Voci e volti della nonviolenza. 104



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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 104 del 10 ottobre 2007

In questo numero:
Adriano Paolella e Zelinda Carloni: Un altro modo e' possibile (parte
seconda e conclusiva)

ADRIANO PAOLELLA E ZELINDA CARLONI: UN ALTRO MODO E' POSSIBILE (PARTE
SECONDA E CONCLUSIVA)
[Da "A. rivista anarchica", anno 37, n. 329, ottobre 2007, riprendiamo il
seguente dossier "Un altro modo e' possibile. Riflessioni sull'uso delle
merci",  a cura di Adriano Paolella e Zelinda Carloni, settimo inserto della
serie "Globalizzazione e ambiente. Idee per capire, vivere e opporsi al
nuovo modello di profitto"]

Un vestito usato
Il livello di spreco di un popolo si puo' desumere da quanto le merci che
esso butta sono ancora interessanti per altri.
In gran parte del mondo una moltitudine di persone setaccia le discariche
alla ricerca di cibo e merci utilizzabili.
Anche noi bisogna incominciare a cercare nelle nostre discariche. In primo
luogo in quelle di casa, evitando di buttare materiali ancora utilizzabili e
prima ancora di acquisire merci che gia' sappiamo non utilizzeremo a lungo.
In secondo luogo mettendoci nella condizione di essere disponibili all'uso
di merci che altri hanno buttato ma che rispondono alle nostre esigenze.
Queste non saranno forse esattamente uguali a quelle che avremmo comprato ma
adattarle alle nostre esigenze ed adattare le nostre esigenze ad esse fa
parte di una intelligenza operativa che ha caratterizzato da sempre l'agire
umano.
Armadi, specchi, automobili, libri, riviste, vestiti.
Nei numerosi mercatini domenicali affluiscono vestiti usati dei paesi piu'
ricchi di noi e di persone maggiormente avvezze allo spreco.
Maglioni, camice, calzoni nuovi o praticamente nuovi colpevoli di avere, al
massimo, piccole macchie asportabili, scuciture ricucibili, bottoni mancanti
sostituibili, minuscoli buchi rammendabili. Spesso merce di grande qualita'
che mantiene immutata la sua efficienza ma e' considerata importabile.
Forse e' opportuno tralasciare i mercati dei prodotti della nuova moda (chi
sa perche' la moda cambia di stagione in stagione?) e recuperare almeno
parzialmente mercati meno frenetici connotati da quella capacita' di
adattare e di adattarsi che rende minimo lo spreco.
Mantenere i proprio vestiti a lungo, comprare anche vestiti usati e usare le
merci smesse da altri.
E' difficile farlo? E' troppo da poveracci?
Eppure...
*
Condizionarsi l'aria
L'aria e' il primo bene comune degli uomini, indispensabile e uniformemente
diffuso su tutto il pianeta.
La disabitudine della nostra civilta' a provvedere con mezzi semplici alle
diverse condizioni poste all'uomo dal clima (scegliere abiti piu' idonei,
isolare adeguatamente le abitazioni, adattare i tempi del lavoro alle
condizioni esterne) e l'affidamento sempre piu' esteso alla tecnologia per
la risoluzione dei problemi, hanno fatto si' che anche l'aria, in qualche
modo, sia divenuta merce: riscaldata, raffreddata, depurata, in una parola:
condizionata.
Le temperature sono aumentate mediamente di pochissimo, un pochissimo
sufficiente ad alterare i sistemi naturali ma non ancora a danneggiare gli
uomini, specialmente quelli residenti nelle zone temperate.
L'aumento della temperatura ha fatto si' che in alcuni giorni dell'anno essa
sia pesante da sostenere. Ma questo disagio, in realta' riferito ad un
periodo brevissimo, ha indotto la collettivita' a ritenere che l'unica
soluzione sia l'installazione di impianti di condizionamento, che pero'
procedono a funzionare con il calendario, e non con il termometro. E si
assiste all'assurdo per cui, per entrare in un supermercato o in un negozio,
bisogna coprirsi, mentre fuori c'e' una temperatura invidiabilmente mite.
