Minime. 337



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 337 del 17 gennaio 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Peppe Sini: Quale sorpresa?
2. Barbara Bellini: Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'...
3. Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta"
4. Ida Dominijanni: Un conflitto nient'affatto sacro e tutto mondano
5. Ettore Masina: Certificato di esistenza in vita
6. Mariarosa Bricchi presenta "La storia dei Gettoni di Elio Vittorini" a
cura di Vito Camerano, Raffaele Crovi e Giuseppe Grasso
7. L'Agenda dell'antimafia 2008
8. L'agenda "Giorni nonviolenti" 2008
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. PEPPE SINI: QUALE SORPRESA?

Per cortesia: che vi siano partiti che sono fondamentalmente delle
associazioni a delinquere nessuno lo ignora. Cio' che e' scandaloso e' che a
certi personaggi si affidi il governo della cosa pubblica.
Che i crimini vadano puniti, ci sembra il minimo. Cio' che e' scandaloso e'
il sempiterno pretendere impunita' da parte dei potenti.
Che il cosiddetto centrosinistra si sia rapidamente berlusconizzato, e' di
un'evidenza solare.
*
Che sia necessario affrettarsi a costruire una nuova sinistra fondata sulla
scelta della nonviolenza - sulla forza della verita', sull'opposizione alla
guerra, sulla difesa della Costituzione, sul riconoscimento di tutti i
diritti umani a tutti gli esseri umani -  ci sembra l'urgenza delle urgenze.
Che il soggetto storico fondamentale nella costruzione della sinistra della
nonviolenza siano i movimenti femministi, ci sembra la certezza delle
certezze.
Che la sinistra della nonviolenza debba affrettarsi ad entrare nelle
istituzioni e governare la cosa pubblica per contrastare il femminicidio,
per contrastare il collasso della biosfera, per contrastare la guerra e il
razzismo, per contrastare il golpe, per contrastare il modo di produzione
dello sfruttamento, per contrastare il regime della corruzione, per
contrastare i poteri criminali, ci sembra qui ed ora il dovere dei doveri.
*
Che ogni persona di retto sentire e di volonta' buona sia chiamata ad uscire
dall'apatia e dalla rassegnazione, dall'ambiguita' e dalle collusioni.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

2. AMICIZIE. BARBARA BELLINI: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA" PERCHE'...
[Ringraziamo Barbara Bellini (per contatti: barbara.bellini4 at virgilio.it)
per questo intervento.
Barbara Bellini Benini e' impegnata nei movimenti nonviolenti ed in
particolare nel Mir di Fano; ha preso parte a varie esperienze di promozione
del dialogo e della solidarieta']

Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche' e' un modo, oltretutto economico,
per fare un regalo avvicinando gli amici al mondo della nonviolenza.
Oltretutto e' un  regalo che non dura solo l'attimo in cui lo scarti ma la
bellezza di dodici mesi... dodici mesi in compagnia di tante riflessioni,
idee e proposte.

3. INDICAZIONI PRATICHE. PER ABBONARSI AD "AZIONE NONVIOLENTA"

"Azione nonviolenta" e' la rivista del Movimento Nonviolento, fondata da
Aldo Capitini nel 1964; e' un mensile di formazione, informazione e
dibattito sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo.
Redazione, direzione e amministrazione sono in via Spagna 8, 37123 Verona,
tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax 0458009212,
e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org
Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 29 euro sul ccp n. 10250363
intestato ad "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona. Oppure
bonifico bancario sullo stesso conto presso BancoPosta ABI 07601 - CAB
11700. Speificare nella causale "Abbonamento a 'Azione nonviolenta'".
E' possibile chiedere una copia omaggio della rivista, inviando una e-mail
all'indirizzo an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto "copia di 'Azione
nonviolenta'".

4. RIFLESSIONE. IDA DOMINIJANNI: UN CONFLITTO NIENT'AFFATTO SACRO E TUTTO
MONDANO
[Dal quotidiano "Il manifesto" dell'8 gennaio 2008, col titolo "Mondanita'
dell'aborto.
Ida Dominijanni, giornalista e saggista, docente a contratto di filosofia
sociale all'Universita' di Roma Tre, e' una prestigiosa intellettuale
femminista. Tra le opere di Ida Dominijanni: (a cura di), Motivi di
liberta', Angeli, Milano 2001; (a cura di, con Simona Bonsignori, Stefania
Giorgi), Si puo', Manifestolibri, Roma 2005]

