Minime. 332



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 332 del 12 gennaio 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Paolo Bergamaschi: Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'...
2. Giuliano Pontara: Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'...
3. Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta"
4. Ettore Masina: Non dimenticare le guerre "periferiche"
5. "Giovani e missione": Badshah Khan, il Gandhi dell'Islam
6. Marco Dotti presenta "Ricordare per dimenticare" di Vahram e Janine
Altounian
7. Stefano Gallerani intervista Fethiye Cetin
8. Emily Dickinson: Anche il giorno piu' lungo sulla terra
9. Riletture: Giovanni Capaccioni (a cura di), Uomini o immigrati?
10. Riletture: Angelo Negrini (a cura di), Migrazioni in Europa e formazione
interculturale
11. Riedizioni: Mario Almerighi, I banchieri di Dio
12. L'Agenda dell'antimafia 2008
13. L'agenda "Giorni nonviolenti" 2008
14. La "Carta" del Movimento Nonviolento
15. Per saperne di piu'

1. AMICIZIE. PAOLO BERGAMASCHI: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA" PERCHE'...
[Ringraziamo Paolo Bergamaschi (per contatti:
paolo.bergamaschi at europarl.europa.eu) per questo intervento.
Paolo Bergamaschi lavora alla Commissione esteri del Parlamento europeo, da
sempre impegnato nei movimenti ecopacifisti, amico della nonviolenza,
impegnato nel Movimento Nonviolento, esperto di politiche della difesa, gia'
amico e collaboratore di Alexander Langer; ma anche medico veterinario,
musicista e cantautore. Opere di Paolo Bergamaschi: Area di crisi. Guerre e
pace ai confini d'Europa, La meridiana, Molfetta (Bari) 2007]

Marciare per la pace e' indispensabile ma crescere nella pace lo e' ancora
di piu'.
Mi abbono, come faccio ormai da anni, perche' "Azione Nonviolenta" ci fa
crescere nel cammino.

2. AMICIZIE. GIULIANO PONTARA: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA" PERCHE'...
[Ringraziamo Giuliano Pontara (per contatti:
giuliano.pontara at philosophy.su.se) per questo intervento.
Giuliano Pontara e' uno dei massimi studiosi della nonviolenza a livello
internazionale, riproduciamo di seguito una breve notizia biografica gia'
apparsa in passato sul nostro notiziario (e nuovamente ringraziamo di tutto
cuore Giuliano Pontara per avercela messa a disposizione): "Giuliano Pontara
e' nato a Cles (Trento) il 7 settembre 1932. In seguito a forti dubbi sulla
eticita' del servizio militare, alla fine del 1952 lascia l'Italia per la
Svezia dove poi ha sempre vissuto. Ha insegnato Filosofia pratica per oltre
trent'anni all'Istituto di filosofia dell'Universita' di Stoccolma. E' in
pensione dal 1997. Negli ultimi quindici anni Pontara ha anche insegnato
come professore a contratto in varie universita' italiane tra cui Torino,
Siena, Cagliari, Padova, Bologna, Imperia, Trento. Pontara e' uno dei
fondatori della International University of Peoples' Institutions for Peace
(Iupip) - Universita' Internazionale delle Istituzioni dei Popoli per la
Pace (Unip), con sede a Rovereto (Tn), e dal 1994 al 2004 e' stato
coordinatore del Comitato scientifico della stessa e direttore dei corsi.
Dirige per le Edizioni Gruppo Abele la collana "Alternative", una serie di
agili libri sui grandi temi della pace. E' membro del Tribunale permanente
dei popoli fondato da Lelio Basso e in tale qualita' e' stato membro della
giuria nelle sessioni del Tribunale sulla violazione dei diritti in Tibet
(Strasburgo 1992), sul diritto di asilo in Europa (Berlino 1994), e sui
crimini di guerra nella ex Jugoslavia (sessioni di Berna 1995, come
presidente della giuria, e sessione di  Barcellona 1996). Pontara ha
pubblicato libri e saggi su una molteplicita' di temi di etica pratica e
teorica, metaetica  e filosofia politica. E' stato uno dei primi ad
introdurre in Italia la "Peace Research" e la conoscenza sistematica del
pensiero etico-politico del Mahatma Gandhi. Ha pubblicato in italiano,
inglese e svedese, ed alcuni dei suoi lavori sono stati tradotti in spagnolo
e francese. Tra i suoi lavori figurano: Etik, politik, revolution: en
inledning och ett stallningstagande (Etica, politica, rivoluzione: una
introduzione e una presa di posizione), in G. Pontara (a cura di), Etik,
Politik, Revolution, Bo Cavefors Forlag,  Staffanstorp  1971, 2 voll., vol.
I, pp. 11-70; Se il fine giustifichi i mezzi, Il Mulino, Bologna 1974; The
Concept of Violence, Journal of Peace Research , XV, 1, 1978, pp. 19-32;
Neocontrattualismo, socialismo e giustizia internazionale, in N. Bobbio, G.
Pontara, S. Veca, Crisi della democrazia e neocontrattualismo, Editori
Riuniti, Roma 1984, pp. 55-102; tr. spagnola, Crisis de la democracia,
Ariel, Barcelona 1985; Utilitaristerna, in Samhallsvetenskapens klassiker, a
cura di M. Bertilsson, B. Hansson, Studentlitteratur, Lund 1988, pp.
100-144; International Charity or International Justice?, in Democracy State
and Justice, ed. by. D. Sainsbury, Almqvist & Wiksell International,
Stockholm 1988, pp. 179-93; Filosofia pratica, Il Saggiatore, Milano 1988;
Antigone o Creonte. Etica e politica nell'era atomica, Editori Riuniti, Roma
1990; Etica e generazioni future, Laterza, Bari 1995; tr. spagnola, Etica y
generationes futuras, Ariel, Barcelona 1996; La personalita' nonviolenta,
Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996; Guerre, disobbedienza civile,
nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996; Breviario per un'etica
quotidiana, Pratiche, Milano 1998; Il pragmatico e il persuaso, Il Ponte,
LIV, n. 10, ottobre 1998, pp. 35-49; L'antibarbarie. La concezione
etico-politica di Gandhi e il XXI secolo, Ega, Torino 2006. E' autore delle
voci Gandhismo, Nonviolenza, Pace (ricerca scientifica sulla), Utilitarismo,
in Dizionario di politica, seconda edizione, Utet, Torino 1983, 1990 (poi
anche Tea, Milano 1990, 1992). E' pure autore delle voci Gandhi,
Non-violence, Violence, in Dictionnaire de philosophie morale, Presses
Universitaires de France, Paris 1996, seconda edizione 1998. Per Einaudi
Pontara ha curato una vasta silloge di scritti di Gandhi, Teoria e pratica
della nonviolenza, Einaudi, nuova edizione, Torino 1996, cui ha premesso un
ampio studio su Il pensiero etico-politico di Gandhi, pp. IX-CLXI". Una piu'
ampia bibliografia degli scritti di Giuliano Pontara aggiornata fino al 1999
(che comprende circa cento titoli), gia' apparsa nel n. 380 de "La
nonviolenza e' in cammino", abbiamo successivamente riprodotto nel n. 121 di
"Voci e volti della nonviolenza"]