La presenza diffusa di questi impianti fa' si' che intere zone, luoghi e
strade prima vissute regolarmente, si siano trasformate in fornaci
insopportabili grazie alle emissioni dei condizionatori, che, notoriamente,
freddano dentro e scaldano fuori. Per di piu' la fornace e' rumorosissima e
niente affatto discreta visivamente.
La risposta ad un esteso disagio, ma ridotto nel tempo, invece di portare ad
una riduzione dei movimenti e quindi del lavoro e dei consumi, invece di
essere volta alla messa in opera di sistemi passivi, ambedue soluzioni che
riducono le emissioni e il riscaldamento globale, per difendersi in quei
pochi giorni, e' di acquisire apparecchi di condizionamento.
Milioni. Decine di milioni.
Ciascuno di questi rinfresca l'aria interna ma sputa fuori calore: consuma
energia ed aumenta l'effetto serra, cioe' il maggiore responsabile dei
disagi climatici.
Una risposta imbecille. Senza scusanti.
Rappresentazione del benessere fittizio individuale e menefreghista che
questo mercato produce.
Chiudere gli impianti di aria condizionata, ingegnarsi, per esempio, con
tende, vegetazione, aumento della coibentazione di pareti e superfici
vetrate per eliminare questa nuova e indotta sudditanza.
E' difficile farlo? Non riusciamo piu' ad adattarci al variare delle
condizioni ambientali?
Eppure...
*
Un amico coltivatore
Quando si mangia un pomodoro fa piacere sapere che esso e' stato coltivato
senza l'uso di sostanze chimiche dannose alla nostra salute, vicino al luogo
dove noi lo consumiamo, senza quindi essere trasportato con grande consumo
di energia, che e' stato coltivato senza sfruttare nessuno, che e' stato
colto al tempo giusto senza "svernare" nelle celle frigorifere o negli
impianti di maturazione a gas.
Fa piacere sapere che non e' stato pompato di acqua e di ormoni, che e'
cresciuto nel luogo adatto alla sua crescita usando l'energia del sole, non
forzato da serre ne' da impianti per l'anticipazione della maturazione. Fa
piacere mangiare un pomodoro nel tempo dei pomodori e fa piacere mangiare un
pomodoro che e' stato coltivato con cura sapendo che chi lo mangera' avra'
piacere a mangiarlo perche' riconoscera' la qualita' del lavoro svolto ed il
piacere che un pomodoro, quel pomodoro, sa dare alla nostra esistenza.
La merce pomodoro industrializzato questo non lo potra' mai garantire.
Essa al massimo ci assicurera' di non avvelenarci immediatamente ma non che
non abbia usato nei processi produttivi sostanze che con il tempo ci
danneggeranno. Tutto il resto e' estraneo al pomodoro industrializzato.
Allora per noi e' importante connettersi a chi direttamente produce per noi
con la qualita' che richiediamo e che solo conoscendoci egli potra'
garantirci.
Un amico che fa i pomodori.
Cercarli, sostenere le piccole produzioni. Fuori dal mercato
industrializzato, costruendo relazione dirette.
E' difficile farlo? Non abbiamo piu' il piacere di quel pomodoro?
Eppure...
*
Soldi da soldi
C'e' chi fa soldi sui soldi.
In una societa' di merci il denaro assume un'importanza smisurata. Il denaro
stesso diventa una merce e il guadagno maggiore e' il guadagno sul denaro.
Perche' investire nelle borse e cercare di arricchirsi con esse? Non da' un
senso di irrequietezza l'eventuale aumento dei capitali? Non ci viene in
mente che proprio a quei soldi possano corrispondere prelievi indiscriminati
di risorse, speculazioni scorrette con popolazioni, ed impoverimenti di
qualcun altro?
Per aumentare il totale del mercato hanno privatizzato e quindi immesso nel
mercato elettricita', acque, gas, petrolio, foreste, pascoli, proprieta'
comuni, tutti beni dell'umanita' prima che di chiunque altro e solo
attraverso di essi la quantita' delle transazioni e' aumentata. E poi e'
aumentata fittiziamente sull'aumento ottenuto.
