Minime. 90



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 90 del 15 maggio 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Il 17 maggio a Firenze
2. Monica Lanfranco: Non di sola carne. Uomini in crisi tra violenza
maschilista e presa di coscienza
3. Liliana Boranga: le donne, la violenza
4. Helene Paraskeva': Coltivare la nonviolenza
5. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento
6. La "Carta" del Movimento Nonviolento
7. Per saperne di piu'

1. INCONTRI. IL 17 MAGGIO A FIRENZE
[Dagli amici di "Testimonianze" (per contatti:
testimonianze at associazioneculturaletestimonianze.191.it) riceviamo e
diffondiamo]

Giovedi' 17 maggio 2007, alle ore 17,30, presso la libreria Feltrinelli
International in via Cavour a Firenze si terra' la presentazione del libro
di Fabio Levi, In viaggio con Alex, Feltrinelli, Milano 2007.
Intervengono Enzo Brogi e Severino Saccardi.
*
Alexander Langer e' un personaggio che sembra portare in se' i caratteri
piu' significativi di un'avventura umana contemporanea. Un'avventura che
comprende curiosita' intellettuale, frequentazioni fittissime, tensione
spirituale, passione politica, sensibilita' culturale e anche una sempre
piu' sofferta fragilita'.
Chi era Alex Langer? Nato nel 1946 a Sterzing/Vipiteno (Bolzano-Bozen), ha
vissuto a Bolzano e a Firenze. Negli anni Ottanta e' stato tra i promotori
del movimento politico dei Verdi in Italia e dal 1989 deputato al Parlamento
europeo. Nel Parlamento e' stato il leader dell'opposizione alla guerra nel
Golfo e poi dello schieramento che esigeva un deciso intervento politico,
umanitario e anche di polizia internazionale nell'ex Jugoslavia; iniziatore
di risoluzioni su temi di grande importanza: sul Kossovo, sui diritti dei
curdi, sul Tibet, sulle repubbliche baltiche, su una politica demografica
rispettosa dell'etica e dei diritti dei popoli del Sud, sull'istituzione di
un Tribunale internazionale per l'ambiente, sul Medio Oriente, su Cipro,
sulle Alpi, contro l'Expo di Venezia, contro la clonazione di embrioni
umani. Impegnato in numerosi movimenti e iniziative, tra cui la "Campagna
Nord-Sud", la "Fiera delle utopie concrete per la conversione ecologica"
(Citta' di Castello), "sos-Transit", "Pro vita alpina", l'"Associazione per
la pace", "Helsinki Citizens' Assembly" e altre. E' stato tra i fondatori
del "Forum di Verona per la pace e la riconciliazione nell'ex Jugoslavia",
la piu' importante rete di collegamento tra democratici di tutte le regioni
ed etnie dell'area dell'ex Jugoslavia. E' morto suicida nel 1995.

2. RIFLESSIONE. MONICA LANFRANCO: NON DI SOLA CARNE. UOMINI IN CRISI TRA
VIOLENZA MASCHILISTA E PRESA DI COSCIENZA
[Ringraziamo Monica Lanfranco (per contatti: monica.lanfranco at gmail.com) per
averci messo a disposizione il seguente articolo.
Monica Lanfranco, giornalista professionista, nata a Genova il 19 marzo
1959, vive a Genova; collabora con le testate delle donne "DWpress" e "Il
paese delle donne"; ha fondato il trimestrale "Marea"; dirige il semestrale
di formazione e cultura "IT - Interpretazioni tendenziose"; dal 1988 al 1994
ha curato l'Agendaottomarzo, libro/agenda che veniva accluso in edicola con
il quotidiano "l'Unita'"; collabora con il quotidiano "Liberazione", i
mensili "Il Gambero Rosso" e "Cucina e Salute"; e' socia fondatrice della
societa' di formazione Chance. Nel 1988 ha scritto per l'editore PromoA
Donne di sport; nel 1994 ha scritto per l'editore Solfanelli Parole per
giovani donne - 18 femministe parlano alle ragazze d'oggi, ristampato in due
edizioni. Per Solfanelli cura una collana di autrici di fantasy e
fantascienza. Ha curato dal 1990 al 1996 l'ufficio stampa per il network
europeo di donne "Women in decision making". Nel 1995 ha curato il libro
Valvarenna: nonne madri figlie: un matriarcato imperfetto nelle foto di fine
secolo (Microarts). Nel 1996 ha scritto con Silvia Neonato, Lotte da orbi:
1970 una rivolta (Erga): si tratta del primo testo di storia sociale e
politica scritto anche in braille e disponibile in floppy disk utilizzabile
anche dai non vedenti e rintracciabile anche in Internet. Nel 1996 ha
scritto Storie di nascita: il segreto della partoriente (La Clessidra).