Leggo regolarmente "Azione nonviolenta" e trovo sempre informazioni e
materiali assai interessanti; per me poi che abito all'estero e' una delle
fonti serie di informazione per quanto riguarda lo svolgersi dell'azione
nonviolenta e della rilessione sulla nonviolenza in Italia.
Sono profondamente grato a Mao Valpiana e al suo staff di molto validi
collaboratori per il lavoro che da anni fanno per mantenere in vita la
rivista creata da Aldo Capitini e della quale c'e' piu' bisogno che mai.

3. INDICAZIONI PRATICHE. PER ABBONARSI AD "AZIONE NONVIOLENTA"

"Azione nonviolenta" e' la rivista del Movimento Nonviolento, fondata da
Aldo Capitini nel 1964; e' un mensile di formazione, informazione e
dibattito sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo.
Redazione, direzione e amministrazione sono in via Spagna 8, 37123 Verona,
tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax 0458009212,
e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org
Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 29 euro sul ccp n. 10250363
intestato ad "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona. Oppure
bonifico bancario sullo stesso conto presso BancoPosta ABI 07601 - CAB
11700. Speificare nella causale "Abbonamento a 'Azione nonviolenta'".
E' possibile chiedere una copia omaggio della rivista, inviando una e-mail
all'indirizzo an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto "copia di 'Azione
nonviolenta'".

4. MAESTRI E COMPAGNI. ETTORE MASINA: NON DIMENTICARE LE GUERRE
"PERIFERICHE"
[Dal sito di Ettore Masina (www.ettoremasina.it) riprendiamo il seguente
articolo apparso sul mensile "Jesus" nel settembre 2007.
Ettore Masina, nato a Breno (Bs) il 4 settembre 1928, giornalista,
scrittore, fondatore della Rete Radie' Resch, gia' parlamentare, e' una
delle figure piu' vive della cultura e della prassi di pace. Sulle sue
esperienze e riflessioni si vedano innanzitutto i suoi tre libri
autobiografici: Diario di un cattolico errante. Fra santi, burocrati e
guerriglieri (Gamberetti, 1997); Il prevalente passato. Un'autobiografia in
cammino (Rubbettino, 2000); L'airone di Orbetello. Storia e storie di un
cattocomunista (Rubbettino, 2005). Tra gli altri suoi libri: Il Vangelo
secondo gli anonimi (Cittadella, 1969, tradotto in Brasile), Un passo nella
storia (Cittadella, 1974), Il ferro e il miele (Rusconi, tradotto in
serbo-croato), El Nido de Oro. Viaggio all'interno del terzo Mondo: Brasile,
Corno d'Africa, Nicaragua (Marietti, 1989), Un inverno al Sud. Cile,
Vietnam, Sudafrica, Palestina (Marietti, 1992), L'arcivescovo deve morire.
Monsignor Oscar Romero e il suo popolo (Edizioni cultura della pace, 1993
col titolo Oscar Romero, poi in nuova edizione nelle Edizioni Gruppo Abele,
1995), Comprare un santo (Camunia, 1994; O. G. E., 2006), Il volo del
passero (San Paolo, tradotto in greco), I gabbiani di Fringen (San Paolo,
1999), Il Vincere (San Paolo, 2002). Un piu' ampio profilo di Ettore Masina,
scritto generosamente da lui stesso per il nostro foglio, e' nel n. 418 de
"La nonviolenza e' in cammino"]

