Minime. 57



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 57 del 12 aprile 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Il calcio dell'asino
2. "Usciamo dal silenzio": Democrazia paritaria. L'assemblea dei perche'
3. Wikipedia: Joseph Ki-Zerbo
4. Luisa Muraro: Vicenza e il movimento No Dal Molin
5. Riletture: Tzvetan Todorov, Face a' l'extreme
6. Riletture: Tzvetan Todorov, Memoria del male, tentazione del bene
7. Riletture: Tzvetan Todorov, Una tragedia vissuta
8. La "Carta" del Movimento Nonviolento
9. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. IL CALCIO DELL'ASINO

Per dirla in breve
Dopo aver utilizzato Emergency per liberare Daniele Mastrogiacomo il Palazzo
italiano non trova di meglio che coprire Gino Strada e la sua organizzazione
umanitaria di sconci, irresponsabili e deliranti insulti; non trova di
meglio che abbandonare il mediatore che ha salvato Mastrogiacomo,
Rahmatullah Hanefi, alla vendetta e alla tortura; non trova di meglio che
ridurre una tragica vicenda in cui due persone sono state atrocemente
assassinate al solito squallido, osceno, cinico teatrino di politicanti
senza scrupoli.
*
Della differenza tra uccidere e salvare le vite
Il governo Prodi, come gia' il governo Berlusconi, e' responsabile della
criminale partecipazione militare italiana alla guerra in corso in
Afghanistan, una guerra che perdura di fatto dall'invasione dell'Armata
rossa nel secolo scorso, una guerra che ha provocato orrori infiniti, ed
infinite vittime. Prima che gli americani invadessero l'Afghanistan questo
ceto politico se ne infischiava della tragedia afgana; poi, al seguito e al
servizio degli americani, hanno mandato anche i soldati italiani a
partecipare alla guerra terrorista e stragista, una partecipazione che viola
flagrantemente la legge fondamentale dello stato italiano; una
partecipazione doppiamente criminale, e folle. Questo i governi (e le
maggioranze parlamentari) delle due ultime legislature.
Invece Emergency con i suoi ospedali e' li' in Afghanistan da molti anni, da
quando i talebani erano al governo e l'Alleanza del nord li combatteva;
Emergency e' li' che cura e salva le vite di tutti gli esseri umani che
presso i suoi ospedali si presentano, senza chiedere loro di quale
schieramento o di quale gruppo della popolazione facciano parte; allora come
oggi negli ospedali di Emergency si curano degli esseri umani, si salvano le
vite di esseri umani. Esseri umani, nient'altro che esseri umani. Prendendo
sul serio il giuramento di Ippocrate, e quella regola aurea che dice tu non
uccidere, tu salva le vite.
*
Noi paesani
Per non saper ne' leggere ne' scrivere - come si dice tra noi paesani -
sappiamo che assassinare e' male; curare i feriti e salvare le vite e' bene.
Il governante che decide e il parlamento che vota per la guerra, per le armi
con cui si fa la guerra, per le stragi di cui la guerra consiste, per il
terrorismo di cui la guerra e' espressione somma, sono assassini. Invece il
medico, che cura e salva le vite, no. Questo sappiamo, pur non sapendo ne'
leggere ne' scrivere.
*
Certi fantasmi
I signori del Palazzo che oggi aggrediscono Emergency (e con cio' stesso
mettono in pericolo gli operatori delle sue strutture sanitarie), che oggi
danno il calcio dell'asino a chi ha salvato la vita di Daniele
Mastrogiacomo, non meritano considerazione.
Tornino piuttosto al rispetto della Costituzione cui pure hanno giurato
fedelta', cessino di fare la guerra, cessino di essere complici del
terrorismo del governo americano e quindi dei terrorismi ad esso speculari.
*
Per concludere, o per cominciare
La guerra e' nemica dell'umanita'.
La guerra e i suoi strumenti - le armi, gli eserciti, le milizie - devono
essere aboliti.
Non c'e' altra via alla pace che la pace.
La democrazia si difende con la democrazia.
Vi e' una sola umanita'.
La nonviolenza e' la politica necessaria.
Ad Emergency, a Gino Strada, a quanti operano per salvare le vite, va la
nostra solidarieta'.

2. INIZIATIVE. "USCIAMO DAL SILENZIO": DEMOCRAZIA PARITARIA. L'ASSEMBLEA DEI
PERCHE'
[Dal sito www.usciamodalsilenzio.org riprendiamo il seguente resoconto
dell'"assemblea dei perche'" promossa da "Usciamo dal silenzio" e svoltasi
il 4 aprile 2007 a Milano. Per altre informazioni sulla campagna e sulla
proposta di legge "50 e 50 ovunque si decide" cfr. anche il sito
www.50e50.it]

Un'assemblea a Milano
Il 4 aprile in Camera del Lavoro [a Milano], con una nuova assemblea di
"Usciamo dal silenzio" su democrazia paritaria, 50 e 50, equa rappresentanza
la' dove si decide e dunque in Parlamento e non solo, ci siamo confrontate
sulle ragioni, sui "perche'" della nostra adesione a questa campagna
lanciata dall'Udi con una proposta di legge di iniziativa popolare.