Recentemente ha pubblicato due importanti volumi curati in collaborazione
con Maria G. Di Rienzo: Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli
2003; Senza velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra
Moenia, Napoli 2005. Cura e conduce corsi di formazione per gruppi di donne
strutturati (politici, sindacali, scolastici) sulla storia del movimento
delle donne e sulla comunicazione]

"Le donne ragionano spesso sul fatto che il corpo sia per la vita, gli
uomini non ci pensano mai che il loro corpo e' per la vita". Questa frase mi
colpi' come una rivelazione, nella sua apparente semplicita', nel 2001,
quando Giancarla Codrignani, figura di spicco del femminismo e della
sinistra italiana, la pronuncio' come inciso nel corso di una intervista che
le feci per il libro Donne disarmanti. Storie e testimonianze su nonviolenza
e femminismi, scritto con Maria Di Rienzo. Pensai, e lo penso ancora oggi, a
maggior ragione in tempi di polemiche legate al velo, all'incremento di
bulimia e anoressia tra i giovani in occidente, di rigurgito di violenza
familiare contro le donne, che in quella frase ci sia uno dei nodi
fondamentali che l'elaborazione femminista ha messo al centro negli ultimi
trent'anni: non c'e' cambiamento realmente incisivo se i soggetti del
cambiamento non partono dalla materialita', dai bisogni e dalle
potenzialita' dei loro corpi. Corpo come mappa geopolitica che traccia le
rotte del desiderio, della costruzione di senso comune collettivo su grandi
argomenti come sessualita', giustizia, diritto, differenza e uguaglianza,
limiti e permessi nella sfera individuale e sociale.
E' sul corpo e intorno ad esso, su chi ne ha il controllo sociale simbolico
e concreto, che si combattono le guerre piu' aspre nel nuovo millennio, come
risultato di conflitti non risolti che l'umanita' si trascina dietro senza
essere capace di segnare punti fermi globali, con la stessa facilita' con la
quale invece detta le regole economiche negli scambi e nel commercio.
Non esistendo una economia politica della differenza sessuale (cosi'
intitolo' Lidia Menapace negli anni '80 un suo testo ancora oggi insuperato
per le domande che apre circa la centralita' della questione femminile in
occidente) la politica spesso balbetta e oscilla pericolosamente tra
noncuranza e delirio di onnipotenza quando di mezzo c'e' l'ingombro del
corpo delle donne a fare ostacolo: non e' forse vero che, limitandoci alla
sola Italia, sono oltre due decenni che si dibatte, o si rimuove, su
questioni come autodeterminazione, aborto, fecondazione assistita, adozione,
concetto di famiglia, definizione e delimitazione della violenza?
*
Solo recentissimamente, anche in conseguenza di fatti di cronaca cruenti, si
e' levata una voce inedita da parte di gruppi di uomini che hanno
pubblicamente iniziato a mettere al centro l'assunzione di responsabilita'
politica sulla violenza e in generale nella relazione con le donne partendo
dall'affermazione di essere fatti di un corpo che puo' anche trasformarsi in
un'arma offensiva e talvolta letale per l'altra da se'.
Nell'appello si legge:
"La violenza contro le donne ci riguarda: prendiamo la parola come uomini.
Assistiamo a un ritorno quotidiano della violenza esercitata da uomini sulle
donne. Con dati allarmanti anche nei paesi 'evoluti' dell'Occidente
democratico. Violenze che vanno dalle forme piu' barbare dell'omicidio e
dello stupro, delle percosse, alla costrizione e alla negazione della
liberta' negli ambiti familiari, sino alle manifestazioni di disprezzo del
corpo femminile. Una recente ricerca del Consiglio d'Europa afferma che
l'aggressivita' maschile e' la prima causa di morte violenta e di
invalidita' permanente per le donne in tutto il mondo. E tale violenza si
consuma soprattutto tra le pareti domestiche. Siamo di fronte a una
recrudescenza quantitativa di queste violenze? Oppure a un aumento delle
denunce da parte delle donne? Resta il fatto che esiste ormai un'opinione
pubblica e un senso comune, che non tollera piu' queste manifestazioni
estreme della sessualita' e della prevaricazione maschile.
Chi lavora nella scuola e nei servizi sociali sul territorio denuncia poi
una situazione spesso molto critica nei comportamenti degli adolescenti
maschi, piu' inclini delle loro coetanee femmine a comportamenti violenti,
individuali e di gruppo. Forse il tramonto delle vecchie relazioni tra i
sessi basate su una indiscussa supremazia maschile provoca una crisi e uno
spaesamento negli uomini che richiedono una nuova capacita' di riflessione,
di autocoscienza, una ricerca approfondita sulle dinamiche della propria
sessualita' e sulla natura delle relazioni con le donne e con gli altri
uomini.
La rivoluzione femminile che abbiamo conosciuto dalla seconda meta' del
secolo scorso ha cambiato radicalmente il mondo. Sono mutate prima di tutto
le nostre vite, le relazioni familiari, l'amicizia e l'amore tra uomini e
donne, il rapporto con figlie e figli. Sono cambiate consuetudini e modi di
sentire. Anche le norme scritte della nostra convivenza registrano, sia pure
a fatica, questo cambiamento. Noi pensiamo che sia giunto il momento, prima
di tutto, di una chiara presa di parola pubblica e di assunzione di
responsabilita' da parte maschile. In questi anni non sono mancati singoli
uomini e gruppi maschili che hanno cercato di riflettere sulla crisi
dell'ordine patriarcale. Ma oggi e' necessario un salto di qualita', una
presa di coscienza collettiva.
