Voci e volti della nonviolenza. 280



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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 280 del 2 gennaio 2009

In questo numero:
1. Una sola umanita'
2. Zvi Schuldiner: La catena delle stragi
3. Mustafa Barghouti: Quanti altri morti?
4. Abraham B. Yehoshua: La vita, e non la morte
5. Amos Oz: Cessate il fuoco
6. Aharon Shabtai: A un pilota
7. Giobbe Santabarbara: La prima cosa. E il commento
8. Hannah Arendt
9. Vandana Shiva
10. Virginia Woolf

1. EDITORIALE. UNA SOLA UMANITA'

Vale per tanta parte della sedicente solidarieta' internazionale col popolo
palestinese quello che il dottor Ernesto Guevara scriveva della solidarieta'
dei progressisti col popolo vietnamita: che ricordava l'amara ironia
dell'incoraggiamento della plebe per i gladiatori mandati a morire nel
Colosseo.
Tanta parte della sedicente  solidarieta' italiana che si ammanta di slogan
truculenti e s'impanca a maestra di verita' mentre e' omertosa sui crimini
di guerra della guerra terrorista e stragista in corso in Afghanistan cui
l'esercito italiano partecipa, e' cosi' palesemente grottesca e falsa che
nessuno puo' prenderla sul serio. Solo chi si oppone ai crimini di guerra
del proprio paese, puo' denunciare credibilmente i crimini di guerra altrui.
Cosi' come chi pretende di opporsi alla guerra e insieme si proclama
solidale con le teorie e le prassi terroriste e totalitarie delle
organizzazioni e dei regimi fascisti del fondamentalismo pseudoreligioso (ed
in realta' atrocemente blasfemo), come puo' pensare che la sua parola possa
essere ascoltata da qualcuno, se non con ribrezzo?
Cosi' come chi si dichiara amico di Israele e in nome di questa sedicente
amicizia avalla le politiche stragiste dei suoi governi, in realta' si fa
complice della morte di tanti innocenti, e con cio' si fa promotore e
complice del terrorismo contro la popolazione di Israele che delle vittime
provocate da quella politica governativa stragista strumentalmente si
alimenta, ed in essa si rispecchia in una catena di orrori e paura, paura ed
orrori, che occorre al piu' presto spezzare.
Questa solidarieta' cinica e sanguinaria non e' solidarieta', e' peggio che
niente: e' compiacimento e complicita' col massacro in corso.
*
La prima urgenza e' che cessino le stragi, ed anche quella strage compiuta
con mezzi apparentemente non militari che si chiama embargo, un crimine da
abolire, non da reduplicare come propongono slogan insensati.
La seconda urgenza - ma le due sono una sola, a tal punto sono intrecciate -
e' la nascita dello stato di Palestina, che si affianchi a quello di Israele
in pieno reciproco riconoscimento e garanzia di sovranita' e sicurezza.
E se queste due urgenze possono tradursi in una massima di valore
universale, essa sarebbe: si scelga la convivenza, cessi ogni uccisione; si
scelga il riconoscimento della comune umanita', cessi ogni uccisione; si
scelga di salvare le vite anziche' distruggerle, e cessi ogni uso - ogni
produzione, ogni commercio, ogni uso - delle armi assassine; si scelga la
pace in cui e' possibile vivere e si ripudi la guerra, ogni forma di guerra.
*
Non si tratta di essere astrattamente equidistanti, non si e' mai
equidistanti, ma di scegliere da quale parte stare: e sia essa dunque la
parte delle vittime: "il partito dei fucilati", come si diceva nel maquis.
Si scelga la parte degli esseri umani che dalle armi vengono uccisi,
mutilati, straziati. Le armi sono il nostro comune nemico, l'umanita' e' la
nostra parte, l'umanita' incarnata in ogni singola persona.
Per questo cosi' come chi favoreggia il criminale governo di Israele e'
nemico tanto del popolo palestinese quanto della popolazione israeliana,
analogamente chi favoreggia Hamas - e i regimi e i potentati che la
foraggiano ed armano - e' nemico tanto della popolazione israeliana quanto
del popolo palestinese.
Non ha alcuna efficacia una solidarieta' che pretenda di raggiungere solo
uno dei due popoli: la solidarieta' che occorre deve raggiungerli entrambi.
Non per omologare, ma per riconoscere l'umanita' di tutti.
*
Chi ancora ritiene legittimo il terrorismo di stato consideri quali frutti e
quali semi esso inchiodi nelle carni dell'umanita'.
Chi ancora ritiene sensate lotte di liberazione condotte con modalita'
militari e assassine consideri a quali esiti reali esse abbiano infine
condotto l'umanita', sull'orlo di quale abisso oggi tutti ci si trovi.
La nonviolenza e' la via.
La nonvionza sempre piu' si rivela l'unica politica adeguata al tempo
presente.
La nonviolenza.
O non vi sara' scampo per nessuno.
Vi e' una sola umanita'.