Quanto sia sacra la vita umana, ultimativa la decisione di metterne o non
metterne una al mondo (e abissalmente diversa da quella di sopprimerne
un'altra per punirla di un delitto), impegnativa la cura per inserirla
nell'umano consorzio, sono verita' che ciascuna donna del pianeta, in
qualunque latitudine, sotto qualunque dio e qualsivoglia regime, conosce
assai meglio di qualunque papa, qualunque principe e qualsivoglia
consigliere di papa e di principe.
Papi, principi, aspiranti principi e zelanti consiglieri lo sanno benissimo,
come sanno benissimo che una legge puo' riconoscere questa sapienza
femminile e il potere sulla vita che ne deriva, ma nessuna legge puo'
revocarli. Punto.
A capo. Che cosa muove dunque la mobilitazione permanente sulla questione
dell'aborto che agita le democrazie occidentali, i loro angeli teodem e la
cupola vaticana sopra di loro?
Non certo il tentativo, perso in partenza, di sottrarre alle donne questo
primato. Bensi' quello di colpevolizzarlo, privatizzarlo, ricondurlo
nell'ombra di quella dimensione "naturale" da cui la parola femminile lo
strappo' alcuni decenni fa per portarlo alla luce del sole, della politica,
del diritto.
Non e' un conflitto sulla sacralita' della vita.
E' un conflitto, nient'affatto sacro e tutto mondano, per il potere di
parola sulla vita, un conflitto nel quale alcuni uomini si allineano al Dio
creatore che dicono di adorare per alimentare il proprio desiderio di
onnipotenza e rimuovere il limite imposto a questo desiderio dalla parola
dell'Altra.
E' un conflitto antico e ritornante, e non ci sarebbe niente di nuovo se la
strumentalita' del momento non ci mettesse, di volta in volta, il sale e il
pepe di qualche macabra aggravante.
Non si tratta solo dell'osceno paragone - piu' osceno nell'implicita
versione papalina che in quella esplicita del direttore del "Foglio" - fra
l'aborto e la pena di morte.
C'e' sotto un altrettanto torbido rimestio fra religione, scienza, politica,
morale e diritto che confonde, piuttosto che rilanciare, il dibattito
pubblico, e non solo in Italia.
Anche negli Stati Uniti, dove l'aborto e' come sempre una delle issues
centrali della competizione elettorale, la richiesta pressante di una
"ridefinizione" morale, giuridica e politica della questione (e di altre,
come l'omosessualita') passa - si veda il "New York Times" di domenica -
attraverso il cambiamento dei paradigmi scientifici e dei protocolli medici
e farmacologici.
In una sequenza neo-deterministica in cui biologia, genetica, morale e
religione si alleano a produrre un nuovo ordine "oggettivo" del discorso che
fa fuori la soggettivita' delle donne e degli uomini in carne e ossa.
L'unica tutt'ora in grado di avere la meglio su una politica laica
balbettante, e su un'autorita' religiosa evidentemente cosi' incerta da
appoggiarsi alle protesi che trova.

5. MAESTRI E COMPAGNI. ETTORE MASINA: CERTIFICATO DI ESISTENZA IN VITA
[Dal sito di Ettore Masina (www.ettoremasina.it) riprendiamo il seguente
intervento del 29  giugno 2007 per la rivista "Micromega".
Ettore Masina, nato a Breno (Bs) il 4 settembre 1928, giornalista,
scrittore, fondatore della Rete Radie' Resch, gia' parlamentare, e' una
delle figure piu' vive della cultura e della prassi di pace. Sulle sue
esperienze e riflessioni si vedano innanzitutto i suoi tre libri
autobiografici: Diario di un cattolico errante. Fra santi, burocrati e
guerriglieri (Gamberetti, 1997); Il prevalente passato. Un'autobiografia in
cammino (Rubbettino, 2000); L'airone di Orbetello. Storia e storie di un
cattocomunista (Rubbettino, 2005). Tra gli altri suoi libri: Il Vangelo
secondo gli anonimi (Cittadella, 1969, tradotto in Brasile), Un passo nella
storia (Cittadella, 1974), Il ferro e il miele (Rusconi, tradotto in
serbo-croato), El Nido de Oro. Viaggio all'interno del terzo Mondo: Brasile,
Corno d'Africa, Nicaragua (Marietti, 1989), Un inverno al Sud. Cile,
Vietnam, Sudafrica, Palestina (Marietti, 1992), L'arcivescovo deve morire.
Monsignor Oscar Romero e il suo popolo (Edizioni cultura della pace, 1993
col titolo Oscar Romero, poi in nuova edizione nelle Edizioni Gruppo Abele,
1995), Comprare un santo (Camunia, 1994; O. G. E., 2006), Il volo del
passero (San Paolo, tradotto in greco), I gabbiani di Fringen (San Paolo,
1999), Il Vincere (San Paolo, 2002). Un piu' ampio profilo di Ettore Masina,
scritto generosamente da lui stesso per il nostro foglio, e' nel n. 418 de
"La nonviolenza e' in cammino"]