La violenza e' l'emergenza piu' drammatica. Una forte presenza pubblica
maschile contro la violenza degli uomini potrebbe assumere valore simbolico
rilevante. Anche convocando nelle citta' manifestazioni, incontri,
assemblee, per provocare un confronto reale.
Siamo poi convinti che un filo unico leghi fenomeni anche molto distanti tra
loro ma riconducibili alla sempre piu' insopportabile resistenza con cui la
parte maschile della societa' reagisce alla volonta' che le donne hanno di
decidere della propria vita, di significare e di agire la loro nuova
liberta'.
Il corpo femminile e' negato con la violenza. Ma viene anche disprezzato e
considerato un mero oggetto di scambio (come ha dimostrato il recente
scandalo sulle prestazioni sessuali chieste da uomini di potere in cambio di
apparizioni in programmi tv ecc.). Viene rimosso da ambiti decisivi per il
potere: nella politica, nell'accademia,  nell'informazione, nell'impresa. Lo
sguardo maschile - pensiamo anche alle organizzazioni sindacali - non vede
ancora adeguatamente la grande trasformazione delle nostre societa' prodotta
negli ultimi decenni dal massiccio ingresso delle donne nel mercato del
lavoro.
Chiediamo che si apra finalmente una riflessione pubblica tra gli uomini,
nelle famiglie, nelle scuole e nelle universita', nei luoghi della politica
e dell'informazione, nel mondo del lavoro. Una riflessione comune capace di
determinare una sempre piu' riconoscibile svolta nei comportamenti concreti
di ciascuno di noi".
*
Si dovra' aspettare prima che queste parole producano, al di la' del
successo immediato che ha avuto l'assemblea pubblica nella capitale nella
quale si e' presentato l'appello, un effetto reale nella societa'. Piu'
prosaicamente mi si affacciano associazioni mentali, spicchi di ricordi,
circa pezzetti di riflessione maschile sul corpo dell'altra: il cantante
Roberto Vecchioni mi consola, mentre coraggiosamente e onestamente cantava
che si', della sua amata ammirava l'intelligenza, ma con quella non ci
faceva una canzone, e quindi lui ne celebrava il cuore e anche i glutei. Il
poeta Pablo Neruda innalza la sua passione carnale benedicendo le natiche
dell'amata, assieme all'altro morbido e consolante approdo del piacere, i
suoi seni. Federico Fellini dei grandi e felici sederi delle sue donne
eccessive faceva dei trionfi di vitalita' e di gioia. Per quanto possano
piacere o non piacere, questi ed altri modi di salutare e  ammirare quella
parte del corpo delle donne sono pieni di riconoscimento, non attengono alla
funzionalita', bensi' allo stupore e alla celebrazione del mistero della
differenza, dell'alterita' sempre rinnovata del corpo dell'altra e della sua
meraviglia.
*
Ma e' ancora lontana una presa di parola compiuta su proprio, di corpo, e
purtroppo l'unica, ossessiva attenzione maschile circa la propria
corporeita' e' molto alta per una parte sola, e piuttosto risibile quanto a
estensione. Sembra una battuta, ma non lo e': in Italia, nel 2003, il 40%
dei maschi intorno ai 35 anni, ritiene che un pene "inadeguato" esponga al
tradimento da parte della compagna; un analogo 40% lo ha misurato almeno una
volta, ma non ne conosce la fisiologia e le componenti; il 52% pensa che
avere un genitale di taglia superiore alla media dia sicurezza nei rapporti
sociali, e un uomo su tre si vergogna del suo organo. Sembra che "ce l'hai
piccolo" sia l'insulto piu' temibile, la ferita piu' dolorosa e invalidante
per un italiano adulto: un cittadino che, statisticamente, non solo gode
mediamente di tutti i diritti civili, attivi e passivi, ma che per oltre due
terzi ha una famiglia, relazioni e responsabilita' sociali, in due parole e'
un uomo emancipato.
Errore: non si sfugge dallo spettro agghiacciante della misura del pene, per
quanto incredibile sembri. I dati, forniti dall'indagine dell'Associazione
Italiana per la ricerca in sessuologia effettuata tre anni fa dicono che su
1072 uomini di eta' media 37 anni pochi sono sereni di fronte a quella
porzione di corpo cavernoso, sangue, pelle e terminazioni nervose, che nelle
barzellette tramandate dalla tradizione goliardica tristemente veridica e'
con orgoglio definita  dagli ignoranti e orgogliosi possessori "per di piu'
fatto da osso". Oltre 300 sono stati gli italiani nell'ultimo anno a fare
richiesta di intervento chirurgico per allungare o migliorare esteticamente
il proprio pene, a fronte delle oltre 300.000 prescrizioni in tutto il
mondo.
