Minime. 175



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 175 dell'8 agosto 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Maria G. Di Rienzo: "Beati i miti". Una lettera di solidarieta'
2. Giuseppe Gozzini: Don Milani ieri e oggi
3. Ingmar Bergman
4. Jean Chesneaux
5. Il 9 agosto a Vicenza
6. Riletture: Paola Mancinelli: Cristianesimo senza sacrificio
7. La "Carta" del Movimento Nonviolento
8. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. MARIA G. DI RIENZO: "BEATI I MITI". UNA LETTERA DI
SOLIDARIETA'
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
questo intervento in solidarieta' con il comitato che si oppone alla
costruzione di un nuovo aeroporto nel Lazio e s'impegna per la riduzione del
trasporto aereo.
Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio;
prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice,
regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche
storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica
dell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delle
donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei
diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di
Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra
Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne
nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005. Un
piu' ampio profilo di Maria G. Di Rienzo in forma di intervista e' in
"Notizie minime della nonviolenza" n. 81]

Le emissioni degli aeroplani, in rapporto all'effetto serra, sono tra le
piu' devastanti e la tecnologia da essi impiegata viene definita tra le piu'
"sporche" di quelle relative alla mobilita'. Raramente pensiamo all'aria che
respiriamo (anche se si tratta di migliaia e migliaia di litri al giorno,
per ciascun individuo), ma la sua contaminazione interessa tutte le forme di
vita sulla Terra ed e' strettamente legata all'inquinamento di acqua e
suolo.
Un aereo che voli per mille chilometri con un centinaio di passeggeri a
bordo contribuisce per 87 tonnellate di gas all'effetto serra. Il che
significa che un altro pezzetto della sfera di ozono se ne va, e che un bel
po' di radiazioni in piu' raggiungono la superficie del pianeta distruggendo
sementi e la vita negli oceani.
Ripensare alle scelte che facciamo, come produttori e consumatori di energia
e beni, e considerare che le nostre azioni hanno impatto sulla salute di
tutto il pianeta non e' piu' un'opzione che si possa scegliere o meno,
magari sentendosi piu' "buoni" di altri: si tratta di una drammatica,
urgentissima necessita'. Sempre che noi si voglia sopravvivere, beninteso.
Se ci accontentiamo di registrare l'aumento di tumori fra amici e parenti
(avete notato che le persone afflitte dal male sono sempre piu' giovani?)
incrociando le dita, e di scuotere la testa perche' "sono sparite le mezze
stagioni", non andremo molto lontano.
*
So che i politici e gli amministratori vi parleranno di "bisogni": il
territorio ha bisogno di questo e quello, l'industria ha bisogno, e il
commercio ha bisogno. Si tratta di necessita' espresse in modo un po'
etereo, e dipingono di solito un orizzonte in cui gli esseri umani tendono a
svanire a favore di concetti astratti. Voi parlategli del vostro bisogno di
veder rispettati i basilari diritti umani nella vostra comunita'. La salute
e' uno di quelli. Usare la cartina di tornasole del rispetto dei diritti
umani consente di individuare con maggior chiarezza le necessita' delle
persone, favorisce la partecipazione e la trasparenza nei processi politici,
fa avanzare eguaglianza e benessere: fornisce parametri, che sanno dirci se
un'azione, una legge, un progetto siano accettabili o no.
Percio', che opzioni alternative ci sono ad un altro aeroporto di cui magari
le locali "realta' produttive" invocherebbero la presenza? Bene, se si
tratta di discutere affari che ne dite di una videoconferenza? E il treno e'
una scelta meno inquinante, per il trasporto di persone e merci. In piu',
passatemi una battuta, rispetto al velocissimo e spersonalizzato viaggio in
aereo, offre ancora la possibilita' di deliziose disavventure: ricordate il
film "A qualcuno piace caldo"?
*
Un'ultima cosa. Come gia' sapete (o avete intuito) io apprezzo sinceramente
ogni esortazione agli esseri umani ad essere davvero umani, e quindi per
esempio a ricordare che l'appartenenza alla Terra consiste di diritti e
doveri, di bilanciamento ed equilibrio e rispetto.
Un incoraggiamento di questo tipo viene secondo me dalle Beatitudini
(Matteo, 5, 5): "Beati i miti, poiche' essi erediteranno la Terra.". E'
ovvio che qui "ereditare" non significa il passaggio di possesso materiale
da una persona defunta ai suoi parenti o legatari. E trattandosi di
un'eredita' che riguarda la condizione dell'anima dell'umanita' in rapporto
al luogo in cui essa vive, non e' neppure una ricompensa ai "miti" per aver
sopportato tanto ed essersi presi tutti i calci dei prepotenti stando zitti
(qualcuno di voi l'ha pensato, questo, non e' vero?).
La ragione per cui saranno i miti ad ereditare la Terra e' che l'umilta' e'
un prerequisito per capirla, la Terra. Una creatura piena di arroganza e di
avidita' non e' in grado di farlo: non cerca conoscenza, perche' presume di
sapere gia' tutto. La persona mite e' invece abbastanza aperta per
percorrere la Terra in uno stato di ricettivita' e ricerca, per osservarne i
flussi di energia ed i cicli, e divenire conscia dell'interconnessione fra
tutte le forme di vita. L'ecologia, che studia tale interdipendenza, e' una
scienza che rimane costantemente permeabile ad una comprensione ulteriore e
piu' profonda delle relazioni fra viventi, ecosistemi, eccetera.
Io credo che troppo spesso pensiamo a "paradisi" dislocati a grandi distanze
spaziali o temporali senza curarci della Terra, e cioe' del Giardino che
abbiamo gia': che sia stato un atto della creazione divina a donarcelo o
semplicemente il disvelarsi dell'universo a se stesso, e' di dove viviamo e
di chi vive con noi che dovremmo aver cura.