Il testo che segue e' un mio intervento sollecitato dalla rivista
"Micromega", a proposito di una lettera  aperta del professor Mauro Pesce.
*
Caro professore,
nella Sua "lettera aperta", documento davvero profondo nella sua concisione,
anche Lei, come altri da qualche tempo a questa parte, osserva che "cio' che
caratterizzava le tendenze rinnovatrici del cattolicesimo era la capacita'
di esprimere pubblicamente le proprie opinioni e le proprie decisioni etc.
(...). Di tutto questo mi sembra che oggi resti poco". Lei ha ragione: ma il
mio ammaccato narcisismo sussulta per una semplice constatazione: molti sono
ovviamente morti, dei compagni di quella bella stagione (ormai
cronologicamente lontana), qualcuno ha cambiato bussola, ma molti anche, fra
i tuttora viventi, sono stati "perduti di vista" (e' un eufemismo) proprio
dai "laici" che avevano guardato loro con interesse. Faccio un esempio, il
mio: negli ultimi dieci anni ho pubblicato tre libri per manifestare le mie
convinzioni in ordine al deperimento della spinta evangelica nella Chiesa
italiana, alla deriva conservatrice e revisionista del Vaticano, alla
ripresa del potere da parte di una Curia romana alla quale Giovanni XXIII e
Paolo VI sembravano avere tolto l'egemonia ecclesiastica. Di quei libri Lei
ha mai sentito parlare? Non una riga sui maggiori quotidiani o settimanali;
eppure non sono (o non ero) un ignoto. Neppure quando un mio libro di
narrativa e' entrato nella terna finale di un Viareggio, quel silenzio si e'
incrinato. La cosa divertente, si fa per dire, e' che a presentare in
pubblico i miei libri sono stati lettori come Pietro Ingrao e Giuseppe de
Rita, Marco Politi e Simonetta Fiori, Rosetta Loy e Gina Lagorio, Giampaolo
Salvini, direttore di "Civilta' Cattolica", e Bernardo Valli, Pietro
Scoppola e Filippo Gentiloni, Maurizio Chierici e Carlo Castellaneta...
Il mio non e' davvero un caso isolato. Sui giornali "laici" si onorano
giustamente (di tanto in tanto) i cattolici che occupano cattedre di
prestigio (gli Scoppola, gli Alberigo, gli Allegretti...) ma appaiono ormai
dimenticati molti altri superstiti coraggiosi tessitori del movimento
conciliare e di quello ecumenico. Nessuna tragedia, per carita', ma
certamente uno spreco di energie davanti alla necessita' di costruire
dialoghi che riparino le macerie provocate dalla rozzezza dei
fondamentalisti. Sgraditi al cattolicesimo "ufficiale", i vecchi
"conciliari" sembrano adesso ai "laicisti" poco interessanti proprio perche'
"non contano piu'". Meritoria e gradita e' dunque la sponda che oggi ci
offre "Micromega": una specie di certificato di esistenza in vita.
*
Desidero ripeterlo: condivido quasi completamente il quadro che Lei ha
delineato. Tuttavia sono  meno pessimista per quanto riguarda il "dissenso
taciturno", il "ritrarsi nel privato (...) della maggioranza della gente" di
cui Lei parla. Io credo che siamo ancora fortunatamente lontani dalla
evaporazione di una presenza critica - anche se fedele al Credo -
nell'interno della Chiesa italiana. Chi volesse (e sapesse) addentrarsi
nella fitta boscaglia informatica dei siti e dei blog si accorgerebbe che la
trama del cattolicesimo critico non e' dissolta. Quando il papa cade nelle
trappole delle Ratisbone bavaresi o brasiliane, quando Ruini nega a Welby i
funerali religiosi o Bagnasco ritira la sua pensione da generale di corpo
d'armata, ventate di indignazione evangelica soffiano nella "rete", e
dall'una all'altra cento e cento mailing-list si ritrasmettono lezioni
conciliari e pagine scritturistiche. Non e' questione soltanto di mutuo
soccorso consolatorio, riguarda anche iniziative propositive: l'appello di
Giuseppe Alberigo alla Cei contro la Nota dei vescovi a proposito dei Dico,
diffuso quasi in via "casalinga" e certamente senza alcun impianto
organizzativo, ha raccolto in poche ore migliaia di firme. Notizie sulla
vita ecclesiale nei paesi di frontiera, mai (o raramente) pubblicate dai
"grandi" giornali, giungono dai siti e dai blog di oltreoceano e vengono
metabolizzate in italiano. Le traduzioni dei libri di Jon Sobrino sono
andate a ruba appena e' stata pubblicata la Nota della Congregazione per la
dottrina della fede, con il nuovo attacco alla superstite teologia della
liberazione.
Il cattolicesimo critico italiano e' oggi certamente diverso da quello di un
tempo: meno vistoso e clamoroso nelle sue obiezioni di coscienza, meno
bisognoso di rassicurazioni ecclesiastiche (cercate, magari, in modi
aggressivi), teologicamente assai piu' preparato, condensato in gruppi piu'
piccoli e forse per questo piu' disponibili a integrarsi fra loro, senza le
pretese ideologiche degli anni '70 e '80. Vi sono luoghi in cui stabilmente
(Bose) o periodicamente (Assisi, Camaldoli, Citta' di Castello, Trevi...) i
cattolici critici si incontrano, si riconoscono, studiano insieme, insieme
scrutano i segni dei tempi. Morti quasi tutti i grandi maestri "conciliari",
i superstiti (Arturo Paoli, Carlo Molari, Enzo Bianchi, Alberto Maggi,
Achille Rossi...) si trovano di fronte a vere e proprie folle di
ascoltatori. Anche qui, in carenza di organizzazione, provvedono i tam tam
informatici: se il cardinale Martini, di passaggio a Milano, celebra messa
in Sant'Ambrogio, ecco l'antica basilica riempirsi di gente commossa.
Anche nel settore politico-palamentare sembrano lentamente accentuarsi
scelte che si rifanno al Concilio.
*
Popolo o gruppo, si tratta di un settore della Chiesa che porta stimmate di
sofferenza. Fra il cattolicesimo critico e l'arroganza trionfalistica di
quei "movimenti" ecclesiali che continuano a gonfiarsi perche' offrono
maternages rassicuranti a chi teme il nuovo - e il dubbio che ne consegue -,
i rapporti sono di reciproco sospetto; e la rete delle parrocchie e' posta
in crisi dalla mancanza di dialogo fra l'una e l'altra parte: i parroci
tentano invano generose mediazioni ma finiscono quasi inevitabilmente per
accettare che i movimenti garantiscano loro un generoso (ma monopolistico)
supporto organizzativo e una consolante assistenza liturgica.
Forse anche peggiori sono i rapporti fra vescovi e gruppi critici. Alla
stagione feconda dei dibattiti, anche aspri, di un tempo e' subentrato il
gelo di una penosa lontananza. In E non disse nemmeno una parola, Heinrich
Boell racconta come un reduce dalla seconda guerra mondiale, ascoltando la
predica di un vescovo, si accorga, quasi con dolente stupefazione, che quel