2. RIFLESSIONE. ZVI SCHULDINER: LA CATENA DELLE STRAGI
[Dal quotidiano "il manifesto" del 30 dicembre 2008 col titolo "La lezione
dei raid"]

Quanto piu' sangue scorre, quanto piu' odio si crea, quanto piu' le parti
gridano vendetta, tanto piu' e' difficile e doloroso dire basta a coloro che
trascinano ancora una volta la regione in questa situazione. La leadership
israeliana ripete la litania del passato: dobbiamo dargli una lezione che
deve essere dolorosa, cosi' la faranno finita con i loro leader criminali e
terroristi, una lezione che li porti sulla giusta strada e a eleggere leader
piu' adatti e democratici. Cosi' interromperanno il terrore, capiranno che
non gli conviene, che devono procedere per la retta via. La stupidita'
criminale di questa dottrina ha gia' portato a ripetute sconfitte. Ma i
presunti "insegnanti" non hanno imparato nulla e continuano a disseminare
dolore e morte.
Quando l'aviazione israeliana ha lanciato l'attacco, il 40% degli israeliani
era favorevole a un'azione a Gaza ma il 45% era contrario. Una volta
iniziato l'attacco, piu' dell'80% e' stato a favore, ma la stessa
percentuale dubita che possa produrre risultati concreti. Il che vuol dire:
se l'esercito israeliano entra a Gaza, cio' produrra' ingenti perdite
israeliane. Quando attacca l'aviazione e' una festa senza costi ma, come
l'opinione pubblica sa meglio dei leader, anche senza grandi risultati.
Tre elementi essenziali hanno svolto il ruolo di catalizzatori nell'attuale
aggressione israeliana: il primo e' legato alle imminenti elezioni
israeliane. Chi puo' dimostrarsi debole nel momento in cui centinaia di
migliaia di israeliani si trovano sotto il fuoco dei missili palestinesi?
Il secondo elemento e' strettamente legato al primo. I calcoli politici di
Hamas sono piu' che problematici. L'organizzazione fondamentalista ha
considerato che una reiterazione della tregua non avrebbe giocato in suo
favore e non avrebbe potuto produrre risultati ulteriori. Ossia, non
avrebbero potuto rafforzarlo nei confronti dell'Olp e dell'Anp presieduta da
Abu Mazen. Il calcolo di Hamas e' duplice e criminale: se gli israeliani
faranno concessioni, dimostreranno che la strada scelta da Hamas assicura la
vittoria; alternativamente se gli israeliani attaccano, questo provochera'
molte vittime palestinesi, e forse israeliane, ma al contempo rafforzera' le
sue posizioni.
Il terzo elemento e' relativamente semplice: la politica criminale del
governo israeliano, appoggiato dall'opposizione israeliana di destra, non
potra' terminare finche' un altro gran criminale non avra' ancora lasciato
la Casa bianca e permangono forti dubbi se Barack Obama avrebbe interrotto
un'azione come la presente.
Per caso, tutto cio' e' avvenuto nel vuoto? Chiaramente no. Al posto di
vacue affermazioni di orrore, e' bene tenere in considerazione alcune
questioni essenziali. Gaza e' un'enorme prigione controllata dagli
israeliani e circa un milione e mezzo di palestinesi da parecchio tempo non
sa piu' cosa sia una vita normale. Beni alimentari, combustibili, ospedali,
elettricita', oltre che lo stesso accesso alla Striscia di Gaza sono stati
usati come elemento di pressione e di estorsione da parte del governo
israeliano.
E mentre cadono missili sul sud d'Israele, tutti dovrebbero domandarsi a
cosa porta il criminale attacco israeliano. La violenza di oggi produrra'
solo altra violenza e questo la rende doppiamente criminale. Peggio ancora:
la violenza israeliana di questi giorni rafforzera' l'odio e gli elementi
piu' violenti e intransigenti. I governanti israeliani sanno che le loro
bugie non possono nascondere la verita' essenziale, e cioe' che un
miglioramento della situazione passera' solo per negoziati, anche con Hamas.
La comunita' internazionale non puo' accontentarsi delle critiche
moralizzanti all'attacco israeliano: deve abbandonare il paradigma dominante
della "lotta al terrorismo" e tornare a una chiara diplomazia di pace, a
negoziati con quanti sono oggi visti come paria senza voce, o come fantasmi
violenti che bisogna sterminare.

3. DOCUMENTAZIONE. MUSTAFA BARGHOUTI: QUANTI ALTRI MORTI?
[Dal sito di "Peacereporter" (http://it.peacereporter.net) riprendiamo il
seguente intervento del 29 dicembre 2008 col titolo "Quanti altri morti, per
sentirvi cittadini di Gaza?" e il sommario "Intervento dell'ex ministro
dell'informazione del governo di unita' nazionale palestinese"]