Cosa significa per ciascuna di noi e per un movimento come "Usciamo dal
silenzio" impegnarsi su questo tema, perche' riteniamo che questa idea abbia
un nesso forte con i temi che hanno motivato finora il nostro agire
politico, il corpo, la violenza sulle donne, la nostra liberta'?
L'assemblea ha discusso di uguaglianza e rappresentanza dopo alcuni incontri
in sede di laboratorio che hanno espresso un livello alto di dibattito e di
confronto, mentre altre organizzazioni di donne stanno frequentando lo
stesso sentiero e mentre la politica va pensando ad una nuova legge
elettorale che non "vede" letteralmente il tema, o lo sposa, ancora una
volta, in una logica residuale: e poi ci sono anche le donne.
*
Continuare a confrontarci
Come speravamo, l'assemblea di mercoledi' e' stata il luogo di un dibattito
ancora piu' aperto e piu' condiviso, e contiamo di continuare a confrontarci
anche attraverso questo blog sulla rappresentanza
[www.usciamodalsilenzio.org], attraverso il quale chiediamo a tutte di
contribuire a quello che abbiamo chiamato il "manifesto dei perche'".
Come sempre sul sito troverete i prossimi appuntamenti. Per il momento
abbiamo discusso in assemblea e ci stiamo preparando alla campagna di
raccolta di firme sulla legge "50e50" e a momenti di confronto tra le
realta' che fanno riferimento alla rete di "Usciamo dal silenzio". Ma non
mancheranno altri momenti di dibattito sui temi che sono stati finora
centrali nella nostra iniziativa.
*
Riportiamo di seguito l'intervento di Anna Maria Spina che ha aperto
l'assemblea e un riassunto dell'insieme degli interventi.
*
Anna Maria Spina, intervento di apertura dell'assemblea
Siamo arrivate a questa assemblea nella quale proponiamo il tema emergente e
forte della democrazia paritaria 50 e 50, la meta' esatta del tutto, dopo
una serie nutrita di serrati incontri in sede di laboratorio sulla
rappresentanza, nei quali ognuna ha indicato liberamente motivi di consenso
e dubbio.
50 e 50, pari rappresentanza la' dove si decide e dunque in Parlamento e non
solo: cariche elettive, nomine fatte dalla politica, pubbliche funzioni,
mondo del lavoro.
Si e' cercato di definire i nessi fra questa idea e i temi che hanno finora
motivato il nostro agire politico: il corpo, la violenza sulle donne,
l'attacco tremendo del funerale dei feti in regione, la questione dei Dico,
la nostra liberta' di decidere per esistere.
Cosa significa per ciascuna di noi e per un movimento come "Usciamo dal
silenzio" impegnarsi sulla democrazia paritaria, sull'uguaglianza di
rappresentanza, adesso che altre organizzazioni di donne si mettono in
gioco?
L'Udi [Unione donne in Italia] presenta una proposta di legge popolare sul
50e50 dovunque si decida.
Adesso che la politica sta pensando a una nuova legge elettorale e vede solo
le pagliuzze negli occhi altrui ma non la trave nei propri, tutte noi
vediamo una trave gigantesca: la clamorosa assenza delle donne, ben oltre la
sproporzione!
Semplicemente non solo non ci siamo ma non possiamo neanche sperare che
potremo esserci' la' fisicamente, paritarie e democraticamente visibili,
presenti.
L'"assemblea dei perche'" di "Usciamo dal silenzio", questo titolo, nasce
dall'esigenza condivisa di esprimere e confrontare il pensiero e le
motivazioni di ognuna e tutte insieme.
E' la ratificazione del desiderio-bisogno di affrontare come persone, il
piu' possibile fuori da condizionamenti di ogni tipo piu' o meno
interiorizzati, la questione della politica delle donne e donne e politica,
con determinazione e chiarezza.
Siamo tutte coinvolte qui adesso in questa assemblea.
Ho provato a scrivere delle cose, dei perche', in vari modi diciamo cosi'
tradizionali o tecnici e mi sono percepita a giustificarmi proprio io che
sono la responsabile di questa cosa dei perche'.
Questo non va bene e mi fa pensare che se un'idea come quella del "50e50
ovunque si decida" abbisogna di giustificazioni, c'e' qualcosa che non va.
Forse e' solo che un diritto sancito, scritto e descritto nella nostra
Costituzione, mai applicato nella sua interezza, mai neanche preso in seria
considerazione dalla "politica", un principio di ovvia democratica
uguaglianza merita dichiarazioni e impegno perche' venga realizzato.
O forse invece perche' percepisco l'urgente necessita' di un linguaggio non
omologato a modelli che avverto costrittivi, quindi ci provo, a togliermi le
briglie di dosso.