discorso e' soprattutto noioso. Cosi' appaiono a molti di noi gli atti di
magistero di non pochi "pastori": generici, celebrativi, lontani dai nostri
problemi e dai nostri sentimenti. Impegnato in una comunicazione a livello
mondiale, Giovanni Paolo II ha lasciato per anni mano libera alla Curia
vaticana e a Ruini nella nomina dei vescovi: il risultato e', a parte alcune
belle eccezioni, un gruppo di timidi moralisti, nostalgici della DC e dunque
bisognosi di rassicurazioni politiche (che trovano, ovviamente, a destra) e,
i piu', di incerta cultura. La loro inerte diffidenza, per esempio, nei
confronti del movimento per la pace, che pure raduna decine di migliaia di
giovani, appare davvero sorprendente.
*
Del resto, i cattolici critici hanno ormai imparato a prendere posto
silenziosamente nelle scelte politiche "profane". Se i loro gruppi, un
tempo, esprimevano pubblicamente opzioni (scomode...) di fede come
presupposti di impegno in campo politico, adesso il loro inserimento nei
gruppi politici non e' piu' caratterizzato da dichiarazioni "religiose": la
fede spinge tacitamente a un impegno che riconosce la laicita' del processo
storico. Per questo hanno perso  di visibilita', ma non - ne sono convinto -
di vitalita'. Si potrebbe forse dire che a una vistosita' di tipo
predicatorio (domenicano?) e' subentrata una testimonianza silenziosa del
tipo dei Piccoli fratelli di Charles De Foucauld (che vivono silenziosamente
nelle periferie).
La mia opinione e' dunque che esistano gia' (o ancora), benche' non
organizzati, e siano operanti, alcuni dei gruppi "progressisti" dei quali
Lei spera il sorgere. Molti, come dimostra almeno il referendum sulla
Costituzione, vivono, magari in maniera contraddittoria, la consapevolezza
della necessaria laicita' delle istituzioni pubbliche.
I Comitati Dossetti, che con tanto impegno hanno lavorato in difesa della
nostra Carta fondamentale, sono stati animati soprattutto da cattolici
conciliari.
*
Mi sembra, invece, impossibile o almeno assai azzardato rispondere alle
altre Sue domande, perche' troppi fattori concorrono alle mutazioni
ecclesiastiche, a cominciare dalla questione del papato. Benche' gli stessi
Montini, Wojtyla e Ratzinger, davanti al lento ma incessante progredire del
movimento ecumenico, si siano trovati a ripensare le funzioni del primato
pontificio, la sovranita' del vescovo di Roma ha ancora enorme importanza.
Basta pensare a come sarebbe cambiata la storia della Chiesa se Pio XI fosse
vissuto un anno di piu', promulgando la sua enciclica contro il nazismo, se
Pio XII davanti al genocidio ebraico avesse scelto la profezia invece della
prudenza, se al posto di papa Roncalli fosse stato eletto Siri o al posto di
Montini Lercaro... Ora i "se" sono gli hobbies degli storici ma per quanto
riguarda il futuro i "se" sono semi (chiedo scusa per il gioco di parole).
Nella storia ecclesiale, come Lei ci insegna, natura facit saltus: non per
niente la Chiesa, secondo i suoi credenti, e' nata dal grande trauma della
Resurrezione.
Di fronte alla sfida che i fondamentalismi ci pongono, e che Lei sottolinea
cosi' fortemente, e' difficile indicare rimedi. Quello sovrano e' certamente
una maggiore consapevolezza e promozione dei valori comuni: dal rispetto dei
diritti umani a quello della difesa dell'ambiente planetario con
l'elaborazione, di fatale urgenza, di un'agenda politica per obbligare i
poteri statali a passare dal riconoscimento della drammaticita' della
crescente devastazione a una legislazione che imbrigli le ciniche
insensatezze del Mercato e quelle lietamente suicide, per insipienza, della
societa' consumista.
E' su questo difficile cammino che si puo' realizzare quello che a molti di
noi cattolici critici piace chiamare "macroecumenismo", cioe' una
fraternita' allargata a tutti gli uomini e le donne "di buona volonta'",
solidali nel tentativo di costruire una societa' piu' giusta e piu' sicura.
Naturalmente la vitalita' di un macroecumenismo richiede un salto culturale
di grande importanza: non si puo' lavorare insieme se gli uni pensano che la
religiosita' degli altri sia una forma di psicosi e se i cristiani sono
convinti che non possa esistere un'etica a-religiosa. Richiede dunque un
impegno comune di dialogo. E per esso non possiamo ritagliarci
contraddittori di comodo ma dobbiamo accettare come compagni quelli che
troviamo sulle incerte strade delle testarde speranze. E' da questo cammino
solidale, dalle sue tappe, e non da programmi conchiusi in formule, che
potra' sorgere la lieta convinta laicita' di cui Ella parla.
*
Mi permetta un'ultima considerazione. Ho tentato di rispondere alle sue
domande con una specie di autobiografia o autoritratto di gruppo. Tuttavia
se dovessi discutere della Sua inchiesta con i miei compagni sottolineerei
un altro problema. E' stato il grande teologo luterano Juergen Moltmann a
scrivere che la Chiesa puo' (e deve) scegliere fra la risonanza (l'evidenza
sociale delle strutture, l'importanza del suo potere mondano, etc.) e la
significanza (cioe' il risultato di una sempre piu' profonda fedelta' al
vangelo). Se e' cosi' possiamo e dobbiamo, come ci esorta a fare l'apostolo
Pietro, rispondere a chi ci chiede ragione della nostra identita', ma tra
noi dobbiamo ricordare che il nostro peculiare contributo alla societa'
devíessere quello di sperderci nella massa come sale e lievito piuttosto che
cedere alla tentazione di trasformarci in indigeribili blocchi di lievito o
di sale.
La ringrazio per la Sua fatica e la Sua comprensione
Ettore Masina
*
Note
1. Significativi appaiono la riluttanza o addirittura il rifiuto di alcuni
gruppi "ufficiali", cioe' riconosciuti come tali dalla gerarchia di
partecipare al Family Day.
2. E, naturalmente, un difficile esodo dall'analfabetismo religioso che
contraddistingue tutti i settori culturali italiani. Da questo punto di
vista e' facile pensare all'importanza di una sostituzione della cosiddetta
"ora di religione" con un serio insegnamento di storia delle religioni, la
rifondazione di cattedre di teologia nelle universita' "laiche", una piu'
ferma opposizione alla cosiddetta "religione civile", una maggiore
"castita'" nei mass-media a proposito delle informazioni vaticane, una
maggiore consapevolezza, da parte degli informatori, sull'importanza reale,
dal punto di vista teologico e "disciplinare" dell'uno o dell'altro
intervento ecclesiastico etc.