Vi sono momenti in cui mi pare che la storia abbia luoghi senza speranza.
Non parlo di quelli tanto enormi e minacciosi anche per l'Europa che la
cronaca non puo' non darne notizia: per quelli, i politici delle cosiddette
Grandi Potenze, sono almeno costretti a mostrare di occuparsene per non
perdere del tutto la faccia, se non l'hanno gia' del tutto perduta; il Medio
Oriente, naturalmente, e' la maggiore di queste desolazioni. Parlo, invece,
di regioni e di popoli che la geopolitica considera di "periferia", dunque
ininfluenti o quasi sull'assetto della Terra. "Privi di importanza", eppure
vi sono uomini donne e bambini inchiodati a sofferenze che non sono minori
di quelle della gente portata in tv. Ho conosciuto alcuni di questi luoghi e
capita che ne ritrovi il nome in qualche piccola notizia pubblicata su un
giornale, si direbbe, come riempitivo. Mi accade oggi per l'Ogaden, zona di
frontiera fra la Somalia e l'Etiopia. La notizia dice che un numero
incalcolabile di profughi non puo' essere soccorso dall'Unrwa, l'agenzia
dell'Onu, perche' le truppe etiopiche, da sempre in lotta con le popolazioni
somale della zona, impediscono ogni flusso di aiuti.
La capitale, per cosi' dire, dell'Ogaden si chiama Beled Weyn. Beled Weyn
vuol dire "Grande Citta'", in realta' e' un agglomerato di capanne e di
fatiscenti case in mattoni, in cui, secondo le piu' recenti fonti ufficiali,
vivono 20.000 persone. Vi giunsi nel febbraio del 1986. Un precario
armistizio era stato concordato fra Mogadiscio e Addis Abeba, capitali ben
piu' consistenti ma che qui parevano lontane anni-luce. Scrissi sul mio
diario: "Le autorita' locali dicono che in questa zona si accalcano ormai
215.000 profughi cacciati dai loro pascoli; mancano acqua, viveri e
combustibile per la cottura del cibo". Sono passati 21 anni, il dittatore
somalo Siad Barre e' fuggito, l'Etiopia ha nuovi dirigenti, la Somalia e'
implosa, l'esercito "regolare" di Mogadiscio si e' trasformato nell'Ogaden
in Fronte di Liberazione: ma l'Onu descrive la situazione dei miseri con le
stesse parole che io scrissi ventun anni fa...
Molte sono le ragioni della tragedia dell'Ogaden ma la principale e' quella
del commercio delle armi. Le industrie belliche di Stati Uniti, Cina,
Giappone ed altre "civili" nazioni fanno, anche in quella terra disperata,
lauti affari e percio' - spesso con la complicita' piu' o meno evidente dei
loro governi - attizzano i fuochi dei conflitti locali. Ventun anni fa vidi
bambini che avevano perso i piedi per essere saltati su mine di
fabbricazione italiana, imparzialmente vendute ai due eserciti.
La Terra e' piena di Ogaden; ma contro il commercio delle armi sembra
levarsi soltanto la voce del papa.

5. PROFILI. "GIOVANI E MISSIONE": BADSHAH KHAN, IL GANDHI DELL'ISLAM
[Dal sito www.giovaniemissione.it riprendiamo il seguente breve profilo.
Badshah Khan, nato nel 1890, deceduto nel 1988, un terzo della sua vita
passato in carcere sotto gli inglesi e sotto il nuovo stato pakistano; fu
leader nonviolento della lotta dei pathan ed e' ricordato come "il Gandhi
musulmano". Opere su Badshah Khan: Eknath Easwaran, Badshah Khan, il Gandhi
musulmano, Sonda, Torino 1990; Mukulika Banerjee, The Pathan Unarmed, New
Delhi, Oxford University Press, 2000]