2. MEMORIA. GIUSEPPE GOZZINI: DON MILANI IERI E OGGI
[Dal mensile diretto da Goffredo Fofi "Lo straniero", n. 86-87,
agosto-settembre 2007, riprendiamo il seguente articolo (disponibile anche
nel sito www.lostraniero.net).
Giuseppe Gozzini, una delle figure piu' vive della nonviolenza in Italia,
impegnato nel Mir e in tante iniziative di solidarieta', giurista; e' nato
nel 1936 a Cinisello Balsamo in una famiglia operaia (il padre era saldatore
alla Breda); negli anni di universita' frequenta la Corsia dei servi a
Milano e conosce padre Camillo De Piaz. Nel novembre del 1962, chiamato alle
armi, rifiuta di indossare la divisa militare: e' il primo obiettore
cattolico italiano; esplode, clamoroso, il "caso Gozzini": e' incarcerato e
processato, ma ne prendono le difese due preti toscani: padre Ernesto
Balducci, denunciato per un articolo apparso su "La Nazione", condannato in
Corte d'appello a otto mesi di reclusione (15 ottobre '63), sentenza poi
confermata in Cassazione (giugno '64) e don Lorenzo Milani, che diffonde una
Lettera aperta ai cappellani militari che sara' pubblicata su "Rinascita"
(citato in giudizio, don Milani e' assolto in primo grado il 17 febbraio
'66: dalla lettera e dagli atti del succesivo processo scaturira' un libro
fondamentale: L'obbedienza non e' piu' una virtu'); soltanto dieci anni
dopo, nel 1972, fu finalmente approvata la legge sull'obiezione di coscienza
al servizio militare. Uscito dal carcere nel 1963, si avvicina al gruppo dei
"Quaderni rossi" e quindi - negli anni in cui l'identita' di cattolico
coincide quasi sempre con quella di democristiano - Gozzini si presenta come
un cattolico di formazione marxista, come lo erano stati Felice Balbo o
Franco Rodano (gli amici di padre Camillo De Piaz). Convinto dell'importanza
della "nonviolenza di parte", s'impegna costantemente soprattutto nella
controinformazione di base, scrivendo e promuovendo - dal '68 a oggi -
iniziative editoriali per i movimenti, documentando, ad esempio,
l'opposizione alla guerra nel Vietnam degli obiettori americani. Dopo la
prima guerra del Golfo (1991) riprende i contatti in Italia con l'area
pacifista ed e' tra i fondatori della rivista "Guerre & pace". Tra le opere
di Giuseppe Gozzini: Appunti sulla naja, La Locusta, Vicenza 1965; (a cura
di), Sulla frontiera. Camillo De Piaz, la Resistenza, il Concilio e oltre,
Schewiller, Milano 2006.
Lorenzo Milani nacque a Firenze nel 1923, proveniente da una famiglia della
borghesia intellettuale, ordinato prete nel 1947. Opera dapprima a S. Donato
a Calenzano, ove realizza una scuola serale aperta a tutti i giovani di
estrazione popolare e proletaria, senza discriminazioni politiche. Viene poi
trasferito punitivamente a Barbiana nel 1954. Qui realizza l'esperienza
della sua scuola. Nel 1958 pubblica Esperienze pastorali, di cui la
gerarchia ecclesiastica ordinera' il ritiro dal commercio. Nel 1965 scrive
la lettera ai cappellani militari da cui derivera' il processo i cui atti
sono pubblicati ne L'obbedienza non e' piu' una virtu'. Muore dopo una lunga
malattia nel 1967; era appena uscita la Lettera a una professoressa della
scuola di Barbiana. L'educazione come pratica di liberazione, la scelta di
classe dalla parte degli oppressi, l'opposizione alla guerra, la denuncia
della scuola classista che discrimina i poveri: sono alcuni dei temi su cui
la lezione di don Milani resta di grande valore. Opere di Lorenzo Milani e
della scuola di Barbiana: Esperienze pastorali, L'obbedienza non e' piu' una
virtu', Lettera a una professoressa, pubblicate tutte presso la Libreria
Editrice Fiorentina (Lef). Postume sono state pubblicate le raccolte di
Lettere di don Lorenzo Milani priore di Barbiana, Mondadori; le Lettere alla
mamma, Mondadori; e sempre delle lettere alla madre l'edizione critica,
integrale e annotata, Alla mamma. Lettere 1943-1967, Marietti. Altri testi
sono apparsi sparsamente in volumi di diversi autori. La casa editrice
Stampa Alternativa ha meritoriamente effettuato nell'ultimo decennio la
ripubblicazione di vari testi milaniani in edizioni ultraeconomiche e
criticamente curate. La Emi ha recentemente pubblicato, a cura di Giorgio
Pecorini, lettere, appunti e carte varie inedite di don Lorenzo Milani nel
volume I care ancora. Altri testi ha pubblicato ancora la Lef. Opere su
Lorenzo Milani: sono ormai numerose; fondamentali sono: Neera Fallaci, Vita
del prete Lorenzo Milani. Dalla parte dell'ultimo, Rizzoli, Milano 1993;
Giorgio Pecorini, Don Milani! Chi era costui?, Baldini & Castoldi, Milano
1996; Mario Lancisi (a cura di), Don Lorenzo Milani: dibattito aperto,
Borla, Roma 1979; Ernesto Balducci, L'insegnamento di don Lorenzo Milani,
Laterza, Roma-Bari 1995; Gianfranco Riccioni, La stampa e don Milani, Lef,
Firenze 1974; Antonio Schina (a cura di), Don Milani, Centro di
documentazione di Pistoia, 1993. Segnaliamo anche l'interessante fascicolo
monografico di "Azione nonviolenta" del giugno 1997. Segnaliamo anche il
fascicolo Don Lorenzo Milani, maestro di liberta', supplemento a "Conquiste
del lavoro", n. 50 del 1987. Tra i testi apparsi di recente: il testo su don
Milani di Michele Ranchetti nel suo libro Gli ultimi preti, Edizioni cultura
della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1997; David Maria Turoldo, Il mio
amico don Milani, Servitium, Sotto il Monte (Bg) 1997; Liana Fiorani, Don
Milani tra storia e attualita', Lef, Firenze 1997, poi Centro don Milani,
Firenze 1999; AA. VV., Rileggiamo don Lorenzo Milani a trenta anni dalla sua
morte, Comune di Rubano 1998; Centro documentazione don Lorenzo Milani e
scuola di Barbiana, Progetto Lorenzo Milani: il maestro, Firenze 1998; Liana
Fiorani, Dediche a don Milani, Qualevita, Torre dei Nolfi (Aq) 2001; Edoardo
Martinelli, Pedagogia dell'aderenza, Polaris, Vicchio di Mugello (Fi) 2002;
Marco Moraccini (a cura di), Scritti su Lorenzo Milani. Una antologia
critica, Il Grandevetro - Jaca Book, Santa Croce sull'Arno (Pi) - Milano
2002]