6. LIBRI. MARIAROSA BRICCHI PRESENTA "LA STORIA DEI GETTONI DI ELIO
VITTORINI" A CURA DI VITO CAMERANO, RAFFAELE CROVI, GIUSEPPE GRASSO
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 23 dicembre 2007, con l'occhiello
"Editoria italiana", il titolo "La sincerita' pungente del burbero
Vittorini", il sommario "Dai materiali proposti emergono la moralita' di
giudizio e la febbrile tensione che innervavano ogni fase del lavoro sui
libri della collana. In primo piano, accanto al direttore-inventore, il
ruolo di Italo Calvino, lettore e giudice severo, ma anche appassionato
consigliere degli autori. In tre ampi volumi l'editore Nino Aragno ha
mandato in libreria, a cura di Vito Camerano, Raffaele Crovi e Giuseppe
Grasso, La storia dei Gettoni di Elio Vittorini, un omaggio di qualita' alla
celebre collana pubblicata per Einaudi dal 1951 al 1959".
Mariarosa Bricchi, storica della lingua italiana, ha lavorato sulla prosa
letteraria e su questioni linguistiche dell'Otto e del Novecento; docente
all'Universita' di Pavia, ha tenuto corsi di storia dell'editoria e di
traduzione in varie Universita', ha una profonda conoscenza del lavoro
editoriale acquisita come editor alla Bur (Rizzoli).
Elio Vittorini, scrittore italiano (Siracusa 1908 - Milano 1966), prese
parte alla Resistenza; promotore di cultura, consulente editoriale, fondo'
la rivista "Il politecnico" e con Italo Calvino "Il menabo'", animatore di
una cultura democratica intesa come impegno civile. Opere di Elio Vittorini:
si leggano almeno i romanzi Conversazione in Sicilia, e Uomini e no; la
celebre e travagliata antologia Americana; per la saggistica cfr. il Diario
in pubblico; ed ovviamente la collezione de "Il politecnico". Opere su Elio
Vittorini: Sandro Briosi, Elio Vittorini, La Nuova Italia, Firenze; Sergio
Pautasso, Guida a Vittorini, Rizzoli, Milano]