Attraverso questo meccanismo si sono arricchiti i ricchi e impoveriti i
poveri, si sono svendute le risorse naturali e culturali, si e' speculato
sul benessere immettendo sul mercato quelli che erano servizi comuni.
Che ha a che fare con questo mondo un impiegato, un artigiano, un piccolo
imprenditore? Non lo governa, sa solo quello che alcuni vogliono che si
sappia e, attenzione, quando vogliono che si sappia. Che abbiamo a che fare
con questo mondo che si astrae dalle necessita' e dal piacere degli uomini
per traslare ogni interesse su un oggetto convenzionale come il denaro e che
pone a ragione fondante di ogni decisione la capacita' di produrre denaro?
Ma sono i ricchi a possedere il denaro e a produrre denaro con il denaro, ed
applicare questo unico parametro e' una iattura per tutta l'umanita'.
Ridurre il gioco sul denaro. Non utilizzare le carte di credito, ridurre i
servizi bancari, controllare dove vanno a finire i nostri soldi (per esempio
sarebbe bello che non finanziassero le armi e le guerre), porre i risparmi
in banca etica o in cooperative sociali, non speculare in borsa.
E' difficile farlo? Il nostro patrimonio finanziario ne trarrebbe nocumento?
Eppure...
*
La panacea delle norme
Nello scombinamento prodotto dalla grandezza e dalla penetrazione del
mercato unico e dalla stravolgente quantita' e tipologia di merci, di
azioni, di servizi in vendita, le norme divengono una panacea.
Si regolamenta tutto e gli utilizzatori sono garantiti dall'applicazione
delle norme.
Ma le norme possono essere sbagliate. In particolare quelle che riguardano
le merci sono sbagliate in quanto definite appositamente per garantire gli
interessi delle grandi compagnie.
Cosi', ad esempio, in campo alimentare il fatto che i cetriolini in salamoia
debbano tutti essere dritti e simili per peso e forma per rispondere alle
norme di qualita' europee ha tolto di mezzo i produttori non
industrializzati che non riescono a garantire quel livello di uguaglianza
tra i cetrioli. Cosi' il gelato artigianale, o il salame tagliato a mano, o
il famoso lardo di Colonnata (per cui e' stata cambiata la norma) sono tutte
merci fuori legge.
Le norme che afferiscono alle merci hanno favorito e favoriscono una visione
del mondo, industrializzata e omogenea, che elimina le tecniche locali e la
cultura produttiva sostituendo tutto con prodotti uguali, asettici, ma non
per questo salubri. In questo vengono favorite le grandi produzioni e il
modello praticato dalla concentrazione della produzione e dalla
distribuzione capillare dello stesso tipo di prodotto.
Questo apparato normativo non garantisce i cittadini. Bisogna dunque
controllare al di la' delle norme ed essere critici, diffidando,
comprendendo le motivazioni da cui le scelte normative sono derivate,
cercando di sostenere le merci che mantengono caratteri ambientali e sociali
corretti.
E' difficile farlo? E' un'ulteriore fatica?
Eppure...
*
Il mito del progresso
Nella nostra cultura contemporanea il mito del progresso esercita una grande
capacita' di attrazione.
Forse l'impulso dato dai movimenti sociali nati nell'Ottocento verso una
fiducia nelle armi del progresso per il miglioramento delle condizioni
dell'uomo (fiducia che a tratti si e' radicalizzata in fede), forse il
retaggio dell'Illuminismo che pragmaticamente si affida alla scienza e alla
tecnologia per preparare un futuro migliore per l'uomo, sono i motivi che
hanno fatto si' che la nostra societa' costruisse la sua immagine proiettata
nel futuro: tutto cio' che e' nuovo e' automaticamente buono, tutto cio' che
e' moderno e' di fatto migliore e preferibile all'antico.
Questo dogma, mai palesemente espresso ma del tutto implicito nel costume
sociale, fa si' che il mercato, che e' l'espressione principale della nostra
societa', si avvalga di continui e imprescindibili richiami al "nuovo", al
"moderno", al "tecnologicamente avanzato" per incrementare le vendite e i
consumi.