Quello che fa riflettere, tra l'altro, e' che solo un'infima parte delle
richieste sono motivate da reali condizioni di minorita' dell'organo. La
stragrande maggioranza delle richieste e' avanzata da uomini "normali"
(vengono i brividi a scriverlo) quanto a misure. La motivazione e', appunto,
l'inadeguatezza presunta, dettata da regole non scritte ma fermamente
radicate e quindi tiranne, la non perfezione estetica, la vergogna nel
possibile confronto derivato dalla sindrome dello spogliatoio, quel luogo
dove credevamo, noi ragazze, che gli uomini  (ma quelli ormai dell'eta'
della pietra) facessero gli sbruffoni magnificando le loro imprese amatorie,
come pescatori bugiardi, in attesa di crescere grazie anche a questi
passeggeri rituali tribali. Invece no, pare che lo spogliatoio, o qualunque
altro luogo dove e' possibile che lo sguardo sfugga la' dove il confronto
duole, sia fonte di ansia e sconforto.
Scriveva Francesca Duranti nel suo Piazza, mia bella piazza: "La sessualita'
maschile e' un meccanismo delicatissimo che bisogna trattare con rispetto:
soprattutto quanto si ha per compagno uno di quegli uomini, piu' fragili
degli altri, che sollevano intorno alle proprie debolezze il polverone della
logica". Magari si trattasse di logica, qui siamo alla bruta quantita'. Se
Freud sapesse: ceffato il bersaglio con la ben nota teoria dell'invidia del
pene da parte delle bambine, qui bisogna rimboccarsi le maniche del cervello
e fare i conti con la permanenza perniciosa e pervasiva di quel triste
celodurismo tutto italico e governativo che, dietro alla facciata greve e
vincente, restituisce nella vita quotidiana uomini tormentati e fragili,
quindi potenzialmente rancorosi e aggressivi, non perche' intellettualmente
o sentimentalmente inadeguati, ma perche' il pene e', forse, piccolo.
*
A dire il vero c'e' un ambito dove la voce maschile si fa sentire, e vale la
pena di prenderla in considerazione, visto che l'investimento economico per
megafonarla e' grandioso, come ad esempio il tappezzamento attuato nella
metropolitana di Parigi da grandi cartelloni per pubblicizzarli: i nuovi
magazine "maschili". Il vociare e' assai diverso da quello di "Playboy" e
"Playmen": se questi puntavano sulle immagini del corpo femminile, tranne
rari articoli di firme prestigiose, questa ultima generazione ("Fox", "Men's
Health", "Men's Magazine") puntano sulla scrittura e sul corpo dell'uomo per
l'uomo, e lanciano l'offensiva verso le donne con slogan come: "Ricorda che
da che mondo e' mondo e' lei che ti stira le camice" oppure "Il mondo come
Uomo comanda". Gli articoli non solo promettono ricette per una forma fisica
perfetta (una costante ed ossessiva presenza della religione "sodo e tonico
ad ogni costo") ma anche consigli per "tenere a bada le avversarie". Per
esempio: "Strategie per fare colpo su una donna: tenere in braccio un bebe'
senza sembrare a disagio. Donne colpite molto favorevolmente: 75%. Il
trucco: tieni il bambino in verticale tenendogli la testa e il collo
appoggiati al tuo petto, per sostenerli. Fallo saltellare delicatamente se
si lamenta, passalo a qualcun altro senza farti prendere dal panico se
puzza". Espliciti gli editoriali sul sesso, di taglio "che s'ha da fa' per
rimorchiare": "Gli esperti sostengono che le donne hanno bisogno di quindici
minuti di preliminari. Diciamolo: un terzo di un tempo di partita di calcio
non e' poco. Passato a fare preliminari, poi, sembra un'eternita'. A noi, lo
sappiamo tutti, basterebbe molto meno (per proseguire col clima calcistico,
ci fermeremmo al primo fallo)". E via andare.
Che ne pensa Sandro Bellassai, storico, uno dei pochi uomini che in questi
anni, nella rete Maschileplurale, lavora per avviare anche in Italia una
riflessione di genere dal punto di vista degli uomini? "I magazine maschili
sono la versione nostrana di fenomeni editoriali, e piu' in generale di
orientamenti politico-culturali gia' presenti da tempo in altri paesi (Usa
in primis). E' indubbiamente un backlash, sara' troppo banale ma e' cosi':
le trasformazioni dei modelli femminili e in generale le insicurezze diffuse
a tutti i livelli dell'identita' si riflettono ovviamente sulla
mascolinita', e spingono gli uomini ad appoggiarsi ad autorappresentazioni
in termini di virilita', dominio, potere. E' la solita relazionalita' del
maschile e del femminile, per cui gli uomini non possono permettersi di
stare fermi se le donne si muovono, anche andando 'indietro'. Di nuovo c'e'
che l'identita' maschile in quanto tale esce parzialmente dalla tradizionale
invisibilita', e non e' poco: questi maschi parlano e si presentano in
quanto maschi e non in quanto 'persone' neutre. Gia' questo la dice lunga
sulla rilevanza del confronto/competizione con le donne: e' di fronte
all'altra  che vediamo noi stessi. Decenni fa l'altra era considerata muta,
cieca e invisibile: adesso che il suo sguardo e la sua parola hanno
acquisito una dignita' sociale difficile da ignorare, e quindi gli uomini
diventano 'oggetto' di sguardo (vedi Full Monty), essi non possono fare a
meno di vedere se stessi, quella parte sessuata di se che prima faceva loro
comodo ignorare. Da questo punto di vista, non mi sembra che quello del
neomaschilismo - riviste comprese - sia un fenomeno fossile, ma che dica di
una dinamica modernissima: e' a causa del mutamento non piu'
tradizionalmente controllabile che sorge l'esigenza di affermare una
supremazia che prima era considerata cosi' 'naturale' da non aver bisogno,
come il giorno e la notte e l'aria che respiriamo, di argomentazioni,
spiegazioni, legittimazioni".