Abdul Ghaffar Khan nasce nel 1890, da una ricca famiglia musulmana ad
Utmanzai, colonia inglese della Frontiera Orientale indiana. Il padre, un
fervente mussulmano, decide di far frequentare ai figli la scuola degli
inglesi. Terminato il periodo di formazione, Ghaffar non accetta di
arruolarsi nell'esercito e rinuncia ad essere ufficiale, perche' questo
significava servire gli inglesi che opprimevano il popolo.
Dopo la rinuncia continuo' i suoi studi in una scuola islamica e mentre il
fratello maggiore decise di proseguire gli studi a Londra lui, ascoltando le
suppliche della madre, decide di fermarsi e lavorare la terra, avvicinandosi
cosi' al popolo e alla povera gente.
Comincio' a fondare delle scuole, perche' era convinto che l'istruzione era
un obiettivo prioritario per un'autentica liberazione dei popoli, ma proprio
per questo non era ben visto. Piu' tardi viene a conoscenza dell'esperienza
di Gandhi e dei suoi insegnamenti e questo gli serve per continuare con piu'
impegno ed entusiasmo la sua azione. Piu' volte viene arrestato e condannato
per aver predicato la nonviolenza. L'esperienza lo porta a fondare un
esercito della nonviolenza la cui parola d'ordine era la liberta', il loro
scopo servire e le loro promesse quelle di astenersi dalla violenza e dal
cercare vendetta, di perdonare coloro che opprimono o trattano con
crudelta', di astenersi dal prendere parte a litigi e dal crearsi nemici.
Ghaffar diceva spesso che il popolo ha due obiettivi da raggiungere:
"Liberare il paese ma contemporaneamente nutrire l'affamato e vestire
l'ignudo".
Nel 1930 Badshah Khan viene di nuovo arrestato, perche' durante un discorso
aveva incitato ancora una volta la folla ad unirsi e a resistere
all'occupazione straniera. Lo stile di vita e la sua condotta lo resero in
tutta la regione famoso come il Gandhi della Frontiera Orientale. Piu' tardi
insieme al fratello andarono a visitare Gandhi che li invito' a restare.
Gandhi cosi' parlava dei due fratelli Khan: "Piu' conoscevo i fratelli Khan
e piu' mi sentivo attratto da loro. Mi colpiva la loro sincerita'
trasparente, la franchezza e l'estrema semplicita'. Capii anche che erano
giunti a credere nella verita' e nella nonviolenza non come politica, ma
come fede".
Nel 1940 la Lega musulmana sceglie di chiedere uno stato musulmano separato:
il futuro Pakistan. Ghaffar giura lealta' al Pakistan il 23 febbraio 1948 e
diviene capo del Partito popolare pakistano. Viene arrestato. L'esercito
nonviolento e' soppresso. Nel 1959 viene rilasciato in considerazione della
sua eta' e della salute. Ma sara' poco dopo di nuovo arrestato. Nel 1962 e'
nominato prigioniero dell'anno da Amnesty International e nel 1964 si reca
in Afghanistan. Nel 1971, dopo dieci anni di esilio, torna in Pakistan, dove
muore.
Il suo contributo all'umanita' e' stato prezioso in un mondo islamico spesso
dilaniato dalla violenza. Come Gandhi ha ricordato agli indiani la loro
tradizione, da tempo dimenticata, di verita' e nonviolenza, cosi' Ghaffar
Khan ha avuto il merito di ricordare il valore della "forza della verita'"
all'islam. La sua vita e' stata uno specchio perfetto dei profondi valori
dell'amore, della fede e del servizio disinteressato - valori che
appartengono anche al mondo islamico. Ha dimostrato con la sua stessa vita
che l'amore in azione, la nonviolenza, e' in stretto rapporto con l'Islam.
La sua vita e la sua opera diventano segno di speranza e un invito alla
tolleranza, al rispetto e a riconoscere i valori presenti anche in altre
religioni.
*
Scritti di Badshah Khan: Narang K.B.(a cura di), My Life and Struggle, Hind
Pocket Books, Delhi 1969.
Scritti su Badshah Khan: Eashwaran E., Badshah Khan. Il Gandhi musulmano,
Edizioni Sonda, Torino 1990.

6. LIBRI. MARCO DOTTI PRESENTA "RICORDARE PER DIMENTICARE" DI VAHRAM E
JANINE ALTOUNIAN
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 3 gennaio 2008, col titolo "Appunti dal
Grande Male degli Armeni" e il sommario "Il diario di Vahram Altounian
pubblicato da Donzelli con uno scritto della figlia Janine, nella traduzione
di Rossana Rossanda. Sottratto all'oblio per rendere comune 'la vergogna'
del padre, questo testo elementare funziona come una sorta di mappa
dell'esistenza, precisa nelle indicazioni geografiche e nei resoconti.
Integra il volume un commento di Manuela Fraire".
Marco Dotti e' saggista e redattore di Stampa Alternativa.
Vahram Altounian, nato a Bursa, in Turchia, nel 1915 viene deportato insieme
alla famiglia; dopo aver perso il padre, e' ospitato con la madre da un
arabo e riesce a sopravvivere; nel 1921 si rifugia in Francia, dove vivra'
fino alla sua morte.
Janine Altounian,  figlia di genitori armeni sopravvissuti al genocidio del
1915, prestigiosa intellettuale, studiosa di psicoanalisi e traduttrice, e'
responsabile della supervisione alla traduzione delle opere complete di
Sigmund Freud in francese.
Manuela Fraire, autorevole intellettuale, psicoanalista, una delle figure
piu' prestigiose del femminismo, e' autrice di numerosi saggi. Tra le opere
di Manuela Fraire: (a cura di), Lessico politico delle donne: teorie del
femminismo, Fondazione Elvira Badaracco, Franco Angeli, Milano 2002.
Rossana Rossanda e' nata a Pola nel 1924, allieva del filosofo Antonio
Banfi, antifascista, dirigente del Pci (fino alla radiazione nel 1969 per
aver dato vita alla rivista "Il Manifesto" su posizioni di sinistra), in
rapporto con le figure piu' vive della cultura contemporanea, fondatrice del
"Manifesto" (rivista prima, poi quotidiano) su cui tuttora scrive. Impegnata
da sempre nei movimenti, interviene costantemente sugli eventi di piu'
drammatica attualita' e sui temi politici, culturali, morali piu' urgenti.
Tra le opere di Rossana Rossanda: L'anno degli studenti, De Donato, Bari
1968; Le altre, Bompiani, Milano 1979; Un viaggio inutile, o della politica
come educazione sentimentale, Bompiani, Milano 1981; Anche per me. Donna,
persona, memoria, dal 1973 al 1986, Feltrinelli, Milano 1987; con Pietro
Ingrao et alii, Appuntamenti di fine secolo, Manifestolibri, Roma 1995; con
Filippo Gentiloni, La vita breve. Morte, resurrezione, immortalita',
Pratiche, Parma 1996; Note a margine, Bollati Boringhieri, Torino 1996; La
ragazza del secolo scorso, Einaudi, Torino 2005. Ma la maggior parte del
lavoro intellettuale, della testimonianza storica e morale, e della
riflessione e proposta culturale e politica di Rossana Rossanda e' tuttora
dispersa in articoli, saggi e interventi pubblicati in giornali e riviste]