"Giovedi' prossimo (20 dic.) ci sara' a Firenze davanti al Trib. militare il
processo del giovane cattolico milanese Giuseppe Gozzini obiettore. Se sara'
condannato e' fissato che i nonviolenti fiorentini digiuneranno in piazza
Duomo per tutto il giorno di Natale. Sono favorevolissimo alla
manifestazione per molti motivi. Non ho mai partecipato alle marce della
pace perche' non appare chiara la loro utilita'. Ma qui invece appare. C'e'
l'immediatezza della cosa. C'e' che e' cattolico. Una rarita' tra gli
obiettori che son tutti protestanti. E loro sono assistiti dalla
solidarieta' della loro chiesa. Giuseppe no. Poi c'e' la difficolta' per
ognuno di lasciare il pranzo familiare il giorno di Natale. Insomma a me
pare molto sana cosa e ho intenzione di andarci con tutti i ragazzi che
vorranno (di San Donato e di qui). Purtroppo non potro' esserci prima di
mezzogiorno perche' ho da dire le Messe. Comunque la notizia della mia
partecipazione e' segretissima perche' non voglio che mi arrivi la
proibizione prima del fatto. Ti prego di fare tutto quello che puoi per
sensibilizzare i tuoi colleghi dell'avvenimento...".
Cosi' scriveva don Milani al giornalista Giorgio Pecorini il 17 dicembre
1962 e aggiungeva di chiedere conferma della manifestazione ad Alberto
L'Abate oppure alla Corsia dei Servi a Milano specificando che "Gozzini esce
da quell'ambiente".
*
Ero in galera alla Fortezza da Basso gia' da un paio di mesi e quindi
aspettavo con ansia l'udienza del 20 dicembre ma il processo fu rinviato
all'11 gennaio e la manifestazione, di cui parla don Milani, non ci fu.
Stando "dentro", di quel che avveniva "fuori" sapevo quel poco che mi aveva
detto il prete operaio don Bruno Borghi, venuto a trovarmi in carcere. Nella
Firenze di La Pira la gente comune si appassionava al caso dell'obiettore
cattolico e ne parlava per le strade, nelle chiese, nei bar.
Infatti la mia futura moglie, venendo da Milano, alla fermata del tram
chiede dov'e' la Fortezza da Basso: "Ah, dov'e' rinchiuso l'obiettore...",
le rispondono subito. "Si', io vado proprio da lui!". E c'era chi voleva
accompagnarla: "Gli dica che io (nome e cognome) sono d'accordo!". Del resto
anche padre Balducci mi ha raccontato che a sollecitarlo a "prendere
posizione" sono stati gli operai della Galileo, che sono andati a trovarlo
per dirgli: "Ma qui non si fa nulla?". Era un'Italia in cui le idee
contavano piu' delle chiacchiere.
Per farla breve, il processo, che i piu' avveduti delle alte sfere
politico-militari avrebbero voluto evitare, si concluse con una condanna a
sei mesi senza condizionale: il "caso Gozzini" ebbe una risonanza enorme
grazie soprattutto agli interventi autorevoli di padre Ernesto Balducci e di
don Lorenzo Milani, che hanno pagato di persona ben piu' di me per la loro
coraggiosa solidarieta' (denuncie e ostracismi, processi e condanne).
*
Due giorni dopo la mia condanna (13 gennaio 1963) padre Balducci pubblica un
articolo sul quotidiano "Il Giornale del Mattino" di Firenze sostenendo la
legittimita' dell'obiezione di coscienza. Denunciato da tre cittadini
zelanti viene processato e assolto in primo grado (7 marzo) ma condannato in
appello (14 ottobre) a otto mesi con la condizionale per apologia di reato.
L'anno dopo (primo giugno 1964) la condanna diventa definitiva con una
sentenza della Cassazione. In una lettera dell'ottobre 1964, scritta con don
Bruno Borghi e indirizzata ai sacerdoti della diocesi fiorentina, don Milani
prende le difese di padre Balducci "maestro di ineccepibile dottrina e
rettitudine".
Ormai l'obiezione di coscienza in Italia non e' piu' la stessa e dilaga
anche fra i cattolici (solo nel 1972 sara' regolata da una legge) mentre
continuano le polemiche. Non stupisce quindi il rigurgito patriottico dei
cappellani militari in congedo della Toscana con il loro comunicato del 12
febbraio 1965. Cio' che fa andare su tutte le furie don Milani e' la frase
conclusiva del comunicato: "Consideriamo un insulto alla Patria e ai suoi
caduti la cosiddetta 'obiezione di coscienza' che, estranea al comandamento
cristiano dell'amore, e' espressione di vilta'". Non ci sta a considerare
dei vigliacchi gli obiettori di coscienza e scrive con i suoi ragazzi la
ormai famosa "Lettera ai cappellani militari" che e' il testo
antimilitarista piu' argomentato e convincente che io abbia mai letto.
Distribuita come un volantino a livello di base e mandata a tutti i
quotidiani e periodici, la pubblica finalmente il settimanale comunista
"Rinascita" sul numero del 6 marzo 1965. Passano appena dieci giorni e don
Milani, denunciato da un gruppo di ex combattenti, finisce diretto in
Tribunale (16 marzo).
Nel frattempo riceve decine di lettere anonime piene di insulti, oscenita' e
minacce, spesso sottoscritte con la svastica e col fascio. Risponde a un
generale (lettera del 23 novembre 1965) che gli "ha dato di ipocrita, pazzo,
ignorante mascalzone, disfattista e traditore, e lo ha fatto su un
giornale". Un settimanale romano di estrema destra, "Lo Specchio", per
infangare don Milani "prete rosso", pubblica addirittura (21 marzo 1965) una
finta intervista (l'inviato, che non era stato ricevuto alla scuola di
Barbiana, si era inventato tutto).
E figurarsi se poteva stare zitto il cardinale di Firenze Ermenegildo Florit
che gli manda una lunga lettera (8 marzo 1965) che termina cosi': "Pertanto
la invito a sottopormi, a partire da questo momento in ogni caso, ogni
eventuale suo scritto, prima di dargli pubblicita' in qualsiasi modo.
Consideri la presente come una precisa prescrizione. Qualora ella avesse a
contravvenirvi, sappia che mi riservo, occorrendo, di sospenderla a
divinis...".
*
Io invece mi riservavo sempre di andare a trovare don Milani e non l'ho mai
fatto. Tanti, che "salivano" a Barbiana, mi parlavano di lui come di un mio
amico. E lo era anche se - incredibile ma vero! - non ci siamo mai
incontrati. Ecco che cosa mi scrive a proposito della "Lettera ai cappellani
militari" quando stava per "esplodere" sul settimanale "Rinascita":
"Barbiana, 5.3.1965
Caro Giuseppe,
la tua lettera mi ha fatto molto piacere anche perche' porto il rimorso che
al tempo della tua detenzione a Firenze e del processo, non mi ricordo
perche', non mi feci vivo. Si lesse pero' la tua lettera a tavola e si
progetto' di far tante cose che poi non si fecero. Comunque scusami.
Naturalmente ho piacere che la mia lettera abbia la massima diffusione e