Ramallah, 27 dicembre 2008.
E leggero' domani, sui vostri giornali, che a Gaza e' finita la tregua. Non
era un assedio dunque, ma una forma di pace, quel campo di concentramento
falciato dalla fame e dalla sete. E da cosa dipende la differenza tra la
pace e la guerra? Dalla ragioneria dei morti? E i bambini consumati dalla
malnutrizione, a quale conto si addebitano? Muore di guerra o di pace, chi
muore perche' manca l'elettricita' in sala operatoria? Si chiama pace quando
mancano i missili - ma come si chiama, quando manca tutto il resto?
E leggero' sui vostri giornali, domani, che tutto questo e' solo un attacco
preventivo, solo legittimo, inviolabile diritto di autodifesa. La quarta
potenza militare al mondo, i suoi muscoli nucleari contro razzi di latta, e
cartapesta e disperazione. E mi sara' precisato naturalmente, che no, questo
non e' un attacco contro i civili - e d'altra parte, ma come potrebbe mai
esserlo, se tre uomini che chiacchierano di Palestina, qui all'angolo della
strada, sono per le leggi israeliane un nucleo di resistenza, e dunque un
gruppo illegale, una forza combattente? - se nei documenti ufficiali siamo
marchiati come entita' nemica, e senza piu' il minimo argine etico, il
cancro di Israele? Se l'obiettivo e' sradicare Hamas - tutto questo rafforza
Hamas. Arrivate a bordo dei caccia a esportare la retorica della democrazia,
a bordo dei caccia tornate poi a strangolare l'esercizio della democrazia -
ma quale altra opzione rimane? Non lasciate che vi esploda addosso
improvvisa. Non e' il fondamentalismo, a essere bombardato in questo
momento, ma tutto quello che qui si oppone al fondamentalismo. Tutto quello
che a questa ferocia indistinta non restituisce gratuito un odio uguale e
contrario, ma una parola scalza di dialogo, la lucidita' di ragionare, il
coraggio di disertare - non e' un attacco contro il terrorismo, questo, ma
contro l'altra Palestina, terza e diversa, mentre schiva missili stretta tra
la complicita' di Fatah e la miopia di Hamas. Stava per assassinarmi per
autodifesa, ho dovuto assassinarlo per autodifesa - la racconteranno cosi',
un giorno i sopravvissuti.
E leggero' sui vostri giornali, domani, che e' impossibile qualsiasi
processo di pace, gli israeliani, purtroppo, non hanno qualcuno con cui
parlare. Ed effettivamente - ma come potrebbero mai averlo, trincerati
dietro otto metri di cemento di Muro? E soprattutto - perche' mai dovrebbero
averlo, se la Road Map e' solo l'ennesima arma di distrazione di massa per
l'opinione pubblica internazionale? Quattro pagine in cui a noi, per
esempio, si chiede di fermare gli attacchi terroristici, e in cambio, si
dice, Israele non intraprendera' alcuna azione che possa minare la fiducia
tra le parti, come - testuale - gli attacchi contro i civili. Assassinare
civili non mina la fiducia, mina il diritto, e' un crimine di guerra, non
una questione di cortesia. E se Annapolis e' un processo di pace, mentre
l'unica mappa che procede sono qui intanto le terre confiscate, gli ulivi
spianati le case demolite, gli insediamenti allargati - perche' allora non
e' processo di pace la proposta saudita? La fine dell'occupazione, in cambio
del riconoscimento da parte di tutti gli stati arabi. Possiamo avere se non
altro un segno di reazione? Qualcuno, li', per caso ascolta, dall'altro lato
del Muro?
Ma sto qui a raccontarvi vento. Perche' leggero' solo un rigo domani, sui
vostri giornali e solo domani, poi leggero' solo, ancora, l'indifferenza. Ed
e' solo questo che sento, mentre gli F16 sorvolano la mia solitudine, verso
centinaia di danni collaterali che io conosco nome a nome, vita a vita -
solo una vertigine di infinito abbandono e smarrimento. Europei, americani e
anche gli arabi - perche' dove e' finita la sovranita' egiziana, al varco di
Rafah, la morale egiziana, al sigillo di Rafah? - siamo semplicemente soli.
Sfilate qui, delegazione dopo delegazione - e parlando, avrebbe detto Garcia
Lorca, le parole restano nell'aria, come sugheri sull'acqua. Offrite aiuti
umanitari, ma non siamo mendicanti, vogliamo dignita', liberta', frontiere
aperte, non chiediamo favori, rivendichiamo diritti. E invece arrivate,
indignati e partecipi, domandate cosa potete fare per noi. Una scuola? Una
clinica forse? Delle borse di studio? E tentiamo ogni volta di convincervi -
no, non la generosa solidarieta', insegnava Bobbio, solo la severa
giustizia - sanzioni, sanzioni contro Israele. Ma rispondete - e neutrali
ogni volta, e dunque partecipi dello squilibrio, partigiani dei vincitori -
no, sarebbe antisemita. Ma chi e' piu' antisemita, chi ha viziato Israele
passo a passo per sessant'anni, fino a sfigurarlo nel paese piu' pericoloso
al mondo per gli ebrei, o chi lo avverte che un Muro marca un ghetto da
entrambi i lati? Rileggere Hannah Arendt e' forse antisemita, oggi che siamo
noi palestinesi la sua schiuma della terra, e' antisemita tornare a
illuminare le sue pagine sul potere e la violenza, sull'ultima razza
soggetta al colonialismo britannico, che sarebbero stati infine gli inglesi
stessi? No, non e' antisemitismo, ma l'esatto opposto, sostenere i tanti
israeliani che tentano di scampare a una nakbah chiamata sionismo. Perche'
non e' un attacco contro il terrorismo, questo, ma contro l'altro Israele,
terzo e diverso, mentre schiva il pensiero unico stretto tra la complicita'
della sinistra e la miopia della destra.
So quello che leggero', domani, sui vostri giornali. Ma nessuna autodifesa,
nessuna esigenza di sicurezza. Tutto questo si chiama solo apartheid - e
genocidio. Perche' non importa che le politiche israeliane, tecnicamente,
calzino oppure no al millimetro le definizioni delicatamente cesellate dal
diritto internazionale, il suo aristocratico formalismo, la sua pretesa
oggettivita' non sono che l'ennesimo collateralismo, qui, che asseconda e
moltiplica la forza dei vincitori. La benzina di questi aerei e' la vostra
neutralita', e' il vostro silenzio, il suono di queste esplosioni. Qualcuno
si senti' berlinese, davanti a un altro Muro. Quanti altri morti, per
sentirvi cittadini di Gaza?