I miei perche' o meglio per chi:
- per me stessa, e' mio dovere e diritto, e' il mio senso di me,
uguaglianza, giustizia, onore, corpo riconosciuto, vera cittadinanza delle
donne;
- per mia nonna, che m'ha voluta libera lei che libera non e' stata mai;
- per mia madre, che mi ha insegnato il diritto al pensare, al parlare, a
sapere, a lavorare, a decidere, a esistere, e anche per mio padre a dire il
vero;
- perche' considero schiavistici i doveri di donna, i ruoli, il sacrificio
ideologico o metafisico, i destini di accudimento perenne e generalizzato,
la colpa, l'espiazione, il dolore connesso, facente parte dell'essere donna,
come dire di default. Non ci credo non ci ho mai creduto e' una menzogna
storica, nel senso letterale del termine;
- per mia figlia, che ogni giorno stupisce e indaga e cerca varchi di
liberta' e ogni giorno, non trovandoli, decide di riprovarci perche' deve
valere la pena, gliel'ha detto la mamma!
- per le mie care amiche, pezzi di vita, intelligenze scatenate e potenti,
donne con senso e anche per quelle che non mi vogliono poi molto bene;
- per noi. Per poter finalmente discutere anche con le donne che ci sembrano
diverse, ma diverse siamo tutte le une dalle altre, e confrontarci e
dissentire se occorre, e per riconoscere a quegli uomini che hanno deciso di
non unirsi al coro dei despoti un qualche merito;
- per rimescolare le carte, per cambiare le regole di un gioco giunto al
limite da troppo tempo, noioso, frusto e pateticamente monosessuale;
- perche' segreti, meraviglie e sapere sono delle donne. Perche' le donne
"sanno", bisogna solo che decidano di esistere e regalare a se stesse e al
mondo un po' del proprio sapere e un po' del proprio tenace volere. Non per
accudire, non per sostenere, non per rimediare agli errori dei governi o
delle opposizioni, ma solo e semplicemente per gustare il piacere di
esistere appieno, perche' siamo l'altra meta' di questo mondo, e perche'
questa meta' non deve piu' chiamarsi l'altra;
- perche' Il corpo delle donne non deve essere pensato violabile ne' essere
violato, bisogna arrivare a poterlo sancire nei seggi, dalle televisioni,
nelle scuole, il rispetto va insegnato visto che non viene spontaneo;
- perche' il pudore del dolore di un aborto non venga svillaneggiato e
oltraggiato da pratiche e procedure talmente orribili che il cuore
s'allontana dall'evidenza insostenibile, ma i fatti procedono e chiudere gli
occhi puo' essere peggio. Tutto si fa per farci smettere di pretendere di
essere persone donne libere di decidere di se';
- perche' se occorre prendere voce e volto, e lavorare nei luoghi delle
decisioni, e porre condizioni, bisogna continuare indefessamente a ragionare
insieme.
Vanno bene tutti i distinguo e tutte le differenze e perfino le titubanze, e
figurarsi!
Vanno bene i seminari e i contesti di approfondimento, ma vanno bene anche i
parlamenti e ovunque si decide. A decidere sono sempre i soliti, con la i
finale, e fra tutti, in ordine sparsissimo, uno sparuto drappello di
liberte, nel senso latino del termine, ne' libere ne' schiave.
Va bene tutto purche' impariamo a ragionare insieme, a rimanere insieme e
insieme con forza ci muoviamo. Tempi lunghi, procedere faticoso, nessuna
garanzia, ma proprio per questo occorre forza ancor di piu'.
Risolvere un punto di domanda in un punto esclamativo e' segno di forza e
da' forza.
Guardiamoli con gli occhi della mente, occupano tutti i posti, e noi dove
siamo? A casa a guardarli alla tv o per strada o sul tram andando a lavorare
se abbiamo un lavoro se riusciamo a mantenerlo se ce lo pagano, o in
macchina a prendere e portare bambini o disperatamente sole da qualche
parte, ma sicuramente non la' insieme dove si decide dei nostri destini.
Adesso.
Auguriamo a tutte noi il piu' ampio e caldo dibattito, in questa assemblea
del 4 aprile.
*
Dopo l'intervento di Anna Maria Spina, la discussione si e' sviluppata in
assemblea. Molte voci si sono espresse. Proviamo a riportare degli appunti
che provano a dar conto di affermazioni, dubbi, anche contraddizioni,
ripercorrendo la sequenza.
*
Appunti dagli interventi
Stasera il senso dell'assemblea e' dire quello che ci convince, ma anche i
dubbi.
La proposta 50e50 ha un valore di continuita' in una campagna che sembra una
svolta (rispetto alla mia storia personale di femminismo); la presenza delle
donne non e' mai stata riconosciuta nella polis, ne' la presenza politica,
ne' l'umanita'. Viene vista solo la procreazione e il corpo biologico.