In Italia, e piu' in generale nei paesi europei piu' vicini, come Germania,
Francia e Inghilterra, una delle trasformazioni delle abitudini maschili a
cui si e' dato mediaticamente piu' risalto e' quella legata al fenomeno del
"mammo", orribile neologismo che sottende, nel concreto, l'assunzione priva
di responsabilita', creativita' e autonomia da parte del neopapa' del ruolo
materno (in fotocopia) supplente. Miss Doubtfire docet.
Silenzio totale, tranne che sui periodici femminili nelle rubriche dedicate
alla sessualita', sullo stato delle relazione uomo-donna, con rare eccezioni
per le analisi emergenziali sulla famiglia quando la cronaca nera si impone,
e le statistiche ci informano che i delitti tra consanguinei, conoscenti e
colleghi hanno superato, per ferocia e numero, quelli tra sconosciuti, e che
sono gli uomini in grande maggioranza gli assassini, e le donne (con bambini
e bambine) le vittime.
*
Possibile che una trentina d'anni di movimenti delle donne non abbiamo
provocato alcun smottamento nella cultura delle relazioni tra i sessi, e
ingenerato tra gli uomini qualche, seppur lieve, spostamento? Non e' del
tutto cosi'.
L'attivita' piu' evidente non e' all'esterno (qualche anno fa ci provarono
gli uomini in nero, in occasione dell'8 marzo, a chiamare i maschi ad una
presenza specifica contro la violenza maschile, ma non ci fu seguito), ma le
sorprese arrivano da Internet, dove vale la pena di navigare alla ricerca di
virtuali agora' maschili.
Stile di analisi, spunto d'esordio, capacita' di comunicazione e creazione
di rete sono assai differenti nei diversi luoghi nel web, ma in tutti e'
trasparente un fattore comune: il rifiuto della violenza sulle donne
inflitta dal loro stesso genere.
E' il caso del sito nato in Canada dopo il massacro di Montreal, quando il 6
dicembre del 1989 un giovane di 25 anni entro' in una scuola e fece fuoco
uccidendo quattordici studentesse, scelte proprio perche' donne, e ferendo
gravemente altre tredici persone; lo shock fu enorme, e nel nome delle
vittime fu avviato un processo straordinario di dibattito all'interno della
citta' che ha portato il Canada ad essere non solo lo stato che ha il numero
di persone con il porto d'armi piu' basso nel Nord America, ma anche ad
avere un programma di monitoraggio e di attenzione alla violenza tra i
giovani mai eguagliato nel continente americano. Non e' un caso che nel
magistrale Bowling for Columbine il regista metta in bocca ad un ragazzo
canadese la frase "Non capisco perche' negli States tutti sono armati; noi
quando ci sono problemi parliamo". Nel sito sono riportati i link del web
ring dedicati alle associazioni maschili contro la violenza, dove
rintracciare persino i kit di aiuto immediato per uomini in difficolta' a
controllare l'aggressivita', nonche' i siti  mondiali della campagna white
ribbon, fiocco bianco, simile come logo a quella per sostenere la lotta
all'aids e alla discriminazione nei confronti delle persone malate dedicata
in questo caso all'estensione della sensibilizzazione contro la piaga della
violenza alle donne, dentro e fuori la famiglia.
Tra i link segnalati colpiscono quelli latinoamericani, brasiliani in
particolare, che stanno facendo un grande lavoro contro la cultura machista
specialmente tra i ragazzi, e globalmente impressiona la creativita' grafica
e l'impegno a comunicare speranza, nonviolenza e positivita' nella grafica e
nei contenuti.