La "collanologia", diceva Giulio Einaudi, e' stata nella sua casa editrice
materia di studio ininterrotto. Ne e' risultata una suddivisione del
catalogo in sezioni, ciascuna caratterizzata da una personalita' individuale
spesso forte, e dall'impronta di curatori talvolta di genio. Incanalare la
produzione in collane e', come si sa, una scelta tutt'altro che neutra.
"Nulla di meglio delle collane rivela i propositi di un editore. Le collane
caratterizzano la fisionomia della casa editrice": parole, ancora vere, di
Siegfried Unseld, storico direttore di Suhrkamp, in un saggio degli anni
Settanta dal titolo I compiti dell'editore letterario. Dove la chiave e',
evidentemente, il "letterario".
*
Esordi importanti
Una collana e', infatti, raddoppiamento e insieme specializzazione del
marchio, e creare collane si addice a editori di catalogo che puntano sulla
qualita' e la riconosciblita' del proprio nome. Laddove e' politica inversa,
per esempio nei grossi gruppi americani, scommettere sulla riconoscibilita'
dell'autore o del titolo piuttosto che su quella della linea, secondo una
impostazione che prescrive il trattamento di ogni singolo libro come
individuo, slegato da una filosofia editoriale riconoscibile.
Collana tra le piu' celebrate dell'editoria italiana del Novecento, certo la
piu' studiata, e' quella dei Gettoni. Editore, appunto, Einaudi,
direttore-inventore Elio Vittorini. Durata di vita della collana, nove
anni - tra il '51 e il '59 - con all'attivo una cinquantina di titoli
pubblicati. Una piccola collana dunque (piccola anche in termini di successo
commerciale, se si pensa che la media delle vendite si assesta intorno alle
tremila copie a titolo), che ha pero' lasciato un segno importante. Non solo
perche', come sempre si ricorda, hanno esordito nei Gettoni nomi destinati a
imporsi nella seconda meta' del secolo - cosi' che i modesti risultati
economici degli esordi hanno generato, entro qualche anno, la ricchezza del
catalogo - ma anche per l'attrazione che imprese dove sono in gioco idee,
intelligenza e passione continuano ostinatamente a esercitare.
*
La firma sui risvolti
L'attenzione per i Gettoni parte gia' durante la vita della collana, quando
escono i primi saggi di analisi e inquadramento, tra gli altri, di Leonetti
e Roversi su "Officina" (1955), di Giannessi sul "Ponte" (1955), di Crovi su
"Galleria" (1956). La storicizzazione e' stata, a sua volta, precoce. Gia'
nel 1988 Cesare De Michelis aveva raccolto, in un prezioso volume
Scheiwiller, i celebri "risvolti" che Vittorini scriveva, e spesso firmava,
per i volumi della sua collana. E oggi esce presso l'editore Aragno La
storia dei Gettoni di Elio Vittorini, a cura di Vito Camerano, Raffaele
Crovi, Giuseppe Grasso - con la collaborazione di Augusta Tosone,
introduzione e note di Giuseppe Lupo - che raccoglie in tre volumi i
materiali editoriali relativi a tutti i Gettoni italiani pubblicati. Un
omaggio a "una collana di italiani giovani, sperimentali, che porti il tuo
nome". Con queste parole, Natalia Ginzburg proponeva a Vittorini, a nome di
Giulio Einaudi, la direzione della collana. Certo, i vent'anni che separano
il libretto dei risvolti dai volumoni di oggi (1.600 pagine totali) hanno
visto crescere l'interesse per questi temi, e l'infittirsi della
bibliografia, su Vittorini editore in particolare (basti ricordare il libro
di Giancarlo Ferretti, L'editore Vittorini, del 1992), e sulla storia
dell'editoria in generale. Ma non esisteva, salvo errore, una raccolta
documentaria di tanta ampiezza.
La raccolta edita da Aragno e' suddivisa per autori pubblicati nei Gettoni
e, per ognuno, fornisce documenti (soprattutto lettere: tra Vittorini e i
suoi collaboratori, e di tutti loro con gli autori) rintracciati in massima
parte negli archivi Einaudi. Una parte non piccola dei materiali, va
specificato, non e' inedita. Compaiono tuttavia testi mai pubblicati, e
anche quelli gia' noti sono qui per la prima volta disponibili in un ordine
che ne evidenzia la funzionalita' editoriale. In sintesi, un'occasione.
Dalla lettura distesa del lungo epistolario a molte voci (o "metaromanzo
dell'industria editoriale", secondo la bella definizione del prefatore,
Giuseppe Lupo) risaltano alcuni temi di sintesi, magari non nuovi, ma che la
nuova documentazione illumina con maggiore evidenza.
Il primo dato e' soprattutto interessante se posto a confronto con gli usi
di oggi. E' la costante, quasi febbrile, tensione valutativa che innerva
ogni passaggio del lavoro editoriale. Se l'espressione di un parere, anche
negativo, e' stazione imprescindibile del processo di selezione, meno ovvio
e' il giudizio costante a cui Vittorini e la sua squadra sottopongono i
titoli ormai acquistati e in corso di pubblicazione; oppure i nuovi
prodotti, magari destinate ad altre sedi, di scrittori della casa.
Un esempio per tutti, lo rinveniamo in una lettera di Calvino a Ottiero
Ottieri, nel gennaio 1954: "i tuoi versi non sono - credo - belli". E'
evidente, da questa come da altre lettere, che le lodi godono di minor
considerazione delle critiche. E che proprio attravero le critiche
Vittorini, Calvino, Fruttero, la Ginzburg e gli altri si riconoscono nel
proprio ruolo di allenatori, secondo un costume professionale condiviso di
sincerita' scabra e puntuta. E, ancora piu' lontano dal costume di oggi, e'
attraverso una valutazione personalissima ma per nulla imbonitoria che
l'editore introduce i libri al pubblico. Roberto Calasso, nella sua raccolta
di testi di copertina adelphiani, ha paragonato quarte e risvolti a una
presentazione in societa', dove valgono le regole della buona creanza che
impongono, tra l'altro, "di non sottolineare i difetti dell'amico
presentato". Una metafora che riveste di disinvoltura mondana la funzione
seduttiva che si affianca di norma, nei risvolti, a quella informativa (in
qualche caso, la sostituisce). Ebbene, il burbero Vittorini, dimentico della
buona creanza, seduce, caso mai, per eccesso di sincerita', e non manca di