4. DOCUMENTAZIONE. ABRAHAM B. YEHOSHUA: LA VITA, E NON LA MORTE
[Dal quotidiano "La Stampa" del 29 dicembre 2008 col titolo "Olmert si
rivolga ai palestinesi: basta violenza" e il sommario "Una tregua subito.
Dobbiamo parlarci. Venti di guerra soffiano nella Striscia di Gaza"]

Cio' che sta avvenendo in queste ore nella Striscia di Gaza era quasi
inevitabile. La brutalita' con cui Hamas ha posto fine alla tregua non ha
lasciato altra scelta a Israele. Se non quella di ricorrere alla forza per
porre fine ai massicci lanci di razzi (una settantina al giorno) sulle
comunita' civili nel Sud del Paese. Ma, per quanto la distruzione di centri
di comando militari e l'eliminazione di alcuni capi di Hamas possa risultare
efficace, la tranquillita' non sara' ristabilita se Israele non proporra'
subito generose condizioni per una nuova e prolungata tregua. Oltre a
trattative indirette per una rinnovata interruzione delle ostilita' le
autorita' israeliane dovrebbero rivolgersi ai cittadini della Striscia di
Gaza, lanciar loro un appello che provenga direttamente dal cuore.
Dichiarazioni ufficiali non mancano, ma mai i leader israeliani si sono
rivolti alla popolazione palestinese.
Cio' che io propongo qui e' un appello che il primo ministro Olmert dovrebbe
rivolgere con urgenza proprio ora, mentre il fuoco divampa su entrambi i
lati del confine, agli abitanti della Striscia di Gaza.
Mi rivolgo a voi, residenti di Gaza, in nome di tutta la popolazione
israeliana.
A voi, uomini e donne, commercianti, operai, insegnanti, casalinghe,
pescatori. Gente di citta' e di paese, residenti in villaggi e in campi
profughi. Prima che vi siano nuovi spargimenti di sangue, prima che altri,
voi o noi, conoscano devastazione e dolore, vi prego di darmi ascolto. Vi
chiedo di far cessare la violenza, di aiutarmi a convincere i vostri leader
che ci sono altri modi per stabilire rapporti di buon vicinato. Le nostre
citta' sono contigue alle vostre. Dietro il reticolato che le separa vediamo
operai e contadini che lavorano la terra, camion che trasportano merci,
bambini che vanno a scuola. E lo stesso e' per voi. Potete scorgere
facilmente i nostri agricoltori nei campi, i bambini che vanno a scuola, le
casalinghe che escono a fare la spesa. Saremo vicini in eterno, le cose non
cambieranno. Voi non riuscirete a cacciarci da qui, a cancellare la nostra
esistenza, e nemmeno noi la vostra (e neppure lo vogliamo). Per parecchi
anni abbiamo mantenuto rapporti attivi. I vostri operai arrivavano a
lavorare nelle nostre fabbriche, nei nostri campi. Non solo in centri a voi
vicini ma anche nelle grandi citta' - a Tel Aviv, a Gerusalemme, a Natanya.
I nostri commercianti e industriali si recavano da voi per acquistare
prodotti agricoli, erigere nuove fabbriche alla periferia di Gaza. Per
parecchi anni abbiamo mantenuto un articolato sistema di scambi che ha
portato beneficio a entrambe le parti. Tre anni fa abbiamo evacuato i nostri
concittadini, smantellato le nostre basi militari e raso al suolo, su vostra
richiesta, i pochi insediamenti che avevamo nella Striscia di Gaza.
L'occupazione di quella regione e' completamente cessata. Ci siamo ritirati
oltre il confine internazionale riconosciuto da tutto il mondo: quello
antecedente la guerra del 1967. Credevamo che dopo questo sarebbe iniziato
un periodo di sviluppo e di ricostruzione. Che avreste ricostituito un
sistema amministrativo e che, un giorno, a tempo debito, vi sareste
ricollegati, tramite un corridoio sicuro, ai vostri confratelli in
Cisgiordania per creare uno Stato palestinese indipendente che noi tutti
crediamo e vogliamo che sorga e che ci siamo impegnati a riconoscere in
ambito internazionale. Ma anziche' l'agognata tranquillita' sono arrivati
razzi che hanno seminato distruzione e morte nelle nostre citta' e nei
nostri villaggi. Anziche' opere di edilizia e di ricostruzione abbiamo
assistito a un riarmo senza precedenti. E quelle armi sono state puntate
contro di noi.
C'e' tra voi chi ci spara addosso razzi e granate in cambio di somme di
denaro elargite da Stati e organizzazioni che vogliono la nostra
distruzione. E voi, gente di Gaza, pagate le conseguenze delle nostre
reazioni con la sofferenza e la distruzione delle vostre case. Non vogliamo
combattervi, non vogliamo tornare a governarvi. Ce ne siamo andati per non
tornare piu'. Sappiamo che sarete voi, civili innocenti, donne e bambini,
residenti dei campi profughi, operai e commercianti, a pagare il prezzo di
uníeventuale, malaugurata guerra.
Ma dovete capite che non abbiamo scelta. Non possiamo continuare a
sopportare i lanci di razzi Qassam sui nostri cittadini indifesi. Sta a voi,
cittadini di Gaza, appellarvi ai vostri governanti perche' mettano fine al
lancio di razzi e accettino una vera tregua, prolungata, durante la quale
verranno aperti i valichi di confine, sara' permesso il passaggio di merci
e, col tempo, gli operai di Gaza potranno tornare a lavorare in Israele.
Invece di manifestare a favore di irrealizzabili sogni di distruzione e di
vendetta, uscite nelle strade e chiedete la fine della violenza, chiedete
che i vostri figli, e i nostri, possano vivere sicuri su entrambi i lati del
confine. Chiedete la vita e non la morte.