Il manoscritto e' scarno, composto da note di viaggio o di spesa stilate con
grafia irregolare, su trentaquattro pagine di un quaderno scolastico.
Redatto in una variante del turco parlata dagli armeni vissuti nell'Anatolia
centrale prima della fuga e dell'esilio subiti a partire dal 1915, il diario
titolato Tutto quello che ho patito dal 1915 al 1919 di Vahram Altounian
mantiene le caratteristiche della testimonianza orale con i suoi spazi
vuoti, i suoi margini di silenzio e la sua assoluta convinzione che
"l'indimenticabile", anche quando taciuto, esiste.
Al di la' del mero valore documentario, la struttura del racconto orale
sottintesa dal diario di Altounian sembra funzionale tanto alla
memorizzazione di eventi traumatici presso un pubblico composto idealmente
da sopravvissuti, che dunque non hanno necessita' di essere persuasi circa
la veridicita' dei fatti narrati, quanto alla costruzione di un ambito di
comunicazione basato unicamente su accenni alla comune violenza subita.
Lingua e struttura del testo - precisa Krikor Beledian, il linguista che per
primo ne curo' la traduzione su "Les Temps Modernes" - fanno d'altronde
pensare che a scriverlo sia stato un giovane appena alfabetizzato e comunque
ancora sprovvisto di qualsiasi strumento o malizia letteraria.
*
Uno sterminio pianificato
Quasi dovesse servire da mappa esistenziale, preciso com'e' nelle
indicazioni geografiche e nei resoconti, il diario di Vahram Altounian
costituisce un eccezionale documento su cio' che gli armeni definiscono il
"Grande Male". Con queste parole - "Metz Yeghern" - le comunita' armene
della diaspora nominano infatti la deportazione e il genocidio condotti
contro il loro popolo dal governo dei Giovani Turchi, andato al potere dopo
il crollo dell'Impero Ottomano. Uno sterminio pianificato e silenzioso che
non doveva lasciare testimoni e in qualche modo ambiva a portare a termine
l'opera di persecuzione gia' iniziata, sul finire del XIX secolo, dai
funzionari dell'Impero con la complicita' di bande di curdi. In un appunto
al testo che l'editore Donzelli presenta ora al lettore italiano con il
titolo Ricordare per dimenticare (pp. 96, euro 11,50) - accompagnandolo con
il commento della figlia di Vahram, Janine Altounian e una preziosa
riflessione di Manuela Fraire dedicata all'Oblio della madre - si ricorda
che fra i metodi impiegati dalle autorita' competenti per rendere
"invisibile" la deportazione c'era quello di ammassare i deportati su
convogli ferroviari tenuti a debita distanza da tutti i grossi centri
abitati, per evitare di essere visti e ricordati. La pratica, che ricorda
tristemente i "treni neri" nazisti, e' indicativa della volonta' di non
lasciare tracce di se', non inscriversi in alcuna memoria e negarsi persino
come genocidio. A questo scopo, le forze dell'ordine addette alla
deportazioni venivano reclutate fra irregolari, per lo piu' malviventi
comuni, e la morte quando non inflitta direttamente doveva essere "favorita
con mezzi segreti", ossia con marce da un punto all'altro dell'Anatolia,
marce estenuanti che miravano a sfiancare i profughi, presto falcidiati
dagli stenti, dal tifo e dalla dissenteria.
*
Dopo il terrore
Vahram Altounian scrisse il suo diario nel 1921, probabilmente in seguito
all'ondata emotiva seguita agli attentati che il quindici marzo e il sei
dicembre di quell'anno, a Berlino e a Roma, costarono la vita all'ex
ministro degli Interni turco Talat e al gran visir Said Halim; ma il
quaderno rimase per molti anni chiuso in un cassetto confinato fra i segreti
personali e di famiglia. Un documento da dimenticare, anche se mai
dimenticato fino in fondo. Nel 1981 un commando dell'organizzazione "Alala"
fece irruzione nel consolato turco di Parigi prendendo venticinque ostaggi,
e fu solo allora che Janine Altounian trovo' la forza per affrontare "la
vergogna per me costituita dal dare alle stampe il diario di deportazione di
mio padre". Senza la disperata determinazione di quel gesto terroristico
"che alcuni armeni vivi osavano scandalosamente ostentare - scrive ancora
Altounian nella sua premessa - avrei vissuto quella decisione come una
profanazione dei morti".
Nel suo scritto Terrore e oblio. La letteratura come mezzo per salvare la
figura del padre, tradotto da Rossana Rossanda, Janine Altounian affronta
quella "memoria bianca" e quell'oblio apparente che, nel passaggio delle
generazioni, pur nel silenzio ha permesso la trasmissione di una forma di
ricordo "inconscio della catastrofe". Invertendo la prospettiva ricorrente
che vede nell'oblio un atto mancato, Janine Altounian - psicoanalista e
traduttrice francese delle opere di Freud - si propone di interrogare
l'oblio del dramma armeno e quel senso di spavento e terrore che sorgono "a
posteriori" e sono ben identificati dal termine "apres-coup" come atto
perfettamente riuscito anche se, avverte l'autrice, "riuscito in extremis".
Non rimozione, quindi, ma oblio dove le memorie e i ricordi dei
sopravvissuti non rimandano a uno spostamento da "una data area
dell'inconscio a un'altra", ma "proprio al 'non luogo' del terrore, dal
quale il soggetto si assenta per sopravvivere".
*
Localizzare per rimuovere
Indice di questo atteggiamento e' lo stesso clima di clandestinita',
determinato forse dal sentimento di essere sopravvissuti a qualcosa di
indecente da cui preservare madri e figli, in cui nei loro racconti i
protagonisti confinano l'esperienza del genocidio. Per Altounian si tratta
quindi - ed e' questo uno dei temi affrontati anche da Manuela Fraire nel
suo interessante contributo al volume - di continuare il lavoro del padre,
proprio la' dove il padre si era fermato, per sottrarre la vergogna a uno
spazio privato e riconsegnarla al mondo. In un percorso che va dalle
riflessioni di Michel de Certeau sulla scrittura come rito capace di
"esorcizzare la morte iscrivendola nel discorso", fino alle considerazioni
sulla morte del padre raccolte nel Primo uomo da Albert Camus o sul suicidio
della madre descritto da Peter Handke in Infelicita' senza desideri, Janine
Altounian affronta quell'inestricabile paradosso secondo cui soltanto cio'
che "e' stato 'localizzato' da qualche parte nel mondo dei vivi puo' essere
rimosso". Un paradosso tuttora presente nelle vicende e nei traumi degli
armeni costretti a vivere in un mondo dove le coordinate della loro storia
non sembrano esistere e, di conseguenza, anche il genocidio del 1915 non
risulta "inscritto" in alcuno spazio della memoria occidentale. Localizzare
e scrivere - suggerisce Altounian - sono allora le necessarie premesse per
ricordare e, forse, persino per dimenticare.