Il futuro, identificato con il progresso, viene anticipato anche come
immagine di riferimento, e la maggior parte delle persone sembra adeguarsi a
questa proiezione, cercando di somigliare a quella immagine, come se essa
fosse l'ineluttabile condizione del futuro. L'adeguamento passa, ovviamente,
per l'acquisizione di merci che di quella proiezione sono i tratti
identificanti. Sicche' ci si sente moderni e anticipatori del futuro se si
possiede l'ultimo modello tecnologico di una certa cosa. Sentirsi cosi'
equivale a sentirsi "adeguati". L'immagine del nostro futuro viene costruita
nei laboratori della pubblicita'.
Naturalmente non ci viene detto, per esempio, che l'ultimo modello di
televisore in realta' e' gia' ampiamente superato dalla tecnologia, e che
non ci daranno in pasto l'ultimo modello finche' tutti non avremo acquistato
quello gia' vecchio.
Potrebbe essere piu' interessante costruirci da soli la "nostra" immagine
del futuro, scoprire che potrebbe non somigliare per niente a quella della
pubblicita', scoprire che potrebbe essere infinitamente piu' bella e
affascinante.
Rifiutare di assomigliare agli androidi della pubblicita', sottrarsi alla
mercificazione, sottrarsi ai comportamenti teleguidati, scegliere un'altra
via in cui riconoscersi e riconoscere gli altri, esercitarsi ad inventare
quello che potremmo essere.
E' difficile farlo? E' talmente gratificante sentirsi adeguati al mondo che
ci propongono? E' quello il mondo futuro che vorremmo?
Eppure...
*
Eppure...
sembrano atti alla nostra portata. E lo sono. Piccole azioni quasi
quotidiane che potrebbero modificare le relazioni tra il sistema delle merci
e gli utilizzatori e quindi modificare il mercato con tutte le implicazioni
ambientali e sociali che cio' comporterebbe.
Il sistema di mercato e' il tallone d'Achille della nostra societa', il
punto di maggiore vulnerabilita'. Se i criteri che ci vengono proposti come
modelli sociali ci appaiono insostenibili, e' necessario pensare che la loro
modificazione non e' necessariamente affidata ad una titanica ricostituzione
di un modello diverso, ma potrebbe essere validamente e concretamente
avviata dall'acquisizione di comportamenti diversi dai previsti, e che
vadano ad incidere proprio sul lato "debole" della struttura: il mercato. E
riappropriarsi cosi' della dignita' delle proprie scelte e della liberta' di
compierle.
Per un gruppo di persone di un villaggio africano basta una capra per
modificare integralmente la propria esistenza, e non per un tempo
determinato ma per sempre. Forse per noi, abitanti dei paesi ricchi, non
basta cosi' poco, ma sicuramente abbiamo anche noi la nostra "capra" che
modifica il grande sistema in cui siamo inseriti e che oggi appare a molti
unico, insuperabile e come tale fagocitatore e senza alternative.
Oppure si ritiene che comunque ce la caveremo, che la specie umana, grazie
alla tecnologia, riuscira' a trovare soluzioni atte a farci continuare
questo cammino basato sullo sfruttamento insensato di uomini e natura, per
permettere a pochi privilegiati di continuare il proprio standard di vita?
E' possibile. Ma e' proprio questo cammino, indipendentemente dalle sue
possibilita', che si vuole evitare di percorrere, costituendo oggi, e non in
un imprecisato e sempre posticipato futuro, le condizioni per permettere la
vita (e non solo la nascita) delle persone.
E per fare questo non e' possibile delegare ad altri o al futuro il compito
ma bisogna divenire parte attiva attraverso il nostro corretto agire.
Vogliamo credere che si sia in molti a pensare che questo "modo" non e'
possibile, che non e' giusto, che non puo' essere condiviso. Per questo
abbiamo voluto con semplicita' riflettere criticamente sulla possibilita',
attraverso comportamenti piu' attenti, di non essere strumenti di sostegno
ad un modello che porta nel mondo miseria, sopraffazione, danni
all'ambiente, alle comunita' e alla salute.
Perche' non dovremmo esser attenti? Attenti come lo siamo stati per millenni
ai segnali della natura, attenti agli altri uomini, attenti ai luoghi.