puoi stamparla dove vuoi sia nella rivista che nel libro. Caso mai leva la
parola 'canonizzato' a proposito del Papa perche' qualcuno mi ha detto che
la frase non e' di Pio X ma di Benedetto non so quanto. In questo momento
non so dove andare a controllarlo. Fra noi ti diro' che la mia preparazione
storica non e' profonda come appare dalla lettera. Quando insieme ai ragazzi
si ando' a contare le guerre d'aggressione, non mi ricordavo nemmen bene
qual'era la II e quale la III guerra di indipendenza. Fruga fruga s'e'
trovato il materiale che faceva comodo!
Oggi su Rinascita c'e' il testo completo della mia lettera e di quella del
Borghi.
Le copie te le mandero' domani perche' le prime mi son sparite in pochi
giorni. Ne ho gia' ordinate altre 5000 e domani mi arrivano. Il tipografo e'
un mio figliolo e la stampa non mi costa nulla.
I ragazzi e io speriamo di vederti presto qui.
Un abbraccio affettuoso da tutti noi, tuo Lorenzo".
*
Non ricordo proprio che cosa io gli avevo scritto ma certo lui mi aveva
mandato in anteprima copia della "Lettera ai cappellani militari".
Don Milani lo conoscevo per "Esperienze pastorali", un libro che mi aveva
sconvolto. Nel 1958, appena uscito, il Sant'Uffizio aveva ordinato di
ritirarlo dal commercio ma alla Corsia dei Servi di Milano lo si vendeva
sottobanco. Don Milani era dunque uno dei miei grandi maestri della stagione
preconciliare.
Dopo l'obiezione di coscienza ci scrivevamo qualche volta ma non ricordo chi
ha cominciato ne' che cosa ci dicevamo. Alcune delle sue lettere le ho
perse, altre le ho date (dopo aver fatto fotocopia) a chi me le chiedeva per
la pubblicazione. Non mi risulta che qualcuna sia stata pubblicata. Ho
ritrovato, dopo molto scartabellare, la fotocopia di due lettere che mi
risultano inedite: quella sopra e quest'altra di parecchi mesi dopo che
riguarda una prima edizione di "L'obbedienza non e' piu' una virtu'" per la
distribuzione di base, quella in cui don Milani mi coinvolgeva sempre. Il
mio rapporto con lui non era intellettuale ma di "cose", di possibili azioni
in comune:
"Barbiana, 5.11.1965
Caro Gozzini,
grazie di tutto. Vorrei ora che te e altri amici vi dedicaste a diffondere
migliaia di copie dei tre documenti (comunicato, lettera incriminata,
lettera ai giudici) davanti alle scuole e davanti alle fabbriche. Che io
sappia nessun giornale milanese aveva il testo completo. Spero di farne
un'edizione molto economica essendo i piombi del Ponte (che non mi costano
nulla) in mano a un mlo figliolo che ha una piccola tipografia. Se vi
interessa averne potete telefonare a lui (...) o scrivere a me.
Saluti affettuosi, Lorenzo".
*
Naturalmente in quel periodo mi sono dato molto da fare per diffondere
"L'obbedienza non e' piu' una virtu'". Era - come scriveva don Milani - una
"parola dura, affilata, che spezzi e ferisca, cioe' una parola concreta"
quella che piu' ci univa. Impossibilitato a presentarsi al Tribunale di Roma
per l'aggravarsi della malattia che lo stava divorando, don Milani scrive
insieme ai suoi ragazzi la "Lettera ai giudici": e' un documento di
autodifesa che gli consente di divulgare le sue idee senza passare per la
censura preventiva del Cardinale di Firenze e senza essere cooptato dalla
stampa di sinistra com'era avvenuto con "Rinascita".
Rispetto alla prima "incriminata", scritta in pochi giorni, questa seconda
lettera e' molto piu' dura, volutamente piu' "incriminabile", un incitamento
esplicito alla disobbedienza. Va piu' a fondo e ci hanno messo un mese e
mezzo per scriverla. Ma - dice don Milani - questa volta "abbiamo
orchestrato la simpatia della stampa, premendo con tutte le amicizie
possibili e immaginabili in tutti i campi, su tutti i giornali..." perche'
il documento fosse presentato e letto "senza prevenzioni". Risultato: una
sola lettera anonima, accoglienza serena e ragionata da parte della stampa e
dei lettori, anche quelli dissenzienti.
Mentre la prima lettera "incriminata" passava in rassegna oltre un secolo di
guerre ponendo la domanda: "i soldati dovevano obbedire o obiettare?", la
"Lettera ai giudici" scavalca l'obiezione di coscienza al servizio militare
per incitare alla disobbedienza alle leggi ingiuste. La scuola, sostiene don
Milani, e' diversa dal tribunale perche' "siede tra il passato e il futuro e
deve averli presenti entrambi". I ragazzi, oltre al senso della legalita',
devono possedere anche "la volonta' di leggi migliori, cioe' il senso
politico". Il rispetto per la legge deve essere "costruttivo", cioe' - se e'
ingiusta - ci si deve battere perche' sia cambiata. La leva ufficiale e' il
voto. La Costituzione gli affianca anche la leva dello sciopero.
Ma "quando e' l'ora non c'e' scuola piu' grande che pagare di persona
un'obiezione di coscienza. Cioe' violare la legge di cui si ha coscienza che
e' cattiva e accettare la pena che essa prevede". Con la piu' assoluta
mancanza di prudenza don Milani aggiunge che bisogna "avere il coraggio di
dire ai giovani che essi sono tutti sovrani, per cui l'obbedienza non e'
ormai piu' una virtu', ma la piu' subdola delle tentazioni".
Per don Milani l'obiezione di coscienza al servizio militare e' solo una
delle forme di disobbedienza e nemmeno la piu' importante. Su questo ci
capivamo benissimo. E infatti, tre anni prima, riprendendo un'affermazione
di Capitini, scrivevo dal carcere: "ogni volta che un uomo rifiuta di
diventare complice di una situazione ingiusta, di eseguire comandi o
compiere azioni contrarie ai suoi principi, si ha obiezione di coscienza".
In questo senso obiettori lo si e' nella vita, nella scuola, sul lavoro, in
famiglia, nei rapporti sociali, nell'attivita' politica.
*
La "Lettera ai giudici", a differenza della prima "incriminata", registra un
solo incidente dopo la pubblicazione. Un'agenzia di stampa fascista (agenzia
Dies, 24 ottobre 1965), poco prima dell'inizio del processo (30 ottobre),
diffonde una notizia che mette in allarme il cardinale Ermenegildo Florit.
Il Pci starebbe raccogliendo fondi a favore di don Milani. E' una bufala,
una notizia inventata di sana pianta, ma intanto don Milani deve di nuovo
difendersi di fronte al suo vescovo che continuamente gli rimprovera lo
"spirito classista".
Da buon anticomunista il cardinale fiorentino presagiva quel che di li' a
poco sarebbe diventato don Milani per le nuove generazioni. A poco piu' di
sei mesi dalla morte (giugno '67), don Milani e' gia' presente in