Nel femminismo si e' inteso dare politicita' ad una pratica politica, ed
anche la sinistra non ha raccolto quel patrimonio di cultura politica.
La proposta 50e50 non ha, non puo' avere il senso del soccorso delle donne a
sostegno di istituzioni decrepite. Perche' questo ragionamento va collocato
nel contesto di crisi della politica dei partiti e delle istituzioni.
Le donne hanno agito nel privato, a volte anche a loro danno.
Che le donne siano viste nella vita pubblica come insignificanti e'
dimostrato anche dalla "violabilita'" dei loro corpi.
Lavorato molto sull'autonomia del pensiero, le donne pensano che devono
prepararsi molto prima di poter incrinare la sfera pubblica, ma oggi siamo
invase dalla sfera pubblica.
C'e' un rischio, da correre, quello dell'omologazione.
Tra le presenti nelle assemblee c'e' un vuoto di generazione, quello delle
quarantenni, e' giusto notarlo.
La prima cosa da pensare e' se siamo preparate alla democrazia paritaria.
Tra le colleghe sul lavoro si registra una reazione del tipo: "come ci
chiedete anche questo?".
L'impatto non e' semplice, ci vuole coraggio di assumere responsabilita' ed
anche di sbagliare.
Che immaginario ha lasciato la Prestigiacomo in lacrime?
La tendenza a delegare e' forte e presente (compreso non abbiamo tempo),
bisogna dare un messaggio forte anche perche' sara' una battaglia cruenta.
Il primo perche': devo avere coraggio di esserci!
Si e' cercato di evitare la politica, ma difficile perche' sceglie per te.
Il tema e' il futuro.
Il paese e' vecchio, siamo anestetizzate da questa condizione, dai partiti
che ci considerano categoria.
Il perche' e' il cambiamento, il coraggio di farlo la costanza di esserci.
Colpisce la forma dell'iniziativa di legge popolare, l'altra volta ci sono
voluti 17 anni.
Positivo che Udi si consideri paritaria alla "politica".
Dare valore a chi c'e'.
Quale e' il desiderio delle donne sul cimentarsi?, l'esperienza e' dal fuori
al dentro (interloquire con la politica istituzionale) che e' molto chiamata
ad interloquire.
Forte rispetto alle istituzioni, interloquire anche per poter confliggere.
50 e 50 sembra poco, perche' darsi un limite?
La forza e' essere sempre un pochino fuori dalle regole, questo il
simbolico.
Il tema e' come si candidano le donne se le donne non ci sono?
Invitare ad iscriversi ai partiti, e' finita l'epoca delle donne fuori dai
partiti.
Avere una regola formale per eliminare una discriminazione sui base
sessuale.
Sappiamo che le donne stanno in relazione di potere esattamente come ci
stanno gli uomini.
La politica e' una scelta di vita, le donne fanno altre scelte di vita.
Tutto l'indicibile della maternita', va messo a tema questo non detto, anche
la parte in ombra.
Non c'e' mai stato un momento senza la politica? La politica c'e' anche
quando non si pratica, c'e' anche fuori dai partiti.
Se c'e' una spinta non ci sono limiti invalicabili, e la spinta c'e' perche'
ora la politica e' indecorosa.
50e50 e' una questione di giustizia e non di quote, giustizia che parla
anche di qualita' della politica.
C'e' modo e modo di stare sul lavoro, per questo si puo' essere nella
politica, arrivarci con i nostri valori e i nostri modi di essere.
Donne non rappresentano necessariamente altre donne, ma il perche' e' che
comunque facciamo una politica diversa.
La nostra e' una politica di ascolto e non di imposizione.
Discutiamo del fatto che le donne non ci sono, ma ci devono essere.
50 e50 ha un limite: e' una dichiarazione di principio, dettata dalla
democrazia e dalla Costituzione.
E' necessario riflettere, la proposta non puo' andare oltre la candidatura
nelle liste, il 50 e 50 come base per garantire funzionamento di tutto.
Il merito per emergere, e' una regola maschile.
Emergere e' riduzione della propria storia privata.
50 e 50 e' una regola e nelle regole credo, regola che deve dilagare in
tutti i posti istituzionali e pubblici.
Si dice le donne non si mischiano, dove, a che cosa? Sono sempre ricacciate
in ambiti e scelte piu' simili alla vita privata. A furia di dire che le
donne non si mischiano ci riportano indietro di un secolo, il Family day
sara' pieno di chi ha devastato la politica.
Si possono avere bisogni fuori dalle regole anche dentro la politica, non e'
necessario essere fuori.
Le donne vengono se c'e' la scelta, la volonta', se ci si e', se c'e' la
regola.
Se non ci siamo... continua il pietismo orrendo.
Fare un'analisi di quello che sta succedendo, il fallimento della legge sui
congedi parentali.
Il minimo comun denominatore pensare a come vedono le nostre figlie, i
nostri figli.
Il tema e' la passione per la politica.
