regno di Federico II, dove Giacomo da
Lentini inventa il sonetto"]

"L'edizione promossa dal Centro di studi filologici e linguistici siciliani
e pubblicata dai Meridiani e' la prima completa e annotata del corpus dei
poeti siciliani e siculo-toscani". Questa informazione necessaria apre
l'avvertenza premessa ai tre volumi di circa tremila pagine complessive
firmati, per la curatela, da Roberto Antonelli, Costanzo Di Girolamo,
Rosario Coluccia. Noi (io) eravamo fermi all'eccellente lavoro di Gianfranco
Contini, di oltre quarant'anni fa. Si tratta,ancora una volta, di stabilire
col massimo di certezza l'atto di nascita della poesia italiana. O quanto
meno col massimo di approssimazione. Il luogo e' la Sicilia di Federico II,
il nipote del Barbarossa, la data e' la prima meta' del secolo XIII. E qui
c'e' subito un inciampo, mica da poco, messo li' dalla nostra memoria
scolastica, quando in capo alla storia della poesia italiana si poneva
quell'unicum di San Francesco, le Laudes Creaturarum, con l'avallo del
Contini medesimo o quanto meno una sua qualche perplessita', perche' in
questo caso la data di nascita si sposterebbe indietro di alcuni lustri e il
luogo diventerebbe l'Umbria. Una questione marginale in quanto tale. Se si
parla di corpus c'e' poco da discutere, la scuola siciliana e' la sola a
fornirci un cospicuo materiale fondativo. E in capo a quella scuola c'e' un
nome inobliato dai tempi del liceo, il notaio Giacomo (noi lo chiamavamo
Jacopo) da Lentini. A Giacomo infatti e' dedicato per intero il primo dei
tre volumi, per merito e per fama, poiche' a lui risale l'invenzione del
sonetto, che continuiamo a utilizzare con successo dopo otto secoli, due
quartine e due terzine.
Qual e' l'oggetto di questa poesia? Come dai tempi di Omero e di Saffo in
poi l'oggetto lirico e' l'amore, che e' un po' come dire il mistero se dopo
qualche millennio ci interroghiamo ancora su cosa esso veramente sia. Una
fenomenologia complessa, dunque, un "galateo", un codice che li' cogliamo in
una fase decisiva per l'ulteriore sviluppo della lirica europea, ferme
restando le radici trobadoriche e provenzali (il piu' antico testo poetico
in lingua italiana non e' forse dovuto al provenzale Raimbaut de
Vaqueiras?). Scrive l'Antonelli: "Per tali ragioni la fenomenologia amorosa
e' l'argomento largamente preferito dagli autori accolti agli inizi de
Trecento. E' il tema che storicamente rappresenta la novita' di un processo
storico-sociale epocale: la crescita della feudalita' e della borghesia
mercantile e cittadina rispetto alle grandi istituzioni universalistiche
(...). La Scuola siciliana e' la grande riproposizione, nei termini propri
del progetto politico federiciano, di un'autonomia culturale per cosi' dire
"statale" (e non individuale o cortese) basata anche sul senso e sul
prestigio culturale della poesia trobadorica. Dunque alla Magna Curia si
poeta d'amore e non di politica, mai. (...) La politica nelle sue varie
forme e "parti" esplodera' nell'Italia centrale e presso i rimatori
siculo-toscani "municipali" e continuera' fino Dante compreso, l'altra
grande tematica della lirica duecentesca".
Se cosi' stanno le cose (e cosi' stanno) la composizione e la decifrazione
dei componimenti poetici sembra ricondursi a una specie di controllo attento
delle "regole". L'amore e' un gioco e come ogni altro gioco e' governato
dalle regole del gioco, che vanno rispettate, almeno fino a quando un
eversore butti tutto all'aria (ma anche lui ne dettera' di nuove e
riprendera' un complesso di osservanza). A corte o nella curia l'amore e'
innanzitutto una recita regolata, almeno nella sua rappresentazione
pubblica, che si concreta in poesia, in cui si intrecciano erotismo e
teologia in una metafora sublime o sublimate della realta', trasformata in
altro, in astrazione, in concetto (finita la recita la poesia lascia il
posto alla prosa, perche' la specie potesse continuare). Passati i secoli,
pero', l'ortodossia diventa terreno fertile per il filologo, che pur lascia
uno spazio al godimento del lettore, che torna a leggersi Giacomo da Lentini
e la canzonetta "Meravigliosamente/ un amor mi ristringe/ e soven ad
ogn'ora". Prima godiamoci i sessanta versicoli, in liberta' e, dopo, le
importanti diciotto pagine del filologo che l'accompagnano. Quel che
ciascuno percepisce e' che quelle parole sono, al di la' dei codici e delle
regole, semplicissimamente vere. Basterebbero a consacrare un poeta per
mille anni.
Qui potremmo avviare l'esercizio delle classifiche, chi sia il migliore e
quale sia la funzione degli altri, all'interno della curia siciliana ma
soprattutto all'esterno, dove i conti si fanno con i valori assoluti. I
valori poetici, beninteso. Concordiamo con i curatori nel loro giudizio
implicito: se a Giacomo e' stato concesso un intero volume, cio' significa