evidenziare, insieme alla carica di novita' dei suoi scrittori, anche i loro
limiti e i loro difetti. In sintesi: moralita' del giudizio che si
sovrappone alla moralita' del lavoro, riunendo in un unico ideale di
limpidezza l'operato editoriale e quello promozionale.
Un altro tema, che emerge visibilissimo nel percorso dell'intera raccolta,
e' l'importanza del lavoro di squadra. Dei Gettoni si riconosce intera la
paternita' a Vittorini, che ne fu l'ideatore e non smise di assumersi piena
responsabilita' delle scelte. Indicative in questo senso molte testimonianze
tra le quali spiccano per il loro valore ultimativo le righe inviate da
Calvino a Gino Cesaretti (esordiente nei Gettoni nel '57): "le nostre
obiezioni valgono solo nei casi in cui Vittorini e' incerto. Quando e'
certo, come nel Suo caso, anzi ne fa come un cardine della sua poetica e
polemica, non ci sognamo neppure d'intralciarlo".
Nel contempo, la lettura distesa delle lettere mostra quanto peso abbia
avuto il ruolo di Calvino, come deuteragonista nel processo decisionale e,
soprattutto, come interlocutore degli autori. Calvino fu infatti lettore e
giudice severo, ma anche consigliere appassionato nella ricerca di una
soluzione, sempre personalizzata, ai ricorrenti intoppi creativi. A Mario
Rigoni Stern alle prese con la storia, ancora irrisolta, di un vecchio
cacciatore (poi Il bosco degli urogalli) consiglia "Leggi Il vecchio e il
mare di Hemingway". Siamo nel novembre del '53, la traduzione italiana e'
uscita da meno di un anno, e il suggerimento non ha nulla di generico.
"Ogni tanto faceva un segno, metteva una virgola, mi chiedeva perche' avessi
usato quell'aggettivo o quel verbo": ecco - introdotto dal ricordo di Rigoni
Stern - un altro snodo cruciale, ovvero l'editing di Vittorini, ossia la
quantita', qualita' e incidenza del suo intervento sui testi. Il tema e',
appunto, cruciale, e non per riguardo a eventuali anime belle che credono
nel testo come valore immobile. Assodato che l'approssimazione al valore
puo' ben transitare anche attraverso il confronto con un lettore attrezzato,
dell'editing di Vittorini si e' sempre scritto e parlato, ma latita una
documentazione effettiva. Nei paesi di cultura anglosassone sono gli
scrittori per primi a considerare l'intervento editoriale un segno di
investimento sul loro lavoro e una concreta opportunita' per migliorarlo. E'
noto che un editor leggendario, l'americano Maxwell Perkins, ebbe un ruolo
riconosciuto come essenziale dalle stesse storie letterarie nella revisione
dei romanzi di Thomas Wolfe, a partire dal primo, Look Homeward, Angel,
pubblicato da Scribner nel 1929, dopo mesi di massicci interventi sul
manoscritto realizzati sotto la direzione di Perkins. L'autore stesso, anni
dopo, racconto' l'avventura in un piccolo libro appassionante, The Story of
a Novel (tradotto in italiano, nel 1958, in un'altra delle collane che hanno
fatto la storia della nostra editoria, la Biblioteca delle Silerchie,
diretta da Giacomo Debenedetti per Il Saggiatore).
*
Interventi in extremis
Non sempre le cose vanno cosi'. Nemmeno in America. Lo scorso ottobre, sul
"New York Times", si raccontava di un duello tra gli eredi di Raymond Carver
che vorrebbero pubblicare, accanto a quella vulgata, la stesura originale
dei suoi racconti, prima che l'editor Gordon Lish operasse (soprattutto) di
forbici sul manoscritto, e l'editore Knopf, che si oppone all'operazione.
Ebbene, i libri editi da Aragno contengono documenti che alludono al
processo di revisione e rendono concreta testimonianza delle modalita' di
lavoro. Le due principali: indirizzo e consiglio agli autori perche'
intervengano personalmente; e intervento diretto, magari in extremis, su
sezioni circoscritte dei testi (in una lettera a Calvino, Vittorini chiede
di corsa: "Si fa ancora in tempo a correggere una cosa nel testo del libro
di Bonaviri?". E prescrive poi di tagliare una frase stonata, e di mutare il
sostantivo "agate" - per dire colpi d'ago - in "agugliate"). In altri casi i
documenti suscitano curiosita' che rimangono inevitabilmente insoddisfatte:
si allude spesso nelle lettere a un incontro tra lo scrittore e Vittorini.
Scopo: suggerimenti per revisionare il libro. E di solito nella lettera
successiva il volume e' in tipografia.
*
Il rispetto del revisore
Qualche aspetto del processo, e' vero, era gia' noto, grazie all'ultima
redazione, conservata presso l'Archivio Einaudi, di uno dei volumi piu'
fortunati dei Gettoni, Il sergente nella neve di Rigoni Stern. Si tratta di
un testo dattiloscritto sul quale Vittorini opero' tagli e riscritture.
Interventi anche significativi, analizzati con lente filologica, che
mostrano un metodo di editing solo all'apparenza invasivo, in realta'
rispettoso in profondo dei caratteri individuali di un testo, che e' compito
del revisore far emergere al meglio della loro incisivita'. Un'operazione
che presuppone un'interpretazione critica e che si realizza, almeno negli
esempi forniti dal Sergente nella neve, in un potenziamento dei caratteri
che il percorso critico ha evidenziato: "il risultato era, sempre, non un
appiattimento, per omogeneizzazione, ma un risultato di qualita', per
effetto di lievitazione d'identita'". Sono parole di uno che, con Vittorini,
ha lavorato a contatto strettissimo, Raffaele Crovi.
*
Postilla bibliografica: Tutti i compiti degli editori
Su Elio Vittorini editore, oltre ai volumi di Gian Carlo Ferretti, L'editore
Vittorini (Einaudi, 1992), e I risvolti dei Gettoni (a cura di Cesare De
Michelis, Scheiwiller, 1988), si possono leggere di Raffaele Crovi,
Vittorini libertino-illuminista, pubblicato nel numero 22 di "Autografo"
(1991) e Vittorini cavalcava la tigre. Ricordi, saggi e polemiche sullo
scrittore siciliano (Avagliano, 2006). Il saggio dedicato ai "Compiti
dell'editore letterario" compare nel volume di Sigfried Unseld, L'autore e
il suo editore (Adelphi, 1988). I risvolti di Adelphi sono raccolti nel
volume di Roberto Calasso, Cento lettere da uno sconosciuto (Adelphi, 2003).