"Usciamo dal silenzio" ha costruito uno spazio pubblico, non c'era, lo
abbiamo costruito.
Ci vuole trasparenza e risposta ai messaggi, la nostra richiesta e la
risposta l'abbiamo vista nell'assemblea sui "funerali dei feti" coi
consiglieri regionali.
L'aria della polis rende liberi, in casa vivono segreti e bugie, le regole
segrete, non visibili, non contrattabili.
Il luogo di "Usciamo dal silenzio" che non ha un'ortodossia di pensiero.
Determina l'esigenza di interrogarsi sempre un po' di piu'.
Riconoscere all'Udi, non limitarsi alle liste, un'ovunque che deve essere
declinato, c'e' il tema delle decisioni.
Se il gioco non funziona piu', si devono cambiare le regole del gioco.
Proposta utile alla politica, ci sono in provincia 5.690 donne che fanno
politica, molte le donne che hanno iniziato e poi escono.
Disaffezione per un modello che non risponde alle esigenze.
Servono norme antidiscriminatorie, paritarie per cambiare la politica, serve
anche a chi sta nelle istituzioni.
I meccanismi della politica sono quelli che penalizzano le donne e gli
uomini di qualita', servono norme antidiscriminatorie, paritarie.
Non so se le donne fanno politica meglio, ma so che lo fanno in modo
diverso, anche chi decide di abitare la politica, come i movimenti
condizionano la politica.
La politica trova sempre piu' i momenti di negoziazione fuori dallo spazio
pubblico, mentre la politica puo' cambiare le priorita', condividere e
conciliare.
Valorizzare le donne che nella politica ci stanno, i partiti hanno la
responsabilita' di valorizzare e quindi la colpa.
Proposta importante, proposta Udi fatta bene.
Non e' panacea per la politica, ma in fase di discussione della legge
elettorale che non si parli di questo e' segno della politica del nostro
paese.
Servono norme cogenti che possano aiutare.
Scarsa rappresentanza incide, crea ingiustizia in un sistema democratico e
parla della qualita' della politica.
L'esperienza del consiglio di zona dice che tutte le richieste vengono dalle
donne.
Le donne non sono chiuse in casa, hanno responsabilita', siamo noi che non
accettiamo dimensione della politica ufficiale.
50e50 puo' essere uno strumento.
I perche'. La passione delle donne per la politica, perche' e' la nostra
storia dal 14 gennaio la liberta' delle donne misura della democrazia,
volevamo rompere la cappa che ci opprimeva, quella cappa ha cambiato modi,
ma c'e' e non vogliamo arretrare, allora rompere il monopolio della
rappresentanza maschile questo il tema.
La nostra storia di "Usciamo dal silenzio" e' fatta di richiesta di parola
pubblica anche alla politica ufficiale, abbiamo chiesto alle eleggibili di
sfidare regole e modalita', non e' successo, non c'e' rete, non c'e'
risposta, si veda l'esperienza sulla violenza contro le donne.
Allora che fare la scelta e' esserci, importante e' ovunque si decida, non
solo le liste, le elezioni, ma le nomine istituzionali, il pubblico,
ovunque.
*
Il percorso del prossimo periodo
Laboratorio per programmare la campagna:
- esserci e prendere parola ovunque si discute;
- ricollegarci a tutte le assemblee di "Usciamo dal silenzio" in tutta
Italia, proporre un'assemblea nazionale delle assemblee;
- formare una rete con altre associazioni, organizzazioni, ecc. che vogliano
partecipare e condividere, costruire un luogo pubblico di incontro;
- riconoscere la proposta dell'Udi, partecipare del consiglio nazionale che
propongono;
- utilizzare la proposta di legge, non solo per le firme, ma come strumento
perche' cresca e ci sia la campagna politica, che parli adesso a chi discute
della legge elettorale;
- un "Manifesto dei perche'", come testo e strumento da rendere disponibile
e partecipato;
- continuare la nostra elaborazione sui temi, Laboratorio su famiglia e
unioni civili.
*
Prossimi incontri
- Laboratorio famiglia Dico, 18 aprile, ore 20,30 alla Camera del lavoro di
Milano.
- Laboratorio per la campagna, 23 aprile, ore 20,30 alla Camera del lavoro
di Milano.

3. PROFILI. WIKIPEDIA: JOSEPH KI-ZERBO
[Dalla Wikipedia, edizione italiana, riprendiamo il seguente profilo di
Joseph Ki-Zerbo.
Joseph Ki-Zerbo (Toma, Alto Volta, 1922 - Ouagadougou, Burkina Faso, 2006)
e' stato uno dei piu' grandi intellettuali africani del Novecento; impegnato
nella lotta anticoloniale, storico, docente, militante politico,
organizzatore di esperienze di cultura e democrazia; strenuo lottatore per
la pace e i diritti umani di tutti gli esseri umani. Opere di Joseph
Ki-Zerbo: Storia dell'Africa nera, Einaudi, Torino 1977; A quando l'Africa?