che a lui e' riconosciuta una primazia. Il che non vuol dire che li' si
esaurisce il fenomeno, perche' la Scuola sa far sentire il suo peso
propositivo. E' lecito almeno interrogarsi sul modello culturale che il
sovrano poeta offre alle altre corti o alle altre istituzioni che governano?
Agitando un dibattito dal quale nascera' la poesia d'arte italiana? E' ovvio
che non parlo di esportazione di una poetica quanto di affermazione di una
cultura, di modalita'. E' sufficiente ricordare che Dante scrive, in quel
tempo, sui temi aperti dalla Scuola due libri fondamentali (in quanto
fondano) quali il De vulgari eloquentia e il Convivio, aprendo
ufficialmente, io credo, la stagione moderna della nostra cultura? Qualcuno
di quelli Dante lo ritrova, cadavere ancor caldo, nel suo viaggio
ultraterreno e il tema del dibattito quello e'. Mi sforzo pertanto di voler
rassicurare il lettore scientificamente sprovveduto, nello specifico anche
se fisico nucleare o primario oncologo, che ci sono due livelli di lettura
di questi tre volumi: uno, quello dei testi, pretende solo curiosita' e
umilta', semplice abbandono alle emozioni, prima di accedere all'altro
contestuale, scientifico, filologico, cioe' le settecento pagine
dell'apparato critico. Sia chiaro che senza questo enorme lavoro non avremmo
quelle poesie, ne' potremmo soddisfare la nostra curiosita' di saper
riconoscere nell'autore di "Amando con fin core e con speranza,/ di grande
gioí fidanza/ donomi Amor piu' ch'eo ne meritai", lo stesso Pier delle Vigne
gran dignitario di Federico II, innocente suicida, incontrato da Dante nel
tredicesimo canto dell'Inferno. Oppure godere e partecipare al lacrimato
lamento della donna, in conflitto con Dio ritenuto responsabile della sua
momentanea vedovanza, essendo partito l'amato per le crociate: "Giamai non
mi conforto/ ne' mi voglio rallegrare,/ le navi so' giunte al porto/ e
vogliono collare,/ vassene lo piu' gente/ in terra d'oltremare,/ oime',
lassa dolente,/ come deggio fare?". Gia', come deve fare se a contrastarla
e' Dio in persona? La politica, assente programmaticamente dalla poesia
della Magna Curia federiciana qui sembra invece entrarci di sghimbescio, in
veste polemica con un sovrano, il re dei re. Sono versi, forse tra i piu'
belli, di Rinaldo d'Aquino, che ricordo dai tempi del liceo e che amo
ripetermi. Ecco, e' un dono della Scuola siciliana. Certo non mancano le
sorprese, altri doni. Questo di Giacomino Pugliese, per esempio, che ha
tutta l'aria di un testo sperimentale, databile XX secolo, a dispetto di
tante fatiche filologiche: "Donna, per vostro amore/ (...)trovo/ e ritrovo/
mi' coraggio,/ che tant'aggio/ dimorato/ e dottato,/ istato muto/ e
ritenuto,/ per biasimo e per paura/ de la gente,/ gia' neiente/ non mi
lasso/ e non casso/ i miei versi./ li diversi rime dire:/ voglio avere/
consolanza,/ in allegranza..." e cosi' fino al verso 96, in un fuoco
d'artificio di rime, in festa, appunto, in allegranza e in consolanza.
In una visione schematica del fenomeno la Scuola sembra esaurire la sua
funzione magistrale nella seconda meta' del secolo XIII, dopo la morte di
Federico e l'avvento francese nel sud d'Italia della dinastia angioina.
Anche se le origini, l'atto di nascita ufficiale, dopo una gestazione
plurima e complessa, non e' neppure verosimile, e' certo che al
consolidamento della Scuola come tale fu decisiva la figura dell'imperatore
e della Curia. Lo stesso discorso si ripropone ora per la fine di quella
esperienza poetica e per lo spostamento al nord delle capitali culturali,
con una conseguente innovazione linguistica. Il terzo volume dei Meridiani
e' infatti dedicato ai poeti siculo-toscani, la transizione che portera',
tra il milleduecento e il milletrecento, all'esplosione della piu' grande
poesia italiana, Dante e Petrarca e, all'origine, il Dolce Stil Novo. Tranne
pochissime eccezioni si tratta di poeti di una sola, due, poesie, escluse
per lo piu' dai repertori antologici. Averle qui tutte raccolte e' stata
operazione di gran merito, una tappa importante sul tragitto che sposta al
nord municipale il baricentro delle nostra cultura. All'orizzonte compaiono,
a far da cerniera, Brunetto Latini (il maestro di Dante), Guittone d'Arezzo,
Bonagiunta Orbiciani, a dare uno scossone, anche tematico, al codice di buon
comportamento amoroso propugnato da Federico. Non solo la religione ma
soprattutto la realta' (il realismo e il comico e il politico) le forme
bandite dalla Curia stanno per sconvolgere l'assetto abbastanza rigoroso
della Scuola. E' la poesia italiana. Dio mi guardi dal voler dare consigli
alla Colorni, pero' questa notte ho sognato che lei riusciva a sedurre le
amministrazioni delle regioni Toscana e Emilia che, sull'esempio della
Sicilia, patrocinavano un volume sullo Stilnovo e uno sul Dante del De
vulgari eloquentia. Forse non era un sogno?