5. DOCUMENTAZIONE. AMOS OZ: CESSATE IL FUOCO
[Dal "Corriere della sera" del 29 dicembre 2008 col titolo "Amos Oz: Hamas
va isolata, ma in Cisgiordania si deve negoziare" e il sottotitolo "Chiedo a
tutti: cessate il fuoco. Non rinunciamo al sogno di pace"]

Ulteriori violenze non condurranno a nulla, se non all'inasprimento del
circolo vizioso fatto di attacchi e contro-attacchi sempre piu' gravi e
senza fine. L'unico obiettivo delle operazioni militari di Israele a Gaza e'
di raggiungere la fine degli attacchi contro i propri cittadini e la sua
societa' civile. Va detto che non deve esistere alcun altro obiettivo che
Israele possa raggiungere tramite il ricorso alla forza militare. D'altra
parte, noi tutti dobbiamo adattarci all'evidenza della profonda divisione
esistente all'interno del campo palestinese e prendere atto che oggi
convivono due Palestine: una nella striscia di Gaza e l'altra in
Cisgiordania. Gaza e' stata sequestrata da una banda di estremisti islamici
che si muovono sulla falsariga dei talebani e sono sostenuti dall'Iran, il
quale a sua volta da tempo proclama la necessita' di perpetrare un grande
genocidio ai danni di Israele. La Cisgiordania e' controllata dall'Autorita'
palestinese, che si e' dimostrata pragmatica e moderata. Detto cio', va
pero' anche ricordato che Gaza resta un luogo di immense poverta',
disperazione e miseria.
Ed appare dunque ancora piu' assurdo e tragico che questa comunita' di
profughi palestinesi sia controllata da un gruppo di cinici assetati di
guerra dediti alla causa della distruzione di Israele e che considerano
qualsiasi cittadino israeliano come una loro vittima piu' che legittima.
Gaza merita molto meglio di Hamas. Se dunque e' indispensabile che il
governo dello Stato israeliano faccia del suo meglio per stipulare
immediatamente il cessate il fuoco con Hamas a Gaza, resta anche prioritaria
la ripresa dei negoziati di pace con l'Autorita' palestinese in
Cisgiordania, e, anzi, proprio di questi tempi tali sforzi vanno
raddoppiati. I termini delle intese sono ormai ben noti a tutti: tornare ai
confini precedenti il conflitto del giugno 1967 con leggere reciproche
modificazioni tracciate di comune accordo; due citta'-capitali a
Gerusalemme; non deve esistere alcun insediamento ebraico all'interno del
territorio del futuro Stato palestinese e va imposta un'autentica
demilitarizzazione nelle regioni che Israele dovra' evacuare. Sara' di
grande aiuto l'impegno della comunita' internazionale nel favorire gli
accordi tra Stato israeliano e dirigenti palestinesi in Cisgiordania.
In particolare l'Europa potrebbe giocare un ruolo trainante incoraggiando,
aiutando e rassicurando entrambi i contendenti chiamati comunque a fare
reciprocamente gravose concessioni e ad assumersi una lunga serie di rischi.
L'intesa tra Israele e l'Autorita' palestinese sulla falsariga di questi
principi e' giusta e possibile. E io ritengo che, se Israele avra' il
coraggio di concludere la pace con i responsabili palestinesi della
Cisgiordania, alla fine seguira' anche quella con Gaza. Ma, lo ripeto, il
primo passo deve essere un immediato cessate il fuoco con Hamas,
accompagnato dal raddoppio degli sforzi per giungere all'intesa con
l'Autorita' palestinese. L'alternativa e' semplicemente troppo orribile per
essere presa in considerazione.

6. RIFLESSIONE. AHARON SHABTAI: A UN PILOTA
[Dalla mailing list "Poesia come pane" della "Casa della poesia" (per
contatti: direzione at casadellapoesia.org) riprendiamo questo testo di Aharon
Shabtai diffuso il 28 dicembre 2008, accompagnato da una nota biografica da
cui rirpendiamo i seguenti stralci: "Aharon Shabtai, nato nel 1939, e' uno
dei maggiori poeti israeliani contemporanei. Ha studiato Greco e Filosofia
alla Hebrew University, alla Sorbona e a Cambridge. Insegna letteratura
ebraica all'Universita' di Tel Aviv. Shabtai e' il piu' accreditato
traduttore di drammi greci in ebraico e ha ricevuto nel 1993 il premio del
Primo Ministro per la Traduzione. E' autore di piu' di quindici libri di
poesia e sue traduzioni sono apparse in numerose riviste, incluse la
"American Poetry Review", la "London Review of Books", e "Parnassus in
Review". Un'ampia selezione delle sue poesie, "Love & Selected Poems", e'
stata pubblicata nel 1997 da Sheep Meadow Press. Molte sue poesie politiche
sono state pubblicate nel supplemento letterario settimanale del quotidiano
israeliano "Ha'aretz"... Il suo libro J'accuse, ha vinto il premio del Pen
American Center. Rifacendosi alla famosa lettera in cui Emile Zola
denunciava l'antisemitismo del governo francese durante l'affare Dreyfus,
Shabtai accusa il suo paese di crimini contro l'umanita' rifiutando di
abbandonare la sua fede nei valori morali della societa' israeliana e di
tacere di fronte agli atti di barbarie e di brutalita'. Nel 2007 ha preso
parte a 'Verso Sud. Incontri internazionali di poesia' (Reggio Calabria). La
sua raccolta Politica (la prima in Italia) e' stata pubblicata dalla
Multimedia Edizioni / Casa della poesia, nel maggio 2008 e proprio in questa
occasione Aharon Shabtai e' stato ospite di Casa della poesia"]

Pilota, la prossima volta
che voli sopra Jenin
con il tuo elicottero,
ricordati dei bambini,
ricordati delle vecchiette
che stanno dentro le case che bombarderai.
Spalma sui tuoi missili
uno strato di cioccolata,
e sforzati di fare centro.
Cosi' che abbiano almeno
un ricordo dolce,
quando i muri crolleranno.