quell'incipit fulminante di "Contro l'Universita'", l'articolo di Guido
Viale, apparso sui "Quaderni piacentini" (febbraio '68): "Il primo compito
del movimento studentesco e' operare delle distinzioni di classe all'interno
della popolazione scolastica...". Non ha importanza che Viale abbia o no
letto gli scritti di don Milani. E' importante che proprio il rifiuto
dell'interclassismo, presente in tutte le sue lettere, sia una delle ragioni
del successo di don Milani.
Ma chissa' quante arrabbiature avrebbe preso lui di fronte ai biechi
travisamenti e alle comode strumentalizzazioni della sua opera. La scelta di
classe di don Milani riguarda non il proletariato ma i poveri del mondo
contadino, e' di ordine religioso non politico, e' radicata nel Vangelo non
nel Capitale. Certo rimane il fatto che non ho visto nessun altro prete
(forse il primo don Zeno) cosi' duramente schierato contro i ricchi. E cosi'
ostile a una mentalita' passivamente concordataria. La sua e' una
disobbedienza alla cultura borghese e al "disordine costituito". E volendola
inculcare nei "giovani sovrani" (invece che sudditi), dice "che essi
dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini da osservarle quando
sono giuste (cioe' quando sono la forza del debole). Quando invece vedranno
che non sono giuste (cioe' quando sanzionano il sopruso del forte) essi
dovranno battersi perche' siano cambiate" ("Lettera ai giudici").
*
Su questo non avevamo bisogno di molte parole per intenderci. Eppure oggi a
distanza di oltre 40 anni, mi pongo due domande.
La prima: perche' non ho fatto nulla per incontrare don Milani?
Pensavo che mi volesse bene e mi bastava. Al di la' delle difficolta'
contingenti, mi intimidiva la radicalita' delle sue scelte di vita - povero
con i poveri (la sua patria!) - con una coerenza pari all'intransigenza
verso se stesso. Se ben ricordo, in una delle sue lettere mi diceva che non
sopportava le umiliazioni inflitte ai poveri e si domandava come mai con
tanta ingiustizia che c'era in giro, c'erano cosi' pochi cattolici in
prigione. Lasciando perdere le motivazioni psicologiche cretine - una sorta
di pudore, senso di colpa eccetera - il "mio" don Milani, soprattutto dopo
il 1965, e' un uomo malato, per la maggior parte del tempo coricato a letto
(all'ospedale, a Barbiana o in casa della madre a Firenze), che dal letto
continua a "fare scuola", a scrivere, ad arrabbiarsi, cioe' a pensare agli
altri mentre il dolore fisico lo costringerebbe a pensare a se stesso. E' un
uomo "fuori misura", che non corrisponde fra l'altro a nessun modello di
prete, cosi' vicino eppur cosi' irraggiungibile, che per un po' lo rincorri
ma poi ti manca il fiato e ti basta non perderlo di vista e sei felice
sapendo che c'e'.
La seconda domanda (ancor piu' seria): perche' questa e' la prima volta che
scrivo di lui?
A parte che nessuno finora me lo aveva mai chiesto, mi sento "bloccato", non
so da che parte far correre la penna. E' successo anche con questo articolo.
Non appena incappi nei suoi testi: o si' o no, o prendi o lasci, o sei
d'accordo o li respingi, senza compromessi culturali. Le sue "Lettere" sono
come i versi delle poesie, non ci puoi togliere e aggiungere nulla (e credo
che anche lui da qualche parte l'abbia detto. Mi scuso quindi per le
inevitabili citazioni o parafrasi). Don Milani ci porta a scoprire cose che
gia' sapevamo benissimo ma e' come se fossero dette per la prima volta e
diventano esplosivamente immediate.
*
E' sbagliato quindi trattarlo come si fa con gli scrittori. Fra l'altro ha
scritto un solo libro (formidabile, ma uno solo e ci ha messo sette anni per
darlo alle stampe). Gli altri scritti, ai quali qui faccio riferimento, sono
frutto di un'elaborazione collettiva, piu' o meno lunga, piu' o meno
condizionata dal suo contributo di maestro e allievo nello stesso tempo. Don
Milani vola alto stando con chi e' in basso (a differenza degli
intellettuali che fanno l'inverso). Per questo e' un maitre a' vivre, che
disinnesca "bombe di comunicazione" dirette al cuore e alle coscienze. Non
chiede adesione intellettuale ma impegno di testimonianza, non chiacchiere
ma fatti.
E' l'"adaequatio mentis et rei" di San Tommaso che alcuni sessantottini
hanno tradotto in "praticare l'obiettivo". E infatti, secondo i diversi
modelli della contestazione, don Milani contro la cultura borghese
"praticava" una scuola di classe, contro l'assolutismo pacifista un
antimilitarismo radicato nella storia, contro l'astratto umanitarismo i
poveri in carne e ossa, contro l'alibi del patriottismo il dovere della
disobbedienza, e potremmo continuare. Ma su questa strada si arriva solo a
fare di don Milani un modello parziale a proprio (ed esclusivo) uso e
consumo, con piu' o meno onesta' intellettuale. Certo la sua vita puo'
essere narrata e il suo insegnamento approfondito ma con la consapevolezza
che non sono riconducibili a un sistema "altro da lui".
Don Milani va dunque strenuamente difeso:
-  dai suoi ammiratori, soprattutto dai rappresentanti di quel mondo
intellettuale e borghese (di destra, di centro e di sinistra) che ha fatto
di tutto per condannarlo o esaltarlo, omologarlo o edulcorarlo, alzando un
polverone tale (convegni, articoli, libri, antologie, inediti, trasmissioni
radiotelevisive, spettacoli teatrali, film) che non si riesce piu' ne' a
collocarlo nel suo contesto storico ne' a trarne insegnamenti per uscire
dall'orribile palude nella quale siamo immersi;
- dal potere ecclesiastico, che ora lo riscopre con un candore sospetto e
una disgustosa ipocrisia secondo l'abitudine, collaudata da secoli, di
canonizzare in morte chi e' stato vituperato in vita. Sarebbe sommamente
istruttivo andare a rileggere quello che la stampa cattolica ha scritto
contro di lui quand'e' uscito, ad esempio, "Esperienze pastorali" e
confrontarlo con le recenti commemorazioni del "coraggioso sacerdote
fiorentino".
Per concludere il racconto sulle disavventure giudiziarie di don Milani per
aver affermato "il dovere di disobbedire", dopo la "Lettera ai giudici" e'
assolto con formula piena il 15 febbraio 1966 ma rimane imputato per il
ricorso del pubblico ministero. E quando muore il 26 giugno 1967, la
giustizia italiana non l'ha ancora assolto. Anzi, piu' di un anno dopo, la
Corte d'appello, modificando la sentenza di primo grado, lo condanna
definitivamente. A uno come don Milani la legge non ci arriva proprio, e'
inadeguata.