7. RIFLESSIONE. STEFANO GALLERANI INTERVISTA FETHIYE CETIN
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 3 gennaio 2008, col titolo "Intervista.
Nelle parole di Fethiye Cetin le voci tacitate di un genocidio" e il
sommario "Impegnata come avvocato nella difesa dei diritti delle minoranze,
solo tardivamente ha scoperto che la sua famiglia aveva origini armene.
Heranush. Mia nonna, e' il memoir di Cetin pubblicato da Alet, in cui si
ricostruisce la storia di diversi generi di vittime".
Stefano Gallerani e' critico letterario e giornalista culturale.
Fethiye Cetin e' avvocata e scrittrice, impegnata nella difesa dei diritti
umani, gia' perseguitata ed incarcerata per il suo impegno. Opere di Fethiye
Cetin: Heranush, mia nonna, Alet, 2007]

Tra la sua storia personale e il destino del popolo armeno, Fethiye Cetin ha
scoperto un nesso solo quando la nonna, Heranush, le ha confessato, poco
prima di morire, di essere l'unica superstite, insieme al fratello Horen, di
una famiglia sterminata nella repressione del 1915. Da anni Cetin e'
impegnata, in qualita' di avvocato, nella difesa dei diritti delle
minoranze, e recentemente ha deciso di scrivere un suo memoir, che ora Alet
pubblica con il titolo Heranush. Mia nonna (traduzione di Fabrizio Beltrami,
pp. 107, euro 12) aggiungendo cosi' un altro tassello alla ricostruzione di
un dramma tra i piu' a lungo trascurati del '900. "Sebbene ultimamente ci
siano stati tentativi di fare chiarezza, i dibattiti hanno continuato per lo
piu' a vertere sul numero dei morti, come se il problema delle stime - la
parte armena parla di un milione e mezzo di vittime mentre per i turchi la
cifra non supera le trecentomila - fosse piu' importante dell'immenso dolore
causato dal genocidio. Occupandomi di queste vicende - ci racconta nel corso
del nostro incontro a Roma - ho avvertito quanto sia preoccupante il
distacco dalle sorti della diaspora armena e ho dunque pensato che,
attraverso la storia di mia nonna, avrei potuto guadagnare all'attenzione le
sofferenze di tutte le vittime".
*
- Stefano Gallerani: Lei ritiene che il suo libro possa avere oltre a un
valore testimoniale anche una funzione sociale?
- Fethiye Cetin: Quello che piu' mi premeva, parlando alla coscienza di
ciascuno, era fare capire alcuni fatti storici, perche' solo attraverso la
ricostruzione di questi passaggi i turchi potranno riconciliarsi con il
proprio passato. Nel libro ci sono lettere con i nomi di bambini che sono
quasi tutti morti, ma tra loro ci sono anche Heranush e il fratello Horen,
che si sono salvati perche' due famiglie turche li presero con loro. Pur non
essendo morti fisicamente, dovettero cambiare identita', lingua e religione
e dunque scontarono una morte sociale. Per completare il percorso che
portera' alla costruzione di una nuova consapevolezza e' necessario
sostenere vigorosamente la tesi del meticciato contro le sempre piu'
crescenti tendenze nazionaliste.
*
- Stefano Gallerani: In cosa consiste, di preciso, questa tesi?
- Fethiye Cetin: Come testimonia l'esempio della mia famiglia, che solo in
un secondo momento ha scoperto di avere origini armene, il dato di partenza
e' l'inesistenza di una identita' etnica pura. Se i nazionalisti che
affermano di essere puri turchi riuscissero a vedere, nella loro, la
presenza di varie identita', non potrebbero piu' ragionare in termini di
purezza. Dopo aver letto il mio libro molte persone, in Turchia, hanno
cominciato a fare delle ricerche sulla storia della loro famiglia,