Conversazioni con Rene' Holenstein, Emi, Bologna 2005]

Joseph Ki-Zerbo (Toma, Alto Volta, 21 giugno 1922 - Ouagadougou, Burkina
Faso, 4 dicembre 2006) e' stato un politico, storico e uomo d'azione
burkinabe' e fondatore del maggiore partito di opposizione del suo Paese.
Cresciuto nel contesto rurale del suo villaggio natale, nella parte
settentrionale del paese, e' figlio di Alfred Ki-Zerbo (da alcuni
considerato il primo cristiano dell'Alto Volta) e Therese Folo Ki. Lo stesso
Joseph afferma che l'ambiente contadino, nel quale ha trascorso i primi
undici anni della sua infanzia, ha influenzato profondamente la sua
personalita'. La sua radice africana, la sua concezione di grande famiglia
ed il suo rapporto con la natura affondano le origini proprio in quel
periodo.
Allievo di alcune scuole delle missioni cattoliche nella regione: prima a
Toma (tra il 1933 ed il 1940), poi a Pabre', a Faladie' nel Mali ed infine
presso il seminario di Koumi dove riceve un'educazione di livello superiore.
Finito tale periodo di formazione, si reca a Dakar dove, contemporaneamente
all'insegnamento, si dedica a diversi mestieri come buona parte degli
emigranti nella citta': e' impiegato presso le ferrovie e lavora per il
settimanale cattolico "Afrique Nouvelle". Consegue la maturita' all'eta' di
27 anni e, grazie all'elevato punteggio, ottiene una borsa di studio a
Parigi dove si reca, nel 1949, per studiare storia presso la Sorbona e
presso l'Institut d'Etudes Politiques. Al termine degli studi sostiene un
concorso che opera una selezione di insegnanti per le scuole di grado
superiore francesi.
Ki-Zerbo, ancora studente, avvia la propria attivita' politica: cofondatore
e presidente dell'Associazione degli studenti dell'Alto Volta in Francia
(1950-1956) prima, poi dell'Associazione degli studenti cattolici africani,
antillesi e malgasci. In questo periodo matura il suo pensiero combattivo e
anticolonialista: nel 1954 pubblica un articolo, intitolato "Cercasi
nazionalisti", nella rivista cattolica "Tam-Tam". In quell'epoca conosce
intellettuali quali lo storico senegalese Cheikh Anta Diop e Abdoulaye Wade,
esponente di spicco della politica e futuro capo dello stato (dal 2000) del
Senegal.
A Bamako conosce Jacqueline Coulibaly, figlia di un noto sindacalista del
Mali e sua futura sposa. Il suo impegno di sindacalista risale a questo
periodo. E' professore di storia a Orleans e a Parigi prima di insegnare
presso un liceo di Dakar. Nel 1957 Ki-Zerbo fonda il Movimento di
liberazione nazionale (Mln) presentando il manifesto a Kwame Nkrumah, il
primo presidente del Ghana. Il programma politico dell'Mln e' conciso e
chiaro: indipendenza immediata, creazione degli Stati Uniti d'Africa e
socialismo. Di questo periodo l'impegno del Movimento in una campagna
d'opposizione al referendum di Charles de Gaulle, condotta nei principali
paesi dell'Africa occidentale. Tra questi solo in Guinea-Conakry prevale il
no al referendum e si impone l'indipendenza immediata. L'allora presidente
Sekou Toure' chiama Ki-Zerbo con moglie e collaboratori in Guinea-Conakry
per organizzare la sostituzione degli insegnanti francesi richiamati in
patria.
Nel 1960 Joseph Ki-Zerbo rientra in Alto Volta giustificando la sua partenza
al presidente Toure' con motivazioni inerenti alla necessita' di dover
proseguire nella lotta indipendentista in altre aree della regione. Si ferma
per qualche anno ad insegnare ad Ouagadougou in quanto primo insegnante per
scuole secondarie del paese. Nel 1965 viene nominato direttore generale
dell'Educazione, della Gioventu' e dello Sport. In seguito riveste il ruolo
di docente all'universita' della capitale del Paese. Cofondatore e
segretario generale del Consiglio africano e malgascio per l'insegnamento
superiore (Cames), ne e' membro dal 1967 al 1979.
Ki-Zerbo pubblica diversi scritti inerenti la cultura e la storia africana;
in tali publicazione espone il suo pensiero e le sue idee sociali. Nel 1963
redige un manuale didattico di storia e nel 1972 pubblica la celebre
Histoire de l'Afrique noire, des origines a' nos jours, opera di riferimento
sulla storia africana in cui espone concetti rinnovati ed in antitesi con la
descrizione riduttiva, discriminante e razzista in auge al tempo nella
cultura europea. Ki-Zerbo sostiene e comprova, nella sua opera, che l'Africa
aveva raggiunto un elevato sviluppo sociale, politico e culturale prima del
declino del continente determinato in buona parte anche dalla tratta degli
schiavi prima e dal colonialismo poi.