Piu' aggressivo e rivendicativo il sito italiano Uomini 3000, portale utile
per connettersi con le risorse italiane in materia. Rino Barnart, owner del
sito spiega cosi' i motivi dell'aggressivita' del portale nei confronti del
femminismo: "Le donne hanno il pieno diritto di combattere per i propri
interessi ed il proprio potere in tutte le forme possibili, hanno anche il
pieno diritto di negare che questa lotta avvenga contro i maschi
dissimulandola come lotta contro il maschilismo. Anche questa dissimulazione
e' legittima perche' fa parte del conflitto. Il punto e' che anche gli
uomini stanno incominciando a fare altrettanto, ma questo loro diritto viene
negato sulla base del fatto che essi sono ancora i privilegiati. Le donne
raccontano la loro storia ed esigono che sia creduta. Anche gli uomini
incominciano a farlo ma il loro racconto viene dichiarato falso in quanto,
se vero, potrebbe rappresentare una fonte di vincoli e di responsabilita'
per le donne". Il sito e' molto visitato, e sono in molti i giovani che vi
fanno riferimento, segno che l'assenza di punti d'approdo e di modelli e' un
problema diffuso.
*
"Le nuove generazioni sono sempre piu' diversificate come identita'
maschile - spiega ancora Bellassai - e non da oggi ma sempre piu' da almeno
un secolo (con un'accelerazione a partire dagli anni Cinquanta-Sessanta).
Questa e' gia' una dinamica di crisi-trasformazione della mascolinita': le
opzioni identitarie si moltiplicano, non esiste piu' una norma trascendente
e assoluta ma si afferma progressivamente una sorta di libero arbitrio
identitario. Molti ragazzi sono oggi incredibilmente a loro agio di fronte
al femminile in trasformazione o al maschile 'eterodosso'. Altri,
naturalmente, seguono la vecchia strada del sentirsi meno 'uomini' se
deprivati del potere sulle donne come genere (nel loro complesso), o di una
parte di esso. E quindi reagiscono nell'unico modo che conoscono: rafforzare
i tratti legati alla forza, alla violenza, affermare con le cattive un
dominio che non e' piu' disponibile con le buone. Lo stupro puo' essere
considerato anche come la drammatica occasione di affermare simbolicamente e
materialmente tutto questo. D'altra parte lo stupro e' la manifestazione
estrema di una dinamica sessista che agisce anche ad altri e piu' sottili
livelli: e questo ha a che fare con quello che dicevo sopra".
Fatto questo quadro che aspettarsi dagli uomini, in un ragionevole futuro di
breve periodo, accanto e oltre la cifra ragguardevole di oltre 459 miliardi
in prodotti cosmetici spesi nel 2001 non piu' dalle donne ma dagli uomini?
"Per gli uomini nel loro complesso la legittimazione a una certa cura di
se', dal punto di vista estetico, e' un fenomeno abbastanza nuovo (50 anni
circa) - risponde Bellassai - Questo e' diventato possibile quando gli
uomini sono stati rassicurati da se stessi (dalla pubblicita', dalla cultura
di massa, dagli 'esperti' della psiche umana) che non sarebbero diventati
meno virili per il fatto di essere piu' attenti al proprio aspetto, cosa che
prima - e per molti anche dopo - era associata all'effeminatezza. Ed essere
tacciati di effeminatezza e' una delle piu' terribili angosce degli uomini,
che in definitiva si sentono sicuri solo entro un chiaro e invalicabile
recinto identitario, e solo piazzati su un piedistallo che li ponga, loro
uomini bianchi occidentali eterosessuali ossessionati dal dover esibire la
propria virilita' in ogni momento pubblico e privato della vita, al di sopra
delle donne e degli uomini 'devianti'. Finche' non si esce dal circolo
vizioso virilita'-potere-sicurezza non so quanto si possa e si voglia
praticare un confronto realmente costruttivo con l'altra e gli altri. Molto
e' gia' in movimento, perche' sempre piu' ragazzi e anche uomini rifiutano
questa ideologia performativa e prescrittiva della virilita', ma bisogna
considerare che non abbiamo a disposizione modelli di mascolinita',
culturalmente tramandati, in cui non sia sempre presente il legame fondante
potere-identita'. E quindi ci vorra' un po', prima di vedere qualcosa di
nuovo in giro: qualcosa di ampio e diffuso, intendo".
*
Per saperne di piu'
In Italia si puo' ricevere gratuitamente la newsletter di "Uomini in
cammino" web.tiscalinet.it/uominincammino del gruppo di Pinerolo, oppure
iscriversi alla lista "Maschile plurale" (e-mail:
maschileplurale at libero.it). A Bologna e' attiva  l'associazione uomini
contro la violenza alle donne
www.comune.bologna.it/bologna/zerotolerance/menu/menu_associazione.htm Da
non tralasciare il sito www.uominicasalinghi.it
All'estero sulle attivita' dei gruppi (anche istituzionali) 'profeminist' si
puo' consultare www.europrofem.org; molto interessante anche il sito
dedicato all'analisi e alla prevenzione maschile della violenza contro le
donne www.webring.org che a sua volta rimanda a decine di altre risorse.
Esiste anche la campagna del fiocco bianco (simile a quello rosso per
l'aids, qui tematizzato contro lo stupro) www.whiteribbon.ca e il sito
storico aggionatissimo, fondato nel 1982, www.menstoppingviolence.org Tutto
sul massacro di Montreal si trova su www.howdyneighbor.com

3. RIFLESSIONE. LILIANA BORANGA: LE DONNE, LA VIOLENZA
[Ringraziamo Liliana Boranga (per contatti: direttore at radiobase.net) per
questo intervento.