3. LUTTI. INGMAR BERGMAN
[Ingmar Berman, nato ad Uppsala nel 1918, deceduto a Faro nel 2007,
drammaturgo e regista cinematografico tra i piu' grandi. Opere di Ingmar
Bergman: e' difficile isolare alcuni film piu' rappresentativi della
meditazione bergmaniana con riferimento alla morte, al dolore, alla
violenza, alla guerra, temi che tramano cosi' profondamente ed
angosciosamente l'opera del regista svedese. Ovviamente segnaliamo in
particolare Il settimo sigillo (1956), che insieme al Posto delle fragole
(1957) ed a Persona (1965) e' per noi il Bergman che forse piu' ci tocca, e
La vergogna (1967), che sulla guerra costituisce una meditazione ardua e che
convoca lo spettatore ad un piu' profondo indagarsi; ma a nostro parere
anche Il volto (1958), che chiama a riflettere non solo sullo sfaldarsi
dell'identita', ma anche sui meccanismi sociali dell'esclusione e sulla loro
devastante proiezione ed introiezione; Luci d'inverno (1961), e non solo per
il personaggio ossessionato dall'atomica cinese; e l'enigmatico e straziante
Il silenzio (1962); e ancora, lo straniato inquietante L'uovo del serpente
(1976); e ci fermiamo qui prima di citare la filmografia completa. Opere su
Ingmar Bergman: una buona introduzione è quella di Sergio Trasatti, Ingmar
Bergman, Il Castoro Cinema]