7. STRUMENTI DI LAVORO. L'AGENDA DELL'ANTIMAFIA 2008
Uno strumento di lavoro che vivamente raccomandiamo: l'Agenda dell'antimafia
2008, Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, Palermo 2007,
euro 10. A cura di Anna Puglisi e Umberto Santino, edita dal Centro
Impastato con Addiopizzo, Cesvop, Comune di Gela, Consorzio Ulisse.
L'agenda puo' essere richiesta al Centro siciliano di documentazione
"Giuseppe Impastato", via Villa Sperlinga 15, 90144 Palermo, tel.
0916259789, fax: 0917301490, e-mail: csdgi at tin.it, sito:
www.centroimpastato.it

8. STRUMENTI DI LAVORO. L'AGENDA "GIORNI NONVIOLENTI" 2008
Dal 1994 ogni anno le Edizioni Qualevita pubblicano l'agenda "Giorni
nonviolenti" che nelle sue oltre 400 pagine offre spunti giornalieri di
riflessione tratti dagli scritti o dai discorsi di persone che alla
nonviolenza hanno dedicato una vita intera: ne risulta una sorta di
"antologia della nonviolenza" che ogni anno viene aggiornata e completamente
rinnovata. Uno strumento di lavoro che vivamente raccomandiamo.
Per richieste: Qualevita Edizioni, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi
(Aq), tel. e fax: 0864460006, cell. 3495843946, e-mail: info at qualevita.it,
sito: www.qualevita.it
Il costo di una copia di "Giorni nonviolenti" 2008 e' di 10 euro, sconti
progressivi per l'acquisto di un numero di copie maggiore.

9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

10. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 337 del 17 gennaio 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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