7. EDITORIALE. GIOBBE SANTABARBARA: LA PRIMA COSA. E IL COMMENTO

La prima cosa da dire e' che cessino i massacri a Gaza. La prima cosa da
dire.
Quando chiesero a Hillel in cosa consistesse la Legge, rispose: "Fa' al
prossimo tuo quel che vorresti fosse fatto a te stesso. Il resto e'
commento". Ho sempre trovato magnifica questa risposta.
*
E adesso il commento.
1. C'e' qualcosa di bizzarro e di ipocrita - e di totalitario e razzista -
nel tacere sulla guerra cui l'Italia sta partecipando in Afghanistan, e
parlare solo di altri tragici conflitti, anzi pretendere di fare la morale
agli altri mentre le proprie mani sono sporche di sangue. Per questo trovo
fasulla ed inane, grottesca e cialtrona, la pseudosolidarieta' col popolo
palestinese di tanti potenti e burocrati e manutengoli e relativa truppa che
in questi giorni costi' han fatto o faranno un proclametto o una
passeggiatina - magari urlando macabri slogan hitleriani (forse
inconsapevolmente hitleriani, ma hitleriani restano) - tra il cenone di
Natale e quello di Capodanno.
2. C'e' qualcosa di bizzarro e di ipocrita - e di totalitario e razzista -
nel non riconoscere che la popolazione ebraica di Israele si sente veramente
minacciata. Minacciata di sterminio. Avendone ben donde: giacche' nella
civilissima Europa la Shoah si diede non in evi remotissimi, ma al tempo di
gente che ancora oggi vive. Finche' non si riconosce la realta' esistenziale
di questa percezione non si riuscira' ad ascoltare, e quindi a parlare alla
societa' israeliana.
3. E naturalmente c'e' qualcosa di bizzarro e di ipocrita - e di totalitario
e razzista - nel non riconoscere che il popolo palestinese sta subendo - dal
1948 - una politica di annientamento come popolo: e non solo da parte della
politica militare e stragista, e d'occupazione e d'espulsione, dei governi
israeliani, ma anche da parte della cosiddetta comunita' internazionale
(regimi arabi e regimi islamisti inclusi). Finche' non si riconosce anche
questa realta' effettuale non si riuscira' ad ascoltare, e quindi a parlare
alla societa' palestinese.
4. Poi c'e' qualcosa di bizzarro e di ipocrita - e di totalitario e
razzista - anche nel non riconoscere che Hamas non e' solo un movimento
sociale e politico, l'ente gestore di molte attivita' assistenziali,
eccetera; ma anche un'organizzazione armata che promuove e pratica la
violenza e il terrorismo. Certo, e' capitato talvolta nella storia che
organizzazioni e dirigenti terroristi poi siano divenuti rispettivamente
rilevanti partiti politici ed eminenti statisti: ma le eventuali evoluzioni
future non giustificano giammai la pratica presente del terrore. Chi sperava
che la vittoria elettorale di Hamas avrebbe avviato una sua rapida
trasformazione in altro da se', ha commesso lo stesso errore di valutazione
di chi pensava che l'Uck assunto il potere non sarebbe piu' stata
un'organizzazione terrorista e mafiosa, o di chi foraggio' i combattenti
alla Bin Laden contro l'occupazione militare sovietica dell'Afghanistan. E
si potrebbe continuare.
5. E c'e' qualcosa di bizzarro e di ipocrita - e di totalitario e razzista -
nel non riconoscere che la politica dei governi israeliani nei confronti del
popolo palestinese (tanto nei Territori occupati quanto in Israele) e'
persecutoria e criminale, violatrice dei piu' fondamentali diritti umani,
e - diciamo la parola terribile - prevalentemente intesa a negare la stessa
esistenza del popolo palestinese come soggetto nazionale che legittimamente
aspira a una statualita' propria: una politica prevalentemente
annientatrice. E' terribile dirlo, ma e' cio' che vediamo.
6. Ed ancora: c'e' qualcosa di bizzarro e di ipocrita - e di totalitario e
razzista - nel non riconoscere che quanto accade in Medio Oriente riguarda
l'Europa, poiche' le radici di quel dramma stanno qui: in duemila anni di
persecuzione antiebraica culminata nella Shoah; e nella sanguinaria vicenda
che va dall'impero romano alle crociate, al colonialismo, alle guerre del
nuovo ordine imperiale cui la "nuova" Europa agli Usa invassallata partecipa
fin nelle piu' basse bisogne, e all'attuale sfruttamento schiavista e
persecuzione razzista dei migranti.
7. Ed inoltre: c'e' qualcosa di bizzarro e di ipocrita - e di totalitario e
razzista - nel non riconoscere che quale che sia il giudizio sul governo di
Israele o su Hamas, nulla giustifica le stragi in corso. Nulla. Uccidere
esseri umani non e' mai una politica, e' solo un crimine, il piu' orribile
dei crimini.
8. Ed infine: c'e' qualcosa di bizzarro e di ipocrita - e di totalitario e
razzista - nel non riconoscere che sia in Israele che nei Territori
palestinesi occupati non vi sono solo le destre militariste e