Non ricordo piu' quando vidi per la prima volta Il settimo sigillo, o
Persona, o Il posto delle fragole.
Ma non li ho piu' dimenticati. E so che se sono la persona che sono e' anche
perche' fremetti e tremai e piansi vedendo quei film, che ancora parlano al
mio cuore, di cui mi sono nutrito, che mi hanno reso migliore: piu'
disperato forse, piu' misericordioso certo.

4. LUTTI. JEAN CHESNEAUX
[Jean Chesneaux, illustre intellettuale impegnato nella solidarieta' con gli
oppressi, contro il colonialismo e per la difesa della biosfera, storico,
esperto dell'Asia contemporanea, professore emerito all'Universita' Paris
VII, direttore di studi all'Ecole des hautes etudes en sciences sociales,
presidente onorario di Greenpeace Francia, membro del consiglio scientifico
di Attac, consigliere di redazione della rivista "Ecologie & politique",
membro del comitato di redazione de "La Quinzaine litteraire". E' deceduto
il 23 luglio 2007, all'eta' di 85 anni. Tra le opere di Jean Chesneaux:
oltre a vari libri sulla storia dell'Asia, segnaliamo particolarmente Du
passe' faisons table rase?, Maspero, 1976; Transpacifiques, observations et
considerations diverses sur les terres et archipels du Grand Ocean, La
Decouverte, Paris 1987; La France dans le Pacifique, La Decouverte, 1992;
Tahiti apres la bombe. Quel avenir pour la Polynesie francaise, L'Harmattan,
1995; Habiter le temps, Bayard, 1996; L'art du voyage, Bayard, 1998; Carnets
de Chine, Quinzaine litteraire, 1998; Mouvement ouvrier chinois de 1919 a
1927, Ecole Des Hautes Etudes En Sciences Sociales, 1999; Jules Vernes, un
regard sur le monde, Bayard, 2001; L'engagement des intellectuels
(1944-2004). Itineraire d'un historien franc-tireur, Privat 2004. Il
quotidiano "Il manifesto", di cui era vecchio amico ed autorevole
collaboratore, lo ha ricordato il 25 luglio 2007 con le poche righe che di
seguito trascriviamo: "E' scomparso ieri Jean Chesneaux. Professore emerito
all'universita' di Parigi, direttore dell'Ecole des hautes etudes en
sciences sociales, oltre che presidente onorario di Greenpeace, Chesneaux
era un assiduo, e appassionato, collaboratore del nostro giornale. In Italia
lo si ricorda soprattutto per i libri dedicati alla storia e alla politica
dell'Asia orientale (Perche il Vietnam resiste, Einaudi, 1968 e La Cina
contemporanea: storia documentaria dal 1895 ai giorni nostri, Laterza,
1963). I suoi interessi e la sua grande erudizione lo avevano portato a
studiare le diverse fasi di organizzazione dei movimenti operai e sindacali
cinesi nel corso degli ultimi due secoli. Pacifista, membro della redazione
della "Quinzaine litteraire", Chesneaux era soprattutto, secondo le sue
stesse parole, un "franco tiratore della cultura". Fra i suoi ultimi lavori,
si ricorda, oltre a Jules Vernes, un regard sur le monde (Bayard Culture,
2001), quello apparso nel 2004 e dedicato alla propria idea di militanza
intellettuale: L'engagement des intellectuels"]