Liliana Boranga, giornalista di forte impegno civile, e' direttrice di
"radio base popolare network Venezia"; responsabile dal 2004 del tema
portante del Rototom Sunsplash reggae festival: nel 2004 "Raccontare la
guerra per mantenere la pace", nel 2005 "Madre Terra", nel 2006 "Respect",
quest'anno "Com-Unity"; collabora con vari giornali e settimanali nazionali]

Cosa vuol dire per una donna violenza? Oggi, ieri, e l'altro ieri... Ha un
suo valore storico il termine violenza qualora lo si voglia connotare al
femminile?
Faccio fatica a trovare le parole. Vorrei dare una sensazione piu' che una
definizione. Anche perche' avverto una forte stanchezza verso luoghi comuni
e stereotipi snaturanti e spesso coniati proprio da donne per altre donne.
Io persona e la violenza? Inventare altri gesti per "parare i colpi"? E' una
scelta o un obbligo? Cosa muove il bisogno, la necessita' o la voglia di
dover rispondere, se non in altri modi,  alla sequela di parole, atti e
opere violente che mi circondano? Nulla, secondo me, fino ad oggi appare
inventato e nuovo: tutto e' condizionato. Vedo, nella scelta nonviolenta,
tracciato un percorso sofferto e obbligato: come in alta montagna tra una
ferrata e un picco, un vallone e un burrone. Si sale o si cade...
E mi chiedo: Se fosse davvero una scelta sarebbe diversa la nonviolenza
delle donne?  Forse, ma quello che appare sempre piu' chiaro, e' che si
continua a giocare di sponda. Anche nella ricerca delle alternative.
Guardo alle donne ma non vorrei fissare lo sguardo come su una scacchiera
dove tutti i pezzi devono essere al loro posto per iniziare il gioco. Ma in
questa societa' sembra non essere possibile uscire dal "quadratino" di
"competenza". Le piu' giovani paiono le piu' penalizzate dal gioco
dell'appartenenza e la violenza, quando irrompe all'improvviso, e' davvero
invalidante. Non solo quella dura, precisa e definitiva. Ma anche
soprattutto quella leggera, impercettibile e quasi accogliente, che ti
permetta di esistere. Complice un sistema "immagine" terrificante.
Le donne piu' anziane? Non e' diverso il sistema di "annientamento", anche
perche' non viene concesso il tempo per accorgersi come si passa da uno
stato di accoglienza a quello del rifiuto o della sopportazione.
I gesti della salute, della cura della persona: quanto fastidio verso corpi
oramai sempre piu' flaccidi, avviliti e non piu' vigorosi. Malgrado siano
stati riproduttori richiesti, spesso indotti con allettanti "consigli", di
altre vite per una societa' sempre piu' cannibale. Come reagire a tutto
questo?
Donna: la riproduzione e la maternita'. E la fecondita' o la fecondazione.
Chi decide?
Molti i punti di domanda in queste mie riflessioni. Ma che mi permettono di
non avere delle certezze sulle quali non devo, ma soprattutto non posso,
contare.
Qualche segnale pero' sembra scuotere un panorama piatto: dal privato al
politico. Ancora? Si', ma con nuovi segni.
Le donne appaiono  protagoniste di scelte sempre piu' realizzate fuori casa,
fuori famiglia. Insomma all'aria aperta. E senza dover "far carriera".
La pace, la salute, il lavoro, la casa, la gente, tutti momenti di lotta,
verifiche e rivendicazioni che vedono alla loro guida sempre piu' donne. Con
gesti diversi, piu' organizzati, concreti e realistici. Dalla cadenza
quotidiana e rassicurante.
Una scelta, quindi, e non piu' un bisogno o un adattarsi ad uno spazio
lasciato libero da altri. Non piu' sponde, curve, ma percorsi diritti. Una
scelta assieme, fatta nella e per la  comunita', la quale, vicina o lontana
che sia, reale o virtuale, riesce a riprodurre rumore, dialogo,
chiacchiericcio. La parola riprende vigore creando momenti di riflessione e
di pensieri. La violenza e' silenzio...

4, RIFLESSIONE. HELENE PARASKEVA': COLTIVARE LA NONVIOLENZA
[Ringraziamo Helene Paraskeva' (per contatti: helenep at fastwebnet.it) per
questo intervento.
Helene Paraskeva' e' nata ad Atene e risiede a Roma, scrittrice, docente, ha
pubblicato tra l'altro vari racconti in rivista e in volume e un testo per i
licei. Opere di Helene Paraskeva': Nell'uovo cosmico, Fara Editore,
Sant'Arcangelo di Romagna 2006]

Alcuni anni dopo il crollo del muro di Berlino (ma altri muri sono stati
costruiti qua e la', nel frattempo) abbiamo incontrato a Bradford una bella
persona nata e vissuta nella Germania dell'Est (Ddr) cioe' "al di la' del
muro", per dirla con una locuzione che ormai odora di naftalina. Erano i
primissimi anni del 2000 e con lei ed altre insegnanti europee facevamo
parte di un gruppo di lavoro della "Nuova Europa", l'Europa allargata in una
societa' aperta, democratica, pacifica e, tendenzialmente, unita.