domandandosi se avessero un nonno o un bisnonno armeno. Quando si comincia a
pensare in questo modo non si puo' piu' essere nemici dell'altro. Lo scorso
anno, durante un incontro a Parigi, uno degli armeni francesi della diaspora
mi ha detto che da quel momento, qualsiasi cosa avesse detto un turco, prima
di giudicarlo si sarebbe domandato come avrebbe reagito se a parlare fosse
stato un armeno. In queste situazioni, le politiche dell'inimicizia
falliscono, cresce la volonta' di comprendere, e farsi comprendere.
*
- Stefano Gallerani: In questi anni, lei ha maturato un grande esperienza
sul piano della difesa dei diritti umani e civili, scontrandosi a piu'
riprese con le istituzioni. Si e' mai data una spiegazione circa il silenzio
del governo turco sui fatti del 1915?
- Fethiye Cetin: Purtroppo, bisogna prendere atto del fatto che lo Stato
turco non cambiera' atteggiamento in breve tempo. Inoltre, il clima nel
paese si e' inasprito perche', sebbene si sia aperta una discussione molto
importante e i cittadini abbiano cominciato ad interessarsi del genocidio,
di contro a questa presa di coscienza si sono accentuate le tendenze
nazionaliste. La storia ha dimostrato che quando monta un'onda simile e'
pressoche' impossibile arrestarla. Solo quando questi fatti saranno
apertamente condannati, allora si potra' sperare in una apertura da parte
del governo.
*
- Stefano Gallerani: Influiscono realmente, queste vicende, sul rapporto tra
l'Unione Europea e la Turchia?
- Fethiye Cetin: Certo, le pressioni perche' tante cose cambino sono molto
forti. Non soltanto c'e' la questione armena uscita definitivamente allo
scoperto, ma ci sono le rivendicazioni di altre minoranze presenti nel
paese, ad esempio quella curda. Rispetto a tutti questi problemi il governo
fa leva sulle paure delle persone, alimentando la tensione e sostenendo che
se si cedesse alle pressioni della comunita' europea - oppure, di volta in
volta, degli Stati Uniti o dei curdi stessi - si creerebbero ulteriori
spaccature nel paese: come se riconoscere l'identita' dell'altro implicasse
necessariamente perdere la propria. In questo panorama, sta guadagnando
consensi il sentimento nazionalista, complice anche quella parte dell'Europa
che non vuole includere la Turchia nella comunita'.

8. POESIA E VERITA'. EMILY DICKINSON: ANCHE IL GIORNO PIU' LUNGO SULLA TERRA
[Da Emily Dickinson, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1997, 2005, p. 1323
(e' la poesia n. 1328).
Emily Dickinson visse ad Amherst, Massachusetts, tra il 1830 e il 1886;
molte le edizioni delle sue poesie disponibili in italiano con testo
originale a fronte (tra cui quella integrale, a cura di Marisa Bulgheroni:
Emily Dickinson, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1997, 2005; ma vorremmo
segnalare anche almeno la fondamentale antologia curata da Guido Errante:
Emily Dickinson, Poesie, Mondadori, Milano 1956, poi Guanda, Parma 1975, e
Bompiani, Milano 1978; e la vasta silloge dei versi e dell'epistolario
curata da Margherita Guidacci: Emily Dickinson, Poesie e lettere, Sansoni,
Firenze 1961, Bompiani, Milano 1993, 2000); per un accostamento alla sua
figura e alla sua opera: Barbara Lanati, Vita di Emily Dickinson. L'alfabeto
dell'estasi, Feltrinelli, Milano 1998, 2000; Marisa Bulgheroni, Nei
sobborghi di un segreto. Vita di Emily Dickinson, Mondadori, Milano 2002]

Anche il giorno piu' lungo sulla terra
e' ridotto a ben poco
da un volto che scompare
dietro un drappo.