L'impegno politico di Ki-Zerbo prosegue: l'Mln trova adesioni tra i
sindacati, gli insegnanti ed i contadini in particolare creando, di fatto,
un fronte popolare di opposizione al regime di Maurice Yameogo che aveva
vietato i partiti politici. Il 3 gennaio 1966 il presidente Yameogo cade
grazie all'Mln. Ki-Zerbo si presenta alle elezioni legislative del 1970 ed
il suo partito ottiene alcuni seggi. Nel 1974 un colpo di stato militare
vanifica tali progressi democratici.
Tra il 1972 ed il 1978 Ki-Zerbo e' membro del consiglio dell'Unesco e
lavora, per conto della stessa organizzazione, alla storia dell'Africa in
otto volumi intitolata Histoire generale de l'Afrique. Nel 1980 fonda il
Centro studi per lo sviluppo africano (Ceda) e sulla base di una attenta
analisi critica dell'imperialismo conia il concetto di sviluppo endogeno.
Tra il 1983 ed il 1992, trascorre un periodo in esilio, in quanto maggiore
oppositore del governo rivoluzionario di Thomas Sankara insediatosi nel
1983. L'anno successivo l'Alto Volta diventa Burkina Faso, Ki-Zerbo e sua
moglie vengono condannati a due anni di detenzione per frode fiscale e la
loro biblioteca incendiata. Nel periodo di esilio fonda il Centro di ricerca
per lo sviluppo endogeno (Crde), insegna e presta opera come ricercatore
presso l'Istituto fondamentale dell'Africa nera (Ifan) a Dakar.
Nel 1992 Ki-Zerbo e sua moglie rientrano in Burkina Faso, il cui sistema
politico intanto e' mutato, e fonda il Partito per la democrazia e il
progresso (Pdp) che, alle elezioni del 1997, ottiene il 10,1% dei voti
diventando il maggiore partito di opposizione con Ki-Zerbo deputato. Nello
stesso anno ottiene il cosiddetto "premio Nobel alternativo" (Right
Livelihood Award). Nel 1998, tuttavia, egli rassegna le dimisssioni da
deputato a seguito dell'omicidio del giornalista Norbert Zongo.
Nel 2000 riceve il premio Kadhafi e, l'anno successivo, la laurea honoris
causa dall'universita' di Padova.
Joseph Ki-Zerbo, storico e politico, ma soprattutto intellettuale africano
che ha coniugato scienza e azione politica, non si e' limitato a proseguire
la carriera scientifica, ma, attento osservatore degli avvenimenti, ha preso
posizione per mutare l'ordine delle cose in Africa.
Joseph Ki-Zerbo muore il 4 dicembre 2006 a Ouagadougou, la capitale del
Burkina Faso.
*
Bibliografia essenziale
- Storia dell'Africa nera. Un continente tra la preistoria e il futuro,
Einaudi, Torino 1977 (ed. or. fr.: Histoire de l'Afrique noire. D'hier a'
demain, Hatier, Paris 1972).
- A quando l'Africa? Conversazioni con Rene' Holenstein, Editrice
missionaria italiana (Emi), Bologna 2005 (ed. or. fr.: A' quand l'Afrique?
Entretien avec Rene' Holenstein, Edition de l'Aube, La Tour d'Aigues 2003).

4. RIFLESSIONE. LUISA MURARO: VICENZA E IL MOVIMENTO NO DAL MOLIN
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano
(www.libreriadelledonne.it).riprendiamo il seguente intervento, li'
preceduto dalla seguente nota: Luisa Muraro e' nata e cresciuta nella
provincia vicentina. Dal Molin e' il nome di una vasta area alle porte di
Vicenza, che l'aeronautica italiana ha deciso di lasciare e che il Pentagono
vorrebbe trasformare, in parte o tutta, in una nuova base militare, che
andrebbe ad aggiungersi alla Caserma Ederle, alla base sotterranea di
Arcugnano, alla base sotterranea "Pluto" di Longare, e ad altri insediamenti
di carattere logistico, aggiungendo servitu' a servitu', pericolo a
pericolo".