Questa bella persona, pero', aveva un rammarico, si sentiva sacrificata,
immolata al corso della storia. "Non sapete cosa vuol dire vivere la propria
adolescenza e la prima gioventu' in un paese ad economia di mercato
bloccata. Siete bloccati per sempre".
Discutendo siamo poi giunti alla conclusione che in realta', siamo stati
tutti, chi in un modo e chi in un altro, vittime della guerra fredda. Altri
avevano deciso per conto nostro questa divisione del mondo, e dell'Europa.
La guerra fredda non aveva diviso solo il territorio europeo ma anche, e
soprattutto, la nostra mente e la nostra concezione della vita e aveva
inferto su di noi una dicotomia che andava oltre la politica e oltre la
cultura, una dicotomia di rilevanza  antropologica.
Siamo anche giunti alla conclusione che la nonviolenza va coltivata e la sua
coltura va tramandata come la coltivazione di un frumento fondamentale per
la nostra sopravvivenza.
*
Adesso veniamo a sapere che c'e' un paese della Nuova Europa il cui governo
ha restaurato la vecchia abitudine di far firmare ai cittadini dichiarazioni
di non appartenenza al regime precedente per poter accedere a (o mantenere)
una professione o un incarico pubblico. Altro che odore di naftalina, questo
odore ci riporta ai gulag, al Berufsverbot, al signor J. R. Mc Carthy e ai
colonnelli greci.
"Lustracja" si chiama questa legge polacca che impone che entro la meta' di
maggio 2007 insegnanti, avvocati, presidi, magistrati, funzionari pubblici,
giornalisti, dirigenti di case editrici e proprietari di tv e giornali, nati
prima dell'agosto 1972, debbano dichiarare ufficialmente se in passato siano
stati reclutati dai servizi segreti comunisti. Si tratta di una confessione
di massa in cui sarebbero coinvolti circa settecentomila intellettuali,
gente che ha la possibilita' di trasmettere e diffondere  notizie e
conoscenze.
Indubbiamente ci saranno coloro che avendo sofferto violazioni dei loro
diritti (e anche violenze sulle loro persone) nel regime di Jaruzelski
applaudiranno a questa misura, e ci saranno anche coloro a cui la
"Lustracja" non piacera' affatto essendo stati in qualche modo convinti,
allettati, cooptati, o costretti a collaborare con il precedente regime.
C'e' anche chi si e' rivolto alla Corte Costituzionale polacca e attende il
verdetto. E il verdetto, ovviamente, dipendera' dalla buona fede dei giudici
e dalla chiarezza dei contenuti della Costituzione in materia di diritti
civili.
Ma non e' questo il punto. Il punto sta nella inaccettabilita' del concetto
stesso di "lustracja", "pulizia": Non accettare certe iniziative e certi
metodi che violano la dignita' umana fa parte integrante della
"coltivazione" della nonviolenza. Chi costruisce una nuova societa' sui
vecchi sistemi di purga dei cittadini ritenuti "antagonisti" o "avversari"
effettivi o potenziali, non sta costruendo nulla di nuovo, sta semplicemente
dipingendo la vecchia societa' di un altro colore.
A coloro cui invece piacciono le domande piu' delle risposte, ecco una
domanda che citiamo da Karl Popper, che riassume la questione della coltura
della nonviolenza: "la societa' aperta presuppone un pluralismo delle forze,
una eguaglianza di opportunita' per tutti, che indubbiamente esiste nelle
costituzioni delle democrazie occidentali, ma non necessariamente nella loro
realta' politica. Lei crede che la societa' aperta esista gia' o che si
debba cominciare innanzitutto col costruirla?".
*
Riferimenti
- Karl R. Popper,  Come controllare chi comanda, Ideazione, 1996.
- Sandro Sgabello, "Corriere della Sera" dell'11 aprile 2007.
- Sergio Romano, "Corriere della Sera" del 20 aprile 2007.

5. PROPOSTA. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Si puo' destinare la quota del 5 per mille dell'imposta sul reddito delle
persone fisiche, relativa al periodo di imposta 2006, apponendo la firma
nell'apposito spazio della dichiarazione dei redditi destinato a "sostegno
delle organizzazioni non lucrative di utilita' sociale" e indicando il
codice fiscale del Movimento Nonviolento: 93100500235; coloro che si fanno
compilare la dichiarazione dei redditi dal commercialista, o dal Caf, o da
qualsiasi altro ente preposto - sindacato, patronato, Cud, ecc. - devono
dire esplicitamente che intendono destinare il 5 per mille al Movimento
Nonviolento, e fornirne il codice fiscale, poi il modulo va consegnato in
banca o alla posta.
Per ulteriori informazioni e per contattare direttamente il Movimento
Nonviolento: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212,
e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

7. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 90 del 15 maggio 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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