9. RILETTURE. GIOVANNI CAPACCIONI (A CURA DI): UOMINI O IMMIGRATI?
Giovanni Capaccioni (a cura di), Uomini o immigrati? Alfabeto
dell'immigrazione, Emi, Bologna 2001, pp. 176, euro 9,81. Un libro
introduttivo che propone alcune informazioni essenziali ed alcuni
riferimenti organizzativi e bibliografici utili. Per richieste alla casa
editrice: Emi, via di Corticella 179/4, 40128 Bologna, tel. 051326027, fax:
051327552, e-mail: sermis at emi.it, stampa at emi.it, ordini at emi.it, sito:
www.emi.it

10. RILETTURE. ANGELO NEGRINI (A CURA DI): MIGRAZIONI IN EUROPA E FORMAZIONE
INTERCULTURALE
Angelo Negrini (a cura di), Migrazioni in Europa e formazione
interculturale. L'educazione come rapporto tra identita' e alterita', Emi,
Bologna 1997, pp. 176, euro 9,30. Il volume presenta gli interventi del
colloquio internazionale tenutosi presso l'Universita' di Stoccarda il 26
ottobre 1996 per iniziativa dell'Astea (l'Ufficio per la formazione degli
adulti della diocesi di Rottenburg-Stoccarda). Con una presentazione del
curatore, interventi di Antonio Perotti, Guenter J. Friesehahn, Herbert
Babel, Maria Rosa Chicco Ferraro, Maura Lucci-Mudersbach, Marcella Gallo,
Maddalena Vitolo, Loretta Petti, Giuseppe Zavaglia, Diulio Zanibellato,
Giuseppe Tabbi', Graziano Priotto, Mauro Montanari, Otto Filtzinger,
Concetta Sirna, Angelo Negrini, Domenico Milani, Anne Christel Recknagel e
il testo del documento finale. Per richieste alla casa editrice: Emi, via di
Corticella 179/4, 40128 Bologna, tel. 051326027, fax: 051327552, e-mail:
sermis at emi.it, stampa at emi.it, ordini at emi.it, sito: www.emi.it

11. RIEDIZIONI. MARIO ALMERIGHI: I BANCHIERI DI DIO
Mario Almerighi, I banchieri di Dio. Il caso Calvi, Editori Runiti, Roma
2002, Nuova iniziativa editoriale (Editori Riuniti - L'Unita'), Roma 2007,
pp. 224, euro 6,90 (in supplemento al quotidiano "L'Unita'". Con una
prefazione di Marco Travaglio e una postfazione di Giuseppe Ferrara, il
volume riporto il testo dell'ordinanza - emessa dal giudice Mario Almerighi
nel 1997 - di custodia cautelare a carico di Pippo Calo' e di Flavio Carboni
per l'omicidio del banchiere Calvi, trovato impiccato nel 1982 a Londra. Un
documento di estremo interesse. Mario Almerighi, magistrato dal 1970, e'
stato presidente dell'Associazione nazionale magistrati, e' presidente della
Fondazione Sandro Pertini; ha pubblicato anche: (con Guido Alpa), Diritto e
ambiente, Cedam, Padova 1987; Petrolio e politica, Editori Riuniti, Roma
2006.

12. STRUMENTI DI LAVORO. L'AGENDA DELL'ANTIMAFIA 2008
Uno strumento di lavoro che vivamente raccomandiamo: l'Agenda dell'antimafia
2008, Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, Palermo 2007,
euro 10. A cura di Anna Puglisi e Umberto Santino, edita dal Centro
Impastato con Addiopizzo, Cesvop, Comune di Gela, Consorzio Ulisse.
L'agenda puo' essere richiesta al Centro siciliano di documentazione
"Giuseppe Impastato", via Villa Sperlinga 15, 90144 Palermo, tel.
0916259789, fax: 0917301490, e-mail: csdgi at tin.it, sito:
www.centroimpastato.it

13. STRUMENTI DI LAVORO. L'AGENDA "GIORNI NONVIOLENTI" 2008
Dal 1994 ogni anno le Edizioni Qualevita pubblicano l'agenda "Giorni
nonviolenti" che nelle sue oltre 400 pagine offre spunti giornalieri di
riflessione tratti dagli scritti o dai discorsi di persone che alla
nonviolenza hanno dedicato una vita intera: ne risulta una sorta di
"antologia della nonviolenza" che ogni anno viene aggiornata e completamente
rinnovata. Uno strumento di lavoro che vivamente raccomandiamo.
Per richieste: Qualevita Edizioni, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi
(Aq), tel. e fax: 0864460006, cell. 3495843946, e-mail: info at qualevita.it,
sito: www.qualevita.it
Il costo di una copia di "Giorni nonviolenti" 2008 e' di 10 euro, sconti
progressivi per l'acquisto di un numero di copie maggiore.

14. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

15. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 332 del 12 gennaio 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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