fondamentaliste, terroriste e razziste, non vi sono solo gruppi dirigenti
largamente inquinati da personaggi cinici, corrotti e assassini. Vi sono
persone, movimenti, esperienze - nella societa' come anche nelle
istituzioni - di immenso valore che resistono contro l'ingiustizia e contro
le uccisioni; vi sono persone, movimenti, esperienze di immenso valore che
lottano per salvare le vite di tutti e costruire relazioni di dialogo, di
riconoscimento reciproco e di solidarieta' umana fondate sulla verita' e la
giustizia; vi sono persone, movimenti, esperienze di immenso valore che
hanno fatto la scelta - ormai indispensabile ovunque, ma a maggior ragione
nei luoghi di piu' divampante conflitto - della nonviolenza. Ed a queste
sorelle ed a questi fratelli, israeliani e palestinesi e delle due diaspore,
va tutto l'affetto, l'ammirazione e il sostegno che possiamo esprimere.
*
Ma troppe altre cose ancora occorrerebbe aggiungere, e discutere, so bene.
Ad esempio io sono di quelli che credono che proporre il boicottaggio
economico e culturale di Israele sia uno sciagurato errore (Israele - con
tutti gli errori e gli orrori della sua classe politica - non e' il
Sudafrica dell'apartheid), un errore catastrofico da non compiere.
Ad esempio io sono di quelli che credono che non si possa in nessun caso
solidarizzare con il cosiddetto "islamismo politico radicale", ovvero con
quei movimenti politico-militari sedicenti islamici che invece dell'Islam
come religione tradiscono l'ispirazione fondamentale, ed hanno come
programma una politica totalitaria e femminicida e come ideologia e prassi
il disprezzo della dignita' e della vita umana: movimenti fascisti e
assassini.
Ad esempio io sono di quelli che credono che la soluzione "due popoli, due
stati" sia oggi una ineludibile ed urgente necessita'. Insistere in questa
fase sulla parola d'ordine dell'unico stato binazionale che pure fu propria
di tanta parte della sinistra europea degli scorsi decenni significa non
tener conto della situazione concreta, del concreto vissuto, delle concrete
possibilita' di una dinamica di pace. Cosi' come proporre hic et nunc una
soluzione federale tra Israele ed altri paesi retti da regimi che alimentano
la propaganda - e non solo la propaganda - della distruzione di Israele, e'
sogno che lieve si puo' fare in lontane torri eburnee, mentre cola' -
nell'area del disastro, sul terreno del conflitto - sarebbe null'altro che
folle un incubo, e l'ennesima prova di una incomprensione profonda.
Ad esempio io sono di quelli che credono che la lettura della vicenda
mediorientale prevalente nell'epoca della guerra fredda oggi non regga piu'
(e gia' allora in verita' non favori' ne' il movimento della
decolonizzazione e le lotte di liberazione nazionale dei popoli oppressi,
ne' la lotta delle classi sfruttate) e chi vi si attarda e' prigioniero di
una gabbia ideologica e una coazione a ripetere che forse lo rassicurera'
nelle sue antiche certezze, ma che lo acceca dinanzi alla realta'
effettuale.
Ad esempio io sono di quelli che credono che la cosiddetta comunita'
internazionale dovrebbe garantire con ingenti risorse economiche per un
lungo periodo il benessere della popolazione dello stato palestinese, non
come elemosina o come risarcimento per le sofferenze patite, ma come scelta
politica di prospettiva: poiche' la pace si costruisce con la giustizia, e
siccome "ad impossibilia nemo tenetur" il popolo palestinese deve oggi e per
un non breve lasso di tempo essere sostenuto dalla comunita' internazionale
finche' lo stato palestinese, l'economia palestinese, le infrastrutture
palestinesi, non si siano consolidate, senza minacce e senza ricatti.
Ad esempio io sono di quelli che credono che la cosiddetta comunita'
internazionale dovrebbe garantire con ingenti risorse economiche per un
lungo periodo la sicurezza della popolazione dello stato di Israele, non
come elemosina o come risarcimento per le sofferenze patite, ma come scelta
politica di prospettiva: poiche' solo quando percepisce di non essere piu'
minacciata di sterminio una societa', tutta la societa' e non solo le sue
parti migliori, disarma la sua vita e sue istituzioni, e puo' aprirsi con
fiducia al dialogo.
*
Ma la prima cosa da dire e' che cessino i massacri a Gaza. La prima cosa da
dire.
Cessino subito le stragi.
Nasca subito lo stato di Palestina, democratico e sovrano.
Cessi subito ogni minaccia di distruzione di Israele.
Guerra e terrorismo sono nemici dell'umanita'.
La pace e la sicurezza si costruiscono col disarmo e il dialogo, col
rispetto e la promozione di tutti i diritti umani per tutti gli esseri
umani.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