8. LIBRI. STELLA MORRA: ALLA RICERCA
[Dal mensile "Letture", n. 653 del gennaio 2009, col titolo "Alla ricerca di
Colui che ci ha amati"]

"Senza dubbio, la vostra testimonianza non e' accolta da tutti: la vita
contemplativa e' troppo vicina al mistero di Dio perche' il mondo possa
capire. Non vogliate per questo tentare di farvi capire dagli uomini ad ogni
costo: cio' vi potrebbe indurre a deplorevoli abbandoni. Siate soltanto voi
stessi: pensera' Dio a far brillare la vostra luce agli occhi degli uomini"
(Paolo VI all'Abate Generale dei Trappisti, 8 dicembre 1968)
Un filo sottile e resistente lega i libri che presentiamo. La ricerca di
Dio, del suo volto e della sua mano. Accanto alla via dei credenti blindati,
certi, logici e razionali, da sempre nella comunita' cristiana corre
un'altra strada, quella dei cercatori che cercano per una vita intera cio'
che hanno gia' trovato, l'amore che li ha amati. I monaci sono stati, e
sono, nella Chiesa, questi solitari cercatori dell'amore che gia' li aveva
trovati ed amati.
Due libri ci possono aiutare a seguire senza troppa timidezza questo filo.
Un eremita, Introduzione alla orazione mistica (Effata', 2008, pp. 192, euro
12): il vescovo di Saluzzo, diocesi piemontese dove l'anonimo eremita vive,
lo presenta nell'introduzione come una guida alpina. Immagine felice: il
percorso verso l'orazione mistica e' presentato dalla voce di uno che e' di
casa in montagna, che conosce sentieri e viottoli, che indica i pericoli
senza camminare al nostro posto; sta li', vicino, aspettando il nostro
passo. L'eremita ci guida, come bambini in montagna, invitandoci a fare
attenzione a dove mettiamo i piedi; una volta raggiunta la cima e
conquistato il panorama, ce lo illustra come chi lo ha gia' visto e ci aiuta
a tollerarne la bellezza.
Un altro eremita, padre Luciano Proietti, ci "racconta" la storia di
sant'Egidio, di cui ha trovato e messo insieme le tracce (Elogio della vita
solitaria. Vita di sant'Egidio, Effata', 2008, pp. 176, euro 12).
L'occasione e' significativa (sant'Egidio e' patrono della localita'
appenninica nel Molise dove lui conduce la sua vita nascosta) e la vicenda
di questo monaco greco sembra ricalcata sui tipi dei grandi monaci antichi.
Un monaco del XXI secolo dialoga con uno del VI attraverso alcuni episodi
abbastanza cristallizzati nei racconti della vita monastica. Forzando un
poco il testo, e' possibile dire che si tratta delle vicende di ogni vita
spirituale consapevole, tesa alla ricerca di se' e del proprio Signore.
L'interesse di questi due volumetti ', tra l'altro, la presentazione in
forma di vita degli autori: sono eremiti, e parlano con voce normale e
piana; li ascoltiamo e li intendiamo e questo ci fa sperare che anche nella
nostra anima ci sia un eremita alla ricerca.
*
Esercizi in vista della fine
Molti temi legati alla vita interiore si trovano anche in un libro del
cardinal Martini (Carlo Maria Martini, Il coraggio della passione. L'uomo
contemporaneo e il dilemma della scelta, Piemme, 2008, pp. 176, euro 14).
Esercizi spirituali dati, secondo il metodo ignaziano, dal cardinale a un
gruppo di sacerdoti. Il cardinale ci dice che vorrebbe intitolare
l'itinerario che propone "Delle memorie di Pietro l'anziano". E' infatti
quasi mettendo in scena un incontro con Pietro, anziano, che Martini snoda
il filo della scelta della fede, del suo farsi, del suo vacillare, del suo
doversi riprendere. Nella filigrana delle parole dette ai sacerdoti e alla
loro vita, bella e insidiosa, vediamo il percorso di uomini credenti, alle
prese con il loro cuore e la loro missione. La voce del cardinale accompagna
passaggi, tentazioni, e consolazioni. Ci piacciono molto questi presbiteri