Luisa Muraro, una delle piu' influenti pensatrici viventi, ha insegnato
all'Universita' di Verona, fa parte della comunita' filosofica femminile di
"Diotima"; dal sito delle sue "Lezioni sul femminismo" riportiamo la
seguente scheda biobibliografica: "Luisa Muraro, sesta di undici figli, sei
sorelle e cinque fratelli, e' nata nel 1940 a Montecchio Maggiore (Vicenza),
in una regione allora povera. Si e' laureata in filosofia all'Universita'
Cattolica di Milano e la', su invito di Gustavo Bontadini, ha iniziato una
carriera accademica presto interrotta dal Sessantotto. Passata ad insegnare
nella scuola dell'obbligo, dal 1976 lavora nel dipartimento di filosofia
dell'Universita' di Verona. Ha partecipato al progetto conosciuto come Erba
Voglio, di Elvio Fachinelli. Poco dopo coinvolta nel movimento femminista
dal gruppo "Demau" di Lia Cigarini e Daniela Pellegrini e' rimasta fedele al
femminismo delle origini, che poi sara' chiamato femminismo della
differenza, al quale si ispira buona parte della sua produzione successiva:
La Signora del gioco (Feltrinelli, Milano 1976), Maglia o uncinetto (1981,
ristampato nel 1998 dalla Manifestolibri), Guglielma e Maifreda (La
Tartaruga, Milano 1985), L'ordine simbolico della madre (Editori Riuniti,
Roma 1991), Lingua materna scienza divina (D'Auria, Napoli 1995), La folla
nel cuore (Pratiche, Milano 2000). Con altre, ha dato vita alla Libreria
delle Donne di Milano (1975), che pubblica la rivista trimestrale "Via
Dogana" e il foglio "Sottosopra", ed alla comunita' filosofica Diotima
(1984), di cui sono finora usciti sei volumi collettanei (da Il pensiero
della differenza sessuale, La Tartaruga, Milano 1987, a Il profumo della
maestra, Liguori, Napoli 1999). E' diventata madre nel 1966 e nonna nel
1997"]

Vicenza si oppone al progetto del Pentagono (che i nostri governanti non
hanno saputo contrastare al momento giusto) con una lotta pacifica, tenace,
capillare, libera da politicismi, che vede una forte presenza di donne e la
partecipazione di alcuni cittadini americani. La chiamano "politica dal
basso", io la considero politica vera e propria, anzi per me e chisse'
quante altre/i, oggi e' l'unica in cui vale la pena impegnarsi.
Grazie ai vicentini e a quelli che li appoggiano, il paesaggio politico ha
preso vita e si e' colorato di speranza. I mass-media hanno smesso di dare
notizie imprecise o false sul progetto Dal Molin. La manifestazione del 17
febbraio ha mostrato la ricchezza umana del movimento, in contrasto con gli
allarmismi interessati del governo. Non sono risultati da poco.
Sta capitando qualcosa di nuovo e positivo anche su un altro piano.
L'argomento dei favorevoli alla base Dal Molin ("ci sara' lavoro, faremo
affari, ci sara' da guadagnare per tutti"), vero o falso che sia (certi
pensano che, a conti fatti, sia falso), non ha fatto presa sulla
popolazione. Dunque, una moltitudine di persone pensa che non si puo'
inseguire l'arricchimento ad ogni costo, a costo cioe' di prestarsi come
territorio e come popolazione ad una politica di guerre aggressive ("guerre
preventive" questo vuol dire). Politica che e' contraria al diritto
internazionale, all'Onu, alle dottrine religiose piu' sante. C'e' un limite
agli affari, non si puo' dar via la civilta', la coscienza, il territorio e
mettere a rischio la vita di innumerevoli persone.
Il movimento di Vicenza si alimenta alle sorgenti autentiche della passione
politica e si vede: c'e' voglia di riunirsi, di mettersi in rapporto con
altri, c'e' fiducia reciproca, c'e' la capacita' di parlare e di contagiare.
Ma e' un'impresa umana e come tale, fragile. In questi casi, si sa, i
politici di professione contano sullo spegnersi dell'entusiasmo per
riprendere la loro vecchia strada: aiutiamoli a sbagliarsi di grosso e a
trovare la strada giusta!
Scrivo queste righe per invitare chi le legge a entrare in rapporto con
donne e uomini di Vicenza e a fargli sentire che la loro lotta e' anche la
nostra: che a loro arrivi il nostro sostegno, che a noi arrivi il loro
esempio, che si estenda e rinforzi la rete in cui circolano le idee e le
energie.

5. RILETTURE. TZVETAN TODOROV: FACE A' L'EXTREME
Tzvetan Todorov, Face a' l'extreme, Editions du Seuil, Paris 1991, 1994, pp.
366 (e' la seconda edizione, rivista dall'autore; la traduzione italiana -
Di fronte all'estremo, Garzani, Milano 1992 - e' relativa alla prima
edizione). Una lettura indispensabile.

6. RILETTURE. TZVETAN TODOROV: MEMORIA DEL MALE, TENTAZIONE DEL BENE
Tzvetan Todorov, Memoria del male, tentazione del bene. Inchiesta su un
secolo tragico, Garzanti, Milano 2001, pp. 406, lire 38.000. Una lettura
indispensabile.

7. RILETTURE. TZVETAN TODOROV: UNA TRAGEDIA VISSUTA
Tzvetan Todorov, Una tragedia vissuta. Scene di guerra civile, Garzanti,
Milano 1995, pp. 158, lire 25.000. Una lettura indispensabile.

8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell’ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell’uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

9. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 57 del 12 aprile 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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