Perche' oggi dovremmo deporre questa capacita' di discernimento ed
attenzione sulla quale abbiamo sviluppato la nostra intelligenza e la nostra
tecnica? Porre attenzione alle cose che si fanno, capirne il senso,
considerarne gli effetti, l'efficienza, la correttezza.
La correttezza rispetto ad alcuni criteri sulla base dei quali discernere
quello che e' congruo fare e quello che puo' essere evitato. Criteri sulla
base dei quali e' possibile esprimere un giudizio sui comportamenti.
Allora, ogni qual volta ci viene presentata una merce, sia essa nuova o
innovativa, sia essa necessaria o utile, le domande che bisogna porci sono:
qual e' il suo impatto nell'ambiente?
Riduce l'urto imposto alla natura e al territorio rispetto alla soluzione
precedentemente adottata? Quanto la sua fabbricazione, il suo uso, la sua
dismissione migliora le condizioni dell'ambiente rispetto a quelle attuali?
Quante persone fa lavorare?
Si e' ricorso a processi industrializzati a basso uso di manodopera? Se e'
una merce prodotta in grandissime quantita', quale e' stata l'incidenza del
lavoro umano e quanto sarebbe stato possibile trovare soluzioni alternative?
Quanti sono i beneficiari economici?
I profitti della produzione, distribuzione e commercializzazione sono
concentrati in pochi soggetti o sono distribuiti equamente nella comunita'?
Quanto esprime la cultura di una comunita'?
Quanta tecnica specifica e' conservata nella merce? Quanto l'oggetto
contribuisce a far permanere la conoscenza tecnica nella comunita' e la sua
autonomia produttiva?
Ben sapendo che i problemi maggiori del nostro pianeta sono collegati ad un
ambiente depredato, alterato e distrutto, alla mancanza di lavoro, alla
concentrazione dei profitti, al depauperamento culturale ed asservimento
delle comunita', se una merce ha un peso ambientale elevato, se la sua
produzione fa lavorare poche persone, se aumenta la concentrazione dei
profitti, se non esprime la cultura e la capacita' propria di una comunita'
non e' una merce che ci possa interessare.
Essa e' una merce che fa male, fa male ad altri uomini, induce poverta' e
asservimento, fa male all'ambiente, distruggendo gli ecosistemi, e proprio
per questo non va utilizzata.
E proprio in questo non utilizzo e' anche richiesto il nostro discernimento.
Un altro modo e' possibile.
*
Bibliografia
Sono inseriti i testi che principalmente forniscono indicazioni pratiche.
Tra questi si segnala Correggia M. (2007), la pubblicazione piu' recente che
raccoglie un elevato numero di indicazioni.
Bologna G., Gesualdi F., Piazza F., Saroldi A. (2000) Invito alla sobrieta'
felice, Emi, Bologna
Bonadonna F. (2001) Il nome del barbone, Deriveapprodi, Roma
Centro nuovo modello di sviluppo (1996) Boycott! Manuale del consumatore
etico, Emi, Bologna
Centro nuovo modello di sviluppo (2003) Guida al consumo critico, Emi,
Bologna
Centro nuovo modello di sviluppo (2006) Guida al vestire critico, Emi,
Bologna
Centro nuovo modello di sviluppo (2002) Guida al risparmio responsabile,
Emi, Bologna
Carlsson C. (a cura) (2003) Critical mass. L'uso sovversivo della
bicicletta, Feltrinelli, Milano
Correggia M. (2007) La rivoluzione dei dettagli. Manuale di ecoazioni
individuali e collettive, Feltrinelli, Milano
Da Re, M. (2004) Citta' senz'auto, Associazione centro di documentazione di
Pistoia
Dauncey G, Mazza P. (2003) Clima tempestoso. 101 soluzioni per ridurre
l'effetto serra, Franco Muzzio, Milano
Earthworks group, Wwf Italia (1991) 50 piccole cose che ognuno di noi puo'
fare per salvare il mondo, Leonardo Editore, Milano
Gesualdi F. (1999) Manuale per un consumo responsabile, Feltrinelli, Milano
Gesualdi F. (2004) Sobrieta', Feltrinelli, Milano
Holdgate M. (1997) From care to Action, Eatshan Publications, Londra