8. MAESTRE. HANNAH ARENDT

Hannah Arendt e' nata ad Hannover da famiglia ebraica nel 1906, fu allieva
di Husserl, Heidegger e Jaspers; l'ascesa del nazismo la costringe
all'esilio, dapprima e' profuga in Francia, poi esule in America; e' tra le
massime pensatrici politiche del Novecento; docente, scrittrice, intervenne
ripetutamente sulle questioni di attualita' da un punto di vista
rigorosamente libertario e in difesa dei diritti umani; mori' a New York nel
1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi lavori fondamentali (quasi tutti
tradotti in italiano e spesso ristampati, per cui qui di seguito non diamo
l'anno di pubblicazione dell'edizione italiana, ma solo l'anno dell'edizione
originale) ci sono Le origini del totalitarismo (prima edizione 1951),
Comunita', Milano; Vita Activa (1958), Bompiani, Milano; Rahel Varnhagen
(1959), Il Saggiatore, Milano; Tra passato e futuro (1961), Garzanti,
Milano; La banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme (1963), Feltrinelli,
Milano; Sulla rivoluzione (1963), Comunita', Milano; postumo e incompiuto e'
apparso La vita della mente (1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di
brevi saggi di intervento politico e' Politica e menzogna, Sugarco, Milano,
1985. Molto interessanti i carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969.
Filosofia e politica, Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra
amiche. La corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975,
Sellerio, Palermo 1999). Una recente raccolta di scritti vari e' Archivio
Arendt. 1. 1930-1948, Feltrinelli, Milano 2001; Archivio Arendt 2.
1950-1954, Feltrinelli, Milano 2003; cfr. anche la raccolta Responsabilita'
e giudizio, Einaudi, Torino 2004; la recente Antologia, Feltrinelli, Milano
2006; i recentemente pubblicati Quaderni e diari, Neri Pozza, 2007. Opere su
Hannah Arendt: fondamentale e' la biografia di Elisabeth Young-Bruehl,
Hannah Arendt, Bollati Boringhieri, Torino 1994; tra gli studi critici:
Laura Boella, Hannah Arendt, Feltrinelli, Milano 1995; Roberto Esposito,
L'origine della politica: Hannah Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996;
Paolo Flores d'Arcais, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 1995; Simona Forti,
Vita della mente e tempo della polis, Franco Angeli, Milano 1996; Simona
Forti (a cura di), Hannah Arendt, Milano 1999; Augusto Illuminati, Esercizi
politici: quattro sguardi su Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994;
Friedrich G. Friedmann, Hannah Arendt, Giuntina, Firenze 2001; Julia
Kristeva, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 2005. Per chi legge il tedesco due
piacevoli monografie divulgative-introduttive (con ricco apparato
iconografico) sono: Wolfgang Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei
Hamburg 1987, 1999; Ingeborg Gleichauf, Hannah Arendt, Dtv, Muenchen 2000.

9. MAESTRE. VANDANA SHIVA

Vandana Shiva, scienziata e filosofa indiana, direttrice di importanti
istituti di ricerca e docente nelle istituzioni universitarie delle Nazioni
Unite, impegnata non solo come studiosa ma anche come militante nella difesa
dell'ambiente e delle culture native, e' oggi tra i principali punti di
riferimento dei movimenti ecologisti, femministi, di liberazione dei popoli,
di opposizione a modelli di sviluppo oppressivi e distruttivi, e di denuncia
di operazioni e programmi scientifico-industriali dagli esiti
pericolosissimi. Tra le opere di Vandana Shiva: Sopravvivere allo sviluppo,
Isedi, Torino 1990; Monocolture della mente, Bollati Boringhieri, Torino
1995; Biopirateria, Cuen, Napoli 1999, 2001; Vacche sacre e mucche pazze,
DeriveApprodi, Roma 2001; Terra madre, Utet, Torino 2002 (edizione riveduta
di Sopravvivere allo sviluppo); Il mondo sotto brevetto, Feltrinelli, Milano
2002. Le guerre dell'acqua, Feltrinelli, Milano 2003; Le nuove guerre della
globalizzazione, Utet, Torino 2005; Il bene comune della Terra, Feltrinelli,
Milano 2006; India spezzata, Il Saggiatore, Milano 2008.

10. MAESTRE. VIRGINIA WOOLF

Virginia Woolf, scrittrice tra le piu' grandi del Novecento, nacque a Londra
nel 1882, promotrice di esperienze culturali ed editoriali di grande
rilievo, oltre alle sue splendide opere narrative scrisse molti acuti saggi,
di cui alcuni fondamentali anche per una cultura della pace. Mori' suicida
nel 1941. E' uno dei punti di riferimento della riflessione dei movimenti
delle donne, di liberazione, per la pace. Opere di Virginia Woolf: le sue
opere sono state tradotte da vari editori, un'edizione di Tutti i romanzi
(in due volumi, comprendenti La crociera, Notte e giorno, La camera di
Jacob, La signora Dalloway, Gita al faro, Orlando, Le onde, Gli anni, Tra un
atto e l'altro) e' stata qualche anno fa pubblicata in una collana
ultraeconomica dalla Newton Compton di Roma; una pregevolissima edizione sia
delle opere narrative che della saggistica e' stata curata da Nadia Fusini
nei volumi dei Meridiani Mondadori alle opere di Virginia Woolf dedicati (ai
quali rinviamo anche per la bibliografia). Tra i saggi due sono
particolarmente importanti per una cultura della pace: Una stanza tutta per
se', Newton Compton, Roma 1993; Le tre ghinee, Feltrinelli, Milano 1987 (ma
ambedue sono disponibili anche in varie altre edizioni). Numerosissime sono
le opere su Virginia Woolf: segnaliamo almeno Quentin Bell, Virginia Woolf,
Garzanti, Milano 1974; Mirella Mancioli Billi, Virginia Woolf, La Nuova
Italia, Firenze 1975; Paola Zaccaria, Virginia Woolf, Dedalo, Bari 1980;
Nadia Fusini, Possiedo la mia anima. Il segreto di Virginia Woolf,
Mondadori, Milano 2006; Liliana Rampello, Il canto del mondo reale. Virginia
Woolf, la vita nella scrittura, Il saggiatore, Milano 2005. Segnaliamo anche
almeno le pagine di Erich Auerbach, "Il calzerotto marrone", in Mimesis,
Einaudi, Torino 1977.

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 280 del 2 gennaio 2009

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