Un intellettuale di grande, profondo, appassionato impegno civile: per i
diritti e la liberazione dei popoli e delle persone, per la difesa della
biosfera, per la pace e la dignita' umana.
Un indimenticabile maestro ci ha lasciato.

5. INCONTRI. IL 9 AGOSTO A VICENZA
[Da varie persone amiche riceviamo e diffondiamo]

Rete Lilliput, il Coordinamento dei comitati cittadini, le famiglie per la
pace Invitano al convegno "Dalla difesa nucleare alla difesa popolare
nonviolenta: per Vicenza quale difesa?" che si terra' giovedi' 9 agosto alle
ore 20,30 presso l'Istituto Saveriano Missioni Estere in viale Trento 119 a
Vicenza.
Interverranno: Tonino Drago, docente di "Strategie della difesa popolare
nonviolenta" presso l'Universita' di Pisa; Alfonso Navarra, giornalista e
scrittore; Andrea Licata, del Centro studi e ricerca per la pace
dell'Universita' di Trieste.
*
Nei giorni successivi inizia il campo di formazione all'azione diretta
nonviolenta "teoria e pratica della nonviolenza".
*
Per informazioni: tel. 3387878893, siti: www.retelilliput.it,
www.altravicenza.it, www.coordinamentocomitati.it

6. RILETTURE. PAOLA MANCINELLI: CRISTIANESIMO SENZA SACRIFICIO
Paola Mancinelli, Cristianesimo senza sacrificio. Filosofia e teologia in
Rene' Girard, Cittadella Editrice, Assisi 2001, pp. 208. lire 28.000 (euro
14,46). Una profonda rimeditazione e una nitida presentazione del pensiero e
dell'opera di Rene' Girard: i temi centrali della riflessione girardiana
sono oggi cruciali, questa bella monografia accompagna ad una disamina
vigile e acuta. Per richieste alla casa editrice: Cittadella Editrice, c. p.
94, 06081 Assisi (Pg), tel. 075813595, fax: 075813719, e-mail:
amministrazione at cittadellaeditrice.com, sito: www.cittadellaeditrice.com

7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

8. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 175 dell'8 agosto 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe

Per non riceverlo piu':
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe

In alternativa e' possibile andare sulla pagina web
http://web.peacelink.it/mailing_admin.html
quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su
"subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).

L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196
("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing
list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica
alla pagina web:
http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004
possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web:
http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la
redazione e': nbawac at tin.it