chiamati a interrogarsi sul loro "disordine" (pp. 50 e ss.); li sentiamo
fratelli, alle prese con la fragilita' che tutti porta verso la lode della
gloria di Dio. Ci sono altri due motivi che rendono bello questo libro: la
vecchiaia, o piu' propriamente, l'essere vicini alla conclusione dei propri
giorni, non e' un tema illustrato da lontano, il cardinale parla di se' con
tali verita' ed eleganza che siamo obbligati a un ascolto attento ed
emozionato: "Dunque nell'attesa del quarto periodo della vita, del banchetto
del regno di Dio, vivo di fede" (p. 163). Queste parole solenni sono dette
con una grande e quasi tenera umanita'; il cardinale conclude con la
citazione di un testo di sant'Ambrogio: i desideri e gli affetti per le
persone che amiamo non sono scorporati dall'attesa del compimento. L'altro
motivo e' che ancora una volta Martini parla scioltamente con le parole
della Scrittura. Le sue parole staccano quelle della Bibbia dal testo
scritto e le fanno danzare, fino a che noi percepiamo un senso completo e ci
sembra di riconoscere, di capire, di essere in grado. Non gli saremo mai
abbastanza grati per averci regalato parole che non trovavamo piu'.
*
Voci d'Oriente
In fondo al filo annunciato in apertura mettiamo due libri, diversi dai
primi tre, ma in qualche modo in linea con essi. Complessi, forse per
addetti ai lavori, lasciano intravedere alcune delle costruzioni
intellettuali che stanno dietro i primi.
Tomas Spidlik, Michelina Tenace e Richard Cemus, Il monachesimo secondo la
tradizione dell'Oriente cristiano, traduzione di Maria Campatelli, Lipa,
2007, pp. 360, euro 20: il testo rende conto di come, nell'Oriente cristiano
piu' che nell'Occidente, il monachesimo sia stata e sia esperienza diffusa e
parlante, semplicemente considerata icona della vita del battezzato. Questo
non rende la vita monastica meno impervia, ma piu' chiara per chi rimane
"nel mondo", magari per vocazione. Il testo esamina soprattutto quelle forme
della vita monastica che non sono negoziabili, che non possono rischiare
attualizzazioni o adeguamenti. Ci sono elementi senza i quali una vita
monastica non puo' definirsi tale; sono gli stessi che ci fanno talora
intravedere un non so che di monastico in vite magari all'apparenza
trafficate e coinvolte nel mondo.
Dalla Russia dei primi decenni del Novecento, la voce di un teologo
straordinario: Pavel A. Florenskij, (Il concetto di Chiesa nella Sacra
Scrittura, a cura di Natalino Valentini e Lubomir Zak, traduzione di Claudia
Zonghetti, San Paolo, 2008, pp. 342, euro 32), geniale per la sua cultura
poliedrica (matematico, teologo, filosofo, letterato), paragonato a Leonardo
da Vinci e a Blaise Pascal. Il suo sguardo amante sulla Chiesa non si e'
abbassato neanche nel gulag in cui fini' i suoi giorni. L'opera, tradotta
per la prima volta integralmente in italiano, appartiene agli anni
giovanili: Florenskij non aveva ancora terminato i suoi studi teologici
quando la scrisse. Il libro ci offre uno sguardo che afferra molte delle
problematiche che nel secolo XIX e nella prima parte del XX hanno
attraversato l'ecclesiologia, ma anche il sentimento stesso della Chiesa.
Ragionare di Chiesa in termini trinitari e scritturistici ci pare oggi cosa
scontata (forse): non lo era certo per l'Ortodossia del 1906 in Russia e
neanche per la Chiesa cattolica in quegli inizi di secolo. Il tratto che si
rivela come testimonianza e stile di un pensiero teologico sulla Chiesa e'
che, se traspare evidente l'attesa di un rinnovamento, mai questo si fa
critica o denuncia, ma sempre rimane uno sguardo amante, che guarda
all'origine, allo scaturire della Chiesa come un compito e un orizzonte
ultimo. Anche qui, la questione e' il volto.