Latouche S. (2002) Il pensiero creativo contro l'economia dell'assurdo, Emi,
Bologna
Luppi P. (2006) Tutto da rifare, Terre di mezzo, Milano
Predine E., Colleart J.P., L'arte dell'orto a quadretti, Ed. agricole
Schibel K.L., Zamboni S. (2005) Citta' contro l'effetto serra, Edizioni
Ambiente, Milano
Schlumberger A. (2005) 50 piccole cose da fare per salvare il mondo e
risparmiare denaro, Apogeo
Schumacher E.F: (1998) Piccolo e' bello, Mondadori, Milano
Wuppertal Institut (1997) Futuro sostenibile, Emi, Bologna
Wwf Italia, Cittadinanza attiva (2004) La rivoluzione dell'efficienza:
misure ed azioni praticabili, Edicom, Roma
Wwf Italia, Cittadinanza attiva (2004) Ecoconsigli. I tuoi piccoli gesti
possono fare una grande differenza, Provincia di Torino
Wwf Italia, Enea (a cura) (2006) Risparmio ed efficienza energetica in casa,
Roma
*
Sitografia
Sono inseriti i siti specifici sui temi trattati. Altre informazioni possono
essere raccolte sui siti delle associazioni ed organizzazioni ambientaliste
o sociali nazionali.
www.bilancidigiustizia.it
www.retegas.it (Gruppi d'acquisto)
www.assobdm.it (Botteghe del mondo)
www.altroconsumo.it
www.acquistiverdi.it (Prodotti ecologici)
www.cnms.it (Centro nuovo modello di sviluppo)
www.cambieresti.net
www.occhiodelriciclone.com
www.carfree.com
www.criticalmass.it
www.chooseclimate.org
www.climatecare.org
www.ortidipace.it
www.biodiversita.info
*
Il presente fascicolo non si configura come un manuale ma come un insieme di
riflessioni. Esso quindi, pur sapendo quanto importante sia riportare
esperienze ed idee, non vuole dare indicazioni specifiche per non
assomigliare a quei manuali per il funzionamento degli elettrodomestici,
dove e' spiegato, spesso in maniera incomprensibile, assolutamente "tutto".
La manualistica indica gli esiti ma non fornisce gli elementi di stimolo
alla conduzione autonoma di una pratica; ed e' per questo che risulta cosi'
diffusa in societa' interessate ai prodotti piu' che agli uomini che li
praticano.
Un manuale di comportamento quotidiano appare ridurre le scelte individuali
ad una mera esecuzione di buone pratiche.
Si ritiene invece che il percorso del recupero di una logica comportamentale
passi attraverso la consapevolezza che e' atto interpretativo e quindi
creativo da cui scaturisce l'attuazione di una pratica.
Per recuperare tale carenza di informazioni specifiche si rimanda, con una
crediamo articolata bibliografia, a fonti che raccolgono esperienze di
indubbio interesse.
In realta' la denominazione "societa' dei consumi" non e' esatta per
indicare l'attuale modello auspicato e sostenuto dal mercato. Una
denominazione piu' appropriata potrebbe essere "societa' degli acquisti"
perche' le merci dopo essere acquisite non sono consumate, o "societa' dei
rifiuti" perche', anche nei processi di produzione, le quantita' dei rifiuti
sono enormemente piu' grandi di quelle delle merci e perche' le merci non
consumate divengono rapidissimamente rifiuti per lasciare spazio a nuove
merci.
*
Un altro modo e' possibile. Testi di Adriano Paolella e Zelinda Carloni
Supplemento al n. 329 (ottobre 2007) della rivista anarchica mensile "A",
direttrice responsabile Fausta Bizzozzero, registrazione al tribunale di
Milano n. 72 in data 24.2.1971, stampa e legatoria Sap s.n.c. (Vigano di
Gaggiano - Mi).
Editrice A, via Rovetta 27, 20127 Milano, tel. 022896627, fax: 0228001271,
e-mail: arivista at tin.it o anche edacoop at tin.it, conto corrente postale
12552204, conto corrente bancario n. 107397 presso Banca Etica, filiale di
Milano (abi 05018, cab 01600).

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 104 del 10 ottobre 2007

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