9. STRUMENTI. PER ABBONARSI AD "AZIONE NONVIOLENTA"

"Azione nonviolenta" e' la rivista del Movimento Nonviolento, fondata da
Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione, informazione e dibattito
sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo.
Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 29 euro sul ccp n. 10250363
intestato ad Azione nonviolenta, via Spagna 8, 37123 Verona.
E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail all'indirizzo
an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto "copia di 'Azione nonviolenta'".
Per informazioni e contatti: redazione, direzione, amministrazione, via
Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e
15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito:
www.nonviolenti.org

10. STRUMENTI. L'AGENDA "GIORNI NONVIOLENTI 2009"

Dal 1994, ogni anno le Edizioni Qualevita pubblicano l'agenda "Giorni
nonviolenti" che nelle sue oltre 400 pagine, insieme allo spazio quotidiano
per descrivere giorni sereni, per fissare appuntamenti ricchi di umanita',
per raccontare momenti in cui la forza interiore ha avuto la meglio sulla
forza dei muscoli o delle armi, offre spunti giornalieri di riflessione
tratti dagli scritti o dai discorsi di persone che alla nonviolenza hanno
dedicato una vita intera: ne risulta una sorta di antologia della
nonviolenza che ogni anno viene aggiornata e completamente rinnovata.
E' disponibile l'agenda "Giorni nonviolenti 2009".
- 1 copia: euro 10
- 3 copie: euro 9,30 cad.
- 5 copie: euro 8,60 cad.
- 10 copie: euro 8,10 cad.
- 25 copie: euro 7,50 cad.
- 50 copie: euro 7 cad.
- 100 copie: euro 5,75 cad.
Richiedere a: Qualevita Edizioni, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi
(Aq), tel. e fax: 0864460006, cell.: 3495843946,  e-mail: info at qualevita.it,
sito: www.qualevita.it

11. STRUMENTI. L'AGENDA DELL'ANTIMAFIA 2009

E' in libreria l'Agenda dell'antimafia 2009, quest'anno dedicata alle donne
nella lotta contro le mafie e per la democrazia.
E' curata dal Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di
Palermo ed edita dall'editore Di Girolamo di Trapani.
Si puo' acquistare (euro 10 a copia) in libreria o richiedere al Centro
Impastato o all'editore.
*
Per richieste:
- Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Via Villa
Sperlinga 15, 90144 Palermo, tel. 0916259789, fax: 0917301490, e-mail:
csdgi at tin.it, sito: www.centroimpastato.it
- Di Girolamo Editore, corso V. Emanuele 32/34, 91100 Trapani, tel. e fax:
923540339, e-mail: info at ilpozzodigiacobbe.com, sito:
www.digirolamoeditore.com e anche www.ilpozzodigiacobbe.com

12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

13. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 693 del 7 